LA SCELTA DI EDIPO

di

Davide Monti


(2004)

Personaggi

Dioniso (uomo sui cinquanta)
Creonte (uomo sui cinquanta)
Ismene (ragazza di vent’anni)
Edipo (uomo sui di quarant’anni)
Antigone (ragazza di venticinque anni)
Polinice (uomo sui trent’anni)
Eteocle (uomo sui trent’anni)

Scena prima

Si alza il sipario sull’interno di un’osteria. Dioniso sta seduto su uno sgabello a dipingere un quadro, il cavalletto è voltato in modo che il pubblico non può vedere ciò che sta dipingendo. Vicino a lui sulla destra, seduto ad un tavolo, c’è Creonte con lo sguardo perso nel vuoto della sala. Sul tavolo c’è un fiasco di vino, il bicchiere di Creonte vuoto e una clessidra. Sul fondo scena una porta con su scritto WC e sulla destra c’è un’altra porta. Per terra vicino allo sgabello di Dioniso c’è un altro bicchiere riempito a metà.
Dioniso smette di dipingere e guarda verso Creonte, poi raccoglie il suo bicchiere, finisce il vino e rimane a fissarlo pensieroso.

DIONISO Come ti stavo dicendo, io ci ho provato. Non si può certo dire che non lo abbia fatto.
Guarda ancora Creonte, poi appoggia il bicchiere per terra e torna a dipingere.
Avevo un mal di testa che mi scioglieva il cervello, e nonostante tutto mi sono perso in chiacchiere per più di due ore con quella mente fina di Penteo. Cosa potevo fare di più?
Creonte rimane impassibile, allora Dioniso si volta verso di lui.
Ho fatto perfino dei giochi di illusionismo degni del vecchio Zeus!...
Creonte si fa il segno della croce.
... ma lui niente. Proprio non lo vuole capire.
Creonte scuote la testa.
È tutto vero, sai?
Creonte annuisce. Dioniso torna a dipingere e Creonte guarda la clessidra, gli da un colpetto con il dito e sbuffa.
La gente non si rende conto di cosa sono veramente capace. O forse non vuole rendersene conto.
Guarda ancora un attimo Creonte che è tornato impassibile e sospira.
E sai qual è il motivo di questo?
Creonte si versa altro vino ignorandolo. Dioniso torna a dipingere.
Il motivo è che io sono un Dio “sui generis”. Non sto tutto il giorno in piedi su una nuvola con dei fulmini in mano, io.
Creonte si fa ancora il segno della croce.
A me piace anche rilassarmi.
Si appoggia alla spalliera della sua sedia, distende le gambe e guarda il quadro
Mi piace sedermi davanti a un cavalletto e dipingere.
Si guarda intorno. Creonte si appoggia alla spalliera e si guarda intorno pure lui.
Mi piace farlo in un osteria. Fare anche quattro chiacchiere con gli avventori.Sono un Dio socievole. Cosa ci posso fare?
Guarda Creonte che è tornato a fissare il vuoto e lo indica con fare minaccioso.
Ma non svegliate il can che dorme!
Alza la voce.
So essere molto cattivo se necessario!
Creonte annuisce a testa bassa. Dioniso sorride e torna a dipingere.
Cos’è che stavo dicendo? Ah, Penteo. Ho perfino stregato sua madre. E anche tutte le altre donne di Tebe. Altri se ne erano accorti che in me qualcosa di divino ci doveva pur essere, ma lui, (in tono solenne) il grande Penteo, niente. Non lo ha mai voluto ammettere. Ma chi si crede di essere?
Si ferma e guarda Creonte che guarda la clessidra e sbuffa.
Ma come ve li scegliete i re da queste parti?
Creonte beve un sorso scuotendo la testa.
Nelle osterie, ecco dove si troverebbero degli ottimi re.
Creonte beve un altro sorso annuendo, Dioniso prende il suo bicchiere da terra e si alza.
Dannato vino! Quando imparerò un giorno a rifiutarti il mio consenso?
Si avvicina al tavolo.
Anche tu non dovresti esagerare col bere!
Creonte annuisce con la testa, Dioniso prende il fiasco e si versa il vino. Da un sorso stando in piedi e poi torna a dipingere.
Pensa che voleva pure attaccare le Menadi con l’esercito.
Guarda il quadro e da due pennellate decise.
L’esercito!
Altre due pennellate decise.
Le mie care Menadi!
Guarda il quadro piegando la testa e sospira.
La ciliegina sulla torta, si dice in questi casi.
Prende il bicchiere sorseggia e si gira verso Creonte che sta fissando il suo sul tavolo.
Vagli a spiegare che lassù c’era anche sua madre, e le sue zie, e chissà quante altre donne a lui care. Eh, eh. Niente, come parlare al vento. Il Vento.
Guarda nel vuoto pensieroso.
Eolo, Eolo! Quanto sei spocchioso quando ti ci metti!
Torna a guardare Creonte.
Secondo me non era tanto normale. Complessi di inferiorità.
Creonte alza la testa e guarda il pubblico con espressione incredula.
Penteo, voglio dire!
Creonte sorride rilassato e guarda ancora la clessidra, poi sbuffa e torna a fissare il suo bicchiere.
Avevi capito Eolo? No! Lui in fondo è un buon Dio.
Dioniso torna pensieroso.
A Penteo invece mancava qualcosa. In fin dei conti, non è che a me interessasse tanto convincere lui. Io volevo convincere tutta la città di Tebe. Come avevo fatto con le altre città, del resto. Ma finché lui continuava a dire che Dioniso, che poi sarei io, non era un vero Dio, che era solo un impostore, un cantastorie... sarebbero stati sempre in pochi a credermi.
Fa una pausa poi si volta verso Creonte ed alza il bicchiere.
Proporrei un brindisi a Dioniso il cantastorie!
Creonte si alza sbuffando, prende il suo bicchiere e lo alza in alto continuando a fissarlo, poi entrambi bevono. Prima di risedersi Creonte da ancora un colpetto col dito alla clessidra.
È presto. È ancora presto, dai retta a me che ne so qualcosa.
Creonte sospira e si rimette a fissare il bicchiere che tiene in mano.
Lascia che continui. L’unica soluzione a quel punto era rimasta quella di sacrificare quel babbeo.
Creonte fa la faccia sorpresa e fissa di nuovo il pubblico. Dioniso guarda anch’egli il pubblico e sorride, poi torna a guardare Creonte.
Non avevo scelta caro Creonte, non avevo scelta! Avrei preso due volatili con un chicco d’uva, come si dice dalla mie parti.
Torna pensieroso mentre Creonte continua a fissare la sala sorpreso con il bicchiere in mano.
In un colpo solo mi sarei tolto di torno quel peso morto di Penteo e avrei convinto i resto di Tebe. Persona noiosissima Penteo te lo assicuro.
Appoggia il bicchiere per terra, si siede e torna a dipingere, mentre Creonte appoggia il suo sul tavolo e riprende a fissarlo.
Avevo in mente una morte ad effetto. Una di quelle morti che fra tremila anni si leggeranno ancora sui testi tragici. Da me, chi mi conosce si aspetta sempre qualcosa di originale, di sensazionale, di... ad effetto, insomma.
Si gira ancora verso Creonte che alza un attimo la testa, ma poi la riabbassa subito.
Che non sia stato proprio uno spunto per iniziare a scriverli questi dannati testi tragici?
Creonte alza un attimo le mani, sospira e da uno sguardo alla clessidra.
Finché c’è sabbia c’è speranza!
Dioniso ride e riprende a dipingere.
Insomma, come ti dicevo, doveva essere una bella morte, e alla bisogna l’ho convinto ad andare a spiare le Menadi. Vestito da donna.
Creonte guarda un’altra volta verso il pubblico si agita sulla sedia e guardando la clessidra.
Si Creonte, proprio da donna. Dura è stata dura, certo. Era proprio convinto di voler armare tutti gli uomini di Tebe ed assaltare il Citerone.
Da qualche pennellata energica alla tela.
Tutti gli uomini di Tebe!
Altre due pennellate decise.
La vetta del Citerone!
Si ferma a fissare il quadro con aria pensierosa.
Ma poi, dico io. Non avevano niente di meglio da fare tutti questi uomini di Tebe?
Creonte si agita ancora sulla sedia, guarda la clessidra e gli da un altro colpetto..
Certo potevo anche lasciarglielo fare. Potevo fargli mandare tutto il suo esercito lassù e poi farli prendere a tirsate dalle Baccanti.
Creonte si tocca la testa, Dioniso sospira.
Eh, se sarebbe stato spettacolare!
Creonte annuisce con la testa continuando a fissare la clessidra.
Ma sai che casino sarebbe venuto fuori. E poi perché tanti morti quando potevo ottenere lo stesso risultato con una morte sola. Sono un Dio, mica un serial-killer.
Creonte scuote la testa.
Quelli sono ancora la da venire.
Ancora pensieroso prende il suo bicchiere per terra.
Un brindisi ai serial-killer!
Creonte si alza, prende il suo bicchiere e lo alza in alto e poi beve. Tutto in maniera molto sbrigativa. Anche Dioniso beve, Creonte si risiede e riprende a fissare il bicchiere, Dioniso appoggia il bicchiere e si mette a dipingere.
È bastato fargli venire un po’ di prurito, sai?. Ho fatto leva sulla sua voglia di vedere tutte quelle donne impegnate nei loro riti. Ah! Chissà cosa si immaginava lui che fossero i riti bacchici!
Ride scuotendo la testa, mentre Creonte alza la testa verso il pubblico e ride pure lui.
Alla fine non si fa altro che mangiare e bere per poi svegliarsi con il cervello che sembra il testone di Atlante.
Da una pennellata energica a forma di cerchio.
Il testone di Atlante!
Guarda ancora Creonte.
Ma in fondo siamo tutti un po’ guardoni, no?
Creonte, annuisce con la testa. Poi guarda la clessidra.
Anche noi. Anche noi Dei lo siamo, figurati voi mortali che siete come noi, ma venuti un po’ peggio. Mi viene in mente Zeus.
Creonte si fa il segno della croce guardando verso il pubblico.
Sbircerebbe sotto la gonna della madre, se ce l’avesse!
Creonte si fa altre due volte il segno della croce. Dioniso torna a dipingere.
Comunque, cosa stavo dicendo?
Rimane un po’ in silenzio, Creonte si fa ancora il segno della croce.
Ah, si! Lui era fermissimo nel rifiutare. Ci teneva alla sua immagine di vero uomo, di condottiero senza macchia. Noioso appunto.
Da due pennellate energiche.
Il vero uomo!
Da altre due pennellate energiche.
Il condottiero noioso!
Fissa per un po’ il quadro senza dipingere.
Secondo me vedeva un po’ troppi spettacoli teatrali.
Creonte beve un altro sorso di vino e da un altro colpetto alla clessidra e Dioniso torna a dipingere.
Comunque alla fine gli ho spiegato che era l’unico modo per vedere le baccanti senza essere scoperto e bastonato e allora ha ceduto. Ha voluto che gli dicessi qual’era il modo giusto per vestirsi.
Si ferma e guarda verso Creonte.
Io dico!
Creonte alza la testa un attimo per guardare Dioniso poi la gira subito verso il pubblico.
Se uno dice no, deve essere no, non ti pare?
Creonte annuisce piano. Dioniso prende il suo bicchiere e beve un sorso, Creonte torna a fissare il suo sul tavolo. Dioniso riprende a dipingere.
In ogni modo io gliel’ho descritto in tutto e per tutto.
Da due pennellate decise.
Il parruccone a cespuglio.
Da altre due pennellate decise.
Il peplo colorato.
Ancora due pennellate decise.
E l’infula.
Si guarda un attimo come è vestito, poi guarda Creonte.
Ma senza dimenticare la pelle di cerbiatto ed il tirso.
Creonte si guarda e si tocca il vestito.
E sennò cosa li ho inventati a fare?
Creonte sospira, Dioniso torna a dipingere.
Volevo che avesse con se tutti i miei simboli. Non saranno un gran che, ma è bene che si capisca che anche lui non può sfuggire alle mie mode.
Dioniso fa un pausa mentre Creonte prende il suo bicchiere e lo svuota.
Magari adesso che ho convinto tutti potrei cambiare un po’ il mio look.
Prende il suo bicchiere per terra e lo finisce, poi rimane a fissarlo vuoto nella sua mano.
Ma allora volevo soltanto che il supereroe attraversasse la città tra gli sghignazzi di tutti, che si capisse che era soltanto un buffone.
Creonte appoggia il suo bicchiere vuoto, si appoggia alla spalliera della sedia e sbuffa.
Ce ne vuole di tempo, Creonte. I vestiti da donna sono ingombranti e impacciano i movimenti.
Creonte scuote la testa. Dioniso allora si alza e si avvicina al tavolo dove appoggia il suo bicchiere.
Secondo me adesso ci siamo quasi.
Creonte annuisce piano sospirando. Dioniso guarda verso la porta sul fondo.
Ti dirò, adesso avrei anche bisogno di andare in bagno.
Creonte sospira, da ancora un colpetto alla clessidra mentre Dioniso lo fissa.
Sono troppo stanco, sai vecchio mio? Bisogna che inizi a dormire un po’ di più.
Creonte annuisce, Dioniso gli gira intorno e gli appoggia una mano su una spalla.
Eh, Creonte, Creonte. Se nella storia tutti fossero stati creduloni come te?
Creonte alza lo sguardo accigliato verso il pubblico.
La vita sarebbe stata più semplice per noi Dei, non credi?
Dioniso si porta davanti a Creonte che abbassa subito lo sguardo. Dioniso gli mette una mano sotto il mento e gli rialza la testa.
Guardami adesso!
Creonte, fa un po’ resistenza titubante, poi lo guarda.
Vedi? Per caso hai la faccia ustionata?
Creonte scuote la testa.
Di’ qualcosa adesso?
Creonte scuote ancora la testa.
Dai! Di’ qualcosa, ti dico. Fidati.
CREONTE (timoroso) Cosa dovrei dire?
DIONISO Basta questo, vedi? Per caso sei rimasto senza fiato?
CREONTE (ancora timoroso) No!
Dioniso lascia il mento di Creonte gli da una pacca sulle spalle.
DIONISO Proprio così, caro Creonte, ce ne vorrebbero di più di uomini come te. Altro che Veri uomini! Adesso però non la reggo proprio più.
Dioniso si avvicina alla porta del WC
Aspettami amico, quando torno ti finisco di raccontare.
Creonte si sta toccando il viso e sta facendo esercizi di respirazione. Quando Dioniso è vicino alla porta questa si apre e ne esce Ismene. È vestita da cubista con una gonnellina a quadri, scaldamuscoli e una maglietta attillata.
ISMENE (avviandosi alla porta sulla destra) Come on, zietto! Scusami se ti ho fatto aspettare.
Creonte dalla sua sedia si volta verso di lei.
E datti una mossa che è tardi!
Creonte allora si alza di scatto e la segue felice verso l’uscita mentre Dioniso lo guarda basito. Quando i due sono usciti rimane un po’ immobile, poi scrolla le spalle e entra in bagno.

Sipario.


Scena seconda

Si alza il sipario sulla camera di Edipo e Giocasta. Al centro un letto a baldacchino visibilmente regale. Sulla parete destra un grosso quadro tutto nero con la cornice anch’essa nera. Sulla sinistra una porta semi aperta. Per terra, ai piedi del letto, Giocasta è distesa con una corda al collo, inginocchiato vicino a lei Edipo le accarezza il volto con una mano.

ÉDIPO (scotendola per le spalle) Non sarai mica davvero morta? (silenzio) E che cazzo, però. E adesso cosa faccio? Non c’era da farne un dramma, dopo tutto. Mica l’abbiamo fatto apposta? Adesso dovrò fare qualcosa anch’io, suppongo. Che so, qualche gesto del genere. (scuote la testa) Lo so che vorresti che mi uccidessi. (si copre la faccia con le mani e piange) Ma io sono ancora giovane cara Giocasta. (indica il letto) Sono un re, io. Ho un futuro splendido davanti. Non posso uccidermi proprio adesso. No, non posso. (appoggia un orecchio al petto di Giocasta per sentirle il cuore, poi rialza la testa con un’espressione spaventata. Si tocca la tempia destra e sussurra) Gli occhi? Forse dovrei cavarmi gli occhi? Sarebbe una tragedia lo stesso. Come farei a regnare senza gli occhi? Puoi fare l’indovino senza la vedere, ma un re deve vederci, deve dare il buon esempio!

Edipo singhiozzando si tocca entrambi gli occhi. Poi si sfila il coltello dalla veste e si riflette sulla lama. Prima si guarda un occhio, poi l’altro, fa una faccia compiaciuta. Dalla porta entra Ismene, vestita come nella scena precedente, si sta guardando nello specchietto di una piccola trousse masticando la gomma. La segue Antigone spettinata in tuta da meccanico e tutta sporca di grasso.

ISMENE (chiude la trousse) Pa’, ma’, io sono stufa! (rimane impietrita a fissare la madre per terra)
ANTIGONE (pulendosi le mani alla tuta) Ma pa’, un’altra volta? Sempre con ‘sti drammi, ma possibile che non possa avere una famiglia normale, io? Cosa le hai fatto ‘sta volta? (a voce bassa) È morta? (Edipo annuisce) Depressione eh? Poi si dice una vita da re. (scuote la testa) Mancano gli stimoli. Non si può vivere quando la tua unica preoccupazione è come addobbare il letto per andare a dormire! (indica il baldacchino) Si finisce con l’andarsi a trovare problemi anche dove non esistono… E tu posa quell’affare. (indica il coltello nella mano del padre) Ma cosa sei impazzito pure tu? (cerca di prendergli il coltello dalla mano, ma lui resiste allora gli da un botta sulla testa) Ma fa’ un po’ come ti pare. (si volta verso il quadro nero) Cazzo però, bello quel coso! Non lo avevo mai visto.
ISMENE Avete litigato un’altra volta, eh? Povera mamma che finaccia. Eh, donna d’altri tempi lei! (si avvicina ad Edipo e gli appoggia una mano sulla testa, in tono ironico) Anche tu però! Se non ne voleva più sapere pazienza, ti dovevi rassegnare. Ti dovevi mettere nella testa che aveva già una certa età. L’hai voluta la moglie più vecchia? La donna di esperienza? E prima o poi doveva finire così. (Edipo scuote la testa guardando per terra) D’altra parte ha già sfornato quattro figli, cosa volevi ancora? Vuoi che ti presenti l’Agave? (Edipo la guarda dal basso) Quella mia amica che ti piaceva tanto, ricordi? Guarda che lei mica si fa problemi se sei mio padre, basta che ti funzioni ancora! (si abbassa a guardare suo padre negli occhi) Ti funziona vero? (Edipo scuote la testa come prima. Ismene si alza, sospira) E comunque io ero entrata per dirvi che sono stufa di questa casa e poi con quella… (indica sua sorella che si è portata vicino al quadro per ammirarlo) Però, che figata quella tela! (raggiunge sua sorella davanti al quadro)

Mentre Antigone e Ismene sono davanti al quadro e parlottano tra di loro, dalla porta si sentono le voci di Polinice ed Eteocle.

VOCE DI POLINICE La porta è aperta, egregio fratello.
VOCE DI ETEOCLE Ne convengo, mio caro Polinice.
VOCE DI POLINICE Deduco che possiamo entrare e conferire con nostro padre.
VOCE DI ETEOCLE Mi trovi in perfetta sintonia fratello.

Entrano Polinice e Eteocle. Entrambi sono vestiti come signori dell’ottocento. Polinice è vestito in rosso porpora ed ha il cilindro in testa, Eteocle è vestito in verde scuro e tiene il cilindro sotto il braccio.

ETEOCLE (scorge i genitori per terra e sussulta) Oh, perbacco! Su, su signor padre, alzatevi, alzatevi! (si avvicina per dargli una mano, poi si blocca) Ma cosa ha fatto la nostra adorata madre? Ha cessato la sua triste esistenza? (Edipo annuisce) Quale sfortunata congettura ha portato tale risoluzione nella mente fervida della nostra signora? (sospira) Ah, la scienza! Quanto prima ci illuminerà sui segreti della mente umana, tanto meglio sarà per tutti! E voi padre mio cosa fate con quell’arma da taglio nella vostra mano? (si toglie il cilindro da sotto il braccio e lo mette in testa a Edipo, poi, con entrambe le mani cerca di alzarlo dalle ascelle. Edipo si agita e fa resistenza, allora Eteocle desiste) Ma insomma, vi sembra un comportamento degno del nome che portate? Fatemi la cortesia di riporre almeno quella lama. Cercate come minimo di ristabilire la tranquillità della vostra psiche. Ve lo chiedo per favore signor padre. E la decenza, la decenza soprattutto. (si volta verso Polinice) L’ottocento si, mio caro fratello, è un secolo di decenza e maniera, oltre che di forte ingegno e razionalità!
POLINICE (gira intorno al padre ed al fratello con le mani dietro la schiena, poi da due calcetti alla madre che non reagisce) Concordo fratello, concordo. Ma nonostante tutto C’è bisogno di cambiamento, carissimo. C’è sempre bisogno di cambiamento. (indica i genitori) Il mondo rotola per terra o si accascia su se stesso in ogni epoca, ed allora si rende necessario un nuovo slancio. (silenzio, Polinice rimane pensieroso, poi continua deciso) Ci vuole una rivoluzione, fratello. Una rivoluzione che parta dal basso e che si infiammi fino a raggiungere il suo apice. (indica il baldacchino sempre più esaltato, mentre Eteocle scuote la testa) Fino a raggiungere la vetta, il massimo dello splendore, lo zenith del successo. Gli animi si devono sollevare, la lotta vera deve offuscare tutte le immagini ormai sbiadite di inutile saggezza e… (Antigone si è voltata e applaude lentamente al fratello in maniera ironica, Polinice guarda verso le sorelle) E quello cos’è? Oh, che opera di sublime valore. Oh, quale parola migliore mancava al mio sermone! (Si avvia verso il quadro seguito da Eteocle)

Tutti i quattro fratelli stanno ammirando il quadro e parlottano tra di loro. Dalla porta entra Dioniso seguito da Creonte vestito con una nebrode di leopardo, con una parrucca folta in testa e un fiasco di vino in mano. Dioniso ha il tirso in mano.

DIONISO (con voce da ubriaco) Vieni, vieni, carissimo Creonte. Ricordi il quadro che dipingevo quella volta all’osteria?
CREONTE (anche lui ubriaco) Ma è la camera del re! Non possiamo entrare.
DIONISO Sono un Dio, Creonte, sono un Dio. Non lo dimenticare mai. E poi quale posto più degno della camera di un re per la mia prima opera d’arte. (Creonte annuisce, Dioniso gli indica il quadro) Non lo avevi mai visto finito, vero?
CREONTE No, non ne ho mai avuto l’occasione. (vede i due per terra e si blocca) Cos’è successo a mia sorella? (rivolto a Edipo) Non le avrai fatto del male spero. (Edipo annuisce con la testa. Creonte si rivolge a Dioniso) Eh, mio cognato non ha ancora capito come si sta al mondo, vero? (Dioniso scuote la testa, Creonte porge il fiasco a Edipo) Fatti una bevuta, dai. Vedrai che tutto passerà. (Edipo rifiuta restando in silenzio) Con il fiasco si dovrebbe condurre un popolo, non con i pianti ed i sacrifici. (rivolto a Dioniso) Dico bene amico mio?
DIONISO (sussurrando) Amico mio… insomma, adesso non ci allarghiamo!
CREONTE (rivolto a Edipo) Hai un coltello lì!
DIONISO (sempre sussurrando) Si vuole togliere gli occhi, credo. Così almeno dicono le previsioni!
CREONTE (scuote la testa, poi alza il fiasco) Ma guarda che bei riflessi ha questa bevanda, cognato. Rubino. Come fai a toglierti gli occhi e non vedere più questo spettacolo? (rivolto a Dioniso) Ehi amico, quand’è che mi darai un tirso come il tuo, eh?
DIONISO Ti preferivo quando te ne stavi in silenzio a testa bassa caro Creonte. (indica il fiasco) Per adesso accontentati di quello, per il tirso c’è tempo. (si volta verso il quadro) Vieni, vieni. Andiamo ad ammirare l’opera divina!

Creonte e Dioniso si avvicinano al quadro nero, Dioniso sgomita un po’ con gli altri per arrivare davanti. Dopo un po’ che i sei sono intenti a parlottare tra loro, Edipo si alza e si avvicina anche lui al quadro. Cerca di vederlo alle spalle del gruppetto, ma è troppo basso e desiste.

ÉDIPO (da un colpo di tosse per attrarre l’attenzione e alza il coltello, gli altri si voltano verso di lui) Scusate, l’intromissione. (poi in tono solenne)
Volete voi signori venire a conoscenza
di quali avvenimenti nefasti furono
a portare la mia adorata moglie Giocasta,
vostra madre, nonché sorella e devota,
a cessare di suo pugno la regale esistenza?
E per quali stessi io Edipo, re di Tebe,
vostro padre nonché cognato e devoto,
mi accingo a negarmi la luce del mondo
con quest’arma che brilla ferma
nella mia mano di re caduto in disgrazia?

Edipo fa una pausa in attesa di una risposta.
I sei gli voltano le spalle e tornano a guardare il quadro senza dire una parola e riprendono a commentarlo a bassa voce. Si sente la voce di Dioniso che si eleva sulle altre.

DIONISO Il futuro, vi dico! Il futuro.

Edipo abbassa il coltello e si avvia a capo basso verso la porta. Mentre cammina fa delle prove con il coltello avvicinandoselo agli occhi.
Eteocle si stacca dal gruppetto, si muove svelto, lo raggiunge alle spalle e si riprende il cappello tornando subito davanti al quadro. Edipo prosegue del suo passo continuando a fare le prove ed esce dalla porta.

Sipario.

Scena terza

Il sipario si apre su Eteocle, sempre con il cilindro in testa, seduto sul water di fianco ad una finestra. Sulla mensola della finestra c’è un quotidiano ripiegato. La luce entra dalla finestra e mentre la scena va avanti si attenua sempre di più. Eteocle sta guardando fuori.

ETEOCLE (sospira) Sto seduto qua intento a guardar fuori dalla finestra mentre mio padre sta per prendere una decisione determinante per il proseguo della sua esistenza.
Sospira.
Che cielo! È tutto coperto di nuvole basse e premonitrici di tristezza. Dispero nell’osservare lo stato in cui si trova il frutteto, un tempo regale, del mio signore e padre… e fratello.
Strappa un pezzo di carta igienica.
I miei bisogni fisiologici sono stati soddisfatti. Adesso dovrei alzarmi da qua e raggiungere lo sventurato per una parola di conforto.
Sospira e guarda ancora fuori.
Il vento sta abbattendo le ultime foglie ancora in vita. Presto tutti gli alberi saranno spogli come quelli che vedo la, sul fondo. Le foglie si depositano oscillando sull’erba completamente fradicia e troppo trascurata. Trascurata dall’imperizia di giardinieri sempre meno degni di un nobile re.
Sospira.
Un re di cui magari se ne può discutere la nobiltà, mache rimane pur sempre un re, un padre… e un fratello.
Si pulisce con la carta igienica.
Devo, adesso devo raggiungerlo e mettergli una mano su una spalla. Qualsiasi destino, qualsiasi futuro lo affronterà con quella mano su quella spalla.
Torna a guardare fuori.
Ecco un piccolo e mite passero planare dalla grondaia sopra la mia finestra fino a terra. Saltella incuriosito dal mondo e stregato dal bisogno di cibo. Finché non trova qualcosa da beccare. Poi riprende il suo volo verso il ramo mesto e scuro di uno degli alberi di pesco. Il suo peso quasi assente basta a far cadere l’ultima delle foglie appartenute al suo sostegno. Anch’egli accelera il corso del destino.
Sospira.
Da solo invece, Edipo re, ha accelerato il suo destino. Lui ha desiderato tanto la verità e si è impegnato con ogni suo mezzo per il suo espletamento. Questo fa di lui un grande re, un grande padre… un grande fratello.
Prende un altro pezzo di carta igienica.
Andrò! Si andrò da lui e sarò il suo supporter. Le sue nobili scelte non mi lasceranno insensibile. Le tristi conseguenze non mi scoraggeranno.
Torna a guardare fuori.
Oh, il buon cane della madre mia scomparsa. Il fedele amico di giorni inconsapevoli che cammina sempre più stanco e deluso, passa tra gli alberi, e poi va ad alzare la sua zampa posteriore proprio sotto quello stesso albero che il passero leggero aveva spogliato. (pausa) Continua a trascinarsi fino a nascondere la sua vista tra i filari della vigna.
Sospira.
Il cane di mia madre. Ignaro lui dei motivi che lo hanno diviso dalla sua padrona. Così come ignaro vorrei essere anch’io. Vile si, ma onesto con me stesso. Non altrettanto con colui che guida la mia città, che mi dette la vita… che ebbe la sua dalla mia stessa madre.
Si pulisce.
Ed ora riscatterò la mia onestà anche nei suoi confronti. A spada tratta contro chiunque ne sia il calunniatore. Con furia lo raggiungerò e ne difenderò il nome.
Torna a guardare fuori.
C’è un falco lassù! Come volteggia nel cielo sopra l’alta quercia. Unica eroica ad arrivare ad un’altezza simile. Mentre il vento continua la sua opera e finisce di svuotare gli alberi. Il passero ha capito che il tempo volge al brutto e torna al riparo sopra la mia testa. Anche il falco non è più al suo posto, sopra la quercia che oscilla minacciosa. Persino la sua vista acuta ha abdicato al destino.
Sospira.
Non è più al suo posto, come presto non lo sarà più la mia guida, colui che è stato i miei occhi per molto tempo e che per molto ancora non sarà più neppure i suoi. Guardava sopra di me suddito, guardava per me figlio e… fratello, guardava con me.
Prende un altro pezzo di carta
Adesso uscirò da questo mio rifugio e guarderò il cielo. Guarderò il cielo per lui e con lui al mio fianco. Chiederò il perché di tanta sventura e per Edipo ne valuterò l’oracolo.
Guarda ancora fuori.
Il cane dei miei fa ritorno. Se ne torna nella cuccia sotto la finestra che fu della sua cara padrona. Sapevo che avrebbe preso a piovere, e piove sempre più forte. Ora ci si mette anche l’acqua a buttar giù le ultime foglie secche. Ed è la fine. (dalla finestra si vede un lampo) Il primo lampo nel cielo plumbeo, di quel nero tipico del futuro. (si sente un tuono) Ascolto il tuono perché ho orecchi e non vedo più niente nonostante abbia occhi.
Sospira.
La quercia, regno incontrastato del falco è scomparsa dietro un muro d’acqua che scende dall’alto. Gli alberi più vicini non hanno più motivi di mostrarsi nella loro nudità e si offuscano.
Sospira e si pulisce. Si vede un altro lampo dalla finestra. Ormai è quasi buio.
Ma che notte inattesa! Un altro lampo a me vicinissimo. (si sente un tuono) ed il suo tuono. Adesso il buio è completo. È tempo di alzarmi. Per adempiere al mio compito di onesto eroe tragico o… (pausa) o almeno per provvedere all’illuminazione della stanza.
Rimane un po’ pensieroso, poi si alza, tira su le mutande e i pantaloni senza abbottonarli e si avvicina alla ribalta, mima di schiacciare un interruttore e nello stesso momento si sente un click e la luce artificiale illumina il palco. Eteocle torna a sedersi sul water, prende il giornale sul davanzale e si mette a leggere.

Sipario.