ALLA QUINTA ORA DELLA NOTTE
(DELICTA NOSTRA)

di

Roberto Russo


PERSONAGGI:

Carlo Gesualdo, principe di Venosa
Alfonso Fontanelli, gentiluomo di Ferrara
Padre Julius Escobar. Gesuita
Giulio Gesualdo, zio di Carlo
Laura Scala, serva di Maria D’Avalos
Silvia Albana, serva di Maria D’Avalos
Pietro Mailiziale, detto “Bardotto”
Fabrizio Adinolfi, detto “ ‘o prevetiello”
Giovan Domenico Micene, Mastro D’Atti della G.C. della Vicaria
Murzio Surgenti, Avvocato Fiscale della Gran Corte della Vicaria
Giovanni Sanchez, Giudice Criminale della G.C. della Vicaria 



I ATTO


SCENA I


(In proscenio, o sul limitare della scena che è del tutto buia, appare un uomo vestito con abiti moderni: è Alfonso Fontanelli, gentiluomo ferrarese e uomo di fiducia di Cesare d’Este signore di quella città. Siamo alla fine dell’anno 1600 e ci troviamo a Gesualdo, provincia di Avellino…)

FONTANELLI “Illustrissimo Cesare d’Este, Signore di Ferrara, in dì 22 ottobre dell’anno 1600, recatomi in Gesualdo, nel contado di Avellino, a cagione del triste evento de lo quale foste novellato, fui ospite del nobilissimo Principe di Venosa, Carlo Gesualdo. Egli ha nel suo stemma un leon leonato ma, invero, ruggente e solare non appare quanto, invece, ombroso inventore di suoi nuovi mali. Ha d’entrata 40.000 e più ducati, se vale il grano, et attende a far denari ma non desidera novità, né compagnia. Si diletta solo a far di musica, de la quale è maestro espertissimo, ma si tormenta et, in egual misura, si compiace del suo cagionevole stato e dei fantasmi che dimorano nel suo palazzo e nel suo cuore. Di quelle ombre, io, cercatore di mondo, ho qualcosa da narrare…..”




SCENA II

(La luce svela una metà della scena completamente vuota, mentre il fondo resta ancora buio. Gli unici elementi presenti sono due sedie. Su quella più bassa, e dall’alto schienale, è seduto Carlo Gesualdo; egli è vestito di nero, l’abito seicentesco presenta, quale unico ornamento apprezzabile, la gorgiera bianca. Il tono di Carlo appare subito dignitoso e dolente, Fontanelli, udendo la sua voce, si dirige verso di lui ed accenna ad un inchino….)

CARLO Signor Fontanelli….la vostra vista mi commuove e ne sono grato anche al Duca D’Este, vostro signore….Saranno trascorsi tre o quattro anni dal nostro ultimo incontro….
FONTANELLI Tre, signor principe.

(Carlo sembra inseguire con lo sguardo un lontano ricordo)

CARLO I mesi…gli anni….lunghe distanze fra noi ed i tempi migliori…
FONTANELLI Vi esprimo la costernazione della Corte di Ferrara per la morte di vostro figlio Alfonsino e vi esterno tutto l’affetto personale del Duca, e la sua partecipazione per la dipartita.

(Carlo ringrazia con un cenno del capo e appare ancora perso dietro i propri pensieri)

CARLO Caro Fontanelli, ho toccato con mano lo smarrimento di ogni Fede….Aveva soltanto tre anni….per sedici giorni ha avuto febbre continua, fino a spegnersi…

(Fontanelli si china verso il Principe, e gli prende la mano)

FONTANELLI Vi siano di conforto Donna Leonora, vostro figlio Emanuele ed il talento che vi rende caro al Cielo, ed immune da ogni ombra!


SCENA III

(Dal buio del fondo, proprio dietro Carlo, si materializza la sagoma di un prete; Fontanelli non può vederlo ma Carlo avverte la sua presenza ed appare spaventato; fissa lo sguardo atterrito nel vuoto e sottrae, con forza, la propria mano da quella di Fontanelli. Il prete inizia a parlare in tono messianico)

ESCOBAR “Innalzate la vostra anima a Dio e confidate nei suoi veri prodigi poiché ,con altri, Satana ci conduce alla perdizione! 
(insinuante) Da quale “prodigio” pensate provenga la discendenza di vostro figlio!?”

(Il prete è nuovamente inghiottito dall’oscurità. Carlo parla sibilando, palesemente sconvolto; Fontanelli è sbigottito)

CARLO Avete sentito anche voi!?
FONTANELLI Di cosa parlate!? Quale compagnia invisibile vi fa visita!?

(Carlo cerca di dominarsi)

CARLO Forse erano le voci dei servi dal cortile….o il vento! Spesso, dal bosco, giungono improvvise folate e sono proprio loro ad aggravare il mio stato di salute….E’ una consolazione poter contare su amici affettuosi come voi, e come il cardinale Alfonso d’Este che mi ha reso visita…

(Fontanelli, a sentire il nome del cardinale, fa un colpo di tosse e cambia posizione sulla sedia, i gesti non passano inosservati da parte di Carlo) 

CARLO Vi turba questa notizia?
FONTANELLI Per carità, signore! Il cardinale è un personaggio di primo piano!
CARLO “Un uomo virtuoso”, non credete?
FONTANELLI (ironico) Direi che è “un uomo” molto importante…

(Carlo non sottolinea la sfumatura, ma appare perplesso) 

CARLO Il cardinale ha promesso che condurrà Emanuele a Ferrara per insegnargli il “mestiere” di Principe…

(Fontanelli si mette una mano sulla bocca. Stavolta Carlo sottolinea…)

CARLO Voi….ridete!?
FONTANELLI Non ve la prendete a male ma, a dar retta al giudizio del mondo, il cardinale potrà essere un ottimo maestro se limiterà i suoi insegnamenti a ciò che è, veramente, santo e giusto…
CARLO …a proposito di questo “giudizio del mondo”, vi porrò una domanda ma solo dopo aver conosciuto il fatto…
FONTANELLI Alfonso d’Este è uomo brillante, dotato di quel fascino che possiedono coloro che hanno avuto una giovinezza, per così dire, ….“inquieta”…
CARLO …E’ un “cercatore” come voi…
FONTANELLI ….ma di altro genere. Anzi, per essere precisi, di “genere femminile”…Certe inclinazioni sono naturali in un giovane ma, quando le stesse passioni, si coltivano indossando la porpora, la faccenda è diversa….
CARLO Sto aspettando il fatto…
FONTANELLI Uno fra i tanti: il cardinale ama l’esercizio fisico in tutte le sue forme. Quando è a Ferrara, almeno due volte alla settimana, scavalca il muro del convento di San Bernardino…Non lo spinge un’improvvisa devozione notturna, ma l’urgenza di incontrare la bella Lucrezia che, da parte sua, già da anni è diventata Suor Camilla…Desiderate qualche altro particolare?
CARLO Mi basta..
FONTANELLI E la vostra domanda?
CARLO Siete stato testimone di queste…“scalate”?
FONTANELLI A Ferrara le voci corrono, soprattutto se hanno avuto…occhi.
CARLO …Ma non i vostri….
FONTANELLI La gente non parla d’altro…

(Carlo, a questo punto, si alza visibilmente contrariato) 

CARLO Questa “gente”, di cui parlate, ha la faccia e la lingua di stallieri sfaccendati, di lavandaie, e di signori che sanno essere più maligni delle serve!
FONTANELLI Non era mia intenzione turbarvi….
CARLO Apprezzo la vostra discrezione ma, da dieci anni, gente della stessa risma, mi accusa della azioni più turpi….
FONTANELLI La nostra coscienza è il miglior giudice….
CARLO (netto)….ed io sono giusto ed innocente per gli occhi del mondo!

SCENA IV

(Come se apparisse dal nulla, si palesa, dietro le spalle di Carlo, un altro personaggio maschile. Il Principe avverte la sua presenza e fa cenno a Fontanelli di tacere e di ascoltare. Il nuovo invitato è Giulio Gesualdo, zio di Carlo…)

GIULIO “Nobilissimo nipote, una è la voce…”
CARLO (febbrile, verso Fontanelli) Lo sentite adesso !?

(Fontanelli fa cenno di no, sta per obiettare ma Carlo lo blocca con un gesto)

GIULIO “…e si precipita dal Cerriglio, fin sotto la nostra casa a San Domenico Maggiore…..!”
CARLO “Chi urla in questo modo!?”
GIULIO “……sono le voci delle bagasce che insozzano il nostro nome….”
CARLO “….non ascoltarle, zio, sono voci maligne!”
GIULIO “…ma potenti e veritiere: Vergogna e infamia su Carlo e Giulio Gesualdo!”
CARLO “La plebe ride e si dà di gomito indicando le nostre finestre!”

(L’ombra di Giulio è inghiottita dall’oscurità. Fontanelli sorregge il Principe che appare molto scosso ma, subito, appare un’altra immagine maschile: è l’abate Fabrizio Adinolfi, detto ‘o prevetiello, egli è smilzo, di piccola statura, vagamente effeminato e parla cerimonioso e viscido)

ADINOLFI “….vi è ben nota la mia devozione, e ciò che m’induce a consigliarvi è il dolore per la grave offesa che vi è stata arrecata….”

(Carlo appare molto stanco e, aiutato da Fontanelli, si siede)

CARLO “Parlate pure Adinolfi…”
ADINOLFI “…la città vi guarda ed aspetta, ogni limite è stato superato! ”
CARLO “Pensate che sarà necessario…?”
ADINOLFI “Senza dubbio! Verserete sangue!”
CARLO “Le mie mani sanno solo tracciare armonie…!”
ADINOLFI “ L’ingegnere progetta e l’operaio esegue…Riconoscete i meriti e ricordatevi di me!”

(Carlo ha un violento sussulto, Adinolfi scompare)

SCENA V

FONTANELLI Siete fuori da ogni sentimento! Chi vi tormenta !?
CARLO (stanco) Ogni notte, buona parte del mondo, si addormenta sulla prima speranza del domani….a me, invece, basterebbero tre ore di riposo tranquillo…Ogni notte, da anni, sogno ad occhi aperti che un madrigale silenzioso, un sonno innocente, invada il mio palazzo….Ma nella stanza ascolto lo scricchiolare del legno! Ed il gelo cresce insieme al rumore! Sono passi di folla che si avvicina….Urlano! Sento il tintinnio delle spade!.....Mi siedo nel letto, al buio. Sono pronto a difendermi! Infliggerò e subirò perdite e ferite! Ma gli unici colpi che sento….sono le risate! La notte ride di me!
FONTANELLI Questo è un male dell’anima, signore.

(A queste parole, Carlo si scuote e appare, nuovamente, in sé)

CARLO Del corpo, Fontanelli, solo del corpo! La mia devozione mi rende immune da ogni malattia dello spirito! Ma le preghiere non possono nulla contro il disordine di viscere e polmoni che m’impedisce di dormire.
FONTANELLI Quando è insorta questa vostra debolezza?
CARLO (vagamente infastidito) Non ricordo di preciso…
FONTANELLI Signor Principe, non possiamo fingere di non rammentare….Certi ricordi, per uno spirito angosciato come il vostro, sono ancora “il presente”…
CARLO (sarcastico) Parlate di dieci anni fa!
FONTANELLI (incalzante) Allora ricordate perfettamente! Dieci anni fa….
CARLO …non mi tormentate, ho appena perso mio figlio….
FONTANELLI (c.s.) Molta sofferenza vi potrebbe essere risparmiata se ammetteste che, a quel tempo, non fu fatta piena giustizia…

(Carlo, con impeto, non nasconde la propria collera)

CARLO Ci fu Giustizia! Agli occhi del mondo, ci fu!
FONTANELLI E a quelli di Dio?
CARLO Lasciate le orazioni alla mia anima! Per il resto, i padri ci hanno insegnato che il “nome” vale più dei figli, dell’arte, e della stessa onestà! Dio ci scampi, non dalla morte fisica, ma dal “Ridicolo”!
FONTANELLI Quindi quella notte, fra il 16 ed il 17 ottobre del 1590, agiste per il nome e non per amore!
CARLO Siete impudente, signore! Pensavo foste venuto a condividere il mio dolore ma, mi accorgo, che state per emettere una sentenza!
FONTANELLI Non sono un giudice però, so che, nelle ore più buie, non ci conforteranno le ombre dei padri, ma ciò che avremo fatto in vita! E darvi oggi conforto, è acquisire merito ai miei stessi occhi…
CARLO (ironico) Vi state facendo prete, Fontanelli? O siete diventato un medico!? Vi ricordavo come un gentiluomo brillante, e anche un po’ fatuo, che 7 anni fa svolazzava nella Sala dei Giganti, a Ferrara, durante il ricevimento per il mio matrimonio con Eleonora….
(duro)….ma se non siete né medico, né cerusico, non potete aiutarmi e vi congedo perché il mio male è fisico!
FONTANELLI Non è così….
CARLO E’ così! Cosa ne sapete del catarro che mi affligge!? Avete una vaga idea del male di castrone che mi impedisce di muovermi!?

(Fontanelli, a questo punto, diventa anche lui deciso e pungente. Carlo, di fronte a questa reazione, mostra imbarazzo ed incertezza)

FONTANELLI E cosa mi dite della Messa del Santissimo Rosario di Gesualdo!? I frati hanno avuto disposizione di celebrarla in perpetuo, ogni giorno, per la salvezza della vostra anima! Anche questa è una medicina contro il mal di castrone…!?
CARLO I medici dicono che ho un rallentamento sanguigno….
FONTANELLI (c.s.)….e l’indole malinconica!? E la vostra arte nella quale vi occultate come in una tana !?
CARLO ….voi non comprendete: il flusso darebbe origine a malerba fra i bronchi…
FONTANELLI …la vostra ipocondria, la presenza, nella vostra musica, della morte e del peccato da espiare: anche questo è colpa del catarro !?
CARLO (avvilito) Lasciatemi, signore. Ho solo la forza di piangere mio figlio…
FONTANELLI Oggi stesso, per quanto possa apparirvi incomprensibile, potreste guarire! Esiste una parola precisa e, se la pronuncerete, rivivrà anche il vostro corpo….
CARLO E come!? Quale sarebbe!?
FONTANELLI A tempo e luogo….Vi propongo di incamminarci verso i vostri fantasmi, gli stessi che vi tormentano da anni.

(Carlo reagisce stizzoso)

CARLO Non ho alcuna intenzione di confessarmi! Non siete un sacerdote e, inoltre, non vedo alcun tribunale nel quale far valere le mie ragioni!
FONTANELLI Non ci sarà collegio, né mastro d’atti, e nemmeno pena alla quale sarete condannato poiché la state già scontando con i vostri incubi!

(Carlo torna intimidito e piagnucoloso)

CARLO Sono storie vecchie….e qualsiasi cosa sia avvenuta, ormai, non ha più rimedio…
FONTANELLI Se non sarete voi a guardarli in faccia, saranno loro a venirvi a trovare, per sempre!

(I due restano a fissarsi per qualche istante. Carlo rompe il silenzio. Ora appare deciso, concreto) 

CARLO Alle corte: cosa ci guadagnerò?
FONTANELLI Il sonno. La notte che avete ucciso dieci anni fa, ha fatto strage di tutte le notti a venire. Lasciatemi entrare per vedere ciò che vedete solo voi!

(Carlo lo fissa. Poi si alza)

CARLO Possa sostenervi tutta la pietà di questo mondo, e così sia.

SCENA VI

(Si volta verso il fondo e la luce scopre la scena nel suo totale: a terra, da destra a sinistra, si vedono spade, lance, pugnali, veli rossi, carte, plichi, pietre e tubi di ferro, in poche parole, materiale di risulta. In fondo, in posizione centrale,in cerchio, poggiando schiena a schiena, ci sono sei personaggi. Carlo si dirige verso il gruppo, Fontanelli lo segue. Uno dei sei personaggi si stacca e assume una posizione centrale.)

CARLO Julius Escobar è il Padre Generale della Compagnia di Gesù..
FONTANELLI ….Alla quale fu sempre molto devoto vostro padre.

(Escobar si rivolge ad un immaginario consesso di confratelli)

ESCOBAR “Sia lodato Gesù Cristo! Fratelli, tracciare la strada del Signore è opera irta di ostacoli. Beati sono coloro che, con le sole preghiere, possono celebrare l’Altissimo nella solitudine delle proprie celle! A noi, soldati di Cristo, spetta, invece, il duro compito di essere presenti nel mondo! Ci rendiamo doppiamente degni di merito, agli occhi di Dio e della Sua Chiesa, adoperando gli strumenti terreni….”
FONTANELLI In 40 anni, tra lasciti e donativi, i gesuiti hanno accumulato una fortuna. Un ricchissimo “strumento terreno”!
CARLO (rizelato) Le opere di bene non si fanno con le parole!
ESCOBAR “…Vadano, quindi, tutto il nostro affetto, e la nostra attenzione, a benefattori quali don Fabrizio Gesualdo, Principe di Venosa!”
CARLO Mio padre era un uomo devoto…
FONTANELLI ….e molto facoltoso! Un dono del cielo per Escobar!
CARLO (c.s.) Parlate come una serva pettegola!
FONTANELLI Un immenso patrimonio ed altissime protezioni! Fratello di un cardinale e cognato di Carlo Borromeo! Questi sono fatti, signor Principe!
CARLO (piccato) In casa di mio padre ho respirato l’arte! Dopo la morte di mio fratello fui la sua sola consolazione! Egli aveva doti non comuni…
ESCOBAR (estasiato) “…Novantotto feudi! Con la contea di Conza, il marchesato di Santo Stefano, il ducato di Caggiano ed il principato di Venosa! Fratelli, aiutiamo l’illustrissimo signor Fabrizio a lastricare di buone azioni la sua strada verso il Cielo! Grazie alla sua generosità trasferiremo a Napoli il collegio per i novizi! La Divina Provvidenza ha fatto sì che la Nobildonna Maria di Cardona, prima di rendere l’anima al Signore, disponesse il lascito di un edificio sulla collina di Pizzofalcone alla Compagnia di Gesù! Per l’abbellimento e la cura del palazzo, il Principe di Venosa disporrà un’assegnazione di diciottomila ducati!”
FONTANELLI ……che, sfortunatamente, non furono sufficienti.
CARLO Gli eredi della nobildonna impugnarono il testamento.
FONTANELLI …ed il dono di vostro padre servì, a malapena, per l’acquisto dell’edificio. Una spesa non prevista per Escobar…Serviva una cifra molto più alta!

(Escobar è in ginocchio e prega)

ESCOBAR “…..Trecentomila ducati! Signore Iddio, in quest’epoca di carestia, e tumulti, guarda con favore ai Tuoi servi operosi! Non sfamare la plebe empia che squarta Starace, l’Eletto del popolo, e ne dissemina il corpo ai quattro angoli della città! Ristora, invece, la fame di Santità dei Tuoi fedeli!
Trecentomila ducati! Il signore di Venosa ha perso un figlio, e l’altro rifugge il mondo….Egli ha donato tre chicchi di grano possedendone migliaia di acri! Sarà pur giusto fargli elargire un quarto del suo raccolto!?”
CARLO Mio fratello, Luigi, era morto da poco più di un anno. Mio padre mi disse che ricchezze e casato erano in pericolo…dovevo sposarmi….

(Fontanelli e, in alternanza, Escobar; quest’ultimo come se si rivolgesse a Fabrizio Gesualdo)

FONTANELLI Maria D’Avalos, vostra cugina, ha 29 anni, 6 più di voi. E’ bella da far impallidire gli angeli!
ESCOBAR (mellifluo) “ Un’ottima scelta, Don Fabrizio! La sposa è bellissima…forse troppo. La bellezza non è una virtù quando si è tanto….sfortunate….”
FONTANELLI E’ al suo terzo matrimonio, non sono sopravvissuti figli. I due mariti si sono spenti in giovane età…
ESCOBAR “…Sarebbe delittuoso dar credito a tali maldicenze ma, si mormora, che i poveretti vennero spenti dall’eccessivo entusiasmo della giovane sposa per le pratiche …“da talamo”. La semplicità della gente sfiora l’ignoranza…”
CARLO Mai si vide sposa così bella e così magnificentissima! Salimmo le scale di San Domenico; sul viso aveva un velo, appuntato sugli splendidi capelli biondi….
ESCOBAR “….Plaudiamo alla gioiosa unione! Vostro figlio Carlo saprà far onore al vostro nome, e Donna Maria affinerà la propria attitudine a diventare madre ma…..se, nonostante le più cristiane e sante intenzioni, non dovesse esserci discendenza, cosa accadrà del vostro nome? I vostri beni si perderanno oppure andranno ad arricchire qualche vostro pari? E se, invece, fossero usati per una santa causa? Centinaia di novizi, dalla collina di Pizzofalcone, leverebbero lodi e preghiere per eternare il nome dei Gesualdo…!”

(Buio su Escobar) 

SCENA VII

(Carlo e Fontanelli passano oltre e la luce scopre due personaggi a colloquio: la donna ha circa 30 anni, è spigliata, ironica e allegra; l’uomo è intorno alla quarantina, appare un tipo tranquillo sebbene costantemente in agguato, a tratti è ruvido e vagamente minaccioso)

SILVIA “T’ ‘o giuro Bardò: essa, ‘o vero, s’è sfatediata! E pe’ fforza! Tu comme te sentisse a tenè dint’ ‘o lietto chello cat’ ‘e cuollo!?”
PIETRO “Nennè, ammesurate ‘a valanza….‘o ssaje ‘e chi staie parlanno, si!?”
CARLO Silvia Albana è la creata di Maria. Lui è Pietro Maliziale, detto Bardotto, è da sempre al servizio della mia famiglia.
FONTANELLI Stanno parlando di voi…

(Carlo fa cenno di si)

CARLO Si dice che i destini dei grandi siano preannunciati da segni sorprendenti….il mio, dai pettegolezzi delle comari….
SILVIA “…Si nunn’è ‘a musica, è ‘a caccia….si nunn’è ‘a caccia, è ‘a musica….ca, po’, manco m’aggarba chella musica llà!”
PIETRO “Ca vuò capì tu! ‘E meglie letterate spantecheano pe’ l’arte ‘e don Carlo, e a essa nun ce aggarba!”
SILVIA “M’add’ a piacè a fforza!? Nun m’ aggarba! Troppo nu chianto! Na morte! Na litania! Mamma mà! Ih ca tauto!”
PIETRO “Lieve mano….nunn è cosa pe’ tte…”
SILVIA “Mò, ie sarraggio pure gnurante, ma….’onna Maria?”
PIETRO “E dalle! Ca tiene a dicere!?”
SILVIA “Chella, ‘e primme tiempe, iera pure affezziunata, nun dico ‘e no….po’, ha capito ‘o tipo e allora….”
PIETRO (più minaccioso) “E allora!? Tu, ‘o vero, te vulisse arrecettà!?”
SILVIA “E comme te faie brutto! C’aggio ditto ‘e male!?”
PIETRO “’E male? Niente! ‘E supierchio, assaje! Dice sulo ca songo….diverze…”
CARLO Guardavamo in direzioni opposte…
FONTANELLI La principessa si annoiava, e la noia prepara il campo a nuove tentazioni…
SILVIA “…L’aviv’ a vedè! Comm’era bella! Quann’è trasuta dint’a sala, add’ ‘e Sanseverino, tutte l’ate femmene parevano cusarelle! ‘A meglia ‘e lloro, ‘nnanz’ a ‘onna Maria, era na sfelenza! Addò passav’ essa, ll’uocchie ‘e tutte ll’uommene, ‘a secutavano, e essa, ca è na figlia ‘e ntrocchia, s’ ‘e ssenteva ‘ncuollo, e se papariava…” 

(A queste parole l’atteggiamento di Pietro diventa stranamente insinuante)

PIETRO “Tiene ll’uocchie fine e, allora, famme sentere: nunn’è ca quaccheduno s’è allanzato nu poco ‘e cchiù?”
SILVIA “Cu chi!?”
PIETRO (ironico) “ Cu ssoreta! ‘E chi stammo parlanno? D’’a principessa!”
SILVIA “ Azzò! Po’ dice a mme…! Tu faje st’ inciuce!”
PIETRO “T’aggio fatto sulo na domanda e po’, veco, ca s’infurmata bbuono…”
CARLO Da pochi mesi aveva saputo di essere in attesa di Emanuele e già era iniziato un incontro di sguardi e di messaggi con il Duca D’Andria…
SILVIA “…Ma quanno maje! ‘A principessa, mò, sta pure prena….ca manc’ ‘o ssaccio comm’ha fatto cu chillo marito….comunque: è na femmina onorata, e nun fa carte!”
FONTANELLI La serva sembra sincera, ne era a conoscenza?
CARLO Era solo un sussurro, ma la voce girava per tutta la città….
SILVIA “…Nce ave fatto ‘a prova ‘on Giulio Gesualdo, ‘o zio d’ ‘o patrone…”
PIETRO “…Nun dicere strunzate!”
SILVIA “ Nun te ne si’ addunato ca ‘on Giulio ha pijato nu palillo propeto mmiez’ a ll’uocchie cu Donna Maria!? Ancora sta tutto ‘ntrunato!”
PIETRO “…Si’ ‘on Carlo te sentesse, saje addò te mannasse…!?”
FONTANELLI Vostro zio insidiava la principessa, lo sapevate?
CARLO Avremmo incontrato molte infamità e menzogne, abbiate pietà per tutte queste miserie….
SILVIA “…Don Giulio tene na fissazione! Pe’ na bella femmena, se vennesse ll’anema! Ma donna Maria nunn’è ciore ca po’ cogliere isso…”
PIETRO “….soprattutto si ‘o ciore se vo’ fa cogliere ‘a quacchedun’ato…”

(Pietro si allontana)

SILVIA “…Ca vulisse dicere, Bardò!?”
PIETRO “Statte bbona…janara!”

SCENA VIII

(La luce si sposta su altre due persone. Una di queste è un prete; egli è seduto nell’atto di ricevere la confessione da una fedele. Il volto del sacerdote non è riconoscibile: un cappuccio gli copre completamente il capo. L’altro personaggio è una donna di origini chiaramente popolari e dalle maniere spicce. Il prete le impartisce, all’inizio della confessione, la benedizione; la donna si inginocchia al suo fianco…)

PRETE « In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti … »

(La donna velocemente si segna)

LAURA “Ie me chiammo Laura Scala…”
PRETE “Il tuo nome non ha importanza, figliola….”
LAURA “….e mmece, ‘a tene!”
PRETE “Il Signore non considera la tua provenienza…”
LAURA “E ll’avves’ a fà! ‘E nomme, se l’avess’ a signà! Pecchè, neh, vuie gesuite nunn’ ‘o facite!?”
PRETE “Noi diamo conforto a tutte le anime…”
LAURA “…ma si ve ‘ntuppate p’ ‘a via cu na scasata, ca sta ‘e casa ‘vascio a nu fondaco, una scaveza e zuzzosa…‘a salutate? No! Vutate ll’uocchie e ‘a schifate! Nun me dicite cchiù ca ‘nnanz’ a Ddio simmo tutte eguale, pecchè nun ce credo! Ce sta na differenza fra na lacerìa e una, comm’a mme, ca è criata di Don Carlo Gesualdo, principe di Venosa, e della mogliera soia Principessa Maria D’Avalòs! Cheste ccose, Ddio, l’add’ a sapè!”
(Il tono del prete si fa più interessato, meno distratto…) 

PRETE “Vorrei sapere cosa c’entra il tuo lavoro, presso questi nobili signori, con la tua confessione…”

(Laura appare titubante, quasi imbarazzata)

LAURA “…Ce trase…pecchè ie, pe’ mme, nun facesse tante peccate…‘e ffaccio pe’ ll’ate…pe’ l’affezzione…”
PRETE “E chi ti induce a peccare? Il tuo padrone?”

(Laura fa cenno di no con il capo. Carlo e Fontanelli si avvicinano alla donna e si inginocchiano accanto a lei)

LAURA “….E’ donna Maria….Ma vuie site prevete, si!?”
PRETE “Il segreto della confessione è sacro!”

(Laura appare rinfrancata ed inizia a spiegare)

LAURA “Meno male và….Cu decenza parlanno: chella femmina, tanno è bella? E tanno tene ‘e ppigne ‘ncapa! Ie nce ll’aggio pure ditto: “’Onna Marì, ‘o matrimonio è sacro! Mò mò avite sgravato e vulite trasì mmiez’ a sta Ddio ‘e jacuvella!? Sul’ ‘e ccose ca nun se fanno, nun se sanno….” Niente! Mò, sarrà c’ ‘o marito nunn ‘a cunzidera e ca sta sempe sulagna… sarrà puro pecchè essa è troppa…“Vullente”…ce capimmo….Inzomma: ‘a principessa m’ha miso mmiez’ a nu diece ‘e guaio co Ddio….”
PRETE “Cosa c’entra Dio con tutto questo!?”
LAURA “Ancora nun m’avite capito!? V’aggi’ a spiecà tutt’ ‘e ccose!? Ve facevo meno “tuosto”…..”

(Si guarda attorno nel timore che altre orecchie indiscrete possano ascoltare quanto sta per dire) 

LAURA “ ‘Onna Maria s’è ‘ncapricciata ‘e uno…..e puro chisto s’è nnammurato ‘e essa….”
PRETE “E’ una vostra impressione?”
LAURA “Oh che! Mò m’ero ‘mpressiunata! E’ essa ca me fa fà ‘e peccate!...Comm’ ‘a chiammasseve, vuie, a una ca tene mano a na mogliera, nzurata, ca tene na tresca co n’ato ommo, ‘nzurato pur’isso, cu tre figlie, e ca nunn è manco ‘o marito?”
PRETE “ ‘A chiammasse “Ruffiana”!”
LAURA “Avite ditto bbuono! P’ ‘o bbene c’ ‘a voglio, ie faccio ‘a ruffiana a Donna Maria D’Avalòs! Porto ‘e ‘mbasciate, ‘e bigliettielle….”
PRETE “Questo non vorrebbe dire….potrebbero essere biglietti spediti per semplice cortesia….per proporre un affare….e poi, sicuramente, voi non sapete leggere…”
LAURA (polemica) “ ‘O vero? V’ ‘o credite vuie! Ie saccio leggere…me l’ha ‘nsajato stesso donna Maria…pure pe’ chesto songo riconoscente..e ve dico ca pe’ mmò, ancora nunn’ è succiesso niente, ma è quistion’ ‘e tiempo: chille, appena teneno ‘o canzo, fanno nu peccato…“serio”…”
PRETE “E lui….chi sarebbe?”
LAURA (spazientita) “ Uh Marò! Vuie state ancora a “chi sarebbe”!? Nun me credite!? Avite a chiedere “chi è”!”
PRETE “D’accordo: lui chi è?”
LAURA (imbarazzata) “Ve ll’aggi’ a dicere a fforza?”
PRETE “Hai detto il peccato, la peccatrice…manca il peccatore…Questa tua incertezza mi fa capire che stai calunniando un innocente! E la calunnia mena all’inferno!”
LAURA (di impeto) “Quanno maje! Ie nunn aggio calunniato a nisciuno! Si ve dico ca, pe donna Maria, faccio ‘a ruffiana c’ ‘o Duca D’Andria, don Fabrizio Carafa, m’avit’ a credere!”
(C’è un attimo di sospensione; il prete riassume un tono ed un atteggiamento di grande calma)

PRETE “Ti credo, figliola…”

(Si alza, Laura resta in ginocchio, lo tira per la manica) 

LAURA “..E ‘a penitenza nun m’ ‘a date?”
PRETE “…Tre Pater Noster e due Ave Maria….”
LAURA (insistendo) “….E la benedizione nun m’ ‘a facite?”

(Carlo e Fontanelli si segnano e pregano a bassa voce)

PRETE “ Ego te absolvo in nomine patris, filii, et spiritus sancti”
LAURA “ …E ‘a vota ca vene, arricurdateve : me chiammo Laura Scala…e Ammenne !”

(Buio sulla donna, luce solo sul prete, e su Carlo e Fontanelli che sono in preghiera)

SCENA IX

FONTANELLI “….E non ci indurre in tentazione…”
CARLO “…Ma liberaci dal Maligno….”

(Il prete si toglie il cappuccio e appare Padre Escobar)

ESCOBAR “ Illustrissimo Don Fabrizio Gesualdo! Innalzate la vostra anima a Dio e confidate nei Suoi veri prodigi perché, con altri, Satana ci conduce alla perdizione!...”
(insinuante)
“ Da quale “prodigio” pensate provenga la discendenza di vostro figlio Carlo!?”
(scandendo)
“ SCANDALO…eccellentissimo Signore! Si mormora, certezze non ve ne sono ma…..se la vittima di tali dicerie fosse cristianamente inconsapevole delle insane passioni che scatena, e che la voce del popolo le attribuisce, allora, io per primo mi leverei a suo baluardo! Ah signore…che disdetta! Se la sua santità fosse pari alla bellezza, intoneremmo subito il Magnificat per una nuova anima eletta!”
(nuovamente insinuante)
Ma…..si sussurra di danze, di sguardi penetranti come stiletti e, poi, biglietti ed improvvisi mancamenti che, secondo molti, svelerebbero la particolare attitudine di Donna Maria, per le subdole arti del Demonio!...”

(Carlo gli si rivolge; ovviamente Escobar, nella sua prossima battuta si raccorderà sempre alla propria e precedente) 

CARLO Trai il coltello dalla tonaca, prete! Se ogni fiume ha un’origine, ed il suo delta è una storia già scritta, contro chi punterò la mia lama!?
ESCOBAR “….E’ l’illustrissimo Duca D’Andria, Fabrizio Carafa, a raccogliere sguardi e messaggi!
Vegliate, Signore di Venosa, prima che lo scandalo, solo mormorato, diventi onda che ruggisce e risata del volgo!”

SCENA X

(Luce su Silvia e Laura; la prima, sullo sfondo, sta ripiegando delle vesti femminili, la seconda, invece, sembra rivolgersi a Maria D’Avalos in tono complice e molto preoccupato….)

LAURA “ Patrona mia, vuie state sbarianno! Vuie perdite ‘a capa e ‘a perdo pur’ie appriesso a vuie! Ccà, si ‘o fatto nun jesce, nce ‘a taglieno a tutt’ e ddoie! A ‘o marito vuoto nce avite ditto ca vulite vedè ‘e vattiente a Chiaia!? E isso c’ha ditto? Se l’he ammuccato?....”

(Carlo e Fontanelli assistono; Carlo inizia a dare segni di impazienza)

“ E Carafa? Addò s’appustiasse? Dint’ ‘a casa ‘e Don Garza!? ‘A penzata è bona, ma tenite ment’ a ‘a genta! Pur’ ‘e prete teneno ll’uocchie!”

(Carlo, d’impeto, si allontana, si spegne la luce sulle due donne)

SCENA XI

CARLO Non voglio andare oltre! Il rimedio è peggiore del male e il ricordo accresce solo dolore e vergogna!
FONTANELLI Dovrebbe prendervi la compassione, non l’ira. Solo quando saprete pronunciare con tutto il vostro cuore una parola, potrete dirvi guarito.
CARLO Al diavolo i vostri enigmi, Fontanelli! Quale sarebbe questa parola miracolosa!?
FONTANELLI E’ troppo presto. Abbiamo ancora molto da ascoltare…
CARLO E allora, tenetevela! I miei malanni mi rodono il corpo, non l’anima!

(Improvvisamente, materializzandosi dal buio, appare l’abate Adinolfi. Egli, quasi, si abbarbica sulle spalle di Carlo il quale appare terrorizzato)

ADINOLFI “ Signor Principe, ricordate ancora il mio nome…?”
CARLO Adinolfi! Cosa volete da me!?
FONTANELLI I vostri spettri non sono ancora sazi.
ADINOLFI “…Perché fui l’unico a non essere premiato!? Proprio io vi dissi che Napoli attendeva un vostro gesto…!”
CARLO E lo ebbe!
ADINOLFI “…Ma io vi suggerii il come e il quando….”
CARLO Per la legge e per gli occhi del mondo, ero nel mio diritto!
ADINOLFI “…Dio punirà gli empi al pari degli irriconoscenti…!”

(Carlo con rabbia e disperazione) 

CARLO Andate via!

(Adinolfi scompare; Fontanelli si avvicina a Carlo, che si copre il viso con le mani, e con delicatezza lo prende sottobraccio e si dirige con lui verso il fondo della scena)

SCENA XII

(Luce su Silvia, entra Laura dalla destra; è trafelata, si volta ogni tanto con evidente preoccupazione. Silvia è infastidita e si volta ostentatamente dall’altra parte per non guardarla)

LAURA “E mò ca miette a ffà ‘o musso!? Pare c’ ‘a colpa è ‘a mia…Essa è vuluta venì a vedè ‘e vattiente!”
SILVIA “…C’ a mme, me fanno proprio schifo…”
LAURA (indispettita) “ ..E a essa, no! A ‘onna Maria nce aggarbano, vide nu poco!”
SILVIA “ Mò addò stà?”
LAURA (con imbarazzo) “Dice ca se senteva troppo accaldata….”
SILVIA “ Nun fa stu cavero…Pareva cchiù na “mossa”…na finzione…”
LAURA (inalberandosi) “ E ca ne saje tu!? Facisse ‘o miedeco!? Essa s’è ‘ntisa malamente…stevemo abbecinn’ a la casa ‘e don Garza…e pe’ falla reciatà, ll’aggio accumpagnata…”

(Silvia, aggressiva e polemica)

SILVIA “ Obbilloco! E ie ccà te vulevo! Pecchè l’avive accumpagnà sulo tu!? Nun putevo venì pur’ie!?”
LAURA “ Eh si! Mò facevemo ‘a prucessione…!”
SILVIA (provocatoria) “ Stu fatto nun me sona…’Onna Laura, te penzasse ca fusse ‘a serva toja!? Ddoie simme? E ddoie erem’ a jì!”
LAURA (per le rime) “ ‘Onna Silvia, mò v’avess’ a chiammà c’ ‘o nomme vuosto!?”
SILVIA “ E ca tenesse ‘o nomme mio !? Famme capì…”
LAURA “ Niente. Se chiamma: ‘ntrichessa!”
SILVIA “Aggio capito: vuò fa venì a disturbata propeto miezz’ a Chiaia….Ma ie nun m’ammesco cu te, ruffiana!”
LAURA “ Appila chella vocca! Si tenisse cerevelle, te muzzecasse ‘a lengua, tu sola!”
SILVIA “ E c’aggio ditto ‘e male!? Tu faje sti putecarelle!”

(Laura si guarda attorno molto preoccupata, Silvia la osserva e d’improvviso mostra di aver inteso…)

SILVIA “ Aggio capito tutt’ ‘e ccose!”

(Finge di avere uno sbandamento, Laura la sorregge e appare sempre più tesa)

LAURA Che ffaje!?
SILVIA (languida) “ Niente…sto “accardata”….Accumpagname pur’a mme da Don Garzya…”

(Laura scatta come una molla)

LAURA “ Fusse asciuta pazza!?”
SILVIA (insinuante) “ E pecchè!? Nun pozzo sentì cavero!? Po’ essere ca tengo pur’ie ‘a corta e, c’addereto ‘a porta, m’aspetta nu bello giovane tale e quale a don Fabrizio Carafa…”
LAURA “ Statte zitta!”
SILVIA “ E allora, voglio vedè!”
LAURA “ Si faje n’ato passo, t’arap’ ‘a capa a ddoje parte!”

(Silvia fa il gesto di voler passare, Laura si frappone; le due donne si guardano in cagnesco per qualche istante, poi Silvia scoppia in una risata e si ritrae. Carlo e Fontanelli guardano verso le quinte) 

SILVIA “ Nun ce tengo proprio…Po’, sti fatte, se sapeno….Me pare d’ ‘o vedè…”
CARLO (a Fontanelli) Non mi costringete anche a questo!

(Fontanelli pone un braccio sulla spalla di Carlo che abbassa il capo)
SILVIA “ Essa, trase….Carafa s’è accuvato ‘a ‘ret’ ‘a porta e, all’intrasatta, essa, s’ ‘o sente ‘ncuollo! Voleno lacce, veste e stringhe, isso ‘a spampanea…Essa ‘o vò assaggià e se fa ‘a vocca a stu senzo…Teneno vocca e lengua, ma s’arricordano, puro, ca teneno quacchata cosa…..
(Alza le mani, le distende e, con gran fragore, le unisce)
Trase na sengha ‘e sole dint’ ‘a casa ,comm’a mmò, Carafa trase dint’a Maria!”

(Carlo, con forza, si libera dalla stretta di Fontanelli e si allontana per non guardare più. Fontanelli lo segue e resta accanto a lui. Silvia, intanto, pare in estasi, ad occhi chiusi)

SILVIA “…..E po’, song’ammore e carna….sanghe e carna….ammore e sanghe…!”
LAURA “Avascia ‘a voce, stuppola, e fatt’ ‘e fatte toje! ‘A si no, ccà, vedimmo sulo sanghe, e nient’ammore!”

(Buio sulle serve) 

SCENA XIII

FONTANELLI …Vi riferirono questo episodio, e decideste di vendicarvi….
CARLO Non seppi nulla, né di questo incontro, né degli altri..Solo l’ignoranza ci rende felici…Io ero un uomo tranquillo e, nonostante quanto dicesse la gente, sapevo amare e dare tutto me stesso al mondo che mi ero costruito attorno….Ma qualcuno sa, e mi richiama al dovere!
FONTANELLI …Era una scelta. Siamo liberi di preferire il bene al male…
CARLO (con rabbia) Di quale libertà parlate , quando il vostro mondo è travolto da una conferma che non potete più ignorare!?







SCENA XIV

(Luce su Giulio Gesualdo. Egli è immobile, rigido, ha lo sguardo rivolto verso il basso. Carlo resta, anch’egli, impietrito a fissarlo; Fontanelli, invece, gli si avvicina)

GIULIO “ Nobilissimo nipote, una è la voce e si precipita dal Cerriglio fin sotto le nostre finestre a San Domenico Maggiore…!”

(Fontanelli cerca di incrociare il suo sguardo, anche abbassandosi, ma Giulio, ostinatamente, evita di incontrare il suo sguardo e continua a tenere il capo basso. Fontanelli si rivolge a Carlo) 

FONTANELLI ..Se solo aveste potuto guardarlo in faccia, signore!
GIULIO “…E’ la voce delle bagasce che insozzano il nostro nome!”
FONTANELLI (c.s.) …Forse avreste fermato il veleno sul limitare del vostro cuore, ed avreste esitato!
GIULIO “…La voce è potente e veritiera: vergogna su Carlo e Giulio Gesualdo! Colei che credevi moglie e madre virtuosa, è bagascia d’altri e ha macriato la tua casa! Una volta si concedeva, quale baldracca da strada, nei portoni del Borgo di Chiaia, ma già da qualche tempo, questa locena, si concede sotto il tuo stesso tetto al Duca D’Andria! Io l’ho vista! 
Alla quinta ora della notte, ogni notte, giunge un segnale dalla Piazza, lei si affaccia e l’infame imbocca veloce la porta che dà sulla slargo e, per la ripida scala, sale fino alla sua camera da letto…”
(Giulio, continua, ostentatamente, ad evitare lo sguardo di Fontanelli)
“….qui si intrattengono fino all’alba, aggiungendo nere colpe al peccato già infernale! Già si vocifera che tuo figlio Emanuele sia un bastardo e che un altro sia in arrivo!
Come intendi lavare questa mortale ferita, signore di Venosa!?”

(Fontanelli, con decisione, gli prende il viso e, con forza, gli alza il capo. Sul volto di Giulio, irato, e stravolto dalla rabbia, batte una luce rossastra. Carlo, terrorizzato, compie alcuni passi all’indietro. Fontanelli gli si rivolge..)

FONTANELLI …Eccolo il vostro consigliere!
GIULIO (con ferocia) “ Satana granne e putente! Tieneme mano! ‘A gelosia m’ha arrusecato ossa e core! Essa nun me vulette e, ie, avesse renneiato Ddio, sulo pè vevere mmiez’ a li cosce soje!
Ma Maria, nun me dette recietto e ie, p’ ‘o paraviso ca nun me rialaie, ‘a dong’ ‘o ‘nfierno!”

(Buio su Giulio)

SCENA XV

(Carlo, perso e spaventato, si tormenta le mani, appare fragile ed indifeso: Fontanelli, dall’altra parte della scena, vaga fra le macerie come se lo stesse cercando e non riuscisse a trovarlo; Si avvicinano a Carlo Pietro Maliziale e l’abate Adinolfi, Carlo si rivolge a loro)

CARLO “ Cosa fare, amici!? Le mie mani sono solo capaci di armonie e suoni che fanno affiorare l’anima!”

(Bardotto e Adinolfi ridono)

PIETRO “ E di questo si tratta, signore! Di far “affiorare l’anima”! ”
ADINOLFI “Il nostro principe ha bisogno di consigli ed incoraggiamenti…”
(suadente)
“ E’ come la musica! Se, improvvisamente, il vostro talento diventasse maldestro e disegnasse sullo spartito armonie banali, cosa chiedereste alla vostra mano?”
CARLO “ Di distruggere lo spartito!”
PIETRO “ Esatto! Strapparlo pezzo per pezzo!”
ADINOLFI “ Ci siete, caro signore! La vergogna vi è piovuta sul tetto. Sarebbe possibile, adesso, nasconderla? ”
PIETRO “ Certamente no! Ha fatto gran rumore ed ha svegliato l’intera città..”
ADINOLFI “..E allora, rendetela talmente conoscibile a tutti, da mutarla in una rinascita!”
PIETRO “ Vendetta, signor principe!”
CARLO (spaventato) “ Non è nella mia natura!”
ADINOLFI “ L’ingegnere progetta, l’operaio esegue…e voi non sarete un muratore…”
PIETRO “…per questo, ci sono persone che, per voi, darebbero la vita in cambio di poco…”
ADINOLFI “…e poi, ci sarà sempre il vostro abate che saprà suggerirvi il come ed il quando…”

(Carlo si guarda attorno con apprensione, nota che Fontanelli sta vagando; con fare complice si apparta con i suoi due compari)

CARLO Abbassate la voce! Siate rapido e preciso come una mezzanotte in una sera d’estate…
ADINOLFI “ Vendetta ed impunità! Questa è la formula. Sarà necessario versare sangue per riacquistare rispetto alla vostra famiglia.. Il fatto è nelle mani di chi vi è fedele ma, voi, ricordatevi di me…”

(Fontanelli ha scorto Carlo e gli si avvicina; il principe mette una mano sulla bocca di Adinolfi affinché il nuovo arrivato non senta ciò che gli è stato appena detto. Adinolfi e Pietro si inchinano, e indietreggiano fino a scomparire)

SCENA XVI

FONTANELLI L’abate deve custodire misteriosi segreti, visto che, ogni volta, gli imponete di tacere…
CARLO (con imbarazzo) Adinolfi e Maliziale mi esprimevano, ancora una volta, una fedeltà che, oggi, mi è difficile da sopportare.
FONTANELLI Furono tra coloro che vi aiutarono?



CARLO No! Loro, quella notte, cercarono di placare la mia ira poco prima che uccidessi Maria ed il Duca D’Andria. Io ho fatto il possibile per evitare la tragedia. Usai le stesse frecce che mi avevano ferito…le voci della gente! Feci in modo di avvertire Carafa della mia rabbia e dell’offesa che avevo conosciuto….
FONTANELLI L’avvertiste dei vostri intendimenti?
CARLO (con rabbia) Non avevo intendimenti, né progetti! Tutto avvenne per istinto! Lui capì….cercò di porre rimedio…disse a Maria che non si sarebbe più recato nella mia casa, e lei rispose….


SCENA XVII

(Luce su Laura che legge un biglietto) 

LAURA “ Se il vostro cuore ha paura, la natura ha sbagliato, una prima volta, generando un cavaliere dall’animo di donnicciola, e una seconda volta, creando una donna come me, che ha l’animo di un cavaliere…”

(Luce anche su Sivia)

SILVIA “ Azzò! He capito comme l’ha responnuto!?”
LAURA “ Sssst! Ce ne sta ancora, siente ccà: “Fa vergogna ad un nobile come voi mostrare la stessa viltà di un plebeo! E, quindi, se avete paura, strappate dal vostro petto il mio amore, e non vi fate più vedere! Alle ragioni che avete detto, dovevate pensarci prima…”…”
SILVIA “ Tene ragiona pur’ essa…”
LAURA “ C’add’a tenè raggiona!? Mò, uno, nun ce po’ ripenzà!? Comunque, nunn’è fernuto….
(riprende a leggere) …. “…dovevate pensarci prima…”
SILVIA “ Chesto, già ll’haje ditto..”
LAURA (piccata) “ Avevo perzo ‘o signo! E vedimmo nu poco si me fa fa…: “….dovevate pensarci prima…”

(Guarda con aria di sfida Silvia che, platealmente, si mette una mano davanti alla bocca. Laura è soddisfatta e continua a leggere..)

LAURA “…E non ora che il dardo è lanciato!..”
SILVIA “ E ca fusse stu “darto” !?”
LAURA “ ‘O dardo! ‘A frezza! Comm’a chiame tu!? Gnurante!” (riprende a leggere) “ …Non dovevate amarmi, né io dovevo amare voi…Insomma: io così voglio, così comando né, al mio ordine, si dia replica, se non volete perdermi per sempre!”
“ Nunn’ave manco firmato! Nce ha miso ‘o stemma d’ ‘e D’Avalòs!”
SILVIA “Uanema d’ ‘o Priatorio! E’ propeto femmena!”
LAURA “ E’ propeto scema, he a dicere! Ccà, vene trubbea! Te ne si addunata ca, dint’ ‘o palazzo, manco na porta se chiude cchiù!?”
SILVIA “ Se sarranno scassate…”
LAURA “ Sé, sé…mò era ‘o suricillo ca ‘e scassava…”
SILVIA “ ..Pò essere ca è stato ‘o munaciello!”
LAURA “ ‘O munaciello ‘e chi t’è mmuorto! Ccà, nce vogliono fa fa ‘a fine d’ ‘e zoccole!”
SILVIA “ Ah! Nun l’aggio ditto ie….Haje ditto tu ca si na zoccola…”
LAURA “ Pe ccierto, meno ‘e mammeta!...Nce ‘o porte tu a don Fabrizio?”
(Silvia non risponde, finge di non avere sentito) 
“Aggio capito: nce vaco ie…”

(Fa per uscire)

SILVIA “ Laura…secondo te…Carafa ce vene ancora add’ ‘a principessa? Pe mme, nun vene cchiù..”
LAURA “ Ammore, nunn’è pe’ l’ommo basato…Ammore è na pazzia! ‘E ‘nnammurate so’ tutte pazze!....Carafa, ce vene!”



SCENA XVIII 


(Buio, e nel buio, si ode clangore di armi, urla, due colpi d’arma da fuoco e, poi, voci sovrapposte che così recitano…)

MICENE “…ed io sottoscritto, Giovan Domenico Micene, mastro d’atti di essa Gran Corte, ci siamo conferiti in casa di detto signor Don Carlo…”
PIETRO “ Signori, vi dirò la verità. Martedì 16, Don Carlo, cenò alla terza ora della notte nella sua stanza….”
MICENE “…Per Nostro Altissimo Ordine, Noi, Juan de Zuniga, Conte de Miranda, disponiamo che essendo nota la giusta causa…”
SILVIA “…..sentett’ e sunà ‘a quinta ora d’ ‘a notte quanno Donna Maria me chiammaie…”

(Di colpo, luce, e cessa ogni voce. Fontanelli in proscenio e, poco discosto da lui, sullo sfondo, Carlo a capo chino…) 

FONTANELLI Tu m’uccidi di empio amore omicida,
e vuoi ch’io taccia,
e che il mio morir non gridi!?
Non può tacere l’aspro martire
che và davanti alla morte
ond’io ne vò gridando:
Crudele! Io muoio amando!

FINE I ATTO



II ATTO

(Sulla destra della scena, ad incrociare la parte finale della comune, si leva una pesante ed alta cattedra dietro la quale appaiono, in piedi, da sinistra a destra, il cancelliere Giovan Domenico Micene, il magistrato della Gran Corte della Vicaria, Giovanni Sanchez, e l’Avvocato Fiscale della Gran Corte, Murzio Surgenti. Di lato, sempre in piedi, sulla comune, ci sono Carlo e Fontanelli; di fronte alla cattedra, al centro della scena, vi sono Silvia Albana e Pietro Maliziale. Micene dà lettura…)

MICENE « Die 17 Octobris 1590, in quo habitat Dominus Carolus Gesualdus… »
SILVIA (a Pietro) C’ha ditto !?
PIETRO Saccio ‘o latino ie!? E allora ca m’ ‘o chiede a ffà!?
SILVIA Mamma mà! E comme staie!
PIETRO Tu pienze a te cumpurtà bbona! M’he ‘ntiso!?

(Giovanni Sanchez dà un segnale con il campanello che si trova sulla cattedra, e tutti si siedono, ad eccezione, ovviamente, di Carlo e Fontanelli. Micene dà lettura del processo verbale)
MICENE “ Essendo pervenuto a notizia della Gran Corte della Vicaria che, in casa dell’Illustrissimo Don Carlo Gesualdo, nel largo San Domenico Maggiore, era stata ammazzata l’Illustre Donna Maria D’Avalos e l’Illustre Don Fabrizio Carafa Duca D’Andria, 
gli Illustrissimi signori Giovan Tommaso Salamanca, e Fulvio di Costanzo, regi consiglieri, ed io, Giovan Domenico Micene, ci siamo conferiti in casa di detto Don Carlo.
Nell’appartamento superiore di detta casa, e nell’ultima camera della medesima, si è trovato morto, disteso in terra, l’Illustrissimo Don Fabrizio Carafa….”
SILVIA (a Pietro) L’avite lassato annuro comm’a nu Cristo ‘n croce!
PIETRO Nun jastemmà! E po’, nun è ‘o vero…teneva ‘n cuollo ‘a vesta d’ ‘a signora… (ride)
MICENE “…Nella medesima camera, dentro il letto pieno di sangue, si è trovata uccisa la suddetta Donna Maria D’Avalos, essa aveva la gola tagliata, una ferita in testa sulla tempia destra, una pugnalata in faccia, e più pugnalate sulla mano, sul braccio destro, nel petto, nel fianco…”

(Fontanelli, incredulo, prende, fra le sue, le mani di Carlo)

FONTANELLI ….Sono le stesse che hanno segnato sullo spartito il vostro talento!?
(Carlo con forza sottrae le proprie mani a quelle di Fontanelli. Silvia si rivolge a Pietro)

SILVIA Nun ce ‘a faccio…me sento male….
PIETRO E’ stata pure opera toja, ruffiana!
SANCHEZ ….Signor Mastro d’Atti, mettete a verbale che il Presidente fa richiesta di chiarimento a Pietro Maliziale, detto Bardotto….
SURGENTI …Procediamo all’esame dei testi?
SANCHEZ Non ancora, avvocato. E’ solo una conferma di quanto il Maliziale ha già dichiarato nel primo accesso.
SILVIA Và Và…mò ce facimmo ‘e risa….

(Pietro si alza)

SANCHEZ Nel verbale è stato annotato che la porta della camera di Donna Maria presentava una serratura malfunzionante…
PIETRO E’ vero, signor Presidente.
SANCHEZ …quella porta poteva essere serrata solo con una particolare maniglia, ma lo stantaro della porta si è trovato cavato, in modo tale che con si poteva serrare, né si poteva introdurre la maniglia. Voi avete consegnato ai regi consiglieri e al Mastro d’Atti, una chiave, affermando che l’avevate trovata su una sedia, proprio nella camera di Donna Maria… Confermate quanto avete dichiarato? E, cioè, che quella chiave, che apriva la sala dell’appartamento, fosse falsa?
PIETRO Lo confermo…

(Silvia si rivolge a Pietro sibilando)

SILVIA ‘E quala chiave staie parlanno!? L’haje misa tu apposta…!
FONTANELLI (a Carlo) Cosa confermerebbe la presenza di una chiave falsa?
CARLO Ciò che è vero, e che è stato accertato…
SANCHEZ Volete, quindi, dire che la tresca fra la principessa D’Avalos, ed il Duca D’Andria era arrivata a un tale livello di spudoratezza da consentire, al Duca, l’utilizzo di una chiave falsa per introdursi nella casa di Don Carlo!?
PIETRO La chiave è falsa. Per il resto, io non mi permetto di dare giudizi….
SILVIA (c.s.) Favezo e traino…!
FONTANELLI Questo vostro servitore è molto abile!
CARLO E’ tranquillo come chi dice il vero ….
SANCHEZ …E del pertuso dello stantaro che è stato scavato? Della porta che non si poteva chiudere, cosa mi dite!?
SILVIA (c.s.) Dincello c’avite scassato tutt’ ‘e serrature…!
FONTANELLI (c.s.) A sentirne parlare così, sembra una serratura manomessa apposta….
CARLO “..Sono porte vecchie…”
PIETRO Signor Presidente, sono porte vecchie….
CARLO “…Da tempo bisognava sostituirle o aggiustare i pertusi che si erano deformati…”
PIETRO …Don Carlo, da tempo, mi raccomandava di sostituirle, o di aggiustare i pertugi che si erano deformati….
FONTANELLI Gliele suggerite voi le risposte!?
CARLO Fontanelli, mi sorprendete! Questo è solo un ricordo, sto rammentando….
PIETRO …Posso sedere, signor giudice?

(Sanchez risponde con un cenno di assenso, Pietro si siede; Silvia gli si rivolge)

SILVIA Nce aggia dicere tutt’ e ccose! Quanno me chiama a mme, t’accuoncio ie pe’ ‘e feste…!
PIETRO T’accunciammo nuie…comme ‘amma già fatto co Laura…
SILVIA (trasale) Ch’ he ditto!? 
PIETRO Nun te n’incaricà…Tu parle? E ‘a vide puro tu na bona fine…

(Sanchez fa cenno a Micene di continuare a leggere il verbale) 

MICENE “…Dopo essere stato lavato, il corpo del Duca D’Andria presentava le infrascritte ferite: colpi da punte di ferro penetranti, in testa, in faccia, nel collo, sul petto, e al basso ventre. Sotto il corpo, nel solaro, vi erano 24 buchi che parevano fatti con ferri acuti, che passavano il corpo, ed il solaro medesimo…”
SILVIA (a Pietro) Comm’a cane feroce! ‘Nguacchiate ‘e sanghe for’ ‘a puteca ‘e nu bucciere!
MICENE “…Detti 24 pertusi nel solaro furono, forse, provocati da tre alabarde rinvenute, insanguinate, nel mezzanino di Don Carlo. Una teneva la punte storta…”
PIETRO (a Silvia) L’ha menate pesante ‘o padrone! Ficcava ‘o curtiello dint’ ‘o furmaggio!
MICENE “…Sul corpo del Duca D’Andria fu rinvenuta ferita da archibugiata nel braccio sinistro che passava gomito e fianco, e una seconda archibugiata, sopra l’occhio, che perforava il capo fino alle tempie, causando una fuoriuscita di cervello. 
Sul corpo di Donna Maria si rinvenne uno stiletto recante, in cima, lo stemma dei Gesualdo, ficcato nella vagina della suddetta…”
FONTANELLI (a Carlo) Il vostro sigillo ma….(incalzante) Tre alabarde insanguinate, due colpi d’archibugio, 24 incrinature nel pavimento, ….Fu tutto opera vostra!?
CARLO (con rabbia) La vendetta mi spettava!
FONTANELLI Non mi avete risposto!
CARLO Come osate!?
FONTANELLI Come potevate, contemporaneamente, esplodere 2 colpi, sferrare decine di colpi con armi da punta e da taglio sia su Carafa che su Donna Maria, ed infierire con tre alabarde ed uno stiletto!?
CARLO (c.s.) La rabbia e la voce del mondo mi hanno armato!
SURGENTI Si passi all’escussione dei testi!
PIETRO (a Silvia) Guardate ‘e passe toje…!

(Micene legge con voce leggermente salmodiante) 

MICENE “ Praesentem actum scripsi et subscripsi propria manu, ego, Dominicus Micene, actorum magister. 
Testes examinati et recepti per me, Dominum Iohannem Sanchez. Cum interventu Domini Mutii Surgentis, Fisci Patroni, super mortem illustrissimi Domini Fabritii Carafa et Daminae Mariae D’Avalos, die 17 mensis Octobris 1590, in domu Duci Turris Majoris, ubi, ad praesenz, habitat Dominus Carlus Gesualdus cum Donna Maria D’Avalos……
Primum testem examinamus : Petrus Malitiale, alias Bardottus…
(Pietro si alza)
aetatis suae, annorum 40. Testis medio juramento, interrogatus super praesenti informatione…”
SURGENTI Maliziale, voi siete al servizio di Don Carlo da 28 anni…
PIETRO Esatto, signor avvocato…
SURGENTI Quale è il vostro compito nella casa?
PIETRO Servo il principe per il guardaroba.
SURGENTI Da quanto non vedete Don Carlo? Avete sue notizie?
PIETRO E’ partito mercoledì che era ancora buio, subito dopo il fatto, e non so dove sta.

(Silvia, a bassa voce, ironica, a Pietro) 

SILVIA Nunn’ ‘o ssaje!? Anema ‘e Ddio! E’ scumparuto comm’ a nu spireto…
SURGENTI Perché Don Carlo partì di notte? Dov’è andato?

(Pietro non risponde, ha un attimo di imbarazzo, abbassa il capo)

SILVIA (c.s.) S’è ‘nfracecata ‘a lengua?

(Pietro alza il capo, è serio, grave)

PIETRO Signori, vi dirò la verità…
SILVIA (c.s.) ‘Assa fa ‘a Maronna! Allora nun sì accussì chiaveco…
PIETRO Martedì 16, Don Carlo cenò alla terza ora della notte nella sua stanza…
SILVIA (a bassa voce, con rabbia) ‘O ssapevo! Si’ ppeggio ‘e nu chiaveco!
CARLO Ricordo perfettamente! “…Mi misi a letto…”
PIETRO …e fui io stesso a servirgli la cena…
SURGENTI In quel momento, nella stanza, erano presenti altre persone?
CARLO Certamente! Vi era Pietro de Vicario, il mio cameriere…
PIETRO “…poi, Alessandro Abruzzese…”

(Adinolfi appare improvvisamente dietro le spalle di Carlo)

ADINOLFI …e poi c’ero anch’io: Fabrizio Adinolfi, ‘o prevetiello, che tanto vi è stato utile nella questione..! E proprio di me vi siete dimenticato…
CARL Taci!

(Adinolfi scompare)

PIETRO “...finita la cena, rimanemmo da soli io, e Don Carlo..Il principe si addormentò..”
CARLO …ma verso la sesta ora, mi svegliai, chiamai Pietro, e gli chiesi dell’acqua…
PIETRO “…allora scesi nel cortile, andai al pozzo e, proprio allora, mi accorsi che il portone che menava sulla strada, era aperto. Risalii e vidi che Don Carlo si era alzato e si era rivestito…” 
“Dove volete andare a quest’ora di notte?”
CARLO Vado a caccia!
PIETRO “Perdonate, ma non ho notizia di selvaggina notturna nei dintorni!”
CARLO Vedrai la caccia che farò! Accendi due torce e vieni con me!
PIETRO “…trasse da sotto al letto una daga, un pugnale ed un archibugio, e salimmo all’appartamento di Donna Maria….”
“..Cosa stiamo facendo, Principe!?”
CARLO Ho visto, ho sentito: le voci erano vere! La vendetta è mia! Voglio andare ad ammazzare il Duca D’Andria e quella bagascia di Donna Maria!
PIETRO “..Lungo le tese incontrammo il de Vicario, Ascanio Lama, e Francesco Filippi, uno staffiere…Ognuno di loro portava un’alabarda…”

(Si ode, improvvisa, la voce di Fontanelli) 

FONTANELLI Perché!?
(I personaggi della scena si bloccano nel gesto preciso che stanno compiendo in quell’istante)

FONTANELLI ..Perchè tre uomini, alla sesta ora della notte, invece di essere a letto, dovrebbero andare in giro con delle alabarde!?

(Nuovamente appare Adinolfi. La sua presenza, anche per la crescente energia fisica, è arginata a stento da Carlo)

ADINOLFI Spiegategli il perché! L’avete condotto nel punto più oscuro del vostro inferno e tacete i miei meriti!?
FONTANELLI Lasciatelo parlare!
CARLO Basta!

(Adinolfi si dilegua, ed i personaggi si sbloccano)

PIETRO “…Vidi, allora, i tre uomini sfondare la porta di Donna Maria..”
SILVIA (a bassa voce) Nun staie dicenno na parola ca è aunesta! ‘E pporte nun se putevano serrà, nisciuno ‘e ghittaie ‘nterra!
PIETRO “…Io rimasi fuori, ma Don Carlo entrò insieme a loro..”
CARLO Ammazziamo quest’infame con questa troia!
SURGENTI Cosa udiste?
PIETRO “Due botte d’archibuglio”
SANCHEZ E urla? Imprecazioni?
PIETRO Più nulla.
CARLO Si fece silenzio per un bel pezzo…
PIETRO “…e, poi, vidi uscire i tre uomini insieme a Don Carlo che aveva le mani piene di sangue…”
CARLO Non credo che siano morti!
PIETRO “…entrò di nuovo, e, stavolta, lo seguii..”
SURGENTI Cosa vedeste?
PIETRO “Il Duca giaceva presso la porta…”
CARLO Non credo che siano morti!
PIETRO “..Don Carlo colpì ancora Carafa con la punta dell’alabarda, e affondò il pugnale nel ventre della principessa…”
SURGENTI Erano già morti quando vennero inflitte queste nuove ferite!?
PIETRO Chi può dirlo? Le mani del principe si macchiarono, ancora, di sangue vivo…
CARLO Uscii e, stavolta, per sempre, da quella stanza. Scesi nel cortile…
PIETRO “…Sentii un gran rumore di cavalli e mi accorsi che Don Carlo, i suoi staffieri, ed i servi, erano partiti…”
SURGENTI Avete altro da aggiungere?
(Pietro fa cenno di no, Surgenti si rivolge a Micene)
“E questo è quello che sa il testimone”
SANCHEZ Signum crucis…

(Tutti si segnano, Pietro si siede e, mentre i giudici parlano fra loro a bassa voce, si rivolge a Silvia )

PIETRO Mò he a scegliere si vuò campà o no…
SILVIA M’avess’ a mettere appaura ‘e te!?
PIETRO ‘O fatto è curioso: ‘o dicette pure Laura, primma ca Francesco Filippi ‘a scannava….
SILVIA Nunn’è ‘o vero. Tu vuò jucà ‘e renza cu mmico…
PIETRO Guardate attuorno….‘a vide? ‘Addò sta ‘a cumpagna toja?
SILVIA E’ fujuta…
PIETRO …assaje luntana! Nu viaggio addò nun se torna cchiù…Pienzece bbuono, Silvia..
SILVIA Si na cosa è malamente, s’add’ a dicere…
PIETRO E’ “malamente” pe’ chi? Pe’ te? E tu ca ce trase? 
SILVIA E’ malamente p’ ‘o munno…pe’ Ddio !
PIETRO Lassalo stà a Dio…Si fosse comme dice tu, avesse avuto accidere tutte chille ca ce affamano…‘o viceré…‘e nobbele e ‘e signure ca schiatteno ‘e salute, pe’ tramente ca ‘o popolo s’accatta ‘o ppane “a misura”…Dio nun vede ca ce manca ‘o ppane, pecchè avess’ a vedè tutto ‘o riesto? Fra n’anno, o doie, ‘a genta se scurdarrà puro ca simmo campate e se cuntarrà, sulo, ‘e tre signure ca se so’ scannate pe’ na quistione ‘e corna… ‘A cumpagna toja, primma ca Filippi ‘a stutava, teneva ‘a raggia ‘nfacce pecchè, all’urdemo, aveva ‘ntiso bbuono: chesta, nunn è ‘a guerra nosta, è ‘a guerra d’ ‘e signure. Nuie, nun nce azzeccammo niente cu lloro…E allora, dimme: ne vale ‘a pena?

(Silvia resta a fissare Pietro e non risponde. Si ode la voce del cancelliere Micene) 

MICENE “ Ibidem, in eodem diem, secundum testem examinamus: Silvia Albana…”

(Silvia si alza, appare molto turbata. Carlo dà segni di agitazione; il suo scambio di battute con Fontanelli si sovrapporrà a quanto sta pronunciando Micene)

CARLO Ho visto abbastanza…
MICENE “…aetatis suae annorum 20. ut dixit…”
CARLO …volete spargere altro sale sulle mie ferite!?
FONTANELLI Cosa temete più di quanto non sia già avvenuto?
MICENE “…Testis medio juramento super presenti informatione….”
CARLO Mio figlio è morto e voi continuate a tormentarmi! Non è carità cristiana!
FONTANELLI La verità è caritatevole ed è crudele…

(Carlo si gira di spalle, Fontanelli avanza verso il centro della scena)

SURGENTI Albana, da sei anni eravate al servizio della principessa, addetta al suo guardaroba…dico bene?

(Silvia, visibilmente impaurita, fa cenno di si con il capo. Surgenti nota il gesto e si rivolge a Micene…) 

SURGENTI Cosa avete messo a verbale?
MICENE Niente. Il testimone non ha risposto…
SURGENTI Albana, non ci bastano i segni! Eravate o no la creata di Donna Maria D’Avalos!?
SILVIA Si, uscellenza!

(Surgenti scambia un cenno di approvazione con Micene e riprende ad interrogare la teste) 

SURGENTI Cosa sapete della morte della vostra padrona? Chi l’ha uccisa, e come?

(Silvia sembra prendere fiato, guarda Pietro..)

SILVIA ….Martedì sera, ‘a signora se n’era gghiuta a lietto…
SURGENTI A che ora?
SILVIA …avevano a essere quatt’ore ‘e notte…Ie e Laura Scala ‘a dettemo na mano a se corchere po’, pure Laura, se ne jette a durmì..
SURGENTI ( a Micene) Abbiamo notizie di questa Laura?
MICENE Nessuna, avvocato. E’ stata vista allontanarsi dal palazzo quella stessa notte, oltre questo, non si sa più nulla…

(Silvia, di scatto, si volta a guardare Pietro, e lo fissa lungamente. Pietro fa finta di niente e distoglie lo sguardo)

SURGENTI E poi, cosa accadde?

(Lentamente Silvia si gira, molto turbata e continua a rispondere alle domande dell’avvocato fiscale)

SILVIA ….pe’ tramente ca stevo sciaurianno ‘a vesta d’ ‘a padrona, essa me chiammaie e me dicette ca se vuleva vestere n’ata vota..
SURGENTI E perché voleva rivestirsi? Ve lo disse?
SILVIA Sine…aveva ‘ntiso ‘o Duca D’Andria miez’ ‘a chiazza, e ‘o vuleva vedè..
SURGENTI Capitava spesso che il Duca si facesse sentire in piena notte?
SILVIA Capitava…
SURGENTI Non era la prima volta?
SILVIA No.
SURGENTI E dopo, cosa vi disse Donna Maria?
SILVIA Dicette ca m’avev’ a sta accorta si, caso maie, vedevo quaccheduno pe’ mmiez’ ‘o lario o dint’ ‘o curtiglio.. 
SURGENTI E voi vedeste qualcuno?
SILVIA None.

(Fontanelli trasale e , veloce, si avvicina a Surgenti) 

FONTANELLI E Maliziale!? Era sceso ad attingere l’acqua per Don Carlo! Chiedetele se l’abbia visto!

(Surgenti, ovviamente, non può ascoltarlo e continua l’interrogatorio)

SILVIA …po’, sunaie ‘a quinta ora d’ ‘a notte quann’onna Maria me chiammaie…
SURGENTI E cosa vi chiese?
SILVIA Se vuleva spuglià. Me cercaie na vesta ca teneva nu cullare niro, ‘e seta… 
MICENE La veste di cui parla il teste è stata, poi, rinvenuta indosso al corpo del Duca…
SURGENTI E quindi, la principessa vi congedò…vi sembrava agitata?
SILVIA Sine. Me dicette ‘e serrà li pporte e de trasì sulo si’ propet’essa m’ ‘o cercava.. 
SANCHEZ Abbiamo appurato che le porte erano malfunzionanti e non si potevano serrare…
SURGENTI Infatti. Voi, allora, come vi comportaste? Ci faceste caso?

(Silvia guarda ancora Pietro che la sta fissando, la ragazza sembra molto imbarazzata)

SILVIA Ie, p’ ‘a verità, nun me n’addunaie…facette comm’ a sempe…mettette ‘o lietto a la traverza, nnanz’ ‘a porta ‘e ‘onna Maria e accussì, vestuta, m’addurmette…
(si anima, il racconto diventa angosciato)
Sentette nu scuoppo all’intrasatta! ‘A porta s’arapette! M’ero scetata, ma me pareva nu suonno…trasettero tre uommene…
SURGENTI Chi erano?

(Silvia ha un attimo di esitazione, guarda nuovamente Pietro)

SILVIA Era scuro…nunn’ ‘e vedette bbuono…

(Pietro fa un cenno di assenso con il capo)

SURGENTI Erano armati?
SILVIA Uno, l’urdemo d’ ‘a fila; l’ate, nunn’ ‘o ssaccio…Trasettero dint’ ‘a stanza d’ ‘a principessa…sentette doie scuppettate…tanno, vedette ‘e venì Don Carlo e, appriesso a isso, Pietro Bardotto…

(Fontanelli, d’impeto, si avvicina alla ragazza) 

FONTANELLI Don Carlo non era fra i tre che entrarono per primi!?
(a Carlo)
Quindi, non foste voi a sparare!
SURGENTI Il principe era armato?
SILVIA Teneva n’alibbarda..

(Fontanelli si sposta febbrile verso Surgenti e Sanchez che, ovviamente, non interloquiranno con lui ma continueranno l’interrogatorio senza sottolineare l’incongruenza che Fontanelli vorrebbe fosse evidenziata)

FONTANELLI Presidente Sanchez! Avvocato Surgenti! Il principe non entrò fra i primi nella stanza! La teste sta dicendo che vennero utilizzati dei sicari!
SURGENTI (a Silvia) “E vedeste altre armi fra le mani del principe?”
FONTANELLI Non potete ignorare questo particolare! Maliziale ha testimoniato che Carlo fu l’autore materiale del delitto! La serva afferma il contrario!
SILVIA “ Ie vedette sulo l’alibbarda..”
FONTANELLI La verità è sotto i vostri occhi! Il resto è solo una commedia!
SURGENTI “ E cosa vi disse Don Carlo?”

(Carlo, di scatto)
CARLO “Ah, traditora! Ti voglio uccidere, mò non mi scappi!”
(Pietro raggiunge Carlo che si rivolge a lui)
“Non la fare fuggire!”
SILVIA “…e, tanno, ‘o principe trasette dint’ ‘a stanza d’ ‘a padrona…Bardotto nun tenette core ‘e me fa accidere…M’annascunnette sott’ ‘o lietto ‘e don Emanuele, e ascette fora sulo, a doppo, ca ‘on Carlo se n’iera juto…All’urdemo, ie e Bardotto, vedettemo chello scannatorio miez’ ‘a stanza d’ ‘a principessa…”
SURGENTI “Sapete per dove entrò il Duca?”
FONTANELLI Ma che importanza volete che abbia!? Vi ha svelato il delitto, e voi fate finta di niente!
SILVIA “ V’ ‘o giuro ca nunn’ ‘o saccio..”

(Surgenti fa un cenno verso Micene)

MICENE “ Ut dixit. Silvia Albana ha deposto come sopra. Signum Crucis.”
FONTANELLI (a Carlo) Vergogna, principe! Vergogna per voi, e per la giustizia!

(Improvvisamente al fianco di Carlo compare l’abate Adinolfi)

ADINOLFI Vergogna, signore di Venosa, mi avete dimenticato!

(Carlo fa per reagire ma, pronto, Pietro lo immobilizza e Adinolfi, stavolta, spiega sarcastico le proprie ragioni)

ADINOLFI Ascanio Lama, Pietro de Vicario e Francesco Filippi, i tre sicari, hanno guadagnato impunità e ricchezze…A Filippi avete donato una rendita vitalizia sul fondo di Frigento…Lama e de Vicario sono diventati benestanti….Ed io!? Non meritavo!? Vi ho suggerito il come ed il quando….
“Le famiglie dei traditori sono di gran nome, il loro sangue chiamerà la giustizia e, poi, un processo…”
CARLO (in un lamento) “ E allora, ditemi Adinolfi!”
ADINOLFI “Vendetta ed impunità! Il legittimo delitto d’onore è ben diverso dal comune omicidio! La differenza sta nella premeditazione….Se premeditate, c’è una crudele volontà pensata e ripensata, ma se agite d’impulso, per rabbia, saranno state l’ira e la disperazione ad armarvi la mano proprio in quel momento!”
FONTANELLI (a Carlo) Come avete potuto farvi beffe degli uomini, della legge, e anche di Dio!?
ADINOLFI “…Con una battuta di caccia! Farete conoscere la vostra intenzione di partire per una battuta agli Astroni…Abboccheranno la sera stessa!”
PIETRO “…Partirete in un pomeriggio d’ottobre con gran strepitare di battitori e latrare di cani…”
ADINOLFI “…Abbiamo già sostituito tutte le serrature del palazzo affinché nessuno possa essere serrata…”
PIETRO “…Ai due amanti non parrà vero di godere due giorni di assoluta libertà..”
ADINOLFI “..Tornerete, invece, con il vostro seguito, in piena notte avendo cura di foderare di feltro gli zoccoli dei cavalli…”
CARLO “..Lasciassero tutte le porte necessarie aperte, ma che mostrassero d’esser chiuse…!”
ADINOLFI “…I tre che entreranno colpiranno subito il Duca senza che abbia il tempo di por mano alla spada! E a voi, signor principe, toccherà il colpo finale, a cose fatte..”
FONTANELLI E’ chiaro! Lama, de Vicario e Filippi hanno ucciso…solo adesso entra in scena il principe di Venosa! Imbraccia l’alabarda e, con la picca, trafigge per 24 volte il corpo di Fabrizio Carafa! Ma deve macchiarsi anche del sangue della principessa D’Avalos! E dopo averne colpito ancora il corpo morto, le affonda lo stiletto nella vagina!
ADINOLFI Per merito mio è stato tutto perfetto ed ora non c’è alcuna riconoscenza per me!? Ogni notte, per tutta la vostra vita, verrò a rinfacciarvi la crudeltà che mi avete dimostrato!
(A fatica Carlo si libera e Adinolfi rientra nell’ombra. Poi, con calma, Carlo trae dal suo vestito un foglio e lo adagia sul tavolo, davanti a Micene il quale lo mostra a Sanchez. Il Presidente chiama a sé anche Surgenti e, poi, annuncia…)

SANCHEZ Regis Vicarii informatio, nobis supervenit!

(Fontanelli si avvicina al banco dei giudici. La luce scopre, sullo sfondo, le sagome, in piedi, di Escobar, Giulio Gesualdo, Adinolfi, Maliziale e Silvia Albana)

SANCHEZ Si dia lettura dell’ordine dell’Illustrissimo Juan de Zuniga, Conte de Miranda, sull’informazione presa dalla Gran Corte della Vicaria per la miserabile morte di Don Fabrizio Carafa, Duca D’Andria, e Donna Maria D’Avalos, principessa di Venosa, a dì 17 ottobre 1590…

(Passa il foglio a Micene. I tre si alzano, Micene legge) 

MICENE “ Per Nostro Altissimo Ordine, Noi, Juan de Zuniga, Conte de Mirando, per volere di Sua Maestà Filippo di Spagna, Viceré, Luogotenenti e Capitani generali nel Regno di Napoli….”
(da questo punto, in poi, alla voce di Micene si aggiungono, in coro, all’unisono, anche quelle di coloro che si trovano presso la comune i quali, pronunciando le frasi che seguono, usciranno, battendo ritmicamente le mani )

MICENE (e gli altri) “…Ordiniamo che venga posta fine alla presente informazione essendo nota, ed appurata, la giusta causa dalla quale fu mosso don Carlo Gesualdo, principe di Venosa, ad ammazzar sua moglie e il Duca D’Andria!”

SCENA II

(Fontanelli si lancia verso i giudici i quali iniziano a raccogliere le carte)

FONTANELLI Non potete farlo! E’ una decisione inammissibile!
SANCHEZ (a Surgenti) Si ha notizia delle famiglie degli uccisi?
SURGENTI Cos’altro avrebbero potuto opporre!?
SANCHEZ Esistono ragioni. I tre che hanno assassinato il Duca e la Principessa erano del volgo…

(Fontanelli cerca di fermarli e di opporre le proprie ragioni ai tre che, ovviamente, non possono udirlo)

FONTANELLI Fermatevi signori! Non siate complici di una pantomima! Avete ascoltato solo due fra dieci, possibili, testimoni! Laura Scala è scomparsa e nessuno ha dato ordine che la si cercasse!
MICENE Nessuna richiesta è giunta dalle famiglie dei morti…
SURGENTI Ad ognuno conviene mettere tutto a tacere…
SANCHEZ Quello del Conte de Miranda, fu un saggio intervento…
FONTANELLI (con foga) State assassinando una seconda volta gli uccisi e, con loro, la norma ed il diritto che garantiscono giustizia ed equità! Il codice penale in vigore nel vostro reame dice che “ Non è lecito al marito uccidere la moglie e nemmeno l’adultero, a meno che, questi, non sia persona vile ed abietta, o lenone, o che fosse uscito in iscena per saltare o cantare, o dannato per pubblico giudizio” !
SURGENTI Lo scandalo è stato rumoroso…
SANCHEZ …ed il principe di Venosa non è uomo che si possa censurare per tali, sfortunati, avvenimenti…
MICENE …figlio di un principe, pronipote di un Papa, e nipote di due cardinali…
FONTANELLI (c.s.) Il giureconsulto Giulio Claro, consigliere proprio del vostro re, Filippo II di Spagna ha scritto: “ In nessun caso è permesso al marito di uccidere l’adultero anche se è colto sul fatto”!
Signori! Avete violato sia la legge divina, approvando il falso, sia quella degli uomini!
La Prammatica del Viceré Parafàn, del 27 Giugno 1556, “Punisce con pesanti comminazioni nobili e plebei che portano con sé archibugi, scoppette piccole o focile” ! Don Carlo ed i suoi, erano armati! Dov’è la vostra legge!? Il principe di Venosa andava condannato!

(I tre, dopo aver raccolto le carte, si avviano per uscire) 

SANCHEZ Il gioco ha le sue regole. L’Autorità è salva.
MICENE Signum Crucis.

(I tre si segnano ed escono. Fontanelli resta inebetito al centro della scena. Carlo è sempre immobile, di spalle)

SCENA III 

(L’ultimo rimasto presso la comune, Padre Escobar, avanza al centro della scena, a braccia aperte, e con un sorriso affettuoso dipinto in volto)

ESCOBAR Carissimo Principe Fabrizio Gesualdo, sia lodato Gesù Cristo! L’intera Compagnia ha esultato per la felice conclusione alla quale pervenne la legge degli uomini senza dimenticare, altresì, il dolore e il tormento ai quali soggiacque il vostro Illustrissimo figlio, Don Carlo. A volte la volontà di Dio ci conduce per sentieri imperscrutabili ma, al termine di tante traversie e patimenti, concede ai giusti di leggere le Sue vere intenzioni….Lo scandalo fu scongiurato, nome e sostanze vennero tratte in salvo, è ora di placare le anime turbate dall’ira e, perdonatemi, anche dall’empietà di un gesto, legittimo per gli uomini, ma grave al cospetto di Nostro Signore…..
Cosa siamo mai, illustrissimo Principe!? Moglie, affini, servi, anche se al primo apparire possono sembrare fidati, son capaci di insidie e di infedeltà! In che altro confidare, se non nell’Amore del Divino Creatore!?

(Sembra immergersi nella preghiera, si scuote come se gli fosse stata posta una domanda)

“Cosa posso consigliarvi”!?
Benevolenza, opere di Bene a vantaggio della Chiesa e a ricordo eterno della Fede del vostro casato!
(entusiasta)
Si! Principe! La volontà Divine vi ha illuminato! I novizi della collina di Pizzofalcone attendono l’aiuto di un’anima santa…Oggi, anche una vostra semplice intenzione, vi acquisirebbe indulgenza plenaria nel Regno dei Cieli!....
(duro, improvvisamente pratico)
Scrivete!
“In dì 7 Maggio 1591 io, Fabrizio Carafa, principe di Venosa, così dispongo: morendo mio figlio Carlo senza figli legittimi e naturali, oppure morendo anco li figli suoi, senza figli legittimi et naturali, l’erede che succederà all’eredità mia, et di Carlo et suoi figli, sia obbligato a dare alla Compagnia di Gesù nel Regno di Napoli, docati trecentomila. Detti docati, il Padre Generale di detta Compagnia, ne possa disporre per servizio di Dio e della Compagnia istessa nel Regno di Napoli….”
(Si immerge nella preghiera) 
Dio sia lodato! Vive ancora Carlo, e vive suo figlio Emanuele ma, di fronte a certi eventi, la storia degli uomini insegna che, quando il destino si pone in moto, la rovina è un carro senza guida lanciato verso un precipizio….E così sia…

(Buio su di lui che rientra nell’ombra e scompare)








SCENA IV

(Carlo, non manifestando alcun turbamento, si dirige verso le due sedie poste al centro della scena. Fontanelli esce dalla propria immobilità e lo affronta)

FONTANELLI Un duplice omicidio, premeditato, eseguito da sicari, si chiude in istruttoria, con un proscioglimento!?
CARLO Perché vi adirate tanto? Volete sostituirvi ai giudici?
FONTANELLI Era tale la vostra impunità da evitarvi anche un vero processo!?
CARLO Vi sbagliate. Il mio nome è comparso davanti alla Gran Corte…
FONTANELLI Per una semplice informazione!
Le vostre vittime non erano meritevoli di una vera sentenza emessa contro il mandante del loro assassinio!?
CARLO “Essendo nota ed appurata la Giusta Causa…” questa è la decisione…
FONTANELLI Solo adesso conosco, fino in fondo, l’inferno che si muove dentro di voi….Dieci anni fa, principe, siete stato assolto e, oggi, avete un’altra famiglia. Il destino si è ripresentato con la morte di vostro figlio Alfonso, e gli incubi vi divorano ogni notte…Io ammiro il vostro genio ed il talento, ma sono anche l’amico che vi vede imputato davanti a Dio per gravi accuse…..
(Carlo cerca di sottrarsi ma Fontanelli lo bracca da vicino)
Omicidio! Premeditazione! Crudeltà! Empietà sui cadaveri, su vostra moglie, vostra cugina e madre di Emanuele! Frode verso la giustizia! Soni i vostri delitti! Anni fa avete composto un madrigale: “Delicta nostra, ne reminiscaris, Domine” Non guardare, o Signore, ai nostri peccati…Come pretendete che Dio possa ignorare ciò che avete fatto se, ancora oggi, negate ogni responsabilità nascondendovi dietro una giustizia vergognosa e prezzolata!? 

(Carlo lo affronta e gli sibila sul viso con rabbia) 

CARLO L’incontro con la Giustizia Divina sarà un problema mio, e della mia coscienza! Ma ora ricordo bene la vostra promessa: al termine di questo viaggio avrei scoperto una parola miracolosa che mi avrebbe guarito da ogni male!
FONTANELLI “Pentimento”, don Carlo! “Io mi pento con tutto il cuore…” Pronunciatelo con l’anima!
CARLO (trasale) Pentirmi verso chi!? E per cosa!?
FONTANELLI Com’è possibile che le vostre mani, e l’anima, che hanno saputo tracciare i nuovi confini dell’arte, abbiano saputo essere così feroci da macchiarsi del sangue rappreso di due cadaveri!?
CARLO Ve l’ho detto! E’ stata la rabbia!
FONTANELLI Non è vero! Premeditaste!
CARLO Non c’è traccia di quanto dite nella decisione della Corte!
FONTANELLI Continuate a nascondervi!?
CARLO E’ stato un delitto d’onore!
FONTANELLI Pronunciate il vostro pentimento, e ogni malanno scomparirà!
CARLO (con rabbia) Chi siete voi da poter raccogliere una parola del genere!? Dio!? La Santissima Trinità!? Un Arcangelo!?
FONTANELLI Voi siete colpevole.

(Fontanelli si siede. A questo punto è Carlo a lanciarsi su di lui)

CARLO Lo siamo stati tutti!
La legge degli uomini mi ha prosciolto, e la legge morale può assolvere o condannare tutti e tre!
Mia moglie mi tradiva nel mio stesso letto….è innocente per la legge morale!?
Avrebbe potuto salvarsi, e salvare l’amante, ma non l’ha fatto per arroganza e per orgoglio….è ancora innocente!?
Carafa pose il suo desiderio e l’orgoglio al di sopra del mio onore e della sua stessa vita….è innocente anche lui!?
Il mio tempo pretende che la vendetta sia un dovere. Perdonare, o affidarla a Dio, avrebbe reso ridicolo il mio nome e quello di mio figlio!
(ironico) 
E i parenti di Maria e di Carafa? Non si adirarono per la morte dei congiunti ma che ad ucciderli, fossero stati dei servi, violando il loro nome agli occhi del mondo….
FONTANELLI E’ la vostra sola preoccupazione…non vi curate degli occhi di Dio!?
CARLO Quelli del mondo sono meno benevoli…Sono quelli della serva, della lavandaia, dell’impiegato alla Vicaria….Tutti ammiccano e si danno di gomito. Una sola parola, ripetuta all’infinito, è la rovina di fortune, e di generazioni future…
Per quegli occhi, Maria affronta la morte, Carafa si ficca nella trappola e Carlo Gesualdo…uccide! Tutti colpevoli, e tutti vittime…Come in un teatro, ci inchiniamo ed indossiamo i panni ed i ruoli che gli occhi del mondo vogliono che siano nostri…..
Signor Fontanelli, non ho nulla di cui pentirmi. Il modo è stato discutibile? Lo dite voi, sono chiacchiere, c’è un atto ufficiale..
Nome e rispettabilità dei Gesualdo continueranno con mio figlio Emanuele e per molte altre generazioni. Tutto questo, io, ho salvato e assicurato ai miei discendenti.

(Fontanelli si alza. Carlo si siede nuovamente sulla piccola sedia-inginocchiatoio)

Vi congedo. Grazie, e vogliate recare ossequi al Signore di Ferrara, mio cognato.

(Ostentatamente si isola, si mette in ginocchio sulla sedia e si concentra nella preghiera) 

SCENA V

(Fontanelli in proscenio, nei panni di un narratore, buio sulla scena)

FONTANELLI Emanuele, figlio di Carlo e Maria D’Avalos, sposa il 2 marzo del 1609 Maria Furstenberg; non avrà figli maschi e morirà il 21 agosto 1613 in seguito ad una caduta da cavallo. Carlo si spegnerà due mesi dopo con la speranza che sua nuora, di nuovo incinta, possa dare alla luce un maschio: la Furstenbeg partorirà, invece, un’altra femmina. Il nome e le sostanze dei Gesualdo, si estinguono e 300.000 ducati passano alla Compagnia di Gesù….
Resta solo l’impronta dell’artista, del madrigalista Carlo Gesualdo, principe di Venosa, e le frasi scritte da Alfonso Fontanelli, gentiluomo di Ferrara e “cercatore di mondo”, nell’ottobre del 1600….


SCENA VI

(Fontanelli scende dal palco mentre la luce illumina, nuovamente, Carlo immerso nella preghiera)

FONTANELLI “…La tristissima vicenda narrata ha lasciato me, per più rispetti, molto afflitto a cagione di sovvenute certezze….
(forte, deciso)
Non esiste niuna equità ne li palazzi de la Giustizia, ove il Diritto, troppo spesso, si piega, e si fa edera presso lo tronco dell’arbitrio e della potenza del più forte!
A nulla valgono Leggi, avvocati, giudici e giureconsulti, laddove la sentenza è stata già emessa in altri lochi in considerazione, non del fatto, o della pietà che si deve agli offesi, ma in ragione del nome e de li parenti del reo!
Ho compreso, anco, che si può essere grande artista, ma schiavo come uomo quando, a dominare, è il costume dei servi e l’apparenza che è nomata “onore”!
Il Signore di Venosa è grande genio, ma piccolo uomo. Più del dono divino del talento, poterono gli occhi del mondo, l’irridente chiacchiericcio di servette e bottegai!”
CARLO (in sottofondo, pregando) “ Delicta nostra, ne reminiscaris, domine…Delicta nostra….”
FONTANELLI “…Che il Signore Iddio possa perdonare i nostri mediocri peccati..”
(Esce e, piano, si spegne la luce su Carlo Gesualdo)


FINE