Sangue

di

Francesco Delle Donne

Tre toni di sangue scorrono 
in corpo a questa sfida.
Il carminio fiamma della passione, 
lampo d’istinto che angoscia, 
ed affiorando brucia, 
a costo di ferire e farsi male.
Il vermiglio della malattia, 
del destino beffardo 
strappato agli occhi,
l’infetto virus che repelle 
e non perdona e avvelena, 
deridendolo, anche l’amore.
Il porpora del ‘sangue del mio sangue’, 
del figlio e di suo figlio, 
traccia marchiata a fuoco, 
condanna e forse liberazione, 
nell’atto del mancato perdono.
Pronto a scorrere… 
Sangue è tutto questo.


Persone: Lui Lei L’arbitro

I round

Ai bordi della scena elementi che evocano, delimitandola, la presenza di un ring.
All’interno dell’immaginario ring, un soggiorno dall’arredamento essenziale, giovane ma al tempo stesso piuttosto convenzionale.
Rivestimenti in alluminio e metallo.
Un tavolo al centro circondato da due sedie, una poltrona essenziale in fondo a sinistra. Un televisore.
Accanto alla poltrona un tavolino circolare, molto piccolo su cui è posto un telefono.
Sullo sfondo una libreria con diversi scaffali che lascia franca la metà destra della parete.
La sala comunica con la camera da letto mediante una porta posta all’altezza della seconda quinta di destra, mentre in prima di sinistra immaginiamo esserci la porta di ingresso. Una finestra non visibile è posta in terza di sinistra.
Le luci illuminano prevalentemente gli elementi simbolici del ring, oscurando quelli del soggiorno all’inizio dell’incontro e tra una ripresa e l’altra (quando un brusio diffuso di folla riempirà l’aria), e viceversa evidenziano prevalentemente gli elementi dei soggiorno lasciando nell’ombra il ring, durante i dialoghi-scontro.
L’arbitro veste una divisa tipica.

Lui e Lei rientrano in casa indossando un cappotto scuro lui, 
un soprabito rosso lei.
Si posizionano ai due lati della sala (ring) e si svestono con lentezza scrutandosi con aria di sfida, mentre l’arbitro, posto tra loro, prende la parola rivolto all’immaginario pubblico del match.
Arbitro:
Siamo al dunque: Il mach è decisivo. 
Arbitrare sarà dura. Ma è parte del gioco.
Garantisco di impegnarmi con la massima coscienza. 
Esigo che le regole vadano rispettate: Non voglio vedere colpi sotto la cinta.
Per il resto, che sangue scorra, se deve scorrere. 
Via al mach!
Suona la campana

lei
Che noia di cena...
lui
Io mi sono divertito.
lei
Se non mi sono data fuoco con l’ananas flambé devi ringraziare il tuo amico...
lui
La fine di Giovanna d’arco non ti si addice.
E poi l’ananas era davvero...
Quale amico?
lei
Quello carino...
Come si chiama?
Cristiano, mi pare 
lui
Quello non è un mio amico.
lei 
Dice che ti conosce dai tempi della scuola...
lui
Conosco una marea di stronzi ‘dai tempi della scuola’… 
Ma non sono miei amici.
lei
Scusa, sei geloso.
lui
Smettila va!
lei
Ge-lo-sis-si-mo.
lui
Si vabbè…
lei
E questo è un problema…
lui
Me ne farò una ragione.
lei
E se io Cristiano decido di farmelo?
Devo pensare che ti offendi...?
lui
Lui non riesce a trattenere oltre la calma apparente che ha mantenuto fino a questo momento...
Esplode
Perché sei così?!
Non ti voglio così!
lei
Uff, lo vedi?
Dai scherzavo…
lui
E’ troppo facile.
Dici quello che ti pare.
Random. Come una bomba lanciata a caso tra la gente.
E poi nascondi la mano, sorridi e dici: “Dai scherzavo”.
Ma a me così mi ferisci!
lei
Dilaniato dalla bomba?
lui
Sei…
Ma non lo capisci che io sto male
lei
Appunto. Ti fa bene riderci un po’.
lui
Tu ridi! Io ingoio pillole.
lei
Non intendo sostenere i tuoi alibi…
lui
Faccio le valigie.
lei
Stanno sul soppalco, dietro le coperte.
lui
Questa non te la perdono.
Un alibi eh?
Non ti voglio più vedere…
Lei gli si avvicina e cerca di mettersi davanti a lui in svariati modi. L’arbitro posto tra loro tenta di evitare che si urtino.
lui
Spostati!
Ti odio!
Lui mette a caso la roba nelle valigie e lei sistematicamente la toglie.
lei
Io non voglio provare pietà per te.
Voglio provare amore.
lui
Che ne sai tu dell’amore…
lei
Smettila.
lui
Levati!
lei
Guardami.
lui
Queste valigie non si riempiono mai…
Lei getta la valigia in terra e comincia a baciarlo. 
lui
Uff
Lo bacia in ogni parte.
lui
Qui (indicandole un lato del collo)
Perché mi hai detto…
Si abbracciano, facendosi trasportare dalla passione
…alibi?
lei
Mettiamoci sotto le coperte, che ti coccolo un po’.
Lui
(come un bambino)
Sì.
Squilla il telefono. Una volta.
Pausa
L’arbitro divide il loro abbraccio.
Si guardano.
lei
Scendo un attimo.
lui
Di nuovo?!
lei
Ho delle cose da fare...
La frutta e poi...
Ti andrebbe un minestrone a pranzo?
Lui (sedendosi)
Smettila di fare la mammina.
Mi fai schifo.
lei
Mentre esce.
Anch’io ti amo.
Non farti trovare a vegetare quando torno.
Suona ancora il telefono
lui
Si solleva di scatto dalla sedia e si lancia verso il telefono.
Chi è? Rispondi, chi sei?!
Merda!
Getta il telefono in terra. L’arbitro lo cinge con le braccia, riconducendolo alla sedia.


II round

E’ sera
Lui siede in terra.
Ha un orecchio poggiato alla parete che confina con l’appartamento accanto.
E’ visibilmente insonnolito. Quasi in uno stato di trance.
L’arbitro siede anch’egli in terra, poggiato contro una gamba del tavolo. Rientra lei. Guarda lui. L’arbitro si risolleva di scatto pronto ad assistere alla scena.
lui
Sono andati a letto presto.
Il tempo di bere qualcosa, dopo cena.
Una musica lounge, presumibilmente messa su da lui.
Hanno una camera da letto dai colori sobri, e un grande tappeto persiano al centro, dove giocano a piedi nudi come bambini.
lei
Che palle! 
lui
Hanno fatto l’amore, ma come una volta...
lei
Io vado a dormire. Nel mio letto kitch, che sta nella mia camera da letto kitch. Senza tappeti! 
lui
Fermati. 
Lei finge di non aver sentito.
Lui
Ti ho detto fermati!
Lei si ferma.
Lui si solleva da terra, la afferra per i capelli.
L’arbitro tenta inutilmente di fermarlo.
Lui inizia a baciarle il collo
Con chi sei stata?
lei
Con tutti, sono stata con tutti
lui
La trascina sul divano, si stende sopra di lei tentando di bloccarle i polsi.
Io ti posso uccidere.
lei
Allora fallo
L’arbitro accovacciato ai piedi del divano muove con enfasi le braccia per interrompere la sequenza.
Lui prosegue
Lei
Smettila.
Oggi non mi va di giocare.
lui
Lo sai, devo farlo
lei
Perché non ti basta il mio amore?
lui
Adesso sta buona.
L’arbitro desiste dal suo tentativo.
Resta accovacciato, chinando il capo in giù, coprendosi il viso con le mani.
lei
Piangendo
E’ l’ultima volta questa...
lui
Brava. E’ sempre l’ultima volta…
lei
Perché sei così…
lui
Non lo capisci che ho bisogno di te?
Tu mi fai morire. E sei la mia vita.
Lei ribalta la situazione e riesce a mettersi sopra di lui.
Mentre ripete 
Lei
La tua vita?
La tua vita?! 
In un orecchio
Allora guardati da me.
lui
Come?
lei
Sta attento a me.
lui
Perché...?
lei
E’ sempre la vita a ucciderti.
Gli copre il viso con la sua maglietta.
Si abbassa all’altezza del ventre di lui.
Gli pratica sesso orale.


III Round

Lui si è appena svegliato.
E’ scompigliato, veste un pigiama a sottili righe verticali.
Deambula per casa senza una meta precisa.
Lei attraversa il soggiorno a passo svelto, già vestita e truccata. 
lei
Usciamo?
lui
Così? Senza preavviso?
lei
Di che preavviso hai bisogno.
E’ bello, si esce.
lui
La fai facile.
Io ho i miei tempi…
lei
Non ti va di uscire.
lui
Non è il caso.
lei
Bene. Allora picchiami.
lui
Chè?!
lei
Picchiami, o scopami a sangue!
lui
Tu hai seri problemi.
lei
Io questa noia non la voglio.
Così muoio.
Preferisco il sangue.
lui
Mi sono appena svegliato. 
Magari ti picchio dopo.
Devo ancora fare colazione…
lei
Allora mi butto.
Si dirige verso la finestra
L’arbitro la rincorre preoccupato.
lui
Tanto non lo fai…
Accortosi che lei è seriamente intenzionata, corre a fermarla.
E va bene…
Che ti prende?!
L’arbitro si pone tra loro, voltandosi alternativamente verso l’uno e l’altra nel seguente rapido scambio di battute.
lei
Io voglio il sangue, voglio la vita!
lui
E io voglio un caffè!
lei
Sangue, ho detto sangue!
lui
Caffè, perché non ti basta un caffè?!
lei
La verità è che siamo diversi…
lui
Che ti salta in mente?!
lei
Lo sai, ne ho avuti di uomini…
lui
Stoop!
Devo riposare.
lei
E’ la verità. Alcuni anche molto bravi, e… dotati.
lui
Smettila!
L’arbitro fascia con una mano la bocca di lei, che prontamente si divincola e prosegue.
lei
Ma è giusto che tu sappia.
lui
Non si parlava di questo…
lei
E’ sempre di questo che parliamo. L’unica cosa che ti sveglia.
lui
Vuoi essere picchiata?
Ora che ci penso, mi stanno tornando le forze…
lei
Spogliandosi lentamente
So io come fartele tornare, le forze…
Andiamo di là.
lui
Prima voglio una promessa:
Basta con la verità. Facciamo come gli altri. 
Per favore. Mentiamoci.
lei
La verità non è terribile come sembra. Solo che a volte si presenta male.
lui
Già…
pausa
Caffè…?
lei
Arrh!
Sono di là.
lui
Ehi!
lei
Cosa.
lui
Mi amerai per sempre?
lei
La verità? Scordatelo.
Lei va in camera da letto
lui
La verità…
La verità è che un caffè non ci avrebbe fatto male.




IV Round

Lui siede in poltrona, che adesso è posta al centro della sala, quasi a mo’ di trono.
Lei è di spalle alla platea, in prossimità del proscenio, poco illuminata dalla stessa luce che invece irradia intensamente lui.
lui
Sono piuttosto debole… (il tono è stranamente energico)
lei
Non ti compatirò. 
lui
Ho solo detto…
Non è per farmi compatire.(ride)
lei
Non avessimo avuto i risultati staresti come sempre.
Uscendo dalla zona d’ombra, dirigendosi lentamente verso il tavolo. 
E poi come lo spieghi che io mi sento una rosa?
lui
Tu sei forte.
La tua forza ti permetterà di superare tutto.
lei
‘Ma non è quella che ti ho passato…’
Vero?
lui
No no.
Non mettermi in bocca parole che non ho detto!
Devi restare tranquilla
lei
Sei strano. Perché fai così?
lui
Ti fai troppe domande…
lei
Guarda fuori
E’ una brutta giornata…
Anche l’arbitro cerca di scrutare il cielo.
lui
Punti di vista…
Le giornate di sole non mi sono mai piaciute.
Le nuvole variegano il cielo…
lei
Guarda che l’ho capito. Pensi che sia mia la colpa.
Non mi perdonerai mai.
lui
Sei noiosa
lei
Infondo non hai tutti i torti…
Cosa?!
lui
Noiosissima
lei
Io non sono noiosa.
Sono la persona meno noiosa del mondo.
Non ti permetto di dire che sono noiosa!
lui
Il perdono, i sensi di colpa…
Basta con queste lagne…
lei
Noiosa io…
lui
Ci siamo immersi in questo schifo, e nemmeno ce ne accorgiamo.
Tu non puoi credere, davvero quanto bene ti voglio ancora.
E poi d’accordo: C’è una buona probabilità che il tuo ‘stile di vita’ sia la causa di tutto. E allora? 
Succede dai tempi di Eva e la mela.
Ma tesoro, io non sono Dio.
Di me ti puoi fidare: Non ho niente da perdonarti.
lei
Me ne hanno dette di tutti i colori, ma noiosa guarda...
pausa
...Niente?!
lui
Ma sì. Che poi mi sono informato.
E’ una storia vecchia questa.
Noi non siamo veramente malati.
C’abbiamo questo coso dentro, tale “virus”, che se ne sta buono 
nel sangue in latenza.
Ogni tanto si fa un giro, una nuotatina, ma non da fastidio a nessuno…
Però…
Ed è questa la parte più interessante…
Noi socialmente siamo ammalati, e abbiamo anche diritto alle facilitazioni…
lei
Non ci posso credere…
Tutto questo ti diverte, vero?!
Ma questo non è più un gioco. E’ una cosa che fa paura!
L’arbitro la cinge alle spalle come nel tentativo di proteggerla.
lui
Che?! Non essere stupida…
Fai come me: Arrenditi piacevolmente alla malattia.
Cammina per strada orgogliosa di questo alone viola che ti brilla tutto attorno, e non darti alcuna colpa della faccenda.
E’ la vita…
Doveva andare così…
lei
Il destino…
lui
Brava, tutta colpa sua. Se proprio ne hai bisogno.
Siediti qui, vieni.
Attendiamo assieme che giunga la fine. 
Moriremo mano nella mano, come nelle grandi storie d’amore.
lei
Io vado di là.
lui
Se ti cercano?
Dico di ripassare?
lei
Nessuno mi cercherà, e nessuno ti cercherà.
Perché siamo soli ed è per questo che stiamo insieme.
lei
Sembra essere andata definitivamente in camera da letto.
Ma si riaffaccia al soggiorno.
Pensi di avermi in pugno, vero?
Perverso figlio di puttana.
Bene, ci ho ripensato: Esco.
Sono io che me ne vado.
lui
Non fare che ti confondi come al solito.
La finestra è di là, la porta dall’altra parte.
lei
Grazie.
lui
Avanti resta. Facciamo due chiacchiere.
Come se nulla fosse accaduto.
lei
Non aspettarmi sveglio.
lui
Nel caso incorressi in altri rapporti occasionali… (rallentando e scandendo meglio le parole, mentre l’arbitro prova invano con segni eloquenti delle braccia a fermarlo) ricordati che hai l’aids!


V round

Lui e l’arbitro sono intenti nella visione di un servizio sui sieropositivi.
Lui sente la porta di ingresso schiudersi.
Spegne la tv. Lei entra.
Ha in mano due grosse buste.
Le posa su una sedia, con un certo entusiasmo.
Le buste contengono solo cappelli, di ogni genere.
Nel corso di questa conversazione lei scandirà le sue battute provando di tanto in tanto un cappello diverso, come per presentare a lui gli articoli acquistati.
lui
Novità?
lei
Con entusiasmo
Vuoi dire a parte la meravigliosa svendita di costumi teatrali…?!
lui
Ma sì brava spendi, ci serviranno mica per curarci i soldi…
lei
Con entusiasmo più smorzato
Novità…
Ora che ci penso…
Ho parlato con Giovanna.
lui
Chi? 
lei
Tua madre, Giovanna è tua madre.
lui
Hai parlato con la mamma…?
lei
Stiamo diventando amiche.
lui
Non mi sembra vero, ho sempre sognato…
lei
Che puttana, Giovanna, davvero.
lui
Cosa?
L’arbitro alle spalle di lui, gli fascia le orecchie con le mani.
lei
Me ne ha raccontate di storie…
lui
Ma Giovanna chi?
Non mia madre?
lei
Ma di chi stiamo parlando, scusa?
Una giovane giumenta in calore...
lui
Scostando la testa dalle mani dell’arbitro.
Oh! E’ di mia madre che stai parlando!
lei
Che male c’è. 
Da ragazza si dava da fare…
lui
Finiscila!
Perché mi fai questo, lei è mia madre!
lei
Smettila tu!
Lei è una donna.
lui
Una donna che però guarda caso è mia madre.
lei
Una donna. Con un gran bisogno di cazzo.
lui
Oddio!
Lei non ha bisogno di…
Mi fai schifo!
lei
Esagerato. Devi imparare a guardare le cose…
lui
Io le cose non le voglio guardare.
Mi basta sapere che da giovane era una brava ragazza.
Una donna all’antica, innamorata dell’amore…
lei
…e del cazzo!
Lei ride
lui
E va bene. Se hai bisogno di questo…
lei
Che vuoi dire
L’arbitro gesticolando ricorda ai due che sono proibiti i colpi sotto la cinta.
lui
Ti capisco sai?
L’idea che tutte le donne siano come te…
lei
Ah
lui
Ma sì… Se ti fa comodo.
Pausa
lei
Lo sai, mi chiedo una cosa?
Questo come mi sta? (indossando un nuovo cappello)
lui
Come gli altri…
lei
Io mi chiedo…
Se lei, come mi ha raccontato, ha avuto questa vita per così dire, movimentata…
Ma no, lascia stare.
lui
Di che parli…
lei
Non vorrei preoccuparti inutilmente…
L’arbitro tenta di distoglierla dal parlare.
lui
Cioè?
lei
Dico… non sarà il caso che anche lei si faccia le analisi, non so…
lui
Questo è un colpo basso.
lei
E’ che sono in pensiero…
lui
Pulisciti la bocca quando parli di mia madre.
Tienila fuori dal tuo schifo.
lei
Vuoi dire il nostro schifo.
lui
Tienila fuori e basta.
L’arbitro lo accompagna a riprendere fiato su una sedia.
lei
Oh! Ma che te la sei presa?
Si giocava, no?
Lui annuisce senza guardare.
lei
Che ne dici di questo? (provando un altro cappello)
Lui dà un’ occhiata, fa un gesto con la mano, come per rispondere ‘così così’.
lei
Ok. 
Getta sul divano i cappelli
Si avvicina a lui.
lei
Vieni qui.
lui
Se pensi di avermi colpito ti sbagli.
Nemmeno ti ho sentito
lei
Mettendogli una mano sulle parti intime 
E adesso... Mi senti?
lui
Sai come prendermi…
Ma direi che non è il caso.
lei
Giù i pantaloni!
lui
(remissivo) Certo. 
L’arbitro si allontana pian piano, all’indietro, sfumando in una luce più fioca.
Lei pratica sesso orale a lui.



VI Round

Dalla camera da letto entra lui.
lui
Fate largo al re degli ammalati.
Mi sia data una poltrona.
Si siede.
Ah! Come sto male…
Oggi mi sembra di soffrire un tantino più di ieri.
L’arbitro posto a circa un metro di fronte a lui, lo studia con attenzione negli occhi.
Con un certo impeto entra lei.
L’arbitro distoglie lo sguardo da lui e prende la giusta distanza dalla coppia.
lei
Io sono pronta
lui
Pronta?!
lei
Lo sai. Dobbiamo andare da Sandro e Ada
lui
Sandro e Ada possono aspettare.
Io ho bisogno di riposo.
Non bisogna sottovalutare la propria stanchezza
lei
Ti prego, non farmi questo.
lui
Oh non cominciare.
Oggi il drammone non lo reggo.
Se vuoi vedere la coppietta felice, vai da sola.
lei
Ma oggi è bello.
Possiamo passare in chiesa prima, come tutti…
lui
In chiesa…?
lei
Beh?! Ci sono altre persone, i bambini…
lui
Non ti riconosco più…
Così mi perdi di fascino.
Lei amareggiata resta immobile a fissarlo.
lui
Allora, che fai lì impalata?!
E non mi guardare in quel modo.
Ah, già che ci sei: Portami Charles, se non ti dispiace.
lei
Ma che gli hai dato un nome, alle medicine?
lui
E’ giusto così.
Charles è un amico che ci da una mano.
Gli dobbiamo rispetto.
lei
Ascoltami bene: Tu non hai amici!
lui
Io sono ammalato.
E tu sai che non puoi incolparmi di questo.
Sono in una botte di ferro.
Charles, per favore!
lei
Avvicinandosi minacciosa
(con un filo di voce) Ora basta.
L’arbitro si accovaccia di spalle alla platea e assiste raccolto e immobile alla scena.
lui
Che c’è? Che vuoi?!
lei
La tua botte di ferro fa crepe da tutte le parti.
lui
Una botte di ferro è una botte di ferro.
Non fa crepe
lei
Tu puoi fregare tutti, tua madre compresa.
Ma non puoi fregare me.
lui
…Sono stanco.
lei
Quanto pensavi che mi tenessi dentro questa cosa?
Ma io te la faccio pagare.
lui
Non capisco…
lei
Cazzo, non fare lo gnorri!
Il gioco.
E’ stata tua l’idea! Ti piaceva che la tua puttana andasse in giro a farsi ripassare da cani e porci. Ti eccitava.
E non ti è mai passato per la testa che a me poteva fare schifo.
lui
Ti faceva schifo…?
Allora potevi dire: No, non mi va, questa cosa non la voglio fare.
lei
Ti amavo pezzo di merda, e non potevo dirti di no!
lui
Potevi dirmi di no, potevi dirmelo.
lei
Sì, come quelle volte.
lui
Che hai detto...?
lei
Lascia stare…
Meglio per te…
lui
Avanti, tiralo fuori il tuo veleno!
Non ho paura di te
lei
Le volte che tornavo, e non volevo, e ti dicevo no
lui
Che storia del cazzo!
Dici sempre no, ma poi ci stai
lei
Alcune volte era no. No e basta.
E tu lo sai.
lui
Sei stata con cani e porci, l’hai detto tu.
Uno più uno meno…
Lei inizia a ridere rumorosamente.
Pausa
Riprende…
lei
Zero più zero più zero…
Sei – uno – stupido.
lui
Eh?
lei
Non sono mai stata con nessuno
Lui risponde con un improvviso accesso di riso isterico.
Pausa
lui
Come. Se tu…
E gli appuntamenti, le uscite improvvise…?
lei
Davvero hai pensato che io facessi questo per te?
Eh?! Rispondi! Sul serio?
Lui d’improvviso si ammutolisce.
lui
E dove…? (flebilmente)
lei
In giro… da mia sorella, un’amica.
lui
Tua sorella…
lei
Poi tornavo a casa e tu eri qui, pronto ad accogliermi amorevolmente.
Lui ha visibilmente accusato il colpo.
Il tono della voce è sempre più flebile.
lui
Era solo un gioco…
lei
Fa tutto parte del gioco.
Anche noi due, qui, ora.
lui
Direi che può bastare
lei
Direi di no.
Se ancora in debito con me.
lui
Cosa vuoi.
lei
Tutti gli alibi che ti ho regalato, indietro, uno per uno.
lui
Tu quella parola con me, sai che non devi…
lei
Quale parola?
Alibi?
Comincia a farci i conti.
Con gli alibi, alibi alibi…
lui
Puttana, sei una puttana!
Non ti voglio più vedere.
Lui è crollato. Piange
L’arbitro appare visibilmente colpito. Non cambia posizione.
lei
Infatti me ne vado.
Sembra dirigersi nell’altra stanza. Ma ha un ripensamento.
Anzi no. Ora che ci penso…
La sai una cosa?
Io a te ci tengo.
lui
Basta, zitta!
lei
E ne vuoi sapere un’altra?
Ti perdono.
lui
No, no, no… (ad libitum fino alla scansione della parola ‘perdono’ pronunciata da lei)
lei
Non devi temermi. Io resto al tuo fianco e… ti per-do-no.
Lui si accascia arreso sulla poltrona.
Lei in piedi ride soddisfatta.
Si ode uno sparo. Poi un grido. 
Un vociare diffuso.
L’arbitro si solleva dalla posizione fin ad ora mantenuta.
lei
Sentito?
Viene da loro.
Lei si avvicina, aderendovi, alla parete
Lui si solleva stancamente. Ma crolla poco distante dalla poltrona, tentando di aggrapparsi ad una sedia nel pressi del muro, laddove si riaccascia, con le poche forze rimastegli.
Lungo silenzio
Entrambi cercano di distinguere ancora un suono oltre la parete.
Ma è solo silenzio.
Lei batte con il palmo della mano contro la parete.
lei
(rivolta al di là della parete)
Ehi! Tutto bene? Rispondete!
Ancora silenzio.
lei
Cosa facciamo.
lui
Con un filo di voce
Chiama i soccorsi. Qualcuno è morto.


VII round

Lui, in pigiama, guarda la sua immagine riflessa in uno specchio posto all’interno di un’anta della libreria. 
Si sfiora il viso, le sopracciglia, come per accertarsi del suo aspetto.
Poi si ferma e inizia a parlare.
Frattanto l’arbitro siede ad una delle sedie del tavolo, con lo sguardo basso,in direzione della platea. E’ assai pensieroso.
lui
Questa faccia mi ricorda qualcuno.
E’ quella di un bambino che conoscevo bene.
Figlio di troppi padri.
Ombre nella notte che svanivano ghignando nel buio.
Era lei a volerlo. E una madre non si può contestare.
Ma non illuderti…
Nemmeno questo alibi ti salverà.
pausa
Devi stare sempre attento.
Basta poco, e nemmeno te ne accorgi.
La merda ti è già arrivata al collo.
Parole forti…
Sono davvero un pessimo individuo.
Distoglie lo sguardo dallo specchio.
Prosegue.
Ecco cosa ti lascio…
Al sangue del mio sangue, solo questo: il veleno del mio veleno.
Ma il dottore dice che ci sono buone possibilità…
Tu puoi farcela. Viva il dottore…
Comincerai lottando per quello che agli altri è concesso comunemente…
Una vita normale.
E adesso? 
Pausa
Devi pensare al tuo ingresso sul ring. Fiero come quello di un re. E devi guarire, tu che puoi guarisci e curati di lei.
E’ l’unica cosa importante adesso.
Dopo tutto il male...
Torna a specchiarsi, ma non ritrova più la sua immagine riflessa.
Dalla camera da letto entra lei, in evidente stato interessante.
L’arbitro si limita a sollevare lo sguardo verso il centro della sala, poggiando i gomiti sul tavolo, pur sempre restando seduto.
lei
Sei ancora così?
Forza, sbrigati amore!
Oggi mi faccio dare la cassetta dell’ecografia
Dobbiamo pensarci a certe cose.
Un giorno sarà curioso di vedere che mostro era.
lui
...
lei
Oh! Ci sei?!
lui
Sì, scusa.
Faccio subito.
Tu come stai?
lei
E come devo stare?
Cerco di non pensarci.
E’ più importante lui.
lui
Ah. Stranito
Suona il telefono
lei
Rispondi. Poi andiamo.
Sta andando. Torna indietro. Si avvicina a lui.
Sono felice che sono rimasta.
Sei migliore di quanto pensi.
lui
No. sorride
lei
Mentre esce di scena
E butta giù quella roba.
Lo so che fa schifo.
Lui ha pronto sul tavolo il solito bicchiere accanto al quale sta un flaconcino.
Va a rispondere al telefono.
Nel mentre l’arbitro maneggia il flaconcino leggendone l’etichetta, come per studiare di che si tratta.
Poi solleva lo sguardo, inorridito, verso di lui intento a rispondere al telefono.
lui
Sì?
No guardi, ha sbagliato.
Quale treno.
No, non ricordo...
pausa
Ah. Capisco.
Sì, ora che ci penso.
Il numero gliel’ho dato io, può essere.
Ma le cose sono cambiate. Mi spiace…
Non se ne fa più niente. Quel giro è chiuso.
pausa
IO?! Io sono un matto?!
E tu stronzo che telefoni a casa della gente per bene?!
Non ci provare, a richiamare.
pausa
Lei la devi lasciare stare. Hai capito?!
E puttana ci sarà tua madre, rottinculo!
Sconvolto attacca.
Prende il bicchiere, lo scruta in trasparenza.
Stacca il contagocce e versa l’intero contenuto del flaconcino nel bicchiere.
Mentre esegue…
Charles, un amico pronto a uccidere per te.
Ingoia, mentre l’arbitro gli stringe la mano sinistra.
Lentamente si allontana dal tavolo e si siede sul divano.
Lei(off):
Chi era?
lui
Hanno sbagliato
lei
Ancora?
Ma che hanno tutti?!
lui
...
lei
Tu sei pronto?
Hai finito?
lui
Fatto, finito.
Si sistema, con flemma e nel migliore dei modi, sul divano.
Poggia la testa allo schienale e le braccia sulla spalliera.
L’arbitro sollevatosi dalla sua precedente posizione, lo ha raggiunto ai suoi piedi, e inizia così a contare.
Mentre sta arrivando a metà lui chiude gli occhi.
Rientra lei, pronta per uscire.
Si ferma sulla soglia della porta.
L’arbitro ancora a terra, giunto a sette, max otto, si volta a guardarla proseguendo lentamente a contare.
lei
Con una certa aria di sfida:
E se lo chiamassimo... Cristiano?
L’arbitro picchia una volta ancora in terra, dopodiché i corpi dei tre sfumano nell’ombra.
Buio
Cono di luce sull’arbitro.
Arbitro:
(facendosi avanti lentamente, sul proscenio)
Nascerò il 12 settembre 2004. Parto prematuro.
Il cielo sarà grigio, ma tenderà al sereno.
La prima cosa che vedrò sarà il volto esausto di mia madre.
Mio padre non sarà con lei.
Rinascerò il 15 luglio 2005 in una sala prelievi d’ospedale. 
I medici avranno quasi perso le speranze.
Ma quel giorno il cielo sarà pulito. Sul certificato leggeranno: negativo.
La prima cosa che vedrò sarà il sorriso di mia madre.
Stabilisco che questo incontro termini ex aequo e non proclami né vinti, né vincitori.

fine