PURGHE E SALASSI... PURCHE’ IL MEDICO S’INGRASSI !

di

Antonio Zanetti

Elaborazione da : “Il malato immaginario” di Moliére


Commedia in due atti

Personaggi:

VALERIO attore - ARGANTE, malato immaginario 
IVANA attrice - ANGELICA, figlia di Argante
SOPHIE donna delle pulizie - LISETTA, figlia minore di Argante
CINZIA attrice - BELLINA, seconda moglie di Argante
MONICA attrice - ARIALDA sorella di Argante
TIZIANO attore - CLEANTE, innamorato di Angelica
ROBERTO attore - DIARROICUS, medico
SANDRO attore - TOMMASO, suo figlio
TOSCA sarta e costumista - LA SQUACQUERA, medico e farmacista di Argante
MARIA donna delle pulizie - BONAFEDE, notaio
REGINA attrice - TONINA, domestica di Argante

4 uomini
7 donne

ATTO PRIMO

Prologo

La scena è disordinata, tutto è buttato lì dalla prova della sera precedente. Sophie sta rassettando il palco per fare le pulizie. Con più o meno interesse esamina ogni oggetto che sposta ; si vede che sta pensando tra sé e sé e che il pensiero è lieto. Ha sempre sognato di fare l’attrice o almeno le sarebbe piaciuto provare. Tra le altre cose trova un copione e ne sfoglia qualche pagina, in fine le balena all’improvviso l’idea di provare a declamare alcune battute.

SOPHIE - “....lo scorso mese, le medicine erano dodici e venti i clisteri. Ah, capisco, allora, perché il mese scorso stavo meglio! Ed ora, suvvia, toglietemi da davanti tutte queste cartacce, presto! Nessuno! Sempre solo come un cane, mi piantano! Non sentono! Drin, drin, drin... Niente da fare! Drin, drin, drin... Tutti sordi! Tonina! Tal quale non suonassi! Ah, cagna! Ah, brigante! Drin, drin, drin... Di che impazzire! Drin, drin dirindindin... Che il diavolo ti porti, carogna! È possibile si lasci solo così un povero infermo? Drin, drin, drin... Da piangere, verrebbe! Drin, drin, drin, drin... Ah, mio Dio, mi lasceran crepare... Drin, drin, drin...
Non vista entra Maria che, sorpresa, non vista da Sophie, si indispettisce e dopo averla lasciata un po’ continuare, sbotta :

MARIA - Sophie ! Che cavolo stai facendo ? Con tutto quello che abbiamo da fare !
SOPHIE - (Sorpresa) Oh !... Sì, scusa, faccio subito (comincia a darsi da fare per risistemare e spazzare).
MARIA - Dài muoviti. Abbiamo altro da fare che recitare...
SOPHIE - Potevi anche arrivare in orario : sei sempre in ritardo di mezz’ora..
MARIA - Che, c’entra ? Adesso sono qua. Guarda un po’ che disastro ‘sto palco : tre giorni al debutto e non c’è ancora scenografia. Dopo ogni prova è sempre un casino : mollano tutto qua e noi per pulire dobbiamo sempre riordinare ! Hai già scopato qui ?
SOPHIE - Sì, sì, già fatto.
MARIA - (Non è vero ; vede per terra un pezzetto di carta, lo raccoglie e ...) Ah, sì ? E questo cos’è ?
SOPHIE - Che ? Ah, dammelo qui...
MARIA - Datti da fare. E fai le cose fatte bene !
SOPHIE - Sì capo ! (Smette di lavorare, sogna ad occhi aperti) Però sarebbe bello...
MARIA - Cosa ?
SOPHIE - Recitare ! Ballare, cantare : fare le attrici anche noi.
MARIA - Sophie..
SOPHIE - Sì ?
MARIA - Lavora che è meglio !
SOPHIE - Ma sì, sarebbe bellissimo ! (Lavora, poi.. Le viene un’idea !.) Proviamo ?
MARIA - Proviamo cosa ?
SOPHIE - Proviamo a fare una presentazione, una presentazione per lo spettacolo. Cantando e ballando, come un musical ! 
MARIA - Ma và....
SOPHIE - Dài, metti giù lo spazzolone, vieni qui, fai come me...
MARIA - Ma no, cantare cosa ?...lascia stare... io non so cantare né ballare.
SOPHIE - Ti insegno io, vieni qua, fai come me...
MARIA - Non sono capààà - ceee !
SOPHIE - Ti insegno iiii - ooooo !.. Su, devi metterti così.... (Canta ancheggiando) ”Attention mesdames et messieurs, dans un instant ...on va commencer !....”
MARIA - Che... Che roba è ?
SOPHIE - Francese ! Conosci il francese ?
MARIA - (Non lo sa affatto) Io ? Altrochè !
SOPHIE - Allora cantiamo, daì :
MARIA - Ma..ma..ma...non conosco le parole...
SOPHIE - Te le dico io : ”Attention mesdames et messieurs, dans un instant on va commencer. Installez vous dans vos fauteuilles bien tranquillement..”
MARIA - Piano piano, com’è ? 
SOPHIE - ”Attention mesdames et messieurs, dans un istant“..
MARIA - ”Attention mesdames et messieurs, dans un istant“...
SOPHIE - “...on va commencer”...
MARIA - “...on va commencer”...
SOPHIE - Poi ti giri con un salto e prosegui : “Installez vous dans vos fauteuilles bien tranquillement”...
MARIA - Aspetta, aspetta...”installez.” cosa ?
SOPHIE - “Installez vous dans vos fauteuilles bien tranquillement”...
MARIA - “Installez dans vos fuietòn...”...
SOPHIE - “Fauteuilles”, “fauteuilles” ! Vuol dire poltrone !
MARIA - E io che ho detto ? “fuietòn” !
SOPHIE - “Fauteuilles” ! Come dici tu è “Feuilleton” che vuol dire sceneggiato a puntate.
SOPHIE e MARIA - ”Attention mesdames et messieurs, dans un instant /on va commencer. /Installez vous dans vos fauteuilles bien tranquillement..”
SOPHIE - Bene,adesso proviamo con la coreografia : sculetta così : un, deux, trois, di più, così !...
MARIA - Così ?...
SOPHIE - Sì, così. Riproviamo, dai. Un, deux, trois...
SOPHIE e MARIA - ”Attention mesdames et messieurs, dans un instant /on va commencer. /Installez vous dans vos fauteuilles bien tranquillement..”
MARIA - Ci sto arrivando...dài, ci sono. Proviamo ancora !

Entra Tosca e le osserva mentre loro ancora non si accorgono di lei. 

SOPHIE e MARIA - ”Attention mesdames et messieurs, dans un instant /on va commencer. /Installez vous dans vos fauteuilles bien tranquillement..”
TOSCA - (Con intenzione) Buongiorno !
MARIA - (Imbarazzatissime Marie e Sophie smettono improvvisamente e si mettono a lavorare con lena esagerata) Buongiorno..
SOPHIE - Buongiorno...
TOSCA - Non avete trovato per caso la berretta di Argante quà in giro ?
MARIA - La berretta ? Sophie, hai visto la berretta ?
SOPHIE - La berretta ? Quale berretta ?
TOSCA - La berretta di Argante. Mi ha detto che si è scucita, devo sistemarla. L’avete vista ?
SOPHIE - Maria, la berretta di Argante. L’hai vista la berretta ?
MARIA - La berretta ? Quale berretta ? Non l’avevi vista tu una berretta ?
SOPHIE - Io ho visto la berretta ? Quale berretta ? Tu hai visto una berretta !
TOSCA - Oh, insomma... (comincia a cercarsela).
MARIA - Ma sei suonata stamattina ? Tu hai visto la berretta !
SOPHIE - Io ? No, tu hai visto la berretta...
TOSCA - Eccola ! Eccola qua la berretta. Grazie. Vado, ( ferma :) Ah.... dimenticavo : Buon lavoro, eh ? (esce).
MARIA - (A Sophie, dopo che Tosca è uscita) Accidenti a te : che figura da deficiente mi hai fatto fare ! 
SOPHIE - Ma và...
MARIA - Ma và ? Lo sai com’è quella : Adesso andrà a dire tutto all’amministratore ! E’ una stronza, non l’ho mai potuta sopportare.
SOPHIE - Ma sì, che ti frega ? Quella è acida di suo : pettegola e stronza lo è sempre stata, no ?
MARIA - Pettegola ? Una malalingua, una vipera, una serpe invidiosa... (Tosca rientra alle spalle di Maria. Sophie la vede, Maria non se ne accorge e cerca di avvertire Maria che non s ne avvede). 
SOPHIE - Ehm...No, dài, non... Non è una cattiva persona..
MARIA - Ma cosa dici ? Se hai appena detto anche tu che è stronza ! E’ una vipera ti dico, una bastarda...
SOPHIE - Ma no, dài, a volte è anche simpatica..
MARIA - Macchè simpatica ! Quella è una serpe. Bastarda dentro...
TOSCA - Dovrei prendere anche la sciarpa. Non scomodatevi, la prendo io. (esegue) Eccola qua. Tolgo il disturbo. Buon lavoro. Ah, e buona conversazione ! (esce).
SOPHIE - Bingo !
MARIA - Non potevi dirmelo che ce l’avevo dietro ?
SOPHIE - Ho provato ! Sei tu che quando parli non ascolti mai ! (riprende il lavoro).
MARIA - Bè, sia quel che sia, non me ne frega niente. Diamoci da fare, io devo andare via presto.
SOPHIE - Ah, sì ? E dove devi andare ?
MARIA - Ho un appuntamento e ho poco tempo.
SOPHIE - Un appuntamento ? Che appuntamento ?
MARIA - Un appuntamento !
SOPHIE - Con un uomo ?
MARIA - Con un uomo !
SOPHIE - Ah...con Alberto ?...
MARIA - No, non con Alberto.
SOPHIE - Ah, sì. Volevo dire con coso, lì...con Federico ?
MARIA - Nemmeno con Federico. Acqua passata.
SOPHIE - E con chi allora, uno di nuovo ? Maria, ma come fai ? Io non ho mai nessuno e tu sei piena di appuntamenti ! Sono anni che un uomo non mi invita fuori a cena.
MARIA - Fascino, mia cara, devi avere fascino.
SOPHIE - Sì, ma dove lo trovo il fascino, al supermercato ?
MARIA - Ma senti che discorsi ! Devi tirarlo fuori tu !
SOPHIE - E se non ce l’ho ?
MARIA - Ma sì che ce l’hai. Ogni donna ha il suo.
SOPHIE - E io no. Sono sfigata ! Una zitella sfigata ! (lavorano un po’, poi...) Maria, perchè non mi insegni ? Come si fa a conoscere un uomo e fare sì che ti trovi interessante, che ti inviti fuori ? Me lo insegni ?...Dài...
MARIA - Ah, Maria, sei proprio una frasca ! Innanzitutto devi essere tu per prima sentirti affasciante... Cura l’immagine : devi tirare fuori i tuoi punti forti, quelli che possono piacere a un uomo...
SOPHIE - Le tette ?
MARIA - Le tette, sì, perchè no ? Gli uomini vanno matti per le tette. Ecco, guarda : sbottonati un po’...ma devi prenderti un reggiseno che te le spari sù, un push-up. Guarda me..
SOPHIE - Ma io non ce l’ho due bombe come le tue..
MARIA - Basta che te le tiri sù un po così (Solleva con le mani il seno di Sophie) ecco, guarda : le tiri sù così.
SOPHIE - Così ?
MARIA - Sì, senti qua : anch’io ho un reggiseno che le tira un po’ su... Non che ne abbia bisogno, intendiamoci eh ? Ma così è meglio.
TOSCA - (Entrando) Mi serve anche...(vede le due ciascuna con le mani sul seno dell’altra, Resta allibita)... Ma...cosa ?...Che state...
SOPHIE - (A Tosca) Bè ? Che le serve ? La vestaglia ? Ecco la vestaglia
TOSCA - ..Ma voi...voi stavate...
MARIA - Vuole i cuscini ? Ecco i cuscini. Due bastano ?
SOPHIE - ...Ne vuole tre ? Ecco, e anche la brocca...
TOSCA - No, no, io volevo solo...
MARIA - ..Ed ecco qua anche il copione, ecco il bicchiere, la coperta, la penna con la piuma....
SOPHIE - ...e un altro cuscino e il bastone e basta perchè non c’è più niente. Prego può andare. Arrivederci !
TOSCA - Vi stavate toccando ! ! !...
MARIA - Sssiii, e stavamo godendo come porcelle! Adesso che lo sa vada pure. (Fa girare Tosca che è sbigottita, e la spinge fuori) E buon lavoro ! Oh, là ! 
SOPHIE - (Ridendo) A momenti sveniva !
MARIA - Magari. Ma torniamo a noi : le tette, ti dicevo, bene in mostra ; poi, se puoi mostrare anche un po’ le gambe... Cos’hai, la gonna sotto il grembiule ? Toglila !
SOPHIE - Perchè ?
MARIA - Sophie ! Devo proprio dirti tutto ? Anche qui sul lavoro può capitare un uomo interessante, no ? Dài, sfila via ‘sta gonna, su,..ecco...e sbottona un po’ il grembiule sotto, come me, ecco..
SOPHIE - Non hai niente sotto ! Che hai, le calze a rete ?
MARIA - Ho un appuntamento, no ? Sotto sono già in tenuta da “serata col botto”. Ma pensiamo a te adesso : bene, una volta che sei sistemata ti ci vuole.... uno sguardo seducente ! Via quegli occhiali !
SOPHIE - Ma non ci vedo...
MARIA - Meglio. Toglili ti dico...e fai una faccia seducente..no, guarda me : così ! E devi anche trovarti una posa, così...
SOPHIE - Va bene così ?
MARIA - Socchiusa la bocca... sexy... lo sguardo languido... di più... Prova a camminare... Ma no, più felina, come una pantera... Prova a dire : “Ciao bell’uomo...”
SOPHIE - ..”Ciao bell’uomo...”
MARIA - Ma non così ! Con voce bassa ! Calda ! Lui arriva, tu lo guardi, prendi una posa sexy, ti passi una mano sui capelli, la fai scivolare lungo il corpo, fai in modo che si intraveda il decolletè, una gamba, gli dici con voce calda e suadente : “Ciao....bell’uomo...” e con passo sinuoso di pantera esci sfiorandolo. E’ sicuro che così uno lo stendi !
ROBERTO - (Entra l’attore che arriva alle prove) Buongiorno. Sono arrivato troppo presto ?
MARIA - No, no, prego. Noi qui abbiamo finito. (raccogliendo gli attrezzi da pulizie).
ROBERTO - Allora posso entrare, avete finito di...
SOPHIE - (Esegue tutte le istruzioni di Maria, poi...) “...Ciao...bell’uomo”... (esce sfiorandolo).
MARIA - Arrivederci (gli passa vicino, anche lei sfiorandolo seducente ed esce).
ROBERTO - (allibito) ...Arrivederci... (tra sé guardandole andar via) Incredibile.
TOSCA - (rientra carica di tutti gli oggetti che le avevano messo in braccio nella scena precedente). Buongiorno Roberto, già qui ? Mi dài una mano per favore ?
ROBERTO - Ciao Tosca ! Quanta roba stai portando ? Come mai ? Lascia che ti aiuti....
TOSCA - Grazie caro, (bacio “en passant”, poi cominciano a mettere tutti gli oggetti al loro posto) lasciamo perdere. Sono andate via le inservienti ?
ROBERTO - Le donne delle pulizie ? Sì, le ho incrociate adesso.
TOSCA - Roba da matti. Invece di pulire ‘sto palco che è un letamaio... Guarda, guarda : ti pare che abbiano pulito ? Sono entrata prima ed erano qui a “fare le prove”...
ROBERTO - Chi ? Le donne delle pulizie ? (Ride) Ecco perché Sophie mi ha detto “Ciao bell’uomo” e mi è passata davanti tutta sexy ! (ride).
TOSCA - (Gelosa) Ah, ci ha provato, pure ! E tu ?
ROBERTO - Io cosa ?
TOSCA - Tu che le hai risposto ?
ROBERTO - Niente. (lusingato) Tosca...non sarai gelosa di una donna delle pulizie ?
TOSCA - Beh, non si sa mai. (Scherzando) Comunque tu bada a quello che fai.
ROBERTO - Vieni qui, gelosona (le si avvicina, fa per abbracciarla, lei prudente lo evita)..

Cominciano ad arrivare gli altri attori. Entrano Monica, Valerio e Sandro

SANDRO - Ciao Tosca, ciao Roberto...
VALERIO - Buongiorno
ROBERTO - Ah, ciao.
TOSCA - Buongiorno. 
MONICA - Ciao. Ciao Tosca. E’ pronto il mio costume ?
SANDRO - E il mio ?
TOSCA - Oh, calmini calmini tutti eh ? I costumi ve li ho sistemati e sono di là nei camerini. Andateveli a provare e vediamo come vi stanno. Veloci e senza fare troppo casino.
VALERIO - (siede sulla poltrona esausto) Un attimo, Tosca, un attimo. Dammi trenta secondi : la macchina che non partiva, poi il traffico, poi il parcheggio che non si trova...
MONICA - Tesoro, hai messo in borsa le aspirine ? Ho di nuovo l’emicrania... Roberto, non hai per caso qualcosa per il mal di testa ? Ho un male...
ROBERTO - No, mi dispiace.
MONICA - Ecco, e adesso come faccio ? Amore, hai le aspirine in borsa ?
VALERIO - (Alzandosi seccato) No, non le ho, non ho nessuna maledetta aspirina. Lasciami respirare almeno qui, va bene ? (esce).
MONICA - Oh, amore, perchè sei così nervoso ? Te l’ho detto prima di uscire di prendere un po’ di Valeriana che ti rilassa. Amore, aspettami, guardiamo nella borsa se c’è l’asprina ?... Amore...(esce).
SANDRO - Vado a provare il costume (esce).
TOSCA - (A Roberto) E’ meglio che vai a metterti il costume anche tu.
ROBERTO - E’ pronto ?
TOSCA - Il tuo è il primo che ho fatto.
ROBERTO - Sei un tesoro (fa per darle un bcetto uscendo. Lei lo evita).
TOSCA - Non qui ! Ci vedono ! Vai. (esce Roberto).

REGINA - (Entra non vista) Ciao Tosca !
TOSCA - (Si spaventa) Oddìo ! 
REGINA - Ti sei spaventata ? Ma dài... Ciao. Guardami : come sono ?
TOSCA - In ritardo, sei ! Ciao.
REGINA - Uh, che cupa che sei. La sai questa : “Dottore, dottore, ho la diarrea, come faccio a fermarla ?” “Ha provato col limone ?” “Ho provato, ma quando me lo tolgo me la faccio addosso di nuovo !”
e questa : “Dottore, dottore, si può fare il bagno con la diarrea ?” “Beh, sì, , se ne fa tanta da riempire una vasca !” e quest’altra : “Dottore, dottore, ho i denti gialli, cosa mi consiglia ?” “Beh, vediamo...denti gialli... Una cravatta marrone !”
TOSCA - (tutt’altro che divertita) Ha - ha - ha ! Molto divertente, “mai sentite” soprattutto. Vài di là a cambiarti, muoviti !
REGINA - No, no, guardami... come mi trovi oggi ?
TOSCA - Splendidamente in linea, come sempre. Normale per te, no ?
REGINA - Eh, sì.... 300 euro tra massaggi ed estetista questa settimana, altro che. Il mio costume ?
TOSCA - In camerino. Vai a provarlo, svelta che anche se oggi il regista non c’è dovete provare, vai.
REGINA - Vado, vado. A dopo (esce).
TOSCA - A dopo. (entra Tiziano) Buongiorno Tiziano.
TIZIANO - Buongiorno Tosca. 
TOSCA - Gli altri sono già in camerino. Facciamo la prova costumi...
TIZIANO - ...sì, sì, lo so. Prova costumi e poi si comincia la prova spettacolo. Lo so. (esce).
REGINA - (Rientra con un cestino della spazzatura) Non le hanno fatte le pulizie, oggi ? Di là è un letamaio nei camerini ! Guarda, nemmeno i cestini col cotone del trucco hanno svuotato.
TOSCA - Hai visto ? Erano qua che “provavano il musical”..
REGINA - Provavano cosa ? Chi ?
TOSCA - Le inservienti ! Dovevi vederle poco fa : “Attention mesdames et messieurs...” e come sculettavano anche... guarda che palco !
REGINA - Chi ? Sophie e Maria ? Avrei voluto esserci ! Vado a svuotare e poi mi cambio.
TOSCA - Vai, vai.

Entrano Cinzia e Ivana

CINZIA - Scusa Tosca, tesoro, dovevamo arrivare prima per la prova costumi ma proprio non ce l’abbiamo fatta, goia mia...
IVANA - Buongiorno Tosca.
TOSCA - Va bene, va bene, ciao, basta che vi sbrighiate a cambiarvi, su, veloci.
CINZIA - Scusa tanto, faccio prestissimo. Tu come stai ?
VALERIO - (Entrando) Tosca, la mia vestaglia dov’è ? Di là non la trovo...
TOSCA - La vestaglia ? Ah, eccola qua. Tieni. Ah, aspetta che ti riprendo una misura.
MONICA - Ragazze, ciao. Ho un terribile mal di testa, avete niente ? Un’aspirina, un Aulin...
VALERIO - Dai, fai presto. Fatto ?
TOSCA - Fatto.
VALERIO - Grazie (esce)
MONICA - Non avete niente ? Come faccio ? Ho la testa che mi scoppia. (esce) Amoreee... ?
CINZIA - Vado a cambiarmi. Andiamo Ivana ?
IVANA - (A Tosca) Il mio, di costume, è pronto ? L’hai sistemato ?
TOSCA - Dovrebbe essere a posto, te l’ho sistemato poco fa.
IVANA - Poco fa, vero ? Sempre l’ultima, io !
TOSCA - Ehi, ciccina, calmina, eh ? 
IVANA - Per carità, che non si offenda la sarta !
TOSCA - Costumista, prego.
IVANA - Sì, costumista...
CINZIA - Andiamo Ivana, su. (A parte, a Tosca) Non badarla. Ciao tesoro. 

Escono mentre un po’ alla volta gli altri rientrano con i costumi, o parte di essi, addosso.

SANDRO - Tosca, mi dài un’occhiata ? Va bene così ?
TOSCA - E il collo ? Perchè non l’hai indossato ?
SANDRO - Il collo ? Quale collo ?
TOSCA - Quello rotondo, bianco, inamidato che era accanto al cappello. Vai di là e indossa anche quello.
SANDRO - Va bene (urtando Tiziano che entra) Scusa.
TIZIANO - Magari se stai più attento non succede, no ?
SANDRO - Ti ho chiesto scusa, cosa vuoi ?
TIZIANO - Ma sì, vai, vai. (esce Sandro).
REGINA - Come mi sta ?
TIZIANO - Da serva !
REGINA - Prego ?
TIZIANO - Da serva. Come vuoi che stia un costume da serva ? 
IVANA - Tosca, guarda che roba ! Mi sta da cani...
TOSCA - Fà vedere.... Ti sta benissimo !
IVANA - Benissimo ? Fa schifo ! Fa un sacco di grinze, guarda che roba. Adesso me lo sistemi, chiaro ?
TOSCA - Senti, carina, abbassa le alette, “chiaro” ?
IVANA - A me abbassa le alette ? Una sartina che si permette di dirmi “abbassa le alette” ?
TOSCA - Costumista prego !
CINZIA - Ma sì Ivana, poi te lo sistema meglio. (A Tosca) Va bene il mio di costume, Tosca ?
TOSCA - Sssi...direi che va bene.
ROBERTO - Tosca, mi... (Rientra Sandro).
TOSCA - Roberto, il collo bianco ! Anche tu senza collo bianco come Sandro ? Vai a prenderlo, vai.
MONICA - Ragazzi, ragazzi... che guaio, che guaio, questa non ci voleva !
ROBERTO - Cosa c’è ?
MONICA - Mi ha appena chiamato Andrea. E’ al pronto soccorso con Martina !
REGINA - Al pronto soccorso ? Cosa gli è successo ?
MONICA - E’ per Martina : vomita continuamente, è stata male tutta la mattina. Andrea è preoccupato perchè il pronto soccorso è pieno di gente e non l’hanno ancora visitata.
TIZIANO - Quindi si salta la prova di stasera.
ROBERTO - Non si può saltare la prova, a tre giorni dal debutto !
TIZIANO - Mancano in due : chi fa le parti di Lisetta e La Squacquera ?
VALERIO - (Entrando) Cosa c’è ? 
MONICA - Andrea è all’ospedale con Martina che da stamattina non fa che vomitare. Non arrivano per la prova.
VALERIO - Porca miseria ! Ci mancava anche questa, e adesso ?
MONICA - Sandro, mi sento male anch’io.. e se Martina fosse stata contagiosa ? Sarà per questo che ho mal di testa ? Mi pare di avere anche un po’ di nausea in effetti...
TOSCA - E Giulio ? Non arriva Giulio ?
ROBERTO - Giusto, manca anche Giulio.
REGINA - No, lui sta bene, l’ho visto stamattina alle 11,00 dall’estetista a farsi una lampada.
IVANA - Capirai, lo stronzo !
CINZIA - Ah, Giulio !.... 
VALERIO - Giulio cosa ?
CINZIA - Giulio non viene. Oggi ha il provino per il casting di una fiction. Mi aveva detto di...
MONICA - Cosa ? E salta la prova a tre giorni dal debutto ?
IVANA - Eh, sì ! Da stronzo quale è ! Sapeva che oggi dovevamo provare senza il regista, da viscido, lecchino e opportunista quale è cosa fa lui ? Approfitta e si fa gli affari suoi ! E’ uno stronzo !
VALERIO - Beh, sentite, stronzo o no, ci mancano tre attori. Saranno anche personaggi marginali ma di questa prova abbiamo bisogno. E non c’è nemmeno il regista. Dobbiamo trovare una soluzione.
CINZIA - Qualcuno di noi fa anche la parte degli assenti. L’abbiamo fatto spesso, no ?
ROBERTO - Eh, no, a tre giorni dal debutto ? Domani c’è la tecnica, dopodomani la generale e poi il debutto. Io non sono d’accordo.
TIZIANO - Non è che ci siano tante soluzioni allora. Salta la prova punto e basta.
CINZIA - Tosca, perchè non la fai tu la parte di uno che manca ?
TOSCA - Io ? Ma scherzi ? Ho i costumi da finire.
ROBERTO - Ma sì ! hai seguito tutte le prove, hai aiutato Andrea a memorizzare la parte di La Squacquera, no ?
TOSCA - Sì, volendo la saprei anche, a forza di sentirla e risentirla... Ma non ho tempo vi dico.
MONICA - Per i costumi ce la facciamo lo stesso, è di provare che abbiamo bisogno ! Tosca, avanti...
IVANA - No, dico : è il colmo ! Avete intenzione di far recitare una sarta ?
SANDRO - Perchè no ? E’ solo per una prova. 
IVANA - E tu vai in scena con una sarta ?
TOSCA - Perchè ? Credi che una “costumista” non sia in grado di dire dieci battute come fai tu ?
IVANA - Carina, pensi che basti “dire” le battute ? Che ne sai tu di dizione, di interpretazione, credi di saperti muovere in scena, di tenere il ritmo ?
TOSCA - Santa Madonna, e chi sei ? Eleonora Duse ? Visto che è così voglio proprio farti vedere : accetto, guarda un po’ !
IVANA - Ah, sì ? Mi farò quattro risate ! Tiziano, non dici niente ? Per te sta bene così ?
TIZIANO - Francamente me ne infischio : sia chi sia, basta che facciamo ‘sta prova e poi me ne vado.
ROBERTO - Brava Tosca. Il copione di Andrea è nei camerini. Ma tanto la sai la parte, e anche i movimenti, no ?
TOSCA - Certo che li so. Mi basta una ripassata al testo.
VALERIO - E le altre due parti che mancano chi le fa ?
SANDRO - Già. Il notaio e la ragazzina, Lisetta ?(Silenzio generale. Poi...).
REGINA - Tosca, non avevi detto che e inservienti stavano....
ROBERTO - Giusto ! Maria e Sophie ! Anche loro hanno visto spesso le prove durante le pulizie. Vieni Sandro, andiamo a chiamarle. (escono Roberto e Sandro).
TOSCA - Cosa ? Quelle due ? Ma state scherzando ?
IVANA - Se recita una sartina, perché non lo possono fare anche le donne delle pulizie ?
TOSCA - Senti, carina...
IVANA - Avanti, se manca qualcun’altro c’è sempre il fruttivrndolo davanti al teatro, o la barista del bar Sport ! Cani e porci facciamo recitare stasera !
REGINA - Oh, sentite. In qualche modo dovremo provare, no ? Tanto sono parti piccole e anche loro le hanno viste e sentite decine di volte in queste settimane.
CINZIA - Ma sì, proviamo. (entrano Sophie e Maria accompagnate da Sandro e Roberto).
VALERIO - Venite, venite. (Un momento di imbarazzo. Poi agli altri attori) Chi glielo dice ?
MONICA - Qualcuno glielo dica, no ?
REGINA - Si, è bene che glielo dica uno per tutti...
MARIA - Scusate... capiamo il vostro imbarazzo, del resto ci rendiamo conto che non è facile...
IVANA - Complimenti. Almeno loro lo capiscono che non è facile. La nostra sarta invece scrupoli non ne ha avuti. Io vado a ripassare la parte (esce).
CINZIA - Vengo anch’io, aspettami (esce).
MARIA - (A Sophie) Hai visto ? Che vipera, ha già raccontato a tutti che ci ha visto mentre...! (Agli attori) Sentite... sappiamo di cosa ci volete parlare, ma vi preghiamo di tenere conto che... come dire... Un conto è quando una cosa la si fa sul serio, un conto è farlo per finta, per gioco... 
TIZIANO - Sentite... senza tante chiacchiere : vi si chiede di sostituire due attori nella prova di oggi : ci avete visti provare spesso, dovreste avere abbastanza in orecchio le battute, perciò non vi dovrebbe essere troppo difficile reggere due particine di una scena ciascuna. Una quella del notaio e una quella di Lisetta.
MARIA - Recitare ? Meno male ! Io credevo che... Ma noi mica siamo capaci ! E poi io ho un appuntamento....
SANDRO - Maria....
MARIA - Si ?
SANDRO - Abbiamo bisogno di una mano. Io credo che lei sia una donna intelligente. Nonostante il grembiule e il lavoro che fa.. io la trovo carina, simpatica, mi sarebbe piaciuto aver modo di conoscerla un po’. Davvero. Questa è un’occasione, che lei può dare a noi tutti, gliene saremmo tutti grati.
MARIA - Ma non l’ho mai fatto....e se rovino tutto ?
ROBERTO - Senta Maria, il Notaio è un personaggio che ha sempre con sè un grosso libro. Lei mette il copione dentro al libro e se non si ricorda le battute, basta che le legga. E’ semplice, non trova ?
MARIA - Beh, forse... se c’è un po’ di tempo posso anche provare a memorizzare qualcosa... le ho sentite abbastanza le battute... Ma non garantisco niente, eh ?
REGINA - Non si preoccupi, basta che ci dia le battute a tempo e andrà bene. Sophie invece farà Lisetta..
SOPHIE - Cioè... la parte della ragazzina ?
REGINA - Esattamente. Ha visto spesso quella scena, mi pare.
SOPHIE - Sì. Dopo il lavoro mi fermavo spesso a vedervi provare anzi...
REGINA - Anzi ?
SOPHIE - Beh.... Recitare è sempre stato un sogno... praticamente le parti femminili le so quasi tutte a memoria..
REGINA - Benissimo ! E poi è una parte che si può anche un po’ improvvisare, tanto sa come va, giusto ? Bene. 
SANDRO - E i costumi ?
TOSCA - Oh, dico : non penserete che io dia i costumi a quelle due là, vero ?
ROBERTO - Tosca, tesoro, ehm.... volevo dire : Tosca, per favore... i costumi è meglio che ci siano per tutti. Già è una difficoltà provare con tre persone nuove, almeno con i costumi possiamo provare ad immaginarle come personaggi. E anche per voi che provate per la prima volta, il costume aiuta. Ti prego.
TOSCA - Ma come faccio a far indossare a lei il costume di Martina ? E’ grande il doppio ! E va bene, qualcosa troverò. Su, sorelle Kessler, venite, andiamo a vedere come vestirvi. (esce seguita da Maria e Sophie).
TIZIANO - E che Dio ce la mandi buona ! Vado in camerino (esce).
VALERIO - Bene. Forza allora : controllate che tutti gli oggetti siano al loro posto, avanti. Ci siamo ? E il tecnico luci c’è ? E per l’audio ?
REGINA - Ci sono, sono arrivati prima, eccoli là.
VALERIO - Meno male. Possiamo cominciare allora., e cerchiamo di fare meglio possibile e... com’è che ci dice sempre il regista ? 
TUTTI - “Non guardate per terra o per aria, guardatevi negli occhi, mantenete la concentrazione e in scena ascoltatevi, ascoltatevi, ascoltatevi !”
VALERIO - Ottimo. Buio in scena, si comincia.

SCENA 1
ARGANTE, solo.

ARGANTE (solo, chino sulle fatture del farmacista, fa coi gettoni il conto di quel che gli deve, e parla fra sé) - Tre e due cinque, e cinque fan dieci, e dieci fan venti... 
«Più, il ventiquattro, un clisterino insinuativo, preparatorio e rammollente, destinato ad ammollire, umettare e rinfrescare le interiora di Vossignoria....» 
Quel che mi garba nel dottor La Squacquera, è che nelle sue fatture s’esprime sempre in modo quanto mai urbano. “Le interiora di Vossignoria, soldi trenta.» Sì; ma, signor La Squacquera, essere urbano non basta: bisogna anche essere ragionevole. Trenta soldi, un clistere! Ah, no! Le altre volte, non erano che venti soldi; e venti soldi, in gergo farmaceutico, vuol dire dieci. Eccoglieli: dieci. 
«Più, la sera del detto giorno, un giulebbe epatico, soporifero ed ipnotico, destinato a far dormire Vossignoria, soldi trentacinque.»
Questo, passi! Visto che effettivamente ho dormito come un ghiro. 
«Più, il venticinque, una buona pozione purgativo - corroborante, composta di cassia fresca, erba sena del Levante; destinata ad espellere ed evacuare la bile di Vossignoria, franchi quattro.»
Ah, signor La Squacquera, voi celiate. Che c’erano anche i franchi quattro nella ricetta? Diamine! Bisogna saperci vivere con gli ammalati. Accontentatevi di tre, in grazia. 
«Più il ventisei, un clistere carminativo, per scacciare la ventosità di Vossignoria, soldi trenta.» 
Dieci, signor La Squacquera mio. 
«Più, il ventisette, una buona pozione per accelerare le evacuazioni ed espellere i cattivi umori di Vossignoria, franchi tre.» 
Mettiamo due, vero? Vi vedo ragionevole: ho piacere. 
«Più, il ventotto, una dose di siero di latte, chiarificato ed edulcorato, per addolcire, temperare e rinfrescare il sangue di Vossignoria, soldi venti.» 
Eh, adagio, signor La Squacquera! Di questo passo, non troverete più nessuno che voglia ammalarsi! Accontentatevi di quattro! Tre e due cinque, e quattro fan nove, e sei... Totale, sessantatré franchi, quattro soldi e tre danari. Sicché, dunque, questo mese, ho preso: una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette e otto, medicine; e: uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici e dodici clisteri; mentre, lo scorso mese, le medicine erano dodici e venti i clisteri. Ah, capisco, allora, perché il mese scorso stavo meglio! Ed ora, suvvia, toglietemi da davanti tutte queste cartacce, presto! (Non vedendosi obbedito ed accorgendosi d’esser solo nella stanza) Nessuno! Sempre solo come un cane, mi piantano! (Afferra il campanello ch’è sul tavolo e l’agita) Non sentono! Drin, drin, drin... Niente da fare! Drin, drin, drin... Tutti sordi! Tonina! Tal quale non suonassi! Ah, cagna! Ah, brigante! Drin, drin, drin... Di che impazzire! (Smette di suonare e con la voce, gridando) Drin, drin dirindindin... Che il diavolo ti porti, carogna! È possibile si lasci solo così un povero infermo? Drin, drin, drin... Da piangere, verrebbe! Drin, drin, drin, drin... Ah, mio Dio, mi lasceran crepare... Drin, drin, drin...
SCENA 2
ARGANTE, TONINA.

TONINA - Eccomi! Eccomi!
ARGANTE - Ah, carogna!
TONINA - (gettando un Ahi! come avesse sbattuto il capo contro una imposta) - Maledetta la vostra fretta e il vostro urlare! Dalla fretta, per poco non mi spaccavo la testa contro lo spigolo della porta!
ARGANTE - Assassina che non sei altro!
TONINA - (tastandosi il capo) - Ahi, ahi!
ARGANTE - È da...
TONINA - Ahi, ahi!
ARGANTE - È da un’ora...
TONINA - Ahi, ahi!
ARGANTE - ...che sei sparita...
TONINA - Ahi, ahi!
ARGANTE - Vuoi stare zitta, assassina, che ti possa almeno sgridare?
TONINA - Anche sgridare, vero? Con tutto il male che mi son fatta!
ARGANTE - M’hai fatto sgolare, carogna!
TONINA - E voi m’avete fatto rompere la testa: siamo parii !
ARGANTE - Lasciarmi qui solo come un cane! Che ti pare, sciagurata?
TONINA - Ahi, ahi!
ARGANTE - E vuoi togliermi anche la soddisfazione di sgridarti ?
TONINA - Oh, accomodatevi! Sgridate quanto volete!
ARGANTE - Ma se tu non mi lasci, bestia, mi interrompi sempre ! Avanti, cialtrona, sgombrami il tavolo da tutte queste carte. Il mio clistere di oggi ha fatto effetto?
TONINA - Il vostro clistere ?
ARGANTE - Sì, voglio dire: ne ho fatta tanta di bile?
TONINA - Oh bella! Sono cose di cui non me ne può fregar di meno, queste. Tocca al dottor La Squacquera di ficcarci sopra il naso, dato che è lui che ci guadagna.
ARGANTE - Mi raccomando il brodo caldo ; a momenti dovrò prendere l’altro clistere: che sia pronto da bere :
TONINA - Il clistere ?
ARGANTE - Il brodo, delinquente, il brodo ! Vuoi che beva il clistere ?
TONINA - E che ne so io ? Questo dottor La Squacquera, ha trovato in voi una bella vacca da mungere! Sarei curiosa di sapere che malattie vi trova, per ordinarvi tanti intrugli!
ARGANTE - Taci, ignorante! Che vuoi sapere tu di medicina! Chiamami piuttosto mia figlia Angelica: ho qualcosa da dirle.
TONINA - Eccola qui che viene: vi ha letto nel pensiero.

SCENA 3
ARGANTE, ANGELICA, TONINA

ARGANTE - Oh brava: volevo giusto parlarti.
ANGELICA - Vi ascolto
ARGANTE - Un momento... Tonina, il mio bastone! Torno subito.
TONINA - Correte, correte, padrone! Ci dà un bel daffare, quel dottor La Squacquera, eh ?
ANGELICA (guardandola con aria languida, le sussurra) - Tonina!
TONINA - Che c’è?
ANGELICA - Guardami un po’.
TONINA - Ti guardo. E allora?
ANGELICA - Tonina...
TONINA - Ebbene, che vuoi da Tonina?
ANGELICA - Non indovini di chi voglio parlare?
TONINA - Mah....non saprei.... Prendiamo la sfera di cristallo ! Vedo....vedo... Un bel giovanotto !
ANGELICA - È vero. Non mi stancherei mai di parlarti di lui; e spio tutte le occasioni per aprirti il mio cuore. Ma dimmi: tu li disapprovi, i sentimenti che ho per lui?
TONINA - No di certo.
ANGELICA - Faccio male ad abbandonarmi a questi dolci sentimenti?
TONINA - Non dico questo.
ANGELICA - Dimmi: non vedi anche tu, come vedo io, un qualche disegno del Cielo, la mano del destino, nel fatto d’esserci incontrati per puro caso?
TONINA - Eh sì, certamente.
ANGELICA - Non trovi che il suo gesto di prendere, senza conoscermi, le mie difese, denota in lui un perfetto gentiluomo?
TONINA - Altroché.
ANGELICA - Non trovi, che è un bel giovane e che, quanto a presenza, non si potrebbe desiderare di meglio?
TONINA - Senza dubbio.
ANGELICA - Che i suoi discorsi, come i suoi modi di fare.... 
TONINA. - ....hanno un che di nobile?
ANGELICA - Che parole più appassionate di quelle che mi dice... 
TONINA - ....da nessun altro al mondo si potrebbero udire?
ANGELICA - E che nulla è più crudele di questa prigione in cui mi si tiene e... 
TONINA - ...e che impedisce ogni scambio ai dolci slanci di quel reciproco amore venuto dal Cielo?
ANGELICA - Tonina ! Tu mi prendi in giro !...Ma, mia buona Tonina, tu pensi che lui mi ami davvero quanto dice?
TONINA - Eh, hai voglia! Non si può sempre credere ciecamente a quello che ci dice un uomo. L’amore, quando è ben recitato, è facile scambiarlo per vero; ho visto di gran commedianti.
ANGELICA - Ah, che mi dici, Tonina! Me infelice! Come potrebbe mentire così ? Mi parla ad un modo!
TONINA - Comunque, non resterai a lungo con questo dubbio. Non t’ha scritto ieri ch’era deciso a chiedere la tua mano? Se lo farà, sarà la miglior prova che ti ama davvero.
ANGELICA - Ah, Tonina, se lui mi inganna, vivessi cent’anni, non crederei più a nessun uomo.
TONINA - Sst !... buona, ecco tuo padre.

SCENA 4
ARGANTE, ANGELICA, TONINA.

ARGANTE (siede in poltrona) - Oh dunque, dicevo, figlia mia: ho una notizia da darti, che forse non ti aspetti. Ti si chiede in matrimonio. Come! Ridi? Già, capisco: la parola matrimonio fa sempre piacere: non ce n’è, anzi, una che suoni meglio all’orecchio d’una ragazza. Ah, “nature, nature”! Per cui, a quanto posso vedere, non è il caso che ti chieda se sei disposta a prender marito.
ANGELICA - È mio dovere, padre, fare quello che mi ordinerete.
ARGANTE - Mi compiaccio d’avere una figlia così obbediente. E dunque, è cosa fatta: ti ho promessa in moglie.
ANGELICA - E a me non resta che seguire ciecamente ogni vostra volontà.
ARGANTE - Mia moglie, desiderava vederti prendere i voti, vedervi diventare monache te e Lisetta, la tua sorella.
TONINA - (sottovoce) - Ha i suoi motivi, la cara donna!
ARGANTE -Ma io mi sono imposto e la mia parola è data.
ANGELICA - Ah, come siete buono, padre, per me! Come vi sono grata!
TONINA - Anch’io, davvero. Cosa più saggia non potevate fare, padrone.
ARGANTE - Zitta tu ! Di persona, il tuo pretendente ancora non lo conosco; ma mi dicono che ne resterò contento e che ne sarai contenta anche tu.
ANGELICA - Oh, questo è certo, padre mio.
ARGANTE - Come sarebbe a dire? L’hai visto, tu?
ANGELICA - Papà, poiché il vostro consenso m’incoraggia ad aprirvi il mio cuore, non vi nasconderò che, una settimana fa il caso ci ha fatto incontrare; e la richiesta che vi è stata fatta della mia mano, è la conseguenza del colpo di fulmine che sin dal primo istante, ci ha colpiti tutti e due.
ARGANTE - Questa non me l’avevano detta; ma se è così, tanto meglio. Mi dicono che è un giovanotto di bella presenza.
ANGELICA - Sì, padre mio.
ARGANTE - Saggio e di buona famiglia.
ANGELICA - Come di più non si potrebbe!
ARGANTE - Molto fine.
ANGELICA - Un vero gentiluomo!
ARGANTE - Che parla correntemente il greco e il latino.
ANGELICA - Ah sì? Questo, non sapevo.
ARGANTE - E che fra tre giorni prenderà la laurea in medicina.
ANGELICA - Lui, padre mio?
ARGANTE - Sì. Non te l’ha detto?
ANGELICA - No davvero. E a voi chi l’ha detto?
ARGANTE - Il dottor La Squacquera.
ANGELICA - La Squacquera? Lo conosce ?
ARGANTE - Che domande ! È suo nipote: come potrebbe non conoscerlo?
ANGELICA - Cleante, nipote del dottor La Squacquera?
ARGANTE - Cleante? Che Cleante? Ti sto parlando di quello che t’ha chiesto in moglie.
ANGELICA - Ah,....
ARGANTE - Ebbene, è il nipote, appunto, di La Squacquera; e cioè il figlio del dottor Diarroicus, che di La Squacquera è il cognato; Tommaso, si chiama; non Cleante; e abbiamo concluso il matrimonio oggi, La Squacquera ed io; e domani Diarroicus verrà col figlio per farmelo conoscere. Che c’è? Non stai bene ? 
ANGELICA -Padre mio, voi parlavate d’una persona... ed io intendevo un’altra (va a sedersi).

SCENA 5
ARGANTE E TONINA

TONINA - Come, padrone! Avreste combinato un simile pasticcio ? E, con la fortuna che possedete, vostra figlia vorreste darla ad un medico?
ARGANTE - Sì. Di che ti impicci tu, sfacciata, sciagurata che non sei altro?
TONINA - Ehi, piano con le parole! Non possiamo ragionare insieme, senza scaldarci? Via, parliamo con calma: che motivo avete, per desiderare un tale matrimonio?
ARGANTE - Che motivo! Il motivo è che, malato come sono, ci tengo a procurarmi un genero e dei parenti medici, allo scopo di farmi assistere contro la malattia, d’avere in casa quanti rimedi mi occorrono e ricette e consulti a portata di mano.
TONINA - Ah, ecco qual’è il motivo: avete visto ? Basta ragionare con calma e ci si intende subito. A questo punto io vi dico : mettetevi una mano sulla coscienza, padrone: siete proprio ammalato, voi?
ARGANTE - Come, sciagurata! Se sono ammalato? Se sono ammalato, sfacciata?
TONINA - Va bene, va bene, sì, siete ammalato, ammalatissimo siete, d’accordo; più anzi di quanto pensate. Va bene così? Ma il marito deve prenderlo vostra figlia per sé; e, poiché lei non è ammalata (Angelica, che era rimasta a parte, sgomenta, si alza e esce), non c’è nessun bisogno che questo marito sia un medico.
ARGANTE - È per me che la sposo ad un medico; e una figlia, se è buona, dev’essere contentissima di sposare un uomo utile alla salute di suo padre.
TONINA - Sentite, padrone: permettete che vi dia un consiglio da amica?
ARGANTE - E sarebbe?
TONINA - Toglietevi dalla testa un simile matrimonio.
ARGANTE - E il motivo?
TONINA - Il motivo? Che vostra figlia non vi accetterà mai.
ARGANTE - Mia figlia?
TONINA - Vostra figlia, sissignore. Vi dirà chiaro e tondo che del signor Diarroicus non sa che farsene, né del suo rampollo Tommaso, né di tutti i Diarroicus del mondo.
ARGANTE - Ma so che farmene io, so ! E poi è un buonissimo partito. Diarroicus non ha altro erede che questo figliolo; e, come non bastasse, La Squacquera, che non ha né moglie né figli, gli lascia tutto il suo patrimonio se si sposa. Ora, il dottor La Squacquera dispone d’una rendita di ottomila lire tonde.
TONINA - Càspita ! Deve averne fatti morire di poveri cristi, per essersi arricchito così.
ARGANTE - Ottomila di reddito sono qualcosa, anche se non ci fosse l’eredità del padre.
TONINA - Per carità, nulla da dire, tutto bello e buono; ma io vi torno a dire che di marito, per vostra figlia, ne cerchiate un altro. Angelica non è tagliata per diventare madama Diarroicus.
ARGANTE - Ed io invece intendo che sia proprio così.
TONINA - Si dirà che vi siete bevuto il cervello.
ARGANTE - Si dica quel che si vuole; mia figlia non mancherà all’impegno che ho preso.
TONINA - Ed io vi dico che vi mancherà.
ARGANTE - Io la costringerò.
TONINA - E lei non vi obbedirà, vi dico.
ARGANTE - Mi obbedirà o la metterò in convento.
TONINA - In convento, non la metterete.
ARGANTE - Non la metterò in convento?
TONINA - No.
ARGANTE - No?
TONINA - No.
ARGANTE - E chi sarà ad impedirmelo?
TONINA - Voi stesso.
ARGANTE - Io?
TONINA - L’amore di padre ve lo impedirà.
ARGANTE - Non me lo impedirà !
TONINA - Una lacrimuccia o due, due braccia al collo, un “paparino” detto come va, basteranno ad intenerirvi.
ARGANTE - Non servirà un fico secco.
TONINA - Balle.
ARGANTE - Uh ! Sst ! boccaccia, non si dice balle !
TONINA - Io, vi conosco: siete buono, di cuore.
ARGANTE (infuriandosi) - Non sono buono per niente; e so essere cattivo, quando voglio.
TONINA - Non vi scaldate, padrone; ricordate che siete ammalato.
ARGANTE - Io le ordino formalmente di prepararsi a prendere il marito che dico.
TONINA - E altrettanto formalmente, io glielo proibisco.
ARGANTE - Cosa? Una cialtrona di serva oserebbe parlare al suo padrone su questo tono?
TONINA - Quando un padrone è fuori di testa, una serva di buonsenso ha il diritto di opporsi.
ARGANTE - (rincorrendola) - Ah insolente, vuoi proprio che ti ammazzi?
TONINA - (Facendosi riparo d’una sedia) - È mio dovere oppormi alle cose che vi possono recar disonore.
ARGANTE - (correndo intorno alla sedia e agitando il bastone) - Vieni, vieni! Che t’insegno a parlare!
TONINA - (sempre sfuggendogli) - Dovreste ringraziarmi, se cerco di impedirvi di combinare una stupidaggine!
ARGANTE - (come sopra) - Carogna!
TONINA (come sopra) - No, mai consentirò a questo matrimonio.
ARGANTE (come sopra) - Pendaglio da forca! Ah, ah, non ne posso più. È la mia morte che volete.
SCENA 6
BELLINA, ARGANTE, TONINA.

ARGANTE - Ah, moglie mia, vieni qui.
BELLINA - Che c’è? Che hai, povero marito mio?
ARGANTE - Mi ha fatto perdere le staffe!
BELLINA - Ma come ? Chi ?
ARGANTE - Quella peste della tua Tonina ogni giorno mi manca di rispetto!
BELLINA - Oh, ma tu lasciala dire!
ARGANTE - In furia, m’ha fatto andare!
BELLINA - Calmati, tesoro mio! Non t’agitare così!
ARGANTE - Non ha fatto che contraddirmi, darmi contro! E’arrivata a mettere in dubbio ch’io sia ammalato !
BELLINA - Addirittura!
ARGANTE - Tu lo sai, amor mio, quantto sono ammalato!
BELLINA - Se lo so! Magari non fosse così, bene mio!
ARGANTE - Mi farà morire, quella canaglia!
BELLINA - Oh, non lo dire neanche per scherzo!
ARGANTE - È lei la causa di tutta la bile che faccio!
BELLINA - Su, su, mettiti calmo!
ARGANTE - Da quanto tempo è che ti dico di togliermela d’attorno!
BELLINA - Sì, è vero: ma, Dio mio, di servitori perfetti non è facile trovarne, lo capisci. Bisogna chiudere un occhio sui difetti. Questa qui, sa lavorare bene; è attenta, volonterosa; e, quel che più conta, fidata. E tu sai, al giorno d’oggi, come bisogna andar cauti. (Chiamando) Tonina!
TONINA - Comandi!
BELLINA - Perché fai arrabbiare mio marito?
TONINA - (con voce soave) - Io, signora? Se ad altro non penso che a compiacerlo in tutto e per tutto.
ARGANTE - Ah! Canaglia!
TONINA - Il signore diceva di voler dare Angelica in moglie al signor Diarroicus; io mi sono permessa di dire il mio parere: che é un buon partito, sì; ma secondo me, avrebbe fatto meglio a farla andare in convento.
BELLINA - Tutto qui? Niente di male, allora! Trovo anzi che non la pensa male, Tonina.
ARGANTE - E tu le dai retta ? È una scellerata: m’ha detto mille insolenze.
BELLINA - Ma sì, tesoro, ti credo! Ma calmati. E tu, Tonina, ricorda: se fai ancora arrabbiare mio marito, te ne vai. Prendi i cuscini, che lo mettiamo comodo sulla poltrona. In che stato ti sei ridotto, tesoro mio! Su, calcati bene il berretto: non c’è di peggio che prender aria alle orecchie, per buscarsi un raffreddore.
ARGANTE - Ah, mia cara, quante premure ti prendi per me!
BELLINA - (rincalzando Argante con guanciali in modo che stia comodo) Alzati un po’, che questo te lo metta dietro perché tu possa appoggiarti; e dall’altra parte, questo. Questo dietro le spalle; e quest’altro in modo che ti sorregga la testa..
TONINA - (piantandogli un guanciale sulla testa e scappando via) E questo perché vi ripari dalla guazza!
ARGANTE - (Lanciando infuriato i guanciali dietro a Tonina) Ah, soffocare, mi vuoi, bestiaccia!
BELLINA - Eh, che c’è ? Che c’è ?
ARGANTE - (ansimante, ripiombando sulla poltrona) - Ah, ah, ah! Non ne posso più!
BELLINA - Ma perché arrabbiarti in questo modo? Mica l’ha fatto apposta!
ARGANTE - Non la conosci, tu, amore mio! Non sai quanto è dispettosa e maligna, quella scimmia! Il sangue, m’ha fatto andar sossopra! Mi ci vorranno più di otto pozioni e più di dodici clisteri, per rimettermi.
BELLINA - Tesoro mio, suvvia, mettiti un po’ tranquillo.
ARGANTE - Tutta la mia consolazione sei tu!
BELLINA - Povero marito mio!
ARGANTE - E voglio ricompensarti per tutto il bene che mi vuoi. Te l’ho già detto che voglio far testamento.
BELLINA - Oh, testamento! Non parliamo di simili cose, ti prego, tesoro! La sola parola già mi dà una stretta al cuore. Non ci devi pensare!
ARGANTE - Ti avevo pregato di parlarne al tuo notaio. Te l’ho detto o no ?
BELLINA - Ma sì, ma si. L’ho fatto. Per accontentarti. È di là.
ARGANTE - Fallo dunque passare, amor mio.
BELLINA - E va bene, lo chiamo. Signor notaio. ? Venite.
SCENA 7
BONAFEDE notaio, BELLINA, ARGANTE.

ARGANTE - Avanti, avanti, signor Bonafede. Accomodatevi, prego. So da mia moglie che siete ottimo amico suo e persona di cui fidarsi. Per cui l’ho incaricata di rivolgersi a voi per il testamento che desidero fare.
BELLINA - Cose, ahimè, che io non posso sentir neanche nominare!
BONAFEDE - La signora m’ha detto, infatti, delle vostre intenzioni. Sennonché, debbo dirvi subito che, per testamento.... non potete lasciarle nulla.
ARGANTE - Oh! E perché?
BONAFEDE - La consuetudine, che da noi vige, lo vieta. In altri paesi, dove c’è una legge scritta, la cosa sarebbe fattibile; ma qui e nei paesi che s’attengono alle usanze la disposizione sarebbe nulla. Da noi, i coniugi non hanno che un modo lasciarsi qualcosa reciprocamente; ed è la donazione tra vivi. Ma non basta: si richiede ancora che, al momento del decesso, né l’uno né l’altro abbia prole.
ARGANTE - Ecco un uso che è un sopruso. Possibile che alla moglie, che lo ama, che lo circonda di attenzioni e di cure, un marito non possa lasciar niente? Se consultassi il mio avvocato? Lui forse troverebbe la via...
BONAFEDE - Avvocati? Ah, li sconsiglio, li sconsiglio! Gli avvocati sono intransigenti in proposito. Tirano fuori ogni sorta di difficoltà. Altre persone ci sono da consultare, più accomodanti; che conoscono il modo di passare sopra alla legge e rendere lecito ciò che non lo sarebbe. Che, in cambio di qualche profitto indiretto, sanno eludere la consuetudine. Gli ostacoli vanno aggirati. Ci vuole astuzia, negli affari.
ARGANTE - Me l’aveva ben detto mia moglie che siete un notaio in gamba. Come posso fare, allora, a lasciare il mio bene a mia moglie?
BONAFEDE - Come potete fare? Potete scegliere, con cautela beninteso, un amico intimo di vostra moglie e lasciare a questo per testamento, redatto nelle debite forme, quanto potete: un amico che, in un secondo tempo, le restituisca l’intero lascito. Oppure acquistare un gran numero di obbligazioni sicure a pro di diversi creditori, che presteranno il loro nome a vostra moglie, consegnandole una dichiarazione che ciò che han fatto fu unicamente per compiacerla. Potete infine, finché siete in vita, versare nelle mani di lei danaro liquido o quante più banconote vi riuscirà d’avere, pagabili a vista.
BELLINA - Oh, ma lascia, ti prego, amor mio, di darti pensiero per me! Se tu venissi a mancarmi, caro, non vorrei sopravvivere un giorno!
ARGANTE - Cara!
BELLINA - È così, caro! Senza di te, sarei così infelice….
ARGANTE - Moglie adorata!
BELLINA - Ti seguirei nella tomba; e ti renderesti conto allora di quanto bene ti voglio.
BONAFEDE (a Bellina) - Ma queste son lacrime fuor di stagione: non siamo ancora a tal punto.
BELLINA - Ah, signore, non sapete che cos’è un marito per la moglie che lo ama teneramente!
ARGANTE - Allora, amor mio, faremo il testamento nel modo che il signore suggerisce. Ma, per precauzione, intendo versare intanto in tua mano ventimila franchi in oro, che tengo in camera mia, e due cambiali al portatore, che mi sono state consegnate: una da Damon e una da Gerante.
BELLINA - No, no! Non voglio niente di tutto questo.... Quanto hai detto di avere in camera tua?
ARGANTE - Ventimila franchi in oro, amor mio.
BELLINA - No, non parlarmi di denaro, per carità! E due cambiali, dicevi: da quanto, le cambiali?
ARGANTE - Una di quattro, l’altra di seimila.
BELLINA - Niente, niente! Fossero anche tutte le ricchezze del mondo, che me ne farei, senza di di te?
BONAFEDE (ad Argante) - Volete allora, signore, che stendiamo il documento?
ARGANTE - Sì; ma per questo saremo più a nostro agio nel mio studiolo. Dammi il braccio, amor mio, ti prego.
BELLINA - Andiamo allora, tesoro mio.

SCENA 8
ANGELICA, TONINA.

TONINA - Sono andati di là a confabulare col notaio. Ho sentito che parlavano di testamento. Non dorme, la tua matrigna! Non vorrei che, influenzato da lei, tuo padre stesse combinando qualcosa contro i tuoi interessi.
ANGELICA - Che dei suoi beni disponga pure come gli pare, purché non disponga del mio cuore. Vedi, Tonina, che razza di violenza vorrebbero fargli! Tu non mi abbandonare, ti supplico, in un momento come questo!
TONINA - Abbandonarti, io? Morire, piuttosto. La tua matrigna ha un bel cercare di tirarmi dalla sua, prendendomi per confidente! Simpatia per lei non ne ho mai avuta; ho sempre tenuto per te. Lascia fare a me; non risparmierò nulla per aiutarti; ma, per riuscirci meglio, cambierò tattica: nasconderò il mio attaccamento per te e fingerò di stare al loro gioco.
ANGELICA - E vedi intanto se ti riuscisse di far avvertire Cleante del matrimonio cui vorrebbero costringermi.
TONINA - Sai che ti dico ? Ho un mio spasimante: Pulcinella. Manderò lui ad avvertire Cleante. Mi costerà qualche paroletta gentile; ma, per amor tuo, sono disposta a farlo. Oggi, non faccio più in tempo; ma domattina all’alba lo mando a chiamare e....
BELLINA - (di là, chiamando) - Tonina!
TONINA - (ad Angelica) - Ecco che mi chiamano. Buon riposo. E sta tranquilla: ci penso io!

1° INTERMEZZO

MARIA - (Sbuca furtiva dalle quinte a sx) Psst... psst.. ! Sophie....
SOPHIE - (Spuntando da dx) Brava !... Brava, Maria...
MARIA - Davvero ? Come sono andata ?
SOPHIE - Bene, bene, benissimo !
MONICA - (Entrendo da dx) E brava la nostra Maria. Complimenti.
MARIA - Ma no, ho fatto meglio che potevo... davvero sono andata bene ?
MONICA - Certo, ci ha sorpresi tutti, brava davvero. A proposito : io continuo a non sentirmi bene. Non è che per caso avete un’Aspirina, un Aulin, un Moment...
MARIA - Forse ho qualcosa io. Torno subito (esce).
MONICA - Non ne posso più, prenderei qualsiasi cosa. Che poi basta che butti giù un qualcosa che mi passa ; ne sento proprio il bisogno, ho la testa che mi scoppia.
SOPHIE - Però anche prendere sempre medicine non è che faccia poi bene...
MARIA - Ecco qua, ho questo in bustine...
MONICA - Oh, grazie, dia qua. (prende una bustina, la apre e se la versa direttamente in bocca).
MARIA - Ma che fa ? Così senz’acqua ?
MONICA - Ma sì, così è più efficace, fa effetto subito, è lo stesso. Faccio sempre così.
SOPHIE - No, ma si rende conto ? L’ha preso così ! E senza nemmeno vedere che medicina era ! (prende la scatoletta dalle mani di Maria e cerca il foglietto delle istruzioni)
MONICA - Per il mal di testa, no ? Cos’era Maria ?
MARIA - Era... non mi viene il nome, ecco li la scatoletta, è un...
SOPHIE - Ecco qua. Li leggete mai voi i foglietti che ci sono dentro ?
MONICA - Perchè dovrei ? Se il medico me lo prescrive...
SOPHIE - Se è per quello spesso i medici prescrivono farmaci come fossero caramelle !
MARIA - In effetti... Poi a guardar bene sono sempre quelli che costano di più, che ti ordinano. Ventisei Euro e cinquanta alla scatoletta, quello là. E’ come nella prima scena della commedia, quando Argante faceva i conti dei clisteri e delle pozioni : Da allora a oggi pare non sia cambiato niente !
SOPHIE - (Legge) “Effetti indesiderati : senso di pesantezza allo stomaco, dolori addominali...”
MONICA - Santo cielo ! Sono giorni che ho un mattone qui... E dei crampi sotto qua. Ahi, senti che roba !....
SOPHIE - “..Stitichezza o diarrea...”
MONICA - Càspita, è vero : le ho tutte e due !
MARIA - Stitichezza e diarrea insieme ? Ma come è possibile ?
MONICA - Ma no, prima ho avuto la diarrea per tre giorni, ora è da tre che...niente ! Ohi !....
MARIA - Che cos’ha ?
MONICA - Non lo so, che c’era scritto prima sul foglietto ?
MARIA - “Dolori addominali”
MONICA - Ecco, allora ho quelli !
SOPHIE - “...nausea e vomito...”
MONICA - Oddìo mi sento male !...
SOPHIE - “..eruzioni cutanee di natura allergica, eritemi, prurito, orticaria...”
MONICA - Ahi, mamma !...
SOPHIE - “...Sono stati osservati casi di comparsa di ulcere, a livello dello stomaco, con possibilità di sanguinamento !”
MONICA - Sto, male, chiamate un medico, la croce verde...aiuto...
SOPHIE - Mais non, mais non, Vous avez rien compris, rien compris...
MONICA - Che... che cosa ? 
SOPHIE - Vous avez... Non ha capito niente : rien compris !
MARIA - Sophie è nata in Francia. Ogni tanto le scappa qualche frase in francese.
MONICA - Ah, francese.. Sa parlare francese ? Ma guarda un po’...
MARIA - Oh. Sì. Parlare, cantare e.... ballare !
SOPHIE - Maria !
MONICA - Ballare ? Come sarebbe dire ?
SOPHIE - No, Maria si riferisce ad una cosa che stavamo facendo prima che arrivassero tutti. Una cosetta stupidissima che...
MARIA - Macchè cosetta ! Provavamo la scena di un musical, io e Sophie, ballato e cantato in francese !
MONICA - Un musical ? Voi due ? Ma guarda ! E com’è ?
SOPHIE - Ma no, era tutto uno scherzo !...
MARIA - Dài, facciamoglielo vedere.
SOPHIE - Maria !
MONICA - Divertente ! Sono curiosa : avanti, vediamo.
MARIA - Noi immaginavamo di dare inizio ad un musical : il pubblico è in sala, noi due usciamo in proscenio mentre ancora le luci della platea sono accese e... Dài Sophie. Posizione...sculettamento....
MONICA - “Sculettamento” ?...
MARIA E SOPHIE - (Come nella prima scena eseguono il loro pezzo) ”Attention mesdames et messieurs, dans un instant /on va commencer. /Installez vous dans vos fauteuilles bien tranquillement......”
MONICA - (Divertita) E chi l’avrebbe mai detto !... Che simpatico ! Com’è, com’è ‘sta cosa?
MARIA - Riproviamo, Sophie. Anzi, (a Monica) perchè non prova insieme a noi ?
MONICA - Chi, io ? No grazie.... Ma sì ! Com’è il testo della canzone, Sophie ?
SOPHIE - E’...in francese... Lei sa parlare francese ?
MONICA - Certo. Ho anche recitato in Francia.
SOPHIE - Bien. Le parole, per incominciare sono : “Attention mesdames et messieurs, dans un instant /on va commencer. /Installez vous dans vos fauteuilles bien tranquillement..” Riesce a ricordarle ? Provi a ripetere.
MONICA - ”Attention mesdames et messieurs, dans un instant /on va commencer....
SOPHIE - “....Installez vous dans vos fauteuilles bien tranquillement..”
MONICA - ”....Installez vous dans vos fauteuilles bien tranquillement..”
MARIA - Grande ! Poi c’è la coreografia : ci si mette in fila così e si sculetta... pardon ! “Si ancheggia” a tempo indicando col braccio gli spettatori... 

Provano fino a costruire tutta la sequenza. Nel frattempo, non vista, entra Tosca che perplessa le guarda qualche attimo. Poi, le viene un’idea ed esce.

SOPHIE/MONICA/MARIA - ”Attention mesdames et messieurs, dans un instant /on va commencer. /Installez vous dans vos fauteuilles bien tranquillement..”

Non visti, entrano quatti quatti e si schierano alle loro spalle, non visti dalle tre, Tosca e tutti gli altri attori.

MONICA - Ah, che divertente !
MARIA - Vero ? Di nuovo, ancora una volta. Pronte ? Un, due, tre...
SOPHIE/MONICA/MARIA - ”Attention mesdames et messieurs, dans un instant /on va commencer. /Installez vous dans vos fauteuilles bien tranquillement..”
TUTTI GLI ALTRI - (Applaudono ironici. Monica si vergogna, mentre Maria e Sophie battono velocemente in ritirata imbarazzatissime mentre Tosca soddisfatta le gurda con aria vittoriosa. Commenti vari, sfottò).
MARIA - (A Sophie, uscendo insieme) Hai visto ? E’ stata lei, quella vipera. Ma questa la paga, oh se la paga !
SOPHIE - Ma no, Maria, che dici ? Come fai a fargliela pagare ? Lascia perdere, vuoi che perdiamo il lavoro ?
MARIA - Tu non ti preoccupare.
VALERIO - Benissimo. E dopo questo pezzo di avanspettacolo possiamo rimetterci a pensare alla prova ? Su. Il primo atto è finito, chiudiamo il sipario e prepariamoci per il secondo. Chi è di scena ?
REGINA - Io. Io sono in scena e poi entra Tiziano.
VALERIO - Va bene. Pausa e poi riprendiamo. Macchinista ?... Sipario !




ATTO SECONDO

La scena rappresenta la stanza di Argante.

SCENA 1
CLEANTE, TONINA, ARGANTE

CLEANTE - Buongiono,
TONINA - (Spaventata da Cleante, che lì per lì non riconosce) - Ah ! Chi è ? Che cercate, signore?
CLEANTE - Che cerco?
TONINA - Ah, siete voi? Siete pazzo ? Voi, qui? A che fare? 
CLEANTE - A parlare con Angelica, ascoltare i sentimenti del suo cuore, e chiederle che ha deciso circa la proposta di matrimonio, di cui ho saputo.
TONINA - Senti questo ! Come se fosse facile parlare con la signorina. Bisogna trovare il modo di farlo. È guardata a vista: non esce, non parla con nessuno. L’avete incontrata a quel teatro, dove vi siete incapricciato di lei, solo perchè una vecchia zia ha tanto insistito con suo padre affinchè le permettesse di accompagnarla a quella commedia. Tanto che, di quell’incontro, noi non abbiamo fatto parola.
CLEANTE - E difatti io non mi presento qui come Cleante e tanto meno come innamorato; bensì come un amico del suo maestro di musica, da lui mandato a sostituirlo.
TONINA - Ecco suo padre. Non vi mostrate, per ora: datemi il tempo di annunciarvi.
ARGANTE - (Entra a grandi passi, credendosi solo) Uno, due, tre, quattro, cinque, sei... Il dottor La Squacquera mi ha prescritto di camminare compiendo ogni giorno dodici passi in su e in giù per la stanza ! Sette, otto, nove, dieci, undici e dodici ! Ora girarsi e...uno, due, tre, quattro, cinque, sei... Ma il dottor La Squacquera non mi ha scritto se devo fare i passi in lungo o in largo! Questo, al dottor La Squacquera, mi sono scordato di chiederglielo.. Sette, otto, nove....
TONINA - Padrone, c’è un...
ARGANTE - Ah ! Che urli, sciagurata? Mi fai scoppiare il cervello! Non lo sai che si deve parlare piano ai malati ?
TONINA - Volevo dirvi, padrone...
ARGANTE - Sottovoce, ti dico!
TONINA - Signore... (seguita a muover le labbra, senza emettere suono)
ARGANTE - Eh? Cosa?
TONINA - Vi dicevo che... (come sopra)
ARGANTE - Che diavolo dici? Oddìo, ho perso l’udito !
TONINA - (forte) - Che c’è un tizio di là che chiede di parlarvi.
ARGANTE - E fallo entrare, che s’accomodi. (Tonina esce e rientra con Cleantei)
CLEANTE - Signore...
TONINA - Per carità, parlate piano! Se no, il cervello del signore scoppia.
CLEANTE - Signore, son felice di trovarvi in piedi e di constatare che state meglio.
TONINA - (fingendosi sdegnata) - Come, meglio? Meglio, un corno! Il signore va di male in peggio.
CLEANTE - Ho sentito dire che il signore stava meglio, e mi sembra che abbia una buona cera.
TONINA - Buona cera? Cadaverica, l’ha! Chi vi ha detto che stava meglio, è un impertinente? Il mio padrone non è mai stato così male.
ARGANTE - È vero.
TONINA - Cammina, mangia e beve come ogni altro; ma questo non vuol dire che non sia gravemente ammalato.
ARGANTE - La pura verità, signore.
CLEANTE - Oh, ne sono desolato! Mi manda il maestro di canto di vostra figlia. E’ stato costretto a recarsi per qualche giorno in campagna, e m’ha pregato, come suo intimo amico, di sostituirlo nell’insegnamento. Egli teme, infatti, che una interruzione potrebbe far dimenticare alla scolara quanto ha imparato.
ARGANTE - Ah, benissimo. (A Tonina) Chiama Angelica.
TONINA - Ma non sarebbe meglio che conducessi il signore in camera sua?
ARGANTE - No. Che venga qui lei.
TONINA - La lezione di canto qui, nello stato in cui siete? Vi faranno scoppiare il cervello con i loro acuti ! 
ARGANTE - Macchè ! Io amo la musica. Mi farà bene ! Oh, ecco Angelica! (A Tonina) Va’ a vedere se mia moglie è vestita, tu (esce Tonina)..

SCENA 2
ARGANTE, ANGELICA, CLEANTE, TONINA

ARGANTE - Vieni, figlia. Il tuo maestro è andato in campagna, e a far le sue veci ha mandato questo signore.
ANGELICA (riconoscendo Cleante) - Ah, Santo Cielo!
ARGANTE - Ebbene? Cos’è questa sorpresa?
ARGANTE - Perché sei così turbata?
ANGELICA - Perché....perché, padre mio, m’avviene una cosa sorprendente.
ARGANTE - Spiegati.
ANGELICA - Stanotte mi sono sognata di trovarmi in una situazione molto imbarazzante. Ho chiesto aiuto ad un signore che mi ha tirato fuori da tutte le mie pene. Ebbene, il fatto incredibile è che l’uomo che in sogno mi ha aiutata aveva un aspetto che somigliava in tutto e per tutto...a questo signore che ho davanti a me !
CLEANTE - Sia pure in sogno, mi lusinga, signorina, che abbiate pensato a me. Non c’è nulla che non farei, per veder riapparire sulla vostra bocca un sì mirabile sorriso.(I due si fissano immobili e infatuati l’un dell’altro..).
ARGANTE - Il tuo maestro di canto è andato in campagna, e ha mandato questo signore a far le sue veci.... (vistosi ignorato... ) Il tuo maestro di canto è andato in campagna, e ha mandato questo signore a far le sue veci..... (poichè non lo sentono si mette a tossire e ha le convulsioni per attirare l’attenzione. Angelica se ne accorge di colpo e corre in suo soccorso).
TONINA - (Rientra precipitosamente) Parola mia, padrone, sono dalla vostra parte; e ritiro tutto ciò che vi ho detto ieri. Sono venuti a farvi visita il signor Diarroicus padre e Diarroicus figlio.Avete il genero che vi meritate ! Vedrete il giovanotto più bello del mondo, e il più spiritoso. Due parole ha detto : e m’ha conquistato. Vostra figlia ne resterà incantata.
ARGANTE - Il dottor Diarroicus con suo figlio in casa mia ? Presto presto, falli entrare !
TONINA - Vado subito (esce).
CLEANTE - Vedo signore che avete visite importanti. Col vostro permesso io...
ARGANTE (a Cleante, fa l’atto di ritirarsi) - Non ve ne andate, signore. Sto maritando mia figlia; ed è il suo futuro sposo che adesso le conducono, perché faccia la sua conoscenza.
CLEANTE - Troppo onore, signore, che mi vogliate testimone di sì piacevole incontro.
ARGANTE - È il figlio d’un grandissimo medico; ed entro quattro giorni si celebreranno le nozze.
CLEANTE - Che meraviglia.
ARGANTE - Fatelo sapere al maestro di musica, desidero intervenga alla cerimonia.
CLEANTE - Non mancherò.
ARGANTE - Venite anche voi, vi invito!
CLEANTE - Troppo onore!

SCENA 3
DIARROICUS, suo figlio TOMMASO, ARGANTE, ANGELICA, CLEANTE, TONINA

ARGANTE (toccandosi, senza togliersela, la cuffia) - Chiedo scusa, signore, se non mi scopro il capo. Il dottor La Squacquera me l’ha proibito. Siete medico anche voi e non ignorate quindi le conseguenze a cui potrei andare incontro...
DIARROICUS - Non scusatevi. Noi medici non scordiamo mai che nostro compito è visitare per recar giovamento, non già per nuocere agli ammalati.
ARGANTE - Accolgo, signore... (Argante e Diarroicus parlano nello stesso tempo, s’interrompono e si confondono)
DIARROICUS - Siam qui venuti, signore...
ARGANTE - Con immenso piacere...
DIARROICUS - Mio figlio Tommaso ed io...
ARGANTE - L’onore che mi fate...
DIARROICUS - A testimoniarvi, signore...
ARGANTE - E sarebbe stato mio desiderio...
DIARROICUS - L’esultanza in cui siamo...
ARGANTE - Venir io da voi...
DIARROICUS - Per l’alto onore che ci fate...
ARGANTE - Per darvene atto...
DIARROICUS - Di accoglierci nella cerchia...
ARGANTE - Ma sapete, signore...
DIARROICUS - Della vostra famiglia...
ARGANTE - Cos’è un povero infermo...
DIARROICUS - E ad assicurarvi...
ARGANTE - Il quale altro non può fare...
DIARROICUS - Che, nell’ambito della nostra professione...
ARGANTE - Che dirvi ora...
DIARROICUS - Come in tutto...
ARGANTE - Che non mancherà occasione...
DIARROICUS - Saremo sempre pronti, signore...
ARGANTE - Di mostrarvi, signore...
DIARROICUS - A testimoniarvi il nostro zelo.
ARGANTE - Che è interamente al vostro servizio.
DIARROICUS (al figlio) - Su, Tommaso, fai il tuo dovere.
TOMMASO - È dal padre, vero, che debbo cominciare...
DIARROICUS - Certo.
TOMMASO (ad Argante) - Signore, saluto in voi, riconosco, amo e venero un secondo padre. Ma un secondo padre, verso cui, mi sento più in debito che verso il primo. Il primo m’ha messo al mondo, voi m’avete scelto; il primo mi ha accolto per necessità, voi invece per bontà; ciò che tengo dal primo, è effetto del suo fisico; ciò che invece tengo da voi, è effetto della vostra volontà. E di quanto le facoltà intellettuali vincono in eccellenza quelle corporali, tanto più stimo preziosa questa futura qualità di figlio vostro di cui vengo oggi a rendervi, gli umilissimi e rispettosissimi omaggi.
TONINA - Alla faccia delle scuole da cui si esce così istruiti !
TOMMASO (al padre) - Va bene così, papa ?
DIARROICUS - Optime.
ARGANTE (ad Angelica) - Suvvia, rispondi al signore.
TOMMASO (ad Angelica) - Signora, ben giustamente il Cielo vi concesse il nome di “Bellina”, dappoiché si legge sul vostro viso...
ARGANTE (a Tommaso) -.Scusate....State parlando a mia figlia, non a mia moglie.
TOMMASO - Ah , sì ? E dov’ allora la suocera ? Dopo il suocero tocca alla suocera.
ARGANTE - Sarà qui a momenti.
TOMMASO - Devo aspettare che venga, papà?
DIARROICUS - Presenta intanto i tuoi omaggi alla signorina.
TOMMASO - Signorina, allo stesso modo che la statua di Memnone lasciava udire un suono armonioso, allorché la toccavano i raggi del sole, non altrimenti io mi sento invadere da un soave sentimento all’apparire del sole delle vostre beltà. E come il fiore denominato Eliotropio di continuo si volge verso l’astro del giorno, così d’ora innanzi il mio cuore si volgerà verso le splendenti stelle dei vostri occhi adorabili. Concedetemi adunque, signorina, di deporre oggi sull’altare dei vostri vezzi l’offerta di questo cuore, che ad altra gloria non aspira, se non quella d’essere, vostro fedelissimo servo e marito.
TONINA - (canzonandolo) - Ecco che vuol dire studiare! Quante belle cose s’imparano a dire!
ARGANTE (a Cleante) - E a voi, che ve ne pare?
CLEANTE - Prodigioso. Se è bravo medico quanto è bravo oratore, sarà un piacere farsi curare da lui.
TONINA - Lo dico anch’io! Ammalati, non ce ne saran più!
ARGANTE - Su, presto, sedie per tutti. Siediti lì, figlia. (A Diarroicus) Vedete, signore, che l’ammirazione per vostro figlio è generale. 
DIARROICUS - Non è perché gli son padre, signore; ma posso dire che ho motivo di esser contento di lui. Non ha mai avuto una brillante immaginazione, né quello spirito di cui qualcuno è dotato. Ma questo m’ha sempre fatto ben sperare del suo giudizio, dote indispensabile nell’esercizio della nostra professione. Da piccolo, non è mai stato quel che si dice un ragazzo vivace; non apriva mai bocca e non giocava a nessuno di quei piccoli giochi che vengono detti infantili. A nove anni, ancora scambiava una lettera per un’altra. Bene, io mi dicevo: gli alberi che stentano a dar frutto son quelli che lo danno migliore. Si fatica ben di più a scrivere sul marmo che sulla sabbia; ma quel che è inciso sul marmo, sfida i secoli. Ora, questa lentezza a capire, questa scarsità di immaginazione, è adatta per l’avvenire d’un retto giudizio. Quando lo mandai a scuola, si trovò a disagio; ma contro le difficoltà si metteva di puntiglio. Finché, dagli e dagli, a forza di battere, superò con lode gli esami; e, senza vantarmi, posso dire che, in questi due anni di corso, è il candidato che nelle discussioni più si è fatto notare. Ormai non si approva tesi, che lui non si alzi a combatterla ad oltranza. Non molla; è incrollabile nei suoi convincimenti, e spinge la logica del suo ragionamento sino alle estreme conseguenze. Ma ciò che soprattutto mi piace in lui, è che, seguendo il mio esempio, è ciecamente ligio ai precetti degli antichi; e che mai ha voluto capire né ascoltare le ragioni e le prove delle pretese scoperte del nostro secolo, concernenti la circolazione del sangue ed altre opinioni della stessa risma.
TOMMASO - (cavando di tasca un grosso rotolo e porgendolo ad Angelica) - La teoria della circolazione del sangue, l’ho confutata con questa tesi; che, con licenza del signore (s’inchina ad Argante) ardisco presentare alla signorina, quale omaggio, dovutole, delle primizie del mio ingegno.
ANGELICA - Grazie; ma che me ne posso fare, ignorante come sono di simili argomenti?
TONINA - (prendendo rotolo) - Datelo a me: servirà ad addobbare la mia camera: vi farà sempre la sua figura.
TOMMASO - E pure con vostra licenza, signore (s’inchina ad Argante), vi invito, signorina, a titolo di svago, ad assistere uno di questi giorni alla dissezione d’una morta, che formerà oggetto d’un mio discorso.
TONINA - Un bello svago! C’è chi la sua bella la invita a teatro; ma invitarla a un1autopsia, è ben più galante!
ARGANTE - Non intendete, signore, introdurlo a Corte e preparargli là un posto da medico?
DIARROICUS - Ad esser franco, l’esercizio della nostra professione presso i grandi, non mi ha mai attirato gran che. Ho sempre pensato che è meglio per noi aver a fare con la piccola gente. È più comodo: di ciò che si fa, non si deve rispondere a nessuno, nessuno scrupolo di come poi vadano le cose. Coi personaggi altolocati, invece, c’è l’inconveniente che, se cadono ammalati, pretendono che il medico li guarisca.
TONINA - Bella pretesa! Bella impertinenza, volere che lor signori li guariscano! Il vostro compito è quello di scrivere ricette e di intascare onorari. Guarire, spetta agli ammalati... se ci riescono.
DIARROICUS - È vero: il nostro compito è assolto, una volta che abbiamo prescritto la cura. Guarire è affare che riguarda esclusivamente il malato.

SCENA 4
DIARROICUS, suo figlio TOMMASO, ARGANTE, ANGELICA, CLEANTE, TONINA

ARGANTE (a Cleante) - Perché, signore, non ci fate un po’ sentire come canta mia figlia?
CLEANTE - Attendevo che me l’ordinaste, signore; pensavo appunto, per svago della compagnia, di cantare con la signorina un brano d’un’operetta recente. (Ad Angelica, passandole un foglio) Ecco la vostra parte.
ANGELICA - A me?
CLEANTE (sottovoce ad Angelica) - Assecondatemi, vi prego: un momento, e capirete che cosa si tratta di cantare. (Forte) Io non ho voce per il canto; ma in questo caso, basterà mi faccia udire; lor signori mi scuseranno, visto che non canto per esibirmi, ma per accompagnare la signorina.
ARGANTE - Bene, bene. I versi sono belli ?
CLEANTE - Ma, veramente... È un’operetta estemporanea; versi liberi: le frasi, insomma, che la passione fa trovare lì per lì a due che han qualcosa d’urgente da dirsi.
ARGANTE - A meraviglia. Siam tutti orecchi.
CLEANTE - Ecco l’argomento. In un teatro, un giovane è tutto assorto nello spettacolo che è appena incominciato, quando ne è distratto dalle escandescenze d’un vicino. Si volge e vede un prepotente che investe di male parole una donzella. Senz’altro ne prende le difese; Una volta punito il bruto della sua insolenza, vede che la ragazza è una giovinetta che, da occhi che sono un incanto, sta versando lacrime, come di più belle non è dato vederne. La dolce creatura così lo ringrazia; ma con tanto garbo, che lui non può resistere: ogni parola, ogni sguardo gli penetra il cuore come un dardo infocato. L’ha appena vista, ma quell’attimo è bastato a scatenare in lui tutte le violenze d’una passione. Fa di tutto per rivedere la fanciulla, ma la sorveglianza in cui è tenuta, manda a monte tutti i suoi tentativi. Sentendo di non poter più vivere senza di lei, con un biglietto che riesce a farle arrivare, si accerta del suo consenso e decide di chiederla in sposa. Sennonché, ecco che viene a sapere che il padre di lei l’ha promessa ad un altro e che già fervono i preparativi per celebrare le nozze. Amore e disperazione gli fan trovare il modo d’introdursi in casa dell’amata. In casa, vede i preparativi che teme; vede presentarsi l’indegno rivale, che il capriccio d’un padre mette contro all’ardore della sua passione; lo vede tronfio, questo ridicolo rivale, presso l’amata e questa vista lo riempie d’una collera che stenta a dominare. Lancia sguardi di angoscia a colei che adora; a parlare solo con gli occhi, lo costringe il riguardo che le deve e la presenza del padre. Ma alla fine vince ogni ritegno, e, spinto dalla passione, così le si rivolge (canta):

Troppo, o Filli, è troppo soffrire!
Deh, ch’io sappia in cuore che avete,
Il crudele silenzio rompiam!
La mia sorte che almeno io apprenda,
Se è di vivere oppur di morir!

ANGELICA (canta) - Costernato da quello che accade
Non si mostra abbastanza il mio viso?
Eloquenti più d’ogni parola
Non son gli occhi, non sono i sospir?

ARGANTE - Capperi! Non credevo mia figlia così brava: canta a prima vista, senza un’esitazione!

CLEANTE - Ma, allora, a tal punto sarei
Fortunato, oh cielo! Da aver
Un cantuccio di Filli nel cor?

ANGELICA - Ah, l’angoscia in me vince il ritegno:
Sì, o Tirsi, io v’amo d’amor!

CLEANTE - Più felice di Tirsi chi mai
Degli dèi si può dire o dei re?
Si; ma il cuore una spina mi punge:
Il pensiero d’avere un rival!

ARGANTE - E che ribatte il padre a tutte queste scemenze?
CLEANTE - Nulla, ribatte.
ARGANTE - Ecco un padre ben imbecille, per sorbirsi tutto questo in silenzio!

CLEANTE (riprendendo a cantare) - Ah, mio amore...

ARGANTE - No no: ne abbiamo abbastanza. Codesta commedia è di pessimo esempio: Tirsi è un impertinente e Filli una spudorata, a parlare in simili termini alla presenza del padre. (A Cleante) Avremmo fatto volentieri a meno della vostra sguaiata commediola.
CLEANTE - L’intenzione era di divertirvi.
ARGANTE - Le stupidaggini non divertono affatto. Arrivederci. (Esce Cleante) Oh, ecco mia moglie.

SCENA 5
ARGANTE, BELLINA, ANGELICA, DIARROICUS, TOMMASO, TONINA.

ARGANTE - Ti presento, amor mio, il figlio del signor Diarroicus.
TOMMASO - Signora, ben giustamente vi concesse il cielo il nome di Bellina, dappoiché si legge sul vostro viso...
BELLINA - Incantata, signore, d’aver l’onore di fare la vostra conoscenza.
TOMMASO - ...dappoiché si legge sul vostro viso... dappoiché si legge sui vostro viso... Signora, m’avete interrotto sul più bello ed ho perduto il filo.
DIARROICUS - Ebbene, Tommaso: sarà per un altra volta...
ARGANTE - (alla moglie) - Peccato, cara, che tu non fossi qui un momento fa!
TONINA - Davvero! Quanto avete perduto, padrona, a non trovarvi al momento del secondo padre, della statua di Memnone e del fiore chiamato “Eliotropio”!
ARGANTE - Ed ora, figlia mia, porgi la mano al signore, promettendoti a lui moglie fedele.
ANGELICA - Padre mio...
ARGANTE - Ebbene, padre mio! Che vuoi dire?
ANGELICA - Per favore, papà, non precipitate le cose. Accordateci almeno il tempo di conoscerci e di lasciar nascere in noi, l’inclinazione indispensabile ad un’unione perfetta.
TOMMASO - Per quel che mi concerne, signorina, l’inclinazione è già nata; non ho bisogno di aspettare di più.
ANGELICA - Se voi siete così svelto, signore, non lo stesso è di me.
ARGANTE - Oh, poco male! Una volta sposata, di tempo, per questo, n’avrai anche troppo.
ANGELICA - Via, padre mio, lasciatemici pensare, vi prego. E se il signore è un gentiluomo, non può accettare per moglie una che vi fosse costretta.
TOMMASO - Nego consequentiam, signorina: posso essere un gentiluomo ed accettarvi di buon grado dalle mani del vostro signor padre.
ANGELICA - Questo non è un bel modo per farsi amare. Portate pazienza; se mi amate, signore, dovete pur volere ciò ch’io desidero.
TOMMASO - Certo, signorina: salvo in ciò che andrebbe contro il mio amore.
ANGELICA - Ma il maggior segno d’amore, non è quello di assecondare la volontà di colei che si ama ?
TOMMASO - Distinguo : in ciò che non riguarda il vostro possesso, concedo; ma in ciò che lo riguarda, nego.
TONINA - (ad Angelica) - Avete un bel ragionare: il signore esce fresco dagli studi ed avrà sempre l’ultima parola. Perché far tanta resistenza e rifiutare l’onore d’essere impalmata da un dottore in medicina?
BELLINA - Forse ha del tenero per qualcun altro. Se fossi in te, caro, non la forzerei a maritarsi. So ben io che farei.
ANGELICA - So, signora, che cosa intendete dire e le premure che avete per me; sennonché i vostri consigli non avranno forse il piacere di vedersi seguiti.
BELLINA - Come a dire che pensate solo a maritarvi, ma che lo sposo volete scegliervelo voi.
ANGELICA - Se mio padre non vuol darmi un marito che mi piaccia, lo scongiuro di non costringermi, almeno, a prenderne uno che non mi senta di amare.
ARGANTE - (Ai dottori) Signori, son confuso e chiedo loro mille scuse.
ANGELICA - Ognuno ha il suo scopo, sposandosi. Io, che un marito lo desidero per amarlo veramente, a prenderlo, ci penso due volte. Alcune si sposano unicamente per uscir di casa e altre, signora, per le quali il matrimonio è un affare d’interesse per arricchirsi con la morte di quelli che sposano.
BELLINA - Vi trovo ben impertinente, oggi; e mi piacerebbe sapere che intendete dire con queste parole.
ANGELICA - Io, signora? Che potrei voler dire se non quello che dico?
BELLINA - Indisponente, siete! Insopportabile, addirittura!
ANGELICA - Dite, dite: non servirà. Io sarò saggia a vostro dispetto; e per togliervi da tanto imbarazzo, mi tolgo io dalla vostra vista. (Esce seguita da Tonina).
ARGANTE (ad Angelica che se ne va) - Sentimi bene. Di due, una: o entro quattro giorni sposi il signore o entri in convento. (A Bellina) Non dubitare: le farò ben io mettere giudizio.
BELLINA - Ed ora scusa se debbo andare; sono desolata di lasciarti, tesoro; ma ho una cosa da fare in città che non posso rimandare. Sarò di ritorno presto. Arrivederci, mio tesoro. Arrivederci signori (Esce).
ARGANTE - Va’ pure, amor mio; e passa dal notaio, perché sbrighi la faccenda che sai. Ecco una donna che mi ama, che mi ama al di là d’ogni credere!
DIARROICUS - Ora anche noi, signore, con vostra licenza, ce ne andiamo.
ARGANTE - Di già? Vogliate prima, prego, vedere un po’ come mi trovate di salute.
DIARROICUS (prendendogli il polso) - E tu, Tommaso, senti l’altro; desidero vedere se, di polsi, hai buona pratica. Quid dicis?
TOMMASO - Dico che il polso del signore è quello d’uno che non stà bene.
DIARROICUS - Bravo!
TOMMASO - Che è un polso duretto, per non dire duro.
DIARROICUS - Bravissimo!
TOMMASO - E sinanco un po’ capricante.
DIARROICUS - Optime.
TOMMASO - Ciò che indica una intemperia nel parenchima splenico, vale a dire nella milza.
DIARROICUS - A meraviglia.
ARGANTE - Ammalato, veramente, secondo il dottor La Squacquera, sarebbe il fegato.
DIARROICUS - Eh già! Chi dice parenchima dice fegato e milza, data la stretta simpatia che esiste tra i due organi a causa del vas breve del piloro, e, non di rado, dei meati colidochi. Carne arrostita in abbondanza, vi ordina, non è vero?
ARGANTE - No; solo carne lessa.
DIARROICUS - Eh già! Arrosto o lesso, tutt’uno. Prescrizione saggia: non potreste trovarvi in migliori mani.
ARGANTE - E ditemi, giacché ci siamo: in un uovo, quanti granelli di sale s’hanno a mettere?
DIARROICUS - Sei, otto, dieci: procedendo cioè per numeri pari. Come per numeri dispari, nei medicamenti.
ARGANTE - Grazie e arrivederci, signori. (Escono tra mille salamelecchi Diarroicus e suo figlio).

SCENA 6
BELLINA, ARGANTE, LISETTA.

BELLINA - Rieccomi, tesoro, per informarti, prima d’uscire, d’una cosa e metterti in guardia. Passavo davanti alla camera di Angelica e chi le vedo insieme? Un giovanotto che, appena mi scorge, scappa.
ARGANTE - Un giovinotto in camera di mia figlia!
BELLINA - Proprio così! E, coi due, tua figlia Lisetta, che potrà raccontarti.
ARGANTE - Mandamela, amor mio, mandamela! Esce Bellina. Argante solo) Ah, la spudorata! Capisco, ora, la sua resistenza!
LISETTA - (Entra giocando) Che volete, papà? La matrigna m’ha detto che mi chiamate.
ARGANTE - Sì. Vieni qui. Più vicino. Voltati. Alza gli occhi. Guardami in faccia. Ebbene?
LISETTA - Che cosa, papà?
ARGANTE - Non hai niente da raccontarmi?
LISETTA - Per farvi compagnia? La favola di Pelle d’Asino, posso raccontarvi; o quella del corvo e della volpe, che ho imparato ieri a scuola.
ARGANTE - Ma che favole!
LISETTA - Che cosa, allora?
ARGANTE - Ah piccola ipocrita! Non ti ho forse ordinato di venirmi immediatamente a riferire tutto ciò che vedi?
LISETTA - Sì, papà.
ARGANTE - E l’hai fatto?
LISETTA - Sì, papà. Tutto quello che ho visto, sono sempre venuta a riferirvelo.
ARGANTE - Ah, e oggi non avresti veduto nulla, proprio nulla?
LISETTA - No, papà.
ARGANTE - Sei sicura?
LISETTA - Sicura!
ARGANTE - Ah, allora, è proprio il caso che ti faccia veder io qualcosa! (Va a prendere le verghe)
LISETTA - Ah, papà, papà!
ARGANTE - Bugiardella! Mi tacevi, eh, che in camera di tua sorella hai visto un uomo! Queste qui t’insegneranno a mentire!
LISETTA - (si butta in ginocchio) Ah, papà, perdono! Mia sorella m’aveva proibito di dirvelo; ma ora vi racconterò ogni cosa.
ARGANTE - Intanto, una buona vergata per la menzogna che hai detto. Pel resto, vedremo.
LISETTA - No papà, no, non me le date, papà! Ahi, ahi, che male m’avete fatto! Son ferita, son morta! (si abbandona, fingendo di perdere i sensi).
ARGANTE - Che, che? Che hai? Lisetta, Lisetta! Ah, mio Dio! Lisetta! Che ho fatto mai, sciagurato! Ah, maledette verghe! Ah, la mia povera figliola! La mia povera piccola Lisetta!
LISETTA - Via, via, papà, non piangete così; non sono morta del tutto.
ARGANTE - Cosa ? Più viva di prima, la furbacchiona! Bene, bene, ti perdono per stavolta; ma tu devi raccontarmi tutto per filo e per segno.
LISETTA - Oh, non dubitate, papà!
ARGANTE - Guardati bene però da mentire: il mio dito mignolo sa tutto e me ne avvertirebbe.
LISETTA - Non diteglielo, però, a mia sorella, che le ho fatto la spia.
ARGANTE - Inteso.
LISETTA - (dopo essersi accertata intorno che nessuno la ode) Sì ero in camera sua quando è entrato un uomo.
ARGANTE - Ebbene?
LISETTA - Gli ho chiesto che voleva; e lui m’ha detto ch’era il suo maestro di canto.
ARGANTE - Ah, ah! Ci sono. (A Lisetta) Ebbene?
LISETTA - Poco dopo entra mia sorella. “Andate via”, gli dice, “andate via. Mio Dio! Andate via. Volete compromettermi?”
ARGANTE - Ebbene? E lui che diceva?
LISETTA - Le diceva questo, quello: che l’amava tanto; che bella come lei al mondo non ce n’era.
ARGANTE - E poi?
LISETTA - E poi, le si metteva davanti in ginocchio. E poi, le baciava le mani.
ARGANTE - E poi?
LISETTA - E poi, vede comparire la matrigna ed è scappato.
ARGANTE - Non c’è proprio altro? Nient’altro? Bada che il mio dito mignolo borbotta qualcosa. (Portandoselo all’orecchio) Un momento. Eh? Ah, così? Il mio mignolo mi dice una cosa che hai visto e che mi taci.
LISETTA - Un bugiardo, allora, il vostro dito mignolo.
ARGANTE - Bada a te!
LISETTA - No, non credetegli, papà: mente, vi assicuro.
ARGANTE - Bene, bene: è una cosa che vedremo. Ed ora puoi andare; ma apri bene gli occhi, ché non ti sfugga nulla. (Rimasto solo) Ah, quanti grattacapi! Neanche il tempo di pensare alla propria salute! Davvero, non ne posso più! (Si lascia andare su una poltrona).

BUIO

2° INTERMEZZO

Si riaccende la luce. Valerio e Sophie sono ancora in scena. Dalle quinte entrano Sandro, Regina, Cinzia, Ivana, Tosca con sul braccio il costume per la scena successiva, Roberto, e Maria che si congratulano con Sophie.

TUTTI - Brava, bene... (ecc..a soggetto).
MARIA - Brava Sophie, bravissima !
SANDRO - Valerio, come ti è sembrata ‘sta scena con Sophie ?
VALERIO - Ottima ! Davvero non credevo... devo farle i complimenti: abbiamo anche improvvisato due tre cose, ma l’ha fatto davvero bene ! E’ dotata, non c’è che dire. 
REGINA - Hai visto Ivana ? Tu che eri pessimista ! Sia Maria che Sophie tutto sommato se la sono cavata no ? (Agli altri) Che ne dite voi ?
CINZIA - Brave, bravissime. Brava Sophie, era di un naturale...io L’ho ammirata ! Diglielo anche tu Ivana...
SOPHIE - Grazie...grazie... scusate... (esce emozionata).
IVANA - Va bene, va bene,. Voglio vedere nella prossima scena però, se “chi dico io” se la cava allo stesso modo. Voglio proprio vedere. 
TOSCA - Oh, senti un po’....
ROBERTO - E basta ! Basta Ivana, basta ! La vuoi smettere di dare contro a Tosca ?
IVANA - Oh, ciccio : devi difenderla tu ? Come mai la difendi così ? (Ironica e con malizia) Oh, non dirmi che c’è del tenero tra voi. Tosca è una donna sposata anzi... “felicemente” sposata, giusto Tosca ?
ROBERTO - Ivana, basta con le fesserie, mettitela via, chiaro ?
REGINA - Stop ! Pausa ! Andiamo a prenderci un caffè di là e prepariamoci per la prossima scena, d’accordo ?
CINZIA - Sì, sì, andiamo. Vieni Ivana, vieni... (escono tutti).
TOSCA - (Uscendo con Roberto dall’altro lato) Stronzetta ! Arrogante e stupida stronzetta ! 

SCENA 7
ARIALDA, ARGANTE, TONINA.

ARIALDA - (Entrando, accompagnata da Tonina) Ebbene, fratello, come va? Come state?
ARGANTE - Ah, sorella, come peggio non si potrebbe!
ARIALDA - Come! Male, male?
ARGANTE - Malissimo! Mi sento addosso una debolezza da non credere!
ARIALDA - E io che venivo per proporvi un partito per mia nipote Angelica!
ARGANTE - (balzando da sedere, con impeto) - Quella sciagurata? Non me ne parlare! È una furfante, una impertinente, una spudorata che, non passeranno due giorni, e la farò chiudere in convento!
ARIALDA - Su, su, calma. Ed ora, volete che discorriamo un po’ insieme?
ARGANTE - Un momento, sorella, torno subito.
TONINA - Il bastone, signore; dimenticate che senza bastone non potete camminare.
ARGANTE - È vero (Esce).
TONINA - Signora, vi prego, non trascurate gl’interessi di vostra nipote.
ARIALDA - Farò del mio meglio perché possa avere quel che desidera.
TONINA - Bisogna ad ogni costo mandare a monte questo matrimonio pazzesco, che vostro fratello s’è messo in testa. Tanto, che io ho pensato di combinarne una di mia testa.
ARIALDA - E cioè?
TONINA - Una trovata da farsa, che, s’anche un po’ arrischiata, forse riuscirà. Lasciatemi fare. Voi, assecondatemi... Eccolo (Esce)..

SCENA 8
ARGANTE, ARIALDA.

ARIALDA - Vogliamo, fratello, discorrere pacatamente, rispondendomi, senza scaldarvi, a ciò che vi potrò dire?
ARGANTE - Accettato.
ARIALDA - Bene. Qual è la ragione per cui, parlate di metterla in convento?
ARGANTE - Qual’è la ragione ? La ragione è che è un’impertinente ! L’ho promessa in sposa al figlio del dottor Diarroicus, Tommaso, e lei lo rifiuta ostinatamente. Perciò andrà in convento !
ARIALDA - Non vi sarà caso che vostra moglie vi abbia influenzato in questa decisione ?
ARGANTE - Ecco ! Anche voi come tutti ce l’avete con lei ! So che intendete dire e...
ARIALDA - Per carità ! Come non detto. Vostra moglie è senz’altro una buona anima. Questione chiusa. Allora ditemi : si può sapere per quale motivo vostra figlia volete darla in moglie ad un medico?
ARGANTE - Allo scopo, sorella, di acquistare un genero che faccia per me.
ARIALDA - Ah! Ma il marito che deve prendere, dev’essere per lei o per voi?
ARGANTE - E per lei dev’essere e per me. Nella mia famiglia, intendo far entrare le persone di cui ho bisogno.
ARIALDA - Sicché, per lo stesso motivo, ove Lisetta fosse in età, la dareste ad un farmacista?
ARGANTE - Perché no?
ARIALDA - Ma non guarirete dunque mai di questa vostra infatuazione per medici e farmacisti? E della fissazione di credervi malato a dispetto degli uomini e della natura?
ARGANTE - Che intendete dire, con questo?
ARIALDA - Intendo dire che non vedo nessuno che sia meno ammalato di voi. La prova lampante che state benone e che godete d’una salute di ferro, si è che, con tutte le cure che avete fatto, ancora non siete riuscito a guastarvela; e che ancora non siete crepato di tutti gli intrugli che v’han fatto ingurgitare.
ARGANTE - Ma non sapete, sorella, che è grazie a tutto questo che sono ancora in vita? Non sapete che il dottor La Squacquera dice che soccomberei, s’egli restasse solo tre giorni senza prendersi cura di me?
ARIALDA - Cura di voi, se non state attento, lui se ne prenderà tanta che vi manderà diritto all’altro mondo!
ARGANTE - Ma ragioniamo un po’ : i medici, allora, secondo voi, non saprebbero un bel nulla.
ARIALDA - Proprio così, fratello. San parlare in bel latino, dare in greco il nome a tutte le malattie, descriverle e incasellarle. Ma quanto a guarirle, questo non lo sanno fare davvero. L’unica cosa in cui davvero son bravi, consiste nell’esprimersi in un gergo pomposo e incomprensibile che vuol far passare le parole per ragioni e le promesse per risultati.
ARGANTE - Ma, insomma.... Allora secondo voi che si deve fare quando si è ammalati ?
ARIALDA - Niente, fratello.
ARGANTE - Niente?
ARIALDA - Niente. Stare in riposo: solo questo. Quando la si lasci fare, la natura si cava da sé, a poco a poco, dal disordine in cui è caduta. Sono più quelli che muoiono in conseguenza delle medicine che prendono, che quelli che muoiono di malattia.

SCENA 9
ARGANTE, ARIALDA, LA SQUACQUERA, che reca un serviziale., TONINA

TONINA - (Introducendo La Squacquera) Signore, c’è qui il dottor La Squacquera.
ARGANTE - Ah, già! Con il vostro permesso, sorella.
ARIALDA - Che? Che v’alzate a fare?
ARGANTE - Una piccola lavanda: questione d’un momento.
ARIALDA - Scherzate? Possibile che non possiate stare un momento senza prendere clisteri o medicine? Rimandate a dopo, càspita! Concedetevi un po’ di tregua!
ARGANTE - Signor La Squacquera, non si potrebbe rimandare a stasera o domattina ?
LA SQUACQUERA - Come osate opporvi alle prescrizioni mediche? Vengo e, appena entrato, vedo che in questa casa ci si infischia delle mie prescrizioni e che ci si rifiuta di assumere il rimedio da me ordinato. 
TONINA - Una cosa, davvero, che grida vendetta!
LA SQUACQUERA - Un enteroclisma che m’ero compiaciuto d’apprestare di mia mano!
TONINA - Imperdonabile!
LA SQUACQUERA - Respingerlo, un simile toccasana, con sprezzo!
ARGANTE - (indicando Arialda) E’ stata lei che...
LA SQUACQUERA - È un attentato enorme alla Medicina!
TONINA - Che scandalo !....
ARGANTE - (indicando Arialda) E’ stata lei la causa...
LA SQUACQUERA - Un crimine di lesa Facoltà, per il quale non v’ha punizione adeguata!
TONINA - Vangelo!
LA SQUACQUERA - Per cui vi dichiaro, signor bello, che da questo istante rompo con voi ogni rapporto ; che non intendo più contrar con voi parentela.
TONINA - Ah, ottima pensata!
LA SQUACQUERA - E, a definitiva ratifica di quanto dico, ecco qui la donazione che destinavo a mio nipote in occasione del suo matrimonio (Strappa la pergamena della donazione).
ARGANTE - È colpa di mia sorella!
LA SQUACQUERA - Sprezzare il mio clistere!
ARGANTE - Datemelo ora : lo prendo all’istante.
LA SQUACQUERA - Già m’accingevo a nettarvi il corpo d’ogni impurità; ad evacuarlo completamente dei malsani umori.
TONINA - Non se lo merita.
ARGANTE - Ah, sorella mia!
LA SQUACQUERA - Ma poiché guarire per opera mia non avete voluto...
ARGANTE - La colpa non è mia!
LA SQUACQUERA - Poiché all’obbedienza che al proprio medico è dovuta, vi siete sottratto...
ARGANTE - Io? Neppur per sogno!
LA SQUACQUERA - Vi abbandono alla vostra cattiva costituzione, alla intemperia delle vostre viscere, alla corruzione del vostro sangue, all’acredine della vostra bile e alla feculenza dei vostri umori.
TONINA - Ben fatto.
ARGANTE - Mio Dio!
LA SQUACQUERA - E questo farà sì che, in meno di quattro giorni, voi diverrete un ammalato incurabile !
ARGANTE - Ah, pietà di me!
LA SQUACQUERA - Cadrete in bradipepsia.
ARGANTE - Signor La Squacquera!
LA SQUACQUERA - Dalla bradipepsia nella dispepsia.
ARGANTE - Signor La Squacquera!
LA SQUACQUERA - Dalla dispepsia nella dissenteria.
ARGANTE - Signor La Squacquera!
LA SQUACQUERA - Dalla dissenteria nella idropisia.
ARGANTE - Signor La Squacquera!
LA SQUACQUERA - E dall’idropisia nella cessazione della vita, cui vi avrà condotto la vostra insensatezza. (Esce).

SCENA 10
ARGANTE, ARIALDA, TONINA

ARGANTE - Ah, Dio mio son morto. Sorella, opera vostra.
ARIALDA - Che dite?
ARGANTE - Avete sentito quali spaventose malattie mi verranno?
ARIALDA - Oh, credulone che siete!
ARGANTE - Quattro giorni! E per me non ci sarà più scampo, ha detto.
ARIALDA - Ha detto! Come se dicendo si cambiasse qualcosa a quel che è.. Ecco anzi un’occasione per sbarazzarvi dei medici; e, se proprio di non potete farne a meno, di trovarne un altro, col quale corriate meno rischi.
ARGANTE - Ma lui conosce a fondo il mio fisico; sa di che cure, di che medicamenti ho bisogno.
ARIALDA - Siete un fissato, fratello, debbo dirvelo: un fissato; e vedete tutto con dei curiosi paraocchi!Ora, visto che col vostro La Squacquera è andato tutto in fumo, vi spiacerebbe vi parlassi di quest’altro partito che si presenta per mia nipote?
ARGANTE - Inutile, sorella: si è opposta alla mia volontà e intendo metterla in convento. Tanto più che subodoro, nella faccenda, un amoretto. Ho ho scoperto che oggi ha avuto in segreto un certo colloquio.
ARIALDA - E con ciò? S’anche avesse un debole per qualcuno, sarebbe un delitto? Che male ci vedete, visto che Angelica non fa nulla di disonesto e che tutto va a finire in un matrimonio? A me pare che vi prema accontentare qualcuno.
ARGANTE - So chi volete dire. Ce l’avete anche voi con mia moglie !
ARIALDA - Ebbene, sì, sono franca: è di vostra moglie che parlo. 
TONINA - Ah, piano, signore! Non parlate così della mia padrona! È una donna sul cui conto non c'è nulla da dire; una donna incapace di fingere e che ama il marito, che lo ama... quanto, è impossibile dire.
ARGANTE - Ditegli un po’ come mi coccola!
TONINA - Come un bambinello!
ARGANTE - Le ansie che la mia malattia le danno... Di che attenzioni mi circonda! Come si sacrifica per me!
TONINA - Ansie? Dite poco! (A Arialda) Volete una prova? Volete toccare con mano quanto la mia padrona ama suo marito? (Ad Argante) Stateci, padrone: lasciate ch’io faccia vedere al signore a che punto si sbaglia, che gli apra gli occhi.
ARGANTE - In che modo?
TONINA - La sua signora sta per tornare. Coricatevi lungo disteso su questa poltrona e fingetevi morto. Vedrete, signora Arialda, come resterà la mia padrona alla ferale notizia!
ARGANTE - Perché no? Io ci sto.
TONINA - Sì; ma che la finzione duri poco. Potrebbe morire, la poveretta, dal dolore!
ARGANTE - Per questo, ci penso io.
TONINA - (a Arialda) E voi nascondetevi dietro il paravento. (Arialda va dietro il paravento).
ARGANTE - Ma, simulandola, non me l’attirerò la morte?
TONINA - Ma che storie! Mettetevi qui ben disteso. (All’orecchio di Argante) Vedrete con che naso rimarrà vostra sorella! già lo pregusto. Ssst: eccola! Fate bene la vostra parte.

SCENA 11
BELLINA, ARGANTE (finto morto), TONINA.

TONINA - (Come se non si fosse accorta di Bellina) Oh mio Dio! Che sciagura! Ma chi se l’aspettava?
BELLINA - Che c’è, Tonina? Di che ti disperi?
TONINA - È morto vostro marito!
BELLINA - E morto mio marito?
TONINA - Ahimè, sì! È trapassato, il poveretto!
BELLINA - Ma davvero?
TONINA - Purtroppo! Nessuno ancora lo sa; è capitato ch’ero sola in casa. Da un momento all’altro! M’è spirato improvvisamente tra le braccia! Eccolo lì, guardate, sulla poltrona!
BELLINA - Dio sia lodato! Finalmente ! Era ora. Come sei sciocca tu, a disperarti per tanto poco!
TONINA - Credevo, signora, che in casi così fosse doveroso piangere.
BELLINA - Vai, vai: non ne val proprio la pena. Che si perde con la sua morte? Di che utilità era da vivo? Un uomo come lui, antipatico a tutti, con sempre in corpo un medicamento o un lavativo; sempre dietro a soffiarsi il naso, a tossire, a sputare; senza spirito, noioso, perennemente di malumore; che aveva notte e giorno bisogno di tutti e tutti ripagava di prediche e di urlacci!
TONINA - Amen ! L’elogio funebre l’ha avuto!
BELLINA - Tu ora, piuttosto, dammi una mano. Visto che per buona fortuna nessuno ancora sa niente, portiamolo sul suo letto; e dell’accaduto non fiatiamo, finché quel che ho in mente non è fatto. Ci son carte, c’è danaro che devo mettere al sicuro. Vieni: le chiavi! Tutte le chiavi, anzitutto!
ARGANTE - (tirandosi su) Un momento!
BELLINA - Ooh!
ARGANTE - Ah, era dunque questo il bene che mi volevi?
TONINA - Ma guarda ! Il defunto non è morto!
ARGANTE - (a Bellina che esce dalla stanza) E’ così che mi amavi ? Bella orazione che hai recitato sulla mia salma! Ecco una scoperta che mi ha aperto gli occhi e mi impedirà di fare per te quel che stavo per fare.
ARIALDA - (ricomparendo) Ecco dunque, fratello: siete persuaso, ora?
TONINA - Parola! Io mai avrei creduto! Ma... ssst: sua figlia! Su, su, facciamo la prova anche con lei, giacché ci siamo! Rimettetevi com’eravate, padrone! Non è mai male sapere che hanno in cuore quei che ci stan vicino! (Arialda rientra nel nascondiglio)
TONINA - (come ignorando la presenza di Angelica) O povera me! Che disgrazia! Chi si sarebbe mai aspettato?
ANGELICA - Che hai, Tonina? Piangi? Perché?
TONINA - Oh, voi! Ah, padroncina, una ben brutta notizia!
ANGELICA - Che cosa? Parla!
TONINA - Vostro padre è morto!
ANGELICA - Morto? Mio padre?
TONINA - Ahimè, sì. Guardatelo lì. Da un momento all’altro! Il cuore, dev’essergli mancato!
ANGELICA - Oh Cielo! Che sventura! Che perdita crudele! Ahimè! La sola persona cara ! Proprio oggi che lo avevo contrariato! Che sarà di me?

SCENA 12
ARGANTE, ANGELICA, CLEANTE, ARIALDA, TONINA.

CLEANTE - Che c’è, Angelica? Che c’è? Piangete! Perché? Qualche disgrazia? (Tonina gli indica il morto).
ANGELICA - (che dal padre non ha distolto gli occhi) Ahimè! Piango perché ho perduto quel che avevo di più caro al mondo!
CLEANTE - Oh Cielo! Che destino! Così, tutto ad un tratto? Ahimè! Ed io che proprio ora, nella speranza che vostra zia lo avesse indotto a migliori consigli, venivo a supplicarlo di concedervi a me!
ANGELICA - Oh, non parliamo di nozze, Cleante, vi prego! Il solo ricordo d’averci pensato mi riempie di rimorsi.. Perdono, perdono, padre mio, d’essermi mostrata disobbediente! (Buttandosi in ginocchio presso il morto) Per riparare come posso al male fatto, padre mio, in segno di ravvedimento, andrò in convento come voi volevate... (singhiozzando, apre le braccia per abbracciare il morto)
ARGANTE - (rispondendo all’abbraccio) Ah figlia mia! (Al ritrarsi di Angelica) Oh non prenderti paura! Vedi che solo per finta ero morto. Qui, qui, fra le mie braccia! Tu sì, sei davvero il mio sangue, la mia vera figlia. Che bene mi fa al cuore averlo toccato con mano!
ANGELICA - Ah, di questi tiri, babbo, a vostra figlia! (lo abbraccia. Poi si stacca). Ebbene, allora, dal momento che come per miracolo siete resuscitato, consentitemi una preghiera : non costringetemi a sposare un altro. Il mio cuore ha scelto Cleante. Accettatelo come genero e vi sarò sempre grata e obbediente.
CLEANTE - (gettandosi ai piedi di Argante) Vi prego, cedete, signore, alla supplica di vostra figlia; alla quale unisco la mia: esaudite i voti ardenti di due cuori!
ARIALDA - E resistereste ancora, fratello?
TONINA - Un amore che intenerirebbe le pietre!
ARGANTE - Che si faccia medico ed io acconsento al matrimonio. (A Cleante) Sì: fatevi medico e vi do mia figlia.
CLEANTE - Con gran piacere, signore. Se non occorre che questo, mi farò medico e magari anche farmacista. Non è cosa che mi spaventi: farei ben altro per ottenere la mano di Angelica.
ARIALDA - Ma... ho un’idea! Perché, fratello, non vi fate medico voi? Avere in noi stessi tutto ciò che ci occorre, che volete di più comodo?
TONINA - È vero! Ecco la strada per acquistare in breve la salute. Come può la malattia resistere ad un medico?
ARGANTE - Mi pare, sorella, che vi prendiate gioco di me. Sono forse uno sbarbatello per mettermi ora a studiare?
ARIALDA - Ma che studiare! Ne sapete anche troppo, voi, di medicina. Quanti medici ne san meno di voi!
ARGANTE - Ma occorre parlar latino, distinguere le malattie e conoscere per ciascuna il rimedio da prescrivere!
ARIALDA - Son tutte cose, codeste, che, all’atto di ricevere la toga e il berrettino, entreranno in testa da sé. Vi troverete anzi più dotto di quanto non avreste voluto.
ARGANTE - Davvero? Una volta dentro quell’abito, si è in grado di dissertare sulle malattie?
ARIALDA - Certo! Non lo sapevate? Basta che uno sia vestito in quel modo perché, in bocca sua, qualunque sproloquio diventi scienza e qualunque stupidità, dimostrazione.
TONINA - Senza contare che, se vi fate crescere la barba, voi, padrone, siete già a cavallo. Per buona metà è la barba che fa il medico.
CLEANTE - Ciò non vuol dire ch’io non sia dispostissimo.
ARIALDA - La cosa si può fare, se volete, in quattro e quattr’otto.
ARGANTE - Come, in quattro e quattr’otto?
ARIALDA - Sì; senza che nemmeno vi muoviate di casa!
ARGANTE - Qui? In casa?
ARIALDA - Niente di più facile. Conosco una Facoltà, dove gli esaminatori son tutti amici miei. Li convoco qui e in un quarto d’ora tutto è fatto, senza che dobbiate cacciare un quattrino.
ARGANTE - Ma io che dico? Che rispondo alle domande?
ARIALDA - Oh, le risposte ve le danno per iscritto. Allora, si fa? Quello ch’è indispensabile, è che vi cambiate; non potete presentarvi alla commissione in quella tenuta lì.
ARGANTE - E sia! Vediamo anche questa! (Va a cambiarsi)
CLEANTE - Non capisco. Che sarebbe, signore, questa Facoltà tutta di amici vostri?
TONINA - Sì, che state mai combinando?
ARIALDA - Oh, uno scherzetto, per spassarcela un po’: non siamo in carnevale? Ci si traveste tutti in commissione d’esame, dove un candidato riceve la laurea di medico. Ci godremo insieme lo spettacolo e mio fratello farà da esaminando.
ANGELICA - Ma, zia, non vi prendete un po’ troppo gioco di mio padre, a questo modo?
ARIALDA - Mi prendo gioco? Lo accontento! Che è ben diverso. E poi è una cosa in famiglia; nessuno ha da risaperla. Ci assumiamo ciascuno una parte; per cui, il ridicolo, se mai, tocca a tutti. Su, su, ché c’è ogni cosa da preparare.
CLEANTE - (ad Angelica) Ci state, voi?
ANGELICA - Perché no? Dal momento che è mia zia che dirige...

EPILOGO

La stanza viene trasformata in aula d’esami con la commissione esaminatrice, travestita da dottori, farmacisti, porta-serviziali, ecc. Ognuno prende il posto che gli compete. 

IL PRESIDE (ARIALDA) - Sapientissimi doctores,
Medicinae professores,
Qui hic riuniti estis;
Et Vos mei Signores,
Sententiarum Facultatis
Fideles executores; 
Per questum nunc convocati estis :
Qui est hic sapienti homine.
Que vobis consigno 
Et a fundo interrogandum 
Vostri capacitatibus.

1°ESAMINATORE (CLEANTE) - Cum permissione domini Praesidis
Doctissimae Facultatis et companiae presenti,
Domandabo tibi, docte Baccelliere :
causam et rationinem quare
Opium facit dormire !

ARGANTE - Mihi docto doctore
Domandatur causam et rationem 
quae Opiun facit dormire. 
A questo respondeo :
Quia est in eo virtus dormitiva
cujus est natura sensus assopire.

LA COMMISSIONE - Bene, bene, bene respondere
Dignus, dignus est entrare
In nostro docto corpore !

2° ESAMINATORE (TOMMASO) - Cum permissione domini Praesidis
Doctissimae Facultatis et companiae presenti,
Domandabo tibi, docte Baccelliere :
Quae sunt remedia
quae in maladia
Dicta Hydropisia
Convenit facere?

ARGANTE - Clysterium dare, postea salassare, inde, purgare.

LA COMMISSIONE - Bene, bene, bene respondere
Dignus, dignus est entrare
In nostro docto corpore !

3° ESAMINATORE (DIARROICUS) - Si bonum semblatur Domini Praesidi
Doctissima Facultatis
Et companiae presenti 
Domandabo tibi, docte baccelliere :
Quae remedia eticis
Pulmonicis, asmaticis
er cancarus judicat 
ad propositum facere ?

ARGANTE - Clysterium dare, postea salassare, inde, purgare.

LA COMMISSIONE - Bene, bene, bene respondere
Dignus, dignus est entrare
In nostro docto corpore !

I°ESAMINATORE (CLEANTE) - Super illas malattias
Doctus Baccellierus dixit maraviglias
Ma si hoc non disturbat Domine Praesidem
Doctissima facultatem
Et totam honorabilem
Companiam ascoltantem,
Faciam illi unam quaestionem :
Si unum malatus habet
grandem febbre cavallorum, 
grandem dolores capitis
et grande malum in costatum, 
cum grande difficultate 
et pena di respirare,
Veillas mihi dire, Docte Baccelliere,
Quid illi facere ?

ARGANTE - Clysterium dare, postea salassare, inde, purgare.

LA COMMISSIONE - Bene, bene, bene respondere
Dignus, dignus est entrare
In nostro docto corpore !

SECONDO ESAMINATORE (TOMMASO) - Ma si malattia testarda est
Et nun vult guarire
Quid illi facere ?

ARGANTE - Clysterium ri-dare, postea ri-salassare, inde, ri-purgare.

LA COMMISSIONE - Bene, bene, bene respondere
Dignus, dignus est entrare
In nostro docto corpore !

PRESIDE - Juras observare statuta
Per Facultatem praescripta 
cum sensus et judicio ?

ARGANTE - Juro!

PRESIDE - De mai prestare opera aucuna
Si non pro pecunia et mai 
Praescrivere medicamenta quid non sia
De nostra farmacia, etsi malatus
dovesse crepare et mori de suo malo ?

ARGANTE - Juro!

PRESIDE - Ego, cum ista berretta
Venerabili et docta
Dono tibi et concedo 
facultatis et potestas,
salassandi et purgandi;
Perforandi et incidendi ;
Trapanandi cranii et occidendi
Impunemente in totam terram !

ARGANTE NEO-DOTTORE - Gratias ago, gratias ago! Farvi omaggio, Vostri meriti elencare Chi potrebbe? Ché sarebbe Voler dare Fiori a maggio, Raggi al sole, Onde al mare! Quod cum facere non possim, Gratias ago, gratias ago! 

TUTTI (in coro) - Vivat vivat novus doctor 
Che s’esprime in sì bel modo! 
Mangi, beva, purghi e scanni, 
che s’ingrassi per cent’anni! 


SIPARIO