Romerio e Giulbecco

di

Massimo Nicoli



Personaggi:

Romerio
Giulbecco
Tebaldo, nobile Capuleto
Un domestico
Un musico
Uno speziale
Un frate


SCENA I^

Entra Romerio che ha sulle spalle un otre pieno d'acqua.
ROMERIO: Stramaledetta la terra tutta. Che botta! Stavolta le ho proprio prese. Di soppiatto, nella zuffa, dev' essersi intrufolato anco qualche demone burlone perché più mi scalmanavo a dar pugni e calci e più ne ricevevo. Proprio nello istesso istante in cui io menavo una randellata sul nemico, mi son sentito percuotere il cranio come se lo tronco di un albero secolare fusse caduto sulla mia testa.
(Si versa un po' d'acqua sulla testa. Beve, si rinfresca. Entra Giulbecco anch'esso dolorante). Codardo!
GIULBECCO: Codardo a me? Io mi chiamo Giulbecco. Tientelo per te codesto nome: Codardo.
ROMERIO: Io lottai fino all'ultimo, guarda!
GIULBECCO: E' un uovo o un bernoccolo quello?
ROMERIO: C'è poco da ridere. Io combattei anco stavolta.
GIULBECCO: Anch'io porto i segni del duello.
ROMERIO: Credi che non t' abbia scorto? Eri talmente preoccupato a fuggire che ti tuffasti oltre una siepe finendo in un cespuglio di rovi.
GIULBECCO: Mi ci hanno scaraventato. Erano almeno in cinque addosso a me.
ROMERIO: Sì, cinque come le dita di una mano monca. Tu correvi sfuggendo all'aere proprio come un coniglio che scappa al cadere di una pigna dall'albero.
GIULBECCO: Io? Io non sono scappato nemmeno quando hanno gridato "arrivano i Capuleti".
ROMERIO: Ci credo, quelli erano i nipotini colle lor balie. Allora vi siete avvicinati spavaldi ma quando siamo arrivati noi ve la siete data a gambe.
GIULBECCO: La botta alla testa ti ha fatto venire le traveggole.
ROMERIO: Dovrei aver cento occhi piuttosto, per vedere anco quelli che ti si avvicinano alle spalle e ti randellano a tradimento. E tu sei uno di quelli.
GIULBECCO: Bisogna approfittare della buona sorte. Però con te già mai.
ROMERIO: E non ci provare nemmen, altrimenti guai a te. Mentre stavo lì alla fontana a curarmi la ferita, vidi alle mie spalle il ghigno di un brutto ceffo che cercava di prendermi a tradimento. Una potente gomitata gli mollai. Niente. Come se avessi attraversato l'aere. Mi ritrovai col culo per terra perché nello slancio persi l'equilibrio. Scomparso, non c'era più nessuno.
GIULBECCO: Spiriti?
ROMERIO: No, non in quel caso.
GIULBECCO: E allora?
ROMERIO: Quando all'acqua della fonte tornai a rinfrescarmi, capii. Quel ceffo ero io. Feci fatica a crederlo ma ero proprio io, quell' era la mia immagine che si rifletteva nell'acqua. 
GIULBECCO: In effetti quando ti ho visto, anch'io, in un primo momento, mi son chiesto se eri tu. 
ROMERIO: E la risposta?
GIULBECCO: Ora ne son sicuro (pausa). Certo che non sarebbe una brutta idea.
ROMERIO: Quale?
GIULBECCO: Se durante quelle risse noi due ci fronteggiassimo.
ROMERIO: Vuoi accorciare la tua vita, scellerato?
GIULBECCO: No. Che hai capito? In tal guisa potremmo darci colpi leggeri mascherati da botte tremende.
ROMERIO: E nel caso non ti riuscisse di misurare la forza de li colpi?
GIULBECCO: Certo ci vuole allenamento.
ROMERIO: Domani ci proviamo.
GIULBECCO: Cosa si deve fare per guadagnarsi il pane! Comunque finché Capuleti e Montecchi continueranno a odiarsi ci sarà sempre lavoro per noi.
ROMERIO: Finché quei signorotti a scannarsi fra lor continueranno, ci sarà sempre un po' di giustizia in questa città, vorrai dire.
GIULBECCO: Ho fame.
Romerio porge l'otre a Giulbecco.
ROMERIO: Tieni, qui c'è un po' d'acqua.
GIULBECCO: Ho detto che ho fame!
ROMERIO: Io ho solo quest'acqua.
GIULBECCO: Cosa me ne faccio della tua acqua se ho fame.
ROMERIO: Mangiati l'acqua.
GIULBECCO: Come si fa a mangiare l'acqua?
ROMERIO: Se hai fame la mastichi.
GIULBECCO: Ma l'acqua si beve.
ROMERIO: E tu prova a masticarla. 
Giulbecco prova a masticare l'acqua.
GIULBECCO: Non ci riesco.
ROMERIO: Insisti. E' solo per abitudine che l'acqua si beve.
GIULBECCO: Direi piuttosto per sete.
ROMERIO: Stolto! Intendo dir che puoi provare anco a far lo contrario di quel che fai di solito.
GIULBECCO: Non è facile.
ROMERIO: E' come quando muore qualcuno e invece di piangere ridi. 
GIULBECCO: O quando vai per suonare e sei suonato.
Giulbecco continua a masticare acqua.
ROMERIO: Ecco, bravo, vedi che ce la fai?
GIULBECCO: Avevi ragione.
ROMERIO: Ho sempre ragione!
GIULBECCO: Lavora la mia bocca e fa più che il suo dovere ma il mio stomaco è ancor vuoto. Ho più fame di prima. Quell' Abramo avrebbe dovuto ricompensarci con un po' di cibo e invece non s'è visto.
ROMERIO: Per forza, quella non fu una rissa scatenata dai signorini, fu solo uno scontro fra servi, dunque niente paga.
GIULBECCO: Fame, fame, fame. Potremmo mangiare de li vermi.
ROMERIO: Che schifo!
GIULBECCO: I pesci mangiano li vermi, se mangi i pesci mangi anco li vermi.
ROMERIO: Io ai pesci prima di mangiarli gli guardo in bocca.
GIULBECCO: Vado a farmi dare quel che mi spetta e tu dovresti fare altrettanto.
ROMERIO: Chi ha la pancia piena non si cura di chi ha la pancia vuota. Comunque chi vuole vada e chi non vuole mandi. Buona fortuna.
GIULBECCO: E tu che farai?
ROMERIO: T' aspetterò.
GIULBECCO: Romerio!
ROMERIO: Sì?
GIULBECCO: Tu ci credi agli spiriti?
ROMERIO: Certo.
Esce Giulbecco. Romerio raccoglie alcune pietre disseminate sul terreno. Le osserva, le annusa, le lecca, le butta in aria, osserva come cadono, ascolta il rumore che fanno. Alcune le scarta altre le tiene, poi va a prendere una sacca, rovescia altre pietre e le mischia con le prime. Si sente imprecare. Romerio raccoglie le pietre e allontana il sacco. Entra Giulbecco sospinto da Tebaldo.
GIULBECCO: Pietà nobile Tebaldo.
TEBALDO: Le fauci di mille demoni possano dilaniarti, pezzente. Che tu possa scivolare dentro gli inferi su un fiume di lava incandescente. 
GIULBECCO: Pietà, pietà.
TEBALDO: Un leone non perde tempo con le lucertole, così io non voglio sporcarmi le mani con te ma tu e tutti quelli che stanno dalla parte di quei vigliacchi di Montecchi faran bene a sparire dalla faccia della terra prima che i Capuleti li annientino uno ad uno.
ROMERIO: Ben detto signore.
TEBALDO: E tu chi sei? Un altro temerario che vuol provare a ballare senza musica? Anche tu vuoi assaggiare lo sferzante sapore della mia frusta?
ROMERIO: Io son de li vostri, nobile Capuleto. La vostra causa mi sta a cuore più della mia stessa vita. E quel che a questo fetente non avete dato state tranquillo che glielo regalerò io con sovrabbondanza.
TEBALDO: Ben detto servo fedele ma non si sappia in giro che compi questo atto di giustizia in nome de li Capuleti. Il nostro Principe non gradisce che ciò avvenga. Esce Tebaldo.
ROMERIO: (rifacendogli il verso) Il nostro Principe non gradisce che ciò avvenga. Va, va signorino, nonostante l' impeto prima o poi raggiungerà anco te.
GIULBECCO: Chi?
ROMERIO: La dama vestita di nero che tutti affascina e raccoglie.
GIULBECCO: Una femmina?
ROMERIO: Quanto sei ignorante! Che cosa facevi prima che ci incontrassimo?
GIULBECCO: Trasportavo il carbone.
ROMERIO: Ci avrei giurato! Sei stato fortunato ad aver incontrato uno come me che pensa anco alla tua istruzione.
Sputa per terra.
GIULBECCO: E allora, chi dovrebbe incontrare quel Tebaldo?
ROMERIO: Una che lo farà esser men spavaldo.
GIULBECCO: Una moglie?
ROMERIO: La morte. 
GIULBECCO: La morte? e tu come lo sai?
ROMERIO: La morte insegue sempre tutti noi e a poco serve nascondersi o scappare. Ella prima o poi sempre ti raggiunge. A volte gioca come lo gatto col topo, a volte muovesi come la mosca cieca e lo primo che trova tocca, a volte corre e raggiunge anco color che credono di sfuggirle a cavallo di un veloce destriero. Anco a quel Tebaldo prima o poi gli toccherà e io spero sia prima che poi.
GIULBECCO: Ma Tebaldo è uno de li Capuleti, uno di quelli per cui tu ti getti nelle mischie e combatti!
ROMERIO: Me ne strafrego! Per me tutti schifosi padroni sono. Piuttosto si può saper che ti capitò? A lasciarti andar in giro solo sei capace solamente di cacciarti nei guai.
GIULBECCO: E' ben vero quel detto: ai cavalli magri corron dietro tutte le mosche. Non bastavan le botte che avevo già preso. Son corso in città per cercare quel tal Abramo che paga i nostri servigi per conto del suo e nostro padrone. Svoltato che ebbi in uno de li vicoli che conducono a casa Montecchio vidi sopraggiungere due sgherri di casa Capuleto, uno quel tale grande e grosso che porta il nome di Sansone. M'acquattai dietro un angolo buio per paura d'esser riconosciuto. In quel mentre veggo arrivare proprio l'Abramo che cercavo, anch'egli in compagnia di quell'altro, tal Baldassarre. Non sentii quel che si dissero ma dall'incontro nacquero subito scintille. Intervennero anco Benvolio e Tebaldo che chiamarono a raccolta gran numero di facinorosi de li rispettivi schieramenti. A quel punto anch'io mi gettai nella mischia affinché venissi scorto e mi fusse data la ricompensa, malauguratamente sopraggiunse il Principe con le sue guardie a sedare la zuffa. 
Quando poi me ne stavo tornando qui, il nobile Tebaldo, feroce per non aver potuto dar sfogo alla sua voglia di vendetta, mi vide e, riconosciutomi come uno de li sostenitori de li avversari suoi, cominciò a prendermi a calci, minacciarmi e insultarmi e il resto lo hai ben visto tu stesso.
ROMERIO: Lo vidi, sì. Sei il solito scimunito. Tu devi imparare l'arte della mimosa.
GIULBECCO: Di che?
ROMERIO: Ecco, vedi? Il solito ignorante. Lo credo ben che ti scorgono lontano un chilometro. L'arte della mimosa serve per confondersi e far confonder il nemico. Se tu metti una lucertola su un piatto...
GIULBECCO: ...con due foglie di insalatina.
ROMERIO: ...con due foglie di insalatina...
GIULBECCO: ...e una cipollina.
ROMERIO: ...e una cipollina...
GIULBECCO: ...la mangio.
ROMERIO: Buzzurro, pensi solo a riempire la pancia. Bisogna nutrire anco lo spirito. Stavo cercando di dirti che una lucertola su un piatto, chiunque la vedrà. La stessa lucertola in mezzo a tante lucertole, più nessuno la distinguerà. Devi cercare di assomigliare a una pianta tra le piante, a un sasso tra i sassi, a un animale tra animali.
GIULBECCO: A un tramonto tra monti.
ROMERIO: Idiota! e' due volte impossibile.
GIULBECCO: Perché?
ROMERIO: Primo perché il monte e il tramonto son cose ben diverse. Secondariamente perché il tramonto è uno solo e dunque non potrebbero esserci tramonti tra tramonti. Orsù, bando alle ciance, ora. Prova!
GIULBECCO: A che fare?
ROMERIO: Mimosati in sasso.
GIULBECCO: In sasso?
ROMERIO: In sasso.
Giulbecco cerca di prendere la forma di un sasso. A un certo punto Romerio gli si siede sopra.
GIULBECCO: Che fai? 
ROMERIO: Ignorante, devi star immobile proprio come un sasso. Se chi ti insegue dovesse sedersi come ho fatto io, tu devi stare fermo. 
GIULBECCO: E se quello non se ne va più?
ROMERIO: L'arte della mimosa richiede anco resistenza: devi sopportare. Non appena cambia posto puoi andartene. Giulbecco si alza. Non così. Devi rotolare siccome un sasso. Su, prova. Giulbecco rotola in terra.
GIULBECCO: Ahia, un sasso!
ROMERIO: Sciocco! come può un sasso gridare "ahia, un sasso", se è sasso lui stesso.
GIULBECCO: Ma stavaci un sasso sotto la mia schiena, mi son fatto male per davvero. Non potrei mimosarmi in qualcos'altro?
ROMERIO: Dipende dal luogo ove ti trovi. Se sei in mezzo ai muri ti mimosi in un muro. Se ti trovi in un gregge di capre, in caprone.
Romerio imita il verso di una capra.
GIULBECCO: Romerio, hai udito?
ROMERIO: Che già mai?
GIULBECCO: Non sentisti il verso di una capra?
ROMERIO: Certo che ben l'udii.
GIULBECCO: Dev'esser vicina.
ROMERIO: Vicinissima. Ebbene quali conclusioni ne trai?
GIULBECCO: Forse si mangia.
ROMERIO: Cosa?
GIULBECCO: Quella capra.
ROMERIO: Giulbecco, sei proprio un somaro. Quella capra son io.
GIULBECCO: Tu?
ROMERIO: Io.
GIULBECCO: Ne sei certo?
ROMERIO: Certissimo.
GIULBECCO: Non ci posso credere.
ROMERIO: Credici, credici.
GIULBECCO: Dev'esser opera di qualche incantatore.
ROMERIO: Ora te lo dimostro nuovamente.
Romerio torna a fare il verso del caprone, stavolta mettendosi anche a quattro zampe. Giulbecco sempre più sbalordito, con l'acquolina in bocca, si avvicina a Romerio e gli salta addosso.
ROMERIO: Disgraziato, lurido cane, che stai facendo? mi mordesti a tradimento, vile.
Romerio riempie Giulbecco di pugni e calci.
GIULBECCO: Pietà, Romerio. Lo dissi io che non poteva esser un caprone ma tu mi convincesti del contrario e non resistetti.
Romerio cessa di dar botte.
ROMERIO: Ti perdono solo perché ciò che tu dici è la dimostrazione che l'arte della mimosa funziona.
GIULBECCO: Hai ragione.
ROMERIO: Ho sempre ragione!
GIULBECCO: Che ne fai di tutti quei sassi?
ROMERIO: I sassi sono un'ottima arma. Un sasso non si sa da dove arriva ma fa male e fa arrabbiare. 
GIULBECCO: Lanci sassi nel mucchio?
ROMERIO: Sì.
GIULBECCO: Ma...
ROMERIO: Gesù diceva: "chi è senza colpa scagli la prima pietra".
GIULBECCO: E tu sei senza colpa?
ROMERIO: Son nullatenente.
GIULBECCO: Ma Gesù...
ROMERIO: Il migliore amico di Gesù si chiamava Pietro e anco lui giocava spesso con le pietre e con le pietre ha costruito la sua prima chiesa.
GIULBECCO: Ma tu le getti le pietre e chi colpisci, colpisci.
ROMERIO: E' un modo per provocare risse senza esser visti. Ricordati le risse sono il nostro pane.
GIULBECCO: Già, se le due famiglie un giorno smettessero di litigare noi resteremmo senza mangiare.
ROMERIO: Non che in questo momento abbondi!
GIULBECCO: Già.
Giulbecco toglie da una tasca un cartoccio. Contiene noccioli di ciliegia.
ROMERIO: Che mangi?
GIULBECCO: Noccioli di ciliegia.
ROMERIO: Noccioli di ciliegia?
GIULBECCO: Oggi la cucina non passa altro. Ne vuoi? (Romerio perplesso ne prende qualcuno e lo mette in bocca) Se li tieni in bocca un po' di tempo e li succhi senti il sapore della polpa rossa e croccante che li ricopriva. Alcuni un po' meno perché li ho già succhiati altre volte.
Romerio sputa tutti i noccioli.
ROMERIO: Che schifo! Accidentaccio a te, Giulbecco.
Giulbecco raccoglie i noccioli che Romerio ha sputato.
ROMERIO: E ora che fai?
GIULBECCO: Non bisogna sprecare nulla.
ROMERIO: Servirebbe un mago che legga il futuro.
GIULBECCO: Per che fare?
ROMERIO: Per sapere se e quando le due famiglie dovessero smettere di litigare. Allora potremmo prepararci oppure cercare di deviare il destino.
GIULBECCO: Può darsi anco oggi.
ROMERIO: No, oggi no. E poi mi è venuta una gran fame a forza di raccoglier tutti questi sassi.
GIULBECCO: Eppure il Principe ha emanato un editto che impone la pace. Condannerà a morte chiunque osi risolvere le questioni per mezzo di un duello. Le due casate non dovranno più lottare. 
ROMERIO: Ecco perché Tebaldo diceva di non far sapere che certi regolamenti di conti avvengono in nome della sua famiglia? Stramaledetti ipocriti, tutti quanti! Questa proprio non ci voleva. Dobbiamo far qualcosa. I sassi ci saranno utili.
GIULBECCO: Ci son sassi anco laggiù.
ROMERIO: Quelli son sassi di fiume, son più dolci, tondi. Meglio quelli spigolosi, taglienti, sporchi di terra che ti sprizza negli occhi e ti acceca. Però quelli tondi son ottimi per colpire fra i denti. Mimosati Giulbecco! Quel che sta per sopraggiungere è un domestico dei Capuleto, non far che ti riconosca.
GIULBECCO: Che cosa faccio?
ROMERIO: Qualsiasi cosa ma affrettati.
Entra un domestico.
DOMESTICO: Buondì signore.
ROMERIO: Gloria e vittoria al Capuleto.
DOMESTICO: E' il padrone che mi onoro di servire. Bene, di grazia, forse mi potete aiutare, sapete leggere?
ROMERIO: Imparai ma poi più avvezzo ad altre attività, obliai.
DOMESTICO: Il mio padrone, il nobile Capuleto, mi consegnò questa lista di nominativi da invitare alla festa che si terrà questa sera a casa sua. 
ROMERIO: Una festa?
DOMESTICO: Si, dimenticai però di farmi leggere i nominativi degli invitati e ora sto cercando qualche dotto che mi aiuti. 
ROMERIO: Molto mi dispiace di non poterla aiutare.
DOMESTICO: E il suo amico?
ROMERIO: Questo non è un amico è un prigioniero. Lo affidò alle mie cure il prode Tebaldo.
DOMESTICO: Ma cosa sta facendo?
ROMERIO: Gliene ho date tante che il cervello deve essergli andato insieme ed ora si crede...
Romerio osserva Giulbecco che da quando è entrato il domestico non fa che svolazzare intorno a loro, per cercare di capire chi stia imitando.
...un' aquila.. cenni di dissenso da parte di Giulbecco...un avvoltoio... (idem) ...un gabbiano...un passero...una libellula (idem)...insomma un volatile qualsiasi. Comunque non può aiutarla.
DOMESTICO: Grazie ugualmente. Ci sarà bisogno anche del suo aiuto questa sera per tenere lontani eventuali malintenzionati e sicuramente ci sarà anche per lei una coppa di vino da seppellire. A presto. (esce)
ROMERIO: Si può sapere cosa diavolo stavi facendo?
GIULBECCO: Il farfallo.
ROMERIO: Ma tu non puoi mimosarti in farfallo.
GIULBECCO: Perché?
ROMERIO: Quel domestico ti notò immediatamente.
GIULBECCO: Ma tu mi dicesti "fai qualsiasi cosa".
ROMERIO: Ma se tu sei grande e grosso non puoi far credere d'esser un farfallo.
GIULBECCO: Un formico?
ROMERIO: Nemmeno. Forse puoi mimosarti in formicaio ma all'uopo ricoperto di aghi di pino. (pausa) Hai sentito della festa?
GIULBECCO: Chissà quante buone cose da mangiare.
ROMERIO: Io ci vado.
GIULBECCO: E io ci vengo.
ROMERIO: Sì ma tu dovresti proprio mimosarti.
GIULBECCO: Non da farfallo.
ROMERIO: No.
GIULBECCO: E neppure da formico.
ROMERIO: Neppure.
GIULBECCO: Allora da formicaio.
ROMERIO: Stupido citrullo.
GIULBECCO: Ma un momento fa tu mi dicesti…
ROMERIO: Un formicaio fuori dalla casa dei Capuleto lo noterebbero tutti. Verrebbe fatto bruciare.
GIULBECCO: Formiche arrosto.
ROMERIO: Giulbecco arrosto, cretino! La cosa che ti riuscirebbe più facilmente è quella di mimosarti da ubriacone ma ti butterebbero fuori.
GIULBECCO: Alle feste son quasi tutti ubriachi, dovrebbero buttar fuori tutti quanti.
ROMERIO: Essi son nobili. Bisogna distinguere tra ubriaconi nobili e ubriaconi pezzenti.
GIULBECCO: Come fai a distinguerli se sei ubriaco.
ROMERIO: Andiamo, vediamo se riusciamo a procurarci qualcosa.

SCENA II^
GIULBECCO: Sei sicuro che così non mi veggono?
ROMERIO: Tu continua a strisciare lungo i muri. E' buio, sei dello medesimo colore, non ti vedrà nessuno se ti terrai lontano dalle luci.
GIULBECCO: Hai veduto quanti signori?
ROMERIO: E che donne.
GIULBECCO: Non pensavo ne esistessero così tanti. Presterei volentieri la mia pancia a qualcuno di loro.
ROMERIO: Quale pancia? Pare che mangi solo lucertole, dov'è la pancia?
GIULBECCO: Non so cosa darei per esser là dentro. Devono esserci certi piatti! Senti, senti! questo è profumo di stracotto.
Giulbecco mima l'azione di mangiare e bere come se si trovasse a una tavola ricca di vivande. Romerio lo osserva.
ROMERIO: Che stai facendo?
GIULBECCO: Mangio. Passami quell'arrosto di cinghiale. 
ROMERIO: Quale?
GIULBECCO: Quello con le patate. 
ROMERIO: Attento a non far indigestione.
GIULBECCO: Tu non mangi?
ROMERIO: Se non mangio non cago.
GIULBECCO: Eh?
ROMERIO: E' tempo perso.
GIULBECCO: Perso?
ROMERIO: Mentre sei lì, fermo, potrebbe colpirti un fulmine. Intanto che ti muovi è più difficile che ti colpisca.
GIULBECCO: Chi?
ROMERIO: Il fulmine.
GIULBECCO: Ma se non piove nemmeno.
ROMERIO: Quando ti scappa potrebbe piovere e allora... Ssst, fermo, zitto! Osserva! Sebben mascherati quelli non mi sembrano affatto dei Capuleto. Non son signori de li tuoi quelli?
GIULBECCO: Perbacco, sì. Quello che ha tolto la maschera è Romeo, il pupillo dei Montecchi, e gli altri due non possono ch'esser Mercuzio e Benvolio, sono inseparabili. Che ci fanno qui?
ROMERIO: Potrei dare l'allarme ma temo che nascerebbe un tal putiferio che la festa finirebbe e così diremmo addio alla possibilità di mettere qualcosa sotto i denti. Ma sì, chi se ne frega! Lasciamo che si caccino da soli nei pasticci. Piuttosto, noi non possiamo star qui ad aspettar che tutto quel ben di Dio finisca. Dobbiamo far qualcosa.
GIULBECCO: Già, cosa?
ROMERIO: Di nuovo l'arte della mimosa ci può venire in soccorso.
GIULBECCO: E in che modo?
ROMERIO: Io penso che un omo possa diventare un gatto. Atteggiamoci in guisa di gatti e mettiamoci a miagolare sotto questa finestra. Certamente qualche dama intenerita getterà qualcosa a de li gatti affamati.
GIULBECCO: Romerio sei grande! E' un'idea straordinaria. Ma come fai? Se non ci fossi tu!
ROMERIO: Lo so, lo so.
Giulbecco e Romerio danno sfogo al loro repertorio di miagolii. D'un tratto una pentola colpisce Giulbecco.
GIULBECCO: Ahia!
ROMERIO: Che ti dissi?
Giulbecco raccoglie la pentola e ci guarda dentro.
GIULBECCO: Ma è vuota.
ROMERIO: Vuota?
GIULBECCO: Forse dobbiamo miagolare in altro modo.
ROMERIO: Stramaledetta l'anima vostra. (Giulbecco si appiattisce.) Che fai?
Entra il domestico.
DOMESTICO: Ah, lei è qui. Le ho portato una caraffa di buon vino. L'aiuterà a passare le ore notturne.
ROMERIO: Grazie buon omo. Non si potrebbe aver anco qualcosa da mettere sotto i denti?
DOMESTICO: Vedrò d'accontentarla. Mi dica, che si crede di essere adesso il suo ami.. il suo prigioniero?
ROMERIO (fingendo di non vedere Giulbecco): Quale prigioniero? Non lo portai con me?
DOMESTICO: Come! egli è là.
ROMERIO: Là dove? Non veggo alcuno.
DOMESTICO: Là, abbarbicato a quella parete.
ROMERIO: Buon omo la vista vi si annebbia io veggo solo muri.
DOMESTICO: Vi dico che egli è là, con le braccia stese, come se fosse impiastrato alla parete.
ROMERIO: Or mi sovviene, avete ragione, ce lo scaraventai io in un impeto di rabbia ma non volevo che alcun si preoccupasse della sua sorte. Non ne vale la pena. Andate, andate, ci son qua io a far la guardia e tornate, tornate mi raccomando, non dimenticatevi. (Il domestico esce perplesso). E tu, buzzurro, staccati da lì!
GIULBECCO: Anco la trasformazione in muro non funzionò.
ROMERIO: Per forza te ne stavi là con quelle braccia larghe! Come un ragnone spiaccicato al muro con le zampacce in fuori.
GIULBECCO: Devo ancora perfezionarmi ma vedrai che ci riuscirò presto.
ROMERIO: Il domestico ha promesso di portarci qualcosa da mangiare.
GIULBECCO: Questa è proprio una bella notizia.
ROMERIO: Intanto consoliamoci con questo vino. (Bevono lunghe sorsate). Vini e aceti? andate dai Capuleti.
GIULBECCO: Romerio, sei anco poeta! Ancora, continua ancora.
ROMERIO: In vinos veritas.
GIULBECCO: Cosa?
ROMERIO: In vinos veritas.
GIULBECCO: Che lingua parli?
ROMERIO: Latino, ignorantibus. In vinos veritas: nel vino c'è la verità.
GIULBECCO: Dove?
ROMERIO: Nel vino.
GIULBECCO: Non l'ebbi vista già mai.
ROMERIO: Non si vede ma c'è se è vino vero.
GIULBECCO: Come si fa a sapere se il vino è vero?
ROMERIO: Dunque, tu bevi il vino, poi ti fai una domanda. Per esempio: "come mi chiamo?". Se rispondi con verità allora quello è vino vero perché in vinos veritas.
GIULBECCO: Portentoso. Ma ne sei proprio sicuro?
ROMERIO: Vorresti metterlo in dubbio, buzzurro? 
GIULBECCO: No, Romerio, mai.
ROMERIO: Del resto il vino fa buon sangue e buon sangue non mente.
GIULBECCO: Una volta mi feci un taglio con un coltello affilato. Succhiai il sangue da la ferita finché mi ubriacai. Mi risvegliai dopo due giorni. (pausa) Hai avuto ragione a non dare l'allarme.
ROMERIO: Ho sempre ragione!
GIULBECCO: Dì, Romerio. Che ne pensi di due famiglie che si odiano da anni e continuano a litigare e ad ammazzarsi?
ROMERIO: Penso che due poveracci potrebbero aver motivi più seri. Questi lo fan solo per burla, per passatempo. Se uno non gli è simpatico, lo scannano. Se vogliono dimostrare a una dama la lor virilità, sfidano a duello il primo malcapitato che passa. Uccidono per corteggiamento, per vanteria, per scommessa. Vogliono dimostrare che uno è più potente dell'altro. Carogne! E noi siam la lor carne da macello. Prima o poi anco qualcuno di lor cadrà nella rete e ci lascerà le penne. Ed è proprio per aver questa soddisfazione che ho accettato questo lavoro.
GIULBECCO: A me basta metter qualcosa sotto i denti. Un giorno diventerò soldato di ventura e girerò il mondo.
ROMERIO: Smettila di grattarti. Che hai?
GIULBECCO: Devono esser pulci. Se le piglio le mangio. Ne vuoi?
ROMERIO: Non ti avvicinare.
GIULBECCO: Romerio!
ROMERIO: Che c'è ancora, Giulbecco?
GIULBECCO: Se tu avessi un figlio e questo figlio si innamorasse della figlia del tuo peggior nemico, cosa faresti?
ROMERIO: Lo scorticherei vivo, ma che fregnacce ti vengono in mente. La fame ti fa vaneggiare. Per fortuna tra poco...
Si sentono voci da dentro.
VOCI: Presto andiamocene, devono averci scoperto. Svelto Romeo, Romeo.
VOCE TEBALDO: Inseguiteli, raggiungete quei provocatori, devono pagarla a caro prezzo.
GIULBECCO: Che facciamo?
ROMERIO: Io di qui non mi muovo finché non mangio.
GIULBECCO: Mi sa che la festa è finita. Il domestico non verrà più. Non mangio da giorni e quelli continuano a mangiare. Mangeranno anco domani e domani sarà un giorno in più che io non mangio.
Entra Tebaldo
TEBALDO: E voi che fate qui?
ROMERIO: Vigiliamo messere.
TEBALDO: Non ci conosciamo già noialtri? Costui non è quel ribaldo che dovevi sopprimere? 
ROMERIO: Sì messere.
TEBALDO: E che cosa aspetti a legargli una pietra al collo e gettarlo nel fiume in piena.
ROMERIO: Sarebbe una punizione troppo morbida e rapida. Io me lo cucino poco a poco: lo percuoto, lo fustigo, gli strappo le unghie e i peli della barba, lo fo' rotolare in mezzo ai rovi e alle ortiche. Questa è una punizione che non si dimenticherà. Vieni qua canaglia. Prendi!
Romerio percuote Giulbecco che accentua le conseguenze dei colpi con grida disumane.
TEBALDO: La tua ferocia mi impressiona. Ben fatto, ma ora corri anche tu appresso a quei cani Montecchi e cerca di azzannarli se riesci. Svelto.
ROMERIO: Avanti, bestia, cammina, vai! Affrettati o sarà peggio per te.
Romerio e Giulbecco, continuando la loro farsa, escono.
TEBALDO: Svelti voi laggiù o non riusciremo più a prenderli. Quei vigliacchi. Nascondendosi dietro una maschera hanno osato dileggiare la nostra festa. E' un oltraggio che pagheranno caro. Il manto della notte li protegge. Portate le fiaccole! Svelti, svelti, questa intrusione che ora gli sembra così dolce, si convertirà in fiele amaro.
Esce.

SCENA III^

Entra Romerio si mette a scavare per terra, in diversi punti. Ogni volta ha un motto di disappunto. Entra Giulbecco, Romerio lo vede.
ROMERIO: Dove sei stato? Cosa hai fatto in tutto questo tempo? Hai trovato qualcosa da mangiare? E a me niente?
GIULBECCO: No.
ROMERIO: Che razza di amico sei se non dividi il cibo.
GIULBECCO: No, no, no! Non ho trovato nulla da mangiare. 
ROMERIO: Tira fuori subito la mia parte!
GIULBECCO: Ho detto che non ha trovato nulla! Mi sono nascosto dentro un cespuglio e ho visto il giovane Romeo scavalcare il muro del giardino dei Capuleto.
ROMERIO: Che dici?
GIULBECCO: Ti assicuro che l'ho visto con i miei occhi.
ROMERIO: Impossibile! 
GIULBECCO: Eppure era proprio lui che si introduceva furtivamente nel giardino dei Capuleto. Con un sol balzo scavalcò il muro.
ROMERIO: Hai bevuto troppo vino. A stomaco vuoto ti fa brutti scherzi. Perché già mai Romeo rischierebbe tanto? Se lo prendono come un ladro, hanno la scusa buona per scuoiarlo. Mi piacerebbe tanto esserci.
GIULBECCO: Il perché non lo so ma è così (pausa).
ROMERIO: E ora che fai?
GIULBECCO: Cerco patate.
ROMERIO: Alleniamoci!
GIULBECCO: A che fare?
ROMERIO: Non dicesti ieri che una tattica astuta sarebbe quella di duellare tra noi dandoci colpi finti che paiano mazzate tremende?
GIULBECCO: Lo dissi.
ROMERIO: Dunque alleniamoci.
GIULBECCO : A che fare?
ROMERIO: A darci colpi leggeri. Non è arte guerresca di facile uso. Richiede addestramento. In guardia!
Romerio e Giulbecco si fronteggiano. Improvvisamente Romerio lascia partire un colpo che stordisce Giulbecco.
GIULBECCO: Ohi, ohi. Che botta, che schianto.
ROMERIO: Riproviamo!
Come sopra. Romerio lascia partire un altro colpo violento.
GIULBECCO: Ahia!
ROMERIO: Non lo credevo così difficile. Eppure io trattengo i miei colpi. Ciò non può significare che una cosa sola: la mia forza è tale che anco una carezza può risultare un colpo micidiale.
GIULBECCO: E' come se mi fusse crollato addosso un cardinale con tutti i suoi paramenti.
ROMERIO: Cercherò di colpire come può l'ala di una libellula. In guardia mio amico e avversario! (Giulbecco si allontana in fretta). Dove vai? Fuggi, vile.
GIULBECCO: No, vado a liberare le acque.
ROMERIO: Attento alle inondazioni, allora.
Giulbecco esce, Romerio raccoglie una pietra e una pentola rotta e la percuote facendo un po' di rumore nelle diverse direzioni. Improvvisamente un sasso lo colpisce in testa.
ROMERIO: Sia stramaledetta l'umanità intera, che male!
Rientra Giulbecco.
GIULBECCO: Che succede?
ROMERIO: Tradimento.
GIULBECCO: Che ti è successo.
ROMERIO: Un agguato. Un colpo in testa.
GIULBECCO: Chi?
ROMERIO: Se lo sapessi.
GIULBECCO: Ho sentito de li rumori. 
ROMERIO: Tenevo lontani gli spiriti.
GIULBECCO: Gli spiriti?
ROMERIO: Gli spiriti, hai capito bene.
GIULBECCO: Ci son spiriti qui?
ROMERIO: Potrebbero esserci ma non mi importa un accidente adesso. 
GIULBECCO: E i rumori li tengono lontani?
ROMERIO: Li infastidiscono.
GIULBECCO: Allora son stati loro.
ROMERIO: Ma no.
GIULBECCO: Ma sì.
ROMERIO: Ma no, gli spiriti non lanciano pietre. Posson sollevarti e farti precipitare giù per una scarpata, posson darti un pugno nello stomaco ma senza il pugno, posson sputarti addosso e ricoprirti di bava schifosa, possono apparirti all'improvviso sotto fattezze spaventose, ma non lanciano pietre.
GIULBECCO: Potrebbe esser stato uno spirito speciale. Ti fa male?
ROMERIO: Da morire.
GIULBECCO: Lascia che provi a calmare il dolore. Una volta vidi all'opera un guaritore eccezionale. Prova a metterti a pancia in giù.
Romerio si distende
ROMERIO: Così?
GIULBECCO: Sì, come va?
ROMERIO: Come prima.
GIULBECCO: Prova così.
Giulbecco fa sedere Romerio, poi lo fa sdraiare supino, lo fa alzare, lo sdraia su un fianco, infine nuovamente prono. Comincia a saltargli sopra.
ROMERIO: Idiota, che fai?
GIULBECCO: Ti è passato?
ROMERIO: Col cavolo! Se vai avanti così fra poco non avrò più una parte del corpo senza dolore.
GIULBECCO: Esattamente la teoria di quel guaritore: il male in tutto il corpo elimina il dolore della singola parte.
ROMERIO: Se trovo quel tuo guaritore gli cavo gli occhi e se non la pianti li cavo anco a te, scimunito.
Romerio si mette un sasso in bocca.
GIULBECCO: Che fai, mangi le pietre, non son dure?
ROMERIO (bofonchiando qualcosa di incomprensibile): Aa...eea
GIULBECCO: Come?
Romerio toglie il sasso di bocca.
ROMERIO: Arma segreta. 
GIULBECCO: ?!?
ROMERIO: Facciamo che tu mi hai disarmato? Avvicinati a me minaccioso. 
Giulbecco si avvicina a Romerio.
ROMERIO: Minaccioso, tanghero, minaccioso!
Come sopra
ROMERIO: Di più, di più. Devo sentirmi minacciato, senza scampo, altrimenti facendo non è la stessa cosa. Riprova!
GIULBECCO: Così va bene?
ROMERIO: Ma non dir "così va bene". Agisci con reale intenzione di offendere.
GIULBECCO: Stronzo.
ROMERIO: Di offendere pugnando!
Giulbecco si avvicina minaccioso a Romerio che rimette in bocca il sasso e quando Giulbecco gli è quasi addosso glielo sputa in faccia.
GIULBECCO: Ahia!
ROMERIO: Arma segreta.
GIULBECCO: Romerio sei un genio! (vede un bozzolo) Romerio, guarda: un bozzo! Qui dentro c'è un vermo. Tu pensi che sia buono da mangiare?
ROMERIO: Io penso che sia un vero schifo e tu mi dai il voltastomaco.
GIULBECCO: Tanto, che hai tu da vomitare se non il vuoto. Noi possiam vomitare solo aere davanti e dietro. E poi questo vermo si sta trasformando in farfallo. Non pensi che il farfallo sia più delicato?
ROMERIO: Io penso che se non stai zitto ti cadranno addosso altri due cardinali. Anzi un intero concilio. (pausa)
GIULBECCO: Romerio?
ROMERIO: Che c'è?
GIULBECCO: Se quello mi ritrova mi uccide.
ROMERIO: Quello chi?
GIULBECCO: Quel vermo.
ROMERIO: Quel verme? Come tu puoi pensare sia possibile che un verme ti uccida?
GIULBECCO: Non questo del bozzo. Parlo di quel vermo di Tebaldo. Ce l'ha con me. E' una minaccia.
ROMERIO: Tutti quelli come lui sono una minaccia per noi.
GIULBECCO: Quello quando mi incontra un' altra volta mi ammazza. Romerio, perché non mi aiuti a accopparlo.
ROMERIO: La paura ti rende folle Giulbecco.
GIULBECCO: Non c'è altra cura per la mia paura.
ROMERIO: Un servo che ammazza un padrone! Se ti scoprissero la tua morte sarebbe atroce: ti arrotolerebbero dentro una pelle di bue e ti murerebbero vivo, lasciando soltanto qualche piccol foro per sentire meglio le tue urla di dolore e gustare la vendetta con intensità maggiore.
GIULBECCO: Questa è una cura sufficiente per la mia paura.
ROMERIO: Purtuttavia la cosa non mi dispiace. E' una decisione audace ma... Certo che tu Giulbecco, sembri tanto un tipo incapace di far del male e invece...
GIULBECCO: Come non detto, Romerio. Hai ragione, è troppo pericoloso.
ROMERIO: Li conosco i tipi come te: sembrano calmi e improvvisamente esplodono come un vulcano in eruzione. Tu saresti capace di accoltellare un tale che abbia osato parlar male di tua sorella anco se non hai sorelle; te la prenderesti con uno che calpesti una cacca di cane prima di te, sostenendo che egli sarà fortunato al posto tuo; se uno starnuta dopo che lo hai fatto tu, lo bastoni perché sostieni che ti sta prendendo in giro, guai a color che dovessero affermare di aver mangiato più di te.
GIULBECCO: Sarebbe una strage! Veramente io son così Romerio? 
ROMERIO: Peggio, perfido Giulbecco, peggio. I tuoi propositi son pericolosi ma l'idea mi piace. Ci vorrà un piano astuto.
GIULBECCO: Per questo io pensavo a te.
ROMERIO: Si creerebbe un tal putiferio. Le due famiglie si accuserebbero a vicenda. Altre zuffe, altre risse, altre vendette.
GIULBECCO: Altro cibo.
ROMERIO: Vieni, dobbiamo seguire Tebaldo, spiarne i movimenti, le abitudini, trovare il momento più adatto per un agguato. Lo chiamano il Principe dei gatti, se come lor ha sette vite, dovremo faticar non poco. Andiamo, strada facendo decideremo un piano. Se accadesse qualcosa e dovessimo separarci, troviamoci presso il convento de li frati. Suvvia, è giunto il momento della riscossa. Escono.


SCENA IV^
In scena un confessionale o anche solo un inginocchiatoio. Entra Romerio che indossa un saio simile a quello di un frate. E' incappucciato e si siede nel confessionale. Poco dopo sopraggiunge Giulbecco.

GIULBECCO: Padre, chiedo perdono a Dio de li miei peccati.
ROMERIO: Coitom iscum um et um. Vieni avanti figliolo. In um et um oibus arum et etiam.
GIULBECCO: Come?
ROMERIO: Ignorantibus. Parla, confidati, il signore ti ascolta. Cos'è che ti tormenta?
GIULBECCO: Ho ucciso un omo.
ROMERIO: Peccatorum, cornavera peccatorum, chi fu il trapassato?
GIULBECCO: Chi?
ROMERIO: Il morto.
GIULBECCO: Il nobile Tebaldo.
ROMERIO: Tu uccidesti il nobile Tebaldo?
GIULBECCO: Sì, cioè, sì e no. Io avevo in animo di ucciderlo, padre, gli ho augurato la morte e lui è morto. Non per mano mia, lo uccise Romeo Montecchi per vendicare l'amico Mercuzio che era stato ucciso a sua volta da Tebaldo.
ROMERIO: Magnum, magnum, tremebondo magnum. Sia fatta la volontà del Signore. Questa è la sua volontà, non quella di uno zotico e ignorante quale tu sei. Vai in pace.
GIULBECCO: Un momento!
ROMERIO: Qualche altro peccato ti pesa, figliolo?
GIULBECCO: Sì, ecco, io ho un amico che si chiama Romerio.
ROMERIO: Sì?
GIULBECCO: Gli tirai un sasso a tradimento.
ROMERIO: Ah!
GIULBECCO: E poi finsi di conoscere i metodi di un guaritore per dargli un sacco di botte.
ROMERIO: Schifosum, porcum, canem infedele.
GIULBECCO: Padre, vorrei l'assoluzione.
ROMERIO: Te la do io l'assoluzione, essere immondo. 
Romerio esce dal confessionale e si toglie il cappuccio.
GIULBECCO: Romerio! tu qui?
ROMERIO: Prima la penitenza.
Romerio percuote Giulbecco
GIULBECCO: Ahia, pietà, son pentito, non lo farò più.
ROMERIO: Sarò magnanimo con te solo perché è un gran giorno. Due in un sol colpo. Mercuzio e Tebaldo, lo sapevo che prima o poi...
GIULBECCO: Avevi ragione.
ROMERIO: Ho sempre ragione!
GIULBECCO: Non sapevo che ti fossi fatto frate.
ROMERIO: Infatti non mi sono affatto fatto frate. Son venuto qui al convento perché in giro c'è un tal putiferio che è meglio stare al sicuro per un po' di tempo. Stavolta il Principe fa sul serio, è pieno di guardie dappertutto. Non vorrei che cercassero qualche capro espiatorio.
GIULBECCO: Il principe ha condannato Romeo all'esilio.
ROMERIO: Già, Romeo! Egli è stato qui. Lo vidi poc'anzi incontrarsi con frate Lorenzo e con la nutrice di Giulietta Capuleto. La cosa è molto strana!
GIULBECCO: Te l'avevo detto che c'era sotto qualcosa.
ROMERIO: Già, scoprire cosa, potrebbe esser la nostra fortuna. Teniamo gli occhi ben aperti, Giulbecco.
GIULBECCO: Suonano le campane, che festa è oggi?
ROMERIO: Dev'esser la festa dell'assunzione?
GIULBECCO: E che festa è quella dell'assunzione.
ROMERIO: E' un anno che siamo stati assunti, tu dai Montecchi e io dai Capuleti. Certo che se tu non fossi stato così stupido da sbagliare il luogo di reclutamento, oggi saremmo nella stessa cricca e non dovremmo far tutte queste acrobazie. 
GIULBECCO: Andiamo?
ROMERIO: Aspettiamo un po' che si calmino le acque. Approfittiamone per riposare un po'.
GIULBECCO: Ben detto (pausa). Quando si sta fermi il tempo non passa mai.
ROMERIO: Come?
GIULBECCO: Hai visto ancora passare il tempo?
ROMERIO: Incolto! Il tempo è invisibile: per questo non lo veggiamo passare. Egli passa anco se stiamo qui immobili.
GIULBECCO: E se corressi?
ROMERIO: Il tempo ti sta appiccicato addosso e corre più di te.
GIULBECCO: Già, ma intanto tu te ne stai immobile e lo freghi.
ROMERIO: Il tempo non è uno solo, ciascuno ha il suo.
GIULBECCO: Diverso?
ROMERIO: Sì.
GIULBECCO: I signori hanno un tempo, i servi un altro e gli uomini di chiesa un altro ancora diverso da quello delle donne o da quello de li bambini?
ROMERIO: Esatto.
GIULBECCO: Com’è il tempo de li signori?
ROMERIO: Bello.
GIULBECCO: E il nostro?
ROMERIO: Fa schifo.
GIULBECCO: Il mio è diverso dal tuo?
ROMERIO: Falla finita Giulbecco, minaccia pioggia. Almen qui siamo al riparo, fuori può scartenarsi anco lo inferno.
GIULBECCO: Secondo te esiste l'inferno?
ROMERIO: Certamente. Al mio paese un giorno, improvviso come un lampo, arrivò un demonio che ruotava come una trottola e tutta la gente che incontrava sul suo cammino se la portava via.
GIULBECCO: All'inferno?
ROMERIO: Senza no manco lo tempo di pentirsi de li peccati.
GIULBECCO: Che i santi del Paradiso guardino giù e non si addormentino mai!
GIULBECCO: Pavido! Certe sere quando fa un freddo da lupi un po' di inferno farebbe comodo.
GIULBECCO: Ci sarà da mangiare all'inferno?
ROMERIO: Stolto! che vuoi che ci sia. Con tutto quel fuoco sarebbe tutto bruciato.
GIULBECCO: Eppure ho sentito una volta un fraticello che diceva che lo hanno abolito.
ROMERIO: Chi?
GIULBECCO: L'inferno.
ROMERIO: Chi?
GIULBECCO: L'inferno.
ROMERIO: No, dico, chi lo ha abolito?
GIULBECCO: Dio.
ROMERIO: E perché mai?
GIULBECCO: Che ne so. Forse perché è già un bell'inferno quaggiù.
ROMERIO: Secondo me quel fraticello avrà provato le fiamme prima ancora di arrivarci allo inferno.
GIULBECCO: Perché?
ROMERIO: Succede sempre più spesso che si ammazzino fra di loro. Non vanno d'accordo. Uno dice che lo inferno c'è e l'altro che non c'è. Uno dice che li preti posson stare con le donne e l'altro che è peccato grave.
Di', tu ci sei stato ancora con una femmina?
GIULBECCO: I frati non vanno all'inferno.
ROMERIO: Ti ho chiesto se sei stato ancora con una femmina?
GIULBECCO: Un giorno mi sposerò.
ROMERIO: Ah, e con chi?
GIULBECCO: Con una femmina.
ROMERIO: E meno male, pensavo con un caprone. E ce l'hai questa femmina?
GIULBECCO: No, al mio paese ce n'erano poche. Un giorno, dopo il lavoro, mi son messo lì e mi son detto: la prima che passa le chiedo se mi sposa. Ho aspettato tre giorni e non ne è passata neanche una.
ROMERIO: Qui a Verona ce n'è tantissime. Se vuoi te ne fo' conoscere qualcuna.
GIULBECCO: Una moglie?
ROMERIO: Non credo proprio. Ma perché ti vuoi sposare?
GIULBECCO: L'amore è importante.
ROMERIO: Già.
GIULBECCO: Senza l'amore tu non ci saresti e nemmeno io.
ROMERIO: Tu non so, io ci sarei comunque.
GIULBECCO: Vorrei avere una moglie che mi lavi i vestiti sporchi, mi cucia le braghe quando son rotte, mi tenga su quando torno a casa ubriaco, mi curi quando ho la febbre, mi lavi e mi profumi, ma non l'ho già mai trovata.
ROMERIO: Perché puzzi.
GIULBECCO: Puzzo?
ROMERIO: Come dieci scrofe che han passato la giornata a rotolarsi nel letame.
GIULBECCO: Esagerato!
ROMERIO: Quando ti lavi tu?
GIULBECCO: Quando piove.
ROMERIO: E' un mese che non piove. Buttati in un fiume così...
GIULBECCO: L'acqua mi disseta.
ROMERIO: L'acqua ti lava.
GIULBECCO: Nell'acqua si affoga.
ROMERIO: Nell'acqua ci son li pesci.
GIULBECCO: Potremmo mangiarli. Ho sentito dir che esistono pesci che mangiano gli uomini.
ROMERIO: Ma va! i pesci mangian li vermi.
GIULBECCO: Certi uomini son proprio de li vermi.
ROMERIO: Allora i pesci mangiano certi uomini. 
GIULBECCO: Anco le donne?
ROMERIO: No, le donne no.
GIULBECCO: E se la incontro cosa le dico, eh, cosa le dico?
ROMERIO: A chi?
GIULBECCO: A una femmina. Cosa le diresti tu?
ROMERIO: Ciao.
GIULBECCO: E poi?
ROMERIO: Come sta la capra?
GIULBECCO: Bello. Tu si che ci sai fare con le donne. Poi?
ROMERIO: Quanto latte fa?
GIULBECCO: Lei?
ROMERIO: Sì.
GIULBECCO: La femmina?
ROMERIO: La capra.
GIULBECCO: Giusto! la capra. "Tre litri".
ROMERIO: E quante caciotte ci vengon con tre litri di latte?
GIULBECCO: "Cinque caciotte". Che discorso interessante, Romerio! Un momento. Se non ce l'ha una capra?
ROMERIO: Che ne so. Io con le donne non ci parlo. Passo subito ai fatti. All'erta Giulbecco! (Suona un campanaccio. In un angolo appare un sacco). Quel fraticello dev'esser tornato or ora da la questua.
GIULBECCO: E quel sacco dev'esser pieno di buone cose.
Giulbecco si precipita a raccogliere il sacco.
ROMERIO: Via!
Escono.


SCENA V^
Entrano Romerio e Giulbecco.
GIULBECCO: Su, dai, apriamolo!
ROMERIO: Un momento.
Romerio si guarda attorno affinché nessuno lo veda. Poi comincia ad aprire il sacco.
GIULBECCO: Finalmente si mangia.
Romerio estrae dal sacco alcune ossa.
ROMERIO: Ossa.
GIULBECCO: Ossa? Guarda ben, forse ci sarà anco un po' di carne. Di solito attorno alle ossa...
ROMERIO: Ossa vecchie.
GIULBECCO: E basta?
ROMERIO: Nient' altro.
Pausa. Romerio continua a rovistare.
GIULBECCO: Al mio paese si dice: gallina vecchia fa buon brodo. Forse se le facciamo bollire.
ROMERIO: Con queste otterresti un brodo buono per lavarsi le mani e basta. Giulbecco siamo dannati! abbiamo rubato un sacco pieno di reliquie.
GIULBECCO: Reliquie?
ROMERIO: Ossa di santi, martiri, apostoli.
GIULBECCO: Potremmo rivenderle e guadagnar un sacco di soldi.
ROMERIO: E' peccato grave. E poi chi ti crederebbe a te?
GIULBECCO: Son reliquie.
ROMERIO: Son reliquie se le possiede un omo di chiesa ma tu...
GIULBECCO: Potrei diventarlo.
ROMERIO: Tu? faresti ridere i polli.
GIULBECCO: Come si fa a diventare uomini di chiesa?
ROMERIO: Ci voglion li soldi.
GIULBECCO: Quei fraticelli ce li hanno li soldi?
ROMERIO: No, essi hanno bisogno della vocazione, i cardinali hanno bisogno de li soldi. Tu ce li hai li soldi?
GIULBECCO: No.
ROMERIO: E la vocazione?
GIULBECCO: No.
ROMERIO: Ecco.
GIULBECCO: Certo che ce ne sono stati tanti di santi!
ROMERIO: Come?
GIULBECCO: No, dico, tutte queste ossa. Ce n'è stati di santi.
ROMERIO: Arrivano da la Terra Santa. Là, in Terra Santa, son tutti santi. Le hanno portate i crociati.
GIULBECCO: Forse dovremmo restituirle.
ROMERIO: Un momento! (rovista nel sacco). Una noce!
GIULBECCO: Una noce? Guarda se ce n'è altre.
ROMERIO: Una sola.
GIULBECCO: Meglio di niente. Dividiamola!
ROMERIO: Un momento, aspetta! Ormai è quasi notte. E' meglio rimandare la divisione a domani.
GIULBECCO: Ma io ho fame.
ROMERIO: Stolto! Se la mangi ora domani avrai ancora fame. Frena la tua avidità. Or dormiamo e domani mattina mangerem la noce.
GIULBECCO: Ma io non dormo se ho fame.
ROMERIO: Si dorme peggio se lo stomaco è costretto a lavorare per la digestione.
GIULBECCO: Non mi pare un gran lavoro.
ROMERIO: Taci e dammi retta, infingardo! Lo sai che ho sempre ragione.
GIULBECCO: Ma...
ROMERIO: Dormiamo!
Entrambi si sdraiano. Dopo breve tempo Romerio comincia a russare. Giulbecco si alza dal suo giaciglio e senza far rumore si impossessa della noce sostituendola con un sasso. Poi torna al suo posto e schiaccia la noce. Al rumore della noce, Romerio sembra svegliarsi, si guarda in giro, tasta la pietra e si rimette a dormire. Silenziosamente Giulbecco mangia la noce. A ogni piccolo rumore Romerio ha dei sobbalzi e Giulbecco finge di dormire.
Risveglio.
ROMERIO: Giulbecco, oggi è proprio una bella giornata!
GIULBECCO: Che notte tremenda! Non ho chiuso occhio. C'era un usignolo, là, su quell'albero che non la smetteva più di fischiare, mi fanno male le orecchie.
ROMERIO: Tu dormisti tutta notte come un ghiro e russasti perfino, te l'assicuro. Quel canto che dici di aver sentito era quello di un'allodola che di solito annuncia l'arrivo del mattino. 
GIULBECCO: Ti dico che non ho chiuso occhio per colpa di quell'usignolo.
ROMERIO: Era un'allodola e ha cominciato a cantare solo all'alba.
GIULBECCO: Vuoi dir che non so distinguere un usignolo da un'allodola?
ROMERIO: Sì, dal momento che si trattava di un'allodola.
GIULBECCO: Un usignolo.
ROMERIO: Un allodola.
GIULBECCO: Un...
ROMERIO: Lasciamo perdere! Giulbecco oggi finalmente si mangia. E' una giornata che comincia bene. Si accorge della sparizione della noce. Tradimento! Cane traditore, allora è vero, sei stato sveglio tutta notte e ti sei mangiato la nostra noce. Farabutto! Comincia a picchiare Giulbecco.
GIULBECCO: Ahi, no, no, Romerio, hai ragione, hai ragione era un' allodola.
ROMERIO: Io ho sempre ragione!
GIULBECCO: E io dormii tutta notte, l'allodola mi svegliò solo all'alba. Dunque io non mangiai la noce.
ROMERIO: Ah no? E allora dov'è?
GIULBECCO: Oh, poveri noi il nostro pranzo ha preso il volo.
ROMERIO: Già e tu lo raggiungerai. Impara a volare Giulbecco, perché ora ti farò volare. Si riavvicina minaccioso.
GIULBECCO: Un momento! Ieri sera vidi svolazzare da queste parti una gazza.
ROMERIO: E allora?
GIULBECCO: Quell'uccello è più ladro del più abile tagliaborse. Le gazze rubano di tutto: monete, gioielli, pietre preziose....
ROMERIO: ...noci.
GIULBECCO: ...noci.
ROMERIO: Dunque quella gazza avrebbe rubato la nostra noce?
GIULBECCO: Bestiaccia ingorda!
ROMERIO: Dici sul serio?
GIULBECCO (gridando nell'aria): Uccellaccio, torna qui ladra.
ROMERIO: Se la piglio, la spenno.
Romerio estrae dalla sua casacca una fionda.
GIULBECCO: Che cos'è?
ROMERIO: Questa, caro mio, è un'arma eccezionale: una fionda. Si pone la pietra qui, si fa ruotare e si lancia. Se quella gazza si fa rivedere la sistemerò io.
GIULBECCO: Romerio, ho un idea.
ROMERIO: Tu hai un' idea?
GIULBECCO: Le gazze sono uccelli che rubano di tutto. A volte su li campi di battaglia, quando i clamori del combattimento son terminati e torna a regnare il silenzio, esse si avvicinano ai cadaveri e ne rubano perfino gli occhi e se ne cibano golose.
ROMERIO: Dove vuoi arrivare Giulbecco?
GIULBECCO: Mi fingerò cadavere, così la gazza si avvicinerà e quando sarà vicinissima, salterò su come un gatto e l'acchiapperò, per lei non ci sarà più scampo e noi ci mangeremo un ottimo pennuto: gazza al ripieno di noci.
ROMERIO: Devo dire che la tua idea è ottima, Giulbecco. Va pur. Io t'aspetterò qua.
Giulbecco esce di scena. Romerio raccoglie pietre. Guarda nella direzione da cui è uscito Giulbecco, poi carica la fionda e scaglia la pietra. Urlo di Giulbecco fuori scena. Rientra Giulbecco che si tiene una mano premuta sull'occhio.
GIULBECCO: Maledizione! Romerio, saranno state dieci, cento gazze, merli e corvacci, non l'avessi mai fatto! mi son piombate addosso all'improvviso e hanno cominciato a colpire. Che dolori! Guarda, guarda che ferita, sanguina. Io ho cercato di vendere cara la pelle, qualcuna devo averla spennata ma le altre le hanno soccorse portandole via e continuavano a beccarmi per proteggere la ritirata. Maledetti uccellacci.
ROMERIO: Suvvia Giulbecco, calma i tuoi furori. Sebben tu non sia riuscito ne li tuoi intenti hai dimostrato doti di insospettabile audacia e temerarietà.
Entra un musico.
MUSICO: Musici?
Romerio e Giulbecco si guardano sorpresi
GIULBECCO: Come?
MUSICO: Musici, cantori, suonatori?
ROMERIO: Dov'è tutta questa gente?
MUSICO: Non siete voi?
GIULBECCO: Mi spiace per lei ma noi siamo noi, vero Romerio?
ROMERIO: Certo Giulbecco, ma costui parla d'altri.
GIULBECCO: Altri noi? Un altro Giulbecco? Impossibile.
ROMERIO: Chi state cercando?
MUSICO: Musici, abili strumentisti con cui avrò l'onore di suonare. Non riesco a trovarli. Eppure l'appuntamento doveva essere da queste parti. E' proprio un bel guaio. Voialtri conoscete la musica?
GIULBECCO: Sì.
ROMERIO: Giulbecco, tu stai alla musica come lo strumento sta al suo musicista.
GIULBECCO: Vero. Che vuol dire?
ROMERIO: Il musicista suona il suo strumento mentre tu sei suonato. (Rivolto al musico) Perché vi servono musici?
MUSICO: Si celebrano le nozze della figlia del Capuleto, Giulietta. Ci sarà da mangiare e una buona ricompensa. 
ROMERIO: Giulietta Capuleto si sposa?
GIULBECCO: Incredibile!
ROMERIO: E con chi?
MUSICO: Con il nobile Paride. Allora, sapete suonare?
ROMERIO: Io suono zucche e zucconi.
GIULBECCO: Io potrei fischiare qualcosa.
MUSICO: No, mi servono altri strumenti. Cembalo?
GIULBECCO: Chi?
MUSICO: Cembalo?
GIULBECCO: Non lo conosco. Comunque qui ci siamo solo noi: Romerio e Giulbecco.
MUSICO: Cembalo, il cembalo è uno strumento. Ho anche scordato il liuto.
ROMERIO (rivolto a Giulbecco): Che c'ha?
GIULBECCO: Ha scordato il liuto.
ROMERIO: Dove?
GIULBECCO: Che ne so.
ROMERIO (al musico): Non può andare a prenderlo?
MUSICO: Che cosa?
ROMERIO. Il liuto, diamine, il liuto.
MUSICO: Il liuto l'ho con me ma l'ho scordato.
ROMERIO (a Giulbecco): Questo è scemo (al musico). Ma se dice di averlo con sé come fa ad averlo scordato?
GIULBECCO: O l'ha con se qua o l'ha scordato là.
MUSICO: Io lo scordai là, ma l'ho con me qua.
ROMERIO: Dov'è il suo liuto?
MUSICO: Qua.
ROMERIO: E allora?
MUSICO: L'ho scordato.
ROMERIO (a Giulbecco): Costui si burla di noi. (al musico) Mi meni per il naso, fellone. Bada a te. (Si avvicina minaccioso).
GIULBECCO (a Romerio): Forse ne ha scordato un altro.
MUSICO: E invece è proprio questo.
GIULBECCO: Chi è causa del suo mal...
MUSICO: Devo solo accordarlo.
GIULBECCO: ...ricordarlo...
MUSICO: ...accordarlo...
GIULBECCO: ...ritrovarlo...
MUSICO: ...accordarlo...
GIULBECCO: ..pianga se stesso.
Romerio prende il musico per il bavero.
MUSICO: Voialtri non vi intendete proprio di musica. Devo accordarlo, intonarlo con il resto dell'orchestra. Per ora l'ho ancor scordato.
Romerio, dimostrando di aver capito, lascia il musico.
GIULBECCO: Dove?
ROMERIO: Piantala, ignorante! (al musico) Io lo sapevo, volevo stare al gioco. Permette?
Romerio prende in disparte Giulbecco. Il musico intanto accorda il liuto.
ROMERIO: Questa è occasione da non perdere. Non sai proprio suonare nulla?
GIULBECCO: No e tu?
ROMERIO: Le raganelle.
GIULBECCO: Le rane?
ROMERIO: No, son strumenti che fanno gra, gra, gra.
GIULBECCO: Rane.
ROMERIO: Lascia perdere. Cantare?
GIULBECCO: Da bambino mi misero nel coro in chiesa…
ROMERIO: Ah, bene!
GIULBECCO: …poi mi hanno buttato fuori perché ero tanto stonato che non ci veniva più nessuno in chiesa.
ROMERIO: Ecco! (rivolto al musico). Io suono il flauto e lui canta.
MUSICO (sta accordando lo strumento e non presta attenzione): ...la...
ROMERIO: Là, qua, ovunque voglia lei maestro. Però ora non ho qui con me il flauto.
MUSICO: ..do...
ROMERIO: Ecco, proprio quel che volevo chiederle. Allora me lo da lei un flauto?
MUSICO: ...si...
GIULBECCO: La voce è un po' rauca ma con un po' di riscaldamento...
MUSICO: ...fa, fa..
GIULBECCO: faccio gli esercizi, stia tranquillo che li faccio.
MUSICO: ..fa, fa..
ROMERIO: Li fa, li fa, ci sto attento io. Se non li fa lo prendo a pedate.
GIULBECCO: Poi avremo.. sì dico.. ci spetterà anco una piccola ricompensa?
MUSICO: ...sol, do ....sol, do.
GIULBECCO: Un soldo a testa.
ROMERIO: Un ducato, non ricordo neppur com'è fatto! Allora, affare fatto. Possiamo concludere fra galantuomini oppure deve chiedere a qualcun'altro?
MUSICO: ..re..
ROMERIO: Al re? C'è anco un re? Che re?
GIULBECCO: Sarà il doge di Venezia.
MUSICO: ..re..
ROMERIO: Lui dice re.
GIULBECCO: A Venezia avranno nominato il re.
ROMERIO: Come cambia il mondo. Un giorno ti svegli che a Venezia c'è il doge e il giorno dopo c'è già il re.
GIULBECCO: Che dirà il re?
MUSICO: ...si...
GIULBECCO (esultante): Di sì, dirà di sì. Ne è proprio sicuro maestro?
MUSICO: ...si. (Giulbecco e Romerio gioiscono) Oh bene, ora non è più scordato.
GIULBECCO: L'ha ritrovato.
MUSICO: Devo lasciarvi.
ROMERIO: Allora lei va e poi torna?
MUSICO: Certamente.
GIULBECCO: E ci dirà tutto quanto.
MUSICO: Certamente.
ROMERIO: Qua la mano. (I tre si stringono la mano). A presto.
GIULBECCO: A presto.
ROMERIO: Intanto noi ci alleniamo.
Il musico esce un po' perplesso. Scene di tripudio tra Romerio e Giulbecco.
GIULBECCO: Ce l'abbiamo fatta, ce l'abbiamo fatta!
ROMERIO: Stavolta si mangia proprio. Prepariamoci Giulbecco!
GIULBECCO: Sì, a che far?
ROMERIO: Prepariamo i bagagli.
GIULBECCO: Che bagagli?
ROMERIO: Qualche sasso può sempre servire.
GIULBECCO: I sassi servono a noi che serviamo i padroni: i sassi son proprio relitti dell'umanità.
ROMERIO: Ti sbagli Giulbecco! I sassi sono dei duri. Quando li lanci non tornano più indietro. Non frenano, non si fanno scrupoli, non hanno ripensamenti. Vanno dritti al loro obbiettivo.
GIULBECCO: E chi te le dice a te tutte queste cose?
ROMERIO: Loro.
GIULBECCO: I sassi?
ROMERIO: Certamente.
GIULBECCO: Tu parli con i sassi?
ROMERIO: Io parlo con chi mi pare. I cristiani li bastono e con i sassi ci parlo.
GIULBECCO: Sei un duro.
ROMERIO: Chi sta con i sassi impara a diventare un duro.
Giulbecco si mette diversi sassi in tasca.
ROMERIO: Che stai facendo?
GIULBECCO: I bagagli.
ROMERIO: E lavati! Un musico non è un servo.
GIULBECCO. Come?
ROMERIO: Un musico è un musico e un servo è un servo.
GIULBECCO: Un servo non può essere un musico?
ROMERIO: No.
GIULBECCO: E un musico può esser servo?
ROMERIO: No.
GIULBECCO: Un signore può esser un musico?
ROMERIO: Talvolta sì.
GIULBECCO: Ma servo mai.
ROMERIO: Mai.
GIULBECCO: Un servo è un servo.
ROMERIO: Appunto!
GIULBECCO: Ho ragione.
ROMERIO: No! Io ho sempre ragione. Fai qualche esercizio per scaldar la voce.
GIULBECCO: Un momento! Io son stonato come una campana e tu non sai suonare il flauto. Come faremo?
ROMERIO: Ci inventerem qualcosa. 
GIULBECCO: Al mio paese un tizio si era costruito delle ali e cercava di volare. Diceva che quando sarebbe arrivata la fine del mondo lui si sarebbe alzato in volo e l'avrebbe scampata. Il mondo c'è ancora e lui è già finito: si è sfracellato.
ROMERIO: E allora?
GIULBECCO: Servirebbero a noi delle ali per prendere il volo quando ci scopriranno.
ROMERIO: Al momento giusto tu dirai che hai perso la voce e io che ho perso il flauto.
GIULBECCO: O l'hai scordato.
ROMERIO: Meglio perso altrimenti magari mi chiedono di accordarlo e io non son capace.
GIULBECCO: Hai ragione.
ROMERIO: Ho sempre ragione!
MUSICO: Ahinoi!
ROMERIO: Chi è là? Siete voi, maestro?
GIULBECCO: Già qui?
ROMERIO: Stavamo ultimando i preparativi.
MUSICO: A che serve!
GIULBECCO (a Romerio): E' rimasto affascinato dalle serve. 
MUSICO: A che serve!
GIULBECCO: Non si preoccupi, noi con le donne.... specialmente Romerio. Ce le hanno le capre? se c'hanno le capre è cosa fatta.
MUSICO: La vita è vacua per volontà del divino.
GIULBECCO (a Romerio): Che cosa ha detto? 
ROMERIO(a Giulbecco): Credo stia dicendo che il vino è acqua.
GIULBECCO(al Musico): Ma no, ma no. E' per fare una sorpresa. Vedrà che al momento opportuno tireranno fuori il vino buono.
MUSICO: Mondo cane!
GIULBECCO: Giusto! come alle nozze di Cane.
ROMERIO: Di Canna, ignorante.
MUSICO: Non vi saranno più nozze ma funerali.
Romerio e Giulbecco restano impietriti.
GIULBECCO: Avevo sentito dire che il matrimonio è la tomba dell'amore ma fino a questo punto.
MUSICO: La dolce Giulietta, fiore non ancora sbocciato, è morta.
GIULBECCO E ROMERIO: Morta?
MUSICO: Morta di dolore per la morte del cugino Tebaldo. Per noi il lavoro è finito prima ancora di cominciare. Avevamo solo un repertorio di musiche allegre e scherzose. Ora al nostro posto giungeranno i piagnoni. Mi vien da piangere. E ho anche scordato il liuto.
GIULBECCO: Un' altra volta. Si accomodi lì c'è ancora il suo posto.
MUSICO: Torno indietro a prenderlo (esce).
GIULBECCO: Tipo strano.
ROMERIO: Gli artisti son tutti un po' strani. 
GIULBECCO: Questo li supera tutti.
ROMERIO: Ce n'è di tutte le razze, come i cani: certi ululano alla luna pensando che la luna li ascolti, altri, superbi ed eleganti, si esibiscono solo per il padrone, alcuni son addestrati a far li soliti esercizi, bravissimi, ma non sanno far altro, infine ci son i bastardi che non sono né addestrati né ammaestrati, si mischiano tra la gente, son teneri ma possono azzannare, guaiscono e abbaiano a seconda della bisogna, mangiano quel che trovano e dove lo trovano, son quel che sono: cani, e non si sognerebbero di fare altro...
GIULBECCO: Allora noi siamo un po' artisti.
ROMERIO: Noi siamo solo bastardi. Ma quel che tutti gli artisti sanno fare è di far sognare chi vuole sognare.
GIULBECCO: Io ho sognato, ieri notte. Ho sognato che scoppiava una rissa e invece di lottare io mi buttavo dietro una siepe e finivo in un cespuglio di rovi e mi graffiavo tutto e...
ROMERIO: Questo non è un sogno: ciò che racconti avvenne realmente.
GIULBECCO: Ne sei sicuro?
ROMERIO: Guardati le braccia: non vedi i segni?
GIULBECCO: E' vero. Incredibile! E' successo a me, tutto questo è successo a me. E io dov'ero? Un momento! Romerio, se sogno la realtà, allora basta che io diriga i miei sogni e noi siamo a posto.
ROMERIO: Cioè?
GIULBECCO: Basta che io sogni un bue allo spiedo e noi mangeremo un bue allo spiedo. Proviamo!
ROMERIO: Non è possibile.
GIULBECCO: Proviamo!
ROMERIO: Tu sogni fatti che son già avvenuti. Dunque è inutile.
GIULBECCO: Magari mi riesce anco lo contrario. Buona notte.
ROMERIO: Buona notte.
Romerio si addormenta, Giulbecco invece si gira e si rigira.
GIULBECCO: Maledizione. Romerio! Romerio! Si è addormentato, beato lui!
Prova ancora ad addormentarsi ma senza successo.
GIULBECCO: Sei tu Romerio? Sei certo di esser tu? Tu chi, poi? E se tu fossi un altro? Chi dorme accanto a me? Lo conosco? Son sicuro di conoscerlo? Oh Romerio, sei tu Romerio? Ma chi è Romerio. Potrebb'esser anco un cavallo, un cane, un gatto, un porco. Oh Romerio, cambia il tuo nome, rinuncia a te stesso, diventa un porco, io ti mangerò allo spiedo e ti sarò riconoscente per tutta la vita.
Si avvicina a Romerio che improvvisamente lo piglia per la gola.
ROMERIO: Ti prendo per il collo, cane scellerato. Che stai facendo Giulbecco?
GIULBECCO: Niente. Ti guardavo.
ROMERIO: Mi son svegliato e ho temuto un agguato (molla la presa). Che guardavi?
GIULBECCO: Ho un fratello che non ho mai visto.
ROMERIO: E allora?
GIULBECCO: Se fossi tu?
ROMERIO: Chi io?
GIULBECCO: Sì.
ROMERIO: Non è possibile.
GIULBECCO: Chi è tuo padre?
ROMERIO: Mio padre era un pastore. Appena nato mi mise con le pecore e mi abbandonò al pascolo. Crebbi con le pecore, ci stavo tutto il giorno, tutti i giorni. Alla sera contavo le pecore e mi addormentavo. Poi un giorno arrivaron due gruppi di cavalieri che ingaggiarono un combattimento proprio in mezzo al gregge. Vidi tutto il combattimento. Al termine non c'era più una pecora viva. Lessi questo come un segno del destino e mi dissi "Romerio, tu sarai un grande condottiero" e partii.
GIULBECCO: E dove andasti?
ROMERIO: Mi arruolai nell'esercito di Ildebrando da Morone. Il nostro simbolo era una banderuola rossa in campo verde. Quanti saccheggi e che battaglie! sempre vittoriosi. Ora si combatteva per un signore, ora per un altro. Anzi, spesso per uno e per l'altro. Noi si attaccava per un verso, poi se le cose si mettevano male, a un segnale pattuito, tre squilli di corno e un colpo di tamburo, ci si girava tutti insieme. No, non per ritirarsi, come tu stai pensando o pusillanime Giulbecco: le azioni vili non si confacevano alle nostre truppe, ma per aver ragione delle guardie di quel signore che aveva avuto il torto di mandarci contro avversari più forti. Così non abbiamo mai perso una battaglia.
GIULBECCO: Ora, come mai non fai più il soldato?
ROMERIO: A un certo punto il lavoro cominciò a diminuire, finché il nostro capitano e grande stratega fu costretto a rinchiudersi in un castello che piano piano è andato trasformandosi nella sua decrepita tomba. Colpa di queste città e de li nuovi signori viziati e litigiosi. Quelli si che eran uomini e tempi gloriosi.
Romerio raccoglie un bastone e finge di roteare una spada e di assalire Giulbecco. A un certo punto esce di scena ma dopo un istante rientra spaventato.
GIULBECCO: Che succede, Romerio? Il tuo non pare l'atteggiamento di un esercito vittorioso, bensì in disfatta!
ROMERIO: A buona ragione, Giulbecco. Quel che veggo sopraggiungere pare l'avanguardia di un esercito di cadaveri viventi. Entra lo speziale. Eccolo, costui è un morto vivente.
GIULBECCO: O un vivo morente. 
ROMERIO: Ehilà, sventurato, dicci chi sei e perché vaghi con far sì funesto.
SPEZIALE (come se non avesse sentito): Io non volevo darglielo, non volevo.
GIULBECCO: E non glielo doveva dare
SPEZIALE: E invece gliel'ho dato.
GIULBECCO: Ha fatto male, non doveva darglielo.
ROMERIO: Perché?
GIULBECCO: Così non si riduceva in questo modo.
SPEZIALE: Gliel'ho dato.
GIULBECCO: Se lo faccia ridare.
ROMERIO: Cosa?
GIULBECCO: Che ne so, se gliel'ha dato. (rivolto allo speziale) Poteva darlo a noi.
SPEZIALE: Non posso.
GIULBECCO (a Romerio): Hai sentito? a noi no.
ROMERIO: Cosa?
GIULBECCO: A noi non lo da'.
ROMERIO: Che cosa?
GIULBECCO: Come faccio a saperlo, costui si ostina a non dircelo.
ROMERIO: Lascia fare a me. (Rivolto allo speziale). Buon omo, ci volete dire a cosa avete dovuto rinunciare e a favore di chi, per ridurvi in cotal guisa? Noi potremmo aiutarvi a riaverlo, in cambio ovviamente di una buona ricompensa.
SPEZIALE: Conoscete Romeo Montecchi?
ROMERIO: Certo, il mio amico qui è un servitore della sua famiglia ma se è lui che cercate non lo troverete. E' fuori: a Mantova.
SPEZIALE: Allora è proprio lui. Io vengo da Mantova.
ROMERIO: Ci portate notizie del nostro Romeo?
SPEZIALE: Egli è qui.
GIULBECCO: Qui?
ROMERIO: A Verona? non è possibile: è stato esiliato.
SPEZIALE: Mi son messo sulle sue tracce, è tornato a Verona.
ROMERIO: Temerario.
GIULBECCO: Ma chi siete voi, uno spione?
SPEZIALE: Speziale.
GIULBECCO (a Romerio): E' uno spione speciale.
ROMERIO: Ma no.
GIULBECCO: L'ha detto lui.
ROMERIO: Speziale, non speciale.
GIULBECCO: Uno spione speziale. (allo speziale) E cos'ha di tanto speziale lei?
ROMERIO: Razza d'ignorante che non sei altro! Speziale e basta.
GIULBECCO: Ah, così lei è speziale e basta. Non le bastava esser spione e speziale, anco basta.
ROMERIO: Basta, Giulbecco, basta!
GIULBECCO: Basta, e io che ho detto?
ROMERIO: Taci. Egli è uno speziale: un fabbricante di medicine e intrugli vari.
SPEZIALE: Il mio sogno è sempre stato quello di trovare l'elisir di lunga vita e fare il bene dell'uomo.
GIULBECCO: Il visir di chi?
ROMERIO: Vivere più a lungo.
GIULBECCO: Vivere più a lungo per mangiare sempre così tanto? no grazie.
SPEZIALE: Ma l'unico risultato che ho ottenuto è un intruglio che ho sperimentato su alcune galline: facevano le uova sode.
GIULBECCO: Senza bisogno di farle cuocere?
SPEZIALE: Sì.
GIULBECCO: Speziale sei speziale!
SPEZIALE: Solo che diventavano dure come pietre ed erano immangiabili.
GIULBECCO: Non c'è niente di perfetto!
SPEZIALE: Poi la mia rovina. Invece di trovare qualcosa che allungasse la vita ho cominciato a scoprire veleni terribili. Veleni che ti fanno bruciare dentro come un incendio. Ho inventato un veleno che dopo averlo bevuto gli occhi ruotano vorticosamente e tutto gira, anche dentro: stomaco, intestini, viscere. 
GIULBECCO: E' tutto un giramento.
SPEZIALE: Conoscete un veleno che si chiama iosciamo?
GIULBECCO: Non ho il piacere.
SPEZIALE: Lo versi nell'orecchio della vittima mentre ignara dorme e questa si sentirà gelare il sangue nelle vene e dopo qualche istante morirà. Ne vendetti una fiala a uno straniero qualche anno fa, ora ho saputo che viene usato spesso nel Regno di Inghilterra. Cominciai a pensare che la gente fosse più interessata a spezzare la vita anziché a allungarla; le richieste erano tante e guadagnavo bene. Finché un editto a Mantova mise fuorilegge la vendita di queste sostanze. Io fui arrestato, i miei beni confiscati, la mia famiglia in rovina. Abbiamo vissuto in miseria. Poi è arrivato quel giovane.
ROMERIO: Romeo?
SPEZIALE: Proprio lui.
GIULBECCO: Gli avete venduto del veleno?
SPEZIALE. Non volevo darglielo. Devo trovarlo prima che sia troppo tardi.
ROMERIO: Stia tranquillo non è certamente per sé. 
GIULBECCO: Se vuole farla finita basta che si faccia vedere qui a Verona che gli tagliano la testa. 
SPEZIALE: Speriamo non sia troppo tardi (esce).
ROMERIO: Il veleno è sicuramente destinato a qualcun altro.
GIULBECCO: Forse al Principe.
ROMERIO: Al Principe? Vuoi dir che Romeo vuole avvelenare il Principe?
GIULBECCO: Perché no?
ROMERIO: Del resto se è tornato significa che molto è alta la posta in gioco.
GIULBECCO: La sua famiglia sarà la più potente.
ROMERIO: Potrà tornare a Verona da trionfatore.
GIULBECCO: Forse sarà proprio lui a prendere il posto del principe.
ROMERIO: Nuove lotte, risse.
GIULBECCO: Forse una guerra.
ROMERIO. No, la guerra no, è troppo rischiosa. Comunque dobbiamo aiutarlo questo Romeo o almen lasciarlo fare. Avvelenare il principe! che idea!
GIULBECCO: Che facciamo?
ROMERIO: Attendiam con prudenza e prepariamoci al precipitar degli eventi. Dovremo esser pronti ad approfittare della nuova situazione (pausa).
GIULBECCO: Mi sembra di esserci già stato qui
ROMERIO: Veniamo qui quasi tutti i giorni
GIULBECCO: Ho la sensazione di esser sempre vissuto qui.
ROMERIO: Veniamo qui quasi tutti i giorni
GIULBECCO: Solo quell'albero non lo ricordo.
ROMERIO: E' sempre stato lì
GIULBECCO: Ne sei proprio sicuro?
ROMERIO: Avrà cent'anni
GIULBECCO: Come fai a saperlo?
ROMERIO: Lo so.
GIULBECCO: Quanti anni hai?
ROMERIO: Trentanove.
GIULBECCO: E allora come fai a sapere che quell'albero ha cent'anni? 
ROMERIO: Dal tronco.
GIULBECCO: Dal tronco?
ROMERIO: Dal tronco: la grandezza, le rughe, come gli uomini.
GIULBECCO: Tu mi vuoi prendere in giro. Anco lo cimitero è sempre stato laggiù?
ROMERIO: Certo.
GIULBECCO: E noi siamo sempre venuti qui.
ROMERIO: E' un luogo sicuro (pausa). 
GIULBECCO: Romerio.
ROMERIO: Sì?
GIULBECCO: Tu ce l'hai qualcuno che ti pensa?
ROMERIO: Dovrei pensarci (pausa).
GIULBECCO: Romerio!
ROMERIO: Che c'è ancora?
GIULBECCO: Mi stavo chiedendo se ciascuno di noi ha una sua stella lassù?
ROMERIO: Forse i signori padroni si son già impossessati anco di quelle.
GIULBECCO: Non son tanto grandi.
ROMERIO: Non son grandi perché son lontane ma ciascuna stella sarà grossa come un maiale.
GIULBECCO: Così grossa? 
ROMERIO: Anco di più, anco di più.
GIULBECCO: Guarda questa formica! Si è aggrappata alle mie braghe ed ora sale. Forse no manco lei sa dove può arrivare. Se anco noi fossimo attaccati alle braghe di un gigante? Potremmo salire fino alle stelle.
ROMERIO: Stai vaneggiando.
GIULBECCO: E se invece avessi ragione! Sempre meglio che restare qui a morir di fame.
Giulbecco comincia ad agitarsi come se volesse arrampicarsi su una parete. Romerio lo osserva con compassione. Poi improvvisamente si avvicina e lo incita.
ROMERIO: Forse hai ragione mio fido Giulbecco. Vai! Per tutti i diavoli della terra, arrampicati Giulbecco! Insisti! Arpiona quelle rocce con le tue dita callose. Sali! Avanti! Non esser lo solito pappamolla. Non si torna più indietro. E’ la nostra grande occasione. Non mollare! Vuoi raggiunger lo paradiso? E allora sali. Aspetta! Ora ci provo io. Fammi salire sulle tue spalle.
Romerio cerca di salire sulle spalle di Giulbecco. Operazione che comporta notevoli difficoltà.
GIULBECCO: ma tu pesi di più
ROMERIO: e allora?
GIULBECCO: dovrei esser io a salire su di te.
ROMERIO: chi l'ha detto? I Cavalli da tiro son più grossi eppure nessuno li cavalca. Si cavalcano invece i cavalli agili, snelli, i purosangue. Ecco tu sei un purosangue Giulbecco, un vero purosangue. Chinati!
GIULBECCO: va be! Io però cavalcherei anco uno mulo. Anzi no. Se avessi uno mulo ne farei tanti salamini e me lo mangerei.
Al nuovo tentativo di Romerio di salire sulle spalle di Giulbecco, entrambe crollano a terra. Romerio si rialza, Giulbecco rimane con la faccia a terra.
ROMERIO: Giulbecco, sei una frana.
GIULBECCO: mi mancano le forze. Non ricordo l'ultima volta che ho mangiato qualcosa che possa dirsi un pranzo decente.
ROMERIO: ti serve aiuto?
GIULBECCO: No.
ROMERIIO: E allora perché non ti rialzi?
GIULBECCO: Sto ascoltando
ROMERIO: ascoltando cosa?
GIULBECCO: Passi, di topi o di talpe.
ROMERIO: che schifo!
GIULBECCO: Son saporiti.
ROMERIO: Ma che son quei fuochi laggiù?
GIULBECCO: E' vero sembrano fiaccole.
ROMERIO: Che ci fa tutta quella gente a quest'ora in un cimitero?
GIULBECCO: Vuoi veder che ci siam persi qualche occasione per divertirci un po'.
ROMERIO: Avviciniamoci!
GIULBECCO: Al cimitero?
ROMERIO: Con prudenza. Potrebbe trattarsi di qualche rito satanico.
GIULBECCO: E se fussero anime? Ho sentito dir che le anime vagano nottetempo ne li cimiteri sotto forma di fiamme.
ROMERIO: Ne sei sicuro?
GIULBECCO: Sì.
ROMERIO: Dunque potrebbe trattarsi di trapassati!
GIULBECCO: Se incontriamo un trapassato che facciamo?
ROMERIO: Niente, restiamo assolutamente immobili.
GIULBECCO: E cosa gli diciamo?
ROMERIO: Niente, niente di niente.
GIULBECCO: Sì ma poi. Bisognerà pur dir qualcosa. Che gli diciamo Romerio, eh? che gli diciamo?
ROMERIO: Ciao.
GIULBECCO: Al trapassato?
ROMERIO: Sì.
GIULBECCO: Geniale! E poi, Romerio, poi?
ROMERIO: Come sta la capra?
GIULBECCO: Bellissimo! ma anco li trapassati hanno le capre?
ROMERIO: Che ne so. Io con un trapassato non ebbi già mai occasione di parlare. Se lo incontreremo vedremo che succederà.
GIULBECCO: Anco le capre de li trapassati son trapassate?
ROMERIO: Non lo so.
GIULBECCO: Nel caso potremmo pensarci noi. Io se veggo un trapassato glielo chiedo?
ROMERIO: Cosa?
GIULBECCO: Se laggiù c'è da mangiare.
ROMERIO: Taci, Giulbecco, pare proprio che uno di quei trapassati venga da questa parte. Prepariamoci ad accoglierlo. Prendi quel sacco.
Giulbecco raccoglie il sacco da terra e insieme a Romerio si appostano. Nell'ombra entra qualcuno. I due si avvicinano e gli gettano il sacco addosso.
FRATE: Ecco la giusta punizione che scende dal cielo.
ROMERIO: Legalo bene.
FRATE: Quale tranello mi tendete potenze dell'occulto? Non siete voi ancor sazie?
GIULBECCO: Avete le capre nell'aldilà?
ROMERIO: Smettila, Giulbecco.
FRATE: Completa la tua opera e vattene Satana.
GIULBECCO: Questo viene direttamente dall'inferno.
FRATE: Sia veloce la tua mano.
GIULBECCO: Gli do una randellata?
ROMERIO: Non si randellano i trapassati.
GIULBECCO: Ah no?
FRATE: Ma chi parla? Guardie del principe?
ROMERIO: Amico mio, ci siamo sbagliati: costui non è un trapassato.
GIULBECCO: Ah no?
ROMERIO: E' un frate. Liberiamolo.
Giulbecco e Romerio liberano il frate.
ROMERIO: Ci scusi per l'errore, fratello, ma al buio l'avevamo scambiata per un malfattore.
GIULBECCO: Devo ridargli il sacco?
ROMERIO: Che sta succedendo laggiù? Molto sembrate scosso.
FRATE: Giulietta è morta.
GIULBECCO: La figlia del Capuleto? già lo sapevamo.
FRATE: Ella fingeva d'esser morta per non sposare il nobile Paride perché era già sposa a Romeo.
ROMERIO: Ecco cosa c'era sotto! Lo sapevo che c'era qualcosa.
FRATE: Ora è morta veramente.
ROMERIO: Morta due volte.
GIULBECCO: Ci si era già abituati all'idea.
FRATE: Con lei è morto anche il nobile Paride, ucciso in duello da Romeo.
ROMERIO: Romeo? 
FRATE: Ritornò per veder la sua Giulietta ma si trovò davanti Paride.
GIULBECCO: Capisco la delusione.
FRATE: Romeo stesso si tolse la vita con un potente veleno.
GIULBECCO: Il veleno del Principe!
FRATE: Come?
ROMERIO: Taci Giulbecco! prendemmo un abbaglio: il veleno era proprio per se stesso.
GIULBECCO: Addio risse, liti, lotte, addio polenta.
FRATE: Voi straparlate fratelli, Dio non vi abbandoni! (esce).
GIULBECCO: Avevi ragione tu Romerio.
ROMERIO: Ho sempre ragione! Cosa?
GIULBECCO: Cosa, cosa?
ROMERIO: Di cosa stai parlando?
GIULBECCO: Si son scannati tra loro.
ROMERIO: Già, però questa è la nostra rovina.
GIULBECCO: Perché?
ROMERIO: Perché ora smetteranno di litigare. E se smettono di litigare noi che si fa? Tu lo sai?
GIULBECCO: No
ROMERIO: Non lo sai?
GIULBECCO: Sì.
ROMERIO: Almen tu lo sai.
GIULBECCO: Ho detto che non lo so.
ROMERIO: Ho capito, ma tu sai che non sai che far, io credevo di saperlo e invece non lo so.
GIULBECCO: Non capisco.
ROMERIO: Non sapere di non sapere è peggio che sapere di non sapere, no?
GIULBECCO: Cosa cambia?
ROMERIO: E' come non esistere.
GIULBECCO: Ah, è ben vero! Romerio, non scoraggiarti, ho un'idea. Potresti far finta di sapere che non lo sai.
ROMERIO: Eh no, caro Giulbecco. Posso mentire per fame, per salvarmi la pelle, per infinocchiare qualche avversario ma non mi piace mentire a me stesso.
GIULBECCO: Voglio scrivere questa storia.
ROMERIO: Chi?
GIULBECCO: Io.
ROMERIO: Tu? ma se non sai neppure leggere.
GIULBECCO: Per scrivere non è necessario saper leggere.
ROMERIO: Certo che sì.
GIULBECCO: Ma no. (Giulbecco prende un sasso e fa dei segni per terra.) Visto?
ROMERIO: Non ci capisco niente.
GIULBECCO: Sfido io, tu non sai leggere!
ROMERIO: Cosa hai scritto?
GIULBECCO: Certe parole.
ROMERIO: Quali parole?
GIULBECCO: Talune.
ROMERIO: Quali?
GIULBECCO: Talune. Si posson scrivere talune o talaltre, io ho scritto talune.
ROMERIO: Tu mi stai prendendo in giro e lo sai che a me non piace esser preso in giro.. (avanza minaccioso).
GIULBECCO: Fermo! Guarda laggiù, un carro di comici. Mi viene un'idea. La racconteremo a loro. Magari ci daranno anco qualcosa in cambio.
ROMERIO: Che vuoi che ti diano! E' solo una storia. 
Giulbecco esce.
ROMERIO: Ehi, aspetta!
Romerio raccoglie alcuni sassi, si gira dalla parte opposta e li scaglia lontano. Poi ride ed esce frettolosamente.