Un pomeriggio di vento

di

Mauro Eberspacher



INDICE
Scena 1. In ordine. (Casa di Serena. Anna, poi Serena) 3
Scena 2. Buongiorno, desidera? (Casa di Laura, esterno, pomeriggio inoltrato. Anna, poi Laura) 5
Scena 3. A tavola. (Casa di Laura, sera. Laura, Anna) 9
Scena 4. Un guasto. (Casa di Laura, notte. Laura, poi Anna) 17
Scena 5. Nottambule. (Casa di Laura, notte. Anna, poi Laura) 21
Scena 6. Buongiorno! (Casa di Laura, esterno mattina. Anna, poi Laura) 28
Scena 7. Madonna! (Casa di Laura, esterno mattina inoltrata. Anna, poi Laura) 31
Scena 8. Mi ospiti? (Casa di Laura, esterno. Pomeriggio. Laura, poi Anna) 34
Scena 9. Le lettere, le parole. (Casa di Laura, esterno. Pomeriggio. Laura e Anna) 36
Scena 10. Fausto. (Casa di Laura, esterno. Mattina. Laura e Anna) 39
Scena 11. Si alza il vento. (Casa di Laura, esterno. Pomeriggio. Laura, poi Anna) 42
Scena 12. Serena. (Casa di Laura. Pomeriggio. Anna, poi Serena, poi Laura) 49
Scena 13. Non può essere un caso. (Casa di Laura, Pomeriggio ventoso. Laura, Anna, Serena) 52
Scena 14. Quello sguardo. (Casa di Laura, Pomeriggio ventoso. Serena, Anna, Laura) 57
Scena 15. Nel vento. (Casa di Laura, esterno ventoso. Anna, poi Serena e Laura) 62
Scena 16. Epilogo. (Casa di Laura. Laura, poi Serena e Anna) 65
SIPARIO 66

Scena 1. In ordine. (Casa di Serena. Anna, poi Serena)

Casa di Serena. Studio di Emilio
La scena presenta uno studio molto disordinato; in particolare un cassettone coperto di fogli e di oggetti vari.
Anna, intorno ai trent’anni, transita per la scena con le braccia ingombre di oggetti. 
ANNA: Mamma, tu hai guardato qui ?
SERENA: (da fuori) Qui dove ?
ANNA: Nello studio. Vuoi che faccio io?
SERENA: (con voce astiosa) No, tu finisci almeno là, sennò chissà quanto ci metti. Adesso vengo io.
Anna esce. Entra Serena, circa sessant’anni, spettinata e affannata; nei suoi modi comunica un che di angoscia; si dedica a sistemare le cose sul comò: prende in mano gli oggetti e cerca di spostarli per fare spazio; solleva i fogli cercando di capirne il contenuto con occhiate via via più veloci, passando dalla perplessità, alla sofferenza, fino alla disperazione. Alla fine, in preda ad una crisi isterica, sbatte tutto per terra e si abbatte piangente sul mobile. Attirata dal rumore degli oggetti caduti, Anna rientra allarmata.
ANNA: (accorrendo a sostenerla) Mamma! Che è successo ? Stai male ?
SERENA: (riemergendo dalla sua prostrazione con un rumoroso respiro, scansa gentilmente, ma fermamente, la figlia sforzandosi di recuperare un contegno) Niente, niente. Non è stato niente, sto bene. Volevo mettere in ordine le carte di Papà, ma... ma (cedendo alle lacrime) non ci capisco niente ! È arabo per me. Queste cose le faceva lui, io non ne so niente, non le ho mai capite! 
ANNA: Non fare così, ti fa male! Lascia stare, non insistere!
SERENA: Non posso, non posso. Bisogna sistemare, ora che lui... ora che lui...(con un cambiamento improvviso si raddrizza e si rivolge ad Anna con voce forzatamente normale, mentre la figlia la osserva con il fiato sospeso) Non preoccuparti, cara, sto bene. Davvero. È stato un momento; è passato. È che…qui è tutto in disordine e non si può lasciare così...
ANNA: Ci penso io in questa stanza; tu occupati degli attrezzi da lavoro che io non me ne intendo...su, vai!
SERENA: (con un moto d'indignazione) Come ti permetti di dirmi cosa devo fare? Sei sempre la solita scostumata! Aveva ragione tuo padre che non ti voleva più vedere!
ANNA: (mantenendo la calma) Mamma, non sai quello che dici. È una storia di tanto tempo fà; io e Papà ci eravamo chiariti, poi, lo sai. Lascia che mi occupi io di questa stanza; per te è troppo pesante: è piena di ricordi...
SERENA: (assente, con repentino cambio d'umore) Non doveva andarsene così! Non così! Ci sono tanti modi... Non ero pronta... non lo sono ancora... è come se dovesse entrare da una porta e...
ANNA: (la prende per le spalle e la guida verso l’uscita) Non poteva saperlo. Credo che non se ne sia nemmeno reso conto. Si è addormentato, mamma, semplicemente. E adesso riprenditi, sii forte. Sei stata bravissima. E molto coraggiosa. Ti stai comportando in modo eccezionale. Forza, continua. Ti ammiro, sai? Tutti ti ammirano…
SERENA: (ribellandosi) Ma così. Così!
ANNA: Mamma, ho paura che gli attrezzi di Papà stiano in gran disordine; non ci si capisce niente, è tutto sbattuto lì senza senso…
SERENA: (cambiando bruscamente, lucidissima) Emilio è sempre stato un disastro; tutto quello che toccava diventava un caos. Bisogna sistemare. Bisogna! (esce)
Anna osserva la madre uscire. Dopo un attimo si guarda intorno. Raccoglie le cose cadute in terra e le ordina in mucchi regolari sopra la cassettiera. Apre il primo cassetto, fruga al suo interno e ne tira fuori alcuni oggetti con efficienza finché non vede qualcosa di particolare; dal cassetto tira fuori un pacchetto di lettere legate con uno spago in cima al quale spiccano una lettera dalla busta gialla messa di traverso ed una bustina. Anna apre la bustina e ne estrae un biglietto da cui legge:
ANNA: “Per cortesia, le accluse lettere sono da consegnare alla signora Laura Balbi, Via…”. Laura Balbi? Ma chi è ? “Inoltre sarei grato al latore della presente se volesse prendersi cura di aprire la lettera dalla busta gialla in presenza della signora in indirizzo e di mia moglie Serena; la lettera è composta di due pagine, ognuna delle quali è destinata ad una delle due signore. Mi piacerebbe molto che ognuna di esse ne leggesse il contenuto alla presenza dell’altra. Altre considerazioni sono incluse in un terzo foglio che riporta i miei pensieri per entrambe.” (Anna rimane per un momento a bocca aperta) Solo questo ? E cos’è, un testamento? Grazie, Papà, per me neanche due parole. Anche dopo morto rimani quello che eri.



Scena 2. Buongiorno, desidera? (Casa di Laura, esterno, pomeriggio inoltrato. Anna, poi Laura)

Strada di campagna; cancello
Arriva Anna che controlla il numero civico confrontandolo con quello riportato sulla bustina. Preme il campanello. Aspetta con apprensione finché si ferma tesa ad osservare l’arrivo di Laura, splendida donna sui cinquanta o sessant'anni, comunque ben portati, dal passo sciolto e dal portamento elegante e distinto nonostante gli usurati abiti da giardinaggio che indossa. Le si darebbero tranquillamente dieci/quindici anni di meno. 
LAURA: (sorridendo garbatamente) Buongiorno, desidera ?
ANNA: (esitante) La signora Balbi ? 
LAURA: Sono io.
ANNA: Laura Balbi ?
LAURA: Precisamente. A cosa devo…?
ANNA: Lei non mi conosce, credo. Mi chiamo Anna Albertini... 
LAURA: Sì, ha ragione, mi scusi, ma il suo nome non…
ANNA: È naturale, Albertini è il cognome di mia madre, sono abituata ad usare quello. Forse però le dirà qualcosa quello di mio padre. Sono la figlia di Emilio Maio.
LAURA: (incerta) Emilio… (realizzando) Emilio! Lei è la figlia di Emilio? È vero, ora ricordo, Emilio aveva una figlia. Così…è lei. Oh, cara, sono molto lieta di conoscerla. (le porge la mano che Anna stringe dopo una lievissima incertezza) Prego si accomodi, mi scusi per averla trattenuta al cancello.
ANNA: (non seguendo l’invito) Affatto. Lei…conosce mio padre ?
LAURA: Beh, lo conoscevo. Roba di tanto tempo fa, una carissima persona. Come sta ? Sta bene ?
ANNA: Mi dispiace dirglielo, ma…
LAURA: …cosa ?
ANNA: Non c’è più. È…è morto.
LAURA: Come ? Davvero ? (rimane un attimo immobile scrutando Anna, cercando conferma nei suoi occhi, poi si volge da un’altra parte e, piano, come tra sé) Povero Emilio. Poveretto. (scuotendosi) Non lo sapevo…ma mi scusi: per lei dev’essere stato terribile; non so…non so mai cosa dire in queste circostanze…sono confusa… Mi dispiace tanto, mi creda. 
ANNA: La ringrazio. 
LAURA: Ma com’è successo? Quando? 
ANNA: Una settimana e mezza fa…
LAURA: Da pochissimo! Ma come…? 
ANNA: Un aneurisma. È stato un attimo; non si dev’essere accorto di niente. Mamma l’ha trovato riverso su un mobile; le aveva appena chiesto da bere…
LAURA: Non ha…sofferto?
ANNA: In questi casi pare di no.
LAURA: Cosa dirle… Meno male. Sa, da una certa età in poi ci si aspetta di tutto ed è la sofferenza quello che ci spaventa di più. E sua moglie? Già, mi ha detto che era in casa… Sua madre, poveretta, per lei dev’essere stato un colpo spaventoso! Così all’improvviso, senza la minima preparazione…e poi trovandolo proprio lei! Dio mio, sono…disorientata! Come si sente sua madre?
ANNA: Per mamma è stato un cataclisma. Per fortuna ha avuto una grande reazione, si lascia assorbire dalla casa, si dà molto da fare. Io cerco di passare con lei tutto il tempo che posso, ma non servirebbe a niente se non fosse così reattiva. Poi verrà il momento del crollo, ma per adesso… A volte penso che se le cose fossero successe a parti invertite, papà se la sarebbe cavata peggio.
LAURA: Certo, certo… in generale gli uomini hanno una capacità di recupero molto…minore. (riscuotendosi) Ma mi scusi, io la sto tenendo qui e non la faccio entrare. Venga, si accomodi…
ANNA: Io, veramente…non so…
LAURA: Deve andar via subito?
ANNA: No, è che…non vorrei disturbare…
LAURA: Ma si figuri. Entri, non faccia complimenti; mi deve solo dare il tempo di chiudere l’acqua. Sa, stavo annaffiando e ho l’impianto d’irrigazione aperto. Se ha pazienza un minuto…
ANNA: Prego, prego, faccia pure. L’aspetto.
LAURA: Faccio in un baleno! (esce)
Anna si guarda intorno ammirando le piante che la circondano. Laura rientra.
LAURA: Ecco fatto, mi scusi…
ANNA: Per carità, è piacevole osservare il suo giardino. È molto bello.
LAURA: Grazie, ci tengo molto.
ANNA: Ha un buon giardiniere.
LAURA: Faccio tutto da sola.
ANNA: Da sola? Ma dev’essere molto faticoso per…
LAURA: …per una donna della mia età? Può darsi, ma il moto continuo mi fa star bene e finché ce la faccio… Ma venga dentro, prego, mi segua. Anzi senta, sa cosa le dico? Le volevo dire, vista l'ora…le andrebbe di trattenersi a cena? Mi farebbe un enorme piacere, così potrebbe raccontarmi di sé e…
ANNA: …di mio padre.
LAURA: (in controtempo) Certo, naturalmente. Era una così cara persona. Quanto mi dispiace!
ANNA: Sono contenta che ne abbia un così buon ricordo. Ma, se posso chiedere, quanto tempo è passato da…
LAURA: Dall’ultima volta che l’ho visto? Saranno circa vent’anni, credo… (espressione di Anna come per dire: così tanto?) Eh sì. (accorgendosi dell’espressione di Anna) Ma perché si sorprende? Ci conoscemmo a quell'epoca, per un breve periodo, ma poi...ci perdemmo di vista; non l'ho più visto e, a quanto pare… (si ferma pensosa) Come passa il tempo. (si riscuote) Allora? Cena con me? Potremmo parlarne a tavola, se vuole. Io ho l’abitudine di mangiare presto, se la cosa non le dà fastidio…
ANNA: Andrà benissimo…Senta, le devo dire un’altra cosa.
LAURA: Quale?
ANNA: Io sono arrivata da lei…
LAURA: Già, è vero! Come mi ha trovata?
ANNA: Appunto. Ho trovato alcune lettere di mio padre (le estrae dalla borsetta avendo cura di sottrarne la busta gialla che lascia dentro), raccolte tutte insieme, con un biglietto in cui si chiedeva di consegnarle a lei. C’era anche l’indirizzo. (gliele consegna)
LAURA: (le prende rimanendo assorta a guardarle, poi, tra sé) Le lettere di Emilio…
ANNA: (piano, come per non disturbare lo sconcerto di Laura) Il biglietto è stato scritto tre giorni prima che morisse…
LAURA: (sorpresa) E ha pensato a me? (Anna si limita ad annuire, osservandone le reazioni. Laura, tra sé) Perché? È passato tanto tempo…Tanto tempo. (Ad Anna) Grazie, io…non so cosa dire…la cosa mi sorprende…molto. (un tempo, poi guardando Anna negli occhi) Ma ho l’impressione che lei sia piena di domande, ancor più di me; sbaglio forse? (riscuotendosi) È inutile rimanere qui in piedi a discuterne. Allora: se la sente di affrontare la mia cucina? 
ANNA: (dopo una piccola esitazione si apre ad un timido sorriso) In effetti…mangerei volentieri qualcosa: ho saltato il pranzo.
LAURA: Meglio: tutto sembrerà più buono. Andiamo!
Escono


Scena 3. A tavola. (Casa di Laura, sera. Laura, Anna)

Casa di Laura; Salone
Tinello di Laura: arredamento rustico, ma raffinato, diviso in due parti, tinello e soggiorno, che si integrano grazie allo stile dei mobili ed ai colori del legno e della tappezzeria. Nella parte tinello: un tavolo, quattro sedie; su una parete un mobile per i bicchieri, le stoviglie ed i liquori. Nella parte soggiorno: due poltroncine in mezzo alle quali c’è un tavolinetto con il telefono; alle loro spalle una piantana d’epoca.
Sul tavolinetto è stato poggiato il pacchetto delle lettere di Emilio.
L’apparecchiatura ha un aspetto un po’ casuale. Siamo alle pietanze. Anna e Laura siedono ai lati opposti del tavolo.
LAURA: Tutto bene?
ANNA: (con la bocca piena) Mmm ?
LAURA: È tutto…di suo gradimento?
ANNA: Lei cucina molto bene.
LAURA: Beh, insomma…
ANNA: Non scherzo: è tutto semplice ed allo stesso tempo raffinato. Sono sicura che alla fine non mi sentirò appesantita neanche un po’.
LAURA: Quindi, che dice: lo apro ‘sto ristorantino?
ANNA: Pensa di aprire un ristorante?
LAURA: No, scherzavo. Mi perdoni: scherzo spesso e magari non mi accorgo di disorientare le persone.
ANNA: Va bene, non si preoccupi. È solo che ero talmente presa da questo spezzatino alla cacciatora…!
LAURA: Ne vorrebbe ancora? Mi dispiace, purtroppo è finito.
ANNA: Nessun problema, mi è bastato prenderlo tre volte.
LAURA: (porgendole il sacchetto di carta che era a tavola) Adesso, se vuole, qui ci sarebbero dei biscotti che ho fatto io.
ANNA: Fa anche i biscotti?
LAURA: Una volta che si è fatto il pane è un peccato non approfittare del forno ancora caldo.
ANNA: (prendendo un biscotto ed assaggiandolo) Già, il pane; l’ha fatto lei ed era buonissimo… (Laura si schermisce) Non scherzo! Non è buono solo perché è fresco! Ma davvero tutto quello che abbiamo mangiato proviene dal suo orto? 
LAURA: Sì, tutto. 
ANNA: Complimenti: pomodori così saporiti non ne ho mai mangiati, solo con un filo d’olio…
LAURA: …dei miei ulivi.
ANNA: Anche quello! E il resto? L’insalata era eccezionale, appena raccolta, va bene, ma: il pollo?
LAURA: Quello era del vicino. In cambio di un cesto della mia frutta, però.
ANNA: Quindi è come se fosse di sua produzione! E le uova per le tagliatelle?
LAURA: Dello stesso vicino. Avendo le galline ha anche le uova, ma le melanzane non le ha, e allora…
ANNA: Capito, capito. Tutto quello che non ha l’ottiene con degli scambi, insomma. 
LAURA: In linea di massima è così. Compro solo le cose che non ho e che non fa nessuno dei miei vicini: farina, sale, zucchero, caffè, miele… No, anzi, il miele me lo faccio dare da uno che ha le api; solo che lui vuole le marmellate e così quasi quasi ci rimetto!
ANNA: (sogghigna sorseggiando il vino) E questo vino…è una meraviglia! Fa lei anche questo?
LAURA: No. L’ho…
ANNA: …avuto da un vicino in cambio di, vediamo, un mazzo di fiori?
LAURA: (ride) Non proprio, però ci è andata vicino: ho fatto un po’ di compagnia alla madre che si era rotta una gamba e, per ringraziarmi, un bel giorno si è presentato con questa bottiglia. Lo fa un suo cugino in Friuli.
ANNA: Lei…fa proprio tutto da sé?
LAURA: Ho tempo.
ANNA: (seria) Già, vive sola…
Si produce una pausa imbarazzata durante la quale le due donne si osservano accorgendosi del crescere dell’argomento che era stato messo temporaneamente da parte.
LAURA: Abbiamo girato abbastanza intorno all’argomento, vero? (Anna annuisce lievemente; Laura prende un profondo respiro) Bene: l’ultima volta che ho visto suo padre è stato circa vent’anni fa, come le ho detto. Non so perché dopo tanto tempo abbia sentito l’esigenza di farmi avere quelle lettere. Tra noi due c’era stata una… non saprei neanche definirla… una conoscenza per motivi di lavoro, molto superficiale; più una simpatia che altro, direi. (si apre in un sorriso) Era un bel tipo: intelligente, sensibile, spiritoso, allegro…
ANNA: Allegro?
LAURA: Sì. Ricordo che ci facevamo un sacco di risate, quando eravamo insieme; era lui l’anima del gruppo. Al lavoro era di una serietà e di un puntiglio quasi maniacali, ma nelle pause e nei momenti di relax era cercato da tutti. Perché? Non le sembra che fosse così?
ANNA: Io…non saprei. Sembra quasi che parli di un’altra persona. Papà era molto riservato, chiuso; quando sentiva una battuta rideva, sì; anzi no, direi che al massimo ridacchiava, ma non ricordo che abbia mai raccontato una barzelletta o una storiella buffa, o che si sia mai lasciato andare…no, mai..
LAURA: Ma…è sicura? Lo ricordo come una persona divertentissima. Oddio, spero di non sbagliarmi, è passato tanto tempo!
ANNA: (fruga nella borsetta che aveva lasciato appesa alla sedia e ne estrae una foto) Ecco qui. Questo è lui, cinque o sei anni fa. (la porge a Laura) 
LAURA: (la prende e l’osserva con concentrazione poi, quasi tra sé) Emilio. (un tempo, poi senza alzare gli occhi dalla foto) Non sorride.
ANNA: Non lo faceva quasi mai.
LAURA: (c.s.) Era un po’ più magro quando lo conoscevo io.
ANNA: È stato un periodo. Negli ultimi tempi, dopo quella foto, era di nuovo dimagrito.
LAURA: Neanche un capello bianco. Almeno così sembra dalla foto. 
ANNA: Neanche uno. Se non fosse stato per l’aria seria non gli avrebbero mai dato la sua età.
LAURA: (annuisce lentamente; resta un momento ancora a guardare la fotografia poi la restituisce ad Anna) Grazie.
ANNA: (la prende, fa per infilarla nella borsetta poi si ferma. La porge a Laura) Prego, la tenga.
LAURA: Come?
ANNA: La tenga lei, insieme alle lettere. Può darsi che nelle buste ci sia già qualche altra fotografia, ma credo che lui preferirebbe così. 
LAURA: Grazie, grazie moltissimo, ma…lei?
ANNA: Non si preoccupi, ne ho altre due copie a casa.
LAURA: (guardando la foto) Emilio. (si riscuote: con vivacità) Ma i miei biscotti? Non vuole dirmi come sono?
ANNA: Sì, certo, volentieri. (si serve dal sacchetto) 
LAURA: Ecco, poi mi dica cosa c’ho messo dentro, secondo lei. (si serve anche lei) 
ANNA: Buoni! Mmm… ma questi biscotti sono meravigliosi! Assomigliano molto a quelli che fa mia madre, lo sa? Questi sono meglio, ma direi che è quasi la stessa ricetta. 
LAURA: In effetti l’ho avuta da un’amica che l’ha avuta a sua volta da una sua conoscenza e questa da chissà chi, quindi può darsi benissimo che siano gli stessi. Ho un po’ modificato gli ingredienti e…le piacciono?. 
ANNA: Moltissimo! Vediamo: miele…(Laura annuisce), mandorle, vaniglia, poi…c’è la scorza di limone? 
LAURA: (annuisce di nuovo) Sì, e…?
ANNA: C’è qualcosa che non capisco bene… Mi arrendo: cos’è?
LAURA: Coda di lucertola.
ANNA: (bloccandosi con la bocca piena) Coda…?
LAURA: (civettuola) Ali di pipistrello e baffi di gatto in calore. Si mescola il tutto poi, quando il composto prende un bel color fango, si aggiungono i funghetti avvelenati che gli danno quel bell’aroma esotico… la ricetta standard, insomma! (guarda Anna che è rimasta ad occhi aperti e guance gonfie) Origano. Solo un po’ di origano. Ne vado matta! Stavo scherzando.
Dopo un momento Anna comincia a sussultare, poi a sogghignare con uno strano gorgoglio, poi deglutisce faticosamente e comincia con una risata clamorosa cui si associa anche Laura, contagiata. La risata di Anna, però, presto diventa una specie di tosse, poi un piagnucolare lieve che cresce sino a diventare un pianto disperato. 
LAURA: (si alza ed accorre al suo fianco) Anna! Anna, cosa c’è? Non faccia così. No. (L’abbraccia cercando di consolarla. Anna senza smettere si stringe a lei) Sì, invece, piangi, piangi pure. Fa bene aprire le porte al dolore.
ANNA: Scusa…non posso, non posso…non riesco…
LAURA: Sì, non preoccuparti, non fa niente…
ANNA: (con la voce rotta, cercando di controllarsi) Mi dispiace…(ricomincia il pianto) 
LAURA: Non dire niente. So bene quanto sia necessario a volte. 
Le due donne rimangono strette, abbracciate; Laura la culla piano, le accarezza i capelli, finché il pianto di Anna non diminuisce ed alla fine la ragazza, tirando rumorosamente su con il naso, si stacca.
ANNA: Scusami. Scusami tanto.
LAURA: Di cosa? Non importa.
ANNA: Io…io ti ho bagnato la camicetta.
LAURA: Avevo caldo!
ANNA: (Anna non riesce ad evitare di sorridere) È questo, vedi? A casa mia non si ride da tanto tempo che… Negli ultimi tempi, poi…
LAURA: Certo, certo, è naturale.
ANNA: No, vedi: adesso sarebbe comprensibile…e c’è anche questo, certo. Ma è tutta una vita senza scherzi, senza leggerezza! Su mamma non ho mai fatto affidamento, ma era proprio papà che mi deprimeva colla sua tristezza infinita, la sua tetraggine. Non so perché: da lei non me l’aspettavo nemmeno, ma da lui lo volevo, lo volevo quello che non m’ha mai dato…e alla fine m’ero persuasa che non potesse darmelo perché non l’aveva neanche lui e invece! E invece. Era l’”anima del gruppo”! Almeno tu, vent’anni fa, l’hai conosciuto così, l’hai visto capace…io mai! Mio padre!
LAURA: Tutti abbiamo motivi di amarezza nei confronti dei nostri genitori.
ANNA: Ma a casa lui era in un modo e con te, invece, era stato diverso: perché?
LAURA: Non posso saperlo. Tutto ciò che so è che le persone cambiano nel tempo. (Anna non risponde) Forse non avrà saputo portare allegria in famiglia, ma di sicuro ha saputo darti una grande forza. L’hai dimostrato. Non credo che sia stato facile per te venire qui. Non sapevi cosa aspettarti…
ANNA: Tre volte.
LAURA: Eh?
ANNA: Tre volte sono stata col dito sul campanello del tuo cancello e mi è mancato il coraggio di suonare. L’ultima volta avevo rinunciato. Ho cambiato idea quando ormai ero a metà strada per casa. Allora sono tornata indietro e…eccomi qui!
LAURA: Ma…quanto tempo ti è costato…?
ANNA: Se avessi suonato la prima volta, adesso saremmo state a pranzo.
LAURA: Oh! (scoppia a ridere) Oh, povera cara! E facevi avanti e indietro…! 
Ridono senza freno entrambe
ANNA: Sì, sì: e mi tremava anche il dito! (ridono più forte) 
LAURA: E la macchina che faceva avanti e indietro! Avanti e indietro! (nuovo scoppio d’ilarità) Ma…ma davvero eri arrivata a metà strada…?
ANNA: Sì…ma d’un tratto la retromarcia s’è innestata da sola e mi sono ritrovata di nuovo qui! Giravo il volante, strillavo, ma non c’era niente da fare! (c.s.)
Ridono ancora finché l’ilarità non si esaurisce da sola.
LAURA: (asciugandosi gli occhi) Era tanto che non ridevo così!
ANNA: A chi lo dici!
Si guardano
LAURA: (con un sospiro) E adesso? Immagino che dovrai tornare a casa.
ANNA: (guarda l’orologio) Oddio che ora s’è fatta! (alzandosi in piedi, imitata subito da Laura) Sì, devo proprio andare.
LAURA: Se vuoi puoi anche rimanere a dormire qui, stanotte, e ripartire domattina tranquilla e riposata. 
ANNA: Grazie, ma è meglio che vada: mamma sarà in pensiero se non mi vede tornare entro una certa ora… 
LAURA: Allora sarà meglio che ti sbrighi.
ANNA: Ti ringrazio per la cena squisita. Sono stata molto bene. (un tempo) Non sapevo cosa aspettarmi…
LAURA: Lo capisco, povera cara. Ma adesso che conosci la strada…
ANNA: Sì, ma, voglio dire… Capisci, è vero?, che sento ancora il bisogno di sapere perché papà (accenna alle lettere) abbia voluto farti avere... Ma ora che ti ho conosciuta non vorrei...
LAURA: Non c'è stato tempo. Per quanto possibile mi piacerebbe toglierti qualunque dubbio e poi...ho bisogno anch'io di capire meglio: quelle lettere... La prossima volta, va bene? Nel frattempo, forse, avendole lette… Quando tornerai!
ANNA: (vivace) Tornerò, puoi starne sicura! Sempre se non ti dà fastidio!
LAURA: Te l’ho detto: per me potevi restare anche stanotte! (intensa) In fin dei conti non t'ho raccontato un granché...! 
ANNA: E a me piacerebbe sapere molto di più, ne ho bisogno… (via via più disorientata) Mi…mi fa rabbia ammetterlo, ma…è come se avessi la sensazione che le lettere di papà mi abbiano portato qui con uno scopo ben preciso. Non mi sento padrona delle mie scelte, sono trasportata dagli eventi, sono trattenuta qui non dalla curiosità, ma da un bisogno di sapere che sento salire da una profondità che…che non vorrei conoscere… (si alza) Basta! Sarà…quel che sarà. (recuperando disinvoltura) Vorrei sapere anche di te, di come hai potuto fare questa scelta, di vivere da sola, e a portarla avanti con questa coerenza… Un’altra volta. Un’altra volta approfitterò volentieri del tuo invito. (avviandosi all’uscita) Ti farò una telefonata.
LAURA: Anna! (Anna si ferma e si volta) Farò del mio meglio, credimi, in tutti i sensi. Anche per me questa storia è sconcertante. All’improvviso tu, le lettere… Ci vorrà forza, ci vorrà tempo, fiducia, da parte di tutt’e due. Non sarà facile. (Un tempo, poi cambiando tono: maestrina) E ci vorrà pazienza: ogni cosa a suo tempo! (sorriso di entrambe) T’accompagno al cancello; la stradina non è illuminata molto bene.
ANNA: (sorridendo) E come mai?
LAURA: Mah! L’elettricista che ha fatto l’impianto non ci capisce niente, ha fatto un pasticcio!
ANNA: E non protesti?
LAURA: Non posso. 
ANNA: Perché?
LAURA: Perché, perché… (fingendosi indispettita) non ti ho detto che faccio tutto da me? E ho voluto fare da sola pure questo! Per cui se ti dico che quell’elettricista non ci capiva niente…so quello che dico!
Ridono ed escono entrambe

Scena 4. Un guasto. (Casa di Laura, notte. Laura, poi Anna)
Casa di Laura; Tinello
Tinello di Laura: Laura è seduta in una delle due poltrone; piange sommessamente leggendo una delle lettere di Emilio, mentre le altre stanno, chiuse, sul tavolinetto. All’esterno si affaccia Anna che con fare allegro si presenta alla porta finestra; sta per bussare al vetro, ma vedendo la situazione si blocca. Torna indietro ed esce. Suona il campanello. Laura, sorpresa, richiude la lettera che stava leggendo e la mette con le altre; si alza asciugandosi le lacrime, si ricompone ed esce.
Le prime battute vengono dette fuori scena.
LAURA: Anna, che bella sorpresa! 
ANNA: Scusa, hai dimenticato il cancello aperto, l’ho chiuso entrando. Ho fatto male?
LAURA: Per niente. L’ho lasciato accostato perché tra poco sarei uscita per buttare l’immondizia e mi dà noia tirar sempre fuori le chiavi. 
ANNA: Ti disturbo ?
LAURA: Ma no, assolutamente, stavo…riordinando.
ANNA: Già, beh…se vuoi ti aiuto, poi, ma…la macchina mi ha piantato ad un paio di chilometri da qui e…
LAURA: Oh, poverina! Entra, non rimanere sulla soglia, vieni! 
entrano
ANNA: Scusa tanto, non volevo invadere casa tua, ma…
LAURA: Ma figurati! Andare in giro a quest’ora con le strade buie! È pericoloso!
ANNA: Avevo alternative? L’auto s’è spenta all’improvviso, così, senza un motivo, e non ne ha voluto più sapere. Neanche le luci funzionavano. Per fortuna, con la poca velocità che rimaneva sono riuscita ad accostare sennò restava in mezzo alla strada.
LAURA: Sarà un problema elettrico?
ANNA: Può darsi, ma in ogni caso non posso farci niente. Piuttosto, volevo chiederti se posso fare una telefonata…
LAURA: Prego!
ANNA: Ho provato a chiamare mamma per avvertirla, prima, ma il cellulare è completamente scarico.
LAURA: Fai pure, il telefono è lì. Piuttosto: adesso il mio invito a fermarti per la notte è più valido che mai. D’altronde, mi dispiace dirtelo, ma non sarei in grado di accompagnarti perché non ho l’automobile.
ANNA: È rotta anche la tua?
LAURA: Non ce l’ho proprio. Sembra incredibile, vero? Uso i mezzi pubblici. Mi ha sempre dato fastidio guidare. Poi, se mi serve qualcosa che non posso portare da sola, mi metto d’accordo con il vicino.
ANNA: (sorridendo) Quello delle uova?
LAURA: (ride) Sì, proprio quello, ma in questo caso non c’è bisogno di barattare con gli ortaggi, lo fa per pura cortesia.
ANNA: (allusiva) Non è che per caso…
LAURA: Eh? No, ma che dici. (un risolino) Beh, forse c’è della simpatia, ma…No, nient’altro: è un brav’uomo, sposato, con due figli, una bella moglie… 
ANNA: Questo potrebbe anche non significare niente.
LAURA: Ma…ehi! Siamo piuttosto spregiudicati qui, eh?
ANNA: Scusa, non volevo scandalizzarti…
LAURA: Scherzavo. Io questa fase, così aggressiva, l’ho passata e superata. Conosco molto bene l’atteggiamento…
ANNA: (sorpresa) Sul serio?
LAURA: Certo. Adesso di sicuro non vado cercando chissà che; un tempo, forse, vedevo le cose in questo modo, ma… ma ad ogni modo ognuna è libera di fare come crede, dico bene? Dunque? Che hai deciso?
ANNA: (un tempo) Resto.
LAURA: Ah, che bello! Sono proprio contenta! Allora, mentre tu fai la telefonata vado a prepararti il letto.
ANNA: Ti ringrazio. 
Laura esce. Anna va al telefono; il suo sguardo si ferma sulle lettere. Un'occhiata alla porta da cui è uscita Laura e allunga una mano verso la lettera aperta, ma si ferma un istante prima di toccarla. Un sospiro e si dirige al telefono: alza la cornetta e compone il numero
ANNA: Pronto? Mamma, sono Anna. Come stai? Quasi finita?... Che stanza farai dopo? Ma quella l’avevo fatta io! …Va bene, se non sei contenta rifalla come vuoi. …No, stasera non posso tornare a casa, mi si è… Ma che dici! Ti stavo dicendo che mi si è… No, non mi sembra di averti abbandonata senza un aiuto. …(alza la voce) Mamma! Ascoltami, adesso, non puoi parlare sempre te! (cadenzando) Sto cercando di dirti che mi si è guastata la macchina, non so cosa gli sia preso, s’è spenta poco dopo essere partita. Così sono tornata indietro e dovrò aspettare domattina per cercare un meccanico… (Laura rientra per annunciare che la camera è pronta, ma rimane in attesa che la telefonata finisca. Anna non la vede) Non lo so, sarà un fatto elettrico, non ci capisco niente. …Sì, di notte: aprivo il cofano e gli raccontavo le barzellette! …Che albergo: sto da…da Francesca. Ha detto che posso rimanere da lei, stanotte; Claudio non c’è e allora il posto per dormire ce l’ha. …No, sta in bagno; la ringrazio da parte tua, va bene. …Ah, mamma! Il cellulare non mi funziona perché si è esaurita la batteria…Sì, pure. …No, il caricabatteria è rimasto a casa, per cui ti chiamerò io da qui domani e ti farò sapere come va… Buonanotte. Buonanotte, buonanotte. (riattacca) 
LAURA: E se telefonasse a Francesca?
ANNA: (ha un moto di sorpresa) Chi è? Ah, sei tu Laura… M’hai fatto paura…No, non ha il suo numero.
LAURA: E se fosse Francesca a chiamarla?
ANNA: Dalla Tailandia? (Laura sorride) Ho passato l’esame?
LAURA: Un’ultima domanda: perché le hai mentito?
ANNA: Perché… Vedi: mamma non sa niente delle lettere e…di te. Non so ancora se sia giusto che sappia tutto adesso. Dopo. Quando starà…meglio.
LAURA: Non far passare tanto tempo: i segreti fanno cattivo odore invecchiando.
ANNA: A quanto pare qualcuno gli anni li porta bene!
LAURA: (un tempo, un sorriso) Lo prendo come un complimento. (spiccia) Intanto ho sistemato tutto: sul letto ti ho messo una camicia da notte, credo che sia della tua misura, e degli asciugamani e nel bagno ho tirato fuori uno spazzolino da denti nuovo ancora impacchettato. Se stanotte hai sete, hai bisogno del bagno, o che altro, conosci la strada: non fare complimenti.
ANNA: Che servizio! 
LAURA: Spiacenti, ma meno di così non sappiamo fare! Vieni con me, adesso, ti mostro la tua camera.
ANNA: La “mia” camera? 
LAURA: (con un mezzo inchino) Principessa, la camera che le mostrerò sarà, per questa notte, di suo esclusivo appannaggio.
ANNA: E qualor di mia letizia e gioia fonte poi non fosse?
LAURA: Ahimè, pel suo capriccio, madamigella, dovrà dormir col pagliericcio e una padella!
Si guardano, scoppiano a ridere ed escono.




Scena 5. Nottambule. (Casa di Laura, notte. Anna, poi Laura)
Casa di Laura; Tinello
Tinello di Laura, notte; chiarore lunare. Nella semi oscurità si vede entrare una figura in camicia da notte che si porta fino alle poltrone ed accende la piantana. È Anna, che si guarda intorno momentaneamente abbagliata dalla luce, poi rimane con lo sguardo sulle lettere, lì, sul tavolinetto. 
LAURA: (entra; è in camicia da notte anche lei) Anna, non riuscivi a dormire? 
ANNA: T’ho svegliata, mi dispiace…
LAURA: Non preoccuparti, ho il sonno leggero e non sono abituata ad avere ospiti, la notte; per cui, quando ho sentito i tuoi passi non sono potuta restare a letto. Ho visto la luce accesa e così sono venuta a vedere… Ma tu?
ANNA: Avevo sete, poi…mi sentivo agitata.
LAURA: Sarebbe strano il contrario. Senti, vuoi bere qualcosa prima di tornare a letto? Potrebbe aiutarci.
ANNA: Grazie, perché no?
Laura si avvia al mobile dei liquori ed Anna la segue
ANNA: Mi chiedevo…(un po’ titubante) Scusa se mi permetto: sei così attiva, bravissima in cucina, capace, vivace… Sei ancora una bellissima donna, in forma splendida, devi avere un fisico molto più in forma del mio… 
LAURA: Suvvia…
ANNA: Non scherzo! In costume da bagno faresti più figura di me. Ma è possibile che nessun uomo…
LAURA: No, nessuno. Ci sono dei signori, è vero, che mi fanno un po’ la corte, ma…”ho quasi sessant’anni”!
ANNA: Dieci anni fa che avresti detto?
LAURA: (ridendo) “Ho quasi cinquant’anni” ! 
ANNA: (seria) E vent’anni fa?
LAURA: (sta per rispondere poi riconosce il sottinteso e riassorbe il sorriso) Vent'anni fà? Quando conobbi Emilio, vero? (un’occhiata alle lettere) Vieni, accomodiamoci. (dà ad Anna un bicchierino di liquore e si siedono; poi, dopo una breve pausa) Forse è ora che ti dica qualcosa di più.
ANNA: Se non vuoi…
LAURA: Non ho alcun obbligo, è vero, ma… hai provato un gran dolore e di sicuro devi essere piena di dubbi; rispetto tutto ciò e questo mi costringe a raccontarti tutto quello che posso. Scusami se comincio con una domanda: non sapevi nulla di me prima del ritrovamento delle lettere, vero?
ANNA: Assolutamente nulla, non sapevo neanche che esistessi.
LAURA: Appunto. (un tempo) E…un’ultima precisazione: cosa desidereresti sapere, in particolare?
ANNA: (immediata) Perché papà ha voluto farti arrivare queste lettere e poi… proprio in coincidenza con…? Quello che c’è stato tra di voi non può essere stata una cosa così da poco come l'hai raccontata tu; ci dev'essere dell'altro! Laura, non voglio metterti in imbarazzo, ma, è vero, muoio dalla voglia di sapere… 
LAURA: Benissimo. Dunque. Con ordine: dovrai avere pazienza, ma credo che sia necessario prenderla un po’ alla larga, sennò molte cose non si spiegherebbero. Da ragazza ero…sì, credo che si possa dire che ero bella; ho fatto danza per tanti anni e questo ha modellato il mio corpo e la mia andatura; inoltre ero spontanea, avevo facilità alla gaiezza e mi piaceva la compagnia; non ero un’ochetta, per niente, ma ero gioiosa e mi trovavano attraente. Ebbi molte storie con i ragazzi, ma senza poter mai dire di aver incontrato l’amore, quello con la “A” maiuscola. Così scorsero il Liceo e l’Università. Da ragazza a giovane donna. Senza veri guai, senza passioni travolgenti: invulnerabile! Ma, come spesso succede, finalmente capitò anche a me di perdere la testa. (progressivamente incupendosi) Era bellissimo: ero…come dire, ero incantata! Io, invece, per lui non ero niente di diverso di quel che fossi per gli altri: una donna desiderabile, bella da avere, da possedere e poi da esibire al proprio fianco, come un trofeo; non voleva da me la tranquillità, la vita insieme, lo sviluppo ordinato e continuo del nostro amore…non voleva bambini: voleva me, il mio corpo…(si ferma un momento sopraffatta dall’amarezza del ricordo)
ANNA: (sulla difensiva) Sei sicura di non esserti sbagliata? Detto così sa di preconcetto. Generalizzare non è sempre giusto. Non puoi credere che siano tutti così.
LAURA: Ma quanti lo sono, Anna, quanti! Me ne sono accorta dopo, con gli occhi un po’ più aperti…(riacquisendo il controllo) Ma così rischiamo di saltare qualcosa! (sillabando) Con ordine! Eravamo rimasti a Fausto… (ad un involontario moto di sorpresa di Anna) Avevi pensato che mi riferissi ad Emilio? No, povero Emilio, lui sì che era del tutto diverso. Uno degli uomini più straordinari che abbia mai incontrato, ma…pazienza, ci arriveremo presto. Fausto, dunque. Con lui passai circa dieci anni; fu un rapporto… distruttivo, da cui uscii a pezzi. Mi ripresi, a fatica, piena di diffidenza. E fu allora che incontrai Emilio.
ANNA: Ci siamo!
LAURA: (annuendo) Sì, eccoci, finalmente. C’incontrammo per lavoro; oltre che bello era tanto simpatico, faceva proprio venir voglia di passarci il tempo insieme e…non successe niente.
ANNA: Niente?
LAURA: Insomma… Non fu solo una simpatia, come t’avevo detto prima, fu qualcosa di più: lui s’innamorò di me, ma… io non me la sentii di lasciarmi andare ad una relazione con un uomo sposato e così…mi defilai; lui mi telefonava in continuazione, mi scriveva, chiedeva un incontro, ma io non cedetti mai…
ANNA: (fredda) Quindi lo lasciasti a cuocersi nel suo brodo.
LAURA: (leggermente piccata) Non ti sembra un modo un po’ crudo per…
ANNA: Scusa, stai raccontando le cose in modo così stringato che mi è sembrato…D’altronde non puoi fare diversamente, lo capisco, ma…perché insisteva tanto se tu gli avevi detto che…?
LAURA: Ah, ma io non glielo avevo detto!
ANNA: Cosa?
LAURA: Non lo avevo avvertito. Mi staccai e basta.
ANNA: Ma che maniera…!
LAURA: Non giudicarmi, per favore. All’epoca feci quella scelta e non credo che oggi mi comporterei nello stesso modo. Le persone cambiano. Di fronte allo stesso evento, cinque minuti dopo potremmo fare una scelta diversa… Comunque, poco tempo dopo approfondii la conoscenza di Dario, un collega, un brav'uomo che come altri stravedeva per me da tempo; sono certa che se non avessi vissuto la parentesi di Emilio non lo avrei sposato, buttandomi nello sbaglio più grande che potessi fare, trascinandoci anche lui, poveretto.
ANNA: Perché dici che se non avessi conosciuto mio padre...?
LAURA: Mah, così... Forse all'epoca, dopo la botta durissima della mia storia con Fausto, subire anche l'incontro sfortunato con Emilio mi fece disperare nella sorte e allora, per reazione...
ANNA: ...prendesti il primo che ti capitò a tiro!
LAURA: Beh, io non l'avrei detto così! In ogni caso è passato molto tempo e potrebbe anche essere andata come dici tu, non sono per niente sicura di ricordare con precisione tutto quello che mi passava per la testa…
ANNA: Quindi sei sposata?
LAURA: Non più. Durò pochissimo, il tempo strettamente necessario per accorgermi dell’errore. Non lo amavo, in lui avevo solo cercato sicurezza e stabilità, un rifugio, ma…non riuscivo ad evitare di desiderare di più. Povero Dario: lui non capì mai niente. L’avevo affascinato, gli avevo fatto credere di avermi trascinato all’altare grazie alle sue virtù… Nello stesso modo gli feci credere di essere pieno di colpe… Così ottenni un divorzio ingiusto, troppo clemente nei miei confronti. E poi…
ANNA: C’è altro?
LAURA: No. Nel senso di avventure sentimentali abbiamo finito. Credo di essermi guadagnata abbastanza disprezzo da parte tua…
ANNA: Per niente. Mi piace la franchezza anche se a volte può essere sgradevole, la preferisco. Non so se nelle stesse circostanze farei scelte diverse… 
LAURA: Io decisi così. Nei successivi quindici anni mi ritirai in me stessa. All’inizio mi rifugiai all’interno della famiglia di mia sorella, che mi aveva accolto nuovamente dopo l’ennesimo rovescio di fortuna, dedicandomi ai miei due nipoti cui voglio molto bene; poi, dopo che partirono per la Nuova Zelanda al seguito del lavoro di suo marito, rimasi per conto mio a contatto con la natura, coltivando questo terreno che nostro padre mi aveva lasciato. Mi dimisi dal lavoro approfittando di una cospicua buonuscita; con quella ho ristrutturato questo casale e…e questo è quanto.
ANNA: (una breve pausa) Quindici anni? Ma…non avevi detto di aver conosciuto papà vent’anni fa?
LAURA: Sì, quasi esattamente vent’anni fa.
ANNA: E allora…Fausto, papà, Dario…tutto questo è successo in soli cinque anni!
LAURA: Sì, direi di sì…
ANNA: (un tempo) Sembra che tu abbia raccontato due vite diverse.
LAURA: Almeno tre, se ci conti anche il periodo prima di Fausto.
ANNA: Sei molto distaccata.
LAURA: Ora sì. M’è costata una grande fatica, un’analisi introspettiva pesante e difficile… Non avrei risolto niente se non fosse stato per questo terreno, questa casa. Il contatto con le foglie che nascono, con la terra da zappare, con i frutti da palpare e raccogliere… tutto questo m’ha allontanato dal groviglio dei pensieri e mi sono trovata restituita alla normalità. Io m’ero lasciata distrarre da qualcosa d’insaziabile dentro di me, ma il mondo girava, gira, ha sempre girato; quando me ne accorsi mi sentii in pace e…mi riconciliai con il passato. 
ANNA: Davvero pensi che sia possibile? A me piacerebbe tanto sperarlo.
LAURA: Vedrai, Anna, prima o poi qualcosa di simile succederà anche a te e tutto diventerà più semplice. Comunque ti auguro di non passare i guai che ho dovuto attraversare io.
ANNA: Lo spero, lo spero…
LAURA: Perché? Hai un periodo difficile?
ANNA: Un periodo…! Non ho mai un attimo di pace.
LAURA: Non può essere così nera.
ANNA: Mi piacerebbe pensarlo. (una pausa) Sai che c’è? (con un filo di commozione) Mi…mi brucia più di tutto il fatto che…No, scusa, non vorrei…
LAURA: Non ti preoccupare, se non ti senti di parlare…
ANNA: (un profondo respiro) Andai via da casa perché con papà non ci capivamo. Appena fu possibile me ne andai a vivere con un’amica. Era anche divertente, all’inizio, ma sapevo benissimo che scappavo da casa, da lui. Io gli volevo bene e credo che anche lui me ne volesse, ma era…distante, freddo, di me non gl’importava niente, si ricordava di me solo per rimproverarmi. Passava il tempo pensando solo ai suoi lavori con il legno o a litigare e a far pace con mamma. Io ero rimasta…in periferia, fuori dal cerchio, soprattutto per lui. Mamma ha sempre avuto il suo modo istintivo di rapportarsi con me…Aspetta: non “istintivo”; lo definirei più “umorale”; fino a una certa età era stata la mia confidente, la mia migliore amica… l’unica, per essere precisa. Ma poi ho cominciato ad avere delle amiche vere e lei è…diventata gelosa! Gelosa di me! Era insopportabile, ti giuro! 
LAURA: A quanto sento in giro è una reazione abbastanza naturale…
ANNA: Naturale? (ridendo) Un arpia, addirittura! (Laura ride con un gesto come dire: Suvvia!) Ma sì, ti giuro! (ridono entrambe. Quando il riso scende:) Davvero: la mia vita non è stata facile. Quei due si aprivano e si richiudevano su sé stessi e io mi sono sentita molto sola.
LAURA: Non sei più tornata a casa tua?
ANNA: Mia? Non la sentivo mia. Mamma si sbrigò a cambiare tutto appena me ne andai: la mia camera diventò lo studio-camera da letto di papà, la loro camera da letto rimase a lei, lo sgabuzzino diventò una cabina armadio…insomma: tutto diverso. Mamma, davanti alla crisi della mia partenza aveva reagito come sta facendo adesso: buttando tutto per aria, cambiando tutto, di fretta.
LAURA: Povera donna, si può capire, no ? E…tuo padre?
ANNA: Un’ameba. Come sempre in questi casi. Ed è uno dei suoi aspetti che non ho mai sopportato. Morto dentro, capisci? Così, all’improvviso, invece di darti appoggio si afflosciava. Mi faceva una rabbia…!
LAURA: Non ti voleva bene?
ANNA: Non…non lo so, ci credi? Non riesco a persuadermene. Immagino di sì…non mi ha mai picchiato, questo no, ma non riesco proprio a ricordare una manifestazione d’affetto importante; sempre la stessa faccia, seria, impassibile…
LAURA: Che strano! E dire che lo ricordo come una persona disposta all’allegria, spiritoso, a tratti perfino prorompente.
ANNA: Così, così, credo che quando ero piccola fosse così come dici, e forse è proprio per questo che mi aspettavo da lui... Poi, ad un tratto è cambiato, forse per una litigata con mamma più pesante del solito, non so…Ma se adesso mi sforzo di ricordarlo ridere non ci riesco. (un tempo) Evitavo di tornare a casa per non vedere la sua faccia.
LAURA: (dopo un momento di silenzio) Che peccato che un rapporto padre-figlia si riduca così male!
ANNA: Già.
LAURA: E adesso, ti dispiace che… Voglio dire: non pensi che…
ANNA: Se mi manca? Sono sicura che mi mancherà. Ma adesso…non so…
LAURA: Forse è troppo presto.
ANNA: Credi che mi sentirò in colpa per questo?
LAURA: Ho paura che non potrai evitarlo. Ma sta serena: ce la farai, supererai il momento e dopo un po’ diventerà un ricordo…un caro ricordo.
ANNA: Grazie, Laura, mi aiuta molto ciò che dici. (abbozzando un sorriso) È stata una fortuna conoscerti.
LAURA: (con un sorriso) E a chi lo dobbiamo?
ANNA: A papà, è chiaro!
LAURA: E allora… (alzando il bicchierino) Ad Emilio che ci ha fatte incontrare. 
ANNA: Ad Emilio! 
bevono
LAURA: Bene…e adesso?
ANNA: Adesso…(sbadiglia) mi sa che me ne torno a letto.
LAURA: Saggia decisione! (si alza ed Anna la imita) Domani…cioè, oggi, tutto sarà diverso.
ANNA: Un giorno in più da ieri….
LAURA: Uno in più verso domani.
escono



Scena 6. Buongiorno! (Casa di Laura, esterno mattina. Anna, poi Laura)
Casa di Laura; esterno
Esterno campestre della casa di Laura: è mattina; Anna, insonnolita e spettinata, entra guardandosi intorno, schermando gli occhi con una mano per difenderli dal forte sole del mattino.
LAURA: (entra allegra, vestita da lavoro, con una zappa in mano) Buongiorno! Già in piedi? Sei venuta fuori a sporcarti le scarpe? 
ANNA: Mmm... avrei dormito altre tre ore.
LAURA: Potevi farlo. Non t'ho voluta svegliare perché dormivi così bene!
ANNA: (stirandosi) Ho dormito meravigliosamente; il letto era comodissimo e l'aria è così leggera... 
LAURA: Potevi continuare.
ANNA: E' tardi. Devo occuparmi della macchina e... devo avvertire mia madre e... devo sentire come sta e...devo cercare di capire a che ora posso tornare da lei e... 
LAURA: E... eccetera, eccetera! Mi sono permessa di telefonare al meccanico del paese e chiedergli di dare un'occhiata. A quel che so è un bravo meccanico e poi ti tratterà con un occhio di riguardo: è il fratello del mio vicino!
ANNA: Quello delle uova? (Laura annuisce) Quello dei passaggi? (Laura annuisce di nuovo) Ma chi sei, Mata Hari?
LAURA: Non sei la prima a chiedermi se sono un agente in incognito.
ANNA: E...?
LAURA: Ebbene sì: sono una killer spietatissima.
ANNA: La tua arma preferita?
LAURA: La zappetta, naturalmente!
ANNA: Già, è ovvio. (ridono) Ah, mi sembra di non aver mai riso così!
LAURA: (per un momento diventa serissima, poi riacquista il sorriso) Non ci si guadagna niente a dimenticare l'allegria. Invece un po' d'umorismo aiuta ad affrontare la vita, non credi?
ANNA: Negli ultimi tempi, in particolare…
LAURA: Capisco, povera cara, ma non devi vergognarti se non rispetti un lutto stretto: tutte le occasioni per alleggerire l'anima sono boccate d'ossigeno per i momenti più tristi.
ANNA: Lo so, hai ragione. Grazie. (riprendendosi) Dunque hai parlato con il meccanico?
LAURA: Sì. Gli ho spiegato più o meno dove sta la macchina e quel che è successo, come l'hai raccontato tu. A quest'ora sarà già andato a dare un'occhiata; tra non molto potremo telefonargli e ci farà sapere.
ANNA: Ma...non sa neanche che modello, che marca...
LAURA: Siamo in campagna: quante auto ferme sul ciglio della strada possono esserci da queste parti?
ANNA: Giusto. E adesso?
LAURA: Hai fatto colazione?
ANNA: Sì, volevo ringraziarti anche di questo. Il pane fresco che ho trovato è quello fatto da te?
LAURA: Stamattina.
ANNA: Ma a che ora...
LAURA: ...con le galline!
ANNA: Ma non hai detto che le uova...
LAURA: E' solo per modo di dire. Ho preso coscienza dell'età nel momento in cui mi son trovata a dormire meno. 
ANNA: A quanto pare capita anche a me.
LAURA: (sorridendo) Perché tu hai i pensieri, le preoccupazioni! Io invece ho solo meno sonno. Verso le cinque apro gli occhi e sono sveglia; a quel punto che ci resto a fare a letto? E comincio a lavorare.
ANNA: Così hai fatto il pane...
LAURA: ...e un mucchio di altre cose. Adesso stavo zappando un po': è molto rilassante.
ANNA: Posso aiutarti?
LAURA: Sai zappare?
ANNA: Imparo!
LAURA: Guarda che è faticoso se non lo fai come si deve.
ANNA: Dimmi come fare e vedrai: in fin dei conti non sono proprio molliccia!
LAURA: Ah, no, non dubito! Vieni dietro, allora; ti do un paio di stivali per non sporcarti le scarpe, poi andremo a zappare insieme. Simpatica la cosa: non ho mai zappato in compagnia! Ma...sei sicura?
ANNA: Vedrai, vedrai!
LAURA: D'accordo! Seguimi.
escono

Scena 7. Madonna! (Casa di Laura, esterno mattina inoltrata. Anna, poi Laura)
Casa di Laura; esterno
Esterno campestre della casa di Laura: mattina inoltrata.
ANNA: (entra stanchissima, paonazza, calzando stivali di plastica sporchi di terra e con una zappa in mano; si abbandona a sedere a gambe larghe su un ciocco di legno) Madonna!
LAURA: (entra con l'abbigliamento di prima, fresca e sorridente come se non avesse fatto niente) Sei già stanca? 
ANNA: Un momento! (riprende fiato) Sì, un pochino, grazie.
LAURA: Era proprio la prima volta, eh?
ANNA: Si vedeva così bene?
LAURA: Eh sì. Ti faccio i miei complimenti, comunque...per l'impegno!
ANNA: Come dire che non ho combinato niente...
LAURA: Non è vero. Mi hai aiutato molto, invece! Adesso ho un bel pezzo in meno da fare.
ANNA: (guardando fuori verso il campo) Quanto sarà? Quattro metri quadri?
LAURA: (guardando nella stessa direzione) Facciamo due. ...uno e mezzo, và.
ANNA: Uno e mezzo? Soltanto?
LAURA: Su per giù!
ANNA: (un tempo, poi prendendosi la testa fra le mani) Madonna!
LAURA: Sei stata bravissima per essere la tua prima volta. Prima di tutto non ti sei tagliata un piede...
ANNA: Sai che onore!
LAURA: No, no! Se tu sapessi quanta gente ci si fa male! Il fatto è che c'hai messo troppa foga...
ANNA: Quel cavolo di terra è dura come un sasso!
LAURA: Invece di un colpo te ne possono servire cinque, ci vuole pazienza, ma alla fine ci si riesce. E poi te l'ho detto: non devi fare tutto di braccia, sennò ti stanchi subito. È tutto un movimento, fluido, che coinvolge tutto il corpo...
ANNA: Io c'ho provato.
LAURA: Sì, ma non serve dargliene di santa ragione, come se la stessi ammazzando, la terra! Calma, a tempo... diventa quasi una danza.
ANNA: Non sarò mai capace!
LAURA: Può darsi, ma non ci hai ancora provato seriamente.
ANNA: (si alza faticosamente) Chi lo sa se avrò una seconda occasione?
LAURA: Dove vai? Riposati ancora un po'.
ANNA: Devo telefonare al meccanico per sentire cosa mi dice.
LAURA: Sei troppo stanca. Rimani seduta: vado io.
ANNA: No, grazie, ce la faccio (vacilla).
LAURA: Ma lo vedi! 
ANNA: (si riprende appoggiandosi alla propria zappa e si dirige ostinatamente alla casa) No, no. Ce la faccio, ce la faccio... Il numero dov’è ? 
LAURA: L’ho scritto su un foglietto, accanto al telefono.
ANNA: Grazie. (esce) 
LAURA: (tra sé) Che carattere...!
Laura lascia la zappa in scena ed esce di scena dalla parte opposta. Rientra poco dopo con un fascio di arbusti in mano; recupera la zappa e si dirige di nuovo all'uscita.
ANNA: (rientrando) Laura! 
LAURA: Allora?
ANNA: (allargando le braccia) Mah!
LAURA: Che ha detto?
ANNA: Non c'ho capito quasi niente...
LAURA: Eh lo so: come meccanico è bravo, ma quando parla non si capisce niente!
ANNA: Ma ci possiamo fidare?
LAURA: Sì, sì, vai tranquilla: se dice una cosa è quella. Dunque?
ANNA: Si tratta di una cosa lunga, almeno tre giorni, forse di più.
LAURA: Accidenti! E' una faccenda seria allora! Che pensi di fare?
ANNA: Andrò a casa. Sentirò il meccanico per telefono e tornerò quando l'auto sarà pronta. Che mezzo si può prendere qui? 
LAURA: C'è la fermata del pullman un chilometro a sinistra. Ferma in centro e da lì prendi i mezzi che vuoi.
ANNA: Sai quando passa?
LAURA: No, ma guarda: c'è l'orario dentro casa, vicino al telefono. (una pausa) Mi dispiace che te ne vada. 
ANNA: Anche a me. Però torno presto, vedrai.
LAURA: Sì, certo, devi pensare a tua madre, povera donna. (prendendo Anna sotto braccio ed accompagnandola verso la casa) Vai, su, adesso; non vorrai rischiare di perdere il pullman per due chiacchiere in più!
ANNA: Ma tu, che prendi sempre i mezzi, non li conosci a memoria, gli orari?
LAURA: Io di solito a quest'ora sono già tornata, dormigliona!
Escono.

Scena 8. Mi ospiti? (Casa di Laura, esterno. Pomeriggio. Laura, poi Anna)
Casa di Laura; esterno
Esterno della casa di Laura: pomeriggio. Si sente, attutito, il suono di un campanello. 
LAURA: (attraversa la scena pulendosi le mani addosso; ad alta voce) Un momento, eccomi! (dopo un momento, da fuori) Come mai qua? E' successo qualcosa? 
ANNA: (entra vestita come quando era arrivata, seguita da Laura) Ho...perso il pullman...
LAURA: Poverina! Il prossimo è tra due ore e... ma come hai fatto a perderlo? Eri uscita così presto! 
ANNA: Sì, beh, il fatto è che...spero che non ti dispiaccia...
LAURA: Che c'è?
ANNA: Io...t'è dispiaciuto molto che stanotte io...sì, insomma, mi sia trattenuta qui?
LAURA: No, assolutamente! M'ha fatto un piacere enorme. Siamo andate subito d'accordo, mi pare, no?
ANNA: Beh, l'età dico...tante volte...
LAURA: Capisco cosa intendi... Spero che tu non mi abbia considerata troppo giovane per la tua amicizia!
ANNA: Cosa? (ride imbarazzata) Ah, no...Intendevo il contrario, naturalmente. 
LAURA: Senza scherzi: sono stata benissimo.
ANNA: Bene perché...saresti disponibile ad ospitarmi per qualche giorno?
LAURA: Eh?
ANNA: Il pullman non l'ho perso. Non l'ho proprio preso.
LAURA: Ah sì? (un tempo) E tua madre?
ANNA: Le dirò che c'è un problema...che devo controllare i lavori... In fondo sono pochi giorni e ce la farà.
LAURA: Sei sicura? Non è una scelta un po' egoistica? Voglio dire...io sono contenta se resti, sono lusingata, perché vuol dire che ti sei trovata bene...la cosa è ricambiata, intendiamoci, ma...Tua madre, poverina? Lei è sola, in fondo, adesso.
ANNA: (scoppiando) E io? Io non sono sola, io? Papà non c'è più, mamma pensa solo a sistemare, a buttare tutto sottosopra! Io non ho un fratello, un parente che non sia a meno di cinquecento chilometri! La mia unica amica è in un viaggio di lavoro e torna tra un mese... Sono sola, sola! (pausa, poi con un filo di voce, implorante) Mi tieni con te? Pochi giorni...quando la macchina è pronta me ne vado...
LAURA: Resterai tutto il tempo che vorrai, farai quello che vorrai, andrai via quando vorrai.
ANNA: (non riuscendo più a trattenere le lacrime le si getta tra le braccia) Grazie. Grazie, grazie...non te ne pentirai, vedrai. Ti aiuterò, farò tutto quello che ti serve... 
LAURA: Su, su...ma certo, ma certo, sta’ tranquilla...magari eviteremo di usare la zappa...
ANNA: (tirando su col naso) Sono stata una frana, è vero?
LAURA: No è che...presa dal sacro fuoco m'hai fatto fuori mezzo orto...
ANNA: Oddio, perché non me l'hai detto? Quanto mi dispiace!
LAURA: Ma puoi riparare, se ne hai proprio voglia...
ANNA: Sì, tutto quello che vuoi.
LAURA: Domani mettiamo a dimora le nuove piantine. Te la senti?
ANNA: Posso fare disastri?
LAURA: (sorridendo) Sì, ma molto meno devastanti che con la zappa! Adesso vieni dentro: credo che dovrai fare una telefonata...
ANNA: Conosco la strada. 
escono


Scena 9. Le lettere, le parole. (Casa di Laura, esterno. Pomeriggio. Laura e Anna) 
Casa di Laura; esterno
Esterno della casa di Laura: Laura e Anna entrano in scena insieme. Anna si è cambiata con abiti da lavoro che deve averle dato Laura. Laura ha in mano delle forbici da giardinaggio.
LAURA: Prendiamoci una pausa.
ANNA: E' meglio.
LAURA: Allora: come va?
ANNA: Se non c'è da zappare mi stanco meno.
LAURA: Ogni cosa s'impara. Un po' per volta.
ANNA: Tu quanto c'hai messo? Ad imparare ad usare la zappa, voglio dire.
LAURA: Non saprei, l'ho sempre usata, ma i primi tempi devo essere stata peggiore di te.
ANNA: Perfino!
LAURA: Incredibile, eh? Ma possibile.
ridono
ANNA: (una pausa) Laura...
LAURA: Sì?
ANNA: Posso farti una domanda?
LAURA: Certo.
ANNA: L'altra sera, quando sono tornata dopo che mi si era fermata la macchina... ho visto che avevi aperto una lettera di papà... 
LAURA: E vuoi sapere?
ANNA: Non posso farci niente, sai, è più di una curiosità!
LAURA: Di conoscere il contenuto delle lettere?
ANNA: No, cioè...
LAURA: Eppure t'ho già detto tanto, molto di più di quanto non abbia detto a me stessa negli ultimi quindici anni.
ANNA: (girandosi a guardarla) Ma dev'esserci stato qualcosa di speciale per farlo agire così. 
LAURA: (a capo chino) Le tue domande, le lettere di Emilio...mi stanno costringendo a rientrare in me stessa, a cercare cose che credevo di aver dimenticato e, contemporaneamente, a domandarmi perché le ho dimenticate...
ANNA: Scusami...
LAURA: No, Anna, nei viaggi che facciamo in noi stessi non c'è spazio per scuse e ringraziamenti, altrimenti non si riesce a tirar fuori con onestà tutto quello che compone la nostra storia. La vita non è fatta solo di cose belle, anzi... Ma senza lo sbaglio, l'incolore, l'ingiusto, i pochi momenti divini che viviamo non avrebbero senso. A volte compatisco quelli che evitano accuratamente di sbagliare, mortificandosi, flagellandosi: cosa si perdono! Non tanto al momento di vivere, ma dopo, quando arriverà il tempo di ricordare senza pietà verso sé stessi, perché prima o poi arriverà, arriva per tutti... (guardandola, a sua volta) Tu, credi che questa tua ricerca sia una cosa buona, un'azione che ricorderai come giusta, ben fatta? Pensi che ne sarai orgogliosa?
ANNA: Davvero, Laura, mi dispiace...
LAURA: Non importa; è molto probabile che complessivamente rientrerà in un'esperienza positiva, per te. Per me, invece, è molto doloroso tornare indietro. (ritorna fra sé) Da quando sei qui non riesco più a dedicarmi alle mie cose come facevo prima, ho sempre la testa piena dei ricordi e delle tue domande, molto prudenti ed educate, per carità, ma...le lettere, Anna... Sono parole che rinunciò a spedirmi, per pudore…Ne ho letta un’altra stanotte; non sono riuscita a finirla. Le parole di Emilio che ritornano dopo tanto tempo...piene di sentimento, di vita straziata…di amore, Anna, di amore! Oggi mi sembra quasi incredibile essere stata io la destinataria… Credevo di aver dimenticato. Credevo che il tempo, la solitudine, la disciplina che mi sono imposta avessero cancellato... no: addormentato quel che era stato, e invece...eccolo qui, sveglio e prepotente a ruggirmi di nuovo dentro e non so se ho più la forza di affrontarlo...non lo so...(tace commossa)
ANNA: Mi dispiace, è colpa mia. Ma…non dirmi tutto adesso, se ti pesa. Volevo sapere, è vero, ma non credo di volerlo più come prima. Quando sono venuta ero sconvolta da quello che succedeva, ero come spinta da qualcosa più forte di me e non riuscivo a pensare che avrei potuto fare del male...
LAURA: (occhi lucidi) Per quanto ne sapevi potevo essere la sua amante, no? Chissà che relazione poteva aver mantenuto, chissà com'era questa donna che consolava la terza età di tuo padre? Non ti rimproverare: hai avuto tatto e prudenza. Io stessa, al posto tuo, forse sarei stata più brusca, forse anche villana, chi lo sa. (tristemente divertita) T'immagini la piazzata? (a voce alta, gesticolando) "M'avete traviato papà! Avete distrutto una famiglia onesta! Sciupamariti! Puttanazza!"
ANNA: (sogghignando) Non ti ci vedo.
LAURA: Beh, neanche io, Francamente. (pausa) Comunque ti devo un po' di notizie.
ANNA: Mi hai già detto tanto.
LAURA: Adesso so che c’è molto di più. (alzandosi) Dopo, però, perché senza acqua le piante si seccano!
ANNA: (si alza) Sarò capace, secondo te?
LAURA: (la guarda negli occhi) Può darsi. Credo di sì. Te lo auguro, di tutto cuore. (con leggerezza) Perché sennò si seccano e diventano buone solo per il fuoco! Dài andiamo.
Escono

Scena 10. Fausto. (Casa di Laura, esterno. Mattina. Laura e Anna)
Casa di Laura; esterno
Esterno della casa di Laura: Laura e Anna, stessi abiti della scena precedente; Anna ha in mano un attrezzo da lavoro e Laura un mazzo di fiori appena colti; entrano in scena insieme. 
LAURA: Nove anni, quattro mesi e quindici giorni
ANNA: Fausto? (Laura annuisce) Lo ricordi ancora così bene?
LAURA: Non l’ho mai dimenticato. Esattamente il tempo che passò tra il nostro primo bacio e la porta che gli sbattei alle spalle quando uscì dalla casa in cui avevamo convissuto.
ANNA: Davvero gliela sbattesti dietro?
LAURA: Era finita male.
ANNA: Ma che aveva fatto?
LAURA: Mi aveva tradita.
ANNA: Che brutto! Ma potevate parlarne, tentare di recuperare... a volte è un momento di…
LAURA: Con tutte.
ANNA: Tutte?
LAURA: Compresa la mia migliore amica.
ANNA: Bell'amica!
LAURA: Figurati: era quella cui confidavo i miei dubbi sul suo strano comportamento. E lei minimizzava, trovava spiegazioni, suggeriva cosa fare, si proponeva come mediatrice... E infatti mediava, eccome! La pescai in piena mediazione…
ANNA: Madonna, che situazione!
LAURA: Mi aveva picchiata.
ANNA: Anche!
LAURA: Brutalmente, e non era neanche la prima volta. 
ANNA: Dio, povera Laura!
LAURA: Fu tremendo. Persi completamente la ragione. Cercai... di farla finita.
ANNA: Addirittura!
LAURA: Neanche me ne resi conto, ero quel che si dice "fuori di me". Quando dopo me lo dissero non volevo crederci. Mi recuperarono i miei genitori. (un tempo) Poveracci, li avevo sempre disprezzati, trattati male, tenuti distanti... Al contrario di te, avevo un rapporto accettabile con mio padre e pessimo con mia madre, ma per il resto avevo fatto le tue stesse scelte: ero andata via a vivere per conto mio...
ANNA: Quindi quando ti ho raccontato della mia esperienza...
LAURA: E' stato un altro squarcio di passato che mi si è aperto all'improvviso. Ero meno riflessiva di te, più leggera, più semplice, certamente molto più ingenua di quanto credessi. Dopo quello che avevo passato con Fausto rividi con occhio più critico gli altri con cui ero stata prima e... (con voce incrinata) mi sento ancora oggi piena di vergogna per quanto poco mi accorgevo della loro superficialità: io gli volevo bene e per loro ero solo...
ANNA: Non è detto, certamente avevi conosciuto anche ragazzi onesti...
LAURA: Sì, hai ragione...pensa un po': a distanza di tanto tempo ancora provo certe sensazioni! 
ANNA: E...dicevi dei tuoi genitori...
LAURA: Mi diedero la vita una seconda volta. Con pazienza, ostinazione. Mi tennero in casa con loro, sopportarono tutte le volte in cui davo in escandescenze, mi coccolarono come forse non avevano mai fatto prima... Fui molto fortunata, credo.
ANNA: (assente) Lo credo anch'io.
LAURA: Poi fu la volta dello psicologo, della ricostruzione della fiducia in me stessa, del pericolo da evitare dell'indurimento, della sete di vendetta da domare, facendola rientrare in un ruolo "normale"... Quando tornai al lavoro...si era dichiarato che avevo avuto un esaurimento nervoso, ma tutti sapevano...Quando tornai ero migliore di prima, padrona di me, cerebralmente padrona di me. Controllavo la mia vita, le mie sensazioni, le azioni e reazioni degli altri. Avevo giurato a me stessa che gli errori che avevo fatto non li avrei commessi mai più. 
ANNA: Serve, tanto autocontrollo?
LAURA: Feci d'un tratto tutta la carriera che non avevo fatto prima!
ANNA: Allora forse serve.
LAURA: Così credetti… (ricordando all’improvviso) Ma bisogna dare il veleno all’ulivo!
ANNA: Ti aiuto.
LAURA: Andiamo. (un istante prima di uscire si ferma e, quasi tra sé) Scoprii intorno a me tanta falsità: sotterfugi, invidie, piccinerie… Prima non me ne accorgevo, ma adesso era evidente, grottesco. Cominciai a gestire tutto con freddezza. Al lavoro mi considerarono una…scusa la parola, ma è la sola che renda l’idea…
ANNA: …una stronza integrale!
LAURA: Ecco! Appunto! (sorride). È così evidente? 
ANNA: Ho paura di sì!
LAURA: Ma! Come ti permetti?
Escono entrambe ridendo

Scena 11. Si alza il vento. (Casa di Laura, esterno. Pomeriggio. Laura, poi Anna)
Casa di Laura; esterno
Esterno della casa di Laura: Laura e Anna, stessi abiti della scena precedente. C’è una brezza insistente. Laura è in scena, seduta su di un ceppo d’albero, a capo chino, con lo sguardo perso. 
ANNA: (da fuori) Laura! Laura! (entrando e trovandola) Laura! Sei qui! Ti chiamavo, volevo dirti che il vento fa sbattere…ma che c’è?
LAURA: (valuta come rispondere, cercando di nascondere la commozione) Niente.
ANNA: Sicura?
LAURA: (abbozza un sorriso imbarazzato) Quasi.
ANNA: Cos’è successo?
LAURA: Niente, niente… Cosa dicevi?
ANNA: Il vento, il vento, Laura.
LAURA: Già, il vento…
ANNA: Ma cosa c’è, ti senti poco bene?
LAURA: No…
ANNA: Non è vero, è successo qualcosa, non stai come al solito…
LAURA: Perché, di solito come sto?
ANNA: Sei abbattuta, triste…
LAURA: …svuotata…
ANNA: Dimmi cosa ti è successo, Laura, ti prego, non posso vederti così. 
LAURA: (una pausa) Ho finito di leggere le lettere. Stanotte le ho lette tutte.
ANNA: Tutte?
LAURA: E adesso, dopo pranzo, mentre riposavi, le ho rilette. Poi ancora, e ancora…
ANNA: Oddio, Laura!
LAURA: Ricordi quello che ti ho detto? Com’ero diventata dopo il disastro di Fausto, rientrando al lavoro, dura, distante…? Beh, il guaio fu che ero diventata così anche al di fuori.
ANNA: (un tempo) Anche con papà, vuoi dire?
LAURA: Fui così anche con lui.
ANNA: S’innamorò di te, hai detto.
LAURA: E io di lui.
ANNA: (un tempo) Ma…non avevi detto che non c’era stato…
LAURA: (con un pallido sorriso) Non me ne ricordavo, Anna! Non me ne ricordavo. È incredibile, lo so: ci si può dimenticare di una cosa simile, come una svagatezza: “cielo, che distratta!”? La lettura delle sue lettere mi sta riportando indietro a come era lui e come ero io. (si prende la testa tra le mani) Dio, che idiota. Che scema completa. Io ero persa dietro il suo sorriso, correvo a briglia sciolta sui prati spalancati dalla sua fantasia, ero…ero…
ANNA: Innamorata cotta, eh?
LAURA: Non avevo mai conosciuto uno come lui e… non ne ho mai più conosciuto un altro, e credo che mai più… (un tempo) Succede così! Improvvisamente, senza una ragione logica, senza una giustificazione scopri che tutto è diverso. Potresti camminare a testa in giù, vedere che tutto va a rovescio, ma non ti stupisci perché sei innamorata…
ANNA: Anche con Fausto, però…
LAURA: Lì era diverso: mi piaceva, era bellissimo, Fausto; mi sentivo attratta irresistibilmente da lui, sì, ma era stata una cosa solo mia, una mia illusione. Con Emilio, invece, sperimentai per un breve istante la fusione completa con un altro e scoprii che l’amore è rivoluzionario: ero pronta a qualsiasi cosa, (spegnendosi) a qualsiasi cosa…
ANNA: (un tempo) Eppure non successe niente, mi hai detto.
LAURA: (con gli occhi lucidi) Ci fu un attimo, forse lui non se ne accorse, ma se in quel momento mi avesse chiesto di fuggire insieme, di rifarci una vita, di piazzare una bomba, oppure…non lo so… di toglierci i vestiti davanti a tutti e correre via nudi tenendoci per mano…
ANNA: (non riesce ad evitare di ridere) Nudi nudi?
LAURA: (ride) Sì, come bambini, con tutto che ballonzolava, te l’immagini?
Ridono insieme

ANNA: (ridendo) Ah! Carinissimo!
LAURA: (interrompendo bruscamente il riso) Che cosa hai detto?
ANNA: Eh?
LAURA: Cosa! Cosa hai detto, adesso!
ANNA: …cosa ho detto…niente, non ho detto niente…
LAURA: No! Hai detto, hai detto (suggerendo) ca_rin… 
ANNA: …carinissimo…
LAURA: (intenerita) Emilio! (comandando) Ridillo!
ANNA: …Carinissimo.
LAURA: Emilio! Le tue parole! Dove sei, amore? Dove? (cercando con le mani sul viso di Anna) In questa bocca? In questo naso così uguale al tuo? Tra queste labbra che nascondono le tue parole? Sei tornato? Sei tornato attraverso gli anni, come avevi detto? Ti ho aspettato, tesoro, sono qui, qui con te…
ANNA: Laura!
LAURA: Parla, parla ancora per le mie orecchie, per me, ancora, ancora…
ANNA: Laura…mi fai male…
LAURA: Non staremo più lontani! Esci da questi capelli, dai lobi delle orecchie, Emilio…
ANNA: …Basta, Laura! (gridando) Sono io, Anna! Anna, hai capito?
Laura s’irrigidisce con gli occhi sgranati; ritira le mani; si ricompone in silenzio
LAURA: (dapprima quasi in tono di scusa, poi sempre più presente, esprimendo le sue sensazioni in modo più vivace di quanto ha fatto sinora) Io…a quel tempo non mi comportai così. Me ne accorsi: stavo perdendo il controllo, stavo perdendo me stessa. Non poteva essere, poco tempo prima, con Fausto, avevo rischiato la morte proprio per questo. Divenni guardinga e…mi ripresi, mi riacciuffai per i capelli con uno strattone forte, senza pietà. Ridevamo, scherzavamo, ma mi dicevo sempre: “attenta, attenta!” e…nient’altro accadde, nient’altro poté più accadere.
ANNA: (cauta) Dev’essere stato difficile per te.
LAURA: So quanto è difficile adesso sopportare il ricordo. A distanza di tanto tempo, forse, riesco a capire quanto mi costò, allora. (un debole sorriso) Capita, no?, che finché non alziamo gli occhi, a cosa finita, non ci rendiamo conto di quanto fosse davvero difficile, duro, complicato, ciò che stavamo facendo. (un tempo) Lui aveva occhi solo per me. (un tempo, poi con sorriso un po’ folle) Da un certo momento in poi la situazione si fece imbarazzante: le serpi che avevo intorno cominciarono a malignare. Se avessero saputo quanto poco m’importava di loro! E neanche a lui importava, sai? O forse non se ne accorgeva nemmeno perché, era chiaro: (un tempo) cercava solo me, vedeva solo me…
ANNA: Povero papà…
LAURA: Povero Emilio. Decisi di allontanarmi il più possibile…
ANNA: Ma perché?
LAURA: Sposato. Una figlia. Una casa, un lavoro.
ANNA: Ma se vi amavate, cosa…?
LAURA: Che dirti? In quel caso…(a voce più bassa) in quel caso mi lasciai tiranneggiare dal mio autocontrollo. Forse lo facevo per lui, per evitargli tutti i guai che…che… O forse non lo amavo abbastanza. Era così facile fare la scelta giusta! Chi avrebbe deciso diversamente? Impegolarmi con una storia impossibile? In fin dei conti non ero più una ragazzina, avevo quasi quarant’anni, dovevo fare i conti con le possibilità che mi rimanevano d’incontrare l’uomo giusto. 
ANNA: E non poteva essere lui?
LAURA: Lo era. Adesso lo so. 
ANNA: (un tempo) Come puoi dirlo?
LAURA: Quello che fece dopo. Mi cominciò a tempestare di telefonate, di lettere, di messaggi…una volta mi mandò perfino dei fiori in ufficio. Ma tolta quell’occasione, nella sua corte continua e disperata fu anche di una gentilezza incredibile: non cercò mai l’indirizzo di casa mia, non mi si presentò mai davanti a tradimento… 
ANNA: Forse non era innamorato come credevi.
LAURA: Lo era, altroché se lo era, disperatamente. No. Era di un tatto e di una delicatezza…Proprio per questo fu tanto dura: era proprio così, così! l’uomo che volevo. Se fosse stato più aggressivo l’avrei respinto!... Ma lui, pover’uomo, era combattuto tra la passione che provava per me e l’amore che aveva per te e la lealtà verso sua moglie.
ANNA: Oggi si direbbe che aveva le idee poco chiare…
LAURA: Oggi, ieri, che differenza fa il tempo? Anche in queste lacerazioni, proprio per queste era l’uomo giusto per me. Era il mio mondo, la mia rovina e la mia estasi e io…io lo chiusi fuori. (Anna tace) Sei…arrabbiata, delusa, gelosa per questo?
Prima di rispondere, seguita dagli occhi di Laura, Anna fa alcuni passi rimuginando tra sé, contenendo un’emozione molto forte, meditando le parole da dire. 
ANNA: (gelidamente controllata) No. Credo che papà sarebbe stato felice con te. Non avrebbe perso il sorriso.
LAURA: Tu credi…?
ANNA: Non è evidente?
LAURA: Pensi che sia stato perché…?
ANNA: Papà cambiò bruscamente. Il cambiamento fu così brutale che ciò che divenne fece dimenticare quello che era stato prima . Io stessa ho appena una pallida immagine del suo sorriso, chino su di me. È l’unica maniera che ho di ricordare com’era stato; come una sola, vecchia fotografia ingiallita; mi sono rivolta a questo…(con un debole sorriso) a questo santino tutte le volte che mi era insopportabile il suo modo di essere. “Non era così, non è così” era la mia preghiera della sera. Adesso so perché.
LAURA: Ti ha fatto tanto male.
ANNA: Sì, tanto.
LAURA: Non sapevo che avrei causato comunque tanto dolore.
ANNA: (veemente, in un crescendo di rabbia) Laura. Laura, Laura, Laura. Laura! Quante volte deve averti invocata! Quanto dolore gli entrava dentro ogni volta e quanto veleno si depositava! Dopo, quando come ogni figlio fa con i propri genitori, cercai di spremerlo per avere il succo della vita, ottenni solo quello che aveva, quello che gli era rimasto. Un frutto disseccato, asciutto, amaro, senza vita… Dovrei odiarti. Dovrei vendicarmi su di te per la solitudine, per non aver avuto papà come poteva essere, dovrei…dovrei… (un tempo, gelida) Ma forse non c’entri poi granché. Non ti sentire in colpa. Poteva capitare con un’altra. 
LAURA: (spaventata) Tu credi?
ANNA: (veemente: rivolta più a sé stessa che a Laura) Sarebbe bello, sì, sarebbe terribilmente bello, e facile, rubarti questa certezza, sbatterla su uno scaffale impolverato qualsiasi, farla diventare una delle tante illusioni. Che vita inutile, eh? (spegnendosi) Vendetta, vendetta… (un tempo) E invece…no, non lo credo veramente. Ho sentito subito una forte simpatia per te, la sensazione che fossi una persona speciale. Se il fatto di essere sua figlia significa qualcosa… 
LAURA: Tu dici? Pensi che se io…?
ANNA: In fondo in fondo t’invidio: a me non è ancora capitato l’uomo giusto e chissà se avrò mai la fortuna, almeno una volta nella vita, di poter scegliere davvero il mio futuro, fino in fondo.
LAURA: (realizzando) E così, io… Scelsi… E invece… (abbattuta) A me l’occasione è capitata e ora mi sento desolata, devastata…
ANNA: Laura…
LAURA: Mi sento sola, come non la sono stata mai… 
ANNA: Non è così.
LAURA: No? E com’è, eh? Come ti sentiresti tu se all’improvviso qualcuno strappasse l’orizzonte e scoprissi che ti sei mossa per anni in un teatro di posa, tra fondali dipinti, comparse, guidata da un destino qualunque, che sarebbe stato buono per chiunque, pronto da indossare, con tutto già scritto, l’inizio e la fine…e in mezzo il nulla più assoluto…Peggio! Un destino che ho scelto io, per me e per altri, buttando via la vita che…che…(si spegne) 
ANNA: (cauta) Io ho causato tutto questo e, forse, avrei dovuto pensarci bene prima di venire qui con le sue lettere. Chi sono io per sollevare questi veli, per portare tanto dolore…? Fare del male non è mai giusto. Non vorrei trovarmi qui, adesso, davanti alla tua tristezza. Ma ti guardo e se alzo gli occhi vedo un giardino meraviglioso, piante forti e vivaci, contente di esistere e lo devono a te, alla tua vitalità, alla tua forza…
LAURA: (piano) E sai da dove l’ho estratta questa forza?
ANNA: Da dove?
LAURA: (girandosi a guardarla) L’ho riscoperto soltanto adesso: dal suo sguardo, dalla sua voce, dall’intensità del miracolo che ci sconvolse e che mi ha dato la forza di sopravvivere al mio delitto terribile…
ANNA: Che…delitto?
LAURA: Uccisi il mio amore per lui, distrussi la nostra vita, calpestai i fiori che sarebbero sbocciati. (rabbrividisce) 
ANNA: Cosa c’è? 
LAURA: Ho freddo.
ANNA: È questo vento.
LAURA: Vedi quelle colline? Quando il vento viene da lì non resta altro da fare che rientrare in casa ed aspettare che passi.
ANNA: Ma le piante…?
LAURA: (rialzandosi a fatica, invecchiata, facendosi aiutare da Anna) Eh, pazienza. La natura ha le sue leggi. Il vento soffierebbe anche se noi non ci fossimo, ha sempre soffiato. Per loro non sarà nulla di speciale.
ANNA: Non sarà il caso di recuperare il bucato?
LAURA: Già, il bucato, hai ragione. Portiamolo dentro, non si sa mai. 
Si avviano, ma Anna le tocca un braccio e Laura si ferma in attesa
ANNA: Puoi perdonarmi?
LAURA: Il vento non l’hai fatto alzare tu, avrebbe cominciato a soffiare lo stesso.
ANNA: No, volevo dire…tutta questa storia, il ricordo di papà.
LAURA: Proprio questo intendevo. 
escono.



Scena 12. Serena. (Casa di Laura. Pomeriggio. Anna, poi Serena, poi Laura)
Casa di Laura; Tinello
Tinello di Laura: 
ANNA: (entrando) Laura, dove sei?
LAURA: (piano, da fuori) Sto in bagno. Ti serve qualcosa?
ANNA: No, scusa. Volevo solo dirti che ho fermato gli scuri ed ho chiuso le finestre.
LAURA: (c.s.) Benissimo, grazie!
ANNA: Prego.
Suona il campanello due o tre volte
ANNA: Cos’è, il cancello?
LAURA: (c.s.) Sì. Vedi chi è. Io vengo subito.
ANNA: Va bene.
Anna esce mentre il campanello riprende a suonare con insistenza. Dopo un breve intervallo si sentono da fuori le voci concitate di Anna e Serena
ANNA: Mamma, dai, non fare così!
SERENA: Lasciami! Lasciami stare, so quello che faccio!
ANNA: Calmati…
SERENA: E toglimi quelle mani di dosso, hai capito?
ANNA: (entra) Va bene, ma stai calma.
SERENA: (entra; ha i capelli scompigliati e tiene sottobraccio un cofanetto) Io faccio quello che mi pare e tu…(si ferma a guardarsi intorno) Ah. Dunque è qui che vive.
ANNA: Ma, mamma!
LAURA: (entrando dalla parte opposta) Anna, chi era? Ah, vedo che l’hai fatta entrare; benissimo, con questo vento! Buonasera signora, a cosa devo…
SERENA: Finalmente!
LAURA: Scusi, non ho il pia…
SERENA: È qui che si nascondeva, eh?
ANNA: Mamma!
LAURA: Tua madre?
ANNA: Sì. Non so come…
SERENA: Zitta, tu. (a Laura) No, signora, non è un piacere, non lo è affatto!
LAURA: Non capisco.
SERENA: (ad Anna) Era qui che ti eri nascosta. Ma io l’avevo capito subito che stavi qui. Non hai nemmeno avuto la buona creanza di dirmelo onestamente, hai dovuto nasconderlo con una menzogna. È proprio degno di te.
ANNA: Ti avrei detto tutto.
SERENA: In casa di questa…donnaccia!
LAURA: Ma, come si permette?
SERENA: Che schifo!
ANNA: Stai sbagliando tutto!
SERENA: Prima tuo padre, poi tu, serpe schifosa!
LAURA: …in casa mia!
SERENA: (a Laura) Io sto dove sta la mia famiglia, hai capito? E tu non riuscirai a portarmi via anche lei. Lui, poi, (indicando il cofanetto che tiene strettamente sotto il braccio) non potrai averlo mai più. Mai più!
ANNA: Hai portato anche papà!
LAURA: Emilio?
ANNA: Sono le ceneri di papà.
SERENA: (perfida) Sta con me, adesso. Solo con me e non potrai portarmelo via. (prendendo Anna per un braccio) E non potrai prenderti neanche lei! Lei resta con me, con me! Ah!
Serena ha un malore; la mano su Anna le serve per aggrapparsi e sviene; Anna ha la presenza di spirito di accompagnarne la caduta in una delle poltrone.
ANNA: Mamma! Mamma che hai? Si è sentita male!
LAURA: (sotto shock, è come se si accorgesse solo adesso di Serena) Tua…tua madre…
ANNA: Bisogna metterla su un letto.
LAURA: Sì…su un letto…
ANNA: Possiamo usare quello in cui dormo?
LAURA: (scuotendosi) No, è meglio lasciarla qui; potremmo farle del male spostandola. Fammi guardare.
Laura esamina Serena sentendole il polso, controllando le pupille.
LAURA: Mi sembra che sia solo svenuta. In ogni caso adesso chiamiamo il medico.
Nel cadere sulla poltrona il cofanetto è quasi sfuggito dalle braccia di Serena; rialzandosi Laura fa per raccoglierlo, ma ritira le mani
LAURA: …Emilio…
ANNA: Faccio io.
LAURA: Sì.
Anna solleva con cautela il cofanetto e lo sistema sul tavolinetto. Poi, rivolta a Laura.
ANNA: E adesso?
LAURA: Lasciamola riposare.





Scena 13. Non può essere un caso. (Casa di Laura, Pomeriggio ventoso. Laura, Anna, Serena)
Casa di Laura; Tinello
Tinello di Laura: Serena giace svenuta su una poltrona; il cofanetto contenente le ceneri di Emilio sta sul tavolinetto; Laura è in piedi assorta davanti alla porta finestra con lo sguardo all’esterno; Anna le si avvicina e rimane per un po’ in silenzio.
ANNA: È mai possibile? Ma quanto ci mette?
LAURA: (assente) Siamo in campagna; appena potrà, verrà.
ANNA: Il vento s’è rinforzato.
LAURA: Sì.
ANNA: Aumenta ad ogni minuto che passa.
LAURA: A volte fa così.
ANNA: (sorpresa, indicando un oggetto in movimento fuori dalla finestra) Quello cos’era?
LAURA: (seguendo il movimento) Lo spaventapasseri.
ANNA: E adesso?
LAURA: Lo rifarò.
ANNA: Hai visto? Un ramo.
LAURA: Era un ramo di fico.
ANNA: Ma è un disastro, vola tutto! Le piante si distruggono! Bisogna fare qualcosa!
LAURA: Non possiamo fare niente. 
ANNA: Bisogna uscire a legare le cose!
LAURA: Sarebbe pericoloso, può arrivare qualcosa in testa.
ANNA: È mai possibile che… È una vera e propria tempesta. Succede spesso?
LAURA: … anni fà…
ANNA: Ma…cos’hai?
LAURA: Tutto ritorna.
ANNA: Cosa?
LAURA: Il vento è forte
ANNA: E l’aria è fredda!
LAURA: Anche allora.
ANNA: Quando?
LAURA: L’ultima volta che lo vidi.
ANNA: Chi?
LAURA: Emilio.
ANNA: Papà?
LAURA: È come se il vento lo riportasse qui… Non può essere un caso: tu, tua madre, le lettere, il vento…
ANNA: Cosa c’entra il vento?
LAURA: Faceva freddo. Era una di quelle giornate di fine primavera in cui l’inverno ci ricorda che presto tornerà e sorprende tutto e tutti con il ghiaccio, la neve fuori stagione e il vento gelato. Quel pomeriggio aveva deciso di vedermi, trasgredendo a tutte le sue delicate regole di premura. Venne, spinto dal bisogno di ricordare com’era la donna che sognava ogni notte e che pensava ogni momento; doveva riconoscere i contorni del mio corpo per cessare di vedermi ovunque. Così aveva scritto in quella sua lettera. Ed io acconsentii ad incontrarlo.
ANNA: Quindi in un certo senso tradisti il tuo isolamento.
LAURA: Non ce la feci. Ogni rifiuto era una ferita anche per me. Credevo di aver sofferto abbastanza. Poi, forse, non sarebbe stato così terribile: forse aveva ragione lui, se ci fossimo visti, tutta questa situazione isterica si sarebbe potuta sgonfiare… In ogni caso presi le mie precauzioni: mi feci accompagnare da un collega per non rimanere sola con lui.
ANNA: Gli dicesti che…
LAURA: No, gli dissi solo di accompagnarmi fuori, con la scusa di prendere un caffè insieme ad un amico che mi era venuto a trovare. Se gli avessi chiesto di non lasciarmi sola con uno spasimante disperato avrei creato un caso, uno scandalo di cui si sarebbero nutriti gli avvoltoi. Sarebbe stato un torto che non meritavamo né Emilio né io.
ANNA: Quindi accettasti d’incontrarlo, gli desti un appuntamento.
LAURA: Tardai. Lo feci aspettare. Sai, una di quelle tattiche che si usano per sminuire l’importanza degli incontri… Quando uscii mi scusai per il lavoro che mi aveva trattenuto, avevo pochissimo tempo, giusto quello di prendere un caffè al bar dietro l’angolo, poi sarei dovuta scappare…questo genere di cose.
ANNA: Conosco benissimo.
LAURA: Lo incontrai, sulla scalinata che fronteggia il palazzo in cui lavoravo, davanti alla piazza sconfinata in cui il vento giocava a mordersi la coda acquistando velocità… Faceva un freddo cane e nessuno era vestito in modo adatto, tanto meno lui. Stava lì, fermo in cima alla scalinata, con il bavero della giacca tirato su, i capelli agitati dal vento, di spalle. (tace)
ANNA: E poi?
LAURA: Lo chiamai prima di raggiungerlo: “Emilio!”. Si voltò tutto rigido e ci venne incontro. Io sorridevo come se avessi incontrato per caso un amico, fingendo una gaiezza che non provavo. Sono brava a mentire, l’ho imparato bene: una cosa sono i pensieri, un’altra cosa la faccia. Quella volta superai me stessa. (un tempo) Con il tempo ho imparato che è meglio farlo il meno possibile, soprattutto quando ci sono in gioco cose importanti, come i sentimenti degli altri…
ANNA: Difendevi te stessa.
LAURA: Credevo di star difendendo lui.
ANNA: Da cosa?
LAURA: Dalla sciagura di fuggire via con me, di perdere la moglie, la figlia, la casa, il lavoro e chissà cos’altro…
ANNA: Ti sentivi così forte?
LAURA: Non sapevo quanto poco lo fossi. Lo scoprii in quel momento.
ANNA: Come?
LAURA: Mentre si avvicinava sorrideva con due sorrisi: uno di saluto formale per il mio collega ed uno per me, strano, indecifrabile; mi fece pensare alla prima vista di casa dopo un lungo viaggio. Ma ciò che distrusse tutte le mie difese fu il suo sguardo. Mi ero vestita carina, quel giorno; avevo un tailleur con una minigonna, avevo raccolto i capelli con cura, un filo di trucco… Ma non guardò il mio corpo come era abituato a fare prima, quando ci frequentavamo; allora fingeva di pennellare con lo sguardo una carezza lunga lunga su tutto il mio corpo e poi scoppiava a ridere di quella sfacciataggine che non era da lui. No. Si avvicinò guardandomi dritta negli occhi con i suoi che avevano tutti i colori dell’arcobaleno, in quel momento, ed il vento sembrò sparire. Credo di aver mantenuto la faccia di prima quando gli chiesi scusa per averlo fatto attendere al freddo. Lui mi rispose, lo ricordo perfettamente, l’ho sempre ricordato come un aneddoto simpatico, anche divertente… Mi disse: “Non fa niente, sono arrivato adesso, avevo paura di essere stato io a farti aspettare”.
ANNA: Gentile!
LAURA: L’avevo visto dalle finestre del mio ufficio fermo lì per almeno venti minuti. Era blu dal freddo.
ANNA: E non ti fece pena?
LAURA: In quel momento fui travolta da un’ondata di tenerezza infinita, l’avrei baciato, carezzato, accudito, chiuso dentro di me… In quel momento si decise il nostro destino. La mia mano si mosse per carezzargli il viso gelato, ma inciampò nella borsetta che portavo a tracolla e si fermò. Io mi fermai. Poi gli dissi qualcosa di generico, credo di avergli presentato il collega, e andammo a prendere il caffè.
ANNA: E lui?
LAURA: Ebbe un rapido sorriso; disse, o mi sembrò che dicesse, “capisco” e ci avviammo tutti e tre come persone normali che vanno al bar.
ANNA: Normali?
LAURA: Non c’era niente di normale: il mio collega fece qualche battuta sul freddo, ma percepiva la stranezza della situazione; Emilio cercava continuamente d’incontrare il mio sguardo, ma io l’evitavo con la scusa di ordinare o di chiedere del latte o di scambiare un saluto con qualcuno che conoscevo, o che so io… Ad un certo punto riuscì ad essere abbastanza vicino da dirmi: “Ti trovo bene, sei bellissima.”. Ma a quel punto le mie difese erano nuovamente in piedi, insuperabili. Era vero: ero bellissima, sapevo di esserlo perché ero in forma e perché ero elegante e perché Emilio non si sarebbe accontentato di una bellezza qualsiasi e poi…
ANNA: E poi?
LAURA: Sai: quando sei guardata così puoi diventare qualunque cosa. Credo di essere stata fortunata. Non credo che capiti spesso nella vita.
ANNA: A me non è capitato mai.
LAURA: Hai tempo. 
ANNA: Vi lasciaste così?
LAURA: Ci salutammo: “è bello averti rivisto”, “incontriamoci”, “ci sentiamo”…e via. Il vento se lo trascinò oltre l’angolo.
ANNA: Fu questo il vostro ultimo incontro?
LAURA: Sì. (un tempo) Poverino, doveva aver preso un freddo terribile: andandosene fece due starnuti che lo squassarono tutto; uno di questi, mentre si allontanava, lo fece sbattere contro un palo!

Scena 14. Quello sguardo. (Casa di Laura, Pomeriggio ventoso. Serena, Anna, Laura)
Casa di Laura; Tinello
Tinello di Laura: 
SERENA: (con voce astiosa) Stette male per un mese.
ANNA: Mamma!
SERENA: (facendo per alzarsi) Fosti tu. All’inizio non capivo come potesse un semplice raffreddore ridurlo così. E non si riprendeva! Non si riprendeva! Poi cominciai a sospettare. Poi cominciai a capire: era colpa tua.
LAURA: Cosa?
SERENA: (si alza) Gli avevi preso la vita, gli avevi rubato l’anima, maledetta strega!
ANNA: Mamma, che dici?
SERENA: Zitta tu! Non sai niente! Tuo padre tornò a casa completamente cambiato: non rispondeva, starnutiva, aveva la febbre. Niente di strano mi dico io, niente di strano è un raffreddore, non si è coperto, peggio per lui, va in giro a fare il ragazzino. Si mise a letto, bastavano due linee di febbre e si buttava a letto, ma stavolta non voleva rialzarsi. Dopo qualche giorno mi preoccupai perché il raffreddore era passato e lui continuava a rimanere a letto e stava lì, abulico, indifferente al tempo che passava, al lavoro, a me. Ti ricordi quando cadesti dalla bicicletta, quando ti portammo al pronto soccorso che t’eri fatta male ad una mano? Te lo ricordi? 
ANNA: Sì, mi pare di ricordare….
SERENA: Si alzò dal letto solo allora, per te, allora sì che si mosse. Non disse una parola. Mentre io ero dentro a parlare coi medici lui se ne rimase fuori col naso per aria. Mi fece arrabbiare, me lo ricordo ancora: “Che c’hai?” gli chiesi, “Non t’importa di sapere di Anna, cos’hanno detto i medici? Devo fare tutto io, tu non esisti?” Quello sguardo. Non posso dimenticare. Quello sguardo. Girò gli occhi verso di me come un animale ferito, distante, morto. (ha un brivido) Ricordo benissimo l’orrore del vuoto che gli vidi dentro. Sentii freddo, come se un pezzo di ghiaccio mi si fosse formato nello stomaco. Da dove veniva quella tristezza, mi chiesi; cos’era successo? Provai a fargli delle domande, ma lasciava cadere qualsiasi argomento, era evasivo. Poi mi venne il dubbio: fosse una donna? E chi, poi? Di quelle che conoscevamo non c’era da temere, ma al lavoro? (a Laura) Così cominciai a cercarti.
LAURA: A cercare me?
SERENA: Eh, cara mia, avevamo degli amici trasversali, alcuni suoi colleghi erano nostre antiche conoscenze! Tutti reticenti, bocche cucite, perché ci dev’essere un patto segreto fra colleghi: (sprezzante) coprimi che ti copro anch’io! Ma mi bastò sentire il tuo nome un paio di volte per focalizzare: (avvicinandosi a Laura, minacciosa) mi eri nel mirino, ormai! Non potevi più sfuggirmi!
LAURA: Io non ho mai avuto motivo di fuggire da niente…
SERENA: (scoppia in una risata) Ma certo, povera cerbiattina mia! Ti fiutai, ti girai intorno con cerchi sempre più stretti, ma stando attenta a tenermi sempre sottovento. Non potevi accorgerti di niente; sai, mio padre era un grande cacciatore, mi ha insegnato bene! Ti ho osservato mentre continuavi a crogiolarti nei tuoi ridicoli tormenti di femmina insaziabile, ti mettevi tutti i pantaloni attillati e le minigonne che volevi, spargevi sesso a destra e sinistra indifferente ai cuori che spezzavi… Quel povero Dario!
LAURA: Dario!
SERENA: Ha mai saputo che uscivi con quel marinaio…?
LAURA: Come si è permessa?
SERENA: (maligna) Ma sì, che l’ha saputo. Se non ricordo male alla fine lo sapeva, no?
LAURA: Fu lei?
ANNA: A fare che?
LAURA: Eravamo alla fine, avevamo già cominciato le pratiche per il divorzio ed io…conobbi degli uomini. Niente di importante: una cena, un cinema; era una reazione, mi serviva per vedere se avevo ancora…delle possibilità. Una volta Dario venne da me a domandarmi se era vero che vedevo un suo cugino, impiegato in una compagnia marittima. Non era successo niente, per carità, il cugino di Dario era una cara persona, ma al cinema e basta, ed avevamo deciso di non fargli sapere che c’eravamo visti per non fargli credere chissà che. Ma Dario me lo domandò direttamente ed io fui bravissima a mentire, tanto che arrivò a chiedermi scusa lui, rosso di vergogna. La sua vergogna la sentii mia e quella fu la volta in cui decisi di non mentire più nella sfera affettiva. Dopo di allora mi chiusi in me stessa. (a Serena) Mi sono sempre chiesta come avesse fatto a saperlo.
SERENA: Eh beh…!
ANNA: Mamma! Hai fatto questo? Ma non ti vergogni?
SERENA: (sbottando, ad Anna) Vergogna! Vergogna! Che significa quando tuo marito, il tuo legittimo sposo, l’altra metà di casa, ti viene rapito da una sgualdrina senza coscienza (gesto di rifiuto da parte di Laura) che ti lascia un guscio vuoto con cui fare i conti? Che ne sapete voi dello sforzo di essere quello che non sei per cercare di riprendertelo, di sembrare di nuovo interessante per uno che non ti vuole, provandoci con la cucina, con il letto…
LAURA: E poi la sgualdrina sarei io!
SERENA: …e alla fine ho trovato la vendetta più dolce: me lo sono tenuto! Piccoli inganni, ricattini morali, viaggi inutili per cose inutili…tempo! Gli ho sprecato il suo tempo soffocandolo con la mia presenza, la mia compagnia! Non voleva più me, ma senza di me non sapeva come vivere!
ANNA: Stai dicendo delle cose terribili!
LAURA: E la persona spregevole sarei io…
SERENA: (violenta) Ma che ne sai tu di cosa significhi non essere più amata!
LAURA: (di rimando) E lei che ne sa della solitudine, dei giorni inutili!
SERENA: È quello che meriti, troia! Emilio è mio, è rimasto con me! Te, non t’ha mai più cercato!
ANNA: Come lo sai?
LAURA: Lo sa, lo sa, non capisci? Le bastava vederlo giorno dopo giorno, trasformarsi in quello che voleva lei. Se solo avesse avuto una pallida idea di uscita, lei era lì, pronta a fermarlo, a legargli mani e piedi, a trascinarlo in qualcos’altro finché non era sicura che se ne fosse dimenticato del tutto. Non l’hai capito? Questa donna è…
SERENA: (violenta) Avanti, dillo! Dillo quello che pensi, avanti!
ANNA: Mamma, questa è pazzia!
SERENA: (veemente) Vedrai! Vedrai anche tu, quando la vita ti porterà a fare qualcosa senza il tempo di riflettere, quando nelle parole e nei gesti ci troverai tutta la potenza dell’anima tua, vedrai quando sarai te stessa fino in fondo se si può chiamarla pazzia! Credi davvero che questa donna qua non sia pazza, con tutto il suo cavarsela da sé, con il suo isolamento tra le pecore e le galline? Guardala, guardala bene: è ridicola con gli stivaloni sporchi di fango quando si arrampica sugli alberi, alla sua età; fa ridere tutti quando se ne va dai vicini con il cesto pieno di fogliacce e rametti, come una vagabonda… Sola. Sola! Senza un uomo vicino, senza una famiglia…
LAURA: (gridando) Basta! Smettila! Non ti permetto di sputare il tuo veleno addosso a me. A me! Che per risparmiare un dolore a te e a tua figlia ho rinunciato all’unica vita che volevo davvero…
SERENA: Lascia stare mia figlia!
Mentre le due donne proseguono nel loro alterco, Anna retrocede, prende il cofanetto e s’avvia alla porta d’uscita ed esce.
LAURA: Lasciala stare tu! Non cercare di ingabbiarla coma hai già fatto col padre! Non sei più neanche capace di vederla? È adulta ormai, s’è fatta una sua vita, è perfettamente in grado di giudicarti per quello che sei!
SERENA: Io sono sua madre!
LAURA: Madre sopportata! Che grande traguardo hai raggiunto: ti sta vicino e non è più neanche sicura se ci sta per affetto verso di te o del tempo trascorso insieme…
SERENA: Insieme, insieme! Eccola la parola! Con me, insieme! Lei ed Emilio! Insieme, sempre, insieme a me!
Laura scoppia a piangere
SERENA: (ride) Ah ah, pover’anima, adesso piangi! Ti fa male, vero? Insieme a me e nessuno, nessuno con te! Ah ah!
LAURA: Fa male sentirsi sbattere addosso la paura di ogni mattina, del risveglio in mezzo alla notte. Ma piango anche per questa frana di violenza e di cattiveria che crolla addosso a me e prima di me ha soffocato Emilio, il mio Emilio…
SERENA: Il tuo Emilio?
LAURA: Quell’Emilio che tu non hai mai avuto, neanche prima di me e non avrai mai. Perché solo con me ha scoperto l’infinito della vita, la capacità di sognare, la possibilità di vivere…
SERENA: E quando, eh? Quando avrebbe avuto quest’esperienza meravigliosa? Se con te c’è stato per poche settimane e neanche c’è stato. Con me c’è stato tutta la vita!
LAURA: Neanche lo sai. Basta un attimo, basta un attimo…
SERENA: Dopo vent’anni di nulla ancora insisti! E poi sarei io la pazza!
LAURA: Sì perché buttare questa pioggia di pietre acuminate addosso a tua figlia è un gesto che racconta meglio di tante parole la tua povertà, riempita solo di tempo, di albe e tramonti (la voce le si incrina) e nebbie e piogge e… (guardandosi intorno) Ma Anna? Anna, dov’è andata?
SERENA: Sarà andata al bagno, come suo padre quando non voleva starmi a sentire.
LAURA: Anna! Non ci credo, era qui un momento fa. Proprio non capisci niente, una vita con lei non t’è bastata per capire com’è fatta. Va bene che a volte a forza di stare vicini alle persone si diventa presbiti, incapaci di vedere e di valutare obiettivamente, ma fino a questo punto… Anna! Dio mio…
SERENA: (cominciando a farsi contagiare dall’agitazione di Laura) Ma che dici, presuntuosa che non sei altro! Anna, vieni fuori! Anna! 
LAURA: Anna!
SERENA: È mamma che ti comanda di uscire fuori, non fare la stupida, esci fuori!
LAURA: Non c’è. Non sarà uscita? Madonna mia, col tempo che c’è, fuori!
SERENA: Il cofanetto!
LAURA: Eh?
SERENA: È sparito il cofanetto!
Le due donne si guardano
LAURA: (balbettando) È…è uscita! Col cofanetto!
SERENA: No! Emilio!
LAURA: Presto! Presto, bisogna trovarla e farla rientrare! (si dirige alla porta di uscita) 
SERENA: (seguendola) Anna! Emilio!


Scena 15. Nel vento. (Casa di Laura, esterno ventoso. Anna, poi Serena e Laura)
Casa di Laura; esterno
Esterno della casa di Laura: Anna è in piedi sul ceppo del giardino, con il cofanetto sottobraccio ed i capelli e gli abiti sconvolti dal vento. Estrae dal seno la busta gialla, poi, con movimenti ieratici, l’apre e ne estrae i tre fogli che contiene. Ne esamina l’intestazione. Sopraggiungono agitatissime Laura e Serena.
LAURA: Anna! Anna, che fai?
SERENA: Anna! Emilio! Anna, ridammi subito il cofanetto!
LAURA: Scendi, è pericoloso, con questo tempo può succedere di tutto!
SERENA: Ti ordino di darmi il cofanetto! Subito!
Senza rispondere, Anna osserva i fogli che ha in mano poi ne dà uno a Laura e uno a Serena
SERENA: E questo cos’è?
LAURA: È…è per me?
SERENA: Ma che c’è scritto?
LAURA: “Per Serena”…?
SERENA: Questo non è per me, è per lei!
LAURA: È la scrittura di Emilio…È una lettera di Emilio!
SERENA: Ma…che vuol dire…
ANNA: (leggendo il terzo foglio, che ha conservato per sé) “Cara Anna, so che sei tu perché solo tu puoi aver portato a compimento i miei desideri, usando la tua intelligenza e la tua determinazione fino in fondo. Solo per te, che hai eseguito quanto ho chiesto, queste parole avrebbero un significato. Se per uno dei tanti accidenti della vita a leggerle fosse qualcun altro, non importerebbe cosa capisse o non capisse; a questa persona andrebbero i miei migliori auguri di una lettura istruttiva e di una vita felice.”
LAURA: (piangendo) È proprio lui, Emilio!
ANNA: “Lascia che Laura e tua madre leggano le proprie brevi lettere e poi, dopo, leggi quello che ho scritto per te. Te lo chiedo per favore, ma so che adesso, che è veramente importante, farai quello che ti chiedo.” Leggete per favore.
LAURA: Ma…il mio ce l’ha lei!
ANNA: Per favore…
SERENA: Che sciocchezza! E va bene: “Cara Laura, amore mio…” (le manca la voce) 
LAURA: (cominciando con un sorriso, terminando senza parole) “Serena, compagna dei miei giorni…”
SERENA: Ah, ah, ah, lo vedi, eh? E a te? (montando di rabbia mentre legge) “sei stata il fuoco infinito della mia vita e nulla e nessuno è riuscito a farmi dimenticare la passione che provai per te e che vidi risplendere nei tuoi occhi quel giorno di vento…” Ah, maledetta!
LAURA: (avvilita) “…era scritto che con te si compisse il mio destino. So benissimo quello che hai fatto per me e, lasciamelo dire, talvolta contro di me, anche se credevi che non me ne accorgessi. Come la volta che ti ho seguito per curiosità in uno dei tuoi viaggi al circolo di bridge, te che odi i giochi di carte, ed ho scoperto che andavi a curiosare davanti ad una fattoria fuori mano, sul cui citofono ho scoperto il nome di Laura. (Serena allibisce e Laura sorride) Che ironia! Devo a te la riscoperta del suo indirizzo. Ma la vita con te è stata lunga e nell’insieme sei stata una buona madre per Anna, premurosa e attenta, e per me una moglie spesso appassionata…”
SERENA: (rabbiosa) Che porcheria: “…Grazie a te ho ritrovato l’amore e, attraverso di esso, il senso della vita che mi ha sostenuto fino ad ora…”. Basta, non leggo più!
ANNA: Mamma, vai avanti, per favore: sono le ultime volontà di papà.
SERENA: Che sciocchezze! E va bene: “Sono un Romeo senza più Giulietta. M’è rimasta solo la boccetta del veleno e l’ho bevuto, tutto, fino in fondo…”
LAURA: “Ho ammirato spesso la tua capacità di reazione a qualunque avversità e sono sempre stato sicuro che se fossimo stati travolti da qualche disastro saresti stata tu la forza propulsiva che c’avrebbe riportati in superficie, attimo dopo attimo, giorno dopo giorno…”
SERENA: “…goccia dopo goccia, giorno dopo giorno. Era un veleno onesto ed ha fatto onestamente il suo lavoro, tanto che non riesco più a capire come, un uomo quale sono io adesso, potesse avere quello slancio assurdo che provai per te…” (trionfante) Ah! Lo vedi!
LAURA: “Ora non resta che starti accanto a vedere come andrà a finire. Io non credo che riuscirai davvero a schiantarmi sotto la tua vitalità; se non ci sei riuscita finora…! Siamo stati insieme tanto a lungo che non riesco ad immaginarne la fine.”
SERENA: Lo vedi, lo vedi? “…Ma quello che il veleno doveva darmi, l’oblio, l’unica cosa che avrebbe giustificato questo lento martirio, quello, (Serena impallidisce) non l’ho avuto! (gelida) E rivedo ancora i tuoi occhi nel vento di quel pomeriggio che cercano di fingere allegria, ma mi restituiscono una promessa di eternità che non ho mai dimenticato. Vivere per ricordarti non è stato inutile. “
Le due donne rimangono in silenzio, come inebetite, ognuna con la lettera che ha letto in una mano inerte lungo il fianco.
ANNA: Ritengo che abbiate finito. (solleva il suo foglio e legge) “Ora che ho dato loro tutto quel che avevo dentro, rimane il contenuto più grande, per la persona più importante. Sei il mio futuro, Anna. Non è un luogo comune quel che si dice dei figli: non importa quanto a lungo possa più vivere io, perché è in te che sopravvivrò, ancora per molto, ti auguro. Ti ho tenuta a distanza per non contagiarti con la triste sensazione di una vita sopravvissuta a sé stessa, ma tu sei stata la vera giustificazione per ogni sopportazione. Stimo il tuo spirito che ho visto maturare negli anni e so che saprai interpretare correttamente le mie parole. Ama tua madre che ti ha dato senza riserve tutto quello che poteva, perché lei è fatta così e di meno non sa dare. Spero che la conoscenza di Laura sia andata come credo e che in lei tu abbia visto riflesso il me stesso che non hai potuto conoscere. Non l’ho amata così solo perché era bella, ma perché in lei mi completavo. Non ho vissuto con tua madre solo perché ero costretto, ma anche perché tutto sommato è una buona compagna. Basta, adesso. Son tre giorni che scrivo: dopo aver scritto il biglietto credevo di cavarmela più rapidamente, ma, sai, la clandestinità cui Serena mi costringe rende tutto più difficile. Ora che ho finito provo una gran sete; sarà tua madre che come sempre la calmerà con un bicchiere d’acqua e come sempre non coglierà la metafora. Chiuderò questa lettera in attesa della tua scoperta. Affido a te il destino delle mie ceneri. Un saluto per sempre, futuro mio. Tuo padre.” (un tempo, ripiegando il foglio) Addio papà, arrivederci.
Anna lascia andare il foglio che volteggia via, poi prende con le due mani il cofanetto, lo alza sopra di sé e lo apre lasciando le polveri disperdersi nel vento. Laura scoppia a ridere di gioia circondata dal turbinare dell’aria e del pulviscolo. Serena si lancia prima verso Anna, poi, visto che è troppo tardi, tenta di recuperare con le mani quel che può.
SERENA: (gridando) No! Pazza, che fai! (cerca di ghermire nell’aria la cenere che vola) Emilio! Emilio!

Scena 16. Epilogo. (Casa di Laura. Laura, poi Serena e Anna) 
Casa di Laura; esterno
Esterno della casa di Laura. Il vento è caduto. Sui campi regna un tramonto dorato e prezioso.
LAURA: (entrando dalla casa, con il cofanetto sottobraccio,) Prego, prego venga.
SERENA: (entra prostrata, sorretta da Anna) Grazie. (alla figlia, ma come se parlasse tra sé) Che hai fatto! Che cosa hai fatto, ma perché? Perché?
ANNA: Mamma, era giusto così, hai sentito le sue ultime volontà, vero?
SERENA: Cosa hai fatto! E adesso? Che farò io, adesso?
ANNA: Cercherai di proseguire la vita che hai costruito con lui. Non potevano essere le sue ceneri ad aiutarti.
SERENA: Ma era lui, era lui con me! Adesso sono sola! 
ANNA: Con un mucchio di cenere ti saresti sentita in compagnia? 
SERENA: No, sì… ma adesso? Chi mi aiuterà? Non ce la posso fare da sola. 
ANNA: Sarò con te, mamma, finché non sarai capace di mostrare la forza che papà ammirava tanto.
SERENA: Sì, ma sarà dura. Dio com’è difficile, pesante. Che cosa enorme! (esce mentre Anna rimane in scena a guardarla allontanarsi) 
ANNA: È schiantata dal dolore.
LAURA: Povera donna, bisogna capirla. Ha bisogno di te, ora più che mai.
ANNA: E se avessi sbagliato tutto?
LAURA: È sempre possibile quando si prende una decisione.
ANNA: Dio mio, Laura: ti rendi conto? Papà!
LAURA: Emilio è qui, Anna, intorno a noi e (abbozzando un sorriso) in buona parte nei tuoi vestiti, nei miei. Molto probabilmente tua madre non l’ha mai avuto tanto vicino come adesso.
ANNA: È vero. C’è ironia, c’è bellezza in questo.
LAURA: (Una pausa) Tornerai? 
ANNA: Sì. Spero che non ti dispiaccia se…
LAURA: Se…?
ANNA: Se avrai il dubbio che sia tornata per salutare te o lui.
LAURA: Non avrò dubbi: sarà il tuo sguardo a dirlo.
ANNA: Parla lo sguardo?
LAURA: Il suo parlava, tu hai molto di lui.
Anna sorride e allunga la mano per stringere quella di Laura che la sorprende con un abbraccio 
LAURA: A presto, allora, non lasciar passare vent’anni.
ANNA: Hai paura che sia un vizio di famiglia? Tornerò presto. 
Si stacca e s’avvia all’uscita
ANNA: Facevi una vita così tranquilla… mi dispiace per quello che ho portato con me.
LAURA: La cenere è un ottimo fertilizzante, non lo sapevi? Non potevi portare un regalo migliore. Tutto crescerà meglio ora. Vedrai, la prossima volta, vedrai.
ANNA: Già adesso. Grazie per la tua amicizia.
LAURA: Grazie per la tua.
Laura ha un lieve sussulto, si ricorda del cofanetto che ha sottobraccio. Lo bacia e lo dà ad Anna che l’accetta sorridendole; un ultimo sguardo ed esce.


SIPARIO
16/09/06 Un pomeriggio di vento Mauro Eberspacher