ROSA LA ROSSA
di
Sonia Antinori
E disincantato, guardo il giorno grigio.
Che ne è stato di quel novembre?
Che ne è stato di quel popolo,
che dal fondo dell’oppressione,
era spinto alla cima della speranza?
Silenzio. Passato. Niente è stato.
Teatro. Solo un bel teatrino.
da “La morte di Danton”
di Kurt Tucholsky
A Lidia
Personaggi
Rosa Luxemburg, alias Jozef Chmura, R. Kruszynska, Anna Matschke, Felicita Budilowitsch,
Junius, Gracchus, Mortimer, Spartacus, ecc.
Eliasch, il padre
Lina, la madre
Aleksander, un fratello
Maksimilian, secondo fratello
Anna, la sorella
Antoni, il portinaio di Varsavia
Il compagno del circolo
Martin Kasprzak, agitatore polacco, alias Teofil
Carl Lübeck, giornalista socialdemocratico tedesco
Leon Jogisches, alias Grozowski, Ignatev, Krysztalowicz, Jan Tyszka, Otto Engelmann ecc. detto
Leo, Dziodzio
Signora Axel’rod
Vera Sassulitsch, terrorista russa
Karl Kautsky, socialdemocratico tedesco
Luise Kautsky, sua moglie
Una passeggera del treno per Berlino
Un minatore
Sua moglie
Clara Zetkin, amica e compagna di partito
Uno strillone
Un contadino russo
Gertrud, la governante
Il tipografo
Il Capitano del Padiglione X di Varsavia
Lenin
Zinov’ev, un compagno russo
Kostantin Zetkin, detto Kostja, figlio di Clara e amante di Rosa
I allievo della Scuola di partito
II allievo della Scuola di partito
L’usciere del tribunale
Sua moglie
Un soldato della I guerra mondiale
Hans Diefenbach, medico e amico intimo di Rosa
La carceriera
L’oste
L’ostessa
Mathilde Jacob, segretaria e amica di Rosa
Una guardia
Una madre tedesca
Poliziotto
Sonja Liebknecht, moglie di Karl
Una guardia carceraria
Una carcerata
Il generale Groener
Ebert, leader socialdemocratico
Un uomo berlinese
Sua moglie
Alexander Moissi, attore del Deutsches Theater di Max Reinhardt
Scheidemann, leader socialdemocratico
Compagno del ristorante del Reichstag
Il tenente Runge
Un ospite dell’Hotel Eden
Käthe Kollwitz
Un impiegato della morgue
Compagni, compagne, un passante, ospiti dell’albergo, ecc.
Note
Tempo
Scrive Furio Jesi in “Spartakus. Simbologia della rivolta”: “La parola rivoluzione designa correttamente tutto il complesso di azioni a lunga e breve scadenza che sono compiute da chi è cosciente di voler mutare nel tempo storico una situazione politica, sociale, economica ed elabora i propri piani tattici e strategici considerando costantemente nel tempo storico i rapporti di causa e di effetto, nella più lunga prospettiva possibile. (…) Ogni rivolta si può invece descrivere come una sospensione del tempo storico. La maggior parte di coloro che partecipano a una rivolta scelgono di impegnare la propria individualità in un’azione di cui non sanno né possono prevedere le conseguenze. Il concetto di rivoluzione permanente rivela” che “la volontà di potere” può “in ogni momento sospendere il tempo storico per trovare collettivo rifugio nello spazio e nel tempo simbolici della rivolta.”
La logica del tempo storico è, in questo lavoro, contrappuntata dalle notturne interferenze di verità extra-temporali. All’interno delle cinque parentesi strutturali di prologo, epilogo e intervalli, dove vige il principio dell’accumulazione proprio del sogno e della visione, sono collocati gli snodi epocali, veri e propri turning points nella biografia della Luxemburg. La modificazione della qualità del tempo informa anche la scrittura dell’ultimo atto: il tempo insolito della rivolta è stato espresso in una consecuzione di scene a volte brevissime, che tendono a sottolineare l’accelerazione degli eventi e l’irrevocabilità delle azioni.
Costumi
La Luxemburg scrisse: “il più bel vestito per la più bella donna è quello che non si nota affatto”: questo in merito al suo personale gusto, sobrio, ma al tempo stesso come attestano le fonti, elegante. Altra considerazione fondamentale è che nei mesi dell’incarcerazione preventiva Rosa, a differenza delle altre prigioniere, continuava a indossare i suoi abiti, in virtù dei privilegi che il suo stato di carcerata le concedeva.
Personaggi
E’ possibile ridurre il cast a sette attori, di cui sei possono essere impiegati nei seguenti ruoli multipli:
- Leo Jogisches, Konstantin Zetkin, Hans Diefenbach, Paul Levi;
- Eliasch, Kasprzak, Karl Kautsky, Lenin, Il generale Groener;
- Aleksander, compagno, contadino, minatore, tipografo, Zinov’ev, II allievo, usciere, soldato, oste, Scheidemann;
- Antoni, Carl Lübeck, capitano, guardia, poliziotto, Ebert, tenente Runge, impiegato della morgue;
- Lina, signora Axel’rod, passeggera, Luise, Mathilde, carcerata;
-Anna, Vera Sassulitsch, moglie del minatore, Clara, Gertrud, moglie dell’usciere, carceriera, ostessa, Sonja Liebknecht, moglie dell’uomo berlinese, Käthe Kollwitz.
Altre e migliori combinazioni sono possibili.
PROLOGO
Buio. Nebbia. Il ritmico tonfo di una bambinetta che salta rumorosamente sul selciato. Rintocco di campane: le nove della sera; il pianto di un neonato. Il grido di un uccello. Silenzio.
ELIASCH (piano) Accendi il lume.
ANNA E’ così buio.
LINA Dove sono i fiammiferi?
ELIASCH Finiti: prendi la pietra focaia.
LINA Non riesco a trovare neanche un pezzetto di carta.
ELIASCH Possibile?
ALEKSANDER Il brandello di un giornale.
LINA Il papà li ha dovuti bruciare tutti.
ALEKSANDER Strappiamo la pagina di un libro.
LINA Aleksander!
ALEKSANDER Ma così dovremo rimanere tutti al buio.
ELIASCH Mettiamoci a letto.
ANNA Io ho fame.
JOSEF Senza fuoco niente cena.
ANNA Oh no!
LINA Se ti metti al calduccio sotto le coperte ti passa tutto.
ANNA Non ci credo.
LINA Vedrai.
ROSA Aspettate: ho un’idea. (Si allontana per un istante. Tutti l’aspettano in silenzio. Si riavvicina stropicciando tra le mani un pezzetto di carta.)
ALEKSANDER (tenta di prendergliela di mano) Fammi vedere.
ANNA Figurati! Non si vede niente.
JOSEF Dove l’hai trovato?
ROSA In cucina.
ELIASCH Brava la mia piccolina.
ROSA Passatemi la pietra focaia.
ALEKSANDER S’è acceso?
ROSA No. Ecco. Ora sì. (Una fiammata violacea. Rosa accende la lampada a olio. La poca luce illumina solo il suo viso, quello del padre e della madre.)
LINA Ma…
ROSA Sì.
LINA …era una banconota!
ROSA (minimizzando) Due copechi.
LINA L’ultima banconota!
JOSEF E la luce fu!
LINA Ma Eliasch…
ELIASCH Ora mamma puoi farci qualcosa da mangiare.
Rosa passa alla madre il lume. La luce si allontana con il rumore di passi della donna. Scroscio d’acqua dall’altra stanza: alcune patate vengono gettate in una bacinella. Silenzio. Rintocco di campane: le dieci. Un neonato piange dalla casa di fronte. Una porta si apre. Una voce di donna manda un sospiro d’impazienza. Il neonato continua a piangere. Tre colpi sordi. Il pianto del neonato è coperto dal crescente fruscio di un’ala meccanica. Un’immensa elica percuote il cielo. Vento. Il fragore di un corpo che precipita nell’acqua. Silenzio. Ora il neonato ha smesso di piangere.
I ATTO
Aria
I QUADRO
Varsavia 1881 Inverno. Nel quartiere ebraico, il portierato del palazzo dove vive la famiglia Luxemburg. Antoni, il portiere di notte è seduto sulla panca rivestita di vecchie coperte in guardiola, di spalle all’ingresso. Indossa il suo vecchio pellicciotto d’agnello. Alla luce di una lampada ad olio legge a voce alta.
ANTONI (sillabando lentamente le parole, come in una litania di cui è quasi impossibile comprendere il senso) “… immaginate l’orribile stato del corpo di questa povera donna immerso nelle acque della Vistola per così gran tempo delitto passionale suicidio la polizia indaga sulle circostanze dell’accadimento nonché sull’identità della sconosciuta il responsabile del ritrovamento presso la roggia di …”
ROSA (che è entrata ed è rimasta per un attimo in piedi sulla soglia ad ascoltare l’amico) Antoni, ancora?
ANTONI Che c’è? Rosalia! Buona sera!
ROSA Buona serata a te. Ancora la cronaca poliziesca?
ANTONI Accadono cose terribili, bambina mia.
ROSA Ti piacciono così tanto, le cose terribili?
ANTONI E’ che per stare al mondo bisogna conoscere. Ecco. (Una pausa.) E’ per stare in esercizio.
ROSA (annuisce) Sei diventato molto veloce. Quasi più di me.
ANTONI Bambina, tu hai undici anni e hai imparato da piccola. Io invece sono vecchio e ho imparato ora. Non potrò mai raggiungerti.
ROSA E il mio libro?
ANTONI I libri sono molto lunghi. Io non so se vivrei abbastanza da finirlo.
ROSA (in tono di rimprovero) Antoni!
ANTONI (rettificando) I libri non sono buoni. Sono stupidi. Lavaggio di cervello. (Tira fuori dalla tasca un volumetto rilegatoe lo porge a Rosa.) Grazie.
ROSA Non l’hai letto.
ANTONI (con un grande sbadiglio) Sì.
ROSA Allora raccontamelo.
ANTONI Parla degli uomini della preistoria, dei selvaggi. (Un momento di silenzio. Rosa lo guarda con insistenza.) Del demonio e delle malattie.
ROSA Non l’hai letto. Te l’ho prestato appena due giorni fa. (In tono di rimprovero.) Me l’avevi chiesto tu.
ANTONI (leggendo con il solito tono dalla copertina del libro) “John Lubbock: Agli albori della civiltà.” L’ho cominciato. Non vale niente.
ROSA A me interessa sapere della gente del Kurdistan, della Florida, di Tahiti e delle Isole Tonga. Sono mondi differenti. Mi apre la testa.
ANTONI A me no. A me piace la carta stampata. Riconoscere le lettere. E sono diventato molto veloce. (Riprende la lettura in tono dimostrativo.)
ROSA Antoni?
ANTONI Sì?
ROSA Vuoi provare con un romanzo d’avventura?
ANTONI Non so…
ROSA Piccolo.
ANTONI E scritto grande.
ROSA Ti cercherò qualcosa. Domani te lo porto. Buonanotte.
ANTONI Mi ci proverò. Buonanotte.
II QUADRO
Ottobre 1886. Sala di casa Luxemburg a Varsavia: la stanza di ricevimento di una famiglia mediamente agiata. Rosa e suo fratello Josef hanno finito di prendere tè e dolce, come è visibile dai resti di una merenda allestita sul tavolinetto.
ROSA (appoggiando la tazza sul piattino di porcellana. Cita Marx) “…un’associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti”.
JOSEF (pensieroso) Ho capito. (Pausa.) Dovresti fare la maestra.
ROSA L’unica cosa certa è che non finirò impiegata come governante presso una casa ricca.
JOSEF (in tono di conferma) Dovresti continuare con l’università ambulante. Conosco almeno tre o quattro ragazze che vorrebbero seguire i corsi. Tu parli già tre lingue. Migliorando il francese potrai insegnare. Possiamo raccogliere i danari.
ROSA Per cosa? Per poi dover smettere la prossima volta che non riusciamo a racimolare la somma per pagare il professore? E uscendone poi senza uno straccio di certificato?! No. Sofia è andata a Zurigo. Lì, all’università accettano anche le donne. Io andrò lì.
JOSEF (incredula) All’università? (Rosa assentisce.) A studiare politica?
ROSA No. Astronomia. O geologia. Qualcosa che faccia pensare al tempo in termini di milioni di anni e all’uomo come di un animale di passaggio.
JOSEF In Svizzera si nascondono molti perseguitati russi, vero?
ROSA No. Non si nascondono. Vivono. Alla luce del giorno. Come chiunque altro. Sono liberi di esprimersi, di riunirsi. Ciascuno può usare la sua lingua. I libri non sono di contrabbando. Si può scrivere, leggere, parlare.
JOSEF Io morirei lontano dalla mia patria.
ROSA Perché questa è la tua patria? Io non ce l’ho una patria. Non me l’hanno data. E non possono togliermela. La mia casa è ovunque.
JOSEF Ma il nostro era un paese libero. (In tono saccente). E lo zarismo fonda la sua forza sul possesso della Polonia.
ROSA Errore. Lo zarismo fonda la sua forza sulle condizioni sociali della Russia.
JOSEF Lo stesso Marx ha parlato della questione nazionale polacca.
ROSA (con impazienza) Josef, è stato trent’anni fa! Per eccitare la classe lavoratrice a interessarsi delle questioni politiche. Le condizioni erano completamente differenti. L’industrializzazione ha creato una classe che prima non esisteva: è quella classe che unita potrà condurre alla liberazione dallo zarismo. Tutto il resto è utopia. Che cosa può intraprendere il proletariato in presenza dei tre governi, che hanno occupato la Polonia? (Elencando) La borghesia della Polonia russa, i grandi proprietari terrieri della Polonia austriaca, e l’aristocrazia fondiaria della Polonia prussiana: tutti a leccare i gradini del trono di Pietroburgo! Cosa possono fare da soli i proletari polacchi in queste condizioni? (In tono assertivo). Polacchi e russi insieme sotto la bandiera del socialismo. Et voilà!
Entra Lina, la madre di Rosa e Josef. E’ accaldata per il cammino.
LINA Che meraviglia questa casa a quest’ora! I vicini non ci sono e non dobbiamo patire il loro baccano terribile. I miei figli ciacolano e prendono il tè. Sono stata con vostro padre alla segheria. Quello è davvero un posto infernale. Non so come ci si possa resistere. A me viene subito un mal di testa… Dovrò riposare un attimo prima di mettermi a leggere. Posso servirvi ancora un po’ di tè?
ROSA Non ti preoccupare mamma. Già fatto.
LINA Allora vi lascio ai vostri discorsi. (Andandosene si accorge degli stivali di Rosa, completamente ricoperti di fango.) Rosalia!
ROSA (percepisce lo sguardo della madre, si ricorda di non aver pulito le scarpe. Tenta di dissimulare.) Che c’è?
LINA Le tue scarpe.
ROSA Che cos’hanno?
LINA Sono piene di fango.
ROSA Ti ho sporcato il tappeto?
LINA Non sto parlando del tappeto.
ROSA Avrò pestato una pozzanghera.
LINA Ci sei tornata.
JOSEF (cercando di aiutare la sorella, in tono dubitativo) Ieri c’è stato un acquazzone.
LINA (a Josef, in tono imperioso) Tu vai in camera tua! (Il figlio obbedisce. A Rosa.) Sei tornata in via Smozca.
ROSA Ieri è piovuto. (Rosa alza lo sguardo sulla madre, che continua a fissarla.) Sì, ci sono tornata.
LINA Rosa…
ROSA Sono stata attenta.
LINA Quando?
ROSA Ieri sera.
LINA A buio!
ROSA Ieri non c’era nebbia. Non mi hanno seguito.
LINA Figlia mia, non hanno rispetto per nessuno. Maria Botwszewicz aveva vent’anni.
ROSA Maria Botwszewicz, mamma, era alla guida del I Proletariat.
LINA E infatti l’hanno deportata in Siberia.
ROSA Maria Botwszewicz è morta di stenti durante la marcia. Perché? Per chi?
LINA Perché il mondo è pieno di odio, Rosa. Dobbiamo amare quelli che sono degni di questo sentimento. E dimenticare gli indegni.
ROSA Io voglio una società in cui sia concesso amare tutti. In cui gli uomini riuniti possano decidere liberamente del loro destino.
LINA Non ora, non qui. Chissà, forse un giorno. Un giorno sono certa che avverrà.
ROSA Quando si chiede qualcosa bisogna anche fare qualcosa per cambiare la nostra richiesta in realtà.
LINA (scuote la testa uscendo dalla stanza) Sei troppo idealista. La vita ti deluderà.
ROSA (alla madre, nell’altra stanza) Solo i disperati possono risparmiarsi le delusioni. (Tra sé.) Chissà che in nome del mio ideale d’amore un giorno io non finisca per odiare!
III QUADRO
Gennaio 1887. Una catapecchia nei sobborghi di Varsavia. Luce di candela. Per il gran freddo gli astanti sono coperti da plaid in lana.
KASPRZAK Lo sa il demonio perché lei non si decide a entrare nel partito. Ci sono tanti begli elementi con voi, quel biondo ad esempio. Quello potrebbe esserci utile. Voi portate via la gente invece di mandarcela. Che idiozia!
COMPAGNO E’ che noi…
Dall’esterno rumore di passi che si avvicinano salendo una scaletta di legno.
KASPRZAK (sussurrando) Shhh! Sta arrivando qualcuno.
Kasprzak soffia sulla fiamma. La stanza resta al buio.
ROSA (dall’esterno, bussando discretamente alla porta) Sono io. Rosa.
COMPAGNO (ancora sussurrando) E’ una compagna giovane di Via Slota.
KASPRZAK (c.s.) Bene.
La porta si apre.
UNA VOCE Entra. Sei sola?
ROSA Sì.
La porta viene richiusa dietro le sue spalle.
COMPAGNO Aspettiamo ancora qualcuno?
UNA VOCE E’ l’ultima.
COMPAGNO Allora possiamo cominciare.
UNA VOCE Facciamo luce?
KASPRZAK No. Non la conosco.
UNA VOCE E’ sicura.
KASPRZAK Benvenuta compagna Rosa. Sono desolato di doverle chiedere di restare al buio. Non è necessario che lei venga a conoscenza della mia fisionomia e d’altra parte sarà ben contenta che io non sia in grado di distinguere la sua.
COMPAGNO Teofil, garantisco io per lei.
KASPRZAK Terremo una luce a terra. Nessuno si azzardi ad alzarla. (Il compagno prende la bugia, la mette a terra, accende. L’unica cosa visibile sono le scarpe degli astanti, evidentemente ricoperte di fango). Il II Proletariat, il nostro nuovo movimento, non è disposto a farsi macellare dalla Ochrana come è successo al vecchio. La polizia segreta è ovunque. Ed è bene che chi ci si avvicina impari ad essere cauto.
ROSA Sta bene. (Si siede in un canto).
Kasprzak bada bene di restare con il viso nell’ombra.
COMPAGNO (aprendo un involto, distribuisce alcuni volumi ai compagni, seduti ai lati della stanza). Compagni, il nostro Teofil ha portato in città dei materiali dalla Germania: sono articoli e libri che potete prendere, studiare e fare circolare tra voi. Naturalmente si tratta di testi in lingua tedesca. Chi di voi non intende questa lingua potrà ascoltare le relazioni dei compagni.
ROSA (prendendo uno dei libri) Io so il tedesco e posso incaricarmi di tenere un resoconto.
COMPAGNO Grazie compagna.
KASPRZAK (in tono appassionato) E’ un bene approfondire il pensiero studiando i presupposti del marxismo. Ma a volte si legge troppo e male e ci si riempie di nozioni, senza conoscere la realtà dei problemi. Il nostro partito è dominato dagli studenti, dagli intellettuali. Io sono un operaio. Uno dei primi compiti del II Proletariat è allargare la sua base, instaurare un contatto con gli operai.
COMPAGNO Io ho fatto il ginnasio. L’ultimo anno ho pensato: mi mancano tre mesi per finire. Quando esco da qui non vado all’università. Vado in fabbrica. Bisogna cambiare le cose con l’aiuto degli operai, ma per riuscirci dobbiamo conoscere le loro condizioni di lavoro.
KASPRZAK Un operaio tessile lavora dalle dodici alle tredici ore al giorno. I locali delle fabbriche sono umidi e malsani. Il suolo sterrato. La luce bassa. L’aria avvelenata dai vapori delle macchine e dal sudore della gente. Le stanze senza finestre.
COMPAGNO Io facevo il tintore. Una piccola fabbrica tessile, Fischer & Co. Qui a Varsavia, in periferia. Il lavoro cominciava alle sei di mattina e terminava alle sette di sera. A pranzo c’era una mezz’ora di pausa per consumare una fetta di pane e burro e la metà di una salsiccia lunga quanto una scatola di fiammiferi. L’unico pasto caldo della giornata era alla sera: in cui all’avanzo di salsiccia del giorno si accompagnava un piatto di patate in acqua. (Silenzio). Davanti alla mia casa viveva una famiglia di operai che lavorava in una fabbrica di concimi. Sei persone. La madre selezionava ossa, il padre era addetto alla macerazione. Eppure capitava che alla sera non avessero nulla da mangiare: erano troppi. Allora il maggiore correva dal fornaio con la moneta che bastava per comprare un chilo di pane duro da scaldare nel pancotto e, per non vergognarsi, gli raccontava che era stato il mendico dell’angolo a spedirlo.
KASPRZAK Nell’industria della confezione poi le cose sono ancora …
ROSA (interrompendo) Chiedo la parola.
COMPAGNO Sta parlando il compagno Teofil.
ROSA Ma io devo dire una cosa.
COMPAGNO Più tardi.
ROSA Devo dirla ora.
KASPRZAK Parla.
ROSA (che ha in mano il libro) Voi dicevate della missione del II Proletariat come di un movimento operaio. Io credo che il primo compito del partito sia aiutare quel bambino a capire perché è costretto a fare quello che fa. I suoi genitori sono troppo compresi dell’ordine divino per concepire la possibilità di rovesciare lo stato delle cose: da quando sono venuti al mondo hanno imparato che esistono servi e padroni e che i servi rimangono servi e i padroni padroni e che la loro vita dovrà trascorrere in miseria e angoscia perché essi possano poi nell’aldilà finalmente riscuotere il premio che si sono conquistati. (Infervorandosi.) Ma quel bambino un giorno sarà un uomo e quell’uomo condividerà il destino di altre centinaia, migliaia di uomini (Kasprzak si avvicina alla bugia e la solleva da terra, portandola davanti al viso della ragazza) e quegli uomini, loro e non altri, dovranno un giorno riuscire a cambiare le cose. E lo faranno anche grazie a questo, anche grazie ai pensieri di questo signor (legge l’autore del libro: è evidente che le è sconosciuto) Wilhelm Liebknecht. Questo credo. Anzi ne sono sicura.
Una pausa. Rosa guarda Kasprzak dritto negli occhi.
KASPRZAK Volevo vederti in faccia, compagna.
ROSA Grazie, signore.
KASPRZAK Sono io che ringrazio te.
IV QUADRO
Settembre 1889. Sul lago di Zurigo. Una giornata di vento. Rosa spinge la carrozzella di Carl Lübeck, un uomo di circa quarantacinque anni, quasi cieco.
ROSA Soprattutto le nuvole! Che inestinguibile fonte di piacere per gli esseri umani.
CARL C’è una panchina, vero?!
ROSA Sì, è qui a destra.
CARL Fermiamoci.
ROSA Ha freddo?
CARL No. E’ così tiepida l’aria. Dev’essere magnifico il cielo oggi.
ROSA (sistema la carrozzella affianco alla panchina, in direzione del lago, prende con delicatezza la mano destra di Carl e la solleva in aria, puntando l’indice come per fargli intendere senza tema d’errore il ritaglio di cielo di cui vuole parlargli) In quel punto nel fondo argentato del cielo si sta accumulando un’immensa nuvola color ghiaccio e il soffio del vento che la spinge – lo sente?! - è tanto vigoroso che possiamo seguire con lo sguardo (muove lentamente il braccio dell’amico a seguire il moto della nube che gli sta indicando) il suo rapido e maestoso movimento. La vede, Carl? L’ha vista?
CARL La vedo Rosa. (Immaginando.) E’ un veliero cumuliforme che solca la tavola del cielo.
ROSA (orgogliosa) L’ha visto. Lo sapevo. (Lo bacia affettuosamente sulla guancia. Gli si siede affianco, sulla panchina.)
CARL Ricordo tutto. E quando mi parli riesco ancora a vederlo.
ROSA (prendendogli una mano) Ricorda la sorpresa quando, dopo la desolante pianura tra Berna e Losanna e dopo l’ultimo interminabile tunnel, all’improvviso, si sbuca di colpo sullo specchio azzurro del lago? Mio Dio come sono belli il mondo e la vita! Mi viene in mente Mörike, si ricorda Carl, si ricorda? (Scatta in piedi).
O fiume, mio fiume del raggio mattutino!
Accogli dunque, accogli
il corpo ansioso infine
e bacia seno e guancia!
Il cielo azzurro e puro come un fanciullo,
là dove le onde cantano
il cielo è la tua anima,
oh lasciami penetrare in lui!
Io mi tuffo con spirito e sensi
In mezzo allo sprofondato azzurro
E non posso esaurirlo!…
Cos’è tanto profondo, profondo come lui?
Solo, solo l’amore
Che non è sazio e mai non sazia
Con la sua mutevole sembianza…
Carl cerca la mano di Rosa e la porta alle labbra, con infinito rispetto.
CARL Da quando lei abita in casa nostra, la mia vita è cambiata.
Rosa cerca nella sacca un blocco di fogli e una penna.
ROSA La vita di Olympia è cambiata. Può finalmente dedicarsi alle sue cose senza doverle fare da segretaria a tempo pieno.
CARL Le rubo troppo tempo.
ROSA Dal prossimo anno accademico le toglierò qualche privilegio.
CARL Deve pensare al suo studio.
ROSA Quest’anno mi è servito per guardarmi attorno. E i suoi articoli mi hanno insegnato tante cose. In fondo sono arrivata qui a Zurigo come una povera russa fanatica e sprovveduta e lei si è adoperato per fare di me una coltivata… dattilografa.
CARL (in tono di cordiale protesta) Ma se ha persino scritto qualche articolo al posto mio…
ROSA (interrompendolo) Senza la vostra ospitalità non avrei saputo dove cominciare.
CARL Non parliamone neanche.
ROSA Lavoriamo dunque.
CARL Lavoriamo. (In tono concreto) L’articolo deve essere spedito a Berlino entro domattina alle dieci.
ROSA Lo copierò stasera a casa e domattina alle otto lo consegnerò al corriere.
CARL Corretto. Dunque, ora la lettera d’accompagnamento (dettando) : “Stimatissimi responsabili di redazione. Punto esclamativo. A capo. In allegato vi invio un articolo sugli avanzamenti del movimento operaio nelle regioni germaniche a maggiore sviluppo industriale…”
Rosa abbassa la testa e scrive.
V QUADRO
1890. La mensa della signora Axel’rod.
SIGNORA (dietro il banco, versa del tè dal samovar e lo porge a Leo) Ecco il suo tè, signor Grozowski.
LEO (prendendo la tazza fumante) Grazie. (Nel voltarsi incrocia per un istante gli occhi di Rosa, in attesa del suo turno, dietro di lui. Ambedue sostengono lo sguardo appena per un attimo, ma evitano di sorridere o salutarsi. Leo va a sedersi a un tavolino laterale. Appena seduto appoggia la tazza e accende una sigaretta.)
ROSA (scivolando avanti, allegramente) Signora Axel’rod!
SIGNORA Signorina Luxemburg, qual buon vento?
ROSA Verità o menzogna?
SIGNORA Menzogna!
ROSA Il piacere di scambiare due parole in russo, una volta alla settimana.
SIGNORA Verità?
ROSA Il suo kefir. Mi fa sentire a casa.
SIGNORA (porgendole una scodella di kefir) Prenda una sedia e stia qui con me. Avrà tutto in una sola volta. (Rosa avvicina una sedia al banco e si siede.) Sembra che oggi siate in pochi a soffrire di nostalgia. Non s’è visto nessuno per tutta la mattina. Solo ora, il signor Grozowski. (Rosa lancia un’occhiata discreta in direzione di Leo.)
ROSA Deve abitare non lontano da casa mia.
SIGNORA Quello non sa neanche lui dove vive.
ROSA (incuriosita) Come ha detto che si chiama?
SIGNORA Grozowski. O Ignatev. Può chiamarlo come le pare: sono tutti nomi di fantasia.
ROSA (con sempre maggiore curiosità) E’ qui da molto tempo?
SIGNORA Chi lo sa?! Pare che abbia passato la frontiera nascosto in un carro d’argilla. (In tono favolistico.) Respirando da una cannuccia. Non è il tipo che dà confidenza.
ROSA Lo credo bene.
SIGNORA Berrò anch’io un tè. Lei?
ROSA (assentisce) La prego. Suo marito?
SIGNORA (in tono misterioso) Non è in città. Per almeno una settimana.
ROSA (con discrezione) Capisco.
SIGNORA (a voce bassa, allude nuovamente a Leo) Si ricorda l’attentato contro lo zar Alessandro III? Il gruppo di Vilnius ha collaborato. (Pausa. Rosa la guarda senza capire.) Lui era con loro.
ROSA (a voce bassa, sorpresa) Lui?
SIGNORA E’ stato arrestato e imprigionato più di una volta. Poi ha ricevuto la chiamata di leva e per non finire in Turkestan è finito in Svizzera. Come tutti noi.
ROSA Ma avrà la mia età!
SIGNORA Appunto lo hanno chiamato alle armi. Attenta: si sta alzando.
ROSA (in tono gentile) Il suo tè è sempre ottimo.
SIGNORA Anche cambiando un sacchettino ogni tanto, come sono costretta a fare?
LEO (che si è avvicinato con la tazza vuota) Il tè è una delle cose indispensabili della vita. Posso averne ancora una tazza?
ROSA Quando manca il pane, il tè diventa davvero indispensabile.
SIGNORA (servendo il tè) Signorina Luxemburg, posso presentarle il signor Grozowski. Signor Grozowki: la signorina Rosa Luxemburg, da Varsavia.
LEO (con gran cavalleria) Leon: onorato. (Rosa gli rivolge un sorriso.) Le piace Zurigo?
ROSA Adoro il fruscio dei pioppi.
LEO Prego?
ROSA Come Turgeniew. (Leo le indirizza uno sguardo interrogativo.) Lui racconta che la prima volta che ha goduto con consapevolezza del fruscio dei pioppi è stato presso Berlino.
SIGNORA Ma la Russia è piena di pioppi.
ROSA Certo. I pioppi frusciano in Russia non meno che in Germania. L’immenso regno di Russia nasconde una tale varietà di bellezze naturali, che un animo aperto e sensibile ha continue occasioni per consegnarsi interamente alle gioie della natura. Ma in patria Turgeniew era quotidianamente testimone dello stridore dei rapporti sociali e il continuo opprimente senso di responsabilità aveva impedito che il suo sentimento per le armonie naturali potesse dispiegarsi. Un stato d’animo talmente buio che è impossibile liberarsene anche solo per un attimo. Solo all’estero, dopo essersi lasciato alle spalle le mille immagini dolorose del suo paese, il suo animo poté concedersi tutt’intero alla dolcezza della vita. Capisce?
LEO (che ha ascoltato con crescente attenzione, sorseggiando il suo té) Perfettamente.
SIGNORA Lei è studentessa di letteratura?
ROSA (scuotendo la testa) Filosofia. (Poi di nuovo a Leon.) Ma mi interesso di astronomia. E forse passerò a economia. E lei?
LEO Seguo un corso di scienze naturali. Ma mi interesso di politica. (Con un sorriso, subito ricambiato da Rosa.) E forse passerò a economia.
ROSA E da dove viene?
SIGNORA (in tono di velato rimprovero) Signorina Luxemburg, il signor Grozowski non avrà tempo per trattenersi in nostra compagnia.
LEO (ignorandola) Lituania. Vilnius. (Solo dopo, alla signora Axel’rod.) Non si preoccupi.
ROSA Perché in Svizzera?
LEO Per ascoltare i pioppi. E lei? Per la liberalità delle istituzioni accademiche?
ROSA (scuote la testa) Per entrare in contatto con gli esuli del movimento.
LEO E va in giro a dirlo ai quattro venti?
ROSA Lo sto dicendo a lei. (Solo dopo, rivolta alla signora Axel’rod) La signora Axel’rod è un’amica. (Una pausa.) E’ vero che ha passato la frontiera su un carro di argilla?
LEO Chi gliel’ha detto?
La signora Axel’rod in grande imbarazzo, ostenta un atteggiamento disinvolto. Durante il seguente dialogo riprende le sue faccende, allontanandosi con estrema discrezione.
ROSA Si dice il peccato. Non il peccatore.
LEO Molto cattolico.
ROSA Sono ebrea.
LEO Anch’io.
ROSA Non osservante.
LEO Anch’io.
ROSA A proposito, anch’io ho passato la frontiera nascosta in un carro.
LEO E’ vero?
ROSA E’ come le barzellette ebree: se ci crede, allora è vero.
LEO Quindi se ci credi è divertente.
ROSA Esattamente.
Qualcuno bussa alla porta del retrobottega.
SIGNORA (asciugandosi le mani, a voce alta) Un attimo! Arrivo. (Rivolgendosi e Rosa e Leo.) Dev’essere il garzone con le scorte. Se arriva qualcuno, per favore, dite che torno tra un momento. (Esce trafelata.)
ROSA Il mio era un carretto da signorina, però. Confortevole. Di paglia.
LEO E da cosa scappava?
ROSA (cercando le parole) Da un certo senso di impotenza.
LEO Il suo tè si è freddato.
ROSA (fa spallucce) Segue anche il corso del lunedì su Darwin?
LEO No.
ROSA Ha presente? (solleva un pugno, lo nasconde dietro la testa. Poi, veloce.) Uno. Due. Tre. (Tira la mano come per figurare la “pietra” nel gioco della morra cinese.)
LEO (imitandola) Uno. Due. Tre. (Tira una “carta” e le avvolge il pugno, con il palmo.)
ROSA (ride, sottraendo la mano) Così è un po’ troppo facile. Insieme. (Nasconde il pugno. Lui con lei.) Uno. Due. Tre. (Questa volta è lei, tirando “forbice” che vince lui, che butta ancora “carta”.) Visto?! La lotta si fa più dura. (Continuano a giocare per qualche momento. Ridono. Si provocano.)
LEO (annuisce) La selezione naturale.
ROSA (continuando a giocare) Il lunedì pomeriggio alle tre.
LEO Nella sede centrale?
Rosa conferma con un cenno della testa.
SIGNORA (affacciandosi) Signor Grozowski, la prego, mi aiuterebbe a sollevare il bidone del latte? Il ragazzo me l’ha lasciato in mezzo. Pavel non c’è mai quando ho bisogno di lui.
LEO (con un gran slancio) Eccomi.
ROSA (a voce alta) Signora Axel’rod, sto scappando. Grazie di tutto. Saluti Pavel appena rientra. (Lascia sul tavolo una moneta e fa per uscire. Poi, a Leo) L’aspetto.
VI QUADRO
1891. Mornex, presso Ginevra. Una cucina molto modesta. Vera Sassulitsch apre un pacchetto di carta estraendone un grosso tocco di carne, che appoggia sul tavolo.
VERA Meglio che parlino da soli. Non si intenderanno comunque. Ma almeno possono insultarsi in libertà. E così lei e il suo amico avete conosciuto Plechanov a casa degli Axel’rod. Sì, ci va ogni tanto. Io non lo accompagno mai. E’ una perdita di tempo. Quella donna non sta zitta un attimo. Per lui è diverso. Riscuote sempre il suo successo. Gli piace farsi ascoltare.
Inforca un gran paio di forbici con cui prende a tagliare la carne a pezzi, che infila poi su uno spiedo, preparandosi ad arrostirli.
ROSA Posso aiutarla?
VERA Non vorrà sporcarsi le mani.
ROSA Difatti non vorrei.
VERA E allora perché lo chiede?
ROSA Per educazione.
VERA Con me lasci stare certe cose. Le detesto.
ROSA Sta bene. (Pausa) Io l’ho molto ammirata.
VERA Davvero? E perché?
ROSA Quando ho sentito parlare di lei per la prima volta, ho pensato che fosse un’eroina.
VERA Perché sto al fianco di Plechanov?
ROSA No. Per quello che ha fatto a San Pietroburgo.
VERA A cosa si riferisce?
ROSA Quando il comandante della città condannò a morte un compagno che si era rifiutato di togliersi il cappello in sua presenza, lei prese un appuntamento con quell’uomo, entrò nel suo studio, impugnò una pistola e lo uccise.
VERA E che cosa la appassiona tanto in questa storia?
ROSA Mi appassionava.
VERA Ora non più?
ROSA Non sono più d’accordo con certi metodi terroristici.
VERA Bene. Che cosa la appassionava, dunque?
ROSA Il fatto che immagino lei abbia potuto mantenere in capo il cappello, essendo una signora.
VERA Le piace al sangue, la carne?
ROSA Non ho appetito.
VERA Non mi terrà compagnia?
ROSA Non voglio angustiarla con le formalità.
VERA L’ho delusa?
ROSA Non tanto lei.
VERA Chi? Plechanov?
ROSA Non sembra aver capito le nostre intenzioni.
VERA Le ha capite fin troppo. Soprattutto ha capito di che razza è il suo amico. (Insinuante) Bell’uomo, piuttosto.
ROSA (fredda) Il signor Leo Jogisches ha fatto al signor Plechanov un’offerta straordinaria. Se davvero deciderà di rifiutare commetterà un grave errore.
VERA Ha già deciso.
ROSA Gli avrebbe messo in mano tutto il danaro necessario per realizzare un giornale, che avrebbe potuto diffondere le idee socialiste tra la nostra gente di Russia e Polonia. Chiedeva solo di condividere la direzione della testata.
VERA Uno sbarbatello come il suo Leo…
ROSA (interrompendola) Non le permetto…
VERA (c.s.) Non sono nata ieri, ragazza. Davvero: una bella faccia tosta a pensare di poter ragionare sullo stesso piano con uno come Plechanov, non fosse altro che per la sua autorità come traduttore russo di Marx. Nel movimento russo Plechanov è una potenza. Chi è Jogisches? Un ambizioso. La versione in miniatura di Nechajev: il più privo di scrupoli tra gli anarchici di Bakunin.
ROSA Questo è esprimersi nei termini più biechi della politica.
VERA Quello che non riesco a capire è se quell’uomo l’ha plagiata o se lei ne è la degna complice. Ma la reputo troppo intelligente per non aver capito con chi ha a che fare.
ROSA Non le permetto…
VERA Attenta Luxemburg. Noi russi appoggiamo pienamente la linea del partito socialista polacco: lottare per l’indipendenza della Polonia. Mollate la presa. Non ci sarà concorrenza dentro l’Internazionale.
ROSA E cosa dovremmo fare? Sederci in un cantuccio e contemplare l’operato del compagno Plechanov?!
VERA Per quello che mi riguarda, potete buttarvi in altre avventure. Ed Engels sarà sempre dalla nostra parte.
ROSA E’ una minaccia!
VERA Un consiglio. (Allusiva) Come le ho consigliato di mangiare la mia carne. Vede ragazza, ci sono dei percorsi. (Improvvisamente dura.) Non spingete troppo. Plechanov non ve lo permetterà.
ROSA Questo lo vedremo.
Vera la guarda immobile, un sorriso vittorioso sulle labbra.
VII QUADRO
Berlino. Agosto 1893. Karl Kautsky è nel suo studio. E’ in maniche di camicia e riporta le sue impressioni sull’ultimo convegno dell’Internazionale alla moglie Luise, che si accinge a portargli la veste da camera.
KAUTSKY Una ragazza di ventitré anni, per la maggior parte di noi del tutto sconosciuta. I suoi avversari avevano una posizione difficile nei suoi confronti. Ho sentito io stesso alcuni commenti che la tacciavano di isteria, arroganza, ambizione. Avresti dovuto vederla. (Luise si avvicina con la giacca tra le mani.) Piccola, gracile, graziosa, (Luise lo ascolta con una punta di gelosia) nel suo vestito estivo che nascondeva abilmente un difetto fisico all’anca - zoppica – (Luise fa mostra di essersi tranquillizzata) si lancia fuori dalla folla dei delegati e balza su una sedia per farsi sentire meglio. Impressionante. (Luise gli infila la giacca.) Parla di come finalmente i principi socialdemocratici abbiano gettato radici nell’oscuro regno del dispotismo politico, difende la sua causa con uno sguardo così magnetico e con parole così infiammate, che l’intero congresso ne è affascinato. (Luise si china a togliergli le scarpe.) Figurati i compagni russi: questa ragazza alla testa di un pugno di studenti osa richiedere un mandato nella delegazione polacca, dichiarando apertamente l’anacronismo della richiesta di indipendenza della Polonia. (Luise gli mette ai piedi le pantofole.) Un putiferio. Plechanov è arrivato persino a mettere in giro la voce che fosse una spia dei servizi segreti, intenzionata a distruggere il movimento di liberazione polacco. Eppure, credimi, quegli occhi così brillanti, quell’entusiasmo nei gesti e nelle parole, mi hanno fatto sentire un brivido, come se avessi riconosciuto in quella ragazza tutta la forza della gioventù.
LUISE (in tono di scherzo affettuoso) Tanto che persino il grande Kautsky, il Papa, si è emozionato come un ragazzino.
Kautsky si schernisce, con una punta d’imbarazzo.
VIII QUADRO
Settembre 1897. Una stanza vuota. Al centro un piccolo tavolino. Rosa entra con in mano una lanterna e le braccia cariche di involti di carta. Leo la segue, carico di pacchetti. Rosa appoggia la lanterna sul tavolo e rovescia letteralmente il suo carico sul piano. E’ molto allegra.
LEO Attenta! (Appoggia sistematicamente i pacchi sul tavolo.) Non devi mai fare gesti repentini vicino alla fiamma.
Rosa finge di non aver sentito il suo rimprovero, entusiasta delle compere portate da Leo e intenta ad aprire gli involti e a sparpagliare tutto sul tavolinetto
ROSA (in ginocchio) Arance. Formaggio. Salame. Uova. Che delizia! E qui che c’è? (Scarta una confezione chiusa da un nastro) Pasticcini!
LEO Siediti e aspettami.
ROSA (scherzando) Non posso.
LEO Allora comincia.
ROSA (c.s.) Non posso. Cosa fai?
LEO Friggo le uova. (Rosa prende due tazze e versa il vino. Finisce di sistemare il tavolo, improvvisando piatti con i resti di carta dei pacchetti. Si avvia al balcone.) Non chiudere la porta del balcone.
ROSA (tornando al tavolo) No. Così entra questo meraviglioso profumo di fiori.
Si siede pazientemente a terra. Sfrigolio di grasso sul fuoco. Leo prepara le uova.
LEO Non troppo cotte?
ROSA No.
Da lontano il rumore di un treno.
LEO Sono le nove. E’ il treno per Milano che passa sul ponte.
ROSA Quando ci andremo?
LEO Presto.
ROSA E sul Lago di Garda? E a Genova?
LEO (porta il tegamino con le uova, che dispone al centro del tavolo) Prima dobbiamo pensare a mandarti a Berlino.
ROSA (Rosa gli porge un filone di pane. Leo se ne spezza un tozzo. Si inginocchia di fronte a Rosa e lo inzuppa nelle uova. Rosa assaggia) Magistrali! (Leo continua a mangiare. Rosa sta in silenzio per un attimo, poi, seria.) Devo seguire la proposta di Carl?
LEO Credo proprio di sì.
ROSA E sposarmi con suo figlio?!
LEO Lui è già sposato e poi è mezzo cieco e viaggia su una carrozzella.
ROSA (con affettuoso rimprovero) Leo!
LEO Credo che sia l’unica soluzione perché tu possa trasferirti a Berlino senza che ti sbattano fuori su due piedi come forestiera indesiderata.
ROSA Mentre invece così avrò diritto a restare…
LEO Come moglie di un tedesco, acquisisci diritto alla cittadinanza.
ROSA Ma io sono tua moglie.
LEO C’è il divorzio. Potrai divorziare da Gustav e poi…
ROSA E poi? Poi potrò diventare tua moglie agli occhi di tutti?
LEO Poi vedremo. (Rosa resta titubante. Leo si sporge verso di lei, le prende il viso tra le mani) Rosa, la Germania è la culla della socialdemocrazia. La tua presenza a Berlino conferirà immediata visibilità al nostro movimento polacco. L’offerta che ti ha fatto Kautsky di scrivere per il suo giornale è un’occasione imperdibile. E il tuo titolo accademico, signora Doctor juris publici et rerum cameralium, ti aiuterà non poco. Quanti attivisti socialdemocratici possono vantarsi di un dottorato? Capisci: la causa è nelle tue mani.
ROSA Vieni con me.
LEO (staccandosi) No.
ROSA Perché?
LEO Lo sai.
ROSA Non mi importa.
LEO (tagliente) In Russia sono ricercato. La polizia prussiana è in stretto contatto di collaborazione con l’Ochrana. Vuoi consegnarmi ai servizi segreti?
ROSA Verrai sotto falso nome. Ci procureremo dei documenti.
LEO (la guarda intensamente) Rosa!
ROSA Non cambierà mai?
LEO Questo non possiamo saperlo. Certo che cambierà. Aspetteremo il momento adatto.
ROSA (con un velo di rassegnazione) Devi finire gli studi.
LEO Appunto.
Una pausa.
ROSA (improvvisamente dura) Tu non mi ami come ti amo io. (Silenzio. Leo rimane impassibile. Poi con voce carezzevole). No, Leo non volevo. Non dirmi niente. Non voglio ricominciare con le mie stupidaggini, con le mie diffidenze. Non piango, guarda. Lo so, tu sopporti tutto questo solo per delicatezza. Di che sto parlando?!
LEO (si alza e le va incontro. La solleva da terra, afferandola con decisione per le spalle) Rosa!
I due si fronteggiano.
ROSA Sì.
LEO E’ il nostro dovere di rivoluzionari. Dobbiamo stabilire un buon rapporto con Kautsky. In nessun caso si deve ripetere quello che è successo con Plechanov. Kautsky è l’erede di Marx ed Engels, al contrario di Plechanov raccoglie attorno a sé i giovani che ritiene interessanti. E lui ti vuole a Berlino. Capisci?
ROSA Sì.
LEO Dobbiamo pensare a quello che è giusto per la causa.
ROSA Sì.
LEO (stringendola) E ora basta.
La bacia appassionatamente.
IX QUADRO
Maggio 1898. Il vagone di un treno. Rosa è seduta con un’altra passeggera. Ambedue sono assonnate: qualcosa le ha svegliate di soprassalto.
ROSA (con un sussulto) Perché avranno frenato così all’improvviso?
PASSEGGERA Dev’essere successo qualcosa.
ROSA Manca molto a Berlino?
PASSEGGERA Non credo. (Controlla l’orologio che tiene appeso al collo). E’ mezzanotte.
ROSA Forse stiamo entrando in città.
PASSEGGERA (sporgendosi fuori del finestrino, scuote la testa) Siamo in aperta campagna.
ROSA (contrariata) Il treno porterà ritardo. Ci saranno facchini a notte fonda?
PASSEGGERA Qualcuno si trova sempre. Ha molto bagaglio?
ROSA (con un cenno di assenso) Mi sto trasferendo.
PASSEGGERA E’ una bella città. Auguri!
Rumore di un campanaccio: un uomo cammina lungo i binari urlando un annuncio per i viaggiatori. La passeggera si sporge dal finestrino.
ROSA Ha capito quello che dice?
PASSEGGERA No. E’ molto lontano. Ma si sta avvicinando. Aspetti… Non capisco. Mi sembra… Sì, sì: dice che il treno è fermo per un incidente.
ROSA Oddio!
PASSEGGERA Aspetti: c’è gente che gli corre incontro. Stanno gridando qualcosa. Non riesco a capire. Pare che… No! Non è possibile…
ROSA Che cosa?
PASSEGGERA Per l’amore del cielo! Un uomo. E’ rimasto schiacciato.
ROSA No! Mi era sembrato di sentire un lamento.
PASSEGGERA (continuando a sporgersi dal finestrino, grida, chiamando l’uomo che cammina lungo i binari) Signore! Per cortesia! (Abbassa la voce non appena l’uomo si avvicina.) Che è successo?
VOCE Un povero cristo, signora, uno stupido ha attraversato i binari con le sue vacche ed è stato travolto dalla locomotiva. Ora il treno avrà almeno un quarto d’ora di ritardo.
ROSA E’ vivo? Gli domandi se è vivo.
PASSEGGERA Quell’uomo di cui parlate, è vivo?
VOCE Mezzo vivo mezzo morto signora. Ora lo portano via. Ritiratevi. Non è un bello spettacolo.
PASSEGGERA (si copre il viso e si lascia cadere sul sedile) Dio mio!
ROSA Poveretto. Come ha fatto a non accorgersi del pericolo?!
PASSEGGERA Sarà stato ubriaco. O imbacuccato per il freddo. Non avrà fatto a tempo a correr via. Al buio. Con le sue bestie.
ROSA (in stato di grande inquietudine) E’ orribile. C’è qualcosa di noto in quello che sta accadendo. (Con un filo di voce) E’ un orribile presagio.
PASSEGGERA (accorgendosi dello stato di disagio di Rosa, con energia crescente) Signora! Signora!
ROSA (riprendendosi) Scusatemi. Mi è parso di venir meno. Non è niente.
PASSEGGERA (cercando di tranquillizzarla) E’ vero. E’ orribile. Ma questo è tutto. Un orribile incidente. Avete detto una sciocchezza.
ROSA (con improvvisa vergogna) Avete ragione. Sono stata una sciocca. Ero molto impressionata. (Di nuovo padrona di sé) Perdonate i miei nervi.
X QUADRO
Novembre 1899. Sala da pranzo della famiglia Kautsky. Rosa e Karl sono seduti a tavola. Entra Luise con una zuppiera di porcellana. Sul vestito indossa un grazioso grembiule da cucina.
ROSA (allungando il collo per individuare il cibo) Che delizia, Luise: gulasch e patate con salsa bianca.
LUISE Comunque non potrò competere coi suoi bocconcini di caviale.
KAUTSKY Certo che no cara: noi non siamo russi! Birra o limonata?
ROSA In mancanza di vodka… (indicando la birra). (Assaggiando la pietanza). E’ squisito. Luise, sono commossa. (A Kautsky, alludendo a Luise) Vorrei averla anch’io una signora moglie che mi prepara manicaretti mentre mi dedico alla stesura dei miei articoli.
KAUTSKY Pazienti signorina Rosa. E’ giovane. Prima o poi troverà chi si preoccupi dei suoi bisogni.
LUISE Non credo che sarà la stessa cosa.
ROSA (a Karl) Non dimentichi che sono una donna sposata.
LUISE Ma Karl, non mi avevi detto…
ROSA Oh, Luise è una storia particolare.
LUISE Non volevo essere indiscreta.
KAUTSKY Nulla. La nostra Rosa aveva bisogno di un passaporto tedesco.
LUISE (contrita) Capisco.
ROSA La pratica di divorzio è già avviata.
LUISE Deve essere stata una scelta difficile dover accettare…
KAUTSKY (interrompendola, a Rosa) Mio fratello insiste che lei riprenda in mano carboncino e matite.
ROSA E’ molto più ambizioso. Credo mi voglia convertire all’uso dei pennelli.
KAUTSKY La ritiene molto dotata.
ROSA (schernendosi) Ha visto solo uno scarabocchio che ho buttato giù per suo figlio.
KAUTSKY E’ da queste cose che si riconosce il talento.
LUISE (cercando di inserirsi nuovamente nella conversazione) Ma con tutti gli impegni che ha, la (con un po’ di titubanza sull’appellativo) signorina Luxemburg non avrà molto tempo.
ROSA Io trovo tempo per tutto ciò che mi piace.
LUISE Karl, tuo fratello ha ragione: la signorina Luxemburg è un’artista.
ROSA Magari!
LUISE (puntualizzando) Un’artista della vita. (Si alza, per raccogliere i piatti.)
ROSA (allungandole il proprio piatto) Grazie Luise: finirò per prenderci gusto e adesso che viviamo appena a dieci minuti di cammino il rischio che corre è alto.
LUISE (verso la cucina con le stoviglie sporche) Il segreto per ottenere dalla vita il maggior piacere è vivere pericolosamente. (Rosa la guarda con stupore. Un momento di sospensione, poi:) Friedrich Nietzsche. (Esce dalla stanza.)
Rosa e Karl restano soli.
KAUTSKY Ora arriva la composta.
ROSA (a bassa voce) Posso farle una domanda?
KAUYSKY Naturalmente.
ROSA Impertinente.
KAUTSKY Da lei non mi sorprende affatto.
ROSA Non si vergogna di presentare ai suoi ospiti sua moglie in grembiule?
KAUTSKY Non ci trovo niente di sconveniente.
ROSA Non è la sua governante.
KAUTSKY Non gliel’ho mica messo io. Luise lo trova comodo. Lei non lo porta mai?
ROSA (lievemente imbarazzata) Non in presenza di estranei.
KAUTSKY Evidentemente Luise non la ritiene un’estranea.
ROSA E’ molto buona.
KAUTSKY Sì. (Un silenzio. Rientra Luise. Porge a Karl una bottiglia di champagne. Lui si accinge a stapparla). La nostra Rosa è tanto sensibile al tema dell’emancipazione femminile.
LUISE (servendo la composta di frutta) Ha mai pensato di dedicarsi alla difesa dei diritti delle donne?
KAUTSKY (con ironia) E’ vero, Rosa, sarebbe un’idea!
ROSA (prendendo la ciotola. A Karl seccamente, con ironia) Njet! (Poi a Luise, meno intransigente) Per questo c’è già Clara Zetkin. (A Karl). Io intendo il concetto di emancipazione in modo molto più radicale, caro Karl: non è solo la donna a dover essere liberata dalla sua condizione. E’ il partito a doversi emancipare dalle sue smanie d’imborghesimento. E’ l’essere umano che dobbiamo sottrarre al pericolo di perdere la sua natura umana. Emancipazione è dinamite.
KAUTSKY Venga, signorina dinamitarda, risparmi il suo fuoco per i comizi che l’aspettano in Alta Slesia e mi passi il suo bicchiere. Luise ha estratto dal suo cilindro una bottiglia di champagne in suo onore.
LUISE A cosa brindiamo, Rosa?
ROSA (alzandosi, seguita dagli altri) Alla rivoluzione!
LUISE Alla rivoluzione!
KAUTSKY Prosit! (Rumore di cristalli. Bevono. Si siedono) Adoro il suo entusiasmo, veramente. Ma credo che gli animi debbano mantenersi calmi: noi non dobbiamo fare altro che aspettare il momento in cui il potere cadrà letteralmente dalle mani della borghesia alle nostre.
ROSA La vittoria del socialismo non cadrà dal cielo come un destino. Solo la rivoluzione ci farà raggiungere i nostri scopi.
KAUTSKY La rivoluzione non può essere fatta a nostro arbitrio. Sarà la storia a decidere quando, in quali condizioni, in quali forme. Non noi.
ROSA Noi abbiamo il compito di preparare il terreno. La socialdemocrazia non può, non deve aspettare a braccia conserte, l’avvento di una “situazione rivoluzionaria”. Al contrario. Il partito deve precorrere lo sviluppo delle cose, cercare di affrettarle.
LUISE (a Karl) Vogliamo finire di cenare?
KAUTSKY (ignorandola) Il partito deve innanzitutto organizzare i lavoratori, perché essi possano migliorare le loro condizioni di vita. Non dimentichi Bismarck. Quando vent’anni fa furono approvate le sue leggi contro gli obiettivi socialdemocratici, centocinquantacinque periodici sono stati vietati, cinquecento padri di famiglia incarcerati, mille e cinquecento persone condannate per un totale di mille anni di reclusione. Noi non vogliamo più correre tali pericoli.
ROSA Questo è opportunismo!
KAUTSKY Questa è strategia!
ROSA Così si finisce per appoggiare in pieno lo sviluppo capitalistico. Come fa Mister Bernstein con la sua teoria revisionista. Per un pugno di riforme è disposto ad accettare e sostenere il protezionismo doganale, la politica degli armamenti e le conquiste coloniali. (Ironica.) “Ai selvaggi si può riconoscere solo un diritto condizionato al possesso della terra che occupano. La civiltà più alta può ben vantare un diritto più alto!” L’ho letto in un giornale socialdemocratico!
KAUTSKY Rosa, l’unica vera civiltà è quella capace di educare il popolo, infondere una coscienza di classe, aiutare a individuare le cause di una quotidianità che non è vivere ma vegetare. E per questo dobbiamo trovare il modo di dar loro compattezza, combattività, senza per questo…
ROSA (interrompendolo) Ecco: combattività. Io non sono un’avventuriera, Kautsky. Io sto parlando dell’opera quotidiana del movimento dei lavoratori, un’opera che richiede una permanente vigilanza, perché si riesca a procedere senza distrarsi dal seguire il movimento reale della storia.
LUISE State dicendo la stessa cosa. Solo che (alludendo al marito, con ironia) il Papa è abituato a trovare formulazioni, diciamo così, diplomatiche. (A Karl) Posso avere un altro bicchiere di champagne?
KAUTSKY (con in mano la bottiglia di champagne) Rosa, il suo bicchiere.
ROSA (copre la coppa con una mano) Io sto bene, grazie.
LUISE (porgendo il bicchiere al marito) Quando lei è qui, a me sembra sempre d’aver bevuto champagne: è la vita che mi frizza nella punta delle dita. (Solleva la coppa in direzione di Rosa.) Alla novella Atena, scaturita (indica il marito) dalla testa di Zeus, che ci fronteggia ad armi puntate! (Beve d’un sorso. Rosa e Karl si scambiano un sorrisetto non privo d’imbarazzo.)
XI QUADRO
Dicembre 1899. La banchina di una stazione nella regione polacca dell’Alta Slesia. Una donna intabarrata agita una pezzuola con lo sguardo rapito dal treno che sferraglia nella neve: è la moglie del minatore.
MOGLIE Adam! Adam! Vieni qui! Guarda. Ancora mi sta salutando. Lo vedi! Guarda! Agita il suo fazzoletto! Mi sta salutando! Saluta me.
MINATORE (ancora tutto sporco di carbone, porgendole una borraccia fumante) Calmati. Bevi.
MOGLIE Non ho freddo io. Bevi tu.
MINATORE Zitta e bevi. E’ mezz’ora che stai qui ferma ad aspettare il treno. Ti prenderà un malanno.
MOGLIE (dà una sorsata e gli restituisce la borraccia) Volevi che la lasciassi sola? Dopo quello che ha fatto per noi? Lo sai che quell’imbecille di Borys non l’è neanche andata a prendere all’arrivo e che quell’altro suonato di Nikola l’ha fatta salire sul vagone sbagliato, col risultato che sono dovuti scendere e hanno aspettato un’ora prima di salire sull’altro locale, visto che di slitte non ne era rimasta neanche una. Per non parlare della marcia a piedi che si sono dovuti sorbire prima di arrivare alla baracca: tre quarti d’ora giù per il campo, con la neve il ghiaccio e la fanga alta fino al garretto. E dopo mezz’ora di spiegazione gli hanno detto che se ne poteva pure tornare a casa perché non c’era la luce e se non c’è la luce è chiaro che non si può fare una riunione. Potevano pensarci prima dico io. Così lei ha perso solo tempo e noi abbiamo perso un’occasione.
MINATORE Moglie, non capisci niente come sempre. A Borys gli è morta la madre tre giorni fa e Nikola era ancora ubriaco per la sbornia di ieri sera che gli si è sposata la sorella. La luce lo sai che nella baracca non c’è e insomma non è colpa di nessuno se è andata così.
MOGLIE Intanto io mi sono fatta raccontare tutta la sua vita, com’è che parla il polacco e perché vive in Germania e che ha studiato in Svizzera e che la sua famiglia era ebrea, però non osservante, perché già suo padre s’era avvicinato al cristianesimo e che si campa la vita scrivendo nei giornali e che è sposata però non ha figli e che sì ne vuole però non è facile per una così che deve girare per parlare alla gente e che lei ha cominciato a interessarsi della giustizia nel mondo quando ha visto che nel mondo c’era solo ingiustizia e che dieci anni fa in città quelli che provavano ad aprire bocca li facevano spenzolare dalla forca e che è per questo che lei ha cominciato a parlare e gira dappertutto e parla con tutti fino a che i poveretti come noi non sapranno che fare e piglieranno quegli schifosi che se ne stanno al caldo e li sbatteranno dentro le loro stufe finché il grasso non si sarà sciolto.
MINATORE Così t’ha detto?!
MOGLIE Sì. Più o meno. Insomma non proprio, ma quasi.
MINATORE (accorgendosi che in mano ha ancora la pezzuola che si è strappata dal capo per salutare. Con tenerezza) Copriti moglie. Sei tutta accaldata.
MOGLIE (si avvicina a lui, prende una manciata di neve, gliela passa sul viso per pulirlo del carbone, poi lo asciuga premurosamente con il pezzo di stoffa) E tu sei ancora tutto sporco.
MINATORE Sono andato alla baracca direttamente dal lavoro. Ho aspettato con tutti gli altri.
MOGLIE (riannodandosi la pezza in testa) Lo so. T’ho visto.
MINATORE Anch’io t’ho visto con le donne.
MOGLIE Tornerà. Adesso sa dove stiamo.
MINATORE Domani parlerà al circolo degli operai di Katowice.
MOGLIE Sai, non me l’immaginavo così.
MINATORE Tu? Neanch’io. Io credevo che fosse grande e grossa.
MOGLIE Sì: grande e grossa.
Il minatore le prende la mano con dolcezza. Si avviano verso casa.
XII QUADRO
Ottobre 1900. La sala da pranzo della Wielandstraße. Rosa siede sul sofà insieme con Leo, leggendo. Leo fuma pensieroso. Si alza. Cammina su e giù per la stanza. Torna a sedersi.
ROSA Leggi un libro.
LEO Non ne ho voglia.
ROSA Sfoglia il giornale.
LEO (fa un cenno col capo) Già fatto.
ROSA (chiude il libro che ha in mano e se lo poggia in grembo, sorridente) Sta attento caro, che la tua donna non finisca per ritrovarsi affianco a un uomo più scemo di lei.
LEO Dobbiamo metterci a lavorare.
ROSA Lavorare. Lavorare. Non sai dire altro.
LEO Da quando sei tornata, non abbiamo ancora fatto niente.
ROSA (tira violentemente a terra il libro che ha in mano) Ti rendi conto di quello che dici?
LEO (lo raccoglie e lo appoggia sul tavolo) Ti ho solo ricordato che dobbiamo rivedere gli articoli.
ROSA Io non ho più voglia di andare avanti così. A Zurigo con la redazione di Sprawa Robotnicza era lo stesso e anche peggio. A Parigi lo stesso. Qui a Berlino lo stesso. Qualsiasi cosa succeda non sei capace di parlarmi d’altro che degli articoli e degli interventi. E come, poi! Critiche continue, correzioni, migliorie con l’unico effetto di peggiorare le cose, di renderle astratte, contorte. Come te!
LEO Se sei stanca riposati. Lavoremo domani.
ROSA No, io non sono stanca. Io posso riuscire a sopportare una mole di lavoro anche raddoppiata. Quello che mi fa male è che da qualsiasi parte mi volti sembra non esista nient’altro che la causa. La causa. Quando mi scrivi non mi parli di altro. Quando siamo insieme non c’è altro. Sì quel poco di intimità e di quotidiano. Ma è niente rispetto alla causa. Dove siamo finiti noi? Ci sediamo al tavolo a lavorare e quando alziamo la testa siamo pieni dei pensieri di quello che stiamo facendo. Non c’è più altro. E ogni giorno è unico, non tornerà più, capisci?! Ogni giorno ci avvicina alla morte. (Una pausa. Leo abbassa la testa.) E ogni giorno dovrebbe, potrebbe essere pieno di impressioni, di sensazioni, di riflessioni su tutto quello che tocchiamo e che ci circonda. Da quant’è che non leggi, che non vedi, che non fai qualcosa che ti prenda tutto e che tu poi possa condividere con me? (Leo la guarda intensamente.) Perché mi guardi così? Perché non dici niente? Perché non mi chiedi le stesse cose? Dimmi che le stai pensando. Dimmi che ti mancano le stesse cose. (Con rabbia.) Io sono talmente piena di impressioni, di sensazioni, di desideri.
LEO Ora non piangere. Lo sai che diventi brutta.
ROSA Non sono le lacrime che mi fanno brutta. E’ questo dolore alle tempie. Sono i lividi dell’anima, che mi esplodono da dentro. (Si lascia andare sul divano.) Non posso più appoggiarmi né a destra né a sinistra.
LEO Stai pensando a lui?
ROSA Certo che sto pensando a lui.
LEO Lo so.
ROSA (sarcastica) All’Internazionale di Parigi ci siamo spennati con Bebel, Jaurès, Millerand, Daszynski e tutti gli altri. E mentre noi eravamo lì a starnazzare, il vecchio deve aver pensato bene che non valesse la pena aspettare. Si sarà detto che comunque sua figlia non avrebbe mai avuto tempo per lui, né per se stessa. Mi sono sempre dovuta preoccupare di urgenti affari per l’umanità. Con mia madre lo stesso. Sembra che sia solo in questi momenti che mi accorgo di non avere un mio angolo personale, in nessun luogo. Mai una briciola di vita normale, concreta, vera. (Sconsolata.) Per l’amor del cielo cominciamo a vivere.
LEO Abbracciami.
Rosa lo guarda per un attimo, poi gli si avvicina. I due restano in silenzio. Lui la stringe a sé.
ROSA Questo momento l’ho aspettato tanto. La nostra vita insieme. Berlino. Questa casa. Invece più mi guardo attorno e più provo una sensazione confusa, disarmonica. Non capisco. La mia insoddisfazione qui: pensavo che tutto potesse essere ricondotto al fatto che tu non eri con me. E tutto quello che facevo, lo facevo pensando a te: quando scrivevo un articolo pensavo, sarà contento e quando non riuscivo a lavorare mi torturava l’idea di come avresti potuto prenderla, se non mi fossi dimostrata all’altezza delle tue aspettative. Ma ora che ci sei, è come se non ci fossi. Io ho la sensazione che quello che ci unisce non sia più altro che la causa e la tradizione (con difficoltà) di un amore consumato.
LEO Ti stai facendo trasportare dalla malinconia. E’ normale. Avresti voluto salutarlo.
ROSA Va bene. Questo è quello che è successo. (Si alza e comincia a camminare su e giù per la stanza.) Ma domani? Ti ricordi quando ti scrissi di quel bambino incontrato allo zoo, che mi guardava. Ti chiesi: e noi, il giorno che avremo una casa, un lavoro tranquillo e regolare, una ristretta cerchia di amici e tutte le estati potremo andare un mese in campagna a riposarci, allora potremo avere un bambino? O non potremo mai, Dziodzio? No, non potremo mai. Dimmi che non è vero. (Leo tace. Rosa torna a sedersi sul divano.) Io l’avrei fatto, Leo per te: ritirarmi dal movimento.
LEO Io ti appartengo, Rosa, ma tu non puoi chiedermi questo. Il movimento è la mia vita. Tu sei la mia vita, così come sei. Noi, così come siamo. Non ti accorgi di quello che ho fatto per te? Lasciare Zurigo, venire qui. Ricominciare da zero.
ROSA Tutte le nostre scelte sono sempre state motivate solo da una cosa.
LEO La cosa più importante. Per tutti e due. Ne sono sicuro.
ROSA (passandogli una mano sul viso, prima con tenerezza, poi con rabbia) Chi sei tu, per sapere tutto quello che passa dentro di me?
LEO Il tuo uomo.
ROSA (a bruciapelo) Tu sei contento del mio successo?
LEO Che vuol dire?
ROSA Quello che ho detto.
LEO Il tuo successo ci serve.
ROSA (freddamente) Tu non sei qui per me: da quando il movimento polacco si è unito con la socialdemocrazia lituana e i compagni sono stati arrestati, il partito è senza corpo. E tu sei rimasto un generale senza esercito. Ma Berlino è il quartier generale ideale per consolidare i legami con la SPD. Non potevi continuare a fare a boxe con le ombre, non è vero, Jan Tyszka?! (Leo si alza e senza dire una parola va a versarsi da bere. Rosa lo osserva per un momento, come aspettando una sua reazione. Un lungo momento di silenzio. Poi con fragilità.) Non volevo. Ho esagerato.
LEO Hai detto la verità. Io ho bisogno di te.
ROSA Sono un animale.
LEO Gli animali non mentono.
XIII QUADRO
1902. Mattina, una giornata di sole. Rosa e Clara Zetkin passaggiano allo Zoo di Berlino. Rosa si ferma, facendo una pausa per riposare la gamba.
ROSA Così ora a Lipsia, si sono ripetuti gli stessi scenari di Dresda di tre anni fa. E tu sai bene quanto fossi scettica sull’idea di accettare di nuovo la direzione di un giornale. Ma avendomi dato carta bianca, pensavo che il gioco valesse la candela.
CLARA Se tu fossi stata un uomo non sarebbe stato diverso?
ROSA (mostrando poco interesse per l’argomento) Non so, Clara. Quel che so è che devo ancora guadagnarmi spalline nel movimento tedesco, e che voglio spiccare il volo battendo l’ala sinistra, lottando contro il nemico e non la destra, stringendoci compromessi.
CLARA Bisognerebbe ripulire il partito. Bernstein, per esempio, dovrebbe essere escluso dalla socialdemocrazia.
ROSA Invece continuano a spazzare la polemica antirevisionista sotto il tappeto.
CLARA Per fortuna c’è chi soffia sul fuoco.
ROSA Se sono tacciata continuamente di rovinare coi miei veleni russi la buona zuppa teutonica!
CLARA Bernstein ormai però si nutre di porridge.
ROSA (riprende l’amica sottobraccio e ricomincia a camminare) La sua non è l’opinione errata di un socialdemocratico. Il suo è il giusto pensiero di un progressista democratico piccolo borghese, che si considera erroneamente un socialdemocratico.
CLARA Il punto è che Bebel…
ROSA (interrompendola, con ironia, le punta l’indice addosso) Il suo Bebel!
CLARA … e il suo Kautsky…
ROSA (c.s.) I nostri marxisti ortodossi…
CLARA Proprio quelli: contestandone le teorie non fanno niente per ostacolarne la linea di condotta. E noi questo l’abbiamo ben chiaro.
ROSA Evidentemente gli intoccabili esistono ovunque.
CLARA Certo, in mancanza di uomini veri.
ROSA Ma mia cara gli ultimi due uomini della socialdemocrazia tedesca siamo noi!
Rosa e Clara sono arrivate davanti alla gabbia delle scimmie.
CLARA (alludendo agli enormi animali che stanno osservando) Che musi umani.
ROSA Loro diranno di noi: che musi scimmieschi.
CLARA Tutta la vita dentro una gabbia.
ROSA Dicono loro.
CLARA Eh?
ROSA Di noi. (Indica le scimmie.) Loro.
CLARA Eh, sì. Almeno loro passano il tempo a spidocchiarsi e amoreggiare. Che languore!
ROSA E abitano sotto il cielo, uno affianco all’altro. Noi viviamo dentro scatole di pietra, uno sopra l’altro. Diranno: che strani! Al primo piano l’orango con la sua famiglia, un bel tipo potente e rispettabile, la moglie ha sempre i peli leccati e pettinati all’indietro. Al secondo piano uno scimmione borghese simile al primo, al cui l’orango esprime continui salamelecchi perché quello gli consegna ogni mese una borsa di metallo pari a cinque o seicento banane. Il terzo piano, se non ci sono altri animali di grossa stazza, si suddivide per le famiglie delle scimmie salterine: l’orango è ancora gentile, perché per abitare lì le scimmie gli passano talleri per tre o quattrocento banane, ma questo già non basta più per farlo tornare a piegare la schiena. Al quarto piano smette anche di grugnire col saluto, visto che le bestie che ci abitano gli corrispondono appena centocinquanta banane mensili. E come se non bastasse nelle cantine ci tiene i galagoni, ma solo per bontà d’animo, perché quelli non gli fruttano che quaranta banane e un pugno di noci e se si mettono a rincorrersi per il cortile lanciando urla e alti strepiti, l’orango ovviamente li sbatte fuori dalla sua scatola. Per l’anno nuovo poi il re delle scimmie va in visita, a porgere gli auguri ai suoi più o meno modesti simili e se non è troppo orgoglioso della sua bella pelliccia, prende a lamentarsi dell’aumento del costo delle noci e delle banane, che per gli scioperi e tutte le iniziative degli orribili selvaggi che le raccolgono è salito alle stelle. E rincara, in nome del Dio peloso, l’affitto di un quaranta o cinquanta talleri al mese.
CLARA Una bella piramide!
ROSA Cascando dalla quale si fa più male chi sta in cima. Se non fosse che a volte un paio di lemuri ubriachi si arrampicano fino al tetto della scatola e per scaldarsi appiccano un fuocherello, che prima o poi il vento spargerà per tutta la giungla, fino a incenerirla.
CLARA Amica mia, lei dovrebbe scrivere novelle.
ROSA Non ne ho tempo, preferisco venire qui e raccontarmele davanti alla mia tribù di amici dalle labbra grosse.
CLARA Guardi quella madre, col piccolo nascosto al seno. Ha occhi enormi. Non sembra una Madonna nera?
ROSA Degna di tutta la devozione, che tributiamo alle immagini.
CLARA (scandalizzata) E quel bambino la stuzzica tirandogli la ghiaia.
ROSA E’ un umano.
CLARA Questo sì è mostruoso, Rosa. Non resta altro che la violenza?
I INTERMEZZO
La prima rivoluzione
Nebbia. Dal fondo appare uno strillone, che avanza, agitando il suo mazzo di giornali. Dietro di lui entra Rosa. Zoppica.
STRILLONE Edizione straordinaria! Gli operai di Rostov sul Don proclamano lo sciopero generale!
ROSA Ora la minima occasione è atta per sollevare la tempesta.
STRILLONE Le scosse sociali fanno tremare il sud della Russia.
ROSA Il vento soffia da sud a nord-est.
STRILLONE Scioperi generali da Baku a Tiflis, da Batum a Elizavetgrad.
ROSA Il movimento di massa della grande Russia…
STRILLONE (sovrapponendosi a lei) Da Odessa a Kiev, Nikolaev, Ekaterinoslav.
ROSA … è scaturito dai conflitti di classe…
STRILLONE (C.s.) Le sconfitte in Manciuria aumentano il malcontento.
ROSA … con la forza elementare di un fenomeno atmosferico.
Dal fondo appare un contadino che regge uno stendardo con un’immagine religiosa. Intona un inno sacro.
STRILLONE (C.s.) Lo zar promette una nuova Duma e l’amnistia generale.
ROSA E quando i cento popoli oppressi…
STRILLONE E’ proclamato lo stato d’assedio…
ROSA … stanchi delle vessazioni del nemico di classe…
STRILLONE (C.s.) Metà gennaio 1905 sciopero generale alle officine Putilov di Pietroburgo.
ROSA … solleveranno insieme le loro teste…
STRILLONE (C.s.) Il 22 gennaio duecentomila operai davanti al Palazzo d’Inverno.
ROSA … la masnada zarista sarà spazzata via dall’onda incontenibile della rivoluzione.
CONTADINO (avanza, si prostra poi in ginocchio e pronuncia fervidamente la sua preghiera) Questi, o signore, i nostri principali desideri. Ordina e giura che li esaudirai e renderai la Russia felice e gloriosa, imprimerai il tuo nome nei nostri cuori e in quelli dei posteri, per l’eternità. Ma se tu non lo concedi, se non rispondi alla nostra supplica, moriremo qui su questa piazza, davanti al tuo palazzo. Possa la nostra vita essere l’olocausto per la Russia, che ha troppo sofferto. A noi non dispiace questo sacrificio. Lo facciamo volentieri.
Una guardia a cavallo. Colpi di fucile. Grida. Poi silenzio.
II ATTO
Fuoco
I QUADRO
Berlino, casa della Cranachstr. Rosa è a letto malata. Le coperte sono letteralmente seppellite da giornali, libri, quaderni. Nonostante lo stato fisico sta lavorando alacremente. Entra la serva con un grande bicchiere di latte. Rosa sta copiando alcune frasi da una lettera.
GERTRUDE Come sta, dottoressa?
ROSA (continuando la sua attività) A dire il vero non lo so. Da un lato superbamente, dall’altro orribilmente. Apra la finestra, per favore.
GERTRUDE (esegue) Solo per cambiare aria. Niente dolori?
ROSA (che non ha nemmeno sentito la domanda) Come faccio a star bene con quello che scrivono questi grandissimi imbecilli?! Mi dica un po’ se devo essere circondata da ignoranti, (sarcastica) benevolmente all’oscuro dei problemi sociali dell’uno e l’altro emisfero.
GERTRUDE Che è successo?
ROSA (porgendole una copia del “Vorwärts” che giace sulle sue ginocchia) Legga! Da qui. (Le indica un articolo.) Mi passi il latte.
GERTRUDE (le passa il bicchiere, poi leggendo a voce alta, con appena qualche titubanza) …”Le lastre di ghiaccio che si spaccano, le steppe sconfinate: possiamo ben immaginare quelle anime affrante, stordite dal pianto che la rivoluzione lascia dietro di sé…”
ROSA (le strappa il giornale dalle mani, con insofferenza) Sterco! Non riesco a sentirlo. E’ più forte di me. Capisce: ci manca anche l’inconsapevole veleno dei giornalisti borghesi. E sulla stampa socialdemocratica, ovviamente! Che ne sa questo signore della Russia? Certamente non si è perso l’ultima rappresentazione de L’asilo notturno di Gor’kij al Deutsches Theater. O un paio di romanzi di Tolstoj. Ma questo è tutto. Però ne scrive. E con pretese poetiche. (In tono amaro.) Vive la revolution!
GETRUDE La rivoluzione l’ha fatta qui sul suo letto. (Paziente.) Beva. E’ caldo.
ROSA (beve a piccoli sorsi, interrompendosi per esprimere le sue considerazioni) La rivoluzione imprimendo agli avvenimenti un’accelerazione, mette a nudo i rapporti reali, fa scoppiare i contrasti, logora le formule, obbliga ciascuno a schierarsi. Come fanno a non capire?! (Finisce di bere e porge il bicchiere alla serva, che lo prende, ma aspetta di buon grado la sua conclusione, per procedere alle sue faccende.) I minatori della Ruhr, senza i sollevamenti in Russia, non avrebbero scioperato, come non l’hanno fatto nei quindici anni precedenti. Perché buttano tutto così. (Ancor più incredula.) Perché pubblicano un articolo come questo? Quello che prima era convenzionale, insipido, abitudinario, oggi è apertamente superficiale. Cicaleccio. Non inutile: deleterio.
GERTRUDE (approfittando del sopraggiunto silenzio, allude alle carte sul letto) Posso togliere qualcosa? Vorrei portarle il vassoio con la colazione.
ROSA Sì. No. Non quello. Mi serve per l’articolo. (Innervosita) Aspetti ancora un quarto d’ora, per cortesia. Voglio fare solo una cosa.
GERTRUDE Deve scrivere?
ROSA Che le importa?
GERTRUDE Non penserà di alzarsi?!
ROSA Non ha nient’altro da fare in cucina? (Gertrude non risponde. Fissa Rosa per un attimo, poi si avvicina alla finestra.)
ROSA (imperiosa) E lasci aperto! (Gertrude la guarda ancora, manda un lieve sospiro ed esce. Rosa dà un ostentato sospiro di sollievo. Poi prende appunti dalla lettera. Scrivendo, sillaba alcune frasi ad alta voce.) “Il Partito Socialista Polacco ritiene di dover armare il popolo per poter fronteggiare le milizie dello zar, ma si tratterebbe comunque di una risoluzione illusoria. Al massimo si possono armare piccoli gruppi, allenati alla resistenza contro le azioni violente dei militari”. (Commenta ad alta voce.) Raccontare al popolo che si è in grado di armarlo contro la milizia, significa ingannarlo. Questi pseudocialdemocratici si servono delle energie proletarie per continuare a nutrire il loro nazionalismo! (Scorre la fine della lettera in silenzio, poi la lascia cadere sul letto. Con tono irritato) Tutto qui. Non mi dice altro. (Ha un gesto di rabbia, poi s’immobilizza per un attimo, acuisce l’udito e accertatasi che la serva non stia tornando, scivola in piedi, attenta a non far cadere i fogli, si china sotto il letto, ne estrae un braciere, accende un fiammifero e dà fuoco alla lettera. Ripone accuratamente ogni cosa al suo posto e torna sotto le coperte. Prende un suo articolo e ne rilegge un brano ad alta voce.) “… Il proletariato occidentale deve trarre dall’esperienza russa una fondamentale lezione e l’organizzazione dello sciopero generale di massa sarà una delle prime tappe...” (Rientra la serva, con il vassoio della colazione.)
GERTRUDE (con piglio prussiano) Ora si smantella.
ROSA (in tono rassegnato) Va bene. (Getrude ha le mani occupate, si china quindi a terra, per appoggiare il vassoio e prende a raccogliere le carte che Rosa le passa in mazzetti separati.) Non li mescoli, per carità.
GERTRUDE Stia tranquilla, appoggio tutto sul tavolo così come me lo dà e così me lo dà glielo restituirò quando avrà mangiato.
ROSA (alludendo a Leo) E’ stato il signor Krysztalowicz a ordinarle di ossessionarmi così con il cibo?
GERTRUDE E’ stata lei dottoressa a chiedermi di essere regolare coi pasti.
ROSA Non contro la mia volontà, però.
GERTRUDE (che ha appena finito di sgomberare tutto) Così le sue carte non rischiano di coprirsi di macchie di burro. (Si china a prendere il vassoio a terra e nota che il volant del copriletto è sollevato e da sotto sbuca il braciere. Lo sfila, mostrandolo a Rosa.) E questo?
ROSA (scoppia a ridere) Ma lei è dei servizi segreti!
GERTRUDE (diretta a chiudere la finestra) Con la finestra aperta! Si è alzata con la finestra aperta. Non poteva aspettare.
ROSA Si rende conto?! Io mi sono alzata per bruciare l’ultima lettera del signor Krisztalowicz, che conteneva informazioni rischiose nel caso di un’eventuale perquisizione. (Sarcastica.) Caso neanche troppo remoto visti i legami di parentela e solidarietà del nostro Guglielmo II con il povero zar. E lei mi terrorizza con il pericolo della corrente d’aria?!
GERTRUDE Avrebbe potuto chiamarmi.
ROSA Per cosa?
GERTRUDE Per restare a letto. Potevo bruciarla io la lettera.
ROSA (furibonda) Amica mia. Vuol lasciarmi almeno questa libertà? Il signor Krysztalowicz è a Varsavia nel bel mezzo dell’attività politica. Mi scrive appena ogni due o tre giorni. Mi manda qualche rara informazione sulle novità così che io possa scriverne, mentre sono costretta qui da questa maledetta malattia. E per di più quando insisto nel comunicargli che appena possibile sono intenzionata a raggiungerlo, risponde che gli strapazzi della rivoluzione non fanno per me e che visto il mio passo claudicante la polizia segreta mi scoprirebbe subito. Nel frattempo i cialtroni della borghesia locale si domandano nelle loro riviste perché Rosa la sanguinaria, non si è ancora gettata nel fuoco della rivoluzione. Almeno mi lasci il godimento di un piccolo incendio casalingo!
II QUADRO
Mattina del 28 dicembre 1905. Berlino, stazione di Friedrichstraße. Rosa è raggiante: sta per partire per Varsavia, dove raggiungerà Leo e i compagni impegnati nell’agitazione rivoluzionaria. Ai suoi piedi una valigia, sulla quale è appoggiato un manicotto di pelliccia. La famiglia Kautsky al completo l’ha accompagnata.
KAUTSKY Insomma ci abbandoni. (Le appoggia sulle spalle un plaid blu) Questo t’aiuterà a proteggerti dai rigori del clima.
ROSA Grazie! (Alludendo al manicotto.) Finirò per morire dal caldo con tutti i vostri doni. Mon chere Charlemagne! Siete stati così affettuosi con me.
KAUTSKY (con ironia) La nostra piccola Giovanna D’Arco va alla guerra.
ROSA Ora i miei detrattori non potranno più dipingermi come una vigliacca e dovranno inventare qualcos’altro. Non sa che bisogno ho di allontanarmi da tutte le miserie di questa terra civile ed evoluta! (Pausa.) Ricordi quando vi scrissi quella cosa sulla cascata del Reno, in Svizzera?
KAUTSKY Vagamente.
ROSA Quando ripenso al tremendo spettacolo di quella cascata, continuo a sentire il desiderio irresistibile di buttarmici e sprofondare come un guscio di noce, piuttosto che continuare a vederla scrosciare come scrosciava al tempo dei nostri avi e come continuerà a fare quando non ci saremo più.
KAUTSKY (l’abbraccia) Torna presto, Rosa. (Con gratitudine.) La campagna di radicalizzazione del partito ha fatto tanti progressi. Abbiamo bisogno di te.
ROSA Forse fra poco i tempi saranno maturi, perché la Storia riprenda a scorrere anche da queste parti. (Rosa ricambia l’abbraccio.)
KARL (con sincerità) Una cosa ancora: stai attenta a Jogisches. Non lasciarti mettere in pericolo dai suoi metodi da cospiratore. Abbi coscienza tu, per tutti e due. Ora ti cedo a Luise. Credo che voglia restare un momento sola con te. (A Luise, che è rimasta appartata sul fondo.) Raggiungo la mamma e i bambini al caffè. Ti aspettiamo là. Addio, Rosa.
ROSA Addio, Karl.
Luise si avvicina a Rosa. E’ visibilmente commossa.
LUISA (con ansia) Rosa!
ROSA Non ho nessuna intenzione di farmi uccidere.
LUISA Io non penso che sia un capriccio, Rosa. Penso che sia una follia.
ROSA Lulu, sono rientrati tutti: Marchlewski, Warszawski, Dzieržyński. Chi dall’esilio, chi, con l’amnistia, dalla Siberia. Sto solo andando al lavoro.
LUISA Promettimi di non commettere imprudenze.
ROSA D’accordo. E tu promettimi di non vivere sempre come un piccolo ranocchio calpestato.
LUISE Promesso. (Il fischio della locomotiva annuncia l’imminente partenza del treno. Luise mette una catenina attorno al collo dell’amica.) Questo è per te. Perché tu possa controllare che il treno non accumuli troppo ritardo.
ROSA Luise, è il tuo orologio!
LUISE Con le nostre iniziali: Luise Ronsperger, Rosa Luxemburg.
ROSA (con evidente compiacimento) Grazie. Mi è sempre piaciuto tanto!
LUISE Non potevo mandarti a fare la rivoluzione senza che tu sapessi l’ora. (L’abbraccia) Attenta: il treno è pieno di militari.
ROSA Arriverò a Varsavia come Ulisse nel cavallo di Troia.
LUISE Che Iddio ti benedica.
Le depone un bacio sulla fronte. Rosa impugna la valigia al suo fianco e si avvia sulla banchina.
III QUADRO
Metà gennaio 1906, una tipografia di Varsavia.
LEO Non le ho chiesto un’opinione. Le ho ordinato di procedere.
TIPOGRAFO Lei non può obbligarmi.
LEO La sua bottega è presidiata dai miei uomini. Non le daremo nessun fastidio, se solo deciderà di collaborare.
TIPOGRAFO Io non sono disposto a rischiare per un pugno di fanatici. Andate da Vladimir. Quello è dalla vostra parte. Lavora bene e veloce. Sarà contento di mettersi ai vostri servizi.
LEO Allora non hai capito. La Czerwony Sztandar continua a uscire tutti i giorni. La polizia è fuori di sé. I militari rastrellano le strade e fermano tutti i passanti sospetti. Hanno sguinzagliato i migliori cani da fiuto dello zar, però quando scende la notte gli strilloni gridano e migliaia di operai leggono il periodico. La nostra ultima tipografia è stata appena scoperta e messa sotto sigillo. E tu vieni a dirmi di appoggiarci alla stamperia di un simpatizzante, per finire tutti dentro alla prima retata e chiudere baracca e burattini? Al lavoro!
TIPOGRAFO E se mi rifiuto, cosa succede?
LEO (con rapidità estrae una pistola e gliela punta al petto) Questo succede.
TIPOGRAFO Non ne avrai il coraggio. Io sono uno come te.
LEO Non una parola di piu’. (L’uomo ha un ultimo istante di titubanza, poi si avvia. Leo lo segue a stretta distanza con la pistola puntata.) Non tentare di scappare. Tutte e due le uscite sono controllate.
Un rumore di passi. Leo e il tipografo si scambiano un’occhiata repentina. Sempre tenendo l’uomo sotto tiro, Leo si avvicina alla porta. Entra Rosa, che alla vista della scena accusa un dissimulato turbamento. Ha in mano un manoscritto.
ROSA Che c’è?
LEO Ha tentato di opporre resistenza. Ma ci siamo messi d’accordo.
Il tipografo lancia un’occhiata spaventata in direzione di Rosa.
ROSA La browning è necessaria?
LEO Passami l’articolo e torna sopra.
ROSA (gli allunga il foglio. Poi al tipografo) Lei ha figli?
TIPOGRAFO (assentisce.) Tre.
ROSA Pensi che lo facciamo anche per loro. (Si allontana rapidamente.)
IV QUADRO
15 marzo 1906. Berlino, studio di casa Kautsky. Karl è seduto alla scrivania. Ha in mano una busta chiusa. Luise è in piedi davanti a lui, in stato di grande agitazione. Indossa una vestaglia da camera e ha in mano una lettera spiegazzata.
KAUTSKY E’ arrivata ora.
LUISE (si siede) Apri.
KAUTSKY (apre la busta, ne estrae una lettera, comincia a leggere) “Carissimo Karl! Solo poche righe. Io sto bene; oggi o domani verrò trasferita in un altro carcere. Soltanto un favore: è qui in stato d’arresto anche il corrispondente della L. V., il signor Otto Engelmann di Berlino (tu lo conosci: quel signore biondo che ha vissuto per diverso tempo nella Cranachstraße)…”
LUISE (interrompendolo) Hanno preso anche Leo! Ecco: devono essere stati insieme. Certo: abitavano nella stessa pensione da quella contessa Walewska. (Cercando il passaggio nella lettera che ha in mano.) “Mi hanno sorpreso in una situazione piuttosto imbarazzante. Ma non parliamone.” Che imprudenza. Continua.
KAUTSKY “… Nel caso in cui chiedessero informazioni presso la redazione del L. V. per verificare il fatto, questa dovrà confermare che egli è stato inviato a Varsavia alcuni mesi fa in qualità di corrispondente. (Nel caso in cui chiedessero informazioni riguardo ad altro nome confermare comunque). Ho già avuto notizie dalla mia famiglia e mi dispiace molto che faccia del mio caso una tanto triste vicenda, scomodando tutti quanti voi. Io sono molto tranquilla. I miei amici vorrebbero che telegrafassi al ministro russo Witte e al console tedesco qui a Varsavia. Non ci penso neanche! Le loro signorie possono aspettare un pezzo prima che una socialdemocratica si rivolga a loro per chiedere aiuto. Viva la rivoluzione! Siate forti e sereni, altrimenti non ve lo perdonerò. (Luisa si alza e cammina su e giù per la stanza.) Il lavoro va bene, ho già letto i nuovi numeri del giornale. Urrà! Con tutto il cuore la vostra Rosa.” (Abbassa il foglio.)
LUISE (scuote la testa) Aveva già fatto vistare il passaporto per il viaggio di ritorno. Questo carcere del municipio deve essere un luogo orribile, dove sbattono tutti gli indesiderati: delinquenti, dissidenti, malati di mente, tutti insieme. Senti qui: (legge dalla lettera che ha in mano) “La mia cella, uno dei gioielli di questo assortimento, (una cella singola in tempi normali) contiene quattordici signore ospiti, per fortuna tutte per motivi politici. Porta a porta con noi due grandi celle doppie. In ciascuna circa trenta persone una sull’altra. (Lancia uno sguardo sconfortato al marito.) Qui le passeggiate in cortile non si usano, ma in compenso le celle di giorno sono aperte e si può gironzolare liberamente nel corridoio mescolandosi alle prostitute e ascoltando le loro canzoncine e il loro intercalare colorito e godendo degli aromi dei cessi, sempre spalancati.” (Con amarezza.) Urrà. (Porge la lettera al marito, che la scorre con lo sguardo e si lascia cadere su una sedia davanti a lui.)
KAUTSKY Suo fratello mi ha telegrafato. Cercherà di raccogliere una cauzione. Ma non dobbiamo commettere errori. Non hanno prove per riconoscerla, almeno per ora. (Leggendo dalla lettera, che gli ha passato la moglie.) “ Il mio arresto non deve essere reso pubblico, fino allo smascheramento. Poi però sollevate un bel polverone, così che prendano paura”.
LUISE Credono ancora che si tratti di Anna Matschke e Otto Engelmann, due giornalisti!
KAUTSKY Per quanto? Il vero pericolo comincerà quando scopriranno di avere in mano l’asso di cuori.
LUISE Dobbiamo fare qualcosa. La cauzione potrà ridurre la pena?
KAUTSKY (facendo spallucce) Rischia i lavori forzati.
LUISE (con un filo di voce) Se non una condanna a morte.
KAUTSKY (si sporge sulla scrivania e prende la mano di Luise) Il partito farà tutto quello che è in grado di fare. Ne parlerò subito con August Bebel. E, Luise, è bene che Rosa non ne sappia niente.
LUISE Come vuoi tu.
V QUADRO
1906, il parlatorio del padiglione X della prigione di Varsavia. La flebile luce di una lampada a petrolio. Rosa riceve la visita del fratello Josef. Debolissima, dopo sei giorni di sciopero della fame, è sostenuta dal capitano di cavalleria, comandante della fortezza, che l’aiuta a sedersi. Rosa appare dietro una doppio reticolo di sicurezza, così che il fratello deve sporgersi continuamente per riuscire a vederla in viso. Aspettano di parlare fino a che il capitano non si è allontanato.
JOSEF Dove sei? Non riesco a vederti.
ROSA (Rosa si aggrappa alla inferriata tenendosi in equilibrio con tutte e due le mani, come una bestia in gabbia. Parla con un filo di voce) Qui.
JOSEF Che ti hanno fatto?
ROSA Io. Con altre prigioniere politiche. Ho fatto sei giorni di sciopero della fame.
JOSEF Dobbiamo poter intervenire.
ROSA Sei passato dalla riva della Vistola? Dall’altra ala deve essere possibile sentire lo sciabordio dell’acqua.
JOSEF Rosa!
ROSA (con un moto di rabbia) Smettete di trattarmi come un’interdetta.
JOSEF Ho parlato con Kautsky.
ROSA Lasciate in pace quella gente.
JOSEF Vogliono solo aiutarti.
ROSA So cavarmela da sola. (Una pausa.) E non voglio debiti di riconoscenza.
JOSEF L’altra notte hanno perquisito la casa di Anna. Hanno trovato delle foto. Ormai sono in grado di riconoscerti.
ROSA Stanno giocando a gatto e topo. Nostra sorella è una sentimentale. In questi tempi le foto si bruciano.
JOSEF Aleksander ed io abbiamo sempre negato tutto. Così il fratello di Leo a Vilnius. Lui dov’è?
ROSA Non so. Alla galera del municipio, l’ho incontrato alcune volte nello studio di un funzionario simpatizzante. Un compagno avrebbe dovuto farsi passare per un ufficiale della polizia segreta, prendere i detenuti per portarli a un interrogatorio e poi passare il portone del carcere con una guardia corrotta. Ma tre giorni prima dell’azione ci hanno trasferito qui. Dovremo ricominciare daccapo.
JOSEF (che non riesce già più a vederla nell’oscurità e accosta il viso al filo di ferro) Dove sei? Non ti vedo più.
ROSA Sono qui. Spero di avere presto una cella singola. Avrò bisogno di carta.
JOSEF Te la porterò.
ROSA E di una penna e di un lapis. Trova il modo di passarmeli senza che si accorgano.
JOSEF Di che altro hai bisogno?
ROSA Chiedi notizie di Leo. (Un silenzio.) Hai visto quella porta?
JOSEF Sì.
ROSA Ah, lascia stare.
JOSEF Dimmi.
ROSA E’ ora che tu vada.
JOSEF Cosa stavi per dirmi?
ROSA Niente.
JOSEF Cosa c’è dietro quella porta?
ROSA Conduce al patio. Ti ricordi quando eravamo ragazzini e giustiziarono quelli di Proletariat?
JOSEF Sì.
ROSA Tutti quelli che sparivano sono morti lì fuori.
Un silenzio.
JOSEF Che altro?
ROSA Niente.
JOSEF (con fermezza) Ti conosco.
ROSA Sono cose che non ti riguardano.
JOSEF Dal momento che sono qui mi riguardano, eccome. Non hai il diritto di tenermi all’oscuro di niente.
ROSA (svogliatamente) Anche oggi ci erigono le forche.
JOSEF L’hai visto? Te l’hanno raccontato?
ROSA Ti prendono per il polso, ti bendano, ti spingono fuori. E quando ti interrogano sai di essere arrivato. Sai che stanno per spezzarti. Senza giudizio, né sentenza, con un atto sommario.
JOSEF (pulisce il pince-nez dalle lacrime che gli impediscono di vedere) Che è successo?
ROSA Sono venuti a prendermi. Mi hanno detto che era un interrogatorio. Ma mi hanno messo la benda. E mi hanno chiamato col mio nome. Mi hanno portato fuori dalla cella. Mi hanno spinto in un’altra stanza. Mi hanno fatto sedere. Poi, dopo m’hanno detto che no, che c’era stato un errore. Che non era per me, la forca. Io sono sbiancata. E ne ho provato vergogna.
JOSEF Io ti tiro fuori di qui, sorella mia, non puoi impedirmelo. E non c’è miglior mezzo per ottenere qualcosa dalla burocrazia russa, che il danaro. (Un silenzio.) Rosa, non riesco a vederti più. Dove sei?
ROSA (sbatte con la mano sull’interno del reticolato, una due tre volte, ritmicamente) Qui. (Il fratello non riuscendo a toccarla, sbatte con la mano sulla seconda gabbia. Continuano così, per qualche momento.)
CAPITANO (innervosito) Silenzio!
VI QUADRO
Agosto 1906, sera. Una casa al primo piano nella stazione balneare di Kuokkala, in Finlandia. L’aria è densa di fumo. Lenin e Zinov’ev stanno finendo una partita di carte a “durac”. Rosa è in piedi vicino a loro e si sta servendo un tè. Appare invecchiata: dimagrita, il profilo le si è affilato, i capelli imbiancati, la pelle aggrinzita e ingiallita per una malattia al fegato.
ZINOV’EV Venti per me. Ancora una?
LENIN L’ultima. Finché aspettiamo Kamenev e Bogdanov, che rientrano da San Pietroburgo. (Prende le carte e le mischia. Ne distribuisce sette a testa.)
ZINOV’EV (dà un’occhiata all’orologio da tasca) Dovrebbero essere qui tra una mezz’ora al massimo. Hanno preso i cavalli di Pjotr; passeranno dalla frontiera boscosa. (Rivolto a Rosa.) Resta con noi, Luxemburg?
Lenin e Zinov’ev prendono a scartare.
ROSA Sì fino alle undici c’è luce. Devo solo attraversare la strada ferrata e sono a casa.
ZINOV’EV L’accompagneremo noi. Così potrà restare.
ROSA Grazie, Zinov’ev.
LENIN (procedendo alla seconda mano del gioco. Rivolto a Rosa, che li ha raggiunti al tavolo e continua a sorseggiare dalla sua tazza) Dunque, Luxemburg: niente di più ingenuo che pensare la rivoluzione come due schiere che si fronteggiano. Gli uni dicono: “Noi siamo per il capitalismo” e gli altri rispondono: “Noi siamo per il socialismo.” Al che comincia la zuffa. All’interno della classe operaia esistono diversi gradi di coscienza e di risolutezza. Solo marcando le differenze è possibile colmarle. Il partito è l’avanguardia cosciente. E’ un’illusione pensare che tutta la classe possa elevarsi al livello della propria avanguardia.
ROSA Insisto a dire che è stato assurdo pensare che l’autorità centrale del partito potesse sostituirsi, anche provvisoriamente, al governo della maggioranza cosciente della classe operaia. ZINOV’EV (chiudendo la mano, batte il pugno sul tavolo, secondo la regola) Pugno!
LENIN (continuando a giocare) Dimenticare la differenza che esiste tra l’avanguardia e le masse che le gravitano attorno avrebbe voluto dire dimenticare il costante dovere del reparto d’avanguardia di elevare la retrovia, guidarla. Avrebbe significato chiudere gli occhi di fronte all’immensità dei nostri compiti.
ROSA L’educazione alla libertà è possibile solo mediante la libertà. La libertà è degna di questo nome se è la libertà di coloro che la pensano diversamente.
ZINOV’EV E cosa ci avrebbe garantito dai passi falsi?
ROSA I passi falsi di un movimento operaio realmente rivoluzionario sono incommensurabilmente più fecondi, dal punto di vista storico, che l’infallibilità del migliore comité central. Le crisi non sono in contrasto con lo sviluppo: sono una fase dello sviluppo. Conferire poteri assoluti alla direzione di un partito, significa invece potenziare il carattere conservatore, l’immobilità che è nella natura di ogni centralismo.
LENIN Ma non farlo significa accontentarsi del livello di coscienza del proletariato, che non supera l’ambito economico della lotta sindacale.
ROSA Senza democrazia la vita muore in ogni istituzione pubblica, diviene vita apparente, di cui la burocrazia è l’unico elemento attivo. La vita pubblica cade lentamente in letargo: (allusiva) qualche dozzina di capi di partito, dall’energia inesauribile e di illimitato idealismo, dirigono e governano; alcuni delegati della classe operaia vengono convocati di quando in quando alle riunioni per applaudire i discorsi dei capi e per votare all’unanimità le risoluzioni che sono state loro proposte. Questa non è la dittatura del proletariato, è un governo di cricca, una dittatura certamente, bensì la dittatura di un pugno di uomini politici, una dittatura giacobina, borghese.
ZINOV’EV Chiudo! (Interrompe il gioco per un attimo e la fissa) Compagna Luxemburg, noi non abbiamo sostenuto un centralismo assoluto, ma le regole elementari di una qualunque organizzazione di partito.
LENIN (sollecitando che Zinov’ev prenda le carte) Momentaneamente inasprite dalla specifica necessità di bilanciare la tendenza all’anarchia presente in Russia. Ma la compagna Luxemburg ha il vizio di procedere in termini di realtà assolute, ignorando quelle relative.
ROSA (ignorando la provocazione) Qual è l’obiettivo che ci proponiamo? Alzare il livello della coscienza. Certo. Nessuno ha mai capito ed espresso meglio di lei, Lenin, che la pratica del socialismo richiede un cambiamento interiore totale nelle masse degradate da centinaia di anni di repressione. Istinti sociali al posto di impulsi egoistici, iniziative di massa invece di atteggiamenti abulici, un idealismo che allontani le angustie individuali. Ammettiamo la necessità di un’élite per indirizzare questo processo. Essa non deve essere la dinamo che muove tutto l’ingranaggio, ma un magnete, che col suo possente campo di influenza esercita un’azione sulle forze esistenti. Ma non ho chance di poterla convincere. La sua testa tonda denota grande volontà e altrettanta testardaggine. E con questo mi sono messa al sicuro, dato che non sarà così cattivo da scherzare sulla mia gran testa precocemente incanutita dall’esperienza della prigionia.
LENIN (con amara sincerità) Siamo tutti reduci della rivoluzione, Rosa. (Chiudendo la partita) A che punto è il suo libro sullo sciopero di massa?
ROSA Procede. La dacia della compagna Cavos col suo boschetto di pini è l’ideale, per la concentrazione. Eppure ho voglia di tornare a casa.
ZINOV’EV (contando il suo punteggio) A Varsavia si rischia la vita ad ogni passo.
ROSA Andrò a Berlino. Ho bisogno di lavorare. I socialdemocratici tedeschi danno prova del loro estremo radicalismo solo quando si tratta di votare le risoluzioni, quando c’è da lottare praticamente scompaiono del tutto.
ZINOV’EV Ma sono stati loro a tirarla fuori dal carcere. (A Lenin, alludendo alla partita.) Ho vinto.
ROSA Una parte della cauzione è stata pagata da mio fratello.
ZINOV’EV Che certo sarebbe ben agitato di saperla nel covo dei rivoluzionari.
ROSA Mio fratello sa che sono in una stazione balneare della Finlandia a curare la mia salute. E anche questo è vero. Comunque nessuno, nella socialdemocrazia tedesca si illude di avermi addomesticato per aver comprato la mia libertà. E io so bene che se la corrente degli opportunisti riuscirà a imporre il suo atteggiamento tollerante riguardo alla politica coloniale, la guerra imperialista sarà inevitabile e a noi non resterà che approfittare della crisi per sollevare le masse contro il regime capitalistico.
LENIN Luxemburg, lei si è sbagliata sulla questione dell’indipendenza della Polonia, si è sbagliata nel 1903 nella sua valutazione delle fazioni interne al movimento rivoluzionario russo, si è sbagliata nella percezione del centralismo… (Rosa sta per protestare. Si appoggia al tavolo. Lenin le prende la mano, blandendola) Aspetti, aspetti. E visto il suo temperamento continuerà a sbagliarsi su molte altre questioni più o meno importanti.
ROSA Lenin non le permetto…
LENIN (lasciando la presa) Aspetti, le ho detto. Mi lasci finire. (Rosa lo guarda con atteggiamento di sfida). Ma malgrado tutti i suoi errori lei è stata e rimarrà sempre un’aquila, un’aquila capitata per sbaglio nel recinto delle galline.
ROSA Patta!
VII QUADRO
25 settembre 1906, Mannheim, un comizio. Rosa, vestita di bianco, è al entro di una tribuna lignea, circondata da stendardi socialisti, che raffigurano Lassalle e Marx.
ROSA Compagni! Oggi non mi sentivo bene, ma mi hanno detto di venire qui per dire qualche parola sulla rivoluzione. Lo farò nella misura in cui me lo permettono le mie forze. L’oratore che mi ha preceduta nelle sue conclusioni mi ha chiamato una martire, una vittima della rivoluzione russa. Sono costretta a incominciare con una protesta contro queste parole. Posso assicurarvi senza esagerare e in tutta sincerità che quei mesi che ho trascorso in Russia sono stati i più felici della mia vita. Sono molto triste di essere stata costretta a lasciare la Russia e tornare in Germania. All’estero la rivoluzione è stata descritta come un immenso mare di sangue, come un groviglio di sofferenze inaudite della popolazione. Questo è il punto di vista della borghesia decadente, non del proletariato! Per secoli il popolo russo ha subito in silenzio, per secoli la Russia ha vissuto sotto il giogo dell’assolutismo: ma qualcuno si è chiesto quante migliaia di uomini sono morti di fame e di scorbuto? Quante migliaia di proletari sono caduti sul campo di battaglia del lavoro? Quanti bambini nelle campagne si sono ammalati e non hanno raggiunto nemmeno il primo anno di vita per denutrizione? Chi si è posto tali domande può capire come le sofferenze attuali non siano nemmeno paragonabili a questo incalcolabile sacrificio collettivo. Ma mentre prima il popolo viveva senza alcuna prospettiva, con la rivoluzione sa per cosa muore, per cosa soffre, per cosa combatte.
La folla la applaude.
VIII QUADRO
Fine aprile 1906. Berlino, casa della Cranachstraße. Rosa sta dipingendo un quadro. Dopo ogni pennellata retrocede di qualche passo e si ferma a contemplare l’effetto, che regolarmente si accinge a perfezionare. Konstantin Zetkin esce dalla sua stanza, senza che lei se ne accorga. E’ ancora assonnato e in veste da camera. Silenziosamente le si avvicina e, quando lei retrocede, la stringe in vita.
ROSA (spaventata) Oddio! Kostja, sei tu?
KONSTANTIN Chi dovrebbe essere?
ROSA Che spavento!
KONSTANTIN Shhh! (Avvicina le sue labbra alle sue, con tenerezza.) Che donna fragile stringo tra le braccia: un leprotto spaventato.
ROSA (protesta) Sono una talpa io, abituata al buio. La troppa luce mi sgomenta.
KONSTANTIN (con energia, avvicinandosi alla finestra)
“O, how this spring of love resambleth
The uncertain glory of an April day;
Which now shows all the beauty of the sun,
And by and by a cloud takes all away!”
ROSA (tendendogli la mano) Eppure quanto siamo grati di ogni giorno di sole, dopo un lungo inverno!
KONSTANTIN (la raggiunge, le sfiora la schiena, poi alludendo al quadro) Questo è un giorno d’inverno. Che tristezza in questi alberelli argentati. Non ti rende felice, che io sia qui.
ROSA (tenta di rassicurarlo) Raccontiamo sempre il nostro passato. (Poi, malinconica.) A volte, anche il futuro.
KONSTANTIN Io credo che gli uomini siano fatti per essere felici.
ROSA “L’uomo è fatto per la felicità, come l’uccello per il volo” .
KONSTANTIN Potrò restare qui con te?
ROSA Finché vorrai.
KONSTANTIN Un giorno ti stancherai e mi manderai via.
ROSA Sei tu che te andrai, Kostja, amore mio. Perché restare al fianco di una donna vecchia, quando la vita per te è tutta luce? Te ne andrai e io ne soffrirò e piangerò e continuerò a inseguire la vita come ho sempre fatto.
KONSTANTIN Nessuno ci separerà: non lui, né mia madre. Saremo forti.
ROSA Clara capirebbe. Ma sarà più semplice non dirle niente. Leo non ha più nessun diritto su di me. Se anche ti incontrasse qui, non potrebbe fare niente. Questa non è più la sua casa.
KONSTANTIN Noi non vivremo qua. E’ un mondo troppo piccolo. Tu hai bisogno di qualcosa di grande. Partiremo. Andremo a vivere al sud. In Corsica. Lì dimenticheremo tutto. Dimenticheremo l’Europa moderna. Noi due soli, di fronte all’ampio paesaggio eroico di nudi massi grigi, in un rigoglio d’olive, di bacche d’alloro e antichi castagni. E sopra noi e l’isola il silenzio azzurro degli inizi: nessuna voce d’uomo, nessun richiamo d’uccello, solo un fiumiciattolo tra le pietre e in alto il vento che mormora tra le rocce, lo stesso che gonfiava la vela d’Odisseo.
ROSA Ah, Kostja, se solo sapessi come guadagnarmi da vivere!
KONSTANTIN Lì è la terra che dà vita e il mare coi suoi pesci.
ROSA Ci basterà?
KONSTANTIN Vivremo semplicemente.
ROSA Una capitale senza mura, fatta di luce, sale, di pietra e pensieri. No. Non è per noi. Non è per me. Gli uomini non sono fatti per l’eternità. Solo non possono smettere di sognarla.
IX QUADRO
Ottobre 1907. Berlino, un’aula della scuola di partito. Rosa scrive alla lavagna la formula: c + v + p. A fianco a lei, in terra un grande cesto di paglia, coperto da un telo.
ROSA (voltandosi, in tono vigoroso. Le sue domande sono un fuoco di fila) A che servono le statistiche, i numeri, le formule? Materia secca, astratta? Avanti. Qualcuno che mi risponda.
I STUDENTE Sono strumenti scientifici per la conoscenza teorica.
ROSA E la conoscenza teorica a cosa serve?
I STUDENTE A rafforzare il movimento operaio.
ROSA La teoria non è di pertinenza degli accademici?
I STUDENTE Non c’è offesa maggiore per la classe lavoratrice. Già Lassalle sosteneva che solo quando la scienza e gli operai, questi due poli opposti della società, si fossero uniti, sarebbero caduti tutti i limiti culturali.
ROSA Da cosa nasce la teoria? (Il I Studente è titubante. Rosa si rivolge al II.) Lei ci sa aiutare?
II STUDENTE (in tono dubitativo) Dallo studio della realtà?
ROSA Esattamente. La teoria non esiste nel vuoto pneumatico e come tale non ha validità eterna. Anzi contiene in sé un margine d’errore. (Ancora rivolta al II Studente) Che applicazione pratica dovrebbe quindi avere la teoria, secondo lei?
II STUDENTE Piuttosto che legittimare il potere, come spesso si è verificato, dovrebbe servire allo smantellamento dei meccanismi su cui poggia lo sfruttamento di alcuni gruppi umani ad opera di altri.
ROSA (al I Studente) Sa aggiungere altro?
I STUDENTE Dovrebbe indicare il cammino, rappresentare possibilità, proporre soluzioni, attraverso le quali si possano superare le erronee condizioni della società.
ROSA E nonostante questo: perché una teoria economica? Perché da Marx in avanti è stata riconosciuta l’importanza dell’economia o, per usare un suo termine tecnico, dei rapporti di produzione?
II STUDENTE Innanzitutto per rispondere alla domanda su come nasce la ricchezza, qual è la fonte del profitto.
ROSA (al I Studente) E, alla luce del I libro del Capitale, lei come risponderebbe?
I STUDENTE La nostra società ci offre montagne di merci disparate, direttamente dalla fabbrica dove sono state prodotte, ancora bagnate del sudore degli operai che le hanno realizzate e in cui possiamo riconoscere quella parte di valore, che proviene dal lavoro non equamente corrisposto e che finisce inesorabilmente nelle tasche del produttore capitalista.
ROSA Per questi quindi la produzione delle merci non è il fine, ma il mezzo all’appropriazione del plusvalore sotto forma di denaro. Solo quando l’intera massa delle merci sarà stata alienata in cambio di denaro secondo il suo valore, lo scopo della produzione potrà dirsi raggiunto. (Al II Studente) Signor Pauly, ora ci illustri la formula per favore.
II STUDENTE (si alza e va alla lavagna) La formula si riferisce alla composizione quantitativa del denaro ricavato dalla vendita delle merci: “c” è la parte che …
Un miagolio proveniente dalla cesta interrompe la relazione del II Studente.
ROSA (con grande serietà) La prego di scusarmi. Questa mattina sono diventata madre. Concluda pure.
Gli studenti si scambiano uno sguardo interrogativo. Rosa resta immobile, così il II Studente continua.
II STUDENTE … “c” è la parte che rifonde al capitalista le spese nei mezzi di produzione consumati; (il miagolio si fa più insistente) “v” rimanda alle spese salariali e “p” costituisce l’eccedenza, l’utile netto in contanti del capitalista.
ROSA (in leggero imbarazzo per l’interruzione, fa mostra di voler continuare la lezione. Rivolta al I Studente) Qual è perciò lo scopo della produzione capitalistica?
I STUDENTE Il plusvalore.
ROSA Non mi basta. Sia più preciso.
I STUDENTE Il plusvalore…
ROSA Come tale? Una volta per tutte?
I STUDENTE No. Il plusvalore senza limiti. In progressione continua.
ROSA E questo cosa comporta?
Il miagolio continua.
II STUDENTE La necessità di allargare la produzione in scala sempre maggiore.
ROSA Esatto. Bisogna sviluppare una visione totalizzante del sistema capitalistico mondiale, all’interno della quale sia lo sviluppo dei paesi dominanti avanzati, sia il processo di sottosviluppo delle zone dipendenti siano visti per la prima volta come due aspetti di uno stesso processo. (Si avvicina al cesto.) E ora, credo che dovrò preoccuparmi del problema di alimentazione di questa piccola compagna trovata nel sottoscala. (Solleva il telo e prende in braccio la micetta.) Mimi!
I STUDENTE Signora Dottoressa Rosa: “Grige son tutte le teorie, verde l’albero dorato della vita” ?
ROSA (continua a coccolare la gattina) Naturalmente, signor Pauly: è solo per un errore del calcolo divino, se non sono nata nel Rinascimento.
.
X QUADRO
Berlino, autunno 1907. Leo siede alla scrivania di Rosa nella casa della Cranachstraße. Sta leggendo una lettera. Dall’esterno si percepisce un rumore di passi sull’impiantito. Leo ripone velocemente la lettera in uno dei cassetti e si mette a scrivere. Entra Rosa, sola, con una stola da sera sulle spalle.
ROSA (alla vista di Leo ha un sussulto. Resta come inchiodata alla porta d’ingresso) Cosa fai qui?
LEO Lavoro.
ROSA Sono le due di notte.
LEO Appunto.
ROSA (con tono ostentatamente di distacco) Se vuole lavorare a queste ore, è bene che lo faccia altrove.
LEO Qui ho tutte le mie cose.
ROSA Le ho già detto che deve smettere di considerare sua questa casa. Se ha degli oggetti personali da sgomberare sarò ben lieta di aiutarla.
LEO (alzandosi) Dove sei stata?
ROSA Non la interessa.
LEO (avvicinandosi) Con chi?
ROSA Non ti azzardare a toccarmi.
LEO (immobile) Non sopporto che continui a vederlo.
ROSA Io vedo chi voglio.
LEO Eri con lui?
ROSA Non ti riguarda! Voglio che mi restituisca le mie chiavi. E’ finita. Non sono più disposta a tollerare questo continuo arbitrio.
LEO Il lavoro deve continuare.
ROSA Nessuno sta parlando del lavoro.
LEO Non riuscirai a liberarti di me.
ROSA Mi sono già liberata di te. E da quando è successo, sono di nuovo me stessa.
LEO Non ti lascerò a quell’arrogantello. Non permetterò che tu mi escluda dalla tua vita.
ROSA Sei stato tu a escludermi. E non certo per la tua avventuretta da fuggiasco. Era da così tanto tempo che ti eri staccato da me e io non me ne ero accorta! Quando ti ho raggiunto a Varsavia, hai cercato in ogni modo di fermarmi. Sei stato tu a mettere distanza. E non sono io la sola ad averlo sentito.
LEO Che stai dicendo?
ROSA Che era di dominio pubblico! Che i compagni se ne erano ben accorti. Hai tentato di estromettermi prima dal lavoro e poi dalla tua vita.
LEO E’ stato lui, vero?! A metterti in testa queste idee. Quello studente da due soldi!
ROSA Non permetterti di insultarlo.
LEO (furioso) Tu sei mia. Io l’ammazzo. E ammazzerò te. E me stesso.
ROSA (glaciale) Ho comprato un revolver.
LEO (con fragilità) Non posso perderti.
ROSA E sono capace di usarlo.
LEO Non ti credo.
ROSA (apre la porta) Fuori.
Leo si avvia alla soglia. Poi si volta verso di lei. Rosa reclina la testa da un lato. Leo esce velocemente.
XI QUADRO
Estate 1910 Rosa e Luise sono sedute in un caffè all’aperto.
LUISE (apre un ritaglio di giornale, che allarga sul tavolo.) Ecco cosa scrive Karl: (leggendo) “Se osserviamo su una carta geografica i ducati del Baden e del Luxemburg…
ROSA (commenta) Ma pensa che fantasia!
LUISE … ci accorgiamo che tra essi si trova Trier, la città di Karl Marx. Se da quel punto ci si sposta a sinistra, oltre la frontiera, si raggiunge appunto il Luxemburg.
ROSA (c.s.) La Luxemburg!
LUISE … Se invece si compie una brusca svolta a destra, oltre il Reno, si raggiunge il Baden.
ROSA Ovviamente si riferisce alla svolta a destra dei dirigenti meridionali.
LUISE Infatti continua: (leggendo) “Questa situazione geografica è il simbolo della situazione esistente oggigiorno nella socialdemocrazia tedesca”.
ROSA E lui se ne sta al centro.
LUISE (conferma) Identificando la sua posizione centrista con quella di Marx.
ROSA Questo mi sembra piuttosto scorretto.
LUISE (ripiega il giornale e lo ripone) Bèh, se non altro è spiritoso.
ROSA Capisci?! Invece di affrontare le questioni rivoluzionarie di grande portata, si gingilla con le polemiche interne. E mi prende di mira!
LUISE Karl è concentrato nelle prossime elezioni. Ritiene che raggiungere la soglia della maggioranza assoluta, determinando il crollo del governo, costituisca la premessa della rivoluzione.
ROSA (infuriata) Quando ho tentato di sollevare la discussione sullo sciopero di massa così da lanciare una campagna di agitazione per la repubblica, tuo marito ha rifiutato di pubblicare i miei articoli sostenendo che nel programma del partito non si fa neppure cenno alla repubblica.
LUISE Karl continua a sostenere la teoria dello sfiancamento pacifico dell’avversario.
ROSA (sarcastica) Fabius Cunctator che sconfigge Annibale. (Esasperata.) Quando le contraddizioni sociali, politiche e internazionali sono al culmine e la massa fino ad ora riscaldata dal partito, aspetta una parola d’ordine, lui, il teorico del radicalismo, si dedica ad aride speculazioni.
LUISE Sta cercando di essere prudente, Rosa. E’ sotto pressione da ogni lato.
ROSA La prudenza è il vizio del gruppo dirigente ufficiale, non di un pensatore marxista rispettato e qualificato.
LUISE Lui obbietterebbe che la tensione delle masse è ben lungi dall’essere sufficiente per intraprendere un corso tanto estremo e che tentativi isolati sono votati al fallimento.
ROSA La mancanza di iniziativa genererà una delusione insanabile. Lulu, credo d’aver capito per la prima volta che ai dirigenti del partito spetta un ruolo nuovo, non di amministrazione, né di governo, ma di dirigenza, nel senso di avanguardia del proletariato.
LUISE Lenin ha finito per convincerti.
ROSA Non certo riguardo allo strapotere della dirigenza, ma il primo comandamento di un militante è di procedere con lo sviluppo dei tempi. Di rendersi conto, di volta in volta, dei cambiamenti che avvengono nel mondo e di come questi debbano informare la strategia.
LUISE Questo non ti aiuta a capire Karl?
ROSA Karl ha ceduto ai dirigenti del partito. E’ diverso. Il suo è un voltafaccia politico.
LUISE Mi dispiace che tu la veda così.
ROSA Chi non è con me è contro di me. Io non mi lascio domare. Non lo perdonerò mai, Luise. E da ora innanzi non metterò mai più piede a casa vostra.
LUISE Non sai quanto mi fa male quel che dici.
ROSA Tra noi due le cose non cambieranno. Cerca di capirmi. Almeno tu.
Luise resta per un attimo in silenzio, poi le stringe la mano, appoggiata sul tavolo, in segno di intesa.
XII QUADRO
20 febbraio 1914. Sera. L’aula del tribunale di Francoforte, dove Rosa è stata giudicata per incitamento alla disobbedienza. L’usciere e sua moglie stanno facendo pulizia.
USCIERE E poi il procuratore generale ha detto che lei, la Luxemburg, è un’agitatrice che appartiene ai gruppi più estremisti dell’ala più estremista della socialdemocrazia. E che tutti la conoscono per i suoi discorsi violenti. E che è per questo che la chiamano Rosa la Rossa. Rossa come il sangue, no?! Perché predica lo sciopero, l’odio e la violenza.
MOGLIE Ma hai sentito tu che cosa gli ha risposto lei? Che lei ai soldati gli ha detto mica di sparare. Anzi gli ha detto che se quelli gli ordinavano di sparare, loro non dovevano sparare. E poi gli ha detto che non era mica come quello lì, che ai soldati gli ha detto, appena vedete un muso giallo mettetegli tanta di quella paura che non se la scorda più. Che quello è un agitatore estremista violento e sanguinoso.
USCIERE (a voce bassa, guardandosi attorno con fare circospetto) Zitta, zitta, scema, hai capito di chi stava parlando?
MOGLIE Certo che ho capito. Di chi stava parlando?
USCIERE (c.s.) Ma del Kaiser, no? Ai tempi della guerra con la Cina!
MOGLIE Ah! Certo che l’avevo capito. Non sono mica scema come credi tu.
USCIERE (c.s.)Appunto! Hai visto cosa capita quando uno non sta attento a quello che dice?
MOGLIE No. Cosa capita?
USCIERE Ma non hai sentito? Gli hanno dato il 110 del codice penale.
MOGLIE (che non ha capito) Il 110? Addirittura?
USCIERE (citando il verdetto) Un anno di carcere da scontare in data da determinarsi presso una delle patrie prigioni prussiane.
MOGLIE Un anno di carcere? Per un discorso di dieci minuti? Cos’ha detto di tanto grave?
USCIERE Ha detto che la guerra non la devono decidere i maggiori dello stato maggiore, ma la gente comune.
MOGLIE E non c’ha ragione?
USCIERE (a voce bassa, guardandosi attorno con fare sospetto) Non lo so. Comunque è meglio non pensarci.
MOGLIE Peccato però!
USCIERE Cosa?
MOGLIE Che gli han dato il 110. E’ pure zoppa.
USCIERE Poveretta, sì. E’ pure zoppa.
XIII QUADRO
Berlino, agosto, casa di Südende. Rosa rientra con un mazzo d’erbe. Le appoggia sulla sua scrivania e prende a ordinarle. A fianco a lei, Gertrude, disfa la valigia, separando gli indumenti usati da quelli puliti, che ripiega accuratamente.
ROSA Resede e campanelle. Bocche di lupo. L’ho trovate nel prato giù in fondo alla strada. Da quando abbiamo lasciato il traffico di Berlino, in cambio delle automobili abbiamo la consolazione dei fiori.
GERTRUD (mostrandole un indumento) Questo va mandato in tintoria?
ROSA Faccia come vuole.
GERTRUD (s’interrompe e la osserva) Dottoressa, cosa c’è?
ROSA Niente.
GERTRUD Le porto un bicchier d’acqua. Sarà accaldata per il cammino.
ROSA Non è questo.
GERTRUD Non deve abbattersi così. Non tutto è perduto.
ROSA Sì, invece. Nessuna misura d’opposizione
GERTRUD Ma l’Internazionale si riunirà ancora tra dieci giorni.
ROSA Troppo tardi.
GERTRUD I francesi coordineranno la protesta a livello di massa.
ROSA Ora che Jaurès è stato assassinato non più.
GERTRUD Se non c’è più lui ci saranno altri.
ROSA E’ stato l’unico a Bruxelles a dire una parola chiara contro la guerra. E questo dice tutto!
GERTRUD Ma ci sarà pure qualcuno che è disposto a difendere la pace?
ROSA Tra quattro giorni in parlamento si voterà per i crediti di guerra. Pensi che ci sarà qualcuno che oserà contrastare il governo?
GERTRUD (con uno slancio di ribellione) Ma lei continuerà a battersi. Continuerà a tenere discorsi. La gente l’adora. Lei non si fermerà. Mille e cinquecento persone a Francoforte. Mille a Stoccarda. Duemila ad Amburgo.
ROSA Dimentichi la condanna. Che prima o poi scatterà. E comunque non sarà un pugno di qualche migliaio di compagni a fermare la macchina. Al convegno di Bruxelles ho dovuto tapparmi bocca, occhi e naso. Potevo dire che non ce la faremo? Che la maggior parte dei partiti non supererà la prova? Che la forza morale dei socialdemocratici non è bastata? Troppa gente guarda alla guerra come a un terremoto, un uragano, una calamità naturale e inevitabile. I fanatici inneggiano al patriottismo. I compagni sciamano nelle strade senza una guida. Abbiamo fallito, Gertrud. Questa è la verità.
II INTERMEZZO
La guerra mondiale
Nebbia. Attacco del ”Chiaro di luna”. Dal fondo si intravede una figura strisciante che brandisce una granata. Rosa entra zoppicando. Appena la nebbia si dirada è possibile intravedere Luise seduta sullo sgabello di un pianoforte. La musica è interrotta da una violenta esplosione. Rosa raggiunge Luise. Sale in piedi sullo sgabello. Luise l’aiuta e poi la sostiene perché non cada, lo sguardo rivolto compassionalmente verso l’alto.
ROSA E’ finita la sbornia. Finito il chiasso patriottico nelle strade, la caccia alle automobili dorate, le fontane avvelenate con bacilli di colera, gli studenti russi pronti a gettare bombe sui ponti ferroviari di Berlino, gli aereoplani francesi su Norimberga, le risse di strada contro presunte spie, l’affollamento ondeggiante nei caffè, dove la musica e i canti patriottici salivano alle stelle; intere popolazioni cittadine tramutate in canaglia pronta a denunciare, maltrattare, gridare evviva ed esaltarsi fino a una follia selvaggia: un’atmosfera di assassinio rituale, nella quale il vigile all’angolo della strada è l’unico rappresentante rimasto della dignità umana. (Il soldato cade.)
In Africa e in Asia, dall’estremo Nord alla punta delle Americhe e ai mari del Sud il mondo civile ha stritolato gli avanzi di vecchie organizzazioni sociali a comunismo primitivo, di patriarcali economie contadine, di secolari produzioni artigiane, sono stati distrutti, schiacciati dal capitale; interi popoli sono stati sterminati, antichissime civiltà annientate. Ma solo ora che che la bestia imperialistica affonda le sue zanne nel grembo materno, nella culla europea, il mondo civile si accorge che essa è vettore di morte, che il suo fiato è la peste. Milioni di vite annientate sui Vosgi, nelle Ardenne, in Belgio, in Polonia, sui Carpazi, sulla Sava, milioni di uomini ridotti all’invalidità. E i nove decimi di queste vittime sono lavoratori inglesi, francesi, belgi, tedeschi, russi, italiani. Quelli che in comunione potrebbero condurre la marcia dell’armata di sfruttati e schiavi dei cinque continenti. Quelli che un giorno potranno saldare il conto dei delitti contro i popoli ancestrali, dell’opera di distruzione sull’intera superficie terrestre. Ma perché il socialismo avanzi e vinca, ci vuole un proletariato istruito, combattivo, forte nel corpo e nello spirito. E’ proprio questa massa che la guerra sta decimando. Il frutto di sacrifici di generazioni va distrutto in poche settimane. Ancora una guerra mondiale come questa e le prospettive socialiste saranno seppellite sotto le macerie della barbarie imperialista. Il che è più infame della distruzione di Lovanio e della cattedrale di Reims. Non è un attentato alla cultura del passato, ma a quella del futuro.”
Uno sparo. Rosa scivola a terra. Lulu la tira verso di sé, le raccoglie amorevolmente il capo appoggiandoselo in grembo e prende ad accarezzarle la testa.
III ATTO
Terra
I QUADRO
Uno dei primi giorni del gennaio 1915, una stanza d’ospedale. Rosa è a letto. Al suo fianco il giovane Hans Diefenbach con in mano un gran mazzo di fiori.
HANS Con i migliori auguri per il nuovo anno!
A un gesto di Rosa, Hans riempie sistema i fiori in un vasetto, che appoggia al fianco della malata.
ROSA Che meraviglia! Sto qui mezza sepolta in una fossa di lana grigia. Attaccata al mio letto come Prometeo alla roccia, sebbene io non abbia mai sottratto niente a nessuno. Cinque mesi fa ho pensato per la prima volta di togliermi la vita e avrei potuto farlo se i miei angeli non me l’avessero impedito. E nonostante tutto il mio Hans Naivus è ancora al mio fianco, con la sua testolina malinconicamente reclinata, pronto a cantarmi un’altra aria di Figaro!
HANS Sono il suo buffone di corte.
ROSA (annuisce) Il suo compito principale è di portare luce e splendore alla mia esistenza terrena. (Hans le si avvicina. Rosa gli prende la mano e la stringe.) Dio, come fa ad avere sempre mani così fredde?
Gli prende l’altra mano e le riscalda con le sue.
HANS (in lieve imbarazzo, scherzoso) E’ per farmi meglio scaldare.
ROSA (in tono di giocoso rimprovero) Non è questa la sua parte, Hänsel, anche se il destino continua a confondere le carte. Lei è il giovinetto delicato e sensibile, sempre pronto a difendere i più deboli.
HANS E’ questo. (Con difficoltà.) Io sono preoccupato, per lei, per noi, per quello che sta succedendo. Aspetto che procedano alla sua incarcerazione, appena si sarà rimessa e non so cosa augurarmi. Non so cosa sperare.
ROSA Che confusione, bambino mio. (Fa cenno all’amico di aiutarla a tirarsi a sedere.) Venga qui vicino a me. (Hans esegue.) Il partito e l’Internazionale sono a pezzi. Il massacro è iniziato. Siamo nel bel mezzo di un dramma di portata storica, davanti a cui strapparsi i capelli dal capo è ridicolo. Il disastro generale è troppo grande per gemerci sopra. Io posso lamentarmi se mi si ammala la gatta Mimi o se qualche cosa va storto a qualcuno dei miei amici o a me. Ma se il mondo intero si sfascia, io posso solo cercare di capire che cosa e perché è accaduto e una volta che ho fatto il mio dovere sono di nuovo tranquilla e di buon umore. E in un ospedale, a casa o nella cella a cui sarò destinata, appena si decideranno a farmi scontare l’anno di condanna che pende sulla mia tesa come la spada di Damocle, mi resta ancora tutto quello che ho sempre amato: musica e pittura e nuvole e raccogliere erbe in primavera e buoni libri e Mimi e lei e parecchio altro ancora.
HANS (con ammirazione) Povera Rosa!
ROSA Ma povera ricca Rosa: io sono straricca e penso di restarlo fino alla fine. Questo consumarsi nella disperazione del giorno mi è insopportabile. Pensi a Goethe! Come si teneva al di sopra delle cose con calma indifferente. Pensi che esperienze ha dovuto vivere: la grande rivoluzione francese, che doveva apparirgli come una farsa sanguinosa, e poi dal 1793 al 1815 una catena ininterrotta di guerre per cui il mondo sembrava di nuovo un manicomio scoperchiato. E con quanta tranquillità, con quale equilibrio intellettuale lui conduceva i suoi studi sulla metamorfosi delle piante, sulla teoria dei colori, su mille cose.
HANS (timidamente) Ma Goethe non aveva una fede politica…
ROSA (interrompendolo) Hans, chi ce l’ha deve cercare di stare tanto più al di sopra delle cose, altrimenti sprofonda a ogni momento con il naso nel fango.
HANS Lei è così impulsiva e giovanile.
ROSA Lasci stare queste faccende lusinghiere. Essere uomo vuol dire gettare con gioia la propria vita sulla bilancia del destino. Con tutti i suoi orrori il mondo sarebbe così bello, se non ci fossero i deboli e i vigliacchi.
HANS (protestando) Ma io tento in tutti i modi…
ROSA (interrompendolo) Mi prometta, che quando questa guerra sarà finita smetterà di gingillarsi in tutte le aiuole a mo’ di farfalla e comincerà a far fruttare i suoi talenti. Scriva Hans, non solo lettere per me e per Luise. La sua grazia, la sua sensibilità le permetteranno ben altri voli.
HANS Mi ci proverò.
ROSA E non mi abbandoni mai. Anzi sia pronto a tutto. Non so che cosa potrà succedermi. Sono davvero, come lei sa, una terra aperta a tutte le possibilità. E voglio averla con me.
HANS Glielo prometto, Rosa. (Si china sulla sua mano e la bacia.) Grazie.
II QUADRO
Febbraio 1915. Rosa è stata incarcerata senza preavviso. Condotta nella prigione femminile di Barnimstraße a Berlino è perquisita dalla carceriera.
CARCERIERA Mi passi le stringhe. E la cintura.
ROSA (prendendo a sfilare le stringhe dagli stivaletti, in tono di provocazione) Non sono intenzionata a togliermi la vita.
CARCERIERA Silenzio. (Rosa slaccia stringhe e cintura e le porge alla carceriera.) Ora il vestito.
ROSA Perché?
CARCERIERA Obbedisca.
ROSA La sua collega mi ha già controllato.
CARCERIERA Faccia come le ho detto. (Rosa sbottona l’abito e lo allunga alla donna, che prende a svuotare le tasche e a tastarne le cuciture.) La sottoveste. E le calze.
ROSA Le ripeto che sta perdendo tempo: mi hanno già perquisito di là.
CARCERIERA Se sei pulita di che ti preoccupi? Il busto!
ROSA Non vorrà mica spogliarmi nuda?
CARCERIERA Di che hai paura? Siamo donne.
Rosa è indignata.
ROSA Potrei chiedere di chiamare il giudice.
CARCERIERA (allunga una mano per farsi porgere il bustino, che ispezionata con attenzione. Poi in tono minaccioso.) Non lo farai. (Dopo aver buttato l’ultimo indumento sulla sedia, insieme agli altri.) Avvicinati. (Rosa è restata in camicia, è estremamente impacciata.) Non sei russa, tu? Non mi dire che in Russia ci vanno tanto per il sottile! (Le si avvicina, la tocca davanti e dietro, poi le si pone alle spalle, le spinge in avanti la schiena. Rosa è rigida.) Avanti. Non fare tanto la fine. Prima ci sbrighiamo e prima facciamo festa. (La carceriera le ispeziona le parti intime. Rosa riesce a stento a trattenere lacrime di rabbia e umiliazione.)
III QUADRO
Berlino, aprile 1915. Una birreria di Neuköln. Ora di chiusura. L’oste legge ad alta voce da un giornale. La moglie finisce di rigovernare, asciugando i bicchieri.
OSTE (beve una lunga sorsata di birra) Moglie, senti qua. Roba forte: “L’immortale appello del Manifesto…” (spiegando in tono saccente) quello del Marx.
MOGLIE Lo so. Lo so. Continua.
OSTE “L’immortale appello del Manifesto grazie alla correzione di Kautsky…” (Commenta.) Nomi e fatti, neh …”oggi suona: “Proletari di tutti i paesi unitevi in pace e sgozzatevi in guerra!” (La moglie ride.) Dunque oggi: “Ogni sparo un russo, ogni colpo un francese” e domani dopo la conclusione della pace, abbracci e baci fra i lavoratori di tutto il mondo. (Ride, beve.)
MOGLIE Prosit!
OSTE “Posta davanti alla più grande prova storica, prova che aveva persino predetto, la socialdemocrazia non ha avuto la forza non solo per intendere, ma anche per fare la storia”. (Pausa.) Questo non l’ho capito.
MOGLIE Ma sì: che è tutto un branco di parolai, no?! Tante storie e poi in guerra ci siamo ben entrati, no?!
OSTE E che, se non lo facevano il Kaiser stava a sentire loro?!
MOGLIE Il 4 agosto i crediti di guerra li hanno votati tutti, no?! Neanche provato hanno. (Strappandogli il giornale dalle mani.) Ascolta: “…Con tutta la sua esemplare conoscenza teorica e con tutta la sua forza organizzativa, presa dal gorgo del torrente della storia, la socialdemocrazia in un attimo è divenuta un rottame senza timone in preda al vento dell’imperialismo.”
OSTE (Beve.) Chi è che scrive ‘sta roba?
MOGLIE La Rosa Luxemburg. E sai da dove? (L’oste scuote la testa.) Dalla galera!
OSTE Ostia! E come fa? Non la controllano?
MOGLIE Otto, anche nelle prigioni tedesche c’è gente che ha coraggio.
OSTE (alludendo al bicchiere vuoto) Un’altra?
MOGLIE Un’altra!
IV QUADRO
Berlino. Autunno 1915. La stanza di ricevimento del carcere della Barnimstraße. Rosa è seduta con Mathilde Jacob, la sua segretaria. Su un lato una guardia, in piedi, in sorveglianza.
MATHILDE (aprendo un pacchetto) Come mi aveva detto. Questa è la camicia.
ROSA Si ricorda la prima scena della Maria Stuarda, quando le vengono tolte le gioie. Essere privati dei piccoli ornamenti della vita - dice la balia di Maria, Lady Kennedy – è più duro che sopportare grandi avversità.” Vada a leggersi il passo, Schiller lo dice un po’ meglio di me. MATHILDE Il sarto è pagato ed è avanzato anche qualcosa (estraendo dalla borsetta) con cui le ho preso questo. (Le mostra una confezione di mandorle.)
ROSA (con evidente gratitudine) Non so come faccia. Io sono molto meno abile con le mie finanze. Passi tutto alla guardia. Qui le ispezioni sono severe. (Fa un gesto alla Guardia.)
GUARDIA (si avvicina con un cesto, fa cenno a Mathilde di gettarvi gli oggetti, poi controlla) Una camicia da notte di cotone pesante e un pacchetto alimentare contenente mandorle. (Rivolto a Mathilde.) Mi prometta che non le passerà niente.
Rosa e Mathilde rispondono all’unisono.
MATHILDE & ROSA Sicuro. Promesso.
Ambedue scoppiano a ridere. Mentre la Guardia va a riporre gli oggetti per Rosa, questa fa scivolare nel grembo di Mathilde una pallottola di carta. Mathilde la nasconde con un gesto repentino tra i suoi indumenti.
ROSA (incalzante, approfittando della momentanea occupazione della Guardia) Per Karl Liebknecht. La consegni a Sonja. Gliela farà avere. Novità?
MATHILDE E’ tornato dal fronte.
ROSA Liebknecht?
MATHILDE Sì.
ROSA Rientrato?
MATHILDE In permesso parlamentare.
ROSA Si sono riuniti?
MATHILDE Ha fatto una nuova interrogazione al governo.
ROSA I bonzi come hanno reagito?
MATHILDE Continuano a isolarlo.
ROSA Che bestie!
MATHILDE Lui però ha preparato un volantino con: “Il nemico principale sta nel proprio paese!”
ROSA Diffusione?
MATHILDE Berlino.
ROSA Reazioni?
MATHILDE Potenti.
ROSA Clara Zetkin?
MATHILDE Ancora reclusa.
ROSA E Pieck?
MATHILDE Anche lui.
ROSA Meyer, Eberlein?
MATHILDE Hanno fatto piazza pulita.
ROSA (preoccupata) Anche Jogisches?
MATHILDE (si accorge che la Guardia, sbrigate le formalità, ha preso a muoversi nella stanza) Il tutore di Mimi sta bene. (Lo stato d’animo di Rosa muta immediatamente in meglio.) A proposito avrei voluto farle una sorpresa e portarle qualcuno in visita, ma poi ho pensato fosse meglio chiederle il permesso.
ROSA Non fanno entrare più di una persona.
MATHILDE Avrebbero fatto un eccezione.
ROSA In nessun caso.
MATHILDE Neanche per Mimi? Le manca tanto.
ROSA Mathilde! Mimi in un cesto, dentro una vettura, in visita nelle imperiali istituzioni correttive e poi di nuovo a casa sua?! Come se si trattasse di una creatura della specie felis domestica!
MATHILDE Pensavo di farle una cosa gradita.
ROSA Gradito per me, ma atroce per lei. Mimi ha un carattere difficile, estremamente eccitabile, è una principessa in veste di gatta e tutte le volte che io, la sua stessa madre, ho cercato di portarla fuori di casa, ho dovuto scontrarmi con i suoi attacchi. Lasci la piccola nel suo cesto. Almeno lei. (Si alza, pronta ad accomiatarsi, subito imitata da Mathilde.) Comunque grazie del pensiero. E porga i miei saluti al suo tutore.
MATHILDE (Le due donne si avvicinano per scambiarsi un abbraccio) Alla prossima settimana.
GUARDIA (avvicinandosi) Niente scherzi!
MATHILDE Si figuri.
GUARDIA Tanto lo so, che l’avete fatto anche stavolta. Vorrei solo capire come fate a intendervi.
Le due donne si scambiano un sorriso.
ROSA Questo resta un nostro segreto, signor guardiano.
V QUADRO
Berlino. Febbraio 1916. Rosa, appena rilasciata dal carcere, è nella sua casa di Südende. Seduta sul sofà è letteralmente circondata da fiori e doni di tutti i tipi: barattoli di conserva, marmellata, fiori, sapone, tè, cacao, sardine. Presso di lei in visita una compagna di mezza età, che ha tra le braccia un cesto di verdura fresca.
ROSA (ricevendo il dono) Dove avete trovato tutto questo ben di Dio?
COMPAGNA Nel mio orto.
ROSA Grazie compagna…
COMPAGNA Theresa.
ROSA Grazie Theresa. Sono beni preziosi di questi tempi.
COMPAGNA Ve li meritate. (Con timidezza.) Io vi ho sentita parlare. E ci ho due figli al fronte.
ROSA Avete loro notizie?
COMPAGNA (con una punta d’orgoglio) Quello grande da quando è cominciata, ha scritto quattro volte. Il piccolo una sola, perché lui deve pagare uno che scrive e come deve fare, povero figlio, se mi scrive finisce che non mangia, quindi è meglio che non mi scrive.
ROSA Lei sa che la pensano.
COMPAGNA Quando finirà?
ROSA Non lo so.
COMPAGNA E se non tornano o tornano storpi, che devo fare?
ROSA Dovremo cercare di evitare che possa succedere ancora.
COMPAGNA Per i figli degli altri?
ROSA Sì.
COMPAGNA E se mio marito non torna?
ROSA Dovrà essere forte.
COMPAGNA E prendere un altro per il mio letto?
ROSA Non lo so, compagna. Non lo so.
VI QUADRO
Berlino. Autunno 1916, carcere della Barnimstraße. Rosa è di nuovo detenuta. Riceve la visita di Mathilde Jacob. Seduto all’altro lato della stanza un poliziotto.
ROSA (ha in mano una tavoletta di cioccolata) Grazie per la cioccolata. Mi raccomando, sia modesta. Cerchi di non scrivermi, se non è strettamente necessario. Di nuovo hanno limitato la posta. Una volta al mese per il ricevimento e una per la spedizione. Veda di coordinarsi con Leo, Luise, Clara e Sonja Liebknecht.
MATHILDE Non vorrei che il suo nome continui a venir appaiato a quello di Karl Liebknecht. Quell’uomo è sempre più audace e imprudente. Pecca di vanità.
ROSA Anch’io gli avevo raccomandato di non esporsi inutilmente e mi ha sempre risposto che l’immunità parlamentare lo avrebbe garantito dalla prigione.
MATHILDE (sarcastica) Infatti tutti i compagni che non sono stati seppelliti in una trincea, sono stati mandati a marcire in qualche carcere di sicurezza. Compreso lui.
ROSA Il suo errore è confrontare Karl Liebknecht con Leo Jogisches. Lo metta a confronto coi compagni tedeschi e vedrà che l’uomo ha i suoi meriti. Mathilde! Sono così stanca di quello che succede là fuori. Mai quella paludosa compagnia di rane mi è stata così odiosa ed estranea.
MATHILDE Rosa, la solitudine la sta indurendo.
ROSA D’ora innanzi non sono disposta a fare la più minima concessione, né nei rapporti politici, né in quelli personali. Esistono due tipi di creature nel mondo animale: quelli che hanno la spina dorsale e possono camminare, stare in piedi e persino correre e quelli che non ce l’hanno e perciò sono costretti a strisciare, a trascinarsi e appiccicarsi.
MATHILDE La Germania è diventata una pozzanghera.
ROSA L’Europa, Mathilde. Quello che mi tormenta è che i troni saltano, i regni scoppiano, ma il mondo resta a testa in giù e io non riesco a venir fuori dal maligno cerchio di qualche dozzina di persone, (aumentando inavvertitamente il tono) eternamente le stesse et plus ça change, plus ça reste tout à fait la même chose.
POLIZIOTTO (avvicinandosi ringhioso) Niente lingue straniere!
ROSA Non ho detto niente d’increscioso.
POLIZIOTTO Me lo dice con quella faccia?
ROSA E’ l’unica che ho.
POLIZIOTTO Non si azzardi a rispondermi.
ROSA E lei smetta di ringhiare.
POLIZIOTTO E come ci parlo, con una cagna?
ROSA Non si permetta!
MATHILDE Per favore.
POLIZIOTTO Non si metta in mezzo, lei. La visita è conclusa.
ROSA Ma se stiamo parlando da non più di dieci minuti!
POLIZIOTTO Il tempo è scaduto.
ROSA Ah, no! Dobbiamo discutere cose importanti e non rinuncio a quello che mi spetta. Noi finiamo la nostra conversazione. (Rivolta a Mathilde, in tono calmo e ufficiale.) Dunque, l’avvocato Weinberg deve essere messo al corrente delle mie richieste…
POLIZIOTTO (interrompendola. Sollecitando Mathilde ad uscire) Allora non ha capito. L’ora è finita.
ROSA Vede Mathilde, io continuo a cercare di guardare con compassione ai poveretti che finiscono per servire come cani da guardia il padrone che li affama, ma pecco d’orgoglio. Quale miracoloso specchio può rimandare un’immagine umana della schifosa spia che ci è di fronte?!
POLIZIOTTO (minacciosamente) Te lo faccio vedere io lo specchio, vecchia puttana.
ROSA (tirandogli addosso la tavoletta di cioccolata, che ha tra le mani) Ahhh!
POLIZIOTTO (precipitandosi su Rosa) Isterica, ti schiaccio anche l’altra di gamba!
ROSA Non mi toccare! (Mathilde si alza di scatto. Il poliziotto si precipita su Rosa per ricondurla in cella.) Lasciami! (Rosa si divincola come un’ossessa.)
POLIZIOTTO (la conduce fuori dalla stanza con la forza) Questa la paghi. Vedrai come la paghi.
VII QUADRO
Berlino, casa Kautsky. Primavera 1917. Luise Kautsky siede ai piedi di una poltroncina. In terra, davanti a lei il cofanetto della corrispondenza. Molte buste sono rovesciate a terra. Sta cercando una lettera di Rosa del 1904. Infine la trova. Legge.
LUISE “E’ sera e una brezza fresca soffia dall’alto attraverso la finestra nella mia cella. La vita gioca con me un eterno rimpiattino. Mi sembra sempre che non sia in me, né dove sono io, ma in qualche altro posto, lontano. Una volta, a casa, alle prime ore del giorno, io sgattaiolavo alla finestra e il lungo Antoni, nella sua pelliccia corta di pecora, che portava estate e inverno, era alla fontana, mani e mento appoggiati al manico della scopa. Poi scrosciava uno sbadiglio sonoro, che significava: ora si va al lavoro. Ce l’ho ancora nelle orecchie lo stropiccio della scopa storta di Antoni sul lastricato della corte. Ed era il momento più bello della giornata, prima che si risvegliasse la vita desolata, chiassosa, e martellante della grande caserma di locali d’affitto. In alto sui vetri delle finestre scintillava l’oro del giovane sole e più in alto veleggiavano nuvole rosee di fumo prima di sciogliersi nel grigio cielo della grande città. Allora ero fermamente convinta che la vita esistesse in qualche posto lontano, laggiù, oltre quei tetti. Da allora continuo a inseguirla. Ma essa si nasconde sempre nuovamente dietro altri tetti. Alla fine è stato tutto un gioco crudele con me e la vita reale è rimasta lì, impigliata nel cortile, dove la sera in guardiola il lungo Antoni imparava a leggere.”
Luise è commossa. Silenziosamente ripiega la lettera, riordina le buste sparse e chiude il cofanetto.
VIII QUADRO
Il cortile del carcere di Breslavia. Primavera 1917. Rosa passeggia con Sonja Liebknecht. Si fermano davanti a una piccola aiuola fiorita contro il muro di cinta, l’unico luogo bagnato di sole. Rosa è visibilmente stanca e invecchiata. Sul capo indossa un velo nero leggero a pois neri.
ROSA Sono le mie prime pianticelle e stanno tutte a capo ritto. A Pentecoste avrò tanti bei fiori davanti alla finestra. (Le indica la finestra della sua cella.)
SONJA Il sole è già abbagliante.
ROSA (sistemandosi il velo) Il suo velo accompagnerà tutte le mie passeggiate all’aperto.
SONJA (cupa) A Karl non è permesso uscire.
ROSA Non si angusti, mia cara. Non serve. Così perde ogni possibilità di aiutarlo.
SONJA Perché la vita è così dura?
ROSA Bambina mia. La vita è così. Vi rientra tutto: dolore e distacco e ansia. E bisogna imparare a prenderla con tutto ciò che comporta. Io almeno faccio così. Non è saggezza forzata. E’ la mia natura e quindi mi sento felice in ogni situazione. Vede Sonjuschka, quanto più l’abiezione e l’orrore oltrepassano limite e misura, tanto più io divento serena e forte. E’ come di fronte alla forza degli elementi: un uragano, un’inondazione, un’eclissi, non si possono valutare con misure etiche, bisogna considerarli oggetti d’indagine e di conoscenza.
SONJA Non riesco a capacitarmi del fatto che alcuni uomini possano decidere la vita di altri. Ma io non sono triste. Anzi le belle notizie dalla Russia mi consolano, perché penso che non ci saranno più ostacoli per il viaggio di mia madre.
ROSA (scoppia a ridere) Mi perdoni, Sonja. Mi è venuto in mente un personaggio di Dostoevskij. Nei Fratelli Karamazov c’è una certa madame Chochlakova, che ha l’abitudine di porre domande capitali e mentre lancia sguardi sconcertati ai suoi interlocutori, prima ancora che qualcuno provi a risponderle, è già saltata a un altro argomento. Uccellino mio, tutta la storia dell’umanità civile, che secondo un calcolo modesto conta alcune decine di secoli, è basata sulle decisioni che alcuni uomini prendono su altri uomini e tutto questo ha le sue radici nelle condizioni materiali della vita.
SONJA E che possiamo fare noi, povere creature?
ROSA Innanzitutto prenderci cura di noi stessi. E non soccombere alla sventura. Lottare per la felicità. La felicità è rigenerante, come sole e vento. Abbia cura di sé. La visita di sua madre l’aiuterà.
SONJA Ho tanta pena per Karl. La sua stessa vita è un carcere: quando non è costretto tra quattro mura, è come condannato a continua corsa.
ROSA E’ un bravo ragazzo, ma è un eterno fanciullo: si lancia in ogni faccenda con tutta l’esaltazione, (in tono confidenziale) per poi farla regolarmente cadere.
SONJA Odia l’immobilismo e il fatalismo.
ROSA E gliene sono grata. Ma ancora di più mi piace perché nonostante la sua vita al galoppo, non ha perso l’innocenza.
SONJA Ricorda quel paio di volte che siamo andati tutti e tre al giardino botanico?
ROSA A goderci la primavera. Era come rinato. Tenga duro Sonička e quando la guerra sarà passata ce ne andremo al sud.
SONJA In viaggio in Italia?
ROSA Sto pensando di trascinarla in Corsica. Lì, la bibbia e l’antichità sono ancora vive. Dobbiamo andarci come ho fatto io un paio d’anni fa: attraversando l’isola a piedi , riposando ogni notte in un posto diverso, accogliendo il sorgere del sole mentre si è già in cammino. Le piacerebbe?
SONJA Tanto.
ROSA Lo faremo. Nel mio intimo mi sento molto più a casa mia in un campo, tra i calabroni e l’erba, che non a un congresso di partito. Appartengo più alle mie cinciallegre che ai compagni. E non perché nella natura io trovi un rifugio, come tanti politici intimamente falliti. Al contrario: anche nella natura vedo a ogni passo tanta crudeltà. E nonostante tutto, lei lo sa, spero di morire sulla breccia: in una battaglia in strada o in carcere.
SONJA Non mi spaventi.
ROSA Non ne ho nessuna intenzione. Ognuno deve scegliere come vivere a seconda del proprio intimo segreto. A volte la vita che si è scelta può segnare anche la nostra fine. L’importante è essere preparati. Legga, bambina mia. Si nutra anche intellettualmente. Lei è così fresca e sensibile, che può farlo.
IX QUADRO
Inizio di novembre 1917. Breslavia. Un corridoio del carcere. Rosa siede su una panca. Tra le mani ha un biglietto.
CARCERATA Non scende a passeggiare, oggi?
ROSA No.
CARCERATA Non sta bene? L’aria non è così fredda.
ROSA Non ne ho voglia.
CARCERATA E’ successo qualcosa? (Rosa annuisce, assente.) Grave? (Rosa le porge il biglietto senza indugio. La donna gliela restituisce.) Non voglio impicciarmi.
ROSA (porge ancora il biglietto) Non importa.
CARCERATA (dopo un attimo di titubanza, lo respinge nuovamente) Non so leggere.
ROSA (solleva la testa) E’ caduto. Una granata.
CARCERATA Suo marito?
ROSA Il mio amico. Quello che scriveva sempre. Ricorda?
CARCERATA Chi? Il medico?
ROSA Hans. Hans l’ingenuo.
CARCERATA Vi volevate bene?
ROSA Era l’amico più caro. Quello che come nessun altro sapeva riconoscere ogni mio stato d’animo, ogni emozione. Ed era in grado di condividerla con me.
CARCERATA (sedendosi sulla panca affianco a lei) Venga. Si lasci andare.
ROSA Avevamo fatto mille piani per il dopoguerra. Com’è possibile? Un fiore strappato e calpestato.
CARCERATA Pianga, ha bisogno di piangere. Pianga qui con me.
ROSA No. Bisogna tenere la testa alta, rimanere fieri e non mostrare niente. Dobbiamo solo stringerci un po’ per avere più caldo. (Sta seduta affianco alla carcerata, in posa dignitosa, senza aggiungere altro.)
CARCERATA Vuole che la riaccompagni in cella?
ROSA No. Resti qui con me. Non posso stare sola.
III INTERMEZZO
La seconda rivoluzione
Nebbia. Rosa entra zoppicando come una lepre in fuga. Ai piedi ha solo la scarpa destra, le mani sono inguantate. Nella mano sinistra ha la scarpa mancante, nella destra una valigetta. La valigetta le scivola di mano e si apre: ne cadono fuori alcuni capi di biancheria, una camicia da notte, il Faust II, gocce d’acqua. Nel tentativo di non lasciar cadere gli oggetti, Rosa finisce per perdere anche la scarpa. Dietro di lei appaiono la sorella e il fratello, Anna e Josef, in età infantile, che nonostante la vedano in difficoltà le si aggrappano con violenza alla sottana.
ANNA (in tono petulante) Parlaci della Rivoluzione.
ROSA (come se non avesse sentito la loro richiesta) Non so se voi, con tutte le preoccupazioni che vi cagiona Scheidemann…
ANNA (interrompendola) Scheidemann. E chi è Scheidemann?
ROSA (continuando) … avete notato che lo scorso anno è stata fatta una scoperta rivoluzionaria…
ANNA Parlaci della Rivoluzione.
ROSA L’inglese Walkey avrebbe scoperto “il centro dell’universo”…
JOSEF (interrompendola) Non avere paura.
ROSA (continuando) … e questo sarebbe la stella Canopo, nella costellazione della nave Argo (emisfero meridionale), che dista da noi solo cinquecento anni luce ed è un milione e mezzo di volte più grande del sole.
ANNA (che ha ascoltato per un po’) Questa non è Storia.
JOSEF No. Questa è Geografia.
ANNA Infatti.
JOSEF Parlaci della Storia.
ANNA Parlaci della Rivoluzione.
ROSA (continuando la sua esposizione) Quello che mi preoccupa è che un centro, attorno a cui tutto si muove, trasforma l’universo in una palla. Questa simmetria della figura, e proprio in questo caso, in cui è in gioco il tutto, manda all’aria né più né meno che l’infinità dell’universo, giacché un’infinito a forma di palla è una corbelleria.
ANNA Non è questo che siamo venuti a sentire.
JOSEF Hai sbagliato tutto.
ANNA La rivoluzione! La rivoluzione!
JOSEF La rivoluzione! La rivoluzione!
ROSA La rivoluzione…
ANNA Sì, dicci.
JOSEF Illuminaci.
ROSA La rivoluzione… (cercando le parole.)
ANNA Che cos’è la rivoluzione?
JOSEF Coraggio. Stiamo aspettando.
ROSA La storia ci racconta che i movimenti di violenza popolare non sono il prodotto arbitrario di un partito o dei suoi capi.
ANNA Ho capito!
JOSEF La rivoluzione è il prodotto di un partito…
ROSA No. La rivoluzione è un fenomeno sociale elementare…
JOSEF (interrompendola) Un prodotto arbitrario.
ROSA (continuando) … che possiede la stessa violenza della natura.
JOSEF I bolscevichi hanno fatto la rivoluzione russa.
ANNA E i socialdemocratici faranno la rivoluzione socialdemocratica?
ROSA Questo stato delle cose non è mutato neanche con l’avvento della socialdemocrazia.
JOSEF Ma se la rivoluzione è una dittatura…
ANNA … la dittatura della socialdemocrazia…
JOSEF … sarà una dittatura socialdemocratica!
ROSA Guai a quella socialdemocrazia…
JOSEF E questo sarebbe il miracolo?
ROSA (continuando) … che non sia in grado di evocare sulla scena sociale…
ANNA (interrompendola) Così ci hai insegnato!
ROSA (continuando) … forze spirituali che si mettano in azione…
JOSEF Dov’è il tuo miracolo?
ROSA (continuando) … con tale estensione e rapidità da poterle prendere la mano.
ANNA (con voce incalzante) Mostraci il miracolo!
JOSEF (c.s.) Ci hai promesso un miracolo!
ANNA Vogliamo il miracolo!
JOSEF Sennò uccidiamola!
ANNA E’ vero: uccidiamola!
JOSEF Uccidiamola.
ANNA Uccidiamola.
JOSEF Sei una bugiarda.
ANNA Uccidila!
JOSEF Hai cercato di ingannarci.
I ragazzini afferrano Rosa per i polsi e la tirano da un lato e dall’altro, come nel gioco della Bandiera.
ANNA Crocifiggila. Inchiodala a una croce d’ulivo. Che il sangue le sgorghi ai quattro punti cardinali. Le sue menzogne hanno creato confusione. Che la voce le si secchi in gola. E nessuno saprà mai che cosa sarebbe potuto succedere, se questa strega avesse continuato a parlare.
I fratellini trascinano Rosa a terra. Josef la colpisce alla testa con una pietra. Il corpo di Rosa scivola a terra.
JOSEF (guardando il corpo immobile) La lepre zoppa è caduta nel fango.
ANNA La rivoluzione se la sono mangiata i pesci.
Anna e Josef corrono via saltellando.
IV ATTO
Acqua
I QUADRO
Breslavia. Marzo 1918. Stanza di ricevimento del carcere. Rosa riceve la visita di Paul Levi.
ROSA Ricorda? “E’ vero: non si spegne il fuoco con il fuoco, né si asciuga l’acqua con l’acqua, però la pietra si spacca con la pietra, il ferro si respinge col ferro”. E’ la Bibbia.
LEVI Il terrorismo mostra grandi debolezze.
ROSA Certo, e io ho sempre attaccato l’uso indiscriminato della violenza, ma in questo caso essa è diretta contro nemici interni sostenuti e incoraggiati dal capitalismo fuori della Russia.
LEVI Il terrore russo quindi è inanzitutto espressione della debolezza del proletariato europeo?
ROSA Esattamente. Se gli operai europei, tedeschi continueranno ad assistere con benevolenza all’appassionante spettacolo della rivoluzione russa, invece di mettersi in azione, al potere sovietico non potrà toccare altra sorte che il fallimento, come nella Comune di Parigi. Ne riparleremo.
LEVI Rosa, io la ringrazio per aver accettato la nostra decisione.
ROSA Lo sa, Levi, credo che questa sia la prima volta negli ultimi dieci anni che qualcuno riesce a dissuadermi dal pubblicare un articolo. Che cosa resta a Robinson Crosuè, prigioniero della sua isola, se gli si tolgono carta e penna?
LEVI Rischiavamo di mettere in mano ai nostri avversari una silloge di riflessioni, talmente sottili da prestarsi a essere distorte e utilizzate contro il nostro scopo. Lei ha compreso le nostre ragioni.
ROSA Resto dell’idea che lei possa comprendere la mia visione della rivoluzione russa.
LEVI Questo è possibile.
ROSA Scriverò un opuscolo personale per lei e se riuscirò a convincerla lo sforzo non sarà stato vano. (Una pausa. Poi, in tono di commiato.) La prego di passare questo a Mathilde. Se le domandano qualcosa sono sigarette. (Levi la guarda in tono interrogativo.) Per Leo. Ora che è in prigione se ne occupa Mathilde. (Silenzio.) Le ho scambiate con un panetto di burro.
LEVI (in tono di rimprovero) Rosa! Ci avrei pensato io.
ROSA Per favore. Finché sono qui, ne ho bisogno.
LEVI Le hanno dato comunicazioni?
ROSA Per il prossimo trimestre, come sempre.
LEVI Non c’è modo di fare altro.
ROSA (annuisce) E’ l’incarcerazione preventiva.
LEVI Una delle armi più subdole.
ROSA Può ben dirlo. La libertà si allontana di volta in volta, come la tartaruga del paradosso.
LEVI In attesa della liberazione.
ROSA In attesa di che?
LEVI Non le conosco questo tono.
ROSA Mi dia una ragione per tornare a lottare e lo farò.
LEVI Il gruppo spartachista potrà trasformarsi in un nuovo partito.
ROSA Non ho mai creduto che staccarsi dalla socialdemocrazia fosse una mossa sensata.
LEVI Eppure, se sarà necessario dovremo arrivare anche a questo.
II QUADRO
Berlino, quartier generale socialdemocratico. 6 novembre 1918. Il capo della socialdemocrazia Ebert e il capo dello Stato Maggiore Generale Groener si sono appartati da una riunione ufficiale.
EBERT La rivolta si sta espandendo in tutta la Germania. Ho gli ultimi sviluppi delle insurrezioni dei marinai di Kiel e Hannover.
GROENER A quando risalgono le sue informazioni?
EBERT Un quarto d’ora fa. Ieri gli operai di Kiel sono entrati in sciopero. A Lubecca e Brunsbüttel si sono formati consigli operai e militari. La data che hanno fissato per l’azione è l’11 novembre. Oggi è il 6. Il Kaiser deve abdicare immediatamente.
GROENER E’ fuori discussione.
EBERT E’ l’unico modo per evitare la rivoluzione.
GROENER Non è forse quello che il suo partito ha sempre pronosticato?
EBERT Io odio la rivoluzione come la peste.
GROENER Non posso delegittimare l’esercito.
EBERT Generale, Scheidemann si è espresso chiaramente. Ogni discussione è fuori luogo. Nessuno di noi può essere sicuro del fatto che domani sarà ancora seduto sulla sua poltrona. E’ arrivato il momento di agire. Il destino della Germania è nelle nostre mani.
GROENER Rinunciare alla monarchia?
EBERT Nonostante sia io che Scheidemann siamo convinti repubblicani, la questione monarchia o repubblica ha per noi un valore puramente teorico. Anche conservando la monarchia, siamo intenzionati a istituire un sistema parlamentare. E’ per questo che consiglio sua eccellenza di cogliere al volo l’ultima possibilità di salvare la dinastia del Kaiser, proclamando la reggenza di uno dei principi.
GROENER La proposta è indiscutibile. E’ in mia facoltà metterla al corrente che i principi si sono dichiarati solidali con il proprio padre e nel caso il cui egli si trovasse costretto a rinunciare alla corona, nessuno di loro sarebbe disposto ad acquisire la reggenza.
EBERT In questo caso, le cose seguiranno il loro corso. Il Kaiser dovrà essere deposto al più presto per scongiurare la guerra civile. A nome mio e dei miei la ringrazio. Non dimenticheremo la collaborazione che ci avete fornito durante la guerra. D’ora in poi le nostre strade si dividono.
GROENER Le auguro che la situazione non le sfugga di mano.
EBERT Faremo tutto il possibile.
I due uomini si stringono la mano. Il generale Groener esce.
III QUADRO
Breslavia. 9 novembre 1918, ore 9.00. mattina. Rosa, che appare molto stanca, è stata appena rilasciata ed è a casa della famiglia Schlisch. Selma Schlisch le ha preparato una tazza di caffè fumante. Rosa chiama al telefono Mathilde a Berlino.
ROSA (al telefono) Sì. Pronto. (Fa fatica a sentire.) Pronto. (Riconoscendola.) Mathilde! Che sollievo! Sono dalla famiglia. (Breve pausa.) Sì. (Breve pausa.) Sì. Dimessa. (Breve pausa.) Improvvisamente. Ieri sera. (Breve pausa.) Hanno liberato tutti i prigionieri politici. Era tardi e ho deciso di passare un’ultima notte nella tomba. (Breve pausa.) Sì. Sono uscita un’ora fa. (Breve pausa.) Certo. Posso aspettarvi qui? (Breve pausa.) Con la ferrovia? (Breve pausa.) Bloccata. (Breve pausa.) Sì. Lo sciopero generale. (Breve pausa.) E a Berlino? (Breve pausa. Poi timorosa.) E, dimmi, il tutore di Mimi? (Breve pausa.) La salute? (Breve pausa. Immediatamente sollevata.) Va bene. Sentilo. (Breve pausa.) Potreste venire in automobile. (Breve pausa.) Lo so, cara. Grazie. (Breve pausa.) Anch’io. (Breve pausa.) Aspetterò. (Breve pausa.) Le saluto la famiglia. Attendo sue notizie. Addio. Addio. (Rosa riaggancia la cornetta. Beve il suo caffè, pensierosa. Poi impugna una penna e prende a scrivere di getto.) “Ora è necessario lavorare a un programma socialista-rivoluzionario. Non sarà la deposizione di un paio di Hohenzollern a concludere la faccenda. Fate sì che il potere che state conquistando non vi scivoli dalle mani e che altri lo raccolgano per i propri fini…”
IV QUADRO
Una strada del centro di Berlino. 9 novembre 1918, ore 13.00. La moglie di un monarchico sventola un volantino spartachista.
DONNA (leggendo a voce alta) “Eliminazione degli Hohenzollern prussiani, in nome di Dio! Abbasso gli sfruttatori di sangue reale degli stati tedeschi! Scioglimento delle tre dozzine di principati tedeschi! Fondazione di una repubblica unita di Germania!” Gli spartachisti inneggiano alla libertà! Non date ascolto ai socialdemocratici, che hanno istituito una repubblica socialdemocratica. Liebknecht sta per proclamare la repubblica socialista! Da ora in poi saranno i consigli degli operai a governare!
MARITO (sopraggiunge da una strada laterale e gli si scaraventa addosso) Finalmente ti trovo! Maledetta! Ti ho cercato ovunque e tu stai per la strada proprio in mezzo a questa massa di esaltati. Dovranno tirare giù il cielo dalla Germania, prima che riescano a cacciare gli Hohenzollern dal loro trono! (Le sfila il volantino tra le mani, lo appallottola e la prende per un braccio.) A casa, cagna isterica!
MOGLIE (divincolandosi) Tu e tutti quanti quelli come te, si sono fatti ingannare giorno dopo giorno. (Gli sfugge dalle mani. Con rabbia, da lontano.) Per anni vi hanno ubriacato con la frottola di una vittoria finale. Ci hanno ucciso i padri, ci hanno ucciso i figli e voi, voi che l’avete scampata, credete ancora alle loro parole? E continuate ad ascoltarli senza la voglia di strappargli via la lingua dalla bocca?!
UOMO Il popolo tedesco non lascerà che una combriccola di gangster consegni il paese nelle mani dei sovietici! E tu, tu ed io, non abbiamo più niente da dirci.
La donna si allontana correndo. L’uomo resta immobile, lo sguardo fisso nella sua direzione.
V QUADRO
Centro di Berlino. 9 novembre 1918, ore 13.30. L’attore Alexander Moissi declama per i lavoratori riversatisi nelle piazze un brano teatrale.
MOISSI Compagni, un tempo la rivoluzione entrava nel teatro, perché i pochi potessero godere di un pensiero innocuo sulla libertà. Ora è il teatro che scambia la visita alla rivoluzione. Scende nelle strade e diventa fuoco. Reciterò per voi La morte di Danton del compagno poeta George Büchner. (Si gira di spalle. Un attimo di raccoglimento. Quando si volta ha assunto l’espressione di Saint-Just, che apostrofa i deputati alla convenzione nazionale).
“Sembra che in questa assemblea ci siano orecchie sensibili che non possono sopportare la parola “sangue”. Alcune considerazioni generali li potranno convincere che noi non siamo più crudeli né della natura né del tempo. La natura segue calma e irresistibile le sue leggi, e l’uomo è distrutto quando entra in conflitto con esse. Un mutamento nella composizione dell’aria, il divampare del fuoco tellurico, il minimo squilibrio che si produca in una massa d’acqua, un’epidemia, un’eruzione vulcanica, un’inondazione, seppelliscono migliaia di uomini. E qual è il risultato? Una modificazione insignificante, tutto sommato appena percettibile, nella natura fisica, che sarebbe trascorsa quasi senza traccia se sul suo cammino non giacessero cadaveri. Ora io vi chiedo: “Nelle sue rivoluzioni la natura spirituale deve avere più riguardi che non quella fisica? E altrettanto che una legge fisica, un’idea non deve poter annientare ciò che le si oppone? E in generale, un’avvenimento che muti l’intera conformazione della natura morale, vale a dire dell’umanità, non deve poter passare attraverso il sangue?” Lo spirito universale si serve, nella sfera spirituale, delle nostre braccia, così come in quella fisica usa vulcani e inondazioni. La rivoluzione è come le figlie di Pellia: fa a pezzi l’umanità per ringiovanirla. L’umanità, come la terra dalle onde del diluvio, si leverà da questo bagno di sangue con le membra animate da una forza primigenia, come fosse creata per la prima volta. (La folla applaude). Invitiamo tutti i segreti nemici della tirannide, che in Europa e per tutta la terra portano sotto le vesti il pugnale di Bruto, li invitiamo a dividere con noi questo istante sublime”. (Intona la “Marsigliese”, subito seguito dal pubblico. Applausi.).
VI QUADRO
Berlino, ristorante del Reichstag. 9 novembre 1918, ore 14.00. Il socialdemocratico Scheidemann sta mangiando una zuppa di patate. Un compagno lo raggiunge.
COMPAGNO Dottore, mi permetto di interromperla.
SCHEIDEMANN In cosa posso aiutarla?
COMPAGNO La folla è assembrata sotto il Palazzo del Reichstag. Aspettano la proclamazione della repubblica.
SCHEIDEMANN Sto finendo di mangiare.
COMPAGNO Mangerà più tardi.
(Lo spinge con decisione verso il balcone per il proclama della repubblica. Scheidemann si affaccia e pronuncia il suo discorso.)
SCHEIDEMANN Cittadini tedeschi! Cittadine tedesche! Il giorno della democrazia è arrivato. Abbiamo ottenuto la pace. Il regno degli Hohenzollern, che per centinaia di anni hanno governato questo paese, è terminato. In questo momento storico proclamiamo la Repubblica Socialdemocratica di Germania. Ora il nostro paese sarà retto in base a un sistema parlamentare!
Da sotto la folla scoppia in grida di giubilo. Il socialdemocratico applaude e ringrazia, poi torna al suo tavolo. Ebert lo raggiunge e si siede con lui.
EBERT Cosa ti è saltato in mente?
SCHEIDEMANN Mi hanno trascinato.
EBERT Non hai alcun diritto di proclamare la repubblica. Quello che sarà della Germania, se una repubblica o Dio sa che, lo stabilirà la costituente.
SCHEIDEMANN (agguanta il boccale di birra, che ha di fronte, poi a voce alta) In ogni caso il vecchio regime è caduto! Abbasso la monarchia! Viva il nuovo!
Gli avventori del ristorante scoppiano in grida di giubilo. Ebert si gira verso la gente e saluta, ostentando un sorriso.
VII QUADRO
Berlino, metà novembre 1918. Ufficio di Groener. Il generale è al telefono.
GROENER Signor cancelliere Ebert, sono in condizione di comunicarle che l’esercito ha testé manifestato l’intenzione di mettersi agli ordini del suo governo. Ci aspettiamo in cambio sostegno nel mantenimento dell’ordine e della disciplina all’interno delle stesse fila dell’armata. Il corpo ufficiali richiede inoltre un impegno da parte del governo nella lotta contro la diffusione del bolscevismo. (Breve pausa.) Dovremo stare in contatto quotidianamente per concertare ogni decisione. (Breve pausa.) Sapevo di poter contare su di lei. (Riaggancia la cornetta. Poi rivolto all’ufficiale.) Domani stesso verrà tracciata una linea segreta tra il quartiere generale dell’esercito e la cancelleria. Con l’aiuto di Dio riusciremo a trasferire nella nuova Germania l’elemento più forte della tradizione prussiana, mantenendo una buona parte del potere statale nelle mani dell’esercito, a dispetto dei rivoluzionari, spartachisti, radicali e bestie consimili.
VIII QUADRO
Berlino, il retro della taverna di un simpatizzante. Fine dicembre 1918. In sottofondo musica di chitarra e canzoni e molto fumo. Rosa e Mathilde mangiano una Rote Grütze. Mathilde legge un volantino.
MATHILDE “Lavoratori! Cittadini! La patria è vicina alla fine. Salvatela! La minaccia non viene dall’esterno, ma dall’interno”…
ROSA (interrompendola) Hanno copiato le parole di Liebknecht.
MATHILDE (continuando) … “dalla Lega Spartakus. Uccidete i suoi capi! Uccidete Liebknecht!” (continuando) … “Solo allora avrete pace, lavoro e pane.” Firmato: “I soldati del fronte”.
Sopraggiunge Leo Jogisches. Anche lui ha in mano la sua ciotola.
ROSA (con un sorriso) Ecco che arriva il tutore della gatta. (Gli fa cenno di sedersi.)
MATHILDE (mostrandogli il volantino) Continuano a spargere la voce che Spartakus sia responsabile di atti di violenza.
LEO (annuisce, la faccia affondata nel budino) Bisogna contenere l’azionismo cieco. Rischiamo di pagare per l’irresponsabilità di alcuni avventurieri.
MATHILDE Confondono le acque agitando lo spettro della Russia.
ROSA Una ragione in più per opporsi al terrore.
LEO (c.s., in tono critico) Quelli sostengono che sia l’unica arma contro la generazione che non ha saputo fermare la guerra mondiale. Violenza alla generazione violenta.
ROSA Ammettiamo pure che abbiano ragione. Ma come si fa ad essere così crudeli?
LEO (allusivo) Sei proprio tu a parlare di crudeltà?
MATHILDE (alzandosi) In ogni caso è bene che Liebknecht sia prudente.
ROSA Continuo a ripeterlo.
MATHILDE Temo però che Karl non ti tenga al corrente di tutti i suoi movimenti. Ora scusatemi. (Si allontana.)
LEO Cosa ha voluto dire?
ROSA E tu, a cosa ti riferivi?
LEO Quando ce n’è bisogno, anche tu sei capace di essere crudele.
ROSA Eccoci di nuovo qui.
LEO Chi è stato più crudele tra noi? Tu, senz’altro.
ROSA E quando dalla prigione ti mandai quella tavola di Turner per Natale e tu me la rimandasti indietro per il tramite di Mathilde? Non fu crudeltà?
LEO Ti scrissi che una così bella immagine non poteva che restare nel suo album.
ROSA Mi scrivesti che sarebbe stato vandalismo sottrarla al suo contesto.
LEO Una valutazione obiettiva.
ROSA Autentico Leo. Sono stata furiosa per mesi. E se alla prima occasione mi fosse venuta voglia di calare a terra un paio di stelle per regalartele come gemelli da polso, saresti stato così freddo da impedirmi a dito alzato di portare scompiglio negli atlanti di astronomia?
LEO Oh, la mia vecchia Rosa. Non siamo cambiati.
ROSA Sì, invece. Siamo diventati vecchi.
IX QUADRO
Berlino, congresso della lega Spartaco. 31 dicembre 1918..
ROSA (sale sulla pedana, ai partecipanti, dapprima visibilmente sottotono. Via via che parla, acquista poi energia, fino a ritrovare il consueto vigore) Compagni! Compagne! Voglio ricordare subito le parole di Engels, che raffigurando la società borghese la collocava dinanzi a un bivio: progresso verso il socialismo o regresso nella barbarie. Ora noi raccoglieremo gli spunti che Marx ed Engels svilupparono per primi settanta anni fa con il Manifesto del Partito Comunista. Consapevolmente liquidiamo il vecchio programma socialdemocratico e le sue conseguenze, che condussero alla guerra mondiale. (Applausi della folla.) Noi dobbiamo lavorare dal basso e questo corrisponde precisamente al carattere di massa della nostra rivoluzione. Purtroppo non siamo ancora in grado di assicurare la vittoria del socialismo rovesciando il governo. Il processo è certo più lungo di quanto non ce lo si sarebbe potuto figurare. Non sono in grado di profetizzare quanto tempo occorrerà per questo processo. Chi di noi sta a fare i conti? Che ci importa se la vita basta appena per lo scopo?”
La folla scoppia in un fragoroso applauso.
X QUADRO
L’androne di un palazzo al centro di Berlino. Tardo pomeriggio, gennaio 1919. Luce molto bassa.
ROSA Possiamo salire?
MATHILDE Non ancora.
ROSA Cosa c’è lì dentro?
MATHILDE Un pezzetto di tacchino arrosto per la cena.
ROSA Dammene un po’. Mi gira la testa.
MATHILDE (premurosa, strappa dal cartoccio un bocconcino di carne, lo adagia su un tozzo di pane nero e lo passa a Rosa) Ecco.
ROSA (mangia velocemente, poi) Se Leo mi vedesse, biasimerebbe la mia debolezza.
MATHILDE Leo non c’è e se ci fosse non si azzarderebbe a dirle niente.
ROSA Questo vuol dire che sta peggio di me.
MATHILDE Perché ha accettato di venire a stare a Wilmersdorf, insieme con Liebknecht? Una taglia da centomila marchi fa gola a troppa gente. Da quando le truppe hanno demolito la sede del Partito, non siete più sicuri. (Un breve silenzio.) Credo che sia arrivato il momento di rassegnarsi a lasciare la città.
ROSA (allungando la mano per chiedere un altro boccone) A Francoforte? Perché “l’ordine regni a Berlino”? (Scuote la testa.) Non possiamo ritirarci ora.
MATHILDE Solo finché le acque non si saranno calmate. (Un rumore dalla tromba delle scale. Subito Mathilde si sporge per vedere.) E’ qualcuno sul pianerottolo. Non scende. Torna indietro. (Una pausa.) Ci pensi.
ROSA Il giornale deve continuare a uscire.
MATHILDE Il giornale uscirà anche senza di voi.
ROSA I compagni hanno bisogno di sostegno.
MATHILDE (assorta tra sé e sé) Tutti hanno il sentore di quello che sta per succedere e tutti immancabilmente continuano ad agire in modo che il peggio accada davvero. (Prepara ancora un po’ di pane e tacchino. Poi, in tono concreto.) E girare di notte è quanto mai imprudente.
ROSA E’ inverno. Le giornate sono brevi. (Mangia e guarda fuori dal finestrino.) A primavera il crepuscolo si allungherà. Quando l’aria sarà più tiepida torneremo a passeggiare, senza doverci nascondere, Mathilde.
Dall’esterno giunge un segnale.
MATHILDE Ecco. Ora non c’è nessuno. Vada.
(Si abbracciano. Rosa si avvia.)
XI QUADRO
Berlino, Hotel Eden, quartier generale della divisione di difesa nazionale delle guardie a cavallo. Sera del 15 gennaio 1919. Il tenente Runge conduce Rosa, bendata, fuori dalla stanza d’albergo, dove era stata trattenuta. Nella hall alcuni clienti osservano la scena. Tra loro un uomo grasso e ben vestito che fuma il sigaro. Il tenente le scioglie la benda.
ROSA Dove sono?
RUNGE (in tono trionfante) Hotel Eden, zona del Giardino Zoologico: il quartier generale della divisione di difesa nazionale delle guardie a cavallo. (Prende a scendere dalle scale spingendo Rosa per un braccio) Giù!
ROSA Dove mi sta portando?
RUNGE Zitta!
ROSA Ho il diritto di sapere dove mi sta portando.
Il tenente Runge le stringe il braccio per intimargli di tacere. Rosa manda un gemito.
OSPITE Ma quella è Rosa Luxemburg!
RUNGE Eccola qui la vecchia sciancata.
OSPITE E quello che è passato mezz’ora fa era Karl Liebknecht in persona.
RUNGE Proprio quel bastardo.
OSPITE (facendosi addosso a Rosa) Avete finito di seminare odio. (Le lancia uno sputo. Rosa abbassa la faccia, come per schermarsi dall’offesa. Alcuni tra gli ospiti esprimono disappunto.)
RUNGE E’ quello che si merita. (Facendosi largo tra la gente.) Vogliate scusare il disagio. Stiamo eseguendo un ordine. (Rosa è spinta attraverso una porta girevole.)
OSPITE (rivolto agli astanti) Era ora che si preoccupassero di riportare la calma nella nostra città. La Germania è una polveriera. E questa banda di criminali continua a gettare olio sul fuoco.
Un momento di silenzio. Da fuori si percepiscono i rumori di una colluttazione. Poi tre colpi sordi. Gli astanti si guardano senza proferire parola. Dopo qualche istante il tenente Runge rientra. Ha in mano una scarpa sinistra di Rosa, che agita in aria come trofeo. Nell’altra mano ha il suo orologio a ciondolo. L’ospite gli fa cenno di lanciargli la scarpa. Nell’esaltazione del momento il tenente Runge esegue. L’ospite l’acchiappa, la tiene per un attimo. Alcuni degli ospiti dell’albergo si ritirano nelle loro stanze.
RUNGE (in tono trionfante, leggendo le iniziali riportate sul ciondolo) R. L. Rosa Luxemburg. Signori. Abbiamo salvato la Germania dalla rivoluzione.
OSPITE (tira di nuovo la scarpa al tenente Runge, che torna a innalzarla con orgoglio) Posso chiamare il fotografo dell’albergo? Vorrei un ricordo dello storico momento.
RUNGE Mi farà omaggio di una copia.
OSPITE Con immenso piacere.
XII QUADRO
Berlino. Marzo 1919. La morgue. Käthe Kollwitz e Mathilde Jacob davanti a un cadavere, steso su un tavolaccio e ricoperto da un lenzuolo bianco. La disegnatrice ha sottobraccio un cartoncino, ai piedi la scatola dei pastelli.
MATHILDE La sua maschera funebre di Karl Liebknecht è impressionante.
KOLLWITZ Nonostante non appartenga al partito comunista, provo la più grande comprensione per l’orribile morte dei suoi capi.
MATHILDE Hanno cercato di occultare la verità. Hanno spacciato il cadavere di Liebknecht per quello di un vagabondo trovato in un aiuola del Giardino zoologico. Il corpo della Luxemburg è stato fatto sparire, mentre un giornale dava notizia che la folla l’aveva trafugato. “Sono rimasti vittima del loro stesso terrore.” Hanno scritto. Quest’uomo è morto per averne denunciato l’assassinio.
KOLLWITZ (solleva la tela che ne copre il volto, poi la riabbassa, con rispetto) Deve essere stato molto bello. Anche ora il suo viso è stupendo.
MATHILDE Era un uomo difficile.
KOLLWITZ L’hanno ucciso a sangue freddo?
MATHILDE La versione ufficiale è: tentativo di fuga. Gli hanno sparato alle spalle nel corridoio del tribunale.
KOLLWITZ Comincerò subito. Come ha detto che era il suo vero nome?
MATHILDE Leon Jogisches. (Dopo un momento di silenzio, per superare la commozione) Mi farà sapere il suo onorario.
KOLLWITZ Non voglio farmi pagare un lavoro come questo.
MATHILDE Almeno mi lasci rifondere le spese della sua vettura.
KOLLWITZ Sono venuta a piedi da casa. Non ho voluto prendere l’auto, sapendo dove stavo per andare.
EPILOGO
Nebbia. Rosa avanza, grondante d’acqua. Il suo abito di seta è strappato. Il volto coperto da una lunga sciarpa bianca. Le mani inguantate in avanti, come a tenere un precario equilibrio. Ha smesso di zoppicare. In proscenio si intravede lo stesso catafalco della scena precedente. Una voce fuori campo canta la filastrocca di “Rosa la rossa”, mentre il coro della folla grida il motto del funerale. Il pianto di un bambino. Il grido di un uccello. Un’immensa elica percuote il cielo. In sottofondo lo sciabordare delle acque.
VOCE Rosa la Rossa, a gennaio han pigliata,
con una taglia era stata dannata
l’hanno trovata in un nascondiglio
l’han festeggiata come a un coniglio.
CORO No, non è morta, sta solo dormendo.
VOCE Rosa la Zoppa, alla testa han ferito
giù nel canale il suo corpo è sparito
una corsa in veicolo a notte fonda
poi l’hanno issata fin sopra alla sponda
CORO No, non è morta, sta solo dormendo.
VOCE Rosa la Rossa, di colpo han battuta
la verde fredda Sprea l’ha resa muta.
Dicon che aspetti in un cantone
che torni il giorno di rivoluzione.
CORO No, non è morta, sta solo dormendo.
ROSA Rosa la Zoppa, di maggio han pescata
Tra i tronchi e il fango è rimasta impigliata
L’abito è frollo e di carta straccia
Il fiume ormai gli ha mangiato la faccia.
Rosa avanza lentamente, si distende compostamente sul tavolaccio. Dall’oscurità appaiono Mathilde e l’impiegato della morgue.
MATHILDE Riconosco i guanti. E il cammeo.
IMPIEGATO Ripescata dall’Acheronte. Dunque non è vero che si fosse salvata. La gente del popolo giurava che si nascondesse in attesa di riprendere la lotta.
MATHILDE La prego.
IMPIEGATO Desidera ritirare i resti di questa donna?
MATHILDE Sì.
IMPIEGATO Allora deve pagare una tariffa di tre marchi.
Buio.
Isla de Pascua, 28 agosto 2003