Questa è casa mia

Questa è casa mia
DOLOR HIC TIBI PRODERIT OLIM

di Alessandro Blasioli

© 2016. Tutti i diritti sono riservati

 

 

Prologo
La solenne processione del Venerdì Santo di Chieti

 

Scrutando la folla, attendendo, in religioso silenzio.
In lontananza, una nenia in latino.

Crepuscolo. È tempo.
Come vittima d’un sortilegio arcano e misterioso, oggi la città cessa di vivere, precisamente al calar delle tenebre: le luci si affievoliscono, cessa persino il vociare della gente, tanta gente, tutta riversa per strada, una marea infinita di pensieri, parole, opere e omissioni che improvvisamente, semplicemente, si cristallizza in attesa. Dal portone principale della Cattedrale, un fruscio di passi incrina il silenzio.
Il gonfalone nero dell’Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti si manifesta davanti alla piazza gremita; una schiera di uomini silenti in tunica e cappuccio nero scende la scalinata solennemente e, dietro di loro, un gigantesco stendardo triangolare nero – largo tre metri ed alto due – apre ufficialmente la solenne processione del Venerdì Santo di Chieti, città abruzzese di 53.000 abitanti; secondo alcuni, questa è la più antica processione del Venerdì Santo d’Italia, risalente all’Anno Domini 842.
Gli incappucciati dell’Arciconfraternita scortano e trasportano i pesanti Trofei della Passione, le statue lignee del 1855: l’angelo alato con il calice del sangue di Cristo; le lance dei soldati romani con le 30 monete d’argento; gli strumenti della flagellazione ed il gallo e poi…

Luce.

ROLANDO ~ La schcale!
MARCO ~ Shhhhhh, nonno!
ROLANDO ~ Esslè nonnò, quess jiè quelle c’hanne usate pe’ la crucfissione, li vid’? C’ schtà l’ashte ch’hanne usate pe’ sbuçiàrle, lu martelle, li chiode e pure la spugne mbusse d’acete!
MARCO ~ Sì nonno, lo so, ricordi? Me l’hai detto pure l’anno scors…
ROLANDO ~ … Esslè nonnò sé, lu sasse, il trono, nghe la curone d’ spine e li dade! ah, ssu mmaledette joche, quanda male fa, tu nnè le fa maje…
MARCO ~ Nonno, non gioco d’azzardo, non mi date nemmeno la paghet…
ROLANDO ~ Guardamocomarrivalacroce!!! Guarde quand’è bella grosse, tutte de legne, nghe la serp atturucijate llà nfonne – ca rappresende lu ddiavle – e lu teshchie d’Adame, ca rappresende lu peccature, ca dapù Gisù Crischte l’ha fatte aridime…
MARCO ~ A no, avashte, è sembre la schtess prucessione! Ooooh!

Marco Fasoli, 17 anni, capelli corvini, occhi color nocciola, un ragazzino alto per la sua età, viso smunto ma vivace; nel suo lungo cappotto nero, assiste alla processione in compagnia di Rolando Fasoli, suo nonno, 75 anni per 1 metro e 65 d’altezza, capelli bianchi a spazzola che contrastano con la sua carnagione olivastra. Rolando è un cantante lirico in pensione che nonostante i settant’anni suonati è ancora in grado di tuonare in direzione del suo unico nipotino – ogni sacrosanto anno – le stesse identiche storie sulla città e sulla sua processione, immutata da secoli. Quest’anno, però, è un anno diverso da tutti gli altri: per la sicurezza della popolazione teatina, la solenne processione ha infatti deviato il suo millenario percorso a croce latina all’interno del centro storico: le strette viuzze fatte di saliscendi sono state chiuse su ordinanza del sindaco, e il corteo funebre è stato costretto a passare per la Civitella, il punto più alto ed antico di Chieti, che si affaccia su una vallata appena illuminata dalle fioche luci tremolanti dei paesi vicini. Sul finire della processione, dietro il Cristo Morto e la Madonna Addolorata, 150 musici e i 150 cantori si avvicinano con il loro abito nero, papillon e guanti di seta nera, cappello circolare di velluto nero e la spilla dorata, lo stemma, illuminato dai tripodi di bronzo che delimitano la strada.
La processione arresta la sua marcia proprio lì, sulla Civitella; i musici ed i cantori si rivolgono verso la vallata fiocamente illuminata. Tutto si fa ancora più silenzioso, in attesa del canto.

Le luci si affievoliscono e risuona il Miserere del compositore settecentesco, nativo di Chieti, Saverio Selecchy.

ROLANDO ~ (cantando durante il dialogo) Miii!
MARCO ~ Oddio nonno!
ROLANDO ~ Quand’jè belle lu Mserer nonnò! Quess l’ha cumboschte meeeeeei Selecchy! j’ere lu millessetticendetrende, e mo jè cchiù de trecende anne ca vè sunate a la prucssione noschtre e pure dell’itre città abbruzzise! Sinde, sinde li bbasse quanda so bbell!!! Secundum

La mano sinistra di Marco, stretta improvvisamente in una morsa, rivela l’emozione e la sorpresa di Paolo, suo amico: lui no, non sa che il Miserere di Chieti è lo stesso Miserere cantato nella sua città, L’Aquila.
E rimane così, per tutte e tre le volte che il canto viene intonato in direzione della città smembrata dalla furia della terra. Oggi è il 10 aprile 2009, ed appena quattro giorni fa, alle 3:32 di notte, l’Abruzzo intero è riverso per strada, svegliato da un terremoto distruttivo. La vallata, stanotte, riecheggia del lamento comune alle due città: «Miserere, mei Deus»… Abbi pietà di me, mio Dio.

 

 

1
Hotel Provence

 

Al rialzarsi delle luci, si sentono scrosci d’onde marine.

Paolo e Marco sono amici da quando erano piccoli così. Stessi capelli corvini, stessi occhi color nocciola… Per questo, spesso la gente li scambia per fratelli, ma a loro piace perché sono felici assieme e non c’è giorno d’estate che passi per uno senza la compagnia dell’altro a Silvi Marina: la città della costa abruzzese dove passano ogni anno le vacanze. Tra le numerosissime attività ricreative che Silvi offre loro ci sono i “tuffiammare”, le passeggiate fino alla torre di Cerrano, il falò di ferragosto, i bagni di mezzanotte, la “pizzonta”: letteralmente “pizza unta”. È l’impasto della pizza però fritta, solo che non è pasta fritta, è proprio olio solido ricoperto di un pesante strato di bisunto che hai le mani sporche per giorni, fritte nell’olio di Palma… Non quello che intendiamo oggi; dico l’olio della signora Palma, proprietaria dello stabilimento balneare Le Hawaii… avevano speso fior di quattrini per il consulente d’immagine! Una cosa però è certa: lo stabilimento Le Hawaii della signora Palma, di hawaiano non ha nulla. Ci sono campi da calcio, calcio-tennis, calciobalilla, beach volley… Ecco, questo a loro bastava; Paolo e Marco passavano le loro estati così, ogni estate, per tutta l’estate… a parte quest’estate del 2009.
Paolo Solfanelli, 18 anni, stessi capelli corvini, stessi occhi color nocciola, ma più piccolo di statura rispetto a Marco, viso squadrato e solare, aquilano… perlomeno, lo era. Lui adesso è “’nu silvarole”… un silvarolo, un abitante di Silvi, ed è strano per “un montanaro” divenire improvvisamente “uomo di mare”: Paolo percepisce questa “scomodità” negli occhi di Rocco e Piera, i suoi genitori, nel silenzio che c’è a tavola…
Rocco, 50 anni, è un uomo ancorato al passato, architetto. Porta gli occhiali, e non potrebbe farne a meno… è a tavola in questo momento, ma è altrove: ancora non si capacita di quel che è successo. Il terremoto è arrivato, così, all’improvviso… Be’, non proprio all’improvviso, erano ben quattro mesi che la terra tremava: la prima scossa, nel dicembre 2008: una scossa lieve, leggera, insignificante, normale in una zona come quella aquilana di fascia 1, quella col più alto rischio sismico.
Piera, 50 anni anche lei, è una bella signora con degli intensi occhi verdi e capelli ricci; anche lei in questo momento è a tavola, ma è altrove… sorride, sorride perché i dottori le hanno prescritto delle gocce che sono proprio una cosa che… oh… i pensieri fiuuuuuu, via, e sorridi… Come tanti altri, nel giro di pochi giorni il consumo di psicofarmaci è salito dell’800%… Oh, ma che importa!!! Dopotutto, loro hanno avuto la fortuna di essere caricati a forza su un bus e trasferiti a più di 200 chilometri di distanza, ospiti presso una delle numerose strutture alberghiere della costa abruzzese convenzionate con la Protezione Civile!
Pertanto, quest’anno le vacanze iniziano in anticipo nientepopodimeno che all’Hotel Provence… Silvi Marina; la scritta bianca dell’hotel, incastonata nella siepe perimetrale, in cima all’edificio e posta verticalmente sulla facciata principale, troneggia imperiosa con le sue 4 stelle. Un edificio enorme, alto 10 piani, bianco e con i balconcini colorati d’azzurro che s’affacciano sul mare… un sogno!
Nella hall dell’albergo, una gigantesca stanza rettangolare vuota, ci sono ancora degli oggetti indefiniti imballati nel cellophane, tra cui un grande pianoforte nero a coda; in fila, più di trenta famiglie aquilane attendono di essere… smistate nelle rispettive camere. Non si parla, non si hanno parole. Sono tutti lì, in gran parte con i vestiti ancora imbiancati dalla polvere dei calcinacci.
Finalmente è il turno della famiglia di Paolo; la fortuna è decisamente dalla loro: 10° piano, tripla, vista mare! Prese le chiavi di quella che sarà praticamente la loro nuova casa, Paolo fugge via per le scale e sale a due a due i dieci piani dell’hotel! 1008, 1010… 1012! Wow! La stanza non è grandissima: a destra dell’ingresso, il bagno: dopo un piccolo corridoio, il letto matrimoniale ed il letto singolo, poggiati sulla parete di destra; a sinistra, una piccola scrivania con Tv e telefono; in fondo, pesanti tende damascate e dietro…

S’intensifica lo scroscio d’onde.

PAOLO ~ Se non altro, quest’anno le vacanze iniziano in anticipo.

 

 

2
Selezione arbitraria e casuale

 

È una mattina soleggiata dei primi di maggio e Paolo è con Piera e Rocco alla volta de L’Aquila nella loro Ford Mondeo nera del 1998, una station wagon con 150.000 chilometri percorsi alle spalle. Dietro di loro una candida scia di polvere, che disegna tante volute nell’aria e che lascia sbigottiti gli automobilisti che li osservano dalla corsia opposta; Rocco capisce il perché dei loro sguardi: sei terremotato solo quando gli altri si accorgono di non esserlo.
Ma non fa nulla, via, bisogna andare, e i viaggi continuano, mai così tanti, per quella vecchia Ford, che accompagnava i Solfanelli praticamente da sempre, in ogni dove; da qualche tempo a questa parte, però, la strada battuta dall’enorme station wagon è sempre la stessa: Silvi - L’Aquila, L’Aquila - Silvi, Silvi - L’Aquila, L’Aquila - Silvi, Silvi - L’Aquila, L’Aquila - Silvi… … Eeebbasta!
Rocco è stremato, e il suo vecchio bolide pare essere d’accordo con lui: ormai la sua vita è tutta sulla A24, in un continuo viaggio verso L’Aquila e verso la sua casa, per cercare di salvare il salvabile dalle intemperie e dagli sciacalli; la struttura è stata classificata, a una prima valutazione, “B”: edificio temporaneamente inagibile; praticamente c’è solo qualche crepa sul muro, ma… loro… loro… non vogliono avere altri morti sulla coscienza.
Come fa a sapere Rocco cosa significhi quella lettera, la B? Glielo ha spiegato, in uno di quei tanti giorni da lui passati come… “turista contemplatore” della propria città, l’ingegner Struzi: un uomo bassoccio, mingherlino, miope, coi denti sporgenti e con qualche problema di pronuncia.

STRUZI ~ Vede, signov Solfanelli, la “Classificazione di agibilità”, vedatta vecentemente suddivide gli edifici aquilani in sei categovie: dalla A alla F. Adesso la delucidevò al viguavdo.
ROCCO ~ Eh?
STRUZI ~ Delucidevò al viguavdo.
ROCCO ~ Ah.
STRUZI ~ Allova… letteva A: edificio agibile. Letteva B: edificio tempovaneamente inagibile – tutto o in pavte – ma agibile con pvovvedimenti di pvonto intevvento.
ROCCO ~ Eh?
STRUZI ~ Pvovvedimenti di pvonto intevvento.
ROCCO ~ Ah.
STRUZI ~ Letteva C: edificio pavzialmente inagibile. Poi c’è la D: edificio tempovaneamente inagibile…
ROCCO ~ Ma non è la stessa dicitura di quello di prima?
STRUZI ~ Ebbvavo Solfanelli, ma qui è divevso, qui bisogna vivedeve con appvofondimento, poiché il giudizio di agibilità da pavte del vilevatove…
ROCCO ~ Eh?
STRUZI ~ Ho detto, il giudizio da pavte del vilevatove…
ROCCO ~ Non capisco!
STRUZI ~ RilevatoRe!! Solfanelli, RilevatoRe!! Ossia me!! Non mi faccia aRRabbiaRe Ribadendomi Ripetutamente in questo beceRo modo il fatto che Lei non aRRivi a RiconosceRe il mio Reale e seRio pRoblema di Rotacismo, gRazie!! … Vipvendiamo… (Dopo che l’interlocutore è rimasto basito) Evavamo alla E: edificio inagibile pev vischio stvuttuvale; non stvuttuvale o geotecnico, si fa pvima ad abbattevlo. E pev finive, F o “Fvegatuva” come lo chiamiamo noi addetti: edificio inagibile pev gvave vischio estevno. Ma lei non deve pveoccupavsi, Signov Solfanelli, lei è B! E allova… Buona fovtuna!

Per fortuna l’incontro con l’ingegner Struzi volge al termine, così come la giornata e Rocco, al pensiero di un vero letto e di una bella dormita, sorride.

ROCCO ~ (non riuscendo ad aprire la porta) Paolo?… Paolo?… Pa…

Un uomo enorme sulla cinquantina, brizzolato, occhi nero pece, vestito completamente di bianco e con un orrido gusto nella scelta dei mocassini: arancio evidenziatore.

UOMO ~ Qui est-ce que vous cherchez?
ROCCO ~ Ma… Scusi, chi è lei, e dov’è mio figlio?… who set vu? Questa è la mia camera…
UOMO ~ Ahahah! Votre chambre? Non, c’est la notre de chambre. On a réservé… la réception nous a donné la clef.
ROCCO ~ … Ah.
UOMO ~ Ah! vous etes de L’Aquila… On a vu à la telè ce qui s’est passé… je suis désolé… maintenent, je doix aller… (Sbatte la porta violentemente)

Dopo un attimo di smarrimento, Rocco scende a due a due i dieci piani dell’hotel, fino ad arrivare alla reception:

ROCCO ~ Dov’è mio figlio, dov’è mia moglie, dove la mia roba, cosa diavolo succede qui?
RECEPTIONIST ~ Signor…?
ROCCO ~ Solfanelli, Rocco.
RECEPTIONIST ~ Un attimo solo… Signor Solfanelli, abbiamo provveduto a spostare la Vostra roba al 7° piano, stanza 765, poiché tutto il 10° era stato da tempo prenotato da una comitiva di famiglie francesi; sa, siamo entrati in piena stagione balneare e non possiamo rischiare di perdere le prenotazioni, altrimenti chiuderemmo! Ma non faccia quella faccia, signor Solfanelli: lei almeno ha ancora la fortuna di essere qui dentro. Sì, fortuna, perché vede, stamane abbiamo, in maniera del tutto arbitraria e casuale, bussato alle camere del 10° piano: gli aquilani che in quel momento erano in stanza sono stati invitati a lasciare la struttura ed andare altrove… Per qualsiasi cosa, restiamo comunque a vostra completa disposizione!

 

 

3
Il mare come non s’era mai visto prima

 

Ancora il suono d’onde marine, seguito da una musica abruzzese su cui ballare vivacemente.

29 maggio 2009, due mesi dopo il terremoto.
Le note di Zi Nicola risuonano in lontananza dalla piazza antistante l’hotel. Li Salamun di Sansòn, reduci da una tournée regionale, suonano come non ci fosse un domani ad una folla scalpitante di donne, le più esperte, autoctone, insomma le nonne, che ballano su quelle canzoni: «Ca tande m fann arcurdà la ggiuventù!».
È la festa di San Leone, il patrono di Silvi, e come in ogni paese e città abruzzese che si rispetti, lu sande jiè sacre!! e bisogna feschteggiarle comformasideve!
Paolo, seduto nel giardino dell’hotel, è sull’orlo di una crisi di nervi: sono due ore che Li Salamun di Sansòn suonano ininterrottamente e se c’è una cosa che non ha mai digerito sono proprio le canzoni dialettali abruzzesi! Non le sopporta: le trova o volgari, o stupide o volgari e stupide, ma soprattutto le trova ovunque!
(Arricchendo l’esposizione col canto dei diversi motivi a seguire) Ovunque vai in Abruzzo, ci sarà sempre qualche gruppo folkloristico che suona Roppoppò; vai alla sagra e ci sta ’Nduccio con Sott’a la capanne quanda ne so fatte; vai alle giostre e le casse ti sparano la musica abruzzese versione dance: «Quand’è bell lu prim ammore / Lu seconde è cchiù meje angore!» Anche in auto: gli abruzzesi hanno dei canali appositi. Uno di questi è Radio Ciao, che prende solo in Abruzzo ma ovunque – come Radio Maria – e passa i migliori evergreen abruzzesi:

*BZZZ*
«Aveva un occhio di vetro…»
*BZZZ*
«E vola vola vola vola! E vola lu pavone…»
*BZZZ*
«Ma vaffangule, a te, chi t’ha fatte e fratete pure…»
*BZZZ*
«Tirati giù le mutande…»
*BZZZ*
«O campagnola bella…»
*BZZZ*
«Facci vedere la f…»
*BZZZ*
«E tre vaffangule, a te, chi t’ha fatte e sorete pure…»
*BZZZ*

Una cosa insopportabile, soprattutto per Paolo, anche perché ormai sono già due mesi che è chiuso in hotel, in quella prigione dorata; poi è spesso da solo, dato che Rocco e Piera sono sempre in viaggio Silvi - L’Aquila, L’Aquila - Silvi, Silvi - L’Aquila, L’Aquila - Silvi, Silvi - L’Aquila, L’Aquila - Silvi…
Il mare poi, anche il mare non è poi così bello come se lo ricordava, soprattutto se visto dalle finestre del… 5° piano, stanza 543:

«Oh, hello! this is our room, we have booked it the 21 of March, we had brunch, then lunch, crunch and stretch…»

Rocco non ascolta, così come non vengono ascoltate le sue proteste:

RECEPTIONIST ~ Signor?
ROCCO ~ … Rocco Solfanelli… sa, sono due mesi che siamo…
RECEPTIONIST ~ Sì, sì, lo so. Un attimo solo. Uhm… l’hotel non può perdere la prenotazione. Costernati. Restiamo comunque a vostra completa disposizione!

Siamo effettivamente in piena stagione balneare, ed al posto della distesa di sabbia fine adesso ci sono file interminabili di ombrelloni, lettini e sedie a sdraio celesti. Così, mentre da un lato Silvi - L’Aquila, L’Aquila - Silvi, Silvi - L’Aquila, L’Aquila - Silvi, Silvi - L’Aquila, L’Aquila - Silvi, dall’altro c’è chi, se non altro, può godersi un po’ di mare lontano dai problemi e dalla noia!

LACCHÈ ~ (facendo segno di divieto) Tc tc tc tc tc.
PAOLO ~ Oh mamma mia, scusi… io volevo solo…
LACCHÈ ~ (c.s.) Tc Tc!

Il lacchè dell’albergo vestito di nero e con la scucchia non permette di far nulla, e allora via verso la piscina: cuffia, occhialini, si sale sul trampolino e…

LACCHÈ ~ (c.s.) Tc tc tc tc tc.
PAOLO ~ Pure qua? Scusi, ma io volevo tuff…
LACCHÈ ~ (c.s.) Tc Tc!
PAOLO ~ Ma vaff…

Quest’anno le vacanze iniziano in anticipo… ma anche no. Niente spiaggia, niente piscina, niente da fare, nessun motivo, per Paolo, di alzarsi dal letto la mattina.
Soltanto l’arrivo di Marco sembrò per lui un evento epocale!
Pochi giorni dopo infatti, Marco è a Silvi Marina, fresco, felice e riposato: la scuola è finita anche per quest’anno e i compiti in classe, le verifiche, lo stress che essa genera ininterrottamente per nove mesi sono ormai un flebile ricordo. Al loro posto: sole, spiaggia, mare, libertà!
A Paolo, quella parola non va più giù, gli appare come stupida, fastidiosa e falsa. Marco ha notato il cambiamento di Paolo, ha letto questo scoramento nei suoi occhi e, in cuor suo, si era promesso che sì, lo avrebbe aiutato, avrebbe aiutato Paolo a superare questo triste momento, come avevano sempre fatto, insieme.

Scende la notte.

Passa un mese e Paolo e Marco sono sdraiati, come da prassi, sui lettini de Le Hawaii. È mezzanotte; ora, a Silvi, come in quasi tutte le spiagge abruzzesi, il litorale e gli stabilimenti balneari sono sorvegliati dai custodi notturni e dal passaggio costante del metronotte, ogni mezz’ora, che prevengono il bivacco dei giovani sulla proprietà ‘privata’…
Se, come in questo caso, si ferma per controllare, l’unica maniera per evitarlo è sbucare in strada e poi rientrare di nascosto dall’altra part… (Sbatte contro qualcosa).
Una montagna di 1 metro e 90 con una croce di spalle che non è una croce, ma un monolito, un blocco di marmo, prende Paolo e Marco… e li fa sedere con lui. Lui è Giovannino Riace, silvarolo DOC, chiamato da tutti “Prufssò”, professore, per via della enorme testa rigonfia e per i suoi successi accademici: nemmeno le elementari rientravano nei suoi titoli di studio, ma questo a Giuvannine non importa… a lui basta (pronunciando quasi fosse autistico) «Immare!».
Lu Prufssò non parla molto, anzi diciamo che non parla proprio, lui si esprime a versi, ma… si fa capire. Nonostante questo tutti gli vogliono bene, anche la signora Palma, che lo accudisce quasi come un figlio e gli dà anche delle mansioni da svolgere per farlo sentire importante. È per questo che Giovannino è il nuovo custode notturno delle Hawaii; una macchina da guerra: irreprensibile, irremovibile con tutti, faceva rispettare la legge!
Tranne che con Marco e Paolo. Con loro era diverso. Loro se lo sono comprato con una pizzonta, ed ora stanno decidendo il da farsi per l’indomani.

MARCO ~ Allora, Paolo, programma: per le 10:30 ci troviamo al Mirò per fare colazione, e poi bagno con Irene e Sonia… dai, che questa è la volta buona e finalmente ci dichiariamo! Oh? Eddai, Paolo… … Paolo, ascolta: capisco la situazione, posso immaginare come ti senti, però non è che puoi sta’ sempre col muso! Dai! Sei al mare, sei con me… prendila con filosofia! Anzi, a proposito di filosofia, beato te che t’hanno dato il 6 politico a tutte le materie, grazie al terremoto! Magari io: m’hanno rimandato a matematica e… (Cade a terra)

Un pugno sul volto; due, tre. Pugni forti, amari, inaspettati. Paolo ha scagliato la sua mano chiusa dritta in faccia a Marco, facendolo cadere con un tonfo sordo sulla sabbia. Un attimo dopo Paolo gli è sopra, e Giovannino Riace dietro di lui che lo cinge alla vita, bloccandogli le due braccia.

PAOLO ~ Cosa ne sai, cosa ne sai tu? Tu non puoi capirlo! non puoi neanche lontanamente immaginartelo, tu non c’eri!! Nessuno può capirlo, nessuno che non sia aquilano: il terremoto m’ha portato via la casa, m’ha rovinato, m’ha tolto la città, e tu mi parli del 6 politico? Lasciami Prufssò! … Sai cosa ti dico? Tu non hai capito niente: non hai capito nulla della situazione e non hai capito nulla di me. Hai chiuso, Marco, con me, hai chiuso.

Questa è la notte in cui Giovannino Riace, lu Prufssò, fallisce per la prima volta in vita sua il compito assegnatogli dalla signora Palma: mentre lui ripulisce le ferite di Marco dalla sabbia con le sue dita tozze, un gruppo di ragazzi fa festa qualche ombrellone più in là, incurante dei singhiozzi e dei grugniti a mezza bocca.

E mentre Giovannino continua a prendersi cura di Marco, il rumore del mare accompagna il trascolorare dell’ambiente nel buio.

 

 

4
Musiche e boati

 

Assolvenza luminosa a suon di valzer.

La sala da pranzo dell’Hotel Provence tintinna una sinfonia di posate – accompagnata dallo splendido pianoforte a coda – per tre quarti: i tre quarti destinati ai clienti dell’hotel.
Il quarto rimanente, cordialmente concesso alle poche famiglie aquilane che sono riuscite a sfuggire alla selezione arbitraria e casuale… non tintinna.
No, perché a loro la colazione è stata servita con piatti, posate e bicchieri in plastica; ed il variopinto séparé in legno, che divide le due parti, permette in tal modo ai clienti paganti di vivere le proprie vacanze senza i pensieri negativi degli aquilani.
Rocco distingue chiaramente il lato sonoro da quello silente: camera 101, appena sopra la sala da pranzo.
Due giorni prima (su una festosa musica indiana)… Indiani. 47 famiglie, da Bollywood e solo il 1° piano dell’intero hotel a disposizione degli amici aquilani.
Dalla finestra del 1° piano, il mare non si vede e l’aria è irrespirabile, soprattutto nelle ore più calde, a causa dei fumi che provengono dalle cucine sottostanti. Fortuna che c’è l’aria condizionata.

Suona il telefono della camera.

PAOLO ~ Papà vado io! Pronto?
RECEPTIONIST ~ Tc tc tc tc tc.
PAOLO ~ Papààààààààààààà!!!
ROCCO ~ Sì?
RECEPTIONIST ~ Signor Solfanelli, l’aria condizionata, così come la piscina, la spiaggia e tutti gli altri servizi da noi offerti sono da intendersi esclusivamente per i clienti dell’hotel.
ROCCO ~ Ah, e noi non siamo clienti?
RECEPTIONIST ~ Ovviamente no, signor Solfanelli. Lei – e la sua famiglia – è ‘ospite’ dell’hotel, non ‘cliente’. Per poter usufruire dei vari servizi da noi offerti deve pagare un ticket in reception. Sì, signor Solfanelli, pagare. Vede, la convenzione che abbiamo con la Protezione Civile riguarda solo il pernottamento, pranzo, cena e prima colazione. Tutto il resto, signor Solfanelli, è da considerarsi un extra. Restiamo ovviamente a vostra completa disposizione! Arrive… (Sbatte violentemente la cornetta)

Paolo porge al padre quel piccolo souvenir che gli aveva regalato qualche tempo prima… è L’Aquila, perfettamente definita in ogni sua stradina, in ogni chiesa – la fontana delle 99 cannelle! – sigillata in una teca di vetro e… affogata in un liquido trasparente, che la tiene come in ibernazione.
Un gesto e… un turbinio di corpuscoli bianchi schizza via e circonda tutta la città, imbiancandola… prima di tornare a posarsi lievemente su di essa… abbracciandola.
Rocco vede… e capisce, capisce che il loro posto è altrove. (Avanza, nel raffreddarsi della luce e su una musica sacra, cercando qualcosa nello spazio sgombro)
Sguardi in alto, in basso, per terra e in cielo. Riconoscenti e colpevoli di essere ancora lì.

ROCCO ~ Shhhh!!! Non dobbiamo fare rumore, Paolo: stiamo facendo una cosa sbagliata secondo loro, e non dobbiamo farci scoprire! Andiamo! Corso Vittorio Emanuele… quanti pomeriggi a zonzo… a sinistra, svelti! Via Verdi, negozi con saracinesche abbassate e niente dentro… gli sciacalli. Il Teatro Comunale e la scuola elementare De Amicis con vaste cicatrici sui loro volti… Niente pensieri, niente pensieri. Giù per via Giovanni Da Capestrano, guarda com’è bianca come nelle notti d’inverno… anche se non è neve quella a terra. La Basilica di San Bernardino, forte, nella sua facciata bianca, come si mostra un genitore al figlio, dopo un lutto: dilaniato dentro. Giù ancora, fate piano! Via Fortebraccio… Lì c’è una pattuglia, c’arrestano, siamo nella Zona Rossa, via di qui! Via Sfinge, avanti, avanti! Via Celestino V, giù, siamo quasi arrivati! Via San Michele, Via Rendina, la Villa Comunale… c’è un silenzio assordante. Piano, fate piano… ecco la nostra via Paolo, la riconosci? Viale Francesco Crispi… E qui c’era un palazzo. Avanti, avanti, ci siamo quasi. (S’immobilizza, seguito dal calar del buio) Hai visto, Paolo?… Finalmente a casa.

 

 

Intermezzo cantato

 

«Core me’
La furtune nen vo’ corre ’nsieme a mme!
M’avè’ fatte ’na casarelle
Pe’ purtarce l’amore me’
Ma li sì?
Già li coppi ave’ pijate pe’ ccuprì’
Ch’è vvenute ’nu terremote
A squaijà la fatija me!

Nen t’ammattì
Cuscì è lu monde d’ogge
Nin ci pinzà
Vatt’a ’mbriacà
Vatt’a ddivirtì
Si vu campà
Ta da ggudè la vit’
E sind’a mme
Cumbaruccie me’
Nin pinzarc’ cchiù

Nen ci voje cchiù pinzà
Nin ci pinzà, nin ci pinzà!»

 

 

5
IMMOTA MANET

 

Dalla tendopoli di Collemaggio si sente arrivare uno scroscio di applausi.
Li Salamun di Sansòn sono arrivati sin lì. Li Salamun e il loro repertorio abruzzese.
A poco più di 800 metri di distanza da Paolo. Dalle sue orecchie. Per dare sostegno agli sfollati.
Se avesse potuto, lui il sostegno glielo avrebbe dato dietro la schiena:

PAOLO ~ Ma la volete fini co ssi tricche e ballacch ngul a mamm… (Si morde la mano)

Se solo potesse farlo… ma non può, non ora. Non può fare rumore. Non a casa, quella vera.
100.000 euro.
Rocco glielo ha detto e ripetuto da sempre:

«Appapà tuo! Tu hai un tesoro e non lo sai. È sempre così: quando non ce le hai più le cose, capisci quanto valgono davvero. Tu disprezzi tanto questa città, dici che fa freddo, che non c’è futuro, che è troppo grigia… ma guarda, guarda che paesaggio! Senti! L’aria qui è pulita, non come in quelle città che tu sogni, caotiche e avvelenate. Un giorno, quando magari c’avrai pure tu ’nu fijjiu ti affaccerai da questa finestra e, guardando ju Gran Sasso, capirai quant’è bello ’sto posto e gli dirai che questa casa è preziosa come un gioiello!»

Rocco ha ragione su tutto tranne che per la finestra, la finestra dalla quale gli aveva mostrato il «tesoro» adesso è una voragine di forma indistinta, uno squarcio di calcestruzzo e mattoni che unisce l’esterno con l’interno dell’abitazione, l’esterno con la camera di Paolo. 100.000 euro: tanto valeva quella casa, prima del sisma. Ed ora?
(Sull’irrompere di una fanfara d’adunata, si mette sull’attenti) Dopo il ‘ritorno’ a casa avvenuto i primi di luglio, i Solfanelli si sono pertanto rivolti alla Protezione Civile, che li ha mandati nella tendopoli di Piazza d’Armi, la più grande montata a L’Aquila, un campo sportivo adesso ricolmo di tende, tende e ancora tende azzurre.
All’interno un clima a metà fra un campo d’addestramento e uno di concentramento:

PAOLO ~ Scusi, sarebbe possibile…
PROTEZIONE CIVILE ~ (ad alta voce e con rigido vigore militare) Chi sei, che vuoi e soprattutto che sono quei fogliettini che hai in mano???!!!
PAOLO ~ Paolo, sono del campo vorrei poter distribuire questi volantini…
PROTEZIONE CIVILE ~ (c.s. facendogli il verso) Nessuno può distribuire volantini senza il mio consenso! Nessuno può fare assemblee senza il mio consenso! Nessuno fa nulla senza il mio consenso! Sono stato chiaro???!!!
PAOLO ~ Va bene, va bene, allora vado…
PROTEZIONE CIVILE ~ Dove cazzo stai andando???!!!
PAOLO ~ (reagendo) Eeeeeeeeeeeooooooooooooh!!!

E giù così, ancora e ancora, controllati su tutto: non ci si può informare, non si può informare, per cui nessuna assemblea, nessun volantinaggio, no al Bibliobus… un clima da Gestapo a servizio della popolazione aquilana la quale, per via della delicata situazione, ha anche una dieta apposita, la dieta dello sfollato, da cui sono stati eliminati determinati cibi e bevande: alcolici, caffè, coca cola, cioccolata… tutti possibili ‘eccitanti’ che è dunque meglio evitare.
Il problema però non è solo il cibo: non c’è riscaldamento né aria condizionata, le tende sono sovraffollate, ci sono problemi di igiene.
Uno vuole pure non pensarci al terremoto, al fatto di essere uno sfollato, ma sembra che facciano di tutto per ricordarglielo: in alcuni campi per entrare, uscire, per mangiare, devi anche esibire l’apposito braccialetto colorato! Così ti distinguono…

Lungo il passaggio dalla luce al buio e nel subentrare di una musica cupa, slega delle funi nascoste che reggono un fondale. Questo, cadendo, scopre un’altra parte dello spazio. Appaiono così una rete metallica con appese molte chiavi e attrezzi, luci da cantiere e cartelli di lavori in corso. Dietro tale apparato, c’è un plastico che proietta tante ombre di gru edili a torre.

Paolo, lì dentro, sta impazzendo: si sente circondato, all’angolo.
Per questo, quando può, torna sempre lì: a casa.
È un appuntamento fisso, ormai: avanza nella Zona Rossa con una piccola torcia.
Sulle recinzioni metalliche gli aquilani hanno appeso le loro chiavi di casa: vorrebbero rientrarvi, ma non possono. “Operazione Gran Sasso” la chiamano, praticamente ci sono presidii militari tutto attorno alla Zona Rossa… per proteggere le case abbandonate da sciacalli e… dagli stessi proprietari.
Il terremoto ha disegnato delle crepe a forma di x su molte case: è quella che sta a significare che la struttura è andata persa, i danni sono a livello strutturale. Kaputt. Ha passat’ l’angele e ha dett’amen.
Tutto è incerottato, sorretto: i tubi innocenti, le travi di contenimento, le gru fanno assumere a L’Aquila una forma nuova, geometrica. Ovunque campeggia lo stemma della città con l’aquila nera e la scritta IMMOTA MANET: «Resta ferma» ben salda, perché ricostruita così dov’era, com’era, dopo ogni terremoto; dopo l’ultimo però, nulla è cambiato, se non le erbacce che crescevano sulle macerie… Non può che essere così. Guido Bertolaso, capo della Protezione Civile, è il solo a potersi occupare del post sisma aquilano: dalla gestione degli sfollati nelle tendopoli agli appalti per la ricostruzione; tutto, anche il G8; e per questo che l’8 di luglio del 2009 non si sente che il roteare in lontananza delle pale degli elicotteri in volo attorno alla Scuola della Guardia di Finanza di Coppito, dove proprio adesso i grandi della Terra discutono del futuro… Meglio: meno pattuglie in giro.
Superata una grande quercia secolare, imperiosa, che sta seccandosi da sola, Paolo arriva a… casa.
Un condominio di quattro piani elegante e in ottime condizioni nonostante il terremoto, a parte quello squarcio nella parete del quarto piano, l’appartamento dei Solfanelli. Salite le scale, può affacciarsi da quell’enorme finestrone creatosi dopo il terremoto e contemplare l’oscurità aquilana. In lontananza, le 19 New Town in costruzione nel circondario… Sono facilmente riconoscibili perché sono dei chiazzoni di luce sparpagliati in mezzo al buio della campagna aquilana.
Brillano in mezzo al nulla perché si lavora anche di notte: solo 5 mesi per costruire “il miracolo”: 4.500 alloggi durevoli ed ecosostenibili che assieme ai MAP, i Moduli Abitativi Provvisori… le casette in legno, avrebbero dato un alloggio agli sfollati, con data di consegna il 29/09/09, il giorno del compleanno di Silvio [Berlusconi, all'epoca ancora premier dello Stato Italiano. NdR]. ‘Progetto CASE’: Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili.
Il problema è che gli sfollati sono più di 60.000 e le CASE sono per appena 10.000 sfollati. E poi: sono state definite ‘durevoli’, che hanno qualità per durare a lungo; a lungo quanto, perché a lungo, se saranno comunque degli alloggi provvisori?
E perché ‘tre volte antisismiche’? Useranno materiale antisismico, non le faranno alte più di tre piani, per le oscillazioni, perché mettere anche dei piastroni di cemento antisismici che possono sostenere un grattacielo, durante un terremoto…
Paolo non capisce il perché di tutto questo… non capisce…

Interruzione musicale. Luce.

Non capisce perché dagli altoparlanti del centro commerciale L’Aquilone passano La fije d Ciarcialle, altra pietra miliare abruzzese: siamo ad ottobre e Paolo è in compagnia di Antuniuccio Colajuti, un simpatico nonnino di 84 anni, un po’ sdentato e un po’ sordo, ma arzillo come non mai, con cui Paolo trascorre le mattine al centro… commerciale l’Aquilone.

ANTUNIUCCIO ~ (giocando a carte) Scopa!! Quanno se dice fortune! Prima al centro commerciale non ci veniva nisciune nisciune nisciune! La roba costava di più! Dopo la grande bbotta invece tutti tutti tutti! La gente ci fa la spesa, si pija un caffè, si incontra con gli amici, ci vive praticamente. Prima non ci veniva nisciune nisciune nisciune! E mo… tutti tutti tutti. Anche perché che vu fa… Questo: Scopa!! Quanno se dice fortune!
PAOLO ~ Antonì, stemo a joca co le carte francesi…
ANTUNIUCCIO ~ Eh? … Sì che ho lasciato i panni sthesi! Co scthu sole bellu… Ecco, beccati lu settebbellu!
PAOLO ~ Va bene Antonì, ti rraggione tu. Mo però andiamo dai, ti devo riaccompagnare a casa.
ANTUNIUCCIO ~ Ah?
PAOLO ~ Devo fare un po’ di giri in macchina, dai…
ANTUNIUCCIO ~ T’haia caccia’ fuori dai guai? … Oddije e che sì cumbinate?
PAOLO ~ Antò, mannaggia… settembre all’Amplifon è il mese dell’udito… perché non ti vi ffa vede se ’recchie?
ANTUNIUCCIO ~ No no, ma lu dit’ vabbone… è da le ’recchie che non ci sento!

Antonino è un po’ difficile da sopportare, ma Paolo è sempre a disposizione per portarlo quando vuole al centro commerciale dalla sua nuova casa. Sì, perché i Solfanelli, dopo hotel e tenda sono finalmente approdati nelle nuove strutture del progetto CASE e Antuniuccio è il loro nuovo dirimpettaio:

«Quanno si dice furtune!»

Il problema di queste CASE è che sono solo… case, appunto, sono quartieri dormitorio: non ci sono attività commerciali nei paraggi, non c’è una piazza non c’è una chiesa… nessun luogo d’aggregazione, niente da fare, pochi e sporadici mezzi pubblici… se non hai la macchina, sei sepolto vivo. Ma Antuniuccio aveva Paolo:

«Quanno si dice furtune! E quande Paolin n’ci schta, pozz comunque fa ’na freghe di cose: me pozz fa ’na passeggiata per il progetto CASE sennò mi posso fa ’na passeggiata per il progetto CASE, oppure…oppure… oppure che? Oppure niente. Mi pozz fa una passeggiata per il progetto CASE… da solo… ting 84 anne, mo mi ci muoro qua… e non rivedo manghe L’Aquila bella me’… Ma quanno si dice furtune?» (Sconsolato, sull’alzarsi di una musica, guarda la sua città dalla rete metallica)

 

 

6
La rivolta delle carriole

 

11 febbraio 2010: la “strina”, parola aquilana che sta per “vento freddo” declinabile solo nella formula “ngulechestrine”, avvolge e attanaglia Paolo, invadendo ogni angolo di camera sua, ma lui è comunque abituato ajju freddu… è aquilano.
Un’altra notte a contemplare il silenzio da quel finestrone.
Ieri Bertolaso è stato indagato per degli appalti gonfiati in occasione del G8… non quello de L’Aquila, no, quello della Maddalena. Il G8 si doveva fare lì, ma poi, per fare un regalo agli aquilani, è stato spostato! Lì hanno gonfiato gli appalti, ma qui a L’Aquila no! … No? … No. (Cantando, mentre le luci vanno ad affievolirsi)

«… E chissà quanta robba se scthanno a magnà qua…
“L’Aquila bella me’
L’Aquila bella me’
Tu che me sii viste nasce
Tu che me si viste cresce
L’Aquila bella me’
Te vojo revede’.”»

La musica risveglia l’atmosfera.

Il mattino seguente L’Aquila si sveglia scaldata da un tenue sole, troppo caldo per il rigido febbraio aquilano. È una splendida giornata, gli uccellini cinguettano disegnando ampie volute nel cielo e Paolo è svegliato da un’ovazione sempre più forte proveniente dalla Villa Comunale.
Sveglio, apprenderà fra poco che l’ovazione è stata causata da questo dolce cinguettio…

Si sentono le voci di due imprenditori degli appalti per la ricostruzione, intercettati al telefono.

«- Qui bisogna “partì in quarta” subito!
- Eh!
- Eh! Non è che c’è un terremoto al giorno…
- Lo so… (ridendo) hehehe!
- Hehehe!
- Non per dire, per carità, poveracci, però…
- Io ridevo stamattina alle 3:30… hehehe!
- E io pure! Hehehe!
- Vabbò, dai, ciao.
- Ciao».

Gli aquilani ascoltano, capiscono. E proprio per questo, domenica 28 febbraio 2010, insorgono e assaltano la Zona Rossa!
Un esercito di più di 6.000 persone avanza armata di carriole e pale contro le recinzioni metalliche che nulla possono di fronte alla carica degli aquilani feriti nell’orgoglio! Una valanga di persone si infrange su di esse avanzando inarrestabile in piazza Palazzo, la piazza del municipio, riabbracciata e rivista per la prima volta da tutti dopo il sisma. La piazza è gremita, la popolazione si mette subito al lavoro. Centinaia di secchi, guanti e caschi gialli, tutti in movimento per riclassificare le macerie, i sassi riutilizzabili dal legno, il ferro dai coppi, per fare ciò che in più di undici mesi nessuno aveva fatto: rinascere dalle proprie ceneri.
Il terremoto, gli hotel, le New Town, non possono separare gli aquilani quest’oggi. I militari ed i carabinieri assistono impotenti e sorridenti di fronte a una tale mobilitazione. Una cooperazione così non si vedeva dal terremoto del 1703!
Il grido è unico: “Immota manet! noi non ridevamo!” C’è rabbia ma anche tanta gioia nell’aria, abbracci, gente che non si rivede da più di un anno, tutti uniti per lavare la città dall’onta subita. Una catena umana lunga tutto il corso, da piazza Palazzo a piazza del Duomo, si passano di mano in mano secchi carichi di macerie; tutti partecipano, bambini, anziani, operai e imprenditori. È una giornata meravigliosa, scrosci d’applausi ovunque. L’Aquila c’è, L’Aquila è viva! L’avevano urlato, appendendo le proprie chiavi di casa alle recinzioni della Zona Rossa. Quelle chiavi oggi se le sono riprese!
Paolo è in quel turbinio di gente e non capisce niente, è impossibile da spiegare l’insieme di emozioni che si sente vorticare ovunque e che gli fanno immaginare d’essere a capo della rivoluzione, mentre trionfale entra nella città occupata e… Pah! «Beccati quessu, tiè quest’atro… Oh, scusa, mi parevi Bertolaso!…» E giù ancora, mazzate! Immota manet! Che L’Aquila respiri! E fiu! Una freccia a ciascun possidente che rideva degli affanni della povera gente. Fatevi sotto! E fiu! E fiu! E – scusi signora, grazie – fiu! E… ho finito le frecce, ho finito anche i possidenti. La città è liberata! La città è libera!
Ad un certo punto, tutto inizia a girare attorno a lui: le carriole, le persone, Bertolaso, le macerie, le frecce, gli striscioni, le crepe, tutto è sfocato finché Paolo non si ferma, guarda fisso davanti a sé; tra la folla gli sembra di vedere… Li Salamun di Sansòn!

PAOLO ~ No, non può essere… no, non avvicinatevi, no, no. No!

E cade, come corpo morto cade. (Sviene, seguito dal buio intorno a schiaffo)

 

 

7
VFP1

 

Sul risuonare del Miserere di Selecchy, torna la luce.

Uscito dal portone della Cattedrale, Marco ha davanti a sé una marea di persone, tutte con occhi ed orecchie fissi su di loro, su di lui. Il suo primo Venerdì Santo da cantore! Nonostante la felicità Marco è comunque guardingo, ha paura che tra la folla…

ROLANDO ~ Esselè esselè, quess’è lu nipota me’! Nonnò!

Rolando Fasoli, il nonno, è in estasi e vuole che tutti sappiano «d chi è lu fije» quell’unico giujanotto in mezzo a tante teste bianche. Conoscendo a memoria il percorso della processione, sbuca in più punti della stessa.

ROLANDO ~ Quandsi bbell tu e quanda ijè bbell ssu Miserere nonnò! Quess l’ha cumboschte Selecchy, j’ere lu millessettic…
MARCO ~ Basta nonno! Lo! So!

Il Miserere è la cosa che più affascina Marco della processione, ama la potenza sonora di quell’orchestra in movimento, la forza emotiva di quel canto e tremava al passaggio dei cantori, sin da piccolo. Non appena raggiunta la maggiore età, ha pertanto scelto di seguire ciò che gli suggeriva il cuore: ha fatto domanda; e dopo mesi di attesa, a dicembre Marco diventa ufficialmente un cantore dell’Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti e… un volontario dell’Esercito Italiano.
L’Esercito! VFP1: Volontari in Fermo obbligatorio Per 1 anno. Senza dir niente a nessuno, ha fatto domanda e sostenuto gli esami; ed ora, a cena conclusa e ammissione nell’Esercito in tasca, Marco prende coraggio e affronta i genitori Biagio e Cristina.

MARCO ~ Papà…
BIAGIO ~ Eh.
MARCO ~ Ti ricordi quando m’hai chiesto cosa volessi fare da grande?
BIAGIO ~ Eh.
MARCO ~ Che m’hai detto di scegliere bene per il mio futuro…
BIAGIO ~ Eh.
MARCO ~ Perché voi non sarete sempre qui con me…
BIAGIO ~ Eh.
MARCO ~ … a sostenermi economicamente…
BIAGIO ~ Eh!
MARCO ~ … e quindi…
BIAGIO ~ E quindi a pà, avaschte, dimmi!
MARCO ~ Ho fatto domanda all’esercito
BIAGIO ~ Eh! Che ci voleva, tant… Ah??!!
MARCO ~ Eh!
BIAGIO ~ Ah! E?
MARCO ~ Eh! A…
BIAGIO ~ A?
MARCO ~ A…
BIAGIO ~ A…???
MARCO ~ Ammesso!
BIAGIO ~ (svenendo) Ah!

Biagio Fasoli, 50 anni, grande, grosso, volto duro, due occhi enormi neri, casciamurtare di Chieti, impavido davanti alla morte, giace svenuto sulla sedia.
Non l’ha presa benissimo. Cristina, la moglie, l’ha presa meglio!

CRISTINA ~ Ma io dico io, ma tu tra tanti mestieri, tante cose che puoi scegliere, proprie lu militare?
MARCO ~ Mamma veramente…
CRISTINA ~ Ma che caspita ci trovi di bello a pija la mitrajette e a sparà alla ggende o addirittura a fa pijà la mitrajette a la ggende e fart sparà a te! Io le sacce quess che è: quess è la Pleistesion, lu combiuter, quesse t’anne traviate la coccia! Ma io te la shtacche ssa coccia schtupde che t’artruve, io quant’è vver’Iddio…
MARCO ~ A ma’ è per L’Aquila!
CRISTINA ~ Ecco, mo, che mi significhe ca è pe’ l’Aquile… L’Aquila?
MARCO ~ Hanno fatto domanda per i volontari, in questo momento c’è l’esercito in città che aiuta… voglio andare e andrò.
CRISTINA ~ Meh scus’ eh! … stchavamo parlando tanto bene… va bene, vai allora… ma copriti, che là fa freddo e ti prendi il raffreddore!
MARCO ~ Sì, mamma!

E Marco va! Dopo mesi d’addestramento, è finalmente sul bus dell’esercito. Dai finestrini il paesaggio è imbiancato, incontaminato: le colline, le gole, i viadotti sospesi nel vuoto anche per chilometri… pare Narnia! A mano a mano che ci si avvicina al cratere sismico però il paesaggio cambia. Sull’orizzonte, le gru iniziano a prendere posto; sulla Statale 17 in direzione L’Aquila iniziano a correre crepe per le case abbandonate: casa, casa, casa, buco… casa, casa, buco… casa, buco, buco… buco. Il vuoto lasciato dai palazzi. Marco ha paura, ma se sta andando a L’Aquila è anche perché spera, in fondo, di incontrare Paolo in giro per poterci parlare di persona, per fare pace… Ma niente: passano i giorni, alla noia segue altra noia e alla fine arriva a porsi una domanda esistenziale: «Ma cosa ci sto effettivamente facendo qui? Va bene gli sciacalli… ma quelle so’ persone dannate. Io, che impedisco agli aquilani di rientrare a casa loro… Cosa ci sto effettivamente facendo qui?»

 

 

8
Questa è casa mia

 

In una luce fredda.

Questa stessa domanda se la sta ponendo Paolo in questo preciso istante, a poche centinaia di metri di distanza, in camera sua, quella vera.
La sigaretta si consuma lentamente, arrivando sino al filtro, ma lui non sembra farci molto caso. Ha iniziato a fumare, tanto, dopo la morte di Rocco e la conseguente depressione di Piera: perennemente sedata dagli psicofarmaci e dalle slot machine che, dopo il terremoto, sono sbocciate come fiori a primavera. Rocco invece è morto il 4 febbraio 2010 perché consumato dalla sua stessa città; è morto di crepacuore perché non accettava vederla lasciata lì, abbandonata a se stessa, alle erbacce. L’ha ucciso una lettera dell’alfabeto: la loro casa, il frutto di tanti sacrifici, era stata riclassificata da B a F, da “temporaneamente inagibile” a “fregatura, da abbattere per grave rischio esterno”. La casa c’è, ha subito danni, è vero, ma è in piedi e non rischia il crollo; tuttavia è inagibile lo stesso. Perché? Perché magari c’è un edificio lì, proprio accanto, classificato E, ossia inagibile, irrecuperabile, da abbattere, che rischia di crollare da un momento all’altro, magari proprio sulla tua abitazione e quindi F… Freghéte.
Sia chiaro: non è che il proprietario dell’abitazione o del palazzo E debba sentirsi in colpa per questo: colpe non ne ha… eh! Lu terramote ha schtato! Mica iss!
Certo, se abitavi vicino una qualsiasi scuola o nei pressi dell’ospedale San Salvatore, vicino al Palazzo del Governo a Piazza San Marco o in via XX Settembre, accanto alla Casa dello Studente, ecco: in quel caso allora ti puoi incazzare giustamente, perché quelli sono edifici pubblici e devono… dovrebbero… dovevano! rimanere in piedi in qualunque caso. Ma per i Solfanelli il problema è un altro, il problema è una abitazione gambizzata dal terremoto: i piloni del primo piano sono tutti esplosi a carciofo, facendo atterrare il palazzo sulle sue stessa fondamenta, dritto, tranciato, ma delle bellissime creazioni floreali di calcestruzzo e ferro a cornice del tutto. La natura… In realtà c’entra ben poco: la chiave è tutta nel cemento marcio usato dalla camorra negli anni Settanta durante il boom edilizio aquilano. L’intensità del sisma, stando ai dati della Protezione Civile, avrebbe dovuto distruggere 38.000 edifici. Ne sono crollati 60.000, quasi il doppio.
E adesso lui è in quel buco nero di desolazione e morte, incurante, circondato da una ciambella di luci: le New Town, la ‘rinascita’.

Si ode un rumore bianco.

Il 6 aprile 2010 è la notte, sembra, perfetta per gli sciacalli. Ad un anno esatto dal sisma, la gente è riversa per strada in una fiaccolata immensa; e gran parte delle pattuglie sono di scorta alla manifestazione che passerà davanti alla Casa dello Studente per poi terminare in Piazza Duomo con 309 rintocchi funebri.
A Marco la Zona Rossa pare Kabul… palazzi come bombardati, un ambiente spettrale; per fortuna in quel pattugliamento serale c’è il suo collega, tale Caporal Mattei, romano, tozzo, rozzo, soprannominato “Occhio di Lince” dai commilitoni per via della sua proverbiale vista. Da quando ha preso servizio in città, ha già stanato un gruppo di tre sciacalli. Il buio la fa da padrone. (Con una torcia che illumina i diversi personaggi)

MATTEI ~ Aoh! Che robba eh? Ogni volta me pare de sopra ’n carcinculo… ’a giostra, quella che giri e devi pijà ’r pupazzetto… Aoh, qua ndo te giri, giri sempre robba distrutta, macerie, carcinaaaah! (Grida)
MARCO ~ Oddio che è?
MATTEI ~ È ’n sorcio!
MARCO ~ Caporale, lei ha paura… di un topo?
MATTEI ~ Era ’n sorcio grosso, altro che topo! Dicevo: fortuna ci sono queste case, questi, ’ste palazzine eleganti che so’ rimaste belle ’mpiedi, armeno così sapemo ’ndo stamooooh!
MARCO ~ Che è?
MATTEI ~ Guarda ’n po’ là!

(Cercando di accendere una sigaretta) Paolo odia le notti di novilunio: non si vede niente. Ciononostante, il silenzio della notte lo aiuta a rilassarsi. Un’ultima sigaretta e si sarebbe disteso lì, a dormire a terra, ma a casa.
Per tre secondi è apparsa una fiammella nella notte: Occhio di Lince l’ha notata.

MATTEI ~ Sciacallo! Nnamo!

Marco sente l’adrenalina entrare in circolo: è la prima per lui e…
Non è pronto Paolo, non se l’aspettava: aveva notato un movimento strano sulla strada. Anche se volesse…

MATTEI ~ … Nun pò scappà! Fa’ piano, io t’aspetto qui.

Marco sale di corsa le scale, cercando di fare meno rumore possibile.
Un calpestio nervoso tradisce ‘il ladro’, è…

PAOLO ~ … in trappola! Cretino che non sono altro, li avevo sotto casa, e non a 100 metri! Non mi sono accorto di nulla!
MARCO ~ Sappiamo che sei là dentro, apri!
PAOLO ~ Non sono uno sciacallo!
MARCO ~ Ho detto apri!
PAOLO ~ Scordatelo!
MARCO ~ Sfondo la porta se non apri ora!
PAOLO ~ Lasciami in pace!
MARCO ~ Apri!
PAOLO ~ No!
MARCO ~ Apri! (Sfonda la porta) Paolo… che ci fai qui?
PAOLO ~ Tu che ci fai qui, Marco. Questa è casa mia.

 

 

Epilogo
DOLOR HIC TIBI PRODERIT OLIM

 

Buio. Poi, in controluce.

Il 6 Aprile 2009, alle 3:32 di notte un terremoto di grado 5.8 della Scala Richter danneggia 103 comuni abruzzesi, devastando L’Aquila e le sue frazioni. Muoiono 309 persone sotto le macerie, 1.500 feriti e più di 65.000 sfollati, con danni per oltre 10 miliardi di euro. Gli aquilani, ancora storditi dalla tragedia appena avvenuta, sono subito interdetti da qualsiasi decisione circa il proprio futuro; per loro c’è la Protezione Civile che li raggruppa nelle tendopoli o li manda negli hotel della costa, dicendo loro di fare come se fossero in vacanza.
Lo stato di emergenza cessa il 31 agosto 2012, ma la militarizzazione della città finisce soltanto due anni dopo, con parti del centro storico ancora in Zona Rossa. In una città tomba di se stessa, le uniche attività commerciali che resistono dall’andar via sono i pub dove centinaia di ragazzi si ritrovano ogni sera a bere fra gru, recinzioni e palazzi puntellati, per non vedere e non pensare.

Facciamolo noi!

Si odono delle trombe.

Il ‘cantiere più grande d’Europa’ è stato oggetto di scandali e speculazione.
Nel 2016 i fondi illecitamente richiesti ammontano a più di 24 milioni di euro!
La Protezione Civile, libera di fare come meglio credeva in virtù del decreto del ’92 – che le assegna carta bianca – aggira tutte le leggi ed assegna appalti a imprese finite poi nel mirino dell’Antimafia.
Ha speso per il G8 185 milioni in aggiunta a quelli già spesi alla Maddalena.
Non paga, ha finanziato la società Eucentre di Gian Michele Calvi, autore del progetto CASE, affinché collaudasse le strutture che la stessa Eucentre aveva appena costruito!
Il costo di questi edifici durevoli è di 130.000 euro ad abitazione, circa 2.700 euro a metro quadro. Una cifra ragguardevole, per delle durevoli patacche: aprile 2013, 103 MAP sono sgomberati per legno e cemento scadenti; settembre 2014 e aprile 2016, crollano 2 balconi di un progetto CASE; vista la precarietà, ne hanno sequestrati 800!
Il 31 marzo 2009, sei giorni prima del sisma, la popolazione è rassicurata dalla Commissione Grandi Rischi: sette eminenti sismologi convocati d’urgenza da Guido Bertolaso, il quale si scoprirà aver agito solo per fare un’operazione mediatica, per tranquillizzare la popolazione!
Dopo esser stati condannati, sei dei sette esperti sono assolti.
Guido Bertolaso, accusato di omicidio plurimo e lesioni, sarà anche lui assolto il 30 settembre 2016!

Perché in un paese sismico come l’Italia non c’è ancora una legge su come gestire gli eventi sismici?

Perché si continua a costruire male su faglie e terreni franosi, fregandosene delle conseguenze?

Perché stiamo costruendo un gasdotto sotto l’Appennino?

Dopo L’Aquila, Onna, Paganica, dopo Amatrice, Accumoli e Arquata, dopo la scuola di San Giuliano di Puglia, il terremoto dell’Emilia, dell’Irpinia, del Friuli…

Cos’altro ancora deve accadere, prima di reagire?
(Tira giù i cartelli dal cantiere scoperto prima e si rivela, accendendosi, la seguente scritta) DOLOR HIC TIBI PRODERIT OLIM.

Un giorno questo dolore, ti servirà.

Ci servirà.

Questa è casa nostra.

Buio a schiaffo.
Lo spazio rimane così per alcuni istanti, con la sola scritta illuminata.

 

Fine