PRIMA  DI  ENTRARE

di

ANTONIO  SCOPECE


© 2005. Tutti i diritti sono riservati
Tutelato dalla SIAE

 

Personaggi
Nicoforo
Berengario
Rosmina
Adelmo


Una parete attraversa tutta la scena da un lato all’altro. Al centro della parete c’è una porta chiusa. Nell’ambiente antistante, a sinistra e a destra della porta e in diagonale attraverso il palcoscenico, vi sono disposte delle vecchie sedie con il piano di paglia, quattro o cinque per parte e l’una accanto all’altra, in modo da suggerire che l’ambiente potrebbe essere una sala d’attesa. L’ingresso è a sinistra.

Entra, da sinistra, un uomo (Nicoforo). Questi avanza passando fra le sedie e guardandosi attorno, vede la porta, si avvicina a quella. La guarda. Poi si guarda ancora attorno. Si va a sedere ad una delle sedie a sinistra. Appena seduto si accorge che c’è qualcosa che non va: la sedia zoppica vistosamente. Si alza. Verifica più di una volta il fatto, sposta di poco la sedia, si risiede, riscontra che zoppica ancora. Si alza, si guarda attorno. Si dirige verso le sedie di destra. Si siede ad una di quelle. Si mette in attesa.
Silenzio.
Nicoforo cambia posizione sulla sedia. Guarda da un lato, poi dall’altro. Di nuovo cambia posizione. Si alza. Si guarda attorno. Guarda la porta. Vi si avvicina. La guarda ancora. Se ne discosta. Si muove. Si dirige, in modo distratto, verso le sedie a sinistra, fa per sedersi, si blocca, si raddrizza, guarda la sedia, la smuove verificando che è quella zoppa, sorride, riattraversa la sala e si va a sedere alla sedia dov’era seduto prima, a destra. Si rimette in attesa.
Silenzio.
Si muove ancora sulla sedia. Sospira. Si alza. Va davanti alla porta. La guarda. Fa il gesto di chi vuol bussare. Si blocca. Rinuncia. Guarda ancora la porta. Vi accosta l’orecchio ponendosi in ascolto. Se ne discosta con un gesto di perplessità. Si riaccosta di nuovo alla porta rimettendosi in ascolto. Ancora gesto di perplessità. Si discosta dalla porta. Si guarda attorno. Torna a sedersi alla sua sedia, a destra. Riprende l’attesa.
Silenzio.
Entra da sinistra un altro uomo (Berengario). Questi ha con sé un ombrello.

BERENGARIO    Buongiorno!
NICOFORO    Buongiorno a lei, signore!

Berengario avanza e si guarda attorno.

BERENGARIO    Ehi, non c’è neanche un portaombrelli!
NICOFORO    (Guardando intorno) Non c’è. È evidente che non c’è.
BERENGARIO    Mah! Chissà perché.
NICOFORO    Forse avranno dimenticato di metterlo, signore. O forse lo avranno tolto momentaneamente per pulirlo, o…
BERENGARIO    O forse non è previsto, qui, un portaombrelli.
NICOFORO    È probabile. Anzi, più che probabile.
BERENGARIO    E questo dove lo metto? Gocciola acqua.
NICOFORO    Vedo, vedo. Strano.
BERENGARIO    Strano? Che c’è di strano, signore? Piove. È normale che l’ombrello goccioli.
NICOFORO    Strano che piova. Quando sono venuto c’era una giornata limpida e serena, piena di sole.
BERENGARIO    E ora invece piove, a dirotto caro signore.
NICOFORO    Sì, sì, è evidente. Però la cosa rimane strana… così all’improvviso.
BERENGARIO    Il tempo, eh!, è sempre mutevole e incerto. Beh, questo da qualche parte lo devo pur mettere.
NICOFORO    Se vuole lo può appendere ad una sedia.
BERENGARIO    È vero. Giusto, signore. Grazie. (Si dirige verso una sedia a sinistra, ma subito si ferma). No. Farò invece un’altra cosa. (Si allontana un po’ e apre, non completamente, l’ombrello). (A Nicoforo) Voi mi scuserete, vero?
NICOFORO    Prego, prego.

Berengario apre e chiude velocemente più volte l’ombrello.

BERENGARIO    Ecco. Via le gocce d’acqua. (Apre del tutto l’ombrello e lo mette a terra) Così, aperto, si asciugherà presto. (A Nicoforo) A voi non dà fastidio, vero?
NICOFORO    No. Nessun fastidio.
BERENGARIO    Grazie. (Guarda l’ombrello) Mhm, forse qui l’ombrello dà troppo nell’occhio.
NICOFORO    Ma no.
BERENGARIO    Meglio metterlo più in là. (Lo sposta dietro le sedie di sinistra) Ecco, qui credo che vada bene.   
NICOFORO    Bello quell’ombrello! Di buona e antica fattura.
BERENGARIO    È un ombrello d’epoca. Ne ho una collezione di ombrelli, sa.
NICOFORO    Ah sì? Beh, l’ombrello è un segno distintivo dell’uomo.
BERENGARIO    Ne porto sempre con me uno, per ogni evenienza. Però, a dir la verità, avrei voluto portarne un altro con me, il mio preferito, uno di ancora di più pregevole fattura. Ma, nella fretta del momento… sapete com’è.
NICOFORO    Vi capisco. Beh, in fondo, per quello che serve, un ombrello vale l’altro.
BERENGARIO    Ah, certo! Alla fine è così.

Berengario va verso le sedie di sinistra. Si siede. Ma subito si rialza.

BERENGARIO    Ehi, ma che cos’ha questa sedia?
NICOFORO    Oh! Avrei dovuto avvertirvi. Quella sedia è zoppa.
BERENGARIO    Vedo, vedo. Zoppica eccome.    
NICOFORO    Vi ci sono capitato anch’io.
BERENGARIO    Ah, destino comune, dunque!
NICOFORO    Eh, sì. Eh! Eh!
BERENGARIO    Lasciamola perdere, allora, la sedia zoppa. (Si siede alla sedia accanto). Bene. Eccoci qua.
NICOFORO    Già, eccoci qua.

Silenzio.

BERENGARIO    Chissà se c’è da attendere molto.
NICOFORO    Oh! Non credo… Forse… Non lo so.
BERENGARIO    È da molto che lei è arrivato?
NICOFORO    Mhm, da un po’.
BERENGARIO    È entrato qualcuno prima di lei?
NICOFORO    Ah, non lo so! Quando sono arrivato non c’era nessuno.
BERENGARIO    Ah! (Dà un’occhiata alla porta).

Silenzio.

BERENGARIO    (Indicando la porta) Ma… ehm, non sa se c’è qualcuno là dentro?
NICOFORO    Non saprei. Sicuramente qualcuno c’è, non può essere altrimenti.
BERENGARIO    È vero. Non può che essere così.

Silenzio.

BERENGARIO    Scusi.
NICOFORO    Sì.
BERENGARIO    (Indicando la porta) Ma non si è affacciato nessuno? Magari per dire di attendere?
NICOFORO    No. Non ha aperto nessuno.
BERENGARIO    Allora non ci resta che attendere.
NICOFORO    Già, non ci resta che attendere.
BERENGARIO    Chissà se… Mhm… (Si alza e si avvicina alla porta) Vediamo un po’   (Guarda la porta. Poi vi accosta l’orecchio mettendosi in ascolto).
NICOFORO    Ci ho provato anch’io, signore.
BERENGARIO    (Staccandosi dalla porta) Ah sì?
NICOFORO    Non s’ode nulla.
BERENGARIO    Nulla… Ho capito. (Va verso la sua sedia) Neanche un rumore?
NICOFORO    Niente.
BERENGARIO    E sia: non c’è altro da fare che attendere. (Si siede).
NICOFORO    Proprio così. (Breve pausa). Però, a pensarci bene, io ho ascoltato poco, ho solo appoggiato per un attimo l’orecchio alla porta, così come ha fatto lei. Chissà che insistendo…
BERENGARIO    Lei dice?
NICOFORO    Eh! (Indicando la porta) Insistendo qualcosa si dovrebbe udire.
BERENGARIO    È vero.
NICOFORO    (Si alza). Voglio riprovarci. (Va alla porta. Si mette in ascolto appoggiandovi l’orecchio).
BERENGARIO    (Si alza) Perseverando, qualcosa si dovrà pur udire. Per forza. (Si avvicina alla porta rimanendo dietro Nicoforo).

Nicoforo è in ascolto.

BERENGARIO    Allora?
NICOFORO    Mhmmm!
BERENGARIO    Sentito qualcosa?
NICOFORO    (Staccando l’orecchio dalla porta) Non mi pare.
BERENGARIO    Un rumorino piccolo piccolo?
NICOFORO    Mhm, no.
BERENGARIO    Uhm!… Uno scricchiolio?
NICOFORO    (Riaccosta l’orecchio alla porta) No.
BERENGARIO    Un cigolio, allora.

NICOFORO    No.
BERENGARIO    Un crepitio.
NICOFORO    No.
BERENGARIO    Anche leggero.
NICOFORO    No. (Si distacca dalla porta).
BERENGARIO    Un fruscio. Un ticchettio. Un…
NICOFORO    No. No. Nulla del genere. Solo silenzio.
BERENGARIO    Mhm!… (Guardando la porta) Eppure non mi convince, non mi convince… (Si avvicina con l’orecchio alla porta. Si pone in ascolto).

Silenzio.

NICOFORO    Allora? Sentito qualcosa?
BERENGARIO    (Staccandosi dalla porta) No. Niente.
NICOFORO    Visto?
BERENGARIO    Beh, è piuttosto difficile vedere con l’orecchio attraverso la porta…
NICOFORO    Eh!… Come?…
BERENGARIO    Ah! Ah! Ah!
NICOFORO    Buona. Una buona battuta. Sì, sì.
BERENGARIO    Non se l’avrà mica presa, eh?
NICOFORO    No. E perché poi? Per una battutella insignificante?
BERENGARIO    Beh, forse è il caso di presentarsi.
NICOFORO    Certamente, signore. Io mi chiamo Nicoforo. Gli amici mi chiamano Nico.
BERENGARIO    E io mi chiamo Berengario. Berry per gli amici.
NICOFORO    Piacere, Berry.
BERENGARIO    Piacere tutto mio, Nico.

I due si stringono la mano.

NICOFORO    Beh, perché non ci accomodiamo?
BERENGARIO    Ma certo. Accomodiamoci pure.
NICOFORO    Ehi, Berry, vieni da questa parte (Indica le sedie di destra).
BERENGARIO    Sicuro. Con piacere, Nico, con piacere.

Nicoforo si dirige verso la sua sedia. Berengario lo segue.

NICOFORO    Così potremo scambiare due chiacchiere.
BERENGARIO    E ingannare l’attesa.

Nicoforo si siede alla sedia dove era seduto prima. Berengario alla sedia accanto.

NICOFORO    Bene. Rieccoci seduti.
BERENGARIO    E nella comune attesa. (Si agita sulla sedia, come per provarla).
NICOFORO    Ehi, non mi dire che anche quella sedia è zoppa?
BERENGARIO    (Provandola ancora) No, no. Questa va bene, benissimo.    
NICOFORO    Meno male. Una sedia zoppa si può anche capire e giustificare, ma due no.
BERENGARIO    È evidente. Il troppo storpia.

Silenzio breve.

BERENGARIO    Chissà quanto c’è da attendere.
NICOFORO    Ah! Non ne ho idea.
BERENGARIO    Beh, in fondo un po’ di attesa non è poi un gran fastidio.
NICOFORO    Certo che non lo è. Anzi può essere anche piacevole.
BERENGARIO    Se non si prolunga troppo, però.
NICOFORO    Lo credo bene. Alla lunga diventa noiosa, tediosa.
BERENGARIO    E anche snervante. (Si alza).
NICOFORO    Secondo me, snervante non è l’attesa in sé.
BERENGARIO    Ah no? E cosa te lo fa pensare? (Si dirige verso l’ombrello).
NICOFORO    Snervante è il dover attendere senza sapere quanto.
BERENGARIO    Condivido in pieno. Immagina di stare alla stazione ferroviaria e sai che il tuo treno parte da lì a un’ora, in tal caso tu non ti annoi, perché hai una certezza.
NICOFORO    Certo che è così. A parte il fatto che, sapendo di avere un’ora a disposizione, uno può andare a bere o a mangiucchiare qualcosa al bar.
BERENGARIO    Eh, una buona cioccolata calda! (Prende l’ombrello che è poggiato a terra aperto).
NICOFORO    O una deliziosa fetta di torta.
BERENGARIO    Meglio sarebbe una torta al cioccolato.
NICOFORO    Uh, che squisitezza! Ah, la sintesi! La dolce sintesi!
BERENGARIO    (Esaminando l’ombrello) L’ombrello non si è ancora asciugato.
NICOFORO    Lascialo pure a terra dove stava, alla fine si asciugherà.
BERENGARIO    Ah, certo, nel tempo che noi si aspetta. (Chiude e apre velocemente più volte l’ombrello, poi lo riappoggia a terra aperto). (Guardandosi attorno) Però quest’ambiente… disadorno e vuoto.
NICOFORO    A parte qualche vecchia sedia.
BERENGARIO    (Sempre guardandosi attorno, lentamente si dirige verso la sua sedia a destra) Oltre al portaombrelli manca anche di un attaccapanni, per chi porta un soprabito. Mi sarei aspettato ben altro.
NICOFORO    Evidentemente è concepito per una breve attesa.
BERENGARIO    (Sedendosi) Una breve attesa… speriamo che sia tale.
NICOFORO    E se non è tale, dobbiamo comunque attendere.
BERENGARIO    È anche vero che non c’è fretta.
NICOFORO    Ma certo, non c’è alcuna fretta.

Silenzio.

BERENGARIO    Eppure… non mi convince.
NICOFORO    Che cosa?
BERENGARIO    Che da lì dentro non arrivi nessun segno di vita.
NICOFORO    Beh, prima o poi apriranno.
BERENGARIO    Questo è sicuro. Ma io non mi spiego come dalla porta non si percepisca nulla.
NICOFORO    Forse sarà stato un caso.
BERENGARIO    Già, forse abbiamo ascoltato poco.    
NICOFORO    Magari… Chissà… Forse insistendo…
BERENGARIO    È vero. Insistendo alla fine qualcosa si dovrà pur udire.
NICOFORO    Per forza, non può essere altrimenti.
BERENGARIO    Mhm… Perché no? (Si alza) Perché no?
NICOFORO    Andiamo a verificare. (Si alza).

Berengario ritorna presso la porta. Nicoforo gli va dietro.

BERENGARIO    (Accostando l’orecchio alla porta) Ora vediamo.
NICOFORO    Con l’orecchio? Attraverso la porta?
BERENGARIO    (Staccandosi dalla porta) Ah! Toccato, Nico. Toccato. Me l’hai restituita, eh?
NICOFORO    Eh! Eh! Eh!
BERENGARIO    (Si riavvicina con l’orecchio alla porta). Sssst!…

Si pone in ascolto.
Silenzio.

NICOFORO    Beh?… Sentito qualcosa?
BERENGARIO    Sssst!… (Si ripone  in ascolto).

Silenzio.

NICOFORO    Si ode qualcosa?
BERENGARIO    Sssst!
NICOFORO    La voce di un qualcuno?
BERENGARIO    No.
NICOFORO    Una vocina.
BERENGARIO    No.
NICOFORO    Un bisbiglio.
BERENGARIO    No.
NICOFORO    Un parlottio.
BERENGARIO    No.
NICOFORO    Un mormorio.
BERENGARIO    No.
NICOFORO    Un sussurrio. Un brusio.
BERENGARIO    No.
NICOFORO    Un sospiro. Un respiro.
BERENGARIO    No. No.
NICOFORO    Ehi, Berry, sta attento.
BERENGARIO    A che cosa?
NICOFORO    Se aprono all’improvviso, ti scoprono ad origliare. E non è bello.
BERENGARIO    È vero, Nico. (Si discosta dalla porta). Sarebbe sconveniente.
NICOFORO    E imbarazzante. Ma non si ode proprio nulla?
BERENGARIO    Nulla. Silenzio profondo.
NICOFORO    Eppure dovrebbero sapere che saremmo venuti.
BERENGARIO    Certo che lo sanno.
NICOFORO    Ma allora perché non aprono?
BERENGARIO    Mah! Chi lo sa.
NICOFORO    Avranno i loro tempi.
BERENGARIO    E i loro modi.
NICOFORO    E le loro procedure.
BERENGARIO    Allora non ci resta che attendere.
NICOFORO    Attendere che arrivi il momento prestabilito.
BERENGARIO    Il problema è: quando arriva il momento stabilito?

NICOFORO    Non lo so. Presto, spero.
BERENGARIO    Ce ne possiamo tornare alle nostre sedie.
NICOFORO    Ma certo, amico mio.

I due tornano a sedersi alle loro sedie.

BERENGARIO    Rieccoci qui seduti.
NICOFORO    Da brave persone.
BERENGARIO    Nell’attesa civile.
NICOFORO    Che la porta si apra.

Silenzio.

BERENGARIO    Nico!
NICOFORO    Dimmi, Berry.
BERENGARIO    Pensavo una cosa.
NICOFORO    Che cosa?
BERENGARIO    Pensavo che forse dovremmo bussare.
NICOFORO    Mhm… Questo prima l’avevo pensato anch’io. Ma non so se sia il caso.
BERENGARIO    Beh, dobbiamo pur far sapere loro che siamo arrivati.
NICOFORO    E ormai anche da un po’.
BERENGARIO    Allora è giusto bussare.
NICOFORO    Ed è anche opportuno.
BERENGARIO    (Alzandosi) Andiamo a bussare.
NICOFORO    (Alzandosi) Certamente. Andiamo.

Si avvicinano alla porta.
 
BERENGARIO    Busso io o bussi tu?
NICOFORO    Bussa tu.
BERENGARIO    No, bussa tu.
NICOFORO    No. Fallo tu.
BERENGARIO    E perché proprio io?
NICOFORO    Tu hai avuto l’idea di bussare.
BERENGARIO    Sì, ma tu l’hai fatta subito tua.
NICOFORO    E che significa. Tocca a te.
BERENGARIO    No, a te.
NICOFORO    Ma no, a te.
BERENGARIO    Allora tiriamo a sorte.
NICOFORO    Oppure facciamo la conta.
BERENGARIO    Vada per la conta.
NICOFORO    Chi la fa?
BERENGARIO    La faccio io. Cominciando da te, naturalmente.
NICOFORO    E perché non da te.
BERENGARIO    Allora facciamo la conta su chi cominciare.
NICOFORO    E chi la fa questa seconda conta?
BERENGARIO    Chi la fa chi la fa… Facciamo un’altra… Oh, ma qui diventa un pasticcio di conte!
NICOFORO    Eh! Eh! Eh! Va bene, cominciamo da me.

Berengario fa la conta.

NICOFORO    Tocca a te.
BERENGARIO    Mhm! E sia. Tocca a me.        

Berengario si riaccosta alla porta. Stringe la mano a pugno per bussare.

BERENGARIO    Proprio non vuoi bussare tu?
NICOFORO    No. Tocca a te.
BERENGARIO    Ma guarda che non c’è nulla di male a bussare.
NICOFORO    Lo so, ma tocca a te, caro mio.
BERENGARIO    E va bene.
NICOFORO    Eh! Eh!
BERENGARIO    Allora busso?
NICOFORO    Sì, dai.
BERENGARIO    (Si accinge a bussare, ma si ferma). Ehm, vado?
NICOFORO    Sì, a che aspetti?
BERENGARIO    Sì, vado. (Si accinge a bussare, ma si ferma ancora).
NICOFORO    Su, un bel toc toc.
BERENGARIO    Sì. Busso forte o piano?
NICOFORO    Né forte né piano.
BERENGARIO    Medio allora.
NICOFORO    Sì, ma in modo deciso.    
BERENGARIO    Ma anche discreto.
NICOFORO    Che non appaia timido.
BERENGARIO    Ma neanche aggressivo.
NICOFORO    Un toc toc normale.
BERENGARIO    Ma sicuro.
NICOFORO    Giusto.
BERENGARIO    Allora procedo. (Si accinge a bussare, ma si ferma).    
NICOFORO    Su, coraggio.
BERENGARIO    Ma è proprio necessario bussare?
NICOFORO    Mhm, qualche dubbio ce l’avrei anch’io.
BERENGARIO    A me non pare che sia il caso.
NICOFORO    Forse è inopportuno.
BERENGARIO    O indelicato.
NICOFORO    O inutile.
BERENGARIO    Allora non bussiamo più.
NICOFORO    Sono d’accordo.
BERENGARIO    Non ci resta che attendere, dunque.
NICOFORO    Sicuro, è meglio attendere.
BERENGARIO    Tanto loro sanno della nostra venuta.
NICOFORO    Ma certo che lo sanno.
BERENGARIO    Apriranno quando lo riterranno opportuno.
NICOFORO    Andiamo a sederci.   
BERENGARIO    Giusto. Torniamo alle nostre sedie.

Nicoforo e Berengario tornano alle loro sedie. Si siedono.
Silenzio.


BERENGARIO    Non è che siano molto comode queste sedie, eh!
NICOFORO    Comode o non comode, a me è necessario attendere seduto.
BERENGARIO    Beh, è normale. Seduti si attende meglio. È più riposante.
NICOFORO    Sì, ma io ho un altro motivo per stare seduto.
BERENGARIO     E quale? Se non sono indiscreto.
NICOFORO    C’è il fatto che a me vanno un po’ strette le scarpe. Sai, sono scarpe nuove.
BERENGARIO    Oh, la coincidenza! Anche le mie sono nuove.
NICOFORO    Eh, le scarpe! Si sa che quando sono nuove fanno male ai piedi.
BERENGARIO    Mica a tutti. A me le scarpe nuove non danno alcun fastidio ai piedi. Io ho i piedi regolari.
NICOFORO    Ehi, io non ho mica i piedi deformi!
BERENGARIO    Ma no, Nico. (Si alza). C’è un fraintendimento. Io non volevo mica dire che tu hai i piedi deformi. Non me lo sognerei nemmeno. Magari c’è che non tutti i piedi reagiscono bene alle scarpe nuove, ecco.    
NICOFORO    Sì, deve essere così.
BERENGARIO    E poi può dipendere anche dalla qualità delle scarpe. C’è scarpa e scarpa.
NICOFORO    Stai forse insinuando che le mie scarpe non siano di buona qualità?
BERENGARIO    Oh! Ma no. No. Non volevo dire questo. Assolutamente. È solo questione di sensibilità dei piedi, credo. Ecco, ci possono essere dei piedi più delicati e altri un po’ meno. I miei, per esempio, sono un po’ rozzi, accettano ogni tipo di scarpa.
NICOFORO    Ah, piedoni ruvidi, eh? È anche vero che “Scarpa grossa…
BERENGARIO    Cervello fino”... Grazie del complimento! Però i miei piedi saranno rozzi e ruvidi, ma non sono piedoni, mio caro.
NICOFORO    Ma certo, non ne dubito. I miei invece sono gentili e delicati, e sensibili. Molto sensibili. Ed è per questo che mi fanno male. (Si china un po’ e si massaggia un piede senza sollevarlo) Ecco… un indolenzimento subdolo... (Continua a massaggiarsi il piede). È sul dorso del piede che fa male, sì, e anche sulle dita. Il male ai piedi è terribile.
BERENGARIO    Non quanto il mal di denti. Vuoi mettere il mal di denti con il dolore ai piedi?
NICOFORO    Il mal di denti è più eclatante, ti fa venire subito voglia di strapparti il dente, il mal di piedi è più intimo, più segreto, più cupo.
BERENGARIO    E tu quale sceglieresti?
NICOFORO    Ehi, che domanda è questa? Ma nessuno dei due. Ti fanno sentire entrambi menomato. (Si china di nuovo in avanti e si massaggia l’altro piede).
BERENGARIO    Eh sì, certo, i dolori sono molto fastidiosi.
NICOFORO    (Continuando a massaggiarsi la zona del piede) E intanto il mal di piedi io me lo devo tenere.
BERENGARIO    Ma perché non te le togli le scarpe?
NICOFORO    Togliermi le scarpe?… No.
BERENGARIO    Sì, invece. Che c’è di male?
NICOFORO    No, sarebbe sconveniente.
BERENGARIO    Ma non c’è nessuno.
NICOFORO    Potrebbero aprire la porta.
BERENGARIO    E allora! Che cosa potrebbero avere da ridire? Uno ha il mal di piedi, si toglie le scarpe.
NICOFORO    Ma no, no.
BERENGARIO    Perché no?
NICOFORO    È che io…
BERENGARIO    E poi chi ti dice che apriranno subito? Anzi, da come si sono messe le cose…
NICOFORO    (Indicando la porta) E chi ti dice che nel frattempo là dentro le cose non stiano cambiando?
BERENGARIO    Dici? (Guarda la porta).
NICOFORO    O che non siano già cambiate?
BERENGARIO    Mhm! (Guarda ancora la porta) Ora vediamo. (Va presso la porta e si mette in ascolto. Poi se ne discosta) Nulla. Non si ode nulla. Niente è cambiato. Tutto come prima. Credo che ci vorrà ancora del tempo. Dai, le puoi tranquillamente togliere le scarpe.
NICOFORO    Ma no.
BERENGARIO    Ma perché?
NICOFORO    È che me ne vergogno.
BERENGARIO    E che c’è da vergognarsi? Anzi, sai che ti dico? (Prende la sua sedia, la mette e si siede di fronte a Nicoforo) Me lo tolgo anch’io le scarpe. Per solidarietà.
NICOFORO    Ma no, Berry. Lascia stare.
BERENGARIO    Sì, invece.
NICOFORO    Il fatto è che non posso togliermi le scarpe.
BERENGARIO    Perché non le puoi togliere? Cosa te lo impedisce?
NICOFORO    È che… mhm… credo… credo di avere i calzini… i calzini spaiati.
BERENGARIO    Spaiati?
NICOFORO    Sì, spaiati… uno di un colore e uno di un altro.
BERENGARIO    Oh! È strano… È buffo.
NICOFORO    Eh sì, lo so, è strano e buffo. Il fatto è che, quando dovevo venire, a casa c’era un po’ di… sì, di confusione… non si trovava la roba, e allora…
BERENGARIO     Oh! Nico! (Si alza) Ah! Ah! Ah!
NICOFORO    La cosa è ridicola, ma non tanto però.
BERENGARIO    Oh, no no! Ah! Ah! Rido per un altro motivo. Ed è per questo che prima dicevo che è buffo e strano. Ah! Ah! Ah!
NICOFORO    Ah sì? E quale sarebbe il motivo?
BERENGARIO    Credo di trovarmi anch’io in una situazione… strana e buffa. (Si siede) Anche io ho una pecca, sai. Guarda. (Si toglie le scarpe) Ho i calzini a strisce colorate. E guarda i colori! (Solleva un piede, poi l’altro e infine entrambi, agitandoli).
NICOFORO    Oh! È vero. È buffo, buffo.
BERENGARIO    Come vedi non sei il solo. (Riabbassa i piedi).
NICOFORO    Scommetto che anche da te, quando dovevi venire, c’era un po’ di confusione.
BERENGARIO    Eccome se c’era confusione. Non si trovava nulla.
NICOFORO    E allora, per la fretta, si usano le prime cose che si trovano.
BERENGARIO    “Tanto non si vedono”. Così si dice.
NICOFORO    È sempre così in questi casi.
BERENGARIO    Naturalmente. Non può essere che così.
NICOFORO    Però… Sei proprio buffo. In abito scuro e con i calzini a strisce colorate. E che colori!
BERENGARIO    E ora mostrami i tuoi calzini spaiati.
NICOFORO    Con piacere! Con vero piacere! (Si toglie le scarpe). Eccoli i miei i miei calzini spaiati. (Solleva e mostra i piedi).
BERENGARIO    Oh! Oh! Che accoppiata di colori! Fanno a pugni. Anche tu, Nico, come sei buffo, in abito scuro, calzini colorati e piedi in aria.
NICOFORO    Eh! Eh! Per questo, quando prima mi massaggiavo i piedi, non li ho sollevati. (Riabbassa i piedi) E ora su i pantaloni per mostrare i miei colori senza imbarazzo. (Si arrotola i pantaloni fino alle ginocchia).
BERENGARIO    Buona idea. Su i pantaloni! Strisce variopinte mostratevi nei vostri colori smaglianti! (Si arrotola anch’egli i pantaloni fino alle ginocchia).
NICOFORO    (Solleva ora un piede ora l’altro) Aria! Aria ai piedi! No alla costrizione delle scarpe!
BERENGARIO    (Solleva ora un piede ora l’altro) Libertà! Libertà ed eguaglianza per tutti i colori! No alla tirannide del nero!
NICOFORO    (Solleva ora un piede ora l’altro) Libertà da ogni convenzione e conformismo!    
BERENGARIO    Ah, che bello! (Tende le gambe agitando i piedi in aria).
NICOFORO    Eh! Eh! Eh! (Tende le gambe agitando i piedi in aria).
BERENGARIO    Ehi, non siamo buffi con i nostri piedi levati in aria?
NICOFORO    Ma certo. Buffi e comici.
BERENGARIO    Ma in abito serio.
NICOFORO    E come i bambini…
BERENGARIO    Ci mostriamo le nostre magagne…
NICOFORO    Per gioco e senza vergogna.
BERENGARIO    Ehi, e se ora aprono la porta?
NICOFORO    Uh! Sarebbe imbarazzante.
BERENGARIO    E sconcio e ridicolo.
NICOFORO    Che spettacolo!
BERENGARIO    Due uomini, che per condizione dovrebbero essere seri e compunti…
NICOFORO    Senza scarpe, agitano i piedi in aria, mostrano vivi i loro colori…
BERENGARIO    E stanno allegramente con i pantaloni arrotolati.
NICOFORO    Ehi, dico sul serio: chi ci dice che non stiano per aprire?
BERENGARIO    Nessuno. Possono aprire in qualunque momento.
NICOFORO    È vero. Ogni momento può essere quello buono.
BERENGARIO    (Alzandosi) Allora andiamo a vedere.
NICOFORO    (Alzandosi) Andiamo a sentire.
BERENGARIO    Come?
NICOFORO    Eh! Eh! Eh!

I due, senza infilarsi le scarpe, vanno alla porta. Nicoforo si mette in ascolto, Berengario gli è dietro.

BERENGARIO    Allora?
NICOFORO    Mhm… Non mi pare… No, un momento…
BERENGARIO    Sentito qualcosa?
NICOFORO    Sssst!

Silenzio.

BERENGARIO    Un rumore di passi?
NICOFORO    No.
BERENGARIO    Dei passi felpati.
NICOFORO    No.
BERENGARIO    Un calpestare.
NICOFORO    No.
BERENGARIO    Uno scalpicciare. Uno strascicare.
NICOFORO    No.
BERENGARIO    Uno sgambettare, un ciabattare, un saltellare.
NICOFORO    No. Non mi pare.
BERENGARIO    Uno zoppicare, uno zampettare.
NICOFORO    No.
BERENGARIO     Un saltabeccare.
NICOFORO    No.
BERENGARIO     Un pesticciare, un trepestare.
NICOFORO    No.
BERENGARIO    Dei passi perduti, allora.
NICOFORO    (Staccandosi dalla porta) No. Niente di niente. Falso allarme.
BERENGARIO    Questo però non toglie che possano aprire da un momento all’altro.
NICOFORO    Certo. Però… magari un po’ di tempo c’è ancora.
BERENGARIO    Ma sicuro che c’è un altro po’ di tempo.
NICOFORO    In fondo non abbiamo nessuna fretta.
BERENGARIO    (Guarda Nicoforo, poi se stesso) Ehi, Nico, così conciati sembriamo dei clown.
NICOFORO    (Guarda se stesso e Berengario) Quasi… quasi dei clown.
BERENGARIO    È vero. Mhm!... E perché non sembrarlo del tutto?
NICOFORO    Dici?... Ma certo, amico mio! Perché no?
BERENGARIO    O meglio, perché non esserlo del tutto?
NICOFORO    Giusto! Meglio essere che sembrare dei clown.
BERENGARIO    Eh! Eh! Vediamo un po’… Ecco, ecco, ecco… tanto per cominciare…  Olà! Fuori la camicia dai pantaloni (Tira fuori la camicia dai pantaloni).

Durante tutto il travestimento faranno movimenti e passi giocosi.
(Il modo in cui si travestono da clown è da ritenersi indicativo e libero).

NICOFORO    Sì. La camicia, fuori dai pantaloni (Comincia a tirare fuori la camicia, ma si ferma). No, un momento! Berry, un momento. (Rapidamente va alla porta e si pone in ascolto).
BERENGARIO    Ah! Certo, certo. (Silenzio). Allora, Nico?
NICOFORO    Niente. (Discostandosi dalla porta) Via libera.
BERENGARIO    Bene!
NICOFORO     Olè, via la camicia dai pantaloni!
BERENGARIO    E il colletto della camicia, su, su. (I due eseguono).
NICOFORO    E la cravatta: allentata. (Eseguono e sventolano la cravatta).
BERENGARIO    La giacca… oh!, alla giacca si piegano le maniche (Ripiega le maniche della giacca).
NICOFORO    Noo!… Con la giacca… eh! eh!… con la giacca si fa così… (Si toglie la giacca e la indossa alla rovescia) Eh?
BERENGARIO    Ottimo, mio caro, ottimo. Per il clown però occorre… occorre… eh… occorre questo… (Tira fuori da una tasca un grosso fazzoletto colorato, lo spiega, lo sventola e se lo cinge attorno al collo)… il tocco finale.
NICOFORO    Vediamo un po’… gira e rigira… eeeh, oplà! (Tira anch’egli fuori un grosso fazzoletto colorato, lo spiega, lo mostra e lo sventola, poi se lo annoda attorno al capo formandone una bandana). Il mio tocco finale.
BERENGARIO    (Al pubblico, indicando Nicoforo) Mesdames et Messieurs, il clown… ehm… il clown… il clown Nicof. Il grande Nicof. Nicof il clown.

Nicoforo viene avanti e fa degli inchini di ringraziamento.

NICOFORO    (Al pubblico) Ed ecco a voi… (Si volta per indicare Berengario, ma questi si è spostato) Ehi, ma dove vai? (Berengario è andato a prendere l’ombrello).
BERENGARIO    Eccomi, eccomi. (Tiene in alto l’ombrello aperto come se piovesse).
NICOFORO    (Al pubblico) Ehm… Signore e Signori, ecco a voi il clown… ehm… il clown… il clown Berryño. Berryño! Berryño el grande.

Berengario viene avanti con l’ombrello appoggiato alla spalla. Fa degli inchini di ringraziamento.
Qualche accordo musicale.
Berengario chiude l’ombrello, ma si blocca dubbioso: guarda in alto, riapre l’ombrello e vi si stringe sotto; poi, esitante e con timore, tende appena la mano come per controllare se piove, subito la ritira; lentamente la tende di nuovo: qualche attimo e la ritira e la scuote come per far cadere le gocce d’acqua; poi alza, con molto timore, un piede, portandolo fuori dall’ombrello, subito lo ritira come per non farlo bagnare, poi tende l’altro piede e lo ritira, (Musichetta), comincia a tendere alternativamente prima un piede e poi l’altro e inizia cosi una sorta di danza.
Nel frattempo, Nicoforo, prima rimane immobile come pensoso, poi si va a sedere a una delle sedie a sinistra, si toglie il fazzoletto dal capo e, tenendolo in mano, se ne sta col capo un po’ chino.
Berengario, mentre sta eseguendo la sua danza, con un cenno della mano e senza voltarsi, invita Nicoforo a venire avanti, poi, non vedendolo, si volta come per invitarlo a partecipare all’esibizione, ma, notando che è seduto, si ferma. (Cessa la musichetta). Berengario si dirige verso Nicoforo.

BERENGARIO    Ehi, Nico, che accade? (Si avvicina a Nicoforo tenendo l’ombrello aperto) C’è qualcosa che non va?
NICOFORO    No, nulla.
BERENGARIO    Ma allora? Perché te ne stai seduto qui?
NICOFORO    Oh! Così.
BERENGARIO    Mhm!… (Chiude l’ombrello e si siede alla sedia accanto. Ma è la sedia zoppa. Si alza) Accidenti! La sedia zoppa. Ma questa sedia è un destino.
NICOFORO    Eh! Eh! Eh! (Sorriso forzato, quasi un sogghigno) Io lo sapevo che quella era la sedia zoppa.
BERENGARIO    E non mi hai detto nulla, eh?
NICOFORO    Eh! Non te la prendere.
BERENGARIO    Figurati! Ma dimmi: che cos’hai? È accaduto qualcosa di particolare, di nuovo?
NICOFORO    Ma no. È solo un momento, un momento di… di…
BERENGARIO    Di abbandono?
NICOFORO    Mhm, no.
BERENGARIO    Di tristezza, allora?
NICOFORO    Ma chissà.
BERENGARIO    Di nostalgia? O di rimpianto?
NICOFORO    Sì… Forse… Un po’ di tutto. È che uno a un certo punto ripensa alle tante cose della vita e allora…
BERENGARIO    Ti capisco, Nico. Capita a tutti. Nella vita ci sono tante cose non fatte o che…
NICOFORO    Ma no, io ho fatto tutte le mie cose a tempo debito… non ho particolari motivi di nostalgia o di rimpianto… è solo così… un momento di… niente di particolare…
BERENGARIO    Ho capito. Beh, è normale avere certi momenti. Però non è il caso di intristirsi.
NICOFORO    Lo so, ma…
BERENGARIO    Su, vieni.
NICOFORO    A che fare? No… Oh!... Che facciamo vestiti da pagliacci? È  assurdo, è assurdo. Ti prego, Berry, lasciami stare, lasciami perdere.
BERENGARIO    Ma… Mhm, come vuoi, Nico, come vuoi. (Guarda Nicoforo, poi si discosta, si volta, fa qualche passo, si ferma. Si muove ancora. Poi si porta la mano sul fianco) Uh!… Uh!… Ahi!… Ahi!… Uhuuu!… (Si muove zoppicando).
NICOFORO    (Alza il capo e guarda Berengario) Che accade, Berry? Che cos’hai?
BERENGARIO    Uhu! La gamba. Che male!… Uhuuu!…
NICOFORO    Sul serio ti fa male la gamba?
BERENGARIO    Non mi credi? (Si muove con sforzo) Oh, non mi crede! Non mi crede… Uhu!… (Si muove lentamente usando l’ombrello come bastone).
NICOFORO    Ma così, all’improvviso?
BERENGARIO    Un dolore improvviso, violento. Che fitte! Che fitte! Uhu! Ah! Ohi! Ohi!… (Si muove ancora appoggiandosi all’ombrello).
NICOFORO    Mhm! Non è uno scherzo? O una trovata? Una trovata per…    
BERENGARIO    Ma no. Non è uno scherzo. Nessun gioco. È solo un dolore alla gamba. Sciatica, è sciatica. Ohi! Ohi!…
NICOFORO    Non ti credo. (Fra sé) È solo una messa in scena.
BERENGARIO    Oh, come posso provarlo! Come posso provarlo! (Si muove) Ohi! Ohi! Uhu!… Che fitte! (Si ferma) Oh! (Portando la mano al fianco) Che male! Che male! Come farò! (Riprende a muoversi lentamente e zoppicando) Come farò! Uhu! Ohi! Ohi!…

Nicoforo segue con lo sguardo Berengario, fa un’alzata di spalle, poi si volta da un lato. Dopo un po’ si volta dall’altro. Poi riprende a guardare Berengario che continua a lamentarsi e a muoversi lentamente, zoppicando e appoggiandosi all’ombrello.

BERENGARIO    Ahi! Ahi! Ahi!… Uhuuu!... Che dolore! Che dolore!

Come preso da una fitta più forte, Berengario si ferma volgendo le spalle a Nicoforo, punta l’ombrello a terra e si china un po’ in avanti.
Nicoforo lo guarda. Poi si alza e si muove verso Berengario. Si ferma. Mette il fazzoletto attorno al viso come se fosse una benda annodandolo sul capo. Si avvicina a Berengario che gli volta sempre le spalle.
    
NICOFORO    (Portando la mano sul fazzoletto che avvolge le guance) Ohi! Ohi! Ohi! Che dolore! Che dolore! Uhu!…

Berengario si fa attento, si raddrizza, si volta, vede Nicoforo che gli si avvicina.

BERENGARIO    (Tenendosi il fianco) Ohi! Ohi! Ohi! Che male!…
NICOFORO    Uhu! Che mal di denti! Ohi! Ohi! Che dolore! Ahi! Uhu!...
BERENGARIO    Andiamo, Nico. (Con la sinistra prende sottobraccio Nicoforo). Ohi! Ohi!
NICOFORO    Andiamo, Berry, andiamo. Ahi! Ohi! Ohi!…

I due, sempre lamentandosi, si muovono, poi si fermano, guardano in alto. Nicoforo, sganciandosi dal braccio di Berengario tende in avanti la mano destra, Berengario, tende  in avanti la mano sinistra.

BERENGARIO    La pioggia! Ah! Ancora la pioggia.
NICOFORO    Anche la pioggia sui nostri dolori.
BERENGARIO    (Apre l’ombrello) Vieni, Nico, vieni sotto l’ombrello. Ohi! Ohi!...
NICOFORO    Vengo, Berry, vengo sotto l’ombrello, e anche sotto il sole e sotto le stelle. Uhu! Ohi!...

Berengario, tenendo l’ombrello con la destra, prende sottobraccio Nicoforo con la sinistra. I due si muovono lentamente. Berengario, zoppicando, pur tenendolo aperto, abbassa l’ombrello per usarlo come bastone, poi lo rialza per la pioggia, e poi lo riabbassa e così via.

BERENGARIO    Uh! Piano, Nico. Ohi! Ohi!…
NICOFORO    Ih! Che fitte! Sì, piano, piano, Berry. Uhu!…
BERENGARIO    Un dolore, un dolore cupo… mi prende qui tutta la gamba e tira e sale su, su fino al fianco.
NICOFORO    A me invece, uhu!, sono delle fitte lancinanti, terribili, insopportabili. Uhuuu!…
BERENGARIO    Ohi! Ohi! Ohi! Uhuu!…
NICOFORO    Uhuu! Ahi! Ahi! Ahi!...    
BERENGARIO    (Fermandosi) Ehi! Sssst!…
NICOFORO    Che accade?
BERENGARIO    Sssst!…(Silenzio). Non hai sentito?
NICOFORO    Che cosa? (Si discostano l’uno dall’altro).
BERENGARIO    Mi è parso di sentire un rumore.
NICOFORO    Per la verità è un’impressione che ho avuto anch’io. Ma non credo che…(Indica la porta).
BERENGARIO    E io ti dico che l’ho sentito chiaro il rumore. Ne sono sicuro.
NICOFORO    Allora c’è qualcuno là dentro.
BERENGARIO    È evidente. Sicuro che c’è. Non può essere altrimenti.
NICOFORO    E si preparano ad aprire.
BERENGARIO    Nico, non possiamo farci trovare conciati così.
NICOFORO    Come due clown.  
BERENGARIO    Presto, rimettiamoci in ordine.
NICOFORO    E di corsa, Berry. Di corsa.

Nicoforo si dirige a destra verso le sedie, Berengario a sinistra, verso il punto dov’era l’ombrello: i due si scontrano.

BERENGARIO    Ehi, sta attento.
NICOFORO    Tu che fai? Dove vai di là?
BERENGARIO    Scusa, volevo lasciare l’ombrello.
NICOFORO    Oh! Presto allora. Fra poco apriranno.
BERENGARIO    Sì, sì. Oh! Fra poco ci chiameranno.

Nicoforo corre verso la sua sedia, ma, avvicinandosi, scosta quella fuori posto di Berengario e, inavvertitamente, coi piedi sposta tutte le scarpe mescolandole.
Berengario intanto va a rimettere l’ombrello dov’era.

NICOFORO    Accidenti alle sedie, alle scarpe e alla fretta. Oh!… Presto. Presto. (Comincia a rimettere in ordine il suo abito).
    
Lasciato l’ombrello a terra, sempre aperto, dietro le sedie a sinistra, Berengario ritorna di corsa verso il suo posto a destra, e, mentre ritorna, comincia anch’egli a rimettere in ordine il suo abito…

BERENGARIO    Presto, oh, presto! Stanno per aprire. (Continua a rimettere in ordine il suo abito). Fra poco la porta si aprirà.
NICOFORO    Presto! Presto! Oh! Che idea assurda trasformarci in pagliacci.
BERENGARIO    Beh, è capitato. Una cosa tira l’altra.
NICOFORO    E proprio qui dovevamo farlo. Mentre eravamo in attesa.
BERENGARIO    Però è stato bello, ammettilo. Accidenti! Dov’è il buco della cintura?…
NICOFORO    Certo, certo… Ecco, ecco fatto. (Nicoforo ha rimesso in ordine la camicia, la cravatta e la giacca. Ha rimesso in tasca il fazzoletto. I pantaloni sono ancora ripiegati).
BERENGARIO    Non capita spesso di poterlo fare… e poi, così spontaneamente… Ecco, ecco, sono quasi pronto (Anche Berengario ha rimesso in ordine la camicia, la cravatta e la giacca. Ha rimesso in tasca il fazzoletto. I pantaloni sono ancora ripiegati).

Nicoforo, intanto, sta cercando nel mucchio di scarpe le sue. Anche Berengario comincia a cercare le sue.

NICOFORO    Accidenti! La mie scarpe! Quali sono?
BERENGARIO    Si sono rimescolate le mie con le tue.
NICOFORO    Ma proprio uguali dovevano essere!
BERENGARIO    Sono scarpe da cerimonia. Sono tutte uguali.
NICOFORO    Le mie devono essere… Sì, questa e … e quella che hai tu in mano.
BERENGARIO    No, questa è la mia. Quella a terra è la tua.
NICOFORO    No, è quella che hai tu, la riconosco.
BERENGARIO    Ma come fai a riconoscerla?
NICOFORO    Oh! Presto dammela. La riconosco e basta.
BERENGARIO    Ma che dici, perbacco. Non vedi che è una sinistra come quella che hai in mano.
NICOFORO    È vero. Scusa. Oh, la fretta! Allora deve essere quella.
BERENGARIO    E quella lì deve essere la mia. Presto! Facciamo presto!

I due si infilano le scarpe.

NICOFORO    Ecco, ecco fatto.
BERENGARIO    Ehi, i pantaloni!
NICOFORO    Ah, già! (Si srotola i pantaloni) Ora i pantaloni sono a posto.
BERENGARIO    (Si srotola i pantaloni) Si sono un po’ spiegazzati, ma…
NICOFORO    Basta stirarli con le mani… (Stira i pantaloni con le mani).
BERENGARIO    È vero. (Stira i pantaloni con le mani) Ecco fatto. Ora siamo a posto.
NICOFORO    No! L’ombrello! L’ombrello non può stare così, aperto a terra. Non sta bene.
BERENGARIO    Oh! È vero. (Corre a sinistra dov’è l’ombrello. Giunto, lo prende e lo chiude).
NICOFORO    (Vede la sedia di Berengario ancora fuori posto) La sedia. Al suo posto. (Rimette la sedia al suo posto. Si siede).
BERENGARIO    Anche l’ombrello è sistemato. (Torna verso il  suo posto tenendo in mano l’ombrello. Mentre avanza si ferma un attimo, come preso da un dubbio). Ehm, Nico, dobbiamo scambiarci la scarpa destra.
NICOFORO    E perché?
BERENGARIO    Questa che ho deve essere la tua, è corta e stretta.
NICOFORO    Dici? Mhm, vediamo. (Si alza come per provare le sue scarpe) È vero. La mia scarpa destra mi balla un po’. Presto, scambiamocele allora. (Si siede e si toglie la scarpa)
BERENGARIO    (Sedendosi lascia l’ombrello sulla sedia accanto) Lo dicevo io. (Si toglie la scarpa) Eccoti la tua.
NICOFORO    E a te la tua.

Si rimettono le scarpe.

NICOFORO    Ora siamo a posto.
BERENGARIO    No, c’è ancora una cosetta da fare. (Prende l’ombrello e ne stringe le stecche col laccetto).
NICOFORO    Ah! Giusto.
BERENGARIO    Ecco fatto. (Appende l’ombrello allo schienale della sedia accanto) Ora siamo davvero pronti.
NICOFORO    E in ordine.

Silenzio.

BERENGARIO    Ehi, hai sentito? Di nuovo quel rumore.
NICOFORO    Certo. Era ben chiaro. Sì, sì.
BERENGARIO    Fra poco la porta si aprirà.
NICOFORO    E noi saremo chiamati.

Silenzio.
I due guardano la porta. Poi si guardano l’un l’altro. Guardano ancora la porta.
La porta rimane chiusa. Ma dall’ingresso entra una donna. Una giovane donna (Rosmina).
I due la guardano e si guardano confusi. La donna viene in avanti.

ROSMINA    Buongiorno.
NICOFORO    Buon… Buongiorno a lei.
BERENGARIO    Ehm… Salve!

Rosmina si guarda attorno. Si dirige verso le sedie di sinistra. Si siede a una di quelle. Ma è la sedia zoppa. La donna rimanendo seduta verifica che c’è qualcosa che non va.

BERENGARIO    Quella sedia è zoppa, signora.
ROSMINA    Vedo, vedo.
NICOFORO    Vistosamente zoppa.
ROSMINA    Me ne sto accorgendo: si balla.
BERENGARIO    Prima mi ci sono seduto anch’io.
NICOFORO    E anche io quando sono arrivato.
ROSMINA    Oh! Allora si cambia sedia. (Si siede alla sedia accanto). Signorina, non signora.
BERENGARIO    Ah! Mi scusi allora. In ogni caso… Signorina… ben arrivata!
NICOFORO    Anche da parte mia. Ben arrivata.
ROSMINA    Grazie, signori.
BERENGARIO    È curioso, sapete. Siamo in tre e ci siamo capitati tutti e tre su quella sedia.
NICOFORO    Chissà che non abbia un’attrattiva tutta particolare quella sedia.
BERENGARIO    O che sia destino di provarla per chiunque arriva.
ROSMINA    Magari si è trattato solo di un caso.
NICOFORO    Può essere. Anzi sarà senz’altro così.
BERENGARIO    Un caso che si ripete tre volte di seguito? Mhm, non ci credo molto.

Silenzio.

ROSMINA    Sapete se c’è da attendere molto?
NICOFORO    Mhm, è difficile dirlo.
BERENGARIO    Potrebbero però anche aprire da un momento all’altro.
NICOFORO    Non credo. Ritengo che ci sia da attendere ancora un po’, non molto ma un po’ sì.
ROSMINA    Allora attenderemo. (Si guarda attorno) Almeno qui si sta bene.
BERENGARIO    Perché la fuori fa forse freddo?
ROSMINA    Freddo? C’è un caldo tremendo, feroce.

Berengario e Nicoforo si guardano.

BERENGARIO    Caldo!? Strano.
NICOFORO    Davvero strano.
ROSMINA    Che cosa c’è di strano che faccia caldo, signori?
BERENGARIO    C’è, eccome. Quando sono venuto io pioveva a dirotto.
NICOFORO    E quando invece sono venuto io era una bella giornata, serena e tiepida.
ROSMINA    Ora invece tirano le fiammate.
BERENGARIO    Tutto ciò è strano.
NICOFORO    Veramente strano.

Silenzio.

ROSMINA    Ma proprio non si può sapere quanto c’è da attendere?
BERENGARIO    È difficile dirlo.
ROSMINA    Chi di voi è il primo? Sapete se è già entrato qualcuno?
NICOFORO    Beh, sono arrivato io per primo. E quando sono arrivato non c’era nessuno. Se prima sia entrato qualcuno non saprei dirlo.
ROSMINA    Ah! Ho capito. Non ci resta che attendere, dunque.
BERENGARIO    (Si alza) Beh, visto che c’è da attendere assieme, forse è il caso di presentarsi.
ROSMINA    (Alzandosi) Ma certo, signori. Con molto piacere.
NICOFORO    (Alzandosi) Con meno formalità l’attesa diventa più piacevole.

Berengario e Nicoforo vanno incontro a Rosmina.

BERENGARIO    Io mi chiamo Berengario. Berry per gli amici. Piacere della conoscenza.
ROSMINA    Rosmina. Piacere tutto mio.
NICOFORO    Io invece sono Nicoforo. Nico per gli amici. Felice di conoscerla.
ROSMINA    Rosmina. Lieta della conoscenza.
BERENGARIO    Bel nome. Rosmina! Un nome delicato, prezioso.
NICOFORO    Dolce e raro. Rosmina! Bello da pronunciare.
ROSMINA    Oh! Grazie del complimento, Berry. E anche a te, Nico, grazie. In ogni caso, qualcuno mi chiama Rosy, qualche altro mi chiama Mina. Fate voi.
BERENGARIO    Allora Rosy.
NICOFORO    No. Io preferisco Mina.
BERENFARIO    E io Rosy.
NICOFORO    Mina.
BERENGARIO    Insisto per Rosy.
NICOFORO    E io per Mina.
ROSMINA    Ehi!…
BERENGARIO     Rosy.
NICOFORO    Mina.
ROSMINA    Ma…
BERENGARIO    Rosy.
NICOFORO    Mina.
ROSMINA    Nico, Berry, finitela!
BERENGARIO    Va bene. Però io insisto per Rosy.
NICOFORO    E io per Mina.
ROSMINA    Oh!...
BERENGARIO    Rosy.
NICOFORO    Mina.
ROSMINA    Ma smettetela! Chiamatemi come vi pare.
NICOFORO    Si potrebbe tentare una sintesi.
BERENGARIO    E perché no? Una sintesi dei due nomi metterebbe d’accordo tutti e due.
NICOFORO    Romina, allora.
BERENGARIO    E perché non Rosina.
NICOFORO    Romina.
BERENGARIO    Rosina.
NICOFORO    Romina.
BERENGARIO    Rosina.
ROSMINA    Berry! Nico!
BERENGARIO    E va bene. Basta.
NICOFORO    Come vuoi, cara.
ROSMINA    Però… ehm, a pensarci bene, Romina e Rosina sono due bei nomi. Sono proprio due bei nomi.
NICOFORO    Eh! Eh!
BERENGARIO    Eh, sì!
ROSMINA    Romina. Rosina. E dire che nessuno, amici e familiari, ci aveva mai pensato. E nemmeno io. Romina. Rosina. Belli tutti e due. Ragazzi, bravi! Siete veramente bravi. (A Berengario) Grazie del bel nome, Berry. (Gli dà un bacio sulla guancia).
BERENGARIO    Oh! Rosy! Grazie!
ROSMINA    (A Nicoforo) E grazie anche a te, Nico, del bel nome. (Gli dà un bacio sulla guancia).
NICOFORO    Oh! Mina! Grazie!
ROSMINA    Li userò tutti e due, sì, sì, assieme agli altri miei nomi.
NICOFORO    Ci sarebbe anche Rina.
ROSMINA    Rina! Rina! Che carino! Un altro nome. Grazie, Nico! (Gli dà un bacio sulla guancia) Grazie. Ah!…
BERENGARIO    Ehm… ci sarebbe... ehm... ci sarebbe… ci sarebbe… No. (Si blocca contrariato).
NICOFORO    (Verso Berengario) Eh! Eh! Eh!
ROSMINA    Ah, come mi piace avere tanti nomi! Tanti bei nomi! Che meraviglia! Che emozione! Che bello!
BERENGARIO    Rosa! Rosa! C’è anche Rosa.
ROSMINA    Rosa! Rosa! È vero. Un altro ancora. Oh, Grazie, Berry! (Gli dà un bacio sulla guancia) Rosa, il fiore più bello! Ah!…
NICOFORO    (Fra sé) Ma Rosa e Rosy non sono uguali?

Qualche accordo musicale. Rosmina prende per mano ora Berengario e ora Nicoforo ed  esegue dei passi di danza.

ROSMINA    
Rosy! Mina! Rosina!
Romina! Rina! Rosa!
Quanti nomi!                                                                                           
E Rosmina, il primo nome.
Rosmina! Rosmina!
Il nome che contiene
tutti gli altri.                                                                                        
Tanti nomi in uno!                                                                                  
E tante donne in una!
Una donna, tante donne.
Rosy! Mina! Rosina!
Romina! Rina! Rosa!                                                                                 
E Rosmina! Rosmina!
Ah!…

Cessano gli accordi musicali e i passi di danza.

BERENGARIO    E se ci accomodassimo?
ROSMINA    Perché no?
NICOFORO    Da questa parte, Mina, prego. (Indica le sedie di destra dove prima loro due erano seduti).
ROSMINA    Grazie, Nico. (Tutti vanno verso le sedie di destra).
BERENGARIO    (Indicando quella che era la sua sedia) Ecco. Prego, Rosy, accomodati.
ROSMINA    Oh! Grazie, Berry.

Rosmina si siede. Berengario le si siede accanto, alla sedia dov’ è appeso il suo ombrello; nel sedersi sposta l’ombrello alla sedia successiva. Nicoforo si siede all’altro lato di Rosmina, a quella che era la sua sedia.

ROSMINA    Beh, eccoci qua.
NICOFORO    Nella nostra attesa.
BERENGARIO    In attesa di essere chiamati.
ROSMINA    Chissà se c’è da attendere molto… Voi che dite?
NICOFORO    No… Non direi… Ehm… Non saprei…
BERENGARIO    Ormai dovrebbe essere prossima l’apertura della porta.
ROSMINA    Magari a momenti apriranno.
NICOFORO    E allora dovremo entrare.
BERENGARIO    Dovremo entrare.

Silenzio.

ROSMINA    Beh, non mi pare che stiano per aprire.
BERENGARIO    Forse c’è ancora un po’ di tempo.
NICOFORO    Mhm!… Un momento, ora vediamo. (Si alza e si dirige verso la porta).
ROSMINA    Ehi, Nico, dove vai? Che fai?
NICOFORO    Sssst! (Si avvicina alla porta e si mette in ascolto).
ROSMINA    (A Berengario) Ma che fa? Vuole bussare?
BERENGARIO    (A Rosmina) No. Vuole solo ascoltare se c’è qualcuno, o se si ode qualcosa.
ROSMINA     Ah! Ho capito, ho capito.
NICOFORO    Sssst! Silenzio!
ROSMINA    (Alzandosi. Sottovoce) Voglio ascoltare anch’io. (Va in punta di piedi alla porta e si mette in ascolto).

Nicoforo e Rosmina sono in ascolto. Berengario si alza.
Nicoforo si stacca dalla porta.

BERENGARIO    Allora?
NICOFORO    (Scostandosi dalla porta) Niente. Non si ode nulla.
BERENGARIO    Ah! Bene! Bene!
NICOFORO    Meglio così. C’è ancora tempo.
ROSMINA    Sssst! Zitti.

Silenzio.

BERENGARIO    (Si avvicina a Rosmina restandole dietro) Sentito qualcosa?
ROSMINA    Sssst!

Silenzio.

NICOFORO    Allora? Si percepisce un qualcosa?
ROSMINA    Mhm… No.
BERENGARIO    Nulla?
NICOFORO    Nulla nulla?
ROSMINA    Mhm…
BERENGARIO    Neanche il volare di una mosca?
ROSMINA    Non mi pare.
NICOFORO    Il volo di un calabrone, allora.
ROSMINA    No.
BERENGARIO     Magari il frinire di una cicala.
ROSMINA     No, non mi sembra.
NICOFORO    Un cinguettare, un tubare.
ROSMINA    No.
BERENGARIO    Un gracchiare, un pigolare.
ROSMINA    No.
NICOFORO    Un muggire, un gracidare.
ROSMINA    No.
BERENGARIO    Un barrire, un ruggire.
ROSMINA    No.
NICOFORO    Un belare. Un grufolare.
ROSMINA    No.
BERENGARIO    Un nitrire.
ROSMINA    No.
NICOFORO    Un gloglottare.
ROSMINA    No.
BERENGARIO    Un abbaiare (Imita l’abbaiare dei cani).
ROSMINA    No.
NICOFORO    Un ragliare (Imita il ragliare degli asini).
ROSMINA    No. (Staccandosi dalla porta) Niente. Falso allarme. Non si ode nulla.
BERENGARIO    Io direi proprio che un po’ di tempo c’è ancora.
NICOFORO    Certo che c’è. È evidente che c’è.
BERENGARIO    Ancora un po’ di tempo! Lo speravo. Lo cercavo…
ROSMINA    Perché ancora un po’ di tempo? Perché voler attendere ancora?
NICOFORO    Che fretta c’è ad entrare?
BERENGARIO    C’è sempre tempo per entrare.
ROSMINA    Ancora un po’ di tempo!… Certo. Oh, certo!… Cos’è ancora un po’ di tempo?… Cos’è?
NICOFORO    Forse è un nulla.
BERENGARIO    O un tanto. Chi lo sa.

Nicoforo e Rosmina vengono un po’ in avanti.
Berengario prima rimane indietro, poi va a sedersi.

ROSMINA    Il tempo, un po’ di tempo… Cos’è il tempo!...
NICOFORO    Il tempo è l’attimo. O l’eternità.
ROSMINA    O non esiste.
NICOFORO    O si spreca.
ROSMINA    E indietro non si torna.
NICOFORO    Il tempo non si ferma.
ROSMINA    Non si ferma mai.
NICOFORO    Il tempo è un drago.
ROSMINA    Un drago che divora tutto.
NICOFORO    (Voltandosi verso Berengario) Ehi, Berry, che ti prende?
BERENGARIO    Niente.
ROSMINA    Che accade, Berry? C’è qualcosa che non va?

I due vanno verso Berengario.

BERENGARIO    Ma no.
ROSMINA    Sì invece, e si vede.    
BERENGARIO    No… non c’è niente… mi ero seduto… così… un momento… un momento solo…
NOCOFORO    Mhm…no, c’è qualcosa che ti ha turbato… Sono i discorsi sul tempo, vero?
ROSMINA    Un ricordo forse? O una nostalgia?
BERENGARIO    No, no.
NICOFORO    Cos’è allora?    
BERENGARIO    Ma niente, non è niente.
NICOFORO    Sicuro?
BERENGARIO    Ma sì, è stato solo un momento. È che… stavo pensando… beh, pensavo che in fondo la vita è una lunga attesa, l’attesa di un qualcosa… l’attesa che la vita stessa possa iniziare. Sì, che possa iniziare.
NICOFORO    È vero. Forse si aspetta troppo per iniziarla a viverla.
BERENGARIO    (Si alza) E a qualcuno capita di passare tutta la vita ad attendere che essa inizi. E quando, un giorno, si accorge che gli anni sono passati, tanti, uno dopo l’altro, tutti uguali, tutti inutili, si accorge di aver atteso invano, di aver atteso un’illusione. Ed è già troppo tardi, troppo tardi.
NICOFORO    Capisco. Capita, capita a tanti.
ROSMINA    (Un po’ in disparte) A qualcuno capita che la vita stessa sia breve. Sì, tanto breve da non provare nemmeno quell’attesa, l’attesa che si inizi a viverla la vita. Per quella persona il tempo è quello rapido, veloce, un attimo e via. Ed è tutto finito.
BERENGARIO    Oh! Ma lasciamo stare questi discorsi.
ROSMINA    Certo, certo, lasciamoli stare.
NICOFORO    Beh, intanto un po’ di tempo ce l’abbiamo ancora.
BERENGARIO    Sicuro che c’è. Eccome se c’è.
ROSMINA    È vero! Oh, Berry! Nico! È vero, non c’è alcuna fretta ad entrare.
NICOFORO    Soprattutto ora che ci sei tu, Mina, con la tua bella presenza.
BERENGARIO    La tua presenza allieta l’attesa, Rosy, la rende gradevole.
ROSMINA    Come siete gentili e galanti, simpatici e cortesi. (Si avvicina a Nicoforo) Grazie, Nico, per i complimenti (Gli dà un bacio sulla guancia).
BERENGARIO    Ehm… Mhm…(Si aggiusta la cravatta).
ROSMINA    (Si avvicina a Berengario) E grazie anche a te, Berry, per le belle parole (Gli dà un bacio sulla guancia).

In quel momento entra dall’ingresso un uomo (Adelmo). Porta con sé un pacco (grande come una scatola di scarpe).

ADELMO    Buongiorno.

Un po’ sorpresi, Nicoforo, Berengario e Rosmina si voltano verso l’uomo.

BERENGARIO    Eh!… Mhm!…
NICOFORO    Buon… Buongiorno, signore.
ROSMINA    Benvenuto, signore.
BERENGARIO    Buongiorno.
ADELMO    Chi è l’ultimo?
ROSMINA    Intende dire chi è l’ultimo arrivato?
ADELMO    Certamente, signora.
ROSMINA    Beh, io sono arrivata per ultima.
ADELMO    Allora io vengo dopo di lei. Grazie!
ROSMINA    Prego.

Adelmo si muove verso le sedie di sinistra, ma subito si ferma a guardare la porta.

BERENGARIO    (Piano. A Nicoforo) Vuoi scommettere che si siederà alla sedia zoppa?
NICOFORO    (Piano. A Berengario) Ne sono più che sicuro. Ci siamo capitati tutti.
ADELMO    (A Rosmina.)  Ehm, signora!
ROSMINA    Sì, mi dica.
ADELMO    (Indicando la porta) È già entrato qualcuno?
ROSMINA    No, non è entrato ancora nessuno.
ADELMO    Ah! Va bene. Grazie.
ROSMINA    Prego, signore.

Adelmo si sofferma ancora a guardare la porta, poi si dirige verso le sedie di sinistra. Berengario e Nicoforo, indicando Adelmo e attirando anche l’attenzione di Rosmina, si fanno cenni di intesa. Rosmina guarda divertita.
Adelmo, si avvicina alle sedie, le guarda, fa per sedersi ad una (é quella zoppa), ma poi si siede a quella a fianco.
Gesti di disappunto e delusione da parte di Berengario e Nicoforo. Rosmina sorride.
Adelmo, sedutosi, fa per poggiare il pacco sulla sedia accanto, ma poi se lo poggia sulle ginocchia.

ROSMINA    (A Berengario e Nicoforo) Beh, possiamo anche accomodarci.
BERENGARIO    Ma certo, Rosy.
NICOFORO    Sicuro, Mina. Prego (Indica le sedie di destra).

I tre si vanno a sedere.
Silenzio.

ADELMO    Ehm… sapete se c’è da attendere molto?
BERENGARIO    Beh, a dir la verità no, non sappiamo.
ROSMINA    Magari c’è da attendere ancora un po’, ma non troppo, credo.
ADELMO    Chi di voi è arrivato per primo?
NICOFORO    Io. Sono stato io il primo ad arrivare.
ADELMO    Ah! E mi dica, signore: (Indicando la porta) si è affacciato qualcuno? Hanno detto qualcosa?
NICOFORO    No, non si è affacciato nessuno, signore.
ROSMINA    Da quando siamo arrivati nessuno ha aperto.
BERENGARIO    E nessuno è entrato, naturalmente.
ADELMO    Ah! Credo proprio che ci sia da attendere un po’.
NICOFORO    Ritengo proprio di sì.
ROSMINA    Non troppo però.
BERENGARIO    Ma un pochino sì.
ADELMO    Ho capito. (Si sistema meglio sulla sedia) Beh, per fortuna qui dentro si sta benone.
NICOFORO    Perché là fuori che tempo fa?
ADELMO    Oh, fa un freddo cane!
BERENGARIO    Davvero?
ROSMINA    Strano, davvero strano.
ADELMO    Che c’è di strano che faccia freddo, signora?
ROSMINA    È strano perché quando sono arrivata io faceva un caldo insopportabile.
NICOFORO    Quando sono arrivato io, invece, era una giornata dolce e serena.
BERENGARIO    (Sollevando l’ombrello e agitandolo) E quando sono arrivato io pioveva a dirotto. (Rimette a posto l’ombrello).
ADELMO    E ora fa freddo.
ROSMINA    Beh, visto che dobbiamo attendere assieme, forse è il caso di presentarsi. (Si alza e si muove verso Adelmo).
ADELMO    Come?… Ah!… Va bene, se vi fa piacere. (Si alza mettendo sotto il braccio il pacco e avanza di poco verso il centro).
NICOFORO    (Alzandosi) Ma certo, signore.
BERENGARIO    (Alzandosi) È naturale, che sia così.
ROSMINA    Io mi chiamo Rosmina.
ADELMO    Adelmo. Piacere, signora.
ROSMINA    Signorina, non signora.
ADELMO    Ah! Non sapevo. Signorina, allora.
NICOFORO    Io mi chiamo Nicoforo. Nico per gli amici.
ADELMO    Adelmo. Piacere.
BERENGARIO    E io sono Berengario. Gli amici mi chiamano Berry.
ADELMO    Adelmo. Piacere.
ROSMINA    Benvenuto fra noi. Adelmo.
ADELMO    Mhm, ne avrei fatto volentieri a meno, avevo ancora molto da fare. In ogni caso, grazie. (Si accinge a tornare alla sua sedia).
ROSMINA    Ehm, il vostro nome è solo Adelmo?
ADELMO    Che intende dire?
ROSMINA    Voglio dire: non usate un nomignolo?
NICOFORO    O un diminutivo? Tutti ne usano.
BERENGARIO    Tutti ne abbiamo. È normale usarli.
ADELMO    No, io mi chiamo Adelmo e basta. E non c’è nessun nomignolo. Non ne voglio e non voglio che si usino. Non mi piacciono i nomi storpiati.
ROSMINA    Ma certo, certo, ognuno è libero di chiamarsi come gli pare.

Adelmo si volta, e si muove per dirigersi verso le sedie di sinistra, ma si ferma a guardare la porta.
Nicoforo e Berengario, che stanno appena dietro Rosmina, confabulano fra di loro.

NICOFORO    (Piano) Mhm, un tipo sostenuto, quello.
BERENGARIO    (Piano) E scontroso. Un orso. Ehi, vuoi vedere che questa volta si siede alla sedia zoppa?
NICOFORO    (Piano) Deve sedersi a quella sedia.
BERENGARIO    (Piano) È necessario, indispensabile.
ROSMINA    Beh, allora possiamo tornare ad attendere tutti seduti.
BERENGARIO    Ma certo, Rosy. Seduti si attende meglio.
NICOFORO    Sicuro, Mina. È più riposante.
ADELMO    (Voltandosi) Ehm, mi spiegate una cosa?…Anzi, lei signorina, mi spieghi una cosa. Una curiosità.
ROSMINA    Prego. Mi dica.
ADELMO    Scusi, sa: ho sentito, per ben due volte, che il signor… il signor Berengario la chiama Rosy, e il signor Nicoforo Mina. Ma quanti nomi ha lei?
ROSMINA    Oh, io ne ho uno e tanti. E i tanti derivano dall’uno.
ADELMO    Eeeeh! Come ha detto?
BERENGARIO    Ah! Ah! Ah!
NICOFORO    Eh! Eh! Eh!
ROSMINA    Voglio dire che, dal mio nome, Rosmina, derivano tutti gli altri.
ADELMO    Ah!… Mhm!… Ha detto tutti gli altri? Perché ve ne sono altri? Oltre a Rosy e Mina?…
ROSMINA    Sicuro: c’è Romina.
NICOFORO    L’ho trovato io!
ROSMINA    E c’è Rosina
BERENGARIO    Questo l’ho trovato io!
ROSMINA    E c’è anche Rina e Rosa.
NICOFORO    Rina è mio.
BERENGARIO    E Rosa è mio.
ADELMO    Ah! Quanti nomi! Se li usa tutti, quei nomi, immagino la confusione.
ROSMINA    Perché dovrebbe esserci confusione, signor Adelmo? Non la vedo proprio la confusione.
ADELMO    Ah, no?
ROSMINA    No. Invece è bellissimo avere tanti nomi.
ADELMO    Dice?… Mhm!… E poi… signor Berengario e signor Nicoforo, perché chiamate la signorina con nomi diversi? Non sarebbe più facile accordarvi su uno solo?
NICOFORO    Certo che si potrebbe, ma io preferisco il nome Mina.
BERENGARIO     E io preferisco il Rosy.
ADELMO    (A Rosmina) E a voi non dà fastidio?
ROSMINA    Ma no, ve l’ho detto. Anzi, se volete, potete chiamarmi con uno dei miei nomi, con uno degli altri miei nomi. Con quello che preferite. Rina, per esempio. O Romina, o Rosina, o più semplicemente Rosa.
ADELMO    Mhmm!… No. Preferisco il nome originale, il primo nome, Rosmina.
ROSMINA    Va bene. Come vuole. E potremmo anche darci del tu, se vi fa piacere.
ADELMO    Come?
BERENGARIO    In fondo siamo qui tutti per lo stesso motivo.
NICOFORO    Siamo qui nella comune attesa.
ADELMO    Mhm, sì, possiamo anche darcelo il tu.
ROSMINA    Oh! Così va bene, Adelmo.
BERENGARIO    Ora sì che sei dei nostri, Adelmo.
NICOFORO    Ora possiamo dire davvero: benvenuto fra noi, Adelmo.
ADELMO    Grazie. A me però non riesce facilmente di dare del tu. Ci proverò.

Adelmo si dirige verso le sedie di sinistra fermandosi ancora qualche attimo a guardare la porta.

BERENGARIO    (Piano. A Nicoforo, indicando Adelmo) Questa è la volta buona.
NICOFORO    (Piano. A Berengario) Ma certo. Deve esserlo.
ROSMINA    (Piano. Ai due) Ehi, la volta buona per cosa?
NICOFORO    (Piano. Indicando le sedie) La sedia zoppa.
BERENGARIO    (Piano) Che vi si sieda (Mima la seduta sulla sedia).
ROSMINA    Oh! Ancora!    

I tre guardano Adelmo, che intanto si è avvicinato alle sedie.
Adelmo, data una occhiata alle sedie, si siede alla sedia accanto a quella zoppa, sistemandosi sulle ginocchia il pacco. Gesti di disappunto e di delusione da parte di Nicoforo e Berengario. Rosmina sorride.

ADELMO    Beh, signori, che fate? Non vi accomodate?
ROSMINA    Oh!… Ma certo. Stavamo… stavamo giusto andando alle sedie.
NICOFORO    Ehm, però prima volevamo… ehm, volevo… sì, volevo sentire… ascoltare… lì… la porta (Indica e va alla porta. Vi si pone in ascolto).
BERENGARIO    Eh! Non si sa mai. È sempre meglio dare una controllata. Si potrebbe anche sentire un qualche rumorino.
ROSMINA    E sarebbe un indizio.
BERENGARIO    Un indizio di un’apertura imminente della porta.
ADELMO    Ah, sì, sì. Sarebbe un buon indizio.
NICOFORO    Niente. Nessun rumorino. (Scostandosi dalla porta) Tutto come prima.
BERENGARIO    C’è ancora tempo.
ADELMO    Eh, lo sapevo! Lo immaginavo.
ROSMINA    Poco male. Attenderemo tutti assieme.
BERENGARIO    Possiamo sederci, Rosy.
NICOFORO    (Indicando le sedie) Prego, Mina.
 
I tre vanno a sedersi ai loro posti.
Silenzio.
Tutti attendono in silenzio. Ma, mentre Berengario, Rosmina e Nicoforo attendono tranquilli, Adelmo mostra segni di agitazione e di impazienza. Poi si alza, sistemandosi il pacco sotto il braccio, e comincia a fare su e giù.

ADELMO    Ma quanto ci sarà da attendere?
BERENGARIO    Eh! Chi lo sa.
ROSMINA    Potrebbe trattarsi di qualche minuto, o forse un’ora, o più.
NICOFORO    O magari proprio ora stanno venendo ad aprire e a chiamarci. Tutto è probabile.
ADELMO    (Dà un’occhiata alla porta) Ma è concepibile che non si debba sapere nulla? Che non si abbia nessuna informazione? Possibile che dall’interno non sia arrivato nessun segnale?
NICOFORO    Niente, almeno da quando sono arrivato io.
ROSMINA    E siamo stati molto attenti, eh!
BERENGARIO    E con le orecchie ben tese.
ADELMO    Almeno un cartello con qualche indicazione avrebbero potuto anche metterlo affisso alla porta!
NICOFORO    E invece no.
ADELMO    Sarebbe stato un gesto, non dico di educazione, ma di cortesia sì. Che diamine!
ROSMINA    (Alzandosi) Adelmo, non vorrai mica insinuare che là dentro ci sia maleducazione?
ADELMO    E perché no? Ehm…no, non volevo dir questo, no no, ma un piccolo gesto di… di gentilezza nei confronti di chi attende, eh!, avrebbero potuto anche farlo.
BERENGARIO    Forse la regola là dentro è di non dare informazioni a chi attende qua fuori.
NICOFORO    E di non affiggere avvisi o cartelli vari, altrimenti avrebbero messo un’apposita bacheca alla parete.
ROSMINA    (Sedendosi) Sicuramente avranno dei tempi e dei modi previsti che noi non conosciamo.
NICOFORO    E noi, gente che non sa, dobbiamo attendere.
BERENGARIO    Non ci resta che attendere!
ADELMO    Sarà così. Non ne sono molto convinto però, niente affatto convinto.

Adelmo torna verso le sedie. Berengario e Nicoforo lo seguono con lo sguardo e gesticolano indicando la sedia. Rosmina, sorridendo, condivide. Ma Adelmo si siede alla sedia che occupava prima. Gesti di delusione da parte dei tre.
Silenzio.
Adelmo, prima sta fermo con lo sguardo fisso, poi si guarda attorno con impazienza, guarda la porta sbuffando, si risistema continuamente il pacco sulle ginocchia, guarda ancora la porta e poi ancora attorno. Nel frattempo Berengario, Rosmina e Nicoforo guardano sornioni Adelmo che si agita e si fanno cenni di intesa. Alla fine Adelmo sbuffa, lascia il pacco sulla sedia accanto, si alza e si muove.      

ADELMO    No! No! Questa faccenda di dover attendere senza sapere quanto non mi va, non mi va proprio.
NICOFORO    Non mi pare che ci siano molte alternative.
BERENGARIO    Non possiamo fare altro.
ADELMO    Lo vedremo. (Si dirige verso la porta, si ferma, torna alla sedia prende il pacco mettendoselo sotto il braccio destro) Eccome se lo vedremo. (Si dirige ancora verso la porta).
ROSMINA    Che cosa vuoi fare, Adelmo?
ADELMO    Voglio bussare.
ROSMINA    (Alzandosi) Vuoi bussare?
NICOFORO    (Alzandosi) Vuole bussare!
BERENGARIO    (Alzandosi) Vuole bussare!
ADELMO    Sì, voglio bussare.
ROSMINA    Non puoi bussare.
BERENGARIO    Non possiamo farlo.
NICOFORO    È inopportuno bussare.
ADELMO    Chi lo ha detto? C’è forse qualche cartello: Vietato bussare? O ve lo ha detto qualcuno?
ROSMINA    Ma no. Vedi benissimo che non ci sono cartelli. E nessuno ce lo ha detto, naturalmente.
ADELMO    E allora perché non farlo?
BERENGARIO    Ma è indiscreto, bussare.
NICOFORO    Non sta bene. È scortese.
ROSMINA    È un segno di impazienza.
ADELMO    Non me ne importa niente. Io busso.
ROSMINA    Non farlo, Adelmo.
ADELMO    Niente da fare.
ROSMINA    Ti prego, Adelmo.
ADELMO    No.
ROSMINA    Te ne scongiuro.
ADELMO    No. Ho deciso.
NICOFORO    Mina, se Adelmo ha deciso di bussare, che bussi pure.
BERENGARIO     È inutile insistere, Rosy. Lasciamo che bussi.    Adelmo saprà quello che fa.
ADELMO    Eh! Eh! Eh!
ROSMINA    Ma… Beh, fa come ti pare. Io me ne torno alla mia sedia. (Va a sedersi).
NICOFORO    Anche io. E me ne lavo le mai, eh! (Va a sedersi).
BERENGARIO    E anche io me ne lavo le mani. (Va a sedersi).

Adelmo si avvicina alla porta. La guarda. Si porta il pacco sotto il braccio sinistro. Alza il pugno destro per bussare. Si ferma. Riabbassa il braccio. Ammiccamenti e segni di intesa da parte di Rosmina, Berengario e Nicoforo. Adelmo volge lo sguardo verso i tre, che, immediatamente, riprendono un atteggiamento composto. Guarda ancora la porta.

ADELMO    Ma no, non c’è niente di male o di sconveniente a bussare a una porta.

Solleva il pugno, lo muove verso la porta per bussare, ma si blocca. Riabbassa il braccio. Guarda la porta. Ancora ammiccamenti e segni di intesa da parte dei tre. Adelmo volge appena il capo verso i tre che sono tornati ad essere fermi e compunti. Guarda ancora la porta. Solleva ancora il pugno per bussare. Si blocca di nuovo. Rimane qualche attimo a guardare la porta. Si volta.

ADELMO    Sì, ma non posso bussare se non c’è collaborazione da parte vostra. (Si discosta dalla porta).
ROSMINA    A parte il fatto che siamo contrari, che collaborazione possiamo darti?
BERENGARIO    Non possiamo mica bussare tutti assieme.
NICOFORO    Quattro pugni che bussano. Allora sì che si va nella maleducazione.
ADELMO    Ma no,  io… io non intendevo dire una collaborazione materiale… io… ehm… io intendevo un… un… un sostegno morale.
NICOFORO    Vuoi la nostra complicità, eh?
ADELMO    Nessuna complicità. Io ho parlato solo di sostegno morale.
BERENGARIO    Che in parole povere, se non complicità, significa connivenza, favoreggiamento.
ADELMO    Oh! Perbacco! Ma perché volete per forza travisare quello che dico. Io ho detto…
ROSMINA    (Si alza) Adelmo, calmati! Calma! Noi siamo tutti qui, a due passi da te. Che bisogno c’è di irritarsi? Siamo qui per lo stesso motivo. Siamo tutto un gruppo. Se hai intenzione di bussare, bussa. Se uno bussa è chiaro che bussa per tutti.
BERENGARIO    (Piano. A Nicoforo) Eh! Eh! Non ne ha avuto il coraggio, l’amico.
NICOFORO    (Piano. A Berengario) Me lo ero immaginato, eh! eh!

Adelmo guarda ancora la porta, alza il pugno per bussare, ma si blocca.

ADELMO    E sia, Rosmina. (Si porta di nuovo il pacco sotto il braccio destro e si discosta dalla porta) Forse non è il caso di bussare… Magari non sta bene… Io non voglio creare difficoltà a te… e a nessuno… In fondo stiamo tutti nella stessa barca.
ROSMINA    Ma certo, Adelmo, ti capisco. Nessun problema.
NICOFORO    (Alzandosi) Può darsi anche che fosse inutile bussare.
BERENGARIO    (Alzandosi) E che stiano or ora per aprire… “ Signori, prego, entrate! Da questa parte!”…
ADELMO    Mhm! Non credo che stiano per aprire. Ritengo che ci vorrà ancora un po’ di tempo. Beh, io torno a sedermi. (Si ferma ancora un po’ a guardare la porta, poi va verso la sua sedia).
ROSMINA    Ma certo, è il caso di starsene ad attendere tranquilli, tutti assieme.

Berengario e Nicoforo, indicando Adelmo che si va a sedere, si fanno cenni di intesa e mimano la sua seduta sulla sedia zoppa. Rosmina assiste divertita. Adelmo, giunto vicino alle sedie, le guarda per un attimo e si siede alla sua sedia mettendosi il pacco sulle ginocchia. Gesti di delusione da parte dei Berengario, Nicoforo e Rosmina.

ROSMINA    Beh, allora possiamo tornare alle nostre sedie. (Va a sedersi)
NICOFORO    Ad attendere tranquillamente. (Va a sedersi).
BERENGARIO    Ad attendere fiduciosi. (Va a sedersi).

Silenzio.
Adelmo, immobile e un po’ chino, appare chiuso in sé. Berengario, Rosmina e Nicoforo appaiono tranquilli.
Silenzio.
Rosmina si guarda attorno. Si alza, scostandosi dalla sedia. Guarda Adelmo, poi Berengario e Nicoforo. Guarda ancora Adelmo. Si volta verso Berengario e Nicoforo, si avvicina  ai due. (I tre parlano piano fra loro).

ROSMINA    Berry, Nico… se invitassimo Adelmo a sedere qui con noi?
BERENGARIO    Come?
NICOFORO    Eh?
ROSMINA    Sta seduto lì tutto solo.
BERENGARIO    Ma…
NICOFORO    Quello è un tipo tutto strambo.
ROSMINA    Su, da bravi.
BERENGARIO    Mhm… (A Nicoforo) Ma se viene a sedersi qui con noi, poi… la sedia zoppa…
NICOFORO    È vero. Poi non potrà più sedersi alla sedia zoppa.
BERENGARIO    E non è giusto.
NICOFORO    Ci siamo capitati tutti.
ROSMINA    Ma che importanza ha?
BERENGARIO    Mhm!... E va bene, se ti fa piacere.
NICOFORO    E sia, però non è giusto.

Rosmina va verso Adelmo. Berengario e Nicoforo si guardano, allargano le braccia e alzano le spalle come chi ha dovuto accettare per forza qualcosa.
Rosmina si avvicina ad Adelmo che sta ancora col capo chino.

ROSMINA    Adelmo.
ADELMO    (Alzando il capo) Sì.
ROSMINA    Visto che c’è da attendere, se vuoi accomodarti con noi di là…
ADELMO    Ma io…
ROSMINA    Vale la pena attendere insieme, no?
ADELMO    Mhm…
ROSMINA    Potremmo fare quattro chiacchiere in compagnia.
ADELMO    No, grazie, preferisco stare seduto qui.    
ROSMINA    Su, da bravo.

Gesti e sbuffi da parte di Berengario e Nicoforo.

ADELMO    Mhmm… No.    
ROSMINA    Ma perché?
ADELMO    Non mi va.
ROSMINA    Adelmo… (Gli fa una carezza) vuoi fare i capricci?
ADFELMO    Io… io non…
ROSMINA    Vuoi fare per forza lo scorbutico? Quando invece non lo sei?
ADELMO    Io… non so… io non… non è che non…
ROSMINA    Dai, su.
ADELMO    È che non mi capita… non… non…
ROSMINA    Non… che cosa?
ADELMO    Non sono abituato.
ROSMINA    Allora facciamo così. Se non ti dispiace mi siedo prima un po’ con te, dopo vediamo. Eh? Va bene?
ADELMO    Sì, sì. Se vuoi accomodati pure. (Indica la sedia al suo fianco).

Rosmina va verso la sedia. Dall’altra parte, Berengario e Nicoforo, non visti né da Rosmina e né da Adelmo, gesticolano ampiamente come per dire no a quella sedia (È quella zoppa). Rosmina avvicinatosi alla sedia, la guarda, dà una rapida occhiata ai due che continuano a gesticolare, si va a sedere dall’altro lato rispetto ad Adelmo. Sospiro di sollievo da parte di Berengario e Nicoforo.

ROSMINA    Bene, eccoci qua.
ADELMO    Già. (Riprende la sua posizione un po’ china).
ROSMINA    Due per parte, ugualmente distribuiti… e tutti in attesa…
NICOFORO    In attesa che si apra la porta.
BERENGARIO    In attesa di essere chiamati.

Silenzio.

ROSMINA    C’è qualcosa che non va, Adelmo?
ADELMO    No.
ROSMINA    Scusa, ma allora perché te ne stai così… in disparte, un po’… mhm, un po’ chiuso.
ADELMO    Ma non… è che stavo… stavo pensando ai miei… alle cose che avevo … alle cose che avevo ancora da fare.
ROSMINA    Ah! Ma questa è una condizione comune. Tutti abbiamo lasciato le nostre cose. Non è il caso di essere così giù.
ADELMO    Può essere. Ma io… oh, lasciamo stare, lasciamo stare. (Riprende ancora la sua posizione un po’ china).

Silenzio.
Rosmina guarda Berengario e Nicoforo e fa un’alzata di spalle. Gesti di compiaciuta impotenza da parte dei due.
Silenzio.
Nicoforo si alza. Finge di guardarsi attorno: guarda in alto, di lato, sembra che fissi qualcosa, poi viene un po’ in avanti. Anche Berengario si alza, si guarda attorno, poi si avvicina a Nicoforo. (I due parlano piano fra loro).

NICOFORO    Quel tipo lì non mi piace.
BERENGARIO    Scostante e sdegnoso.
NICOFORO    Antipatico e rozzo.
BERENGARIO    Acido e misantropo.
NICOFORO    Hai visto come si tiene stretto quel pacco?
BERENGARIO    Certo. Non lo molla un istante.
NICOFORO    Chissà che contiene di tanto prezioso?

Intanto Rosmina e Adelmo parlano fra loro sottovoce.

BERENGARIO    Non ne ho idea.
NICOFORO    Mi piacerebbe proprio saperlo.
BERENGARIO    Chissà. Vedremo di scoprirlo.
NICOFORO    Ma quello chi mi fa rabbia è che non gli capita di sedersi alla sedia zoppa.
BERENGARIO    Questa si chiama fortuna.
NICOFORO    Una fortuna sfacciata. E non mi va.
BERENGARIO    Qui siamo tutti uguali.
NICOFORO    Non ci devono essere differenze.
BERENGARIO    Però… Mhmm!… Eh! Eh! E se lo aiutassimo noi a sedersi alla sedia giusta? Eh?
NICOFORO    Dici?… Mhm… E perché no? Perché no? L’idea mi piace, mi sorride. Ma come?
BERENGARIO    Ascolta: se uno di noi due fingesse di aver sentito un rumore, là, oltre la porta…
NICOFORO    A-ah! Lui si precipiterebbe alla porta e…  
BERENGARIO    Certo, amico mio, certo.
NICOFORO    Si potrebbero (Gesto con le mani) invertire le sedie…
BERENGARIO    Eh! Sicuro.
NICOFORO    Mi va. Mi va proprio. E… dimmi: fingo io o fingi tu di sentire il rumore?
BERENGARIO     Lo faccio io. Anzi, mi viene un’idea migliore e più efficace. Tu assecondami.
NICOFORO    Naturalmente.
BERENGARIO    (Tono di voce normale. Muovendosi) Eh, chissà quando apriranno! (Va a sedersi al suo posto).
NICOFORO    (Tono di voce normale. Muovendosi) Eh, chissà quando entreremo! (Va a sedersi al suo posto).    

Silenzio.

BERENGARIO    (Scambia un’occhiata e un gesto di intesa con Nicoforo, poi: alzandosi e gridando) Là, là, la porta! La porta! La porta! (Corre verso la porta).
ROSMINA    Che accade, Berry? (Si alza).
NICOFORO    (Alzandosi) Hai sentito qualcosa?
ADELMO    (Alzandosi e mettendo il pacco sotto il braccio destro) Che succede? Aprono la porta?
BERENGARIO    (Indicando la fessura sotto la porta) Là sotto!…Mi è parso di vedere della luce là, sotto la fessura della porta. Come un lampo.
ROSMINA    Un lampo di luce!
NICOFORO    Ehi, che stiano per aprire?
ADELMO    Presto, vediamo.

Adelmo si avvicina alla porta e guarda la fessura sottostante. Berengario si porta a sinistra della porta. Rosmina si avvicina fermandosi subito dietro ai due. Nicoforo, invece, rimane più indietro.

ADELMO    (Un po’ chino) Non vedo nulla.
BERENGARIO    Eppure io l’ho vista la luce. Un lampo! Come un lampo.    
ADELMO    Sì, ma ora non si vede alcuna luce.
ROSMINA    Se ora non si vede non è detto che non si debba vedere di nuovo.
NICOFORO    Io dico che è il caso di tenerla d’occhio la fessura sotto la porta.
BERENGARIO    Se si è illuminata una volta, si illuminerà ancora.
ROSMINA    Io ne sono più che sicura: quella luce si vedrà ancora.
ADELMO    E sia, teniamola d’occhio la fessura.

Adelmo si accoccola davanti alla porta, poggiando a terra, alla sua destra, il pacco.
Nicoforo, visto Adelmo accoccolato, con passi leggeri, indietreggiando, si dirige verso le sedie di sinistra.

BERENGARIO    Eh, chissà che voleva significare quell’improvviso lampo di luce!
ADELMO    Può significare tutto e niente. Stiamo a vedere.

Mentre Adelmo continua a guardare la fessura sotto la porta, Berengario fa dei cenni a Rosmina indicandole Nicoforo, che si accinge a scambiare le sedie. Rosmina, dato uno sguardo a Nicoforo, con dei cenni mostra di aver capito tutto.

BERENGARIO    Beh, intanto potrebbe significare che là dentro qualcosa si muove.
ROSMINA    Quella luce potrebbe essere un segno di novità, di movimento.
BERENGARIO    Un inizio di attività, di un’attività che potrebbe portare agli sviluppi da noi desiderati.
ROSMINA    Da noi agognati, direi: all’apertura della porta.
ADELMO    Sarà pure come dite voi, intanto però qua sotto non si vede un’ombra  di luce.  

Intanto, Nicoforo, scambiata la sedia di Adelmo con quella zoppa, si riavvicina, quatto quatto, agli altri.

BERENGARIO    Io direi che è il caso di insistere ancora un po’ nell’attenzione alla fessura sottostante la porta.
ROSMINA    Eh, sì che è il caso di insistere!
BERENGARIO    Ne vale proprio la pena.
NICOFORO    Anche solo per fugare ogni incertezza, ogni dubbio.    
ROSMINA    C’è una buona probabilità che il lampo si riveda.
BERENGARIO    E può anche darsi che la luce si accenda definitivamente. (Guarda Nicoforo che gli fa un gesto di intesa).
ADELMO    Speriamolo. Sarebbe un buon segno.
ROSMINA    Sarebbe un segnale definitivo.
NICOFORO    Un segnale conclusivo.

Silenzio.
Nicoforo, gesticolando, attira l’attenzione di Berengario e Rosmina, e indica il pacco a terra.
Rosmina a cenni mostra la sua contrarietà.

ADELMO    Qui non si vede alcuna luce e non si sente neanche il più piccolo rumore.
BERENGARIO    E che vuol dire.
ROSMINA    Una luce può sempre apparire, improvvisa. E un rumore, anche tenue, si può sempre sentire.
ADELMO    Sì, ma qui non accade nulla: non si vede nulla, non si ode nulla.
NICOFORO    (Portandosi alla destra di Adelmo e fermandosi accanto al pacco) Beh, è vero: luce o non luce, tutto ora è tornato come prima, mi pare.
BERENGARIO    Eh, sì, mi pare proprio che sia così.
ADELMO    Via, è inutile stare ancora a sorvegliare questa porta… e mi sono anche stancato. (Nel momento in cui Adelmo si accinge ad alzarsi, Nicoforo velocemente si china, prende il pacco e lo scuote come per verificarne il contenuto). (Adelmo, alzandosi) Ehi, che fai? (Strappando il pacco dalle mani di Nicoforo) Dammi il mio pacco!
NICOFORO    Ehi, che modi!
ADELMO    La mia roba non la deve toccare nessuno. Capito? Nessuno. Nessuno.
NICOFORO    Io volevo solo aiutarti.
ADELMO    Non voglio aiuto da nessuno, e il pacco me lo prendo da me. Chiaro?
NICOFORO    Ma certo, certo. Se te la prendi tanto… beh, scusa. Stavi giù a terra, accoccolato, in posizione scomoda e difficile… e ho pensato di aiutarti.
ADELMO    (Guardando di traverso Nicoforo) Mhmm!…
ROSMINA    (Ad Adelmo) Nico voleva solo essere gentile.
BERENGARIO    È stato un equivoco, solo un equivoco.        
ADELMO    Mhm!... E sia: è stato un equivoco. Ci voglio credere.
NICOFORO    (Tendendo la mano ad Adelmo) Tutto come prima?
ADELMO    (Stringendo appena la mano di Nicoforo) Tutto come prima.
ROSMINA    Oh! Bene! Così mi piace. Di nuovo tutti amici.
BERENGARIO    Beh, a questo punto: dalla porta nessun segno, l’equivoco è stato chiarito, credo che possiamo tornare tutti a sederci.
NICOFORO    Ma certo, torniamo pure alle nostre sedie ad attendere tranquillamente.

Berengario e Nicoforo si avvicinano alle loro sedie, ma rimangono in piedi.

ADELMO    Spero solo che non ci sia da attendere ancora molto.
ROSMINA    Eh! L’attesa è sempre difficile.

Adelmo si dirige verso le sedie di sinistra, non senza prima essersi soffermato a dare un’occhiata alla porta. Rosmina guarda dalla parte di Berengario e Nicoforo, poi guarda verso la parte di Adelmo. Indecisa, rimane ferma. Berengario e Nicoforo seguono con lo sguardo Adelmo.
Adelmo, giunto alle sedie si siede, non al posto dov’era prima, ma alla sedia accanto evitando così la sedia zoppa. Ampi gesti di delusione da parte di Berengario e Nicoforo. I due si siedono. Adelmo riprende la sua posizione col capo un po’ chino.
Rosmina si dirige verso la sua sedia posta fra quella di Berengario e quella di Nicoforo. Quando si è avvicinata ai due fa un’alzata di spalle e un gesto con le mani come per consolarli. Si siede.
Silenzio.
Improvvisamente Adelmo si alza e, sempre con il pacco sotto il braccio, si dirige verso i tre.

ADELMO    (A Berengario) Ma tu sei proprio sicuro di averla vista la luce sotto la fessura della porta?
BERENGARIO    Come?... Ah, la luce. (Si alza). La luce, sì… ehm, certo che l’ho vista. Un lampo. Sì, con la coda dell’occhio.
ADELMO    Con la coda dell’occhio! Mhmmm! Non è che ti è solo sembrato di vederla quella luce? L’attesa e l’ansia possono ingannare e creare l’illusione di aver visto qualcosa.
NICOFORO    (Si alza) Se Berry dice di aver visto della luce così deve essere stato.
ADELMO    E perché allora la luce si sarebbe accesa solo per un attimo?
BERENGARIO    Beh, potrebbe… ecco… sì, può anche darsi che qualcuno, proveniente dagli ambienti più interni, abbia acceso per un attimo… sì, per controllare che tutto fosse in ordine.
ROSMINA    (Alzandosi) Questo potrebbe significare che lì dentro si stiano preparando ad aprire.
NICOFORO    Penso che sia proprio così, anzi ne sono certo.
ADELMO    Mhm! Chissà.

Adelmo si volta verso la porta e si muove verso di quella. Rosmina, dato uno sguardo a Berengario e Nicoforo, segue Adelmo ponendosi al suo fianco.

ADELMO    (A Rosmina. Guardando la porta) Se la dentro si stanno preparando per aprire dovrebbe sentirsi qualche rumore, qualche voce.
ROSMINA    (Guardando la porta) Può anche darsi che dietro la porta ci sia solo la prima di una serie di stanze, e allora…
ADELMO    Può essere.
ROSMINA    Sarà senz’altro così.

Berengario e Nicoforo vengono un po’ in avanti.

BERENGARIO    Eh, quel tizio l’ha bevuta così bene la fandonia che se ne sta facendo una ragione.
NICOFORO    E se lo merita.

Nel frattempo Adelmo e Rosmina, mentre guardano la porta, gesticolano come se continuassero a parlare sottovoce.

BERENGARIO    E anche questa volta è riuscito ad evitare la sedia zoppa.
NICOFORO    Quello, senza saperlo, è un fortunato. Ma prima che si apra quella porta…
BERENGARIO    Ci riusciremo, vedrai. E ci sarà da ridere, così goffo com’è. Dimmi: quel pacco lì, cosa te ne è sembrato quando l’hai preso? Com’è? Pesante, leggero, pieno?
NICOFORO    Mhm… né pesante e né leggero, però… sì, mi è sembrato pieno.
BERNGARIO    E quando lo hai agitato si muoveva qualcosa dentro?
NICOFORO    No. Deve essere completamente pieno.
BERENGARIO    Chissà che cos’ha là dentro.
NICOFORO    Mhm, non saprei, ma mi piacerebbe saperlo.
BERENGARIO    E come? Non possiamo mica chiedergli di aprire il pacco?
NICOFORO    Mhm!... No, ma mi viene un’idea.
BERENGARIO    Che vuoi fare?
NICOFORO    Lo voglio provocare.  Chissà che… Vieni.

Nicoforo e Berengario vanno a raggiungere Rosmina e Adelmo, quest’ultimo è il più vicino alla porta.

ADELMO    Mi chiedo: quando apriranno la porta, ci faranno entrare tutti assieme? O ci chiameranno uno alla volta?
ROSMINA    Non saprei. Non sono mai venuta prima.
ADELMO    Anche per me è la stessa cosa.
NICOFORO    Nessuno di noi è mai venuto.
BERENGARIO    Ci sarà pure una procedura.
ADELMO    Io penso che ci chiameranno uno alla volta.
ROSMINA    Preferirei di no. Mi piacerebbe che fossimo chiamati tutti assieme. Sarebbe bello rimanere uniti.
ADELMO     E se ci chiamano uno alla volta, in quale ordine? Se è secondo l’ordine di arrivo io sarei l’ultimo.
NICOFORO    E io sarei il primo.
BERENGARIO    E io il secondo.
ROSMINA    Insisto nel dire che preferisco che fossimo chiamati tutti assieme.
NICOFORO    In ogni caso, non credo che sia consentito di portare pacchi con sé.
BERENGARIO    Oggetti e pacchi vanno lasciati. Eh! Eh!
ADELMO    E chi lo ha detto?
NICOFORO    Lo penso io, e ne sono certo.
BERENGARIO    È nelle cose che sia così.
ROSMINA    Penso anch’io che sia così. Ma non vi è alcuna certezza.
ADELMO    (Gridando) Io dal mio pacco non mi separerò mai! Mai! Mai e poi mai!
NICOFORO    E io credo invece che non siano ammessi pacchi, soprattutto dal contenuto sconosciuto.
BERENGARIO    O, peggio ancora, dal contenuto sospetto.
ADELMO    Nel mio pacco non c’è niente di sospetto.
NICOFORO    Ma il suo contenuto è sconosciuto, e quindi sospetto.
BERENGARIO    E là dentro, una volta entrati, vorranno di sicuro conoscerne il contenuto.
ROSMINA    Ma, Berry, Nico, noi non sappiamo…
NICOFORO    E tu dovrai aprirlo e mostrare a tutti ciò che contiene.
BERENGARIO    E se quello che contiene non è ammesso…
NICOFORO    Tu sarai costretto a lasciarlo il pacco. Eh! Eh!
ADELMO    (Gridando) Io il mio pacco non lo lascerò mai. Mai! Avete capito?
ROSMINA    Calma, Adelmo, calma, non è il caso di gridare. Ripeto e dico a tutti: su queste cose non si ha nessuna certezza, e allora è inutile stare a discuterne.
BERENGARIO    E non è neanche il caso di innervosirsi.
NICOFORO    E se anche tu fossi obbligato a lasciarlo, beh pazienza.
BERENGARIO    Non credo che il contenuto sia tanto importante da essere una grande perdita. Vero?
NICOFORO    Certo, conoscendone il contenuto, si potrebbe discuterne…
BERENGARIO    E valutare con serenità se, il suo contenuto, può essere ammesso oppure no.
ROSMINA    Questo è anche vero, Adelmo.
ADELMO    Nel pacco c’è… c’è… ehm, ci sono… ci sono i miei… i miei… ci sono le mie cose… Sì, le mie cose, e io le mie cose non le mostro a nessuno, e non le lascio! Capito? Non le lascio per nessuna ragione, a costo di… di… Oh!
ROSMINA    Oh, basta! Basta! Finiamola. Finiamo di discutere di cose di cui non sappiamo nulla.
ADELMO    (Guardandosi attorno. E poi indicando l’ombrello appeso alla sedia) Quell’ombrello! Quell’ombrello lì, anche quello allora non si potrà portarlo.
BERENGARIO    L’ombrello? Già, l’ombrello! Beh, innanzi tutto l’ombrello è un ombrello e si vede che è un ombrello…
NICOFORO    E non è un pacco dal contenuto sconosciuto e sospetto, eh! eh!  
BERENGARIO    E se non si potrà portalo, beh pazienza, lo lascerò. Ha per me un valore affettivo, è vero, ma in fondo non me ne importa un granché.
ADELMO    Voi tutti fate quello che vi pare, ma io il mio pacco non lo lascio. Non lo lascio! Piuttosto non entro.
ROSMINA    Non è possibile, Adelmo.
NICOFORO    Non ci si può rifiutare di entrare.
BERENGARIO    È necessario entrare.
ADELMO    (Muovendosi avanti e indietro nei pressi della porta) Se mi si vorrà far lasciare le mie cose, io vi dico che non entro. Non entro! Non entro! E nessuno potrà obbligarmi a farlo. Nessuno! Nessuno!… Eeeeh!... (Si volta verso la porta).
ROSMINA    Che accade, Adelmo?
ADELMO    Avete sentito?
ROSMINA    Che cosa?
NICOFORO    Che hai sentito?
BERENGARIO    Hai sentito qualcosa?
ADELMO    Là dentro. (Indica la porta) Ho sentito… mi è parso di sentire un… un… non so, un… un…
ROSMINA    Un rumore?
NICOFORO    Una voce?
BERENGARIO    Dei passi?
ADELMO    No… sì… no, cioè… non proprio un vero rumore, e nemmeno una voce, un… sì, ecco, una specie di rumore… che era come… come un suono, molto leggero…
ROSMINA    (Ad Adelmo, indicando la porta) Controlliamo. Non si sa mai. Può essere che…

Adelmo si avvicina alla porta, Rosmina gli è subito dietro, mentre Nicoforo e Berengario rimangono più distanti.
Silenzio.

ROSMINA    (Ad Adelmo) Si ode qualcosa?
ADELMO    Sssst! (Accosta l’orecchio alla porta).
ROSMINA    Allora?
ADELMO    Non saprei.
ROSMINA    Ma sei sicuro di avere sentito qualcosa?
ADELMO    Ma certo. Ve l’ho detto. Era… era un rumore… mhm, no… non so come spiegarlo, un rumore ma anche un suono, leggero, breve…
NICOFORO    Un suono-rumore.
BERENGARIO    Un rumore-suono.  
NICOFORO    E che differenza fa?
BERENGARIO    C’è differenza, eccome se c’è.
ROSMINA    Ehi! Smettetela voi due. E zitti. (Ad Adelmo) Allora? Quel suono? Si sente ancora?
ADELMO    Mhmm!…
NICOFORO    (Ad Adelmo) Forse ti sarà sembrato di sentire un suono.
BERENGARIO    E invece sarà stata una…
ADELMO    Sssst!…
ROSMINA    Silenzio, voi! Sssst!    

Silenzio.

ROSMINA    Allora, Adelmo?… (Adelmo rimane in ascolto) Ma cos’era esattamente quello che hai sentito?
BERENGARIO    (Con ironia) Un quasi-suono.
NICOFORO    (Con ironia) Un quasi-rumore.
ROSMINA    Oh! Ma la volete finire voi due?
ADELMO    (A Rosmina) Mi è sembrato un qualcosa… sì, di leggero, delicato…
ROSMINA    Un… un… un arpeggiare, forse?
ADELMO    Non proprio.
ROSMINA    Un pizzicare, allora.
ADELMO    No.
ROSMINA    Un trillare.
ADELMO    No.
ROSMINA    Un tintinnare.
ADELMO    No.
ROSMINA    Un… un… un…
BERENGARIO    (Allegramente, con ironia e disinteressandosi degli altri e della porta). Uno strimpellare.
NICOFORO    (c. s.) Un strombettare.
BERENGARIO    (c. s.) Uno sviolinare. Un tambureggiare.
NICOFORO    (c. s.) Un tamburellare. Uno svioloncellare.
BERENGARIO    (c. s.) Un clarinettare. Uno strombazzare.
NICOFORO    (c. s.) Un tromboneggiare. Un…un… boh!...

Silenzio breve.

ROSMINA    Allora, Adelmo?
ADELMO    No. Niente. (Si stacca dalla porta) Non si ode nulla. Silenzio totale.
ROSMINA    Peccato. Poteva essere la volta buona.
BERENGARIO    Vuol dire che c’è ancora tempo.
NICOFORO    Non ci resta che attendere.
ADELMO    Ma quanto ci sarà da attendere?
ROSMINA    E chi lo sa. Non molto, credo.
ADELMO    Beh, è inutile stare dietro questa porta. Tanto vale andare a sedersi! (Va verso le sedie di sinistra ma prima si sofferma a dare un ultimo sguardo alla porta).
BERENGARIO    (Facendo cenni d’intesa con Nicoforo) Ma certo che è il caso di sedersi.
NICOFORO    (c.s.) Ne vale proprio la pena.
BERENGARIO    (Piano. A Nicoforo) Questa è volta buona… (Mima la seduta sulla sedia zoppa).
NICOFORO    (Piano. A Berengario) Deve essere quella buona.

Berengario e Nicoforo, facendo dei segni a Rosmina, rimangono a guardare Adelmo. Rosmina assiste sorridendo.
Adelmo, avvicinatosi alle sedie, sta per sedersi sulla sedia zoppa, ma, all’ultimo momento, come seguendo un proprio pensiero, si ferma e si volta tornando appena un po’ indietro.

ADELMO    Quello che non mi convince è come abbia potuto ingannarmi nel credere di aver udito quella specie di suono oltre la porta. E io ritengo di avere l’udito buono. Mah! Mi sarò sbagliato.
ROSMINA    Io credo che sia solo una sensazione: avere l’impressione di udire un qualcosa dietro la porta. A me è capitato.
BERENGARIO    Anche a me è accaduto.
NICOFORO    E anche a me, naturalmente.
ROSMINA    Io comincio a pensare che sia un’impressione comune a tutti quelli che vengono qui: credere di avere percepito un rumore, o una voce, o un suono oltre la porta.
ADELMO    Sarà anche così, ma la cosa non mi convince. Quel suono breve e leggero io credo di averlo sentito realmente, e non di averlo immaginato.
NICOFORO    Eh! Credo che sia la stanchezza dell’attesa a creare una simile illusione, vero Mina?
ROSMINA    Certamente, Nico. E anche l’incertezza sul momento dell’entrata.
BERENGARIO    Sono completamente d’accordo con te, Rosy. Io penso che sia il caso di tornare tutti ad attendere stando tranquillamente seduti.
NICOFORO    Ma certo. (Indicando le sedie) È più riposante attendere comodamente seduti.
ADELMO    Eh, sì, credo proprio che sia meglio attendere seduti.
ROSMINA    Allora accomodiamoci pure.

Berengario e Nicoforo si muovono verso le loro sedie, ma subito si fermano a guardare Adelmo. Questi, avvicinatosi alle sedie, le guarda e si siede alla sedia dov’era seduto prima, non a quella zoppa.
Ampi segni di delusione da parte di Berengario e Nicoforo. Rosmina fa ai due un gesto di consolazione.

NICOFORO    Beh, andiamocene alle nostre sedie.
BERENGARIO    Eh! Certo. Andiamo pure a sederci.
ROSMINA    Sicuro. È il caso di attendere seduti.

Berengario e Nicoforo vanno a sedersi alle loro sedie. Adelmo, intanto si è sistemato il pacco sulle ginocchia. Rosmina si muove appena verso la sua sedia, si ferma, guarda prima Berengario e Nicoforo, poi guarda Adelmo. Dopo aver fatto un cenno a Berengario e Nicoforo, si va a sedere a fianco di Adelmo.
Silenzio.
Nel prolungato silenzio, i quattro sulle loro sedie danno segni stanchezza e di impazienza, sbuffano, cambiano posizione sulla sedia… poi sembrano calmarsi e allora assumono un atteggiamento assorto. Dopo un po’ Berengario alza il polso come per vedere l’ora.

BERENGARIO    Ma che ore sono? Credevo di averlo l’orologio… e invece non ce l’ho.
NICOFORO    Ce l’ho io l’orologio… Sono le… le… mhm… si è fermato. Il mio orologio si è fermato.
ROSMINA    (Ha un orologio al polso) Il mio orologio è fermo. È rotto da tempo, ma a me piace molto e lo uso come bracciale.
ADELMO    Il mio orologio invece funziona benissimo. Non perde un colpo… Sono… sono… le… le… mhm… strano… ma come?... si è fermato… com’è possibile?... Si è fermato. Non era mai accaduto prima… ha sempre spaccato il minuto.
NICOFORO    E ora si è fermato, eh! eh!
BERENGARIO    Dunque, non possiamo sapere che ora è.
ROSMINA    Mi pare proprio che sia così.
ADELMO    (Scuotendo il suo orologio) Non capisco come mai si sia fermato. Un orologio di marca, buono, di valore… l’ho sempre curato, l’ho sempre tenuto per bene. E si è fermato. Questa non ci voleva proprio… non ci voleva, non ci voleva…
BERENGARIO    Ma… da quanto tempo siamo qui? Da poco? Da molto?
NICOFORO    Mi pare da… da… mhm… non saprei… non lo so, non lo so.
ROSMINA    A me pare… mah, da poco non mi pare, da molto nemmeno… non lo so, non lo so.
ADELMO    (Armeggiando con l’orologio) Non mi sembra che si sia rotto… non può essersi rotto. Non può, non può. Quest’orologio è garantito, garantito per anni. Oh, ma perché si è fermato? Perché? Perché? Ora mi toccherà… Che disdetta!
BERENGARIO    Io mi chiedo invece: fuori è giorno o notte?
NICOFORO    Mi pare che sia… non saprei… non lo so.
ROSMINA    Io dico che… che… mhm… non lo so, non lo so più, non ne ho idea.
ADELMO    (Armeggiando con l’orologio)    Eppure ne ho sempre curato la manutenzione… l’ho fatto revisionare, sì, sarà un anno. E con quel che costa… gli orologiai sono cari, esosi… Mhm, e se l’orologiaio da cui l’ho portato l’ultima volta fosse un incompetente?… Ecco il guaio: soldi buttati e orologio non funzionante. Ma la prossima volta…

I quattro, seduti al loro posto, tornano a immergersi nei loro pensieri.
Silenzio.
Adelmo si scuote, cambia posizione sulla sedia, sbuffa, poi si alza. Sempre tenendo il pacco sotto il braccio, comincia a fare su e giù, passa davanti alla porta, si ferma a guardarla, riprende a fare su e giù. Gli altri lo seguono appena con lo sguardo.

ADELMO    Io mi chiedo e mi domando: che cosa possiamo fare per sapere, per avere notizie?… A bussare alla porta sembra che non si possa, mi chiedo poi perché, ad aprirla quella porta ed entrare neanche a pensarlo, e anche su questo mi chiedo perché non si possa farlo, l’unica cosa che sembra ci rimanga da fare è attendere, attendere e attendere… e stiamo attendendo, non so più da quanto, (Movendosi è arrivato vicino alla sua sedia) da lì dentro non arrivano notizie, e non ne proviene neanche un segno di vita. Che fare per avere una qualunque informazione? Dobbiamo forse spiare dal buco della serratura?
ROSMINA    Eh! Il buco della serratura!
BERENGARIO    È vero, c’è il buco della serratura.
NICOFORO    Nessuno ci ha pensato.

Tutti e quattro corrono alla porta: giuntovi, si chinano e fanno ressa per cercare di vedere attraverso il buco della serratura. Alla fine si bloccano.

NICOFORO    Ma non c’è.
ROSMINA    Non c’è, non c’è.
BERENGARIO    Il buco della serratura non c’è.
ADELMO    Niente, non c’è buco.
NICOFORO    (Allontanandosi dalla porta) Ah! Ah! Ah! Questa è buona, veramente buona.
BERENGARIO    (Allontanandosi dalla porta) Oh! Oh! Oh! Si cercava un buco che non c’era.
NICOFORO    Mi pareva di averlo notato che non c’era.
BERENGARIO    Là dentro non sono mica sciocchi da farsi spiare dal, ih! ih!, dal buco della serratura.
ROSMINA    (Allontanandosi dalla porta) Beh, in fondo era una possibilità. Tutti ci abbiamo creduto e tutti ci abbiamo provato.
ADELMO    (Rimanendo presso la porta) Se non c’è buco della serratura non c’è neanche una serratura… e se non c’è serratura vuol dire che si può entrare liberamente.
NICOFORO    Eh, no, no! La tua è una logica che non tiene, mio caro.
BERENGARIO    Non si può semplicemente aprire la porta ed entrare.
ADELMO    E chi lo ha detto?
ROSMINA    Ma è così, Adelmo. In nessuna parte si arriva, si apre la porta e si entra. Se c’è una porta chiusa vuol dire che non si può entrare liberamente, altrimenti la porta non ci sarebbe.
ADELMO    Io dico invece che questa porta è qui non per impedirci di entrare, ma per permetterci di entrare, basta aprirla ed entrare, e la mancanza di serratura lo dimostra.
ROSMINA    No, no, non è così.
BERENGARIO    Quante storie! Se la porta è chiusa, vuol dire che è chiusa.
NICOFORO    E tutti i distinguo e tutte le sottigliezze non hanno senso.

Adelmo, rivolto verso la porta, sembra prima attratto da un qualcosa, poi comincia ad annusare la porta qua e là.

ROSMINA    Davanti a un porta chiusa si attende, e noi dobbiamo attendere.
NICOFORO    Su questo non si discute.
BERENGARIO    Dopo tutto là dentro sanno che siamo qui.
ROSMINA    La nostra venuta non è una improvvisata peregrina.
NICOFORO    E se non aprono vuol dire che non è ancora tempo.
BERENGARIO    E noi dobbiamo attendere, attendere con pazienza.
ROSMINA    (Voltandosi verso la porta) Ehi!… Adelmo!… Ma che fai?
ADELMO    E non si vede? Annuso la porta. (Continua ad annusare).
ROSMINA    Annusi la porta?
BERENGARIO    Annusa la porta!
NICOFORO    La porta è forse odorosa?
ADELMO    Prima mi è sembrato di… di sentire un odore… dalla porta.
ROSMINA    Un odore?
NICOFORO    Un odore!
BERENGARIO    Un odore di che?
ADELMO    (Si distacca dalla porta) Non saprei esattamente. Un odore strano, direi, come se affluisse dalla porta.
NICOFORO    Questa è bella. Un odore strano affluire dalla porta. Voglio proprio controllare. (Si avvicina alla porta e comincia ad annusare).
BERENGARIO    A me pare strano che arrivino degli odori da lì dentro. Vediamo un po’, io ho il naso buono. (Si avvicina alla porta e comincia anch’egli ad annusare).
ROSMINA    Questa è davvero curiosa: odori da lì dentro. Questa è l’ultima cosa che mi sarei aspettata.
ADELMO    Non vedo di cosa ci sia da sorprendersi. Sta scritto forse da qualche parte che da oltre la porta non possano arrivare odori?
ROSMINA    No. Ma a quanto dici sono odori strani.
ADELMO    E che significa? Mica tutti gli odori ci sono familiari.
ROSMINA    Sarà come dici tu. (A Nicoforo e Berengario) Nico, Berry, allora? Si sente qualcosa?
NICOFORO    (Staccandosi dalla porta) Io non ho percepito nulla.
BERENGARIO    (Staccandosi dalla porta) Il mio naso mi dice di no.            
ADELMO    E io vi dico che l’ho sentito l’odore.
ROSMINA    Voglio sentire anch’io. (Va alla porta e comincia ad annusarla. Poi si limiterà a guardarla pensosa).
NICOFORO    E che tipo di odore era?
ADELMO    Ve l’ho detto: strano.
BERENGARIO    Un profumo, forse?
ADELMO    No, non proprio.
ROSMINA    (Dalla porta) Può darsi che fosse una fragranza.
ADELMO    No, non mi pare.
NICOFORO    Un odore inebriante, allora.
ADELMO    No.
BERENGARIO    Gradevole.
ADELMO    No.
NICOFORO    Soave.
ADELMO    No.
BERENGARIO    Forse era un afrore.
ADELMO    No.
NICOFORO    Un olezzo.
ADELMO    No.
BERENGARIO    Un fetore.
ADELMO    No.
NICOFORO    Un tanfo.
ADELMO    No.
BERENGARIO    Una graveolenza.
ADELMO    No.
NICOFORO    Una maleolenza.
ADELMO    No.
BERENGARIO    Un qualcosa di mucido.
NICOFORO    Di nauseabondo.
BERENGARIO    Di mefitico.
ADELMO    No, niente di tutto questo.
NICOFORO    Un … un… boh!… un odore-puzza.
ROSMINA    (Discostandosi dalla porta e avvicinandosi agli altri) Adelmo, non è che ti è sembrato di percepire un odore?
BERENGARIO    Vittima di un’impressione fuggevole, ingannatrice…     
NICOFORO    Eh! Eh! A volte capita. Capita a tanti.
ROSMINA    Io ho annusato per bene la porta, ma…
ADELMO    Oooh! Basta! Basta! Sono stufo di tutto questo. Non so se ho percepito un odore o no, e non so se prima ho percepito un suono. Non lo so e non mi interessa saperlo. Sono stufo! Sono nauseato dell’attesa che non finisce, della porta che non si apre, di questo ambiente soffocante, e sono stufo di voi e delle vostre chiacchiere. Oh! Io me ne vado. Sì, me ne vado! Vado via! Vado via! Me ne torno indietro. Torno a casa. Io ho ancora il mio da fare…
ROSMINA    No, Adelmo. Fermo. Che vuoi fare?
ADELMO    Me ne vado.
BERENGARIO    Non puoi andartene.
NICOFORO    Non si può. Non è possibile.
ADELMO    Ah, si? Questo è quello che dite voi. Vedremo se non è possibile andare via. (Si muove verso l’uscita).
ROSMINA    No! Fermo. Adelmo, non puoi. (Corre e si pone davanti ad Adelmo allargando le braccia come per impedirgli di passare) Fermati, non puoi andare via.    
ADELMO    (Cercando di passare) Fammi passare. Fatemi passare. Aria! Aria! Devo andare via.
ROSMINA    Berry, Nico, aiutatemi, aiutatemi a fermarlo. Non può andare via.
ADELMO    (A Rosmina) Scostati! Fammi passare.    

Berengario e Nicoforo si fanno un cenno di intesa e, allargando le braccia e prendendo per mano Rosmina, l’uno da una parte e l’altro dall’altra chiudono Adelmo in un circolo.

BERENGARIO    Fermati, Adelmo. Non puoi andare via.
NICOFORO    Non si può. Dobbiamo attendere.
ROSMINA    Fermati. Sii ragionevole. Fra poco ci chiameranno, vedrai.
ADELMO    Scostatevi. Fatemi passare. Devo andarmene.

Berengario, Rosmina e Nicoforo, sempre tenendosi per mano e disposti a circolo con all’interno Adelmo, cominciano a girare in tondo.

BERENGARIO, ROSMINA
e NICOFORO    Giro giro tondo
Cavallo in pero tondo
Centocinquanta
La gallina canta
Canta sola sola
Non vuole andare a scuola…
ADELMO    Basta! Lasciatemi passare. Lasciatemi andare. Ah!… (Si agita chiuso com’è nel circolo).
BERENGARIO, ROSMINA
e NICOFORO    La gallina bianca e nera
Ci dà la buonasera…
ADELMO    Smettetela! Fatemi passare! Devo uscire! Devo andarmene!
BERENGARIO, ROSMINA
e NICOFORO    Buonasera e buonanotte
Il lupo è dietro la porta…
ADELMO    Piantatela! Lasciatemi passare. (Rompe il circolo e tenta di dirigersi verso l’uscita). Oh!...
ROSMINA    (Con le braccia allargate per tentare di non far passare Adelmo) No, Adelmo, no. Non puoi. Non andare.
BERENGARIO e NICOFORO    La porta casca giù
E il lupo non c’è più.
ADELMO    Me ne vado. E nessuno di voi può fermarmi. Nessuno.
ROSMINA    (Rinunciando a fermarlo) No, non farlo, Adelmo. Te ne prego.
BERENGARIO    E lascialo andare. Quante storie!
NICOFORO    Se vuole andare, vada, vada pure.
ROSMINA    Non andare via. Attendiamo un altro po’ insieme.
ADELMO    Niente da fare. Ho deciso. Me ne vado. Signori, arrivederci! (Va verso l’uscita ed esce).
ROSMINA    (Verso L’uscita) Fermati! Adelmo, torna indietro. Torna indietro. (Voltandosi verso gli altri) Se ne è andato. E non poteva.
BERENGARIO    Beh, io torno alla mia sedia. (Va a sedersi).
NICOFORO    Anche io vado a sedermi. (Va a sedersi).
ROSMINA    (Si guarda attorno. Si dirige verso la sua sedia che si trova fra quella di Berengario e quella di Nicoforo) Non doveva, non doveva andare via, non poteva, non poteva (Si siede), non poteva.

Silenzio.

NICOFORO    E se andassimo via anche noi?
ROSMINA    Ma non si può, non si può andare via.
BERENGARIO    Adelmo è andato via. E se è andato via lui…

Silenzio.

BERENGARIO    Sentite: io sto pensando di andare via.    
NICOFORO    Anche io stavo pensando la stessa cosa.
ROSMINA    Ma noi dobbiamo entrare.
BERENGARIO    Sì, ma quella porta non si apre e non si apre.
NICOFORO    E non possiamo attendere senza sapere quanto.
ROSMINA    Non so. Forse… chi lo sa… forse per noi non è ancora tempo… forse… forse si può andare via.
BERENGARIO    Io provo ad andare via. (Si alza).
NICOFORO    Anche io vado via. (Si alza). (A Rosmina) Vieni via anche tu?
ROSMINA    Ma… (Alzandosi) Va bene vengo con voi.

Berengario, Rosmina e Nicoforo si dirigono verso l’uscita. Escono.
Rientra Berengario: va alle sedie, prende il suo ombrello e torna verso l’uscita. Esce.
Silenzio.
Rientrano, uno dopo l’altro, prima Nicoforo, poi Rosmina e poi Berengario: si vanno a sedere alle loro sedie a destra. Rientra Adelmo: si dirige verso le sedie a sinistra dove era seduto prima. Si siede, ma subito si rialza: si è seduto alla sedia zoppa. Sorpreso, Adelmo si volta a guardare la sedia. Berengario, Nicoforo e Rosmina, visto l’evento, in segno gioia e di soddisfazione, gesticolano e si stringono la mano l’un con l’altro.
Adelmo si siede alla sedia accanto sistemandosi il pacco sulle ginocchia.

Tutti assumono un atteggiamento di composta attesa.
Silenzio.

Sipario.