REALITY SHOW

di

Roberto Traverso


Personaggi:
LA, ragazza in sottoveste
AL, un uomo sui trenta, in boxer e canottiera
DONNA, è sui cinquanta, in vestaglia 


Quadro 1

Un soggiorno con relativo angolo cottura. La stanza è in penombra. Attraverso la porta socchiusa della camera si sente una tv accesa. Stanno trasmettendo degli spot pubblicitari. La ragazza in sottoveste è seduta vicino alla finestra spalancata. Guarda con un binocolo, la sigaretta accesa tra le labbra. 

LA – Ha smesso. Si capisce che ha preso dei calmanti. 
Perché non vieni? Da qui si vede benissimo. Tanto alla tele c’è la pubblicità. (Nessuna risposta) Non stai mica dormendo? Al, corri. Si è accesa la luce. Sbrigati. 

Al, un uomo sui trenta, in boxer e canottiera, entra di corsa dalla camera. Si inginocchia vicino a lei.

AL – Se stai così vicina alla finestra se ne accorge. 

LA – Ti vergogni?

AL – Non mi va che ci veda.

LA – Per me è arrivata agli ultimi. 

AL – Cosa vuoi saperne tu. Sei un dottore? 

LA – E’ dall’altra mattina che va avanti sta storia. 

AL – Potrebbe essere qualsiasi cosa. 

LA - Non si urla così per niente. 

AL - Si lamenta. E’ diverso.

LA – Un motivo ci sarà.

AL – Tua madre ad esempio ha una soglia del dolore bassissima. 

LA – Lascia perdere mia madre. (Smette di guardare col binocolo e fissa Al ) Vuoi dire che è tutta scena?

AL - (Fa un gesto, come dire, può darsi) Così, con le finestre aperte è come averla in casa. Anche con la tv accesa si sente. Ora sta zitta, ma quando attacca coi lamenti ti fa saltare i nervi. Fosse un rumore continuo, tipo traffico, uno si abitua, ma così a intermittenza c’è da impazzire. Hai presente il rubinetto che perde? Sei lì che devi prendere sonno e aspetti che cada la goccia. Uguale. Mi viene voglia di affacciarmi e gridarle qualcosa. 

LA – Sei capace di stare zitto?

AL – E tu smettila di fumare. (Guarda la finestra di fronte con un crescendo di interesse) Si sta spogliando

LA - A quest’ora cosa vuoi che faccia. (Lo sposta con il braccio dalla visuale) Mi sembra che sia ricominciato il tuo programma. 

AL - (Attraversa il soggiorno con passi veloci. Si affaccia alla soglia della camera. Dopo una rapida occhiata torna con una corsetta vicino alla finestra) Immagini di repertorio. Dopo un po’ fanno vedere sempre le stesse cose. 

LA – E allora perché le guardi?

AL – (Prende il binocolo. Cerca di mettere a fuoco puntandolo nel buio) Aspetto l’arrivo di Charley. Hanno detto nel tardo pomeriggio. Considerando il fuso orario dovremmo esserci. 

LA – Chi è Charley?

AL – Come chi è Charley? Ma qui, uno cosa parla a fare? 

LA – Guarda che tu non mi hai detto un bel niente di questo Charley. E’ giorni che mi parli di Ranabing, o come diavolo si chiama.

AL – Rananim. Provincia sud orientale della Cina. Case scoperchiate, centinaia di morti. Un flagello della natura. Charley per ora ha fatto solo qualche casino sulle coste, ma non si è ancora sfogato.

LA – Ne parli come se fosse una persona.

AL – (Restituisce il binocolo a La. Si siede di schiena alla finestra guardando La che ha ripreso l’osservazione) Charley è più intelligente di tanti che conosco. Lo avvistano a nord e lui scappa a sud . Si preparano sulla costa e lui fa una finta e si rifugia nell’interno. E’ settimane che gli stanno dietro. E lui scorazza libero per cinque stati con tutta la Guardia Nazionale attaccata al culo. Sai cosa vuol dire? Oggi però è la resa dei conti. Si scatenerà sulla costa occidentale della Florida. E’ sicuro. Hanno evacuato migliaia di persone. Non sarà lo tsunami, ma qui siamo in America, ragazza, non ci sono solo palme e spiaggioni. L’impatto potrebbe essere devastante. 

LA - (Non lo ascolta più) E quel tipo con gli occhiali? 

AL – Vedi che non mi ascolti.

LA – Se non ti dispiace, sto cercando di capire cosa succede. 

AL- D’accordo, ma poi non venirmi a chiedere spiegazioni. 

LA - Tu l’hai più visto? 

AL – Il figlio?

LA - Non è il figlio. 

AL – Mi sembrava che non era il figlio. 

LA – Infatti è suo marito. E’ diversi giorni che non si vede.

AL – Sarà fuori.

LA – Con la moglie in quello stato?

AL – Pensa a quella volta che sono stato in trasferta per la riunione dei capisettore. 

LA – Cosa c’entra.

AL- Dico che può capitare a tutti di sparire per un po’.

LA – Ah, tu sei proprio il tipo. 

AL – Sto dicendo in generale.

LA - Mi lasceresti crepare per una riunione dei capisettore.

AL – Cosa centri tu. Stiamo parlando di quella (indica con la mano oltre la finestra). 

LA – Lasceresti crepare chiunque per le riunioni dei capisettore.

AL - Non capisco perché ce l’hai con quelle riunioni.

LA – Non mi interessano niente le tue riunioni. Sto solo cercando di capire perché lui non c’è.

AL – Per me è chiaro che non sa niente. 

LA – Figurati. Chissà da quanto è malata. Per essere conciata a quel modo.

AL – Ci sono anche malattie fulminanti.

LA – Tipo?

AL – Che ne so, non sono mica un dottore, io.

LA – (Senza lasciarlo finire) E’ che voi uomini non vi accorgete mai di niente. 

AL – Ma se sono stato io a sentirla.

LA – Vedete solo quello che vi fa comodo. 

AL – Siamo più selettivi. Ma le cose importanti non ci sfuggono.

LA – (Gli indica col dito un punto sulle labbra) E’ una settimana che ho l’herpes. 

AL – Cosa vuol dire?

LA - Niente. Solo che è una settimana che non mi noti. 

AL – Se queste sono le cose importanti.

LA - A furia di sottovalutare un bel giorno torni a casa e non mi trovi più.

AL – Ma cosa ho detto? 

LA – Il fatto è che tu non dici mai niente. Non fai mai niente. Non pensi niente. 

AL – E’ perché non ho visto che hai l’herpes?

LA – Mi chiedo come faccio a stare con uno come te. (Al si alza) Dove vai?

AL – A pisciare. (Esce dalla porta)

LA – Non sgocciolare sull’asse del cesso, che poi mi tocca pulire. La donna questa settimana non viene. Anche le camicie. Cerca di sporcarti meno. Fino a venerdì non ho tempo di stirare. In questi giorni è già tanto se riesco a venire a casa. 

AL (Rientrando) Faccio io la spesa?

LA – Se vuoi mangiare, sì.

AL – Domani posso anche preparare la cena.

LA – Io non ci sono, ho un cocktail di lavoro. 

AL – Sai una cosa, La? Mi pesa mangiare da solo. (Le si avvicina cercando di baciarla sul collo) 

LA - Giusto perché devi lavare i piatti. (Lo respinge)

AL – Quello che non sopporto è mangiare in silenzio. (Sempre più insidioso)

LA – Ma se tieni la tv sempre accesa. (Le infila le mani sotto la camicetta) Stai fermo con le mani! Ci possono vedere. 

AL – Chiudo le tende?

LA – No. Voglio guardare cosa fa. 

AL – Ha spento la luce. 

LA – Spostati. Mi togli la visuale.



Quadro 2

Un ampio soggiorno con cucina. La donna è seduta in vestaglia di fronte alla finestra del balconcino. Dalla porta socchiusa della camera si sente distintamente il sonoro chiassoso di una tv accesa. Stanno trasmettendo degli spot pubblicitari. Ai suoi piedi una bottiglia di liquore. Se ne versa un po’ in un bicchiere, beve a piccoli sorsi.

DONNA – (Parla ad alta voce, si rivolge a qualcuno nell’altra stanza che non vediamo) Questa volta me la sento che arriva. Immagina se torna a casa e li trova insieme. Infondo lui se l’è voluta: è andato via, d’accordo a lavorare, ma non si è fatto più vivo per due anni. Una donna come fa ad aspettare due anni? Lei poi è ancora giovane. Una che si è fatta sempre fregare da tutti. Ci credo che si è trovata un altro, lo avrei fatto anch’io. Bisogna avercene voglia però. Perché una storia è sempre uno sconvolgimento. (Beve un sorso) Dimmelo quando ricomincia. Non voglio perdermi la faccia di lei quando se lo ritrova davanti. E’ due puntate che me lo aspetto. Ho come un sesto senso. Dico, adesso torna e li trova a letto. Quando c’è stata la festa, quello era proprio il momento giusto per tornare. Non che ci tenga, ma so che succederà, le storie a lieto fine non esistono più, neppure nei film. Non so perché, ma devono sempre metterci qualcosa che rovina tutto. Adesso sono felici, hanno tutto, lui è ricco, ma non può finire così. C’è questa minaccia che incombe sulla loro vita e che tutti sanno che non si può eliminare. (Un salto sonoro nella pubblicità. La donna si volta di scatto) E’ ricominciata? Dimmelo, eh, quando comincia. (Un altro sorso di liquore) Anche lui, però. E’ un egoista. Tutti gli uomini sono egoisti, ma quello è esagerato. Freddo, razionale, con uno così non resisterei cinque minuti. Non ho ben capito che lavoro fa. E’ un informatico, o un matematico, uno che lavora con le università. Consulente di banche, forse. Uno intelligentissimo. Con lei però è spietato, non gliene fa passare una. C’è da dire che Cristiana è una tipa incostante, a volte mi fa venire i nervi. Non ha mai combinato niente, anche se ci prova. Io penso che a lui sarebbe bastato vederla impegnata fino in fondo in qualcosa, i risultati poi contano fino a un certo punto. L’importante è provarci. Invece si fa venire delle idee. Parla, parla e lui la blocca: fammi l’abstract, dice, fammi l’abstract. Che poi non ho mai capito perché dovrebbe fargli il riassunto? Il riassunto di cosa? Ma lui è così, uno razionale, il contrario esatto di Cristiana. Ora a lei è venuta l’idea di lavorare la creta. Ma a quarant’anni non puoi iniziare mille attività e non concluderne nessuna. Anche dipendere economicamente da un uomo non va bene. Devi fare una spesa. Cosa fai, gli chiedi il permesso? Anche psicologicamente è stressante. Se io voglio un vestito e tu mi dici di no, cosa che non hai mai fatto, io me lo compro lo stesso. Mi segui? Questa secondo me è l’autonomia. Ma devi avere un lavoro tuo. Lei ci ha provato, quando stavano in Inghilterra. Andava in giro vestita da clown alle feste di compleanno dei bambini. Girava con un furgoncino, soltanto che in Inghilterra c’è la guida a destra e lei non si è mai abituata. Ha sfasciato il furgone due volte. Poi ha smesso. (Rimane in ascolto) Allora, comincia? (Si alza, si affaccia all’altra stanza. Esce).


Quadro 3

(LA è ancora seduta di fronte alla finestra. Gli occhi sul binocolo a scrutare nel buio. Al è vicino al frigo, osserva il muro con la torcia elettrica) 

AL - Questa storia ci sta logorando. E’ dall’altro ieri che stai incollata alla finestra.

LA – Sei tu che hai cominciato. Hai sempre delle idee.

AL – Idee? Quale idee? Dici che non ti fa dormire. 

LA – Ce la fai tu con quella che piange tutta la notte? Io no. Mi fa patire. 

AL – Ora però si è calmata.

LA – Ha ripreso a guardare la tv. 

AL – (Illumina il muro con la torcia) Hai notato questa macchia di umidità?

LA – E’ iniziata la puntata. 

AL – Che puntata? 

LA – Vivere e amare. E’ la puntata in cui lui ritorna dall’Inghilterra. L’ho già vista.

AL – Ah. (Controlla il muro) Forse è un tubo rotto. 

LA – Cosa stai facendo?

AL – C’è un’infiltrazione. 

LA – Sotto il lavello?

AL – No, nell’angolo, sopra il frigor. 

LA – Ah. 

AL – Dovresti chiamare l’amministratore.

LA – Sei tu quello che ha i rapporti.

AL – Se ci parlo litigo. L’ho già chiamato venti volte per la puzza dello scarico. 

LA – Visto. E’ tornato.

Al – Chi?

LA – Il marito. Quello che viveva in Inghilterra. 

AL - Perché viveva in Inghilterra?

LA – (Si accorge che Al ha frainteso) Il marito di Cristiana. E’ la replica della puntata di oggi. 

AL – Stai a guardare la tv di quella di fronte col binocolo? 

LA – L’ho già vista. E poi qui non succede niente di nuovo.

AL - Perché allora non ce ne andiamo a letto?

LA – Comincia ad andare tu. Devo sparecchiare.

AL – Dici sempre così, poi la mattina ti trovo che dormi sulla sedia.

LA – Oddio, mi ha visto.

AL – (Spegne la torcia e striscia fino alla finestra) Sei sicura?

LA - Si è alzata dalla poltrona, è andata alla finestra e ha guardato qui.

AL – No. Non può essere. 

LA – Mi ha visto, invece. Per un attimo ci siamo guardate. Al, è la prima volta che guardo dritto negli occhi una che sta per morire. Ho sentito come un brivido. 

AL – Siamo completamente al buio. Mi dici come fa a vederci? (Torna ai fornelli)

LA – Sa che siamo qui alla finestra.

AL – E’ un palazzo a cinque piani.

LA – Ma la nostra è la finestra di fronte. (Dopo un attimo di riflessione si volta. Cerca Al con gli occhi) E se questa muore stanotte?

AL – Non muore, non muore. Anche se a un certo punto sarebbe meglio. Dico per lei. Non vedo che cosa serva soffrire così. 



Quadro 4

DONNA – (Osserva con attenzione le piante sul davanzale) Sono esseri viventi come noi le piante. Respirano, crescono, ci sentono sai? Percepiscono la nostra presenza, soffrono anche. Mi spiace vederle soffrire. Dicono che se ci parli loro capiscono. E io ogni tanto ci parlo. Non so se serve alle piante, ma a me sì. Almeno mi sfogo con qualcuno. Passo giornate intere senza dire una parola. Con te ormai ci ho rinunciato. E’ come vivere con un cactus. Fai la stessa compagnia. (Stacca due foglie con le dita) Questa ha due foglie secche. Si vede che patisce il caldo. In questi giorni ha fatto un gran caldo. Bisogna spruzzarla ogni sera. (Alla pianta) Ti va di lusso che sei capitata qui. Se sbagliavi piano eri fregata. (Al marito nell’altra stanza) Quelli di sotto mettono le piante sulle scale e poi se le dimenticano. Dico, come si fa a non bagnare le piante. Certa gente crede che siano soprammobili. Non ci pensa a bagnarle. Finché sono verdi va bene, se cominciano a perdere le foglie le mettono sulle scale e le lasciano crepare. (Guarda a lungo nel buio, oltre la finestra) Hai notato che stanno sempre al buio? Quelli di fronte. Vivono al buio come pipistrelli. Se non fosse che tengono accesa la tele non si vedrebbero mai. Sarà per le zanzare, ho pensato. Ma a quest’ora non ci sono più zanzare. (Il suo sguardo si fa più intenso, come se riuscisse a scorgere qualcosa) A volte mi sembra di sentire qualcuno che mi guarda. E’ come un brivido. (Distoglie lo sguardo, ritorna ad accudire le piante) Ancora un minutino è ho finito. (Le strappa un’altra foglia) Ecco, ti strappo un’altra foglia, così starai meglio. (Butta via le foglie) Credo che lui faccia il rappresentante, prodotti farmaceutici. Lei invece è nel ramo moda. Non so di preciso ma ha sempre la cassetta della posta piena di riviste di moda. Lui sembra una brava persona, anche se quando lo incontro non si degna di uno sguardo. E’ sempre al telefono oppure legge il giornale. So cosa pensi. Farei bene a farmi gli affari miei. (Lancia un’occhiata nel buio) Comunque non si vedono mai. Lei è fuori tutto il giorno, lui a volte rientra dopo mezzanotte. Certo che anche loro fanno una vita. Facciamo tutti una vita, è che a guardare quella degli altri ci se ne accorge meno. (Si volta verso l’interno della casa) Lo sai quand’è stata l’ultima volta che siamo usciti a cena? (Nessuna risposta) Vedi, non te lo ricordi. E’ stato prima che iniziassi ad avere i tuoi mal di testa. Quanto sarà? Tre, quattro mesi al massimo. Ma anche gli altri anni non è che ci siamo mai andati al ristorante. Non siamo più andati neanche al cinema. Da un po’ di tempo non andiamo più da nessuna parte. Adesso però voglio fare qualcosa. Potrei iscrivermi a un corso di ballo. Si va lì, si fa un po’ di esercizio, magari si fanno nuove amicizie. Dovresti venirci anche tu. Io credo che un po’ di movimento ti farebbe bene. Te ne stai sempre chiuso li dentro al buio. (Si gira verso la porta della camera) Vuoi che ti spenga la tv? Se ti dà fastidio la spengo. Tanto la puntata la replicano. Ho tutto il tempo di vedermela domani. Mi sono presa due giorni di ferie. Non voglio certo farmi assillare dal lavoro proprio adesso. Che vadano tutti sulla forca. Per una volta mi prendo i miei tempi. So benissimo cosa vuol dire quando ti prende l’ansia. Lexotan, Roipnol, Valium, Tavor li ho provati tutti, ma adesso non mi fregano più. Non dormi perché sei agitata e sei agitata perché non dormi. E’ un circolo vizioso. Lo sai quante ci cascano? Guarda ad esempio Cristiana. E’ sempre stata un’ anima in pena. E’ da due puntate che sta meditando di tornare in Italia. Quando è in un posto vorrebbe essere in un altro e poi rimpiange dove stava prima. Se continua così è candidata all’esaurimento. (S’incrina qualcosa nella voce) Non si può sempre correre dietro ai sogni. Prima o poi ci si schianta. (Piange)


Quadro 5

(Al è seduto in poltrona, guarda con la torcia elettrica una cartina geografica)

LA - La senti?

AL – No. 

LA – Ha ricominciato a piangere. Fa una pena.

AL – Per fortuna da qui non si sente. 

LA – Dici che dovremmo chiamare la croce rossa?

AL – Così vengono su e ci fanno un sacco di domande. 

LA – Una telefonata anonima, allora.

AL - E cosa diciamo? C’è una alla finestra che si lamenta. 

LA - Guarda. Sta sul balcone. Sembra che parli con qualcuno nell’altra stanza.

AL - Sarà tornato il figlio. 

LA – Marito.

AL - (Fa un gesto come per dire che è uguale. Si avvicina alla finestra) Dov’è?

LA – E’ rientrata. Ora è in bagno. 

AL – Non ho su le lenti. 

LA – Sta prendendo delle pillole.

AL – Barbiturici? Dobbiamo chiamare qualcuno, farla camminare, non deve assolutamente addormentarsi.

LA – Ma se sta morendo. 

AL – Hai ragione. Bisogna lasciare che se la sbrighi da sola. Io poi in linea di principio non sono contrario all’autanasia.

LA – Eutanasia. Anche se questo sarebbe suicidio. 

AL – A volte sei così pignola che mi spiazzi. Dimmi nelle sue condizioni che differenza c’è tra suicidio e eutanasia? 

LA – Non è poi così sicuro che muoia. Se passa la notte magari se la cava.

AL – Non so se ce la faccio a resistere. Sto cascando dal sonno. 

LA – Valle a dire di sbrigarsi allora.

AL - (Torna a consultare la cartina) Sei acida stasera. 

LA – Fai dei ragionamenti a volte.

AL – Ho solo detto che sono stanco.

LA – Allora perché non te ne vai a dormire?

AL – Ho sonno, ma voglio resistere. (Si alza va alla cucina) Cosa fa adesso? (Prende la caffettiera e la svita)

LA – Piange.

AL – E lui?

LA – E’ sempre di là. Forse aspetta che le passi la crisi.

AL - Quando arrivano a quello stadio c’è solo da sperare che muoiano. 

LA – Ascolta, sembra una litania. 

AL – Basta che non riprenda a gridare. (Cerca qualcosa nello stipo sopra i fornelli) 

LA – Parla da sola. Tipo rosario.

AL – Starà pregando. (Trova il barattolo del caffè vuoto) Potevi dirlo che non c’era più caffè?

LA – Hai guardato nello stipo sopra ai fornelli?

AL - (Nota qualcosa di scuro sul muro) Cazzo. 

LA – Cosa c’è?

AL – Quella macchia di umido è arrivata fin qui. E’ tutto ammuffito. 

LA – Domani allora telefona all’amministratore.

AL – Ti ho detto che non ci parlo. 

LA – A me non mi ascolta.

AL - Si è gonfiato l’intonaco. Qui bisogna spaccare. 

LA – Vedi che è meglio se lo chiami tu che sei più pratico. Io non saprei cosa dirgli.

AL - Dove hai detto che hai messo il caffè?

LA – Dentro il ripostiglio.

AL – Comunque sei una bella stronza. Per una volta che ti chiedo un favore.

LA – Vuoi che ci litigo? Io ci litigo, non ho problemi. Lo mando anche affanculo. E’ tre mesi che deve sistemare la luce sulle scale. Gli hai mai detto qualcosa tu? Eh? Te ne guardi bene. 

AL – Ho capito. Lo chiamo io. Basta che la smetti. 

LA – (Sottovoce) Al.

AL – Che c’è?

LA – (Sottovoce) Ci guarda.

AL – Ma se è tutto buio.

LA – Ssst! Sta lì sulla poltrona e ci guarda.

AL - (Anche lui sottovoce) Io non vedo niente, poi non ho su le lenti.

LA – Non c’è bisogno di vederla. So che è lì. 

AL – Hai mai pensato che non sappiamo niente di quella donna. Dico, neanche come si chiama. 

LA – Se non era per i lamenti non l’avremmo notata.

AL – Io lo sapevo che stava lì di fronte. Ha sempre tenuto la tv troppo alta. 

LA – Sì , ma prima era una finestra anonima come tutte le altre.

AL – Mi è venuta fame. C’è rimasto qualcosa in frigor? (Apre il frigo. La luce illumina la stanza)

LA - (Si scosta dalla finestra) Chiudi! Così ci vede. Le sottilette le ho finite io. C’è solo del philadelfia.

AL – (Chiude il frigo. La stanza ripiomba nel buio.) Ne prendo uno anche per te? 

LA – E’ lì nel buio. Ci giurerei.

AL – Allora sa che abbiamo finito le sottilette (ride da solo della battuta).

LA – Mi dà fastidio essere osservata.

AL – Perché non chiudi le tende?

LA – Bravo. Così capisce che ho capito.

AL – Sei un bel tipo. Non vuoi farti vedere e lasci tutto aperto.

LA – Non ho nessuna intenzione di murarmi viva. E’ già così infelice questa cucina con vista sul condominio.

AL - Sicura che non ti va un philadelfia? (Striscia fino alla finestra con il coltello tra i denti) 
Non vorrai crollare proprio adesso. 


Quadro 6

La donna è seduta sulla soglia del balcone. Ha in mano una scatola di medicine. Apre la scatola, tira fuori due pillole e le ingoia. 

DONNA - Per me è tutta colpa di questa robaccia che ti danno i medici. Alla fine cosa ti fanno i dottori? Niente. Sono solo buoni di ficcarti un ago in vena e tirarti via del sangue. Da quando è iniziata sta storia ti hanno solo tirato via del sangue. Con tutto il sangue che ti hanno preso ce ne facevano un altro come te. A me vengono le braccia blu. Ho le vene fragili, io. Ma non ci vado più in ospedale. Tanto non serve. Se è destino che uno crepa non c’è dottore che tenga.
Sai, ho voglia di lasciarmi dietro questo periodo di merda. Possiamo ancora spassarcela noi due. Non è detto che non si torni in pista come ai vecchi tempi. Non ne posso più di questo odore di ospedale. Buttiamo via tutte le medicine e ce la godiamo per un po’. Eh?
(Si volta verso la porta della camera) Ti è passata? Ti ha preso forte ‘sta volta. Prima ti ho guardato in faccia, eri bianco come un morto. Rigido. Quando fai così mi spavento, ho l’impressione che muori davvero. (Fissa a lungo nel buio) Ci hai mai pensato? Dico, se muori prima te, o se muoio prima io. Se muori prima te, divento single. Non sono mai stata single. Vuoi vedere che ci si diverte? (Sorride amaro) Questa città sembra fatta apposta per i single. Si esce e poi ci si ritrova con altri sfigati come te nei bar e nelle discoteche. Potrei anche farcela, no? Infondo non sono proprio da buttare. (Si accende una sigaretta) E’ che non sono più pratica. Non saprei da che parte cominciare con un altro. Il fatto è che alla mia età non ho più voglia di fare la ragazzina. Certe cose te le puoi permettere solo se ti senti di farle. E io non me la sento più. (Riflette un attimo guardando la brace della sigaretta che si consuma) Se muori prima te, mi sa che mi ritrovo a rincoglionirmi davanti alla televisione. Non ti preoccupare che in qualche modo tiro avanti. Noi donne ce la caviamo sempre. (Una lunga boccata di fumo) Se muoio prima io invece, bello mio, sei nella merda. Spero per te che non succeda, ma può accadere. (Soffoca una risatina) Non sai usare la lavastoviglie, non sai sbrinare il frigo, non sai usare nemmeno il videoregistratore. In casa sei totalmente incapace. Dipendi da me su tutto. Hai un livello di autoconservazione pari a zero. Finiresti per chiuderti in casa a guardare la tv. Devo dire che in quello siamo uguali. E pensare che sei più giovane di me. Dovresti avere più energie, il sangue gira in modo diverso a seconda dell’età. Ma non siamo tutti uguali. Anche se hai dieci anni di meno sei più vecchio tu. Non di aspetto, devo dire che hai sempre avuto un fisico asciutto. Io piuttosto, sono andata un po’ giù ultimamente. Dico che sei consumato dentro. (Porta una mano alla bocca dello stomaco) Non ti sfoghi mai, è questo che ti rovina. Io se ho da dire qualcosa la dico. Invece tu no. Metabolizzi, assorbi tutto il veleno lentamente, come fanno le piante. Non reagisci. A volte non sembri neppure vivo. Guarda adesso, potresti anche rispondere, darmi un po’ di soddisfazione, che cosa ti costa? Intanto i dolori ce li hai uguale. Invece stai in camera in silenzio, a pensare. Secondo me poi, tu non hai proprio niente. Sono le parole che ti tieni dentro che alla fine ti fanno male. Te l’ho sempre detto, tu sei uno di quelli che muore per averci troppe parole dentro la testa. Io credo che si deve parlare. Sfogarsi. Se uno si tiene tutto dentro alla fine o scoppia o gli viene un cancro. (Si volta) Ti accendo la tele? Danno la replica di “vivere e amare”. (Si alza) Mi sa che ti conviene morire prima. Almeno c’hai qualcuno che ti fa da infermiera. (Esce dalla porta della camera).


Quadro 7

Al è sul pavimento, completamente disteso sulla cartina geografica. 

AL - La? (Nessuna risposta) Sviluppi?

LA – No. Pensavo al suo uomo. E’ stato fortunato a tornare adesso. Poteva trovarla belle morta. 

AL – Sarebbe stata la soluzione migliore. E’ dall’altro ieri che grida. (Si alza, va al frigo) Ti fai mezza birra con me?

LA – Non aprirai di nuovo il frigo?

AL – Solo un secondo. (LA si accuccia sotto il davanzale, AL apre il frigo e prende una lattina di birra. La stanza per un attimo s’illumina poi ritorna nella penombra. Al torna strisciando alla cartina geografica). 

LA – Perché stai sempre lì con quella cartina?

AL – Sto monitorando la situazione. Charley è atteso da un momento all’altro. Vedi qui? (Indica un punto sulla cartina) Ha sfasciato Cuba e la Jamaica e adesso punta dritto sulla costa occidentale della Florida. Saranno cazzi per tutti. 

LA – Dici che faranno vedere le immagini in diretta?

AL – Ci saranno più telecamere che pompieri. Le tv ci ingrassano con materiale del genere. (Si alza) Vado a vedere se c’è già il collegamento. (Entra nella camera)

LA – Adesso vengo anch’io. (Appoggia il binocolo in terra) Tanto qui va per le lunghe. (Si guarda le gambe alla luce della torcia) Devo tagliarmi i peli. Non ho mai tempo per niente. (Si passa una mano sulle cosce ) Guarda qua che roba. Crescono con una velocità. (Rivolta all’altra stanza) Mi presti il rasoio? 

AL –(Dall’altra stanza) E’ per depilarti?

LA – No, mi taglio le vene.

AL – E’ che mi rovini il filo.

LA – Neanche fossi una scimmia.

AL – Ho detto di no. Poi cos’è sta mania di toglierti i peli. 

LA – Saranno un po’ fatti miei. 

AL – Il pelo, ha la sua carica erotica.

LA – Mi stai dicendo che mi preferisci coi peli?

AL – Un po’ di pelo non guasta. 

LA – Il problema non sei tu. 

AL – E chi senno?

LA - Sono gli altri che mi vedono in bichini con tutti i peli.

AL – Allora lo fai per gli altri? 

LA - Insomma me lo presti o no questo rasoio?

AL – (Entrando con un rasoio in mano) Mi scoccia se dici che lo fai per gli altri.

LA – Lo faccio per te. Va bene? (Si avvicina per prendergli il rasoio)

AL – Hai visto le mie lenti? 

LA – Ci credo che mi preferisci coi peli, sei orbo come un tapiro.

AL – I tapiri sono orbi? 

LA – No, ma tu sei il mio tapiro occhialuto. (Gli scompiglia scherzosamente i capelli. Improvvisamente abbassa il tono della voce) Si è accesa la luce. 

AL – Dove?

LA – Nell’altra stanza. (Torna con passo felpato alla sua postazione)
Non si vede niente, ha tirato le tende.

AL - (Si avvicina alla finestra) Si vede lo stesso, invece. Sono in due. Quello in piedi dev’essere il figlio. 

LA – Marito. Sei duro, eh? Poi non è neanche lui. Non lo vedi che è lei?

AL – Non ho su le lenti. Cos’ha messo sul letto?

LA - Dev’essere pesante. Cosa sarà?

AL – Sembra un sacco. 

LA – Non è un sacco. E’ … un corpo.

AL – Vedi che quello in piedi è lui? L’ha messa in un sacco. 

LA - Non c’è nessun sacco. Avrà perso i sensi. 

AL - Probabilmente è morta. 

LA – E lo dici così?

AL – In fondo ce lo aspettavamo. 

LA – E’ una cosa orribile. Un attimo fa era lì nel buio e adesso non c’è più. (Piange istericamente)

AL - Non mi sembra il caso di farne un dramma. Non la conoscevamo nemmeno.

LA – Praticamente ci è morta sotto gli occhi. 

AL – Ogni secondo muoiono centinaia di persone. Solo che non lo sappiamo. Non cambia niente vederlo. 

LA – Cominciavo ad abituarmi. Non mi dava neanche più fastidio.

AL – Vado di là alla tv. Sta iniziando il collegamento con la Florida. Vieni anche tu?

LA – E la lasciamo così? Da sola.

AL – Cosa dobbiamo fare? E’ morta.

LA – Neanche una preghiera?

AL – Per quel che serve. Quando stacchi la spina è tutto finito.

LA – Dici che alla fine non ci rimane più niente di noi? Nemmeno una fiammella? Niente? (Al scuote la testa) Eppure qualcosa deve esserci. Anche fosse solo un puntino luminoso.

AL – (Prendendola in giro) Come quando spegni la tv?

LA – E’ ancora lì, la sento. (Si fa in fretta il segno della croce) 

AL – Non sapevo fossi credente.

LA – Infatti non lo sono.

AL – E allora perché ti fai il segno della croce?

LA – Mi va di farlo. Poi a te cosa te ne frega? 

AL – A me niente. Ma ci vuole un po’ di coerenza. 


Quadro 8

La donna compare sulla soglia della camera con l’aspirapolvere in mano. Ha un’espressione da invasata. Inizia ad aspirare con meticolosa precisione in ogni angolo della camera. 

DONNA – (Rivolta al marito nell’altra stanza) Alzati, devo rifare il letto. (Si ferma davanti alla porta con fare autoritario) Ti alzi o no? (Solleva con due dita dei calzini sporchi) Guarda che roba. Ma la scema sono io. E’ colpa mia. Sono io che ti lascio sempre fare i tuoi porci comodi. (Entra nella camera) Mi hai sentito? Stai pure lì a far niente, eh. Tanto c’è la serva che pulisce. (Esce. Con gesti rapidi sistema i cuscini sul divano del soggiorno) Non ti fai schifo? Tutto il giorno nel letto. Ma adesso basta. Ora cambio sistema. Voglio proprio vedere come te la cavi. (Riaccende l’aspiratore) Ti sei guardato allo specchio? Hai un aspetto tremendo. Potresti almeno cambiarti il pigiama, darti una sistemata. Non so da quando non ti fai la barba. Non hai rispetto per nessuno. (Aspira il pavimento con movimenti ampi) Sei sempre più gonfio in faccia. Pensi che ti faccia bene startene chiuso lì dentro? (Toglie i peli dal bocchettone dell’aspirapolvere) E non fare la vittima. (Riprende ad aspirare) Io non ho niente contro di te. Puoi fare quello che ti pare. Ma tutto il giorno in casa a far niente non ti ci voglio. Un po’ di dignità. (Si blocca vicino alla porta) Pensi che a me non importa un fico secco vedere che ti stai consumando come una candela? Mi fa rabbia vederti così indolente. Io sono fatta di un’altra pasta. Non sono capace di stare ferma. (Riprende ad aspirare) Ho quasi finito. (Aspira anche sotto i mobili) Piacerebbe anche a me fermarmi per un po’. Invece io non mi fermo mai. (Aumenta il ritmo, come se le montasse il nervoso) Dicevi che piuttosto che finire in un letto ti saresti buttato di sotto, hai cambiato idea? Perché se continui così ci finisci stecchito in quel letto. Scusa, ma te lo dovevo proprio dire. Se non sei tu a scuoterti bisogna che qualcuno lo faccia per te. Anche se non ci credo che stai per crepare. I medici possono dire quello che vogliono. Poi, sei uno che ci tiene troppo a vivere. (Alzando la voce) E smettila con quella tv! Mi fai venire la nausea. Adesso te la porto via così se vuoi guardarla vieni di qui. (Scoppia a piangere, ma subito si ricompone. Fissa un punto sulla parete. Si avvicina) Questa crepa mi preoccupa. E’ cresciuta. Si potrebbe chiudere con un po’ di stucco. Cosa dici? (La osserva con circospezione) Meglio non toccarla, eh? La facciamo vedere all’amministratore così com’è. (Stacca la spina dell’aspiratore dalla presa e riavvolge il filo) Almeno ora c’è pulito. Ti dà fastidio la luce? (Tira le tende. Le annusa) Dovrei cambiare l’aria qui dentro. Credo centri quella crepa. E’ da quando si è aperta che c’è quest’odore di marcio. Sono sicura che non c’era prima. 


Quadro 9

AL – (Osserva la donna alla finestra con il binocolo) Brutta stronza. Ci ha preso per il culo. Noi stavamo in pensiero e lei si è divertita alle nostre spalle. 

LA – Me lo sentivo che non era morta. 

AL – E’ stata tutta una scena. 

LA – Ci sono quasi cascata.

AL – Quasi? Ma se è tre giorni che trepidi per lei. 

LA – No, lo sapevo.

AL – Lo dici adesso che la vedi. 

LA – L’ho detto anche prima. 

AL – Ha deciso di aspirare tutta la casa.

LA – Si vede che è contenta. Ha superato un nodo esistenziale e ora ha uno slancio di vitalità. 

AL – Con l’aspirapolvere?

LA - Succede a tutte di farsi prendere la mano. E’ una cosa normale. Pulizia, rinnovamento, il ciclo della vita che continua. 

AL – (Il rumore dell’aspirapolvere diventa più forte) Se non la smette, l’ammazzo con le mie mani. Dopo la pubblicità c’è il collegamento con Charley. 

LA - Finiscila di fare il cinico, che poi sono sicura che sei contento che non è morta. C’eri rimasto male anche tu. Dì la verità? 

AL – Ti dico solo una cosa. Se quando inizia il collegamento quella ricomincia a fare la matta io non so cosa succede. 

LA – Non puoi dire che è pazza. Questo non lo sappiamo. 

AL - Secondo te una che si scatena alle tre del mattino a fare le pulizie è una persona normale?

LA – Ho solo detto che ha superato la fase depressiva. 

AL – Io invece penso che lo fa apposta. Si vuol fare compatire. Certe persone hanno bisogno di essere al centro dell’attenzione. Un po’ come tua madre.

LA – Lascia perdere mia madre.

AL – E’ un esempio che ho sottomano.

LA – Non sopporto che te la prendi con mia madre.

AL – E io non sopporto che telefoni tre volte al giorno, tutti i giorni per trecentosessantacinque giorni all’anno, ferie incluse. 

LA – Sono fatti miei. 

AL – No, sono anche miei. 

LA – Che fastidio ti da? Sono io che rispondo al telefono. 

AL – Mi toglie il fiato.

LA – E’ il mio rapporto con lei. Non ti deve fregare niente del rapporto che ho con mia madre. 

AL – E invece mi frega. Mi frega di stare con una che ha un cordone ombelicale grande così (fa un gesto esagerato) e che non vuole crescere. Oltre a raccontare a tua madre tutto quello che facciamo. 

LA – Anche se fosse non ho nessuna intenzione di cambiare. Non mi scalfisci nemmeno di un millimetro. 

AL- Bella roba. Almeno uno cerca di migliorare. Tu invece ti rifiuti. 

LA – Perché tu pensi di essere perfetto? Il rapporto che hai con tua madre è inesistente. Dovresti andare dallo psicanalista. 

AL – So io come gestire mia madre. 

LA – Bravo. Allora lasciami gestire in pace la mia.

AL – Con tua madre è diverso. Se non stai attenta, ti risucchia. (Fa il verso del risucchio) 

LA - Sei uno stronzo, proprio adesso che ha bisogno di noi. Lo sai che non sta bene in questo periodo.

AL – Tua madre sta meglio di me. Ci puoi scommettere. E’ sempre dai dottori ma poi non le trovano niente. Almeno le trovassero qualcosa, così si tranquillizza. Sembra quasi che ci rimane male se non le trovano niente. 

LA – Sei un idiota. 

AL – Attenta al risucchio. (Fa il verso del risucchio)

LA – Non ti accorgi neanche di quanto sei stronzo.

AL – Non posso più scherzare, adesso? 

LA - Ma io ci rimango male davvero. (Piagnucola) Perché alla fine ci credo a quello che dici. 


AL – (Si avvicina. Lei si volta dall’altra parte. Le mette le mani sulle spalle, le bacia i capelli). Dai, facciamo pace. (L’abbraccia) E’ tutta colpa di quella di fronte. Ma adesso la faccio smettere io. Pace? (Si baciano) 

LA – Cosa vuoi fare?

AL – Adesso vedi. (Tira fuori un foglietto dal taschino. Va al telefono. Compone il numero) 

LA – A chi telefoni? 

AL - Va alla finestra e dimmi cosa fa. (Si sente chiaramente squillare il telefono nell’appartamento di fronte. La, corre alla finestra) Squilla?

LA – Come fai ad avere il suo numero?


Quadro 10

DONNA – Pronto. Pronto? Si può sapere chi è al telefono? (Nessuna risposta. La donna mette giù. Si allontana di qualche passo e il telefono riprende a squillare. La donna risponde) Cosa pensi di fare? Ti credi furbo? Lo sento che sei lì attaccato alla cornetta. Parla! Hai chiamato tu. Cerca di avere il coraggio delle tue azioni. E’ che non hai le palle per farlo. Non sai neanche con chi stai parlando. Lo sai dove hai chiamato? Lo sai chi sono? Ah, fai lo spiritoso. Ridi? Siete in due a ridere. C’è anche una ragazza? E’ la tua ragazza? Potete essere orgogliosi di questa impresa. Che bravi. Avete proprio scelto la serata giusta per divertirvi. Ma lo sai razza di animale che cosa hai fatto? Ci sono situazioni che uno non s’immagina nemmeno. Sei entrato in casa mia, questa è casa mia. Pulisciti la bocca prima di parlare, perché quelli luridi come te io non ce li voglio in casa mia. Lo sai chi stai chiamando, imbecille? Lo sai con chi stai giocando, eh? Dì qualcosa, stronzo. (Un momento di sospensione. La donna rimane in ascolto) Dici che mi puoi vedere? (Scruta di fronte a sé nel buio) Cos’è, vuoi spaventarmi? Se mi vedi, meglio, allora sai di cosa parlo. Lo stai vedendo con i tuoi occhi. Io non sono quella che credi. Te la stai prendendo con quella sbagliata. Hai sbagliato casa, hai sbagliato persona, hai sbagliato tutto. Qui non c’è nessuno in vena di scherzi. E’ un brutto incubo. Sei finito nel mio incubo, ragazzo mio. Sei un figlio di puttana. Sei un bastardo che non ha rispetto degli altri. Tu e la tua ragazza. Lo capisci quello che hai fatto? (Ha uno sguardo duro, di sfida) Vuoi vedere come sono? (La Donna esce sul balcone) Guardami bene, allora. Hai detto che mi puoi vedere, vuol dire che abiti qui, da qualche parte. (Guarda in tutte le direzioni compreso la loro) Siete lì? Oppure lì? Oppure lì? (Scruta nel buio) Siete solo capaci di spiare o avete anche il fegato di farvi vedere? (Grida) Perché non vieni fuori, eh? Vigliacco. Non hai più niente da dire? Stai zitto adesso? Non ridi più? Allora rido io. (Ride in modo forzato. Alla fine il pianto si tramuta in singhiozzi. Piange.)Ti faccio paura? (Si volta in direzione della camera, il tono della voce è addolcito) E noi che pensavamo di passarci una seratina in pace, io e te soli soletti. Come ai vecchi tempi. (Si volta di scatto, ha di nuovo gli occhi furenti) Non siete degli esseri umani. (Guarda più intensamente proprio di fronte a sé) Mi fate pena. 


Quadro 11

LA - Sembra che ce l’ha con noi.

AL – Si è incazzata di brutto.

LA - Dici che ci ha scoperto?

AL - Con tutte le finestre che ci sono. 

LA – Perché le hai detto che la vediamo? 

AL – Mi è venuto così, per farle paura. 

LA – Non mi sembra una gran mossa. 

AL - Almeno sa che qualcuno la tiene d’occhio.

LA – (Torna ad osservare dalla finestra con il binocolo) Mi devi spiegare com’è che avevi il suo numero. Non sappiamo nemmeno come si chiama. (Mette a fuoco le lenti del binocolo) Al.

AL – Sì.

LA – C’è un uomo sul letto.

AL – Un uomo? E chi è?

LA – Guarda.

AL – Non ho su le lenti.

LA - Quando serve non ce le hai mai.

AL – (Guarda dalla finestra strizzando gli occhi) E cosa fa?

LA – E’ morto.

AL – Anche lui?

LA - Guarda che lei non era morta.

AL – Sei sicura che invece quello è morto?

LA – E’ disteso con le braccia incrociate sul petto. Morto stecchito.

AL – Non ci capisco più niente. Ma chi può essere?

LA – E’ lui che stava sul letto, prima.

AL – Lui chi?

LA – (Sempre guardando con il binocolo) Ah, ecco … infatti.

AL - Cosa?

LA – Hai capito che storia. Lo ha ucciso. 

AL – Chi ha ucciso?

LA – Il marito!

AL – Non c’è bisogno che ti arrabbi. 

LA – (In modo didascalico) Lei ha ucciso il marito. Il movente non lo sappiamo, ma l’abbiamo beccata che cercava di metterlo in un sacco. 

AL – Non lo metteva in un sacco. C’erano le tende tirate. Vedevamo solo l’ombra. 

LA – Era l’ombra di qualcuno che trascinava un cadavere. 

AL – E perché piangeva?

LA – Perché è morto.

AL – Scusa ma non ti seguo. Dici che lo ha ucciso e che poi si è messa a piangere?

LA – Mi sembra ovvio. Lo ha fatto fuori e poi si è pentita.

AL – Non mi convince. Se è così come dici perché l’ha lasciato sul letto? Lo hai detto tu che è lì con le braccia incrociate. Magari gli ha pure messo il vestito della festa.

LA – Come fai a saperlo?

AL – Lavato e pettinato.

LA – Ha messo anche dei ceri tutto intorno. 

AL – Prega?

LA – Ha in mano un foglietto. Legge qualcosa a voce alta. Ma non si capisce cosa.

AL – Vedi non l’ha ucciso. Si capisce che lui stava male, poi a un certo punto è morto per i cazzi suoi.

LA – Era lui a stare male! Non lei. Abbiamo confuso la situazione.

AL- Già. Lui stava male e lei piangeva.

LA – Piangeva perché lui stava male.

AL – (Guarda a lungo dalla finestra) A me sembrava che stava male anche lei. 

LA – Stava male.

AL – Dico, in senso fisico. 

LA – Fa differenza? Quando una soffre. Soffre e basta.

AL – Ora le è passata, però. Non si lamenta più. 

LA - Sai Al, a pensarci bene è strano.

AL – Perché? Non c’è niente di strano. Avrà preso un calmante.

LA – No, è che a volte ho l’impressione di guardare senza capire un accidente. 

AL – Sei tu che hai il binocolo. Io non ho neanche su le lenti. (Si avvia verso la camera) 

LA – Chissà di cosa è morto. 

AL – Non vieni a letto? Tanto qui non succede più niente. 

LA – Vai avanti tu. Voglio vedere come va a finire. (Al esce) Al. Mi dici come hai fatto ad avere il suo numero? 

AL – (Dall’altra stanza) L’ho cercato sulla guida. 

LA – E come facevi a sapere il nome?

AL – Col binocolo, no? Sulla porta d’ingresso c’è su il suo nome.

LA – E come si chiama?

AL – (Si affaccia sulla porta) Ha importanza? (La, alza le spalle)



Quadro 12

DONNA - (La Donna è in ginocchio, con le mani giunte, la casa è illuminata da ceri accesi. Sembra recitare la lista della spesa come un rosario) Sale grosso. Cannella. Pepe nero. Riso biondo. Farina. Tre confezioni di tonno all’olio di oliva. Patate. Meglio abbondare che tanto servono sempre. Spaghetti. Io prenderei anche della pastina. Tu la sera preferisci la pastina. Dado di carne. Grana. Non prendere il più costoso. Salmone? Solo se è in offerta. O preferisci la trota salmonata? Merluzzo fresco. Da fare fritto. Ricordarsi olio di arachidi. Un po’ di pesce ci vuole. Surimi. Se c’è. Lo trovi nei surgelati. Hai presente? Come faccio a spiegarti, è una specie di wurlster, però di pesce. Credo che ci sia anche del granchio tritato dentro. Roba industriale, si capisce. Allora ci vai tu? Lo sai che non mi piace andare al market. Qualcuno a fare la spesa però ci deve andare. Non c’è rimasto più niente in casa. Il frigo è vuoto. A guardarlo mette l’ansia. La carne l’ho già segnata? No. Allora coniglio, pollo e qualche fettina da fare ai ferri. Petti di tacchina, confezione famiglia. Niente lonza, l’altra volta era dura. Niente braciole. Niente ossi buchi. Salsiccia, sì. Col fatto che sei in deficit di ferro meglio abbondare con la carne. Che poi il ferro c’è anche nei legumi. A proposito: ceci, fagioli, lenticchie, farro che non è un legume ma lo trovi nel banco dei legumi. Meglio bio. La carne prendila magra. Altrimenti va a posto il ferro e ti sale il colesterolo. L’importante è che ci sia scritta la provenienza. Niente roba spagnola o inglese. Ci credo che ti sei ridotto così, con quello che ti davano in ospedale. Puré, prosciutto cotto, pollo, una mela, minestrina. Tutto con lo stesso gusto. Tutto bianco, slavato, senza anima. In ospedale sono specializzati a togliere l’anima alle cose. Meglio se al market ci vai in macchina. Entri direttamente nel parcheggio. Questa volta la lista è lunga. (Continua a leggere la lista) Per me la spesa è un incubo. Se non ci fossi tu non ci andrei neanche morta, piuttosto farei la fame. Quando entro nel market mi viene male. Dico sul serio. Non riesco a concentrarmi, mi gira la testa, ho degli attacchi di panico. Senza lista poi vado in tilt. Passo e ripasso nei corridoi senza combinare niente. Alla fine mi ritrovo il carrello pieno di cose inutili. Ci sono quelli invece che ci vanno senza neanche sapere quello che hanno in frigo. Entrano e improvvisano. Io non ci riesco. (Si tocca la testa) Aglio e cipolla! Ecco cosa dimenticavo. 

(La donna prende il foglio e li aggiunge con la penna sulla lista. Si fa il segno della croce. Si alza. Va ai fornelli. Assaggia la zuppa al fuoco. Prende la pentola e la porta in tavola. La tavola è apparecchiata come nelle grandi occasioni. Bicchieri a calice, bottiglia di spumante nel secchiello. Candela accesa e centrotavola floreale). 

DONNA - E’ pronto. (Si siede.) Ho fatto la zuppa di gamberi. Helsinki 1999, ricordi? E’ stato il nostro decimo anniversario. Volevo farti una sorpresa. Zuppa di gamberi al peperoncino. Crostini all’aglio, burro e avocado. (Versa la zuppa nei piatti.) Al supermercato c’era di nuovo la fila. Al venerdì poi, sembra che la roba la regalino dalla ressa che c’è sui banchi. La gente si butta letteralmente sulle confezioni. Certi si avventano con un’avidità da far paura. La prossima volta ci vai tu. Io esco fuori che sono idrofoba. E pensare che tanti si rilassano. (Si volta verso la porta della camera) Ti decidi a venire? Io comincio. (Inizia a mangiare) Che brutto vizio. Sei uguale a tuo padre. Mai una volta che vieni a tavola quando è pronto. Gli altri giorni passa, ma oggi potevi sforzarti. Per chi credi che abbia preparato questa cenetta? (Copre con un altro piatto quello rimasto pieno) Ti si fredda tutto. (Versa lo spumante nei bicchieri) Ormai non me la prendo più. E’ tutta la vita che mangio da sola. (Finisce la zuppa nel piatto) Potevi dirlo che non avevi fame. Io sto qui a preparare e lui manco mi avverte. Che sistema. (Versa nel suo piatto la zuppa avanzata) Mi spiace lasciarla lì. E’ così buona. (Mangia di gusto) Se non ti sentivi bene, almeno potevi dirmelo. E’ il principio che è sbagliato. Peccato, perché la zuppa di gamberi è venuta perfetta. (Si versa ancora da bere). Ti porto un bicchiere di spumante? Almeno il brindisi. (Rimane in attesa di una risposta) Potresti anche rispondere. Non che sia obbligatorio. Ma a volte mi sembra di vivere con un sordomuto. (Si volta verso la camera) Ti accendo la tv? Dovrebbe iniziare la replica di “vivere e amare”. Anche se il quattro non si vede più tanto bene. Può essere che s’è spostata l’antenna. Con tutto il vento di questi giorni. (Annusa l’aria. Si guarda in giro) E’ ben sporca questa cucina. Devo chiamare l’amministratore per quella crepa sul muro. Forse è da lì che viene tutta sta puzza. 


Quadro 13 

Cucina di Al e La. La è ancora seduta accanto alla finestra con il binocolo in mano.

LA – Parla. (Si volta verso la porta della camera) Hai sentito Al? Mi ascolti o cosa? 

AL – (Appare sulla soglia della porta ciondolando) Eh? 

LA – Parla di nuovo.

AL – Chi?

LA – Non ho voglia di ripetere mille volte le cose. O segui o te ne vai a letto.

AL – Infatti stavo dormendo. 

LA - E’ che tieni sempre quel cavolo di tv accesa. 

AL – Stavo dormendo veramente.

LA – E la tv?

AL – Era accesa. Ma questo cosa c’entra. Uno non può dormire con la tv accesa?

LA – Mi dici come faccio a parlare con uno che dorme con la tv accesa?

Ciondolando, Al si va a sedere al tavolo. 

AL – Allora? 

La continua a guardare al binocolo senza rispondere.

AL - Visto che mi hai svegliato adesso voglio sapere cosa succede.

LA – E’ mezzora che cerco di dirtelo. Si è messa a parlare.

AL – Non mi sembra una grande notizia.

LA – Con il morto.

AL – E’ normale. Si mettono le candele, si prega. Lo starà vegliando. 

LA - Gli ha anche preparato la cena.

AL – Questo non è tanto normale.

LA – Hanno fatto una cenetta a lume di candela. 

AL – Lui e Lei?

LA – (Sbuffa) Solo lei. Anche se aveva apparecchiato per due. 
AL – E lui, è sempre morto?

LA – Guarda che c’è poco da fare lo spiritoso. E’ morta una persona. Un nostro vicino. Avremmo anche potuto conoscerlo. 

AL – Cerca di non essere patetica. Questa storia ti sta prendendo troppo. E’ solo un fatto di cronaca. 

LA – Ma questo non è un fatto di cronaca. E’ successo a noi.

AL – Prima di tutto questo è un fatto di cronaca. Domani compro i giornali e ti faccio vedere. Secondo, non è successo a noi, ma alla finestra di fronte.

LA – E cosa cambia?

AL – Mi sembra che cambi moltissimo. Se fosse successo a noi, io sarei morto e tu saresti lì a piangere. Ti sembra poco?

LA – (Si avvicina a lui accarezzandogli il petto) Al.

AL – Sì.

LA – Ho voglia di farlo.

AL – Adesso?

LA – Perché, non ti va?

AL – No, è che pensavo …

LA – Non pensare. (Lo bacia)

AL – Aspetta. Mi fai cadere. (Lei si toglie la sottoveste e contemporaneamente cerca di spogliare lui)

LA – Facciamolo qui. 

AL – Sul divano?

LA – No. Sul tappeto. Davanti alla finestra. E’ tutta la sera che ho voglia.

AL – Non ti sembra di esagerare?

LA – E’ proprio quello che voglio.

AL – Esagerare?

Lei lo travolge. Rotolano sul pavimento. 


Quadro 14

DONNA – (La donna è seduta in poltrona con gli occhi chiusi. Si lamenta debolmente. Tira un sospiro profondo. Si volta verso la camera) Dormi? (Si alza, prende un giornale e si avvia verso la camera. Rimane un attimo in attesa sulla soglia, poi entra. La scena rimane vuota. Tutto il dialogo si svolge senza nessuno in scena) Ti ho portato il giornale. Stanotte non ti ho sentito tossire. Come va il tuo mal di testa? Si vede che stai migliorando. Hai un’altra faccia. Una donna sa che cosa ci vuole per riprendersi. Soprattutto riposo. Fondamentale è bere molto. Del resto sei anche sfebbrato. Il tuo guaio è sempre stato il setto nasale deviato. Anche se hai un naso perfetto. Alla greca, come tuo padre. Però il catarro non si sfoga e così fa infezione. E’ per quello che hai sempre quei mal di testa. Lo so, ne hai sempre sofferto. Tutto per quel catarro marcio che non viene giù. Vuoi un po’ di thè? Lo prendi senza zucchero, vero? Aspetta che ti metto sotto un cuscino. Ecco, ti sollevo un po’ la testa. Così va meglio? (Sbotta) Se stai rigido si versa tutto. Nemmeno un sorso? Allora lo bevo io. Mi spiace buttarlo. Ormai che è fatto. Ti ho preso il giornale. Vuoi darci un’occhiata? Poi, faremo anche due fumenti. (Risoluta) No, no, poche storie. I fumenti ci vogliono. Ho preso il bicarbonato. Il farmacista mi ha detto di salutarti. Ci vorrà un po’ perché riprenda a uscire, gli ho detto. Questa volta è proprio conciato male. Cosa vuoi per pranzo? Bisogna variare la dieta. Servono proteine, ma anche vitamine, carboidrati e fibre. Soprattutto fibre per chi sta tanto a letto. Altrimenti poi ti lamenti che non vai di corpo. Sei già andato stamattina? Lo so che ti irrita parlarne, ma devo pur sapere. C’è odore di chiuso nella stanza. Apro un pochino tanto per cambiare l’aria. Dovrei decidermi a lavare le tende. Ma sono così pesanti e spesse. Quando ti rimetti, mi dai una mano a tirarle giù? E’ proprio vero che in una casa c’è bisogno di un uomo. Da quando ti sei ammalato non funziona più niente. E pensare che hai sempre avuto la mania della manutenzione. A proposito, devo chiamare l’amministratore per quella crepa sul muro. Ogni giorno si allarga sempre di più. Forse è da lì che viene questo cattivo odore. Odio le tende chiuse. Ecco, così è molto meglio. Lo so che mi guardano dentro, ma altrimenti mi sento soffocare. E poi che guardino! Quella di fronte è sempre appiccicata alla finestra. Crede che non lo sappia. Ma io lo so. Sta li seduta a spiare al buio. Cosa penserà di vedere? Non succede mai niente. Con tutte le finestre che ci sono proprio qui devono guardare? Prima qualcuno da loro ha aperto il frigo e l’ho vista in faccia. Per un attimo ci siamo guardate. E’ giovane. Potrebbe passare meglio il suo tempo. Forse è meglio se ti accendo la tele. 

Si sente il sonoro della televisione. La donna esce dalla camera e si va a sedere in poltrona. 

Oggi ho sentito una ricetta in tv. Mi piace quando cucinano. A guardare non s’ingrassa. Non la sapevo quella ricetta. La mousse di ciliege. Con tutte le ciliegie che ho mangiato da bambina. Però la mousse di ciliegie non l’ho mai assaggiata . Che poi vuol dire crema. Insomma si prendono le ciliegie, devono essere belle mature. Si lavano e si toglie il nocciolo. Si toglie il nocciolo altrimenti poi lo devi sputare. Si fanno bollire. Quando sono cotte. Ah, dimenticavo una manciata di zucchero. Sono dolci, ma con lo zucchero è meglio. Dicevo, quando sono cotte si passano oppure si frullano. Fanno un bel po’ d’acqua. Ci devi aggiungere il burro. Un bel pezzo di burro fuso e la colla di pesce. Due o tre fogli. Lo sai che la vendono in fogli, no? Si stemperano questi fogli con un pochino di acqua calda. Voglio dire che li metti in un pentolino e li fai sciogliere con dell’acqua. Poi mescoli tutto e lo mette in frigo. Il prossimo anniversario te la faccio. Magari anche prima. Dipende da come ti senti. Non vorrei mangiarmela tutta io la mousse, che poi ingrasso. 


Quadro 15

Al è seduto al tavolo che fuma. 

AL – Tra due ore devo essere in ufficio. Non so se andare a dormire o rimanere sveglio. Perché a volte è peggio dormire due ore che non dormire affatto.

Si sente lo sciacquone e si apre la porta del bagno. La entra nella stanza.

LA – Hai detto qualcosa?

AL – Io faccio colazione.

LA – Ma sono le cinque.

AL – Ormai non ce la faccio più a dormire. Tanto vale che mi porto avanti. (Apre il frigo. La stanza s’illumina. Prende il latte e il burro. Si sofferma a guardare la macchia di umidità sopra il frigorifero) Ricordati di dire all’amministratore di questa macchia sul muro. 

LA – No bello mio. Ne abbiamo già parlato. Te ne occupi tu. Sei tu l’uomo di casa.

AL – (Accusa il colpo) Comunque non dev’essere una roba seria. Si è fermata. Se era una perdita andava avanti. Io non la toccherei. A volte le cose vanno a posto da sole. 

LA – (Ha ripreso ad osservare dalla finestra con il binocolo) Vuoi dire che non glielo dici all’amministratore?

AL – Aspetterei. 

LA – (Tra sé e sé) Codardo. 

AL - (Si volta, vede La, alla finestra) E smettila con quel binocolo. Ti ha preso proprio la scimmia. Tanto a quest’ora starà dormendo.

LA – Secondo te, veglia funebre cosa significa?

AL – Vuoi dire che è ancora lì? (Si avvicina anche lui alla finestra) 

LA – Cosa ti dicevo? Si è accesa la luce in bagno.

AL – Pipì?

LA – E’ salita in piedi sulla tazza del cesso. Sta legando una corda. Dici che s’impicca?

AL – Magari stende. Dopo aver aspirato tutta la casa avrà fatto il bucato. (Un lungo silenzio) Adesso però basta con questa storia. (Le toglie il binocolo.) Ora cambiamo canale. (Chiude le tende).


LA – A pensarci bene in fin dei conti è solo morto qualcuno che probabilmente era già destinato a morire.

AL – Se pensi che stanotte Charley ha devastato le coste della Florida facendo decine di morti. 

LA- E con questo?

AL – Voglio dire che non sono mica morti nel loro letto. Erano americani, gente che stava bene, che aveva un futuro davanti. Quelle sì che sono tragedie. 

Milano, 10.11.2005