SCHIUMA

di

Giuseppe Mazzone



Commedia in due atti




Personaggi :

Michele,
Piero,
Cornelia,
Jolanda,
Amilcare

 

Primo atto.


E’ un pub-pizzeria dalla forma irregolare, che più o meno assomiglia a una L ribaltata. I tavoli sono disposti secondo la conformazione delle pareti: più piccoli, più lunghi, a seconda. Poster in bianco e nero alle pareti, e luci all’insù. Il sipario si apre su luci blande e un tavolo piccolo proprio in fondo, ad angolo. Lì sono seduti due signori, trentacinque-quarantenni, in camicia. Bottiglie, bicchieri, sigarette accese. Nessun altro.

Michele. Buone, buone queste bombe (aspira forte e intenso da una cicca), uhmmm. A quest’ora è proprio quello che ci vuole. No, durante la giornata no, che morirei subito. Ma ora, ora, ahhh. Ora aspettiamo un altro d’ora., che dici ? Che se viene Cosimo ci andiamo a fare lo scopone scientifico a casa mia, che tanto tu perdi sempre, ah ah. Che dici ?
Pietro. E così ci fumiamo un pacchetto intero di bombe Pall mall senza filtro e ci scoliamo un’alltra catorza di birre. E poi guarda che io sono il Real Madrid della briscola in cinque.
Michele. Ecco, appunto della briscola in cinque. Giochi a scopone scientifico come alla briscola in cinque e viceversa. Quella volta che hai chiamato te stesso, ih ih. Come si fa a chiamare se stessi ? Ih, ih !
Pietro. Ricordati che sei solo e che devi morire. Vedo se sono arrivate quelle birre nuove norvegesi col capitan Uncino nell’etichetta. Quelle con la schiuma dei mari del Nord.

Si alza, si dirige verso il bancone che però ancora non si vede. Parlotta di buon umore, rimane in penombra.

Pietro. Ehi, vecchio ubriacone di un oste pervertito e consunto, rappresentazione evidente della inutilità e della caducità delle umane cose, dammi due birre norvegesi, sì, quelle che sono arrivate l’altro ieri sera e tu sbrodolavi tutto contento della novità che avevi escogitato con quel rappresentante finnico raccogliticcio e losco per rifilargli un assegno post datato falso. Finite ? Come, finite ? Successo strepitoso ? O le hai offerte a qualche pollastrella nella vana speranza di ottenere un sorriso in cambio ? (Rivolto a Michele) Non ne hanno. Che prendo ? Sei tu l’esperto in birre.
Michele. Vedi se hanno quelle finlandesi della settimana scorsa con la sirenetta nell’etichetta.
Pietro. Sirenetta nell’etichetta, sirenetta nell’etichetta (torna con le birre). Ma la sirenetta non è danese ? Io una volta sono andato a Copenhagen, massì, ti ricordi, con la Due cavalli scarlatta.
Michele. Non c’ero, non c’ero in quel viaggio, come faccio a mettertelo in testa ? L’hai fatto vent’anni fa, o forse più.
Pietro. Ah, e con chi ero, con chi ero ?
Michele. Con Filippo e Roberto, che poi avete incontrato Ulla detta la trulla e ve la siete portata nell’ostello della gioventù nel bosco delle fiabe di Hans Cristian Andersen. Se poi, se poi (ampi e volgari gesti)…io non so, non c’ero. E poi siete andati al porno spettacolo a vedere una coppia che si dimenava a un palmo da voi, che queste cose non le avevate mai viste, e ci siete tornati, porconi.
Pietro. Beh, porconi…: turismo culturale, scambi. Ulla la trulla era un’olandesina in vena di scambi culturali. Una quintessenza di fantasmagoria.

Michele lo interrompe quasi, cambia tono come rapito da improvviso pensiero.

Michele. Jolanda non l’ho più vista.
Pietro. Vabbè, certo. Dicono che si sia sposata da poco.
Michele. Che c’entra ? E allora se uno si sposa scompare dalla circolazione ?
Pietro. Mica deve dare conto a te. Sicuramente non a me, non le stavo simpatico e si vedeva.
Michele. Secondo me è molto infelice.
Pietro. E perché mai, perché si è sposata, oppure perché non si è sposata con te ?
Michele. E’ molto infelice perché si è sposata. Se non fosse stata infelice, non si sarebbe sposata. Ha seguito il proprio istinto, la propria pre\di\spo\si\zio\ne. Lo sai che mi ha detto, lo sai che mi ha detto l’ultima volta che l’ho vista ? Mi ha detto: peccato non averti incontrato prima. Ma brutta stronza, mi hai incontrato ora. Approfittane, goditi la vita, perbacco. Eccomi ! Un pezzo d’uomo così, dove lo trovi più ?
Pietro. Con te, godersi la vita con te ! Puah ! manco una lavapiatti in barella !
Michele si muove come in passerella. Con me, con me. Che c’è di meglio ? Io sono la fantasia, il futuro, il meglio. Mamma (canticchia, si muove da guitto) perché m’hai fatto così bello ? Sono il più bel ragazzo del quartier.
Pietro. Davvero te la saresti sposata ? Davvero davvero avresti sottoscritto il contratto ?
Michele. Sposata ? Chissà. Beh, non esageriamo. Le avrei offerto la libertà (in coro) la fantasia, il futuro, il meglio.
Pietro. E credi che una donna voglia questo ? Schiavitù, servitù e catene, questo dovevi offrirle.
Michele. Quell’Amilcare con gli occhiali. Sempre lì appresso, appiccicato. Dèdito, quell’Amilcare dèdito. Dieci anni ci ha messo per conquistarla. E all’Università sempre appresso, e se lei aveva un corteggiatore – e ne aveva, altroché – lui sempre lì a consolarla quando andava male e perfino a complimentarsi quando lei attaccava con qualcuno una …una storia, diceva. Raccontava: Sai, sto avendo una Storia. Oppure: ho avuto una Storia. Storie. Amilcare, puah, con le lenti spesse così, vestito sempre uguale con quella giacca carta da zucchero, e quel sorrisino gnì gnì. Gli esce pure la maglia di lana da sotto la camicia.
Pietro. E gnì gnì – ora te lo posso dire – sai che ha avuto il coraggio di dirmi ? Perché non venite, lei e il suo amico Michele, al nostro matrimonio ? Jolanda sarebbe contenta.
Michele. Quando te l’ha detto ?
Pietro. Prima del matrimonio.
Michele lo guarda di sbieco come a dirgli: “e quando lo doveva dire, dopo ?”
Pietro. Gli ho risposto sdegnoso che il mio amico Michele ed io quasi non andiamo ai nostri, di matrimoni, figurarsi a quelli degli altri.
Michele. Grande, grande. Chissà che faccia ha fatto.
Pietro. Gnì, gnì: faccia da carta da zucchero.
Michele. E Cornelia, invece ? Altro che gnì gnì.
Pietro. Ma lo sai, ma lo sai che non ne so più da…diciamo tre anni ? (si fa romantico, canticchia, declama, allarga le braccia) Dove sei, cosa fai, con chi sei ? E’ proprio vero: Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Ma io i suoi occhi, quelli sì, i suoi larghi occhi chiari, ce li ho davanti e sorridenti come un sorriso lascivo e un far di ludibrio su quella bocca laaarga laaarga laaarga.
Michele. Come un sorriso infame. Verrà la Morte e avrà i tuoi occhi.
Pietro. Mi sono innamorato di te\ perché non avevo niente da fare \ di giorno volevo parlare dei miei sogni \ la notte….parlare d’amor… (intona il motivo di Luigi Tenco, e lo fa in maniera struggente, struggendosi).

Da un punto imprecisato, giunge la voce di Cornelia, mentre Pietro è ancora trasognato. Una voce lenta e profonda.

Cornelia. Credi davvero che tu avresti cambiato la mia vita ? Credi davvero di essere migliore dell’uomo che ho sposato, del padre dei miei figli ?
Pietro ancora sognante. Io di te avevo colto l’essenza, il significato più profondo del tuo respiro, dei tuoi battiti di ciglia. Dal fruscio delle tue vesti captavo il tuo arrivo, dai movimenti lievi delle tue caviglie. Captavo il tuo sguardo quando s’incrociava con quello degli altri, e riconoscevo le tue vibrazioni, le tue emozioni. Grazie, grazie ancora per quello che mi hai donato,
Voce di Cornelia. Per così poco…

Michele si dimena improvvisamente insospettito, si mette a scrutare dappertutto, a frugare. Si muove, si ferma, torna indietro, si gira di scatto. Finge, riparte. Infine scuote Pietro trasognato.

Michele. Cretino.
Pietro. Può mai un uomo essere definito cretino per un amore fallito ? Eh ? E allora tu ? Cretino pure tu, che ci sarebbe un elenco….specie quando facevi il poeta, e ti vestivi da poeta. (riprende a sognare) Oh Cornelia, Cornelia….
Michele lo riscrolla. L’elenco, e tu allora ? Ricordi quella notte che ti ho raccolto sul ciglio del burrone ?
Pietro. Ricordi, sbocciavan le viole\ con le nostre parole (accenna a De Andrè). Piuttosto: La birra appena cominciata\ è già finita… Ostaccio, ehi, ostaccio !
Michele. Sogni ad occhi aperti vero ?
Pietro. Non è straordinario ? Appena l’ho evocata m’è apparsa la sua voce. Cioè apparsa…Come si dice della voce quando…quando…Mi è comparsa la sua voce ? Comparsa ? Apparsa ?

Michele che ha fiutato la verità, si avvicina a un lato del palcoscenico, o a una porta, e grida provocatorio.

Michele. Però, bella stronza ‘sta Cornelia che ti ha fatto tanto soffrire, poverino, senza darti niente in caaambioo !
Voce di Cornelia. Alt ! Era lui che non mi chiedeva niente: parlava, parlava di sé, del mondo, dell’Universo. Poi quando si decise e accennò, farfugliò, mica tanto esplicito, era già troppo tardi. Mica potevo stare ad aspettarlo in eterno.
Pietro ridesto. Eterno ? Cornelia, Cornelia, dove sei. Oh, sì lo so che è già tanto aver inteso la tua voce come….come…se tu fossi qui, oh sì !
Michele. Oh, oh, è un’ora che sto cercando di dirtelo. Secondo me è proprio qua. Eh ?
Pietro. E allora cerchiamola, cerchiamola, via. Cornelia, Corneliaaaaa.

La ricerca si fa più affannosa: tavoli spostati, tovaglie alzate come se la donna potesse essersi celata in qualche angolo e materializzarsi in cenere e tappo per non farsi scorgere. I due la cercano perfino nelle tasche, addosso, nei lampadari; nelle piastrelle del pavimento. Chiamano: Cornelia, Corneluccia; Amore, Amoruccio (tutti e due).

Voce di Cornelia. Sempre lo stesso, sempre gli stessi. Ma siete proprio due fanatici. Oh, ma che credete che sia la voce dell’oltretomba ? Oh, dico, ohhhh !
Pietro. Oh, non dall’oltretomba, ma dalle intermittenze del cuore infrastellate nella mia memoria cadùca.
Cornelia grida. Che avete, le visioni ? Fatemi uscire, liberatemi ! E’ un’ora che sono rimasta bloccata qui dentro in questo romanticissimo… suggestivo… CESSO !

I due restano un attimo di sasso, mentre dalla porta della toilette è un gran rumore di pugni, graffi, forse pure colpi di tacchi di scarpe. E’ Michele che va ad aprire. Cornelia irrompe di botto, ben messa ed elegante signora. Si ricompone, saluta i due cordialmente con bacetto alle guance.

Cornelia. Via, stop alle fantasie. Vedi, Pietro, mi hai invocata, ed eccomi.
Pietro. Evocata.
Cornelia. Ma sì, insomma. Eccomi. Bah, questa porta di questo cesso mi è sempre fatto brutta impressione. Però, strano, sapete ? Ad un certo punto qualcuno ha bussato e io ho risposto: occupato. Questo però ha come armeggiato, non so cosa abbia combinato. Che mi abbia chiuso dentro di proposito ? (Si guarda intorno) A proposito: e mio marito dov’è ? E gli altri amici ? Eravamo una comitiva, sei o sette. Se ne sono andati ? Ma come, se ne sono andati senza di me ? Bah, forse non vedendomi sono andati a cercarmi fuori, sicuramente sarà così. Sì, debbono essere usciti, vado e torno (va e torna pressoché subito). Bah, strano, qui nella piazzetta non ci sono. Chi lo sa dove se ne sono andati. Forse sono preoccupati, forse hanno telefonato agli ospedali, alla polizia. Un telefono ? Datemi un telefono, il mio lo dimentico sempre. (chiama col telefonino di Michele, digita diversi numeri) Da qui non prende ? Vado e torno (esce e rientra sempre più affannata). Strano, a casa mia non risponde nessuno. Ovvio: come potrebbe rispondermi qualcuno se sono sguinzagliati in giro a cercarmi ? Nessuno, poi nessuno che risponda, mah ! Che scemi però a preoccuparsi così. Mi accompagnate a cercare i miei amici scomparsi a cercare me ? Dài, che nel frattempo parliamo e ci raccontiamo.

I due uomini annuiscono, indossano giacche e cappelli ed escono assieme a Cornelia. Le luci sfumano su di loro, poi puntano sulla sala, dove ad un tavolo sono seduti Amilcare e Jolanda. Amilcare è vestito esattamente come descritto dai due buontemponi: una giacca carta da zucchero, la maglia di lana che gli trasborda da sotto la camicia. Jolanda è invece decisamente carina, pepata, abbigliata in maniera decisamente personale. Sfogliano un enorme album di fotografie, quelle del loro matrimonio. E’ già la sera successiva. Non hanno ancora ordinato pietanze e beveraggi.

Amilcare. Gni gni gni, amoruccio, amoruccio mio, smuah (bacio fragoroso e salivoso ad una guancia della moglie), guardati com’eri bella, smuah, col piccione in mano in piazza San Marco. Sembrava che aspettasse te, quel piccione veneziano. Appena t’ha vista: tac, sulla mano. E non ti voleva lasciare, ti ha seguita fino al bar sotto i portici, come si chiama…il bar famoso…il Floreal…il Flower’s, ma sì che dovevi andare alla toilette. Non ricordi più che sei andata alla toilette ? Oh, ma io ricordo attimo per attimo.

Jolanda ascolta distratta e rassegnata, né interessata, né coinvolta dai ricordi di viaggio di nozze. Non vede l’ora di mangiare e con ansia sbircia nel locale nella speranza che qualcuno prenda l’ordinazione.

Amilcare. Sì, ti ha seguito, il piccione, che se non fosse stato un piccione pennuto mi sarei potuto ingelosire, gni gni. Oh, guarda qua: sei sulla Torre dell’Avvoltoio, o dello Sciacallo:
Jolanda. Veramente, è la Torre dell’Angelo custode.
Amilcare. Oh, che sbadato. Siamo saliti in tante di quelle torri che qualcuna la confondo. E quando…e quando abbiamo fatto l’amore nel loggione della Villa dei Gonfalonieri ? Che emozione, che sublime avventura, che coraggio ! Pensa, se fosse arrivato qualcuno….
Jolanda vieppiù infastidita. Non poteva arrivare qualcuno perché era tutto compreso nel prezzo dell’agenzia “Luna di miele”. Nel programma era prevista perfino questa, ehm, pausa per fare all’amore. Mezz’ora esatta, con la guida che ci ha chiuso la porta ed è rimasta laffuori a fumarsi la sigaretta e giocarsi la schedina. Ufff, e pure il piccione era di quelli appositamente addestrati dalle agenzie. Se no, perché avremmo dovuto spedire le nostre foto in anticipo e pure una stoffa imbevuta tipo impronte digitali ? Così le fanno vedere e annusare ai piccioni, ai camerieri, ai passanti giapponesi che ti scattano le foto, ai gondolieri. Il piccione, lo ammetto, è stato bravo: appena m’ha visto ha inscenato la manfrina. Piuttosto, gli hai dato la mancia ?
Amilcare. Mancia ? E perché mai ? Era tutto compreso nel prezzo.
Jolanda. E quel gondoliere che non voleva prenderci a bordo perché secondo lui a quell’ora doveva arrivare un’altra coppia ?
Amilcare. Maleducato. Però non aveva tutti i torti: non era stato avvisato del cambio con gli sposini belgi che la sera prima delle nozze hanno litigato mandando tutto all’aria. Hanno pagato la penale, però: mica si fa così che uno all’ultimo fa marcia indietro. Quelli dell’agenzia ci sono rimasti male. Noi no, amoruccio mio, che non ce ne siamo pentiti. E abbiamo fatto bene. In quarantadue comode rate, “La Luna di Miele dei vostri sogni !” Ricordi lo slogan ? “Senza anticipo e senza cambiali”. La prima notte, pure l’orchestrina e lo champagne nel secchio, nel Grande albergo.
Jolanda. Assieme ad altre duecento coppie come noi.
Amilcare. Beh ? E allora ? Ognuno nella sua stanza, no ? Aria condizionata, serviti e riveriti, lenzuola profumate da petali di rose. Indimenticabile, ah, indimenticabile. Finalmente noi due da soli.
Jolanda. Eh, ne avremo di tempo, a star soli da sposati.
Amilcare. Ora non essere lacustre. Non siamo soli e non saremo mai soli (enfatizza). C’è mammà, c’è papà, ci sono i tesori che porti dentro il tuo grembo. A proposito, si muove già ?
Jolanda. E’ troppo presto, dàgli il tempo di rendersi conto di essere stato concepito. Prima che scappi.
Amilcare. Lo vorrei già fra le mie mani, il mio pargoletto. E poi un altro e un altro ancora (Jolanda lo guarda inorridita). Famiglia numerosa\ iddio la rende prosperosa \ nel ventre della sposa \ profumata come una rosa \ specie quando beatamente riposa.
Jolanda. Posso dirti una cosa ?
Amilcare. Puoi dirne a josa.
Jolanda. Ho fame !
Amilcare. Ha fame, ha fame il tesoruccio mio, smuah smuah (la bacia sbrodolosamente quasi facendola cadere) L’appetito vien…ehm…chi ha appetito non aspetti tempo, perché il grano è duro da ingranare quando la stagione dei sesterzi è stata appesantita dalle piogge abbondanti. Approfittiamo dunque della Buona novella e intoniam: pane al pane e vino al vin (canticchia sconclusionate note che solo lui sa).

Rientra Cornelia, con fare titubante e frettoloso. Si guarda intorno. Poi s’appoggia per un attimo al bancone, pensierosa.

Amilcare. Ehi, ma non c’è proprio nessuno quiddentro, stasera, che serva i clienti ? Signora, signora (a Cornelia), la prego, venga, venga a prendere le ordinazioni.
Cornelia. Io ? Chi io ?
Amilcare. E chi altro ? C’è solo lei. Venga, venga, suvvia.

Cornelia stupita nonché sbalordita indossa un grembiule, afferra un taccuino. si muove meccanicamente verso il tavolo. Nel frattempo mormora.

Cornelia. Ehi, ma che succede quaddentro stasera ? E’ come…è come se tutto ruotasse alla rovescia, come se il mondo girasse all’incontrario. Cioè: all’incontrario di prima. Però…però…prima girava nel senso giusto ? Ma il senso giusto, qual è ?

Amilcare si spazientisce, quasi si adira per il tempo che Cornelia perde.

Amilcare. Signora, ma che fa, cincischia ? Un po’ spratica, eh ? Buona sera, finalmente, era ora !
Cornelia. Finalmente ?…Era ora ?…Voi…voi…forse sapete ?
Amilcare. Sappiamo quel che ci è dato di sapere. Io ordinerei (squadrando la moglie in cerca di approvazione, che non arriva tanto quella è distratta) un antipastino, sì, olive, sottaceti, salamino. Uno per due basta, sennò è troppo. Acqua minerale non gassata e a temperatura ambiente.
Jolanda. Io voglio una birra subito, ghiacciatissima e schiumosissima. E un antipasto, tutto per me, di salame piccante, del tipo calabrese, quello che bruuucia, ahhhh.
Amilcare interdetto. ……issima…e sia. Per me la minerale, anzi naturale, naturale dal rubinetto, va, l’acqua del sindaco, ah ah. Suvvia, signora, vada, vada.
Cornelia sbalordita. Vado ? Ma…vado, bah, massì, vado.

E va davvero dietro il bancone, dove non c’è mai il titolare, prepara con una qual dimestichezza e torna al tavolo con piatti e bicchieri e bottiglie. E’ un tantino impacciata nel servire, al punto che nel versare la birra la rovescia maldestramente in un bicchiere che si colma di schiuma che si rovescia, riversando il suo contenuto addosso ad Amilcare. Jolanda scoppia a ridere immediatamente, la emula Cornelia con riso liberatorio. Amilcare, serissimo, segue il percorso della schiuma sui suoi pantaloni.

Amilcare. Ahhh, ahhh, proprio ghiacciatissima questa schiuma ahhh, ahhh! Ti assicuro che è proprio freddissima (si tocca, si palpa). E lei, signora causatrice del danno, che sta a ridere ? asciughi, faccia qualcosa, uno strofinaccio, una spugna….

Cornelia si procura una specie di mappina da cucina e la strofina addosso ad Amilcare, anche sulle parti più intime, ridacchiando e sollecitando gli oh, uhm, aho dell’uomo, il quale si alza pure per mantenere immacolata quella sua orrenda giacca carta da zucchero. Mugola quando Cornelia insiste sulle parti intime tanto che per asciugarsi gli occhiali usa lo stesso strofinaccio, quindi crolla sulla sedia, estasiato. Jolanda esilarata osserva, poi va lei stessa a procurarsi un’altra birra, che si versa in un bicchiere più lungo e più adatto. Improvvisamente le è venuto il buon umore, concentrandosi sulla birra che degusta lentamente ostentando il baffo di schiuma che lecca voluttuosamente.
Entra Pietro, stesso vestito della sera prima, quasi si urta con Cornelia che, strofinaccio e vassoio ancora in mano, si defila al bancone. Scorge Jolanda, ne resta turbato. Declama.

Pietro. Il baratro ! Il baratro si spalanca nel gorgo. E’ forse ovvio affermare che i baratri si spalancano, altrimenti che baratri sarebbero ? Conoscete baratri che si racchiudono in se stessi ? Nessuno ne ha visti mai. Mica sono bocciuoli di rose, i baratri, o gardenie. Al contrario, né le rose, né le gardenie si schiudono nel gorgo. Quindi, fra baratri e gardenie corre una bella differenza. Oddio, cespugli di rose sono stati scorti ad affacciarsi su taluni baratri, però in condizioni di luce ed umidità particolari. Gli stessi gorghi, inoltre, bisogna stare attenti a non considerarli tutti uguali: esistono gorghi sopraffini e gorghi sovradimensionati, gorghi planetari e gorghi avviluppati, che è la peggior genia perché assommano in sé i difetti degli uni e degli altri. Ho sempre nutrito un’antipatia naturale verso i gorghi sopravvalutati, seppure una recente campagna pubblicitaria ne abbia evidenziato i lati positivi.

Canticchia una specie di canzoncina:

Tuffatevi nei gorghi
di enormi dimensioni
accecatevi di abbagli
confidate negli inganni
Acchiappateli in subbuglio
A ognuno è fatta specie
di sorpassar gli eventi
alla velocità tripla
della luce del risucchio
I gorghi voluttuosi
ti lasciano il respiro
ma son dispersi ai venti
di futili emozioni .

Beh, scusate, sono di troppo, esco, mi dileguo.

Pietro glissa via velocissimo, compunto. Intanto Jolanda ha malamente scostato l’album delle foto per farsi spazio e prendere a cenare con grande appetito. Ha una espressione assente, lontana, appare indifferente agli avvenimenti vicini. Pure Amilcare prende a trangugiare di buona lena, rumorosamente. Cornelia si accomoda assieme a loro, oramai agghindata, alla bell’e meglio, da cameriera. E si asciuga le mani nel grembiule quadrettato che ha trovato ed indossato. Rilassata.

Amilcare a Cornelia. Signora, ma che fa ? Si siede con noi ? Insomma, perbacco, che diamine. Combina guai che…che, uhm sì, ripara immediatamente e simpaticamente. Però, signora, la prego di rispettare le regole e i ruoli.

Si rialza frenetica, Cornelia, rassetta svogliatamente i tavoli ristrusciandosi provocatoriamente addosso ad Amilcare.

Cornelia. Non so davvero dove possano essere andati. Eppure ero con loro, ieri sera, eravamo assieme, siamo entrati qui, ne sono certa.
Michele s’affaccia. Ne sei certa ? E’ questo, che ti ha rovinata. Sei sempre stata troppo certa, una persona assolutamente certa. Io, se fossi in te, ripenserei con meno approssimazione e certezze, a ieri sera. Tu sostieni che sei venuta qui con tuo marito e i tuoi amici. TU SOLA ! Qui, nessuno li ha visti, vi ha visti insieme. Sei apparsa sol perché ti ho evocata. Et voila, la magia si è compiuta. Hai testimoni ? Qualcuno vi ha notati, festosa e rumorosa comitiva come tutte le comitive che si rispettino ? Avanti, rispondi: chi vi ha visti ?
Cornelia. Sempre lì a punzecchiare. Ma a te chi ti ha visto mai ? Chi ti conosce ?!!! (s’adira).
Michele. Punzecchiare io ? Mannò, gentile signora che non mi conosce nonostante cinque anni di università passati insieme, no sono oggettivo, imparziale ed olimpico, e anche al di sopra delle parti. Decubertiniano. Un vero gentiluomo fin de siècle.
Amilcare. (s’inserisce quatto quatto nel piatto ricco). Cioè, lei vorrebbe dire, insomma…che l’importante è partecipare e non vincere ? Gnì gnì gnì, mi scusi ma io gnignisco, gn gn…
Michele. Ebbene sì. Solo in tal modo si può vivere sull’orlo degli abissi senza soffrire le vertigini. Che è una gran conquista. Prenda esempio da me (Amilcare lo scruta da vicino con sospetto, lo fiuta quasi): IL PERICOLO E’ IL MIO MESTIERE ! E per pericolo intendo la corsa sconsiderata verso l’ignoto, la mia corsa personale e di qualche altro, esploratori dell’Inconoscibile. Mentre la stragrande maggioranza di voi (e afferra Amilcare per il bavero) si nutre di certezze, si pasce nelle acque chete dell’acquitrino riscaldato della sua pozzanghera catastata. Ma la ricerca della verità non è forse la molla che ha spinto l’Uomo oltre l’ostacolo ? Eh ? (e spinge davvero Amilcare che quasi incespica, casca, s’appoggia goffamente).
Amilcare. Spinto, e fatto cadere, gnì gnì. Precipitare nei suoi abissi…mah ! Ma che fa, lei lo scalatore ? Il cascatore ? Tesoruccio (che invece è divertita), meglio non venirci più in un posto del genere. Ah, vero: un motivo c’era: farvi vedere le foto del matrimonio, e della susseguente Luna di miele, però senza Luna e senza miele, gnì gnù, che costavano troppo gnè gnè. Non mancano per la vostra gioia le diapositive a colori insta\matic. Morite dalla voglia di vederle ? Ammettetelo, ditelo. Anche lei, signora cameriera, potrà assistere.
Michele. Avete filmato anche la prima notte di nozze ?
Amilcare. In che senso, scusi ?
Jolanda (sempre più divertita. Ora è lei a smanacciare Amilcare). Ma tesoruccio, tesoruccio mio, in che senso vuoi che questi due porcelloni intendano ? Nel senso hard, caro.
Michele e Pietro. Esatto !
Amilcare. Esatto ?
Jolanda. Massì, i particolari…i dettagli, insomma noi due che…noi due che…
Michele. Che consumavate, che coronavate nel talamo il vostro sogno d’amore.
Pietro. Niente più di un filmato vivo live da regalare agli amici. Un pensierino. Anzi, per ringraziarvi, penserò io poi a farne altre copie e a farle girare per la città. Gratis, eh ?
Amilcare. Che pensiero gentile, che pensiero gentile davvero ! Davvero è gratis ?
Pietro e Michele. Sssssss: assolutamente gratis !
Jolanda. Altro che gratis, questi due, due (li sfida, ci gioca, li provoca) ehm buontemponi, pagherebbero pure per assistere allo spettacolo. No ?

Jolanda li prende per il bavero e li trascina a sé, poi si distacca come una consumata dark lady, strappando dalla bocca di uno dei due una sigaretta. Pietro e Michele accentuano l’atteggiamento di provocatori sbrodolosi.

Amilcare. Pagherebbero addirittura ? Meglio ancora. Così ci rifacciamo di quel mezzo ehm infortunio della prima notte di nozze.
I due. Infortunio ?
Amilcare. Glielo posso dire, tesoruccio, glielo ? Non te ne avrai a male ? Massì, un piccolo infortunio giusto la prima notte, tutto compreso nel prezzo e gli operatori pronti a filmare, puntualissimi perché ancora gli restavano un’altra ventina di coppie da immortalare. Ebbene …ebbene….
I due. EBBENE ?
Amilcare. Come dirlo, come dirlo: la mogliettina mia giusto quella sera era impedita, come suol dirsi aveva le sue cose, sì proprio quella sera, proprio.

I due fingono di rammaricarsi ad ampi gesti.

Michele. Ma va ?
Pietro. Peccato, proprio un peccato.
Michele. Soldi buttati al vento. Ma tu, ma tu (a Jolanda) proprio quel giorno ? Non potevi programmarti meglio, darti una regolata ?
Amilcare. Tutto all’aria, ha mandato ! E neanche la quota ci hanno restituito: colpa nostra, mi ribattè il direttore del tour, con un sorrisetto, pure col sorrisetto come per dire che io, io e lei…
Jolanda. Eh, ma si può rimediare, no ? Quanto siete disposti a pagare per assistere alla performance ? Badate che se mi ci metto…io….
Amilcare. Beh, insomma, tesoruccio, ora non esagerare. Dobbiamo fare l’amore castamente. Performance ? Per\for\man\ce (scandisce le sillabe con la lingua e le dita, dubbioso).
Pietro. Dove ?
Amilcare. Già, dove ?
Jolanda. Ma a casa nostra, tesoruccio, nel nostro lett\talamo. Potremmo montare un set cinematografico, no ?
Amilcare. Sì, certamente, bellissimo, bellissimo. Così tutti vedranno la nostra casettina nuova. A casa nostra, a casa nostra !

Fa per uscire entusiasta, ma nessuno lo segue. Rientra impacciato.

Amilcare. …ostra !
Michele. Non si può fare.
Pietro. Non se ne parla nemmeno.
Michele. Sarebbe un’assurdità, un controsenso.
Amilcare. Ma come, se eravamo d’accordo !
Michele. Assolutamente no !
Jolanda. E che, vi siete pentiti ? Sul più bello ? Sempre uguali, voi due: l’astrazione folle. Voi vivete col pensiero,vi nutrite di pensiero, volate col pensiero. Niente male, certo. Però ogni tanto, ogni tanto un po’ più di sostanza ci vuole, no ?
Amilcare. Sostanza, sostanza !
Michele. Sarebbe tutto falso.
Pietro. Non più la prima notte ma una imitazione, un fac simile.
Michele. Una rappresentazione, una simulazione. Perdereste la magia, l’irripetibilità del momento, dell’attimo. Nella Vita, nulla si ripete, cambiamo, ci modifichiamo ad ogni attimo che scorre. Mezz’ora fa eravamo più giovani di adesso, anche dieci minuti fa. E ora, voi due, cosa vorreste riprodurre ?
Jolanda. L’attimo fuggente, nulla si ripete e tutto scorre…massì, lasciamo che ogni luccichio di baluginìo segua la sua scia.
Cornelia. Altro che scia, altro che viaggio organizzato ! L’Europa intera on the road. Io e mio marito: viaggio di nozze in camper. Dunque: partimmo alla volta di Londra. La prima vera notte la passammo in un grill autostradale, un gran freddo nonostante fosse il cuore dell’estate. Quel camper pareva aperto ai venti e alle intemperie. Ricordo che mi ammalai a Parigi, vomitai a Bruxelles, venni ricoverata in ospedale ad Amsterdam per dissenteria e febbri tropicali e mi guarirono con una puntura che aveva un ago, macchè ago…un pungiglione….A Londra non arrivammo mai perché il camper s’era spezzettato per strada, un pezzo ogni cento chilometri. Uno sfasciacarrozze biondo pietoso ci accolse amorevole nel suo confortevole deposito sul porto di Anversa. Lì finalmente ci riposammo per un paio di giorni… una settimana nutrendoci di sandwick alle aringhe e crauti e birra marina. E un tortino uhm di un cioccolato piccantino che ahh ci lanciava in estasi, in orbita. Una cioccolata ahh da sballoooo ! Ma un lunedì mattino la pressa mosse dall’alto per trasformare il camper in una lattina per sardine, lo sfasciacarrozze amorevole ci accompagnò al primo treno. Ancora ci scriviamo e ci scambiamo gli auguri. Lui manda sempre cartoline dal Porto che odorano di aringhe e di quella strana polvere di cioccolata che rimane nell’aria, nell’aria. Ci vollero sei mesi per rimetterci dalle fatiche fisiche del viaggio e sei anni per finire di pagare il camper.

Cornelia accarezza una chitarra all’angolo, fa suonicchiare le corde. Si accovaccia su uno sgabello. La imbraccia quasi come una folk singer, attacca alcuni accordi e intona un motivetto sul genere dei più classici country-folk.

Cornelia.
Viaggio di nozze in camper
on the road on the road,
viaggio di nozze in camper
che ti fermi dove vuoi
Viaggio di nozze in camper che fantastica fatica
che sei stanco alla mattina
e non vedi l’ora che sia già finita !

Viaggio di nozze in camper
panorami autostradali
tra svincoli, viadotti e paradisi artificiali
Viaggio di nozze in camper che romantica illusion
di rivivere le gesta della beat generation !

E poi si sfascia il camper
on the road on the road,
a pezzo dopo pezzo
on the road on the road
E giunse il carro attrezzi, psichedelica emozion,
e fine della corsa nel ben mezzo della road !

La comitiva è nel frattempo scatenata al suono della irresistibile ballata country. Fra yahaaa e yahoo, Jolanda, Michele e Pietro improvvisano danze in cerchio, sbattono sul pavimento i tacchi come i più consumati danzatori del selvaggio West. Battono il tempo con un tamburello e sui tavoli, schioccano le mani. Esplosione di gioia e di allegria. Amilcare, che è rimasto impalato, interdetto li riporta alla realtà.



Amilcare. Ma le foto, quelle almeno le avete scattate ? Il vostro bel giretto, seppur scomodo, Parigi, Amsterdam…come certificherete altrimenti di esserci stati ?
Cornelia. Foto ? Ah sì, nella lattina di sardine.
Amilcare. Infelici coloro che non detengono un album fotografico pieno di ricordi documentati e catalogati.
Jolanda. Io vado in bagno, Dov’è ?

Si muove, apre e chiude rumorosamente un paio di porte, sbam, sbum. E a Cornelia fa scattare come una molla.

Cornelia. Ma certo, l’oste. Lui era qui, ieri sera, quando siamo venuti con la comitiva. Chiedete a lui se è vero.
Michele. Ma certo, l’oste ! Che però non vedo giustappunto da ieri sera. Massì, siamo andati noi a prendere le birre finniche. Vabbè, tentiamo: Oste, oste…OSTE !!! Dove diavolo di sei cacciato ? Pensa, io credevo che avesse lasciato te, a servire ai tavoli.
Cornelia. Via, non scherzare.
Michele. Massì, sei tu la nuova hostessina del pub, lo aveva pure annunziato: finalmente qualcuno mi darà una mano.

Cercano inutilmente l’oste in giro per il locale, dietro il bancone, ovunque.

Cornelia. Non c’è davvero, altroché. Bah sarà uscito a far provviste. Tornerà, prima o poi, non può non tornare. Eh, mica ha lasciato qualcuno a sostituirlo, no ?
Michele. Giù la maschera ! Tu sei la moglie dell’oste. Inutile negarlo. E’ un lavoro come un altro ed un matrimonio come tanti.
Amilcare. Via, signora. Lei è ben degna di servire ai tavoli di signori come noi, Sapesse quanta gente è in mezzo alla strada e non ha di che campare, di che procacciarsi.
Cornelia. Ah, sì ? Ah sì ? Io sarei dunque la moglie dell’oste, quindi l’ostessa ? Bene.

Scatta verso la cassa, fa scattare il ting e torna raggiante col foglio del conto, che sbatte sotto il naso di Amilcare. Questi legge e salta all’indietro, sconvolto.

Amilcare. Cinquantamila lire, cinquantamila lire ! Per quattro…ma è una follia, un ladrocinio: non pagherò mai un conto del genere. Mai e giammai !
Cornelia. Avanti, paghi: si chiude ! Se non le sta bene, vada al più vicino posto di polizia e mi denunzi. Intanto paghi, ecco lo scontrino. Altrimenti sarà io a chiamare le guardie. Si chiude ! Pure lei (a Michele), ehm, tu,: fuori che non hai nemmeno consumato e qui non sono graditi i perdigiorno.
Michele. Vado via, vado via, signora ostessa. Lei però (ad Amilcare che lo guarda speranzoso di un aiuto) di pagare deve pagare. Del resto, si paga tutto nella vita. Non lo sapeva, signor Amilcare, sposino fresco ?
Amilcare. Si paga solo il dovuto. Non sono mica scemo io. Non sborso e la vo a denunziare.

Amilcare scosta malamente Cornelia ed esce completamente alterato. Michele invece si accomoda comodamente. Cornelia compie dei giri di danza in un senso e all’incontrario.

Cornelia: Come che gira il mondo ? Così, o così ? Oppure così e così ?
Michele. Bah, forse non gira più e siamo noi che gli giriamo intorno. Ehm, ostessa danzatrice, che ne direbbe di concludere la serata con l’ultima birra dalla lunga schiuma finnica ?
Cornelia. Massì. Così o così ? Di qua o di là ?

E con quei giri tondi di danza va a prendere la birra e dietro il bancone trova pure un grembiule da cameriera, elegante, orlato, che indossa allegramente. Le dona, è certo, e le sue gambe sono da ora in grande evidenza.

Cornelia. Ecco, signore, la sua birra dalla lunga schiuma finnica, come Ella mi ha testè ordinato. Serve altro, signor mio ?
Michele. Che belle gambe, signora Cornelia (gliele sfiora: lei acconsente per un attimo, quindi si ritrae, ma non di botto, sussiegosamente). Fredda e schiumosa al punto giusto, uhm. Va meglio, ora ? Sigaretta ?

E mentre Michele accende la sua ennesima Pall Mall senza filtro, sopraggiunge Pietro con un mazzo di fiori in mano, vistosi e variopinti. Li porge a Cornelia, s’inginocchia da antico cavalier, assolutamente enfatico.

Pietro. Sono per te. Ti ho ritrovata e questo conta. Non m’importa d’altro, il tuo passato, il tuo presente. No. Solo il futuro. Un raggio di sole è penetrato nel solco della mia esistenza oramai rassegnata al tono grigio medio della scoloritura della indefinitezza. Con te qui presente, almeno soffro. Finalmente soffro le pene d’amor. Grazie, grazie.

Le porge i fiori che lei accetta con una deferenza, odora, altra deferenza per muoversi alla ricerca di un vaso. Trova una specie di ombrelliera che riempie d’acqua fra un volteggio e l’altro. Li colloca nel punto più avanzato del palcoscenico, con deferenza.

Cornelia. E soffri, soffri ! Soffri, uomo, soffri !


SIPARIO


FINE DEL PRIMO ATTO



SECONDO ATTO


Jolanda s’aggira da sola nella sala semispenta, né calma, né arrabbiata e neanche rassegnata: perplessa. Si appoggia a un tavolo. Accende una candela, comincia a danzare lentamente a tempo di un valzerino. Canta.

Jolanda. Amori smarriti, amori perduti
amori riusciti, amori svenduti,
Amori lontani, amori futuri
oppure soltanto vagheggiati

Amori smaltiti, amori sbolliti,
amori furenti, amori fetenti,
Amori tranquilli, amori appagati,
amori sballati, sbollentati

Amori stupendi, amori stupiti,
amori incoscienti, amori assopiti,
Amori gridati, amori invidiati,
amori rubati, amori inventati

Amori segreti, amori nascosti,
amori incoscienti, turbolenti,
Amori disperati, amori strampalati
amori sbiaditi, rattrappiti

Lallà, lallà, lallà. Qui accade qualcosa di strano. Eh, non mi va di andare per le lunghe con ragionamenti e controdeduzioni, ma non posso a fare a meno di constatare che davvero qui c’è qualcosa di strano. Oh, sì, lo so che tutto ciò contrasta col mio essere pratico e pragmatico, la mia mancanza di fronzoli, la mia es\sen\zia\lità di cui vado fiera. Oh, sì lo so che sto per perdermi sul filo dei ragionamenti. Però i fatti sono fatti. O no ? Se è vero, come è vero, che sono andata in bagno per rifarmi il trucco, e ci sono rimasta un po’ più a lungo perchè…perché m’è venuta improvvisamente voglia di astrarmi, di rinchiudermi nell’ombelico dell’universo, beh: che motivo c’era di lasciarmi quiddentro ed andarsene ? Potevano ben ricordarsi di me, no ? Michele quantomeno, che mostra ancora del sentimento, ah ah…del sentimento…per me….Si vede che non mi conosce davvero. Chissà che si immagina, chissà che sperava di trovare, cosa ci ha visto, bah, uomini. Mi ha, mi ha…idealizzata, chissà perché, chissà. Oh, certo, non dispiace, perché dovrebbe ? Sono una donna, credo …ehm…credo (si mette le mani sui fianchi, cerca uno specchio, si specchia)…ma non l’unica e sola. E poi, mio marito, oddio un po’ ridondante e appiccicoso, ma così caro…massì, dèdito…e mi ha sempre voluto bene e ricoperto di ogni ben di Dio. Oddio, attento ai saldi e alle occasioni e compri tre e paghi due. Oculato, ho un marito oculato. Ma pure lui, dove diavolo s’è cacciato ? Esagerato, al commissariato per cinquantamila lire. E’ tornato o no ? Capace di restare in commissariato per l’intera notte e fare la capa così al funzionario di turno. Esagerato, però.

Rumore di saracinesca, passi, colpetti di tosse dalla parte dell’ingresso. Le luci della sala che vengono riaccese così come quelle del bancone. Jolanda è rinfrancata e si dirige con largo sorriso verso chi ha aperto, l’oste, si suppone.

Jolanda. Oh, finalmente, signor oste ! Veramente della malora, ah ah ah !

Gli va incontro con slancio, ma invano. L’ostaccio è già sgattaiolato via. Lei fa appena in tempo a sbirciarne l’ombra.

Jolanda. Oh, finalmente, signor Oste. Quanto tempo…ehm che piacere…Ma dove si è ehm nascosto ? Liddietro ? Ah, burlone. No, qui non c’è e qui nemmeno. O preferisce signor ristoratore ? Uhh …Ha preso la mercanzia ? Uhhh…Bah, ma che modo è questo ? Ma che fa, va già via ? E mi lascia qui, sola, nel locale deserto ? Che ostaccio, che ostriciattolo. Finnegan l’irlandese non si sarebbe certo comportato in questa maniera, anche se non riuscì del tutto a svelare l’Epifania di Ognuno. Ma qualcuno riuscirà mai a svelare i segreti delle viscere di Ciascuno ?

Una luce esterna distrae Jolanda, la saracinesca si rialza rooommmm.

Jolanda: Ehi, voi due, che ci fate qui a quest’ora del mattino ?

Michele e Pietro entrano imbarazzati e frettolosi, le girano intorno. Quindi, con esagerati gesti, si mettono a cercare un cappello che Pietro infine trova e maldestramente impone sulla testa di Michele. Lei li segue incuriosita e sospettosa. Entrambi le farfugliano parole all’orecchio, che lei non intende. Infine i due, in coro:

Michele e Pietro: QUESTA NOTTE HANNO ARRESTATO TUO MARITO AMILCARE !
Jolanda stupita. COSA ?
Pietro. Ebbene sì. Non è stato facile, ma lo hanno arrestato.
Michele. Non è stato difficile, ma lo hanno arrestato.

Jolanda si accascia fra lo sbalordito e l’affranto su una sedia, si tiene la fronte.

Michele. Cioè, è stato difficile, ma facilissimo. Difficile, ma facilissimo. Difficile nel senso che s’è messo a strepitare e guizzare come un’anguilla cotta in un brodo di carne lessa; facile in quanto aveva accumulato tanti di quei capi d’imputazione che nessun gendarme o guardia al mondo, manco di quelli guerci, avrebbe potuto chiuderci un occhio.
Pietro ammanettato. Il tuo Amilcaruccio è bell’e fritto ! In un paio d’ore ha accumulato tante di quelle condanne per direttissima che Jack lo squartatore medita di tornare in vita per riprendersi lo scettro. Chissà che massacri ci aspettano.
Michele. Tutto questo per cinquantamila lire
Jolanda sconsolata. Avanti, ora dov’è ? Al carcere ? In gattabuia, sul patibolo ?
Pietro. No, cioè sì, cioè ora glielo portano.

E sale su uno scranno, si atteggia a magistrato severo. Gli altri due scattano sull’attenti.

Pietro. In nome del popolo sovrano e in virtù della nuova riforma dei delitti e delle pene che ha introdotto forme sbrigative ed efficaci di espiazione delle malefatte, questa Corte condanna Lupattelli Amilcare alla gogna e al pubblico ludibrio ! Espiazione immediatamente esecutiva.
Jolanda. Come nel Medio Evo !
Michele. Già, proprio come nel Medio Evo. Cos’altro è questa nostra età se non un nuovo, buissimo Medio Evo ?
Jolanda. E fuori è peggio che dentro: un sole accecante, tutte quelle macchine, e i frastuoni e la gente che ti urta, ti sballottala, indifferente. La corsa…la corsa verso il nulla, il vuoto, gli uni contro gli altri: tutti in guerra, tutti in competizione. Ma per che cosa ? PER CHECCOSA ?

Jolanda si accoccola ai margini del palcoscenico.

Jolanda. Mi chiedo se davvero c’è qualcosa per cui valga la pena di vivere, oggi. L’amore ? Tsk . Gli ideali ? Pffui.

Pietro scende dal piedistallo e le si siede accanto, affettuoso. L’atmosfera si fa rarefatta, suggestiva.

Pietro. Esagerata ! E il futuro ? Dove lo metti il futuro, da parte ? Tutto ciò che hai accumulato: le gioie e i dolori, le sconfitte e le vittorie: radunale, accatastale e tienile pronte per il tuo radioso futuro, che è lì dietro l’angolo, in arrivo. Anzi eccolo, eccolo !

Pietro stralunato è come se lo vedesse davvero, il Futuro. Come nuvola di fumo. Michele la raccoglie, e ci soffia su.

Michele. Il futuro ? Eccolo, fffff. Appena arrivato, è già sfuggito via. Mai fidarsi del futuro, specie di questi tempi. Del presente poi, meno che mai: guarda che schifo ! Quasi quasi, meglio il passato, però pure lì….

E mentre Michele scuote la testa dubbioso pure sul Passato, Jolanda scatta come presa da improvvisa, e finalmente positiva folgorazione, e sale lei sul piedistallo.

Jolanda. Meglio niente, meglio il Niente. Oppure (e mima una rilassante doccia liberatoria)… voilà, una bella schiuma, massì: SCHIUUUUUUMA ! Un bel bagno caldo con tanta, taaanta Schiuuuuuma ! Massì, andiamo (agli altri rinfrancati, pure loro attratti dall’idea di una bella doccia rigenerante). Dove ? A casa mia o vostra ? No davvero. Qui appresso c’è quella specie di albergo frequentato da coppiette e viaggiatori di passaggio. Scccccc: venite pure voi due, che puzzate come anatroccoli spelacchiati.

I due annusano le proprie ascelle, e constatano che effettivamente una certa puzzarella…

Michele. Alt: semmai come degli zingari felici: Ho visto anche degli zingari felici, corrersi dietro e far l’Amore, e rotolarsi per terra…

Accenna al motivo di Claudio Lolli, inno del lontano movimento del ’77. Escono felici ed euforici, si annusano l’uno con l’altro con vaste espressioni di disgusto. Ri\chiudono la saracinesca. Il buio ripiomba nel locale. Nel silenzio, scricchiola la porta del bagno che si apre, e una feritoia di luce inquadra Amilcare carponi che striscia e si muove a quattro zampe sbattendo un po’ ovunque, compresa una gran testata alla saracinesca chiusa. Rinfrancato, accende alcune luci. Ed eccolo: indossa una tuta del genere dei benzinai, che gli sta o troppo stretta o troppo larga, Cappellino regolamentare a spicchi e scarpe da basket.

Amilcare. Gnì gnì gnì: sono evaso. Li ho fregati tutti: guardie, assistenti, accompagnatori, sovrastanti, sovrintendenti, tutti. Loro parlavano del più e del meno, cioè di calcio, e io con audacia e sprezzo del pericolo mi sono allontanato di soppiatto, così: di soppiatto (mima il soppiatto). Non se ne sono accorti, non se l’aspettavano, gnì gnì. Sono furbo, io. La tutina ? Oh, era appesa sul retro del benzinaio all’angolo della piazza. Un flash: tac e me la sono infilata e al posto gli ho lasciato gnì gnì i miei vecchi abiti, così un giorno non si potrà dire…Uno scambio, è stato uno scambio, non un furto, nossignori. Spero ora che quelli del tribunale mi lascino in pace, e io lascerò in pace loro. Giuro: puh puh e ancora puh. Ritengo di avere espiato abbondantemente la mia pena. Anzi, sapete che vi dico ? Per festeggiare il mio ritorno alla libera condizione, mi bevo anch’io una birra schiumosa e pallida, e bramosa e rigogliosa ed odorosa.

Raggiunge guardingo il bancone dove riaccende le luci intermittenti e si versa una birra che risulta scura. Immerge il naso nel bicchiere al punto da ritrovarselo impastato di schiuma, come pennacchio di clown. In quel momento viene riaperta fragorosamente la saracinesca, la luce fionda netta, Amilcare rimane impalato, interdetto, sorpreso ed immobile, col ghigno della soddisfazione per la libertà raggiunta e il sorso di birra. E’ Cornelia ad entrare di botto, lo scorge subito. I due si fissano silenziosamente. Amilcare le porge il bicchiere mezzo pieno. Lei beve e glielo ritorna vuoto. Fronteggiamento. Cornelia lo punta.

Cornelia. Ma lo sai che ti cercano in tutta la città ? Hanno istituito perfino posti di blocco. Uno pure quaddietro. Pffui, evaso pericoloso latitante, ah ah ah ! M’hanno fermato pure a me e m’hanno fatto vedere la tua foto. Per poco non gli sbottavo in faccia dal ridere, ah ah ah ! Uh, ma come ti sei conciato ? Ti hanno assunto come assistente benzinaio ? Così per arrotondare e pagare quelle cinquantamila lire di debituccio ? Proprio un perfetto benzinaio.

Amilcare con slancio le afferra le braccia e si inginocchia.

Amilcare. Ti prego, aiutami ! Pagherò il mio debito, anzi ecco (tira fuori una banconota, che Cornelia incassa). Debito azzerato. Aiutami, farò tutto quello che vuoi.

Le cinge le gambe, le mani, le sbrodola addosso come sua caratteristica, rischia di farla cadere, l’afferra tra le braccia, un attimo di intimità, poi lei lo respinge veementemente.

Cornelia. Vedremo, ehm, vedremo. Comportati bene, pulisci dappertutto che qui è uno schifo. Ti nomino mio assistente-aiuto sguattero. Io vado al commissariato a ritirare la querela. Non mettere il naso fuori dall’uscio, sgnack !

Amilcare rimane dapprima interdetto, poi realizza e si mette a sistemare per bene il pub, allineando i tavoli, pulendo i bicchieri, sistemando le bottiglie. Il pub si riempie di gente e di rumori, di rimestio e di allegria. Lui riceve, serve, scrive ordinazioni con grande alacrità. La scena si trasforma in fragore di pub nel colmo del pubblico, tra risate, schiamazzi e schiumazzi.

Coro dei clienti: Ci sollazziam, ci divertiam, spettegoliam, spettegoliam
Ci divertiam, ci scorreggiam: sparliam, sparliam
Ci ingozziam paonazzi e sbevacchiam fra i lazzi
Ci divoriam gli uni con gli altri e ridiam ridiam ridiam
Ah ah ah ah !
Dimentichiam il mondo intero fuori quel local
Dimentichiam noi stessi meno mal, meno mal
Che schifo di noi stessi, ribrezzo di laffuori
Spettegoliam giulivi di quasi tutti i vivi:

Quanta bella gente, stasera in questo pub !
E quella coscialunga, chi sarà mai ?
Toh, il finanziere d’assalto finito in carcere per bancarotta fraudolenta
E ora è già qui che se la spassa !
Ma tu vedi l’onorevole gaudente coi suoi portaborse:
dice che dopo se li spupazza tutti !,
E quante arie si da’ quella tardona col suo istruttore di sci,
novello gigolò !

E sbircia, sbircia, sguazza, sguazza: sbaviamo tutti insiem:
qui è meglio di un cortil, del più grande dei cortil !

Quando infine la folla si dirada, rimangono solo Pietro e Cornelia. Lui si rivolge alla donna come menestrello ed intona enfaticamente:

Pietro: Ma chi l’avrebbe mai detto ?
Tutte le mie ore libere o rubate
ora si sono rivelate
inutilmente dedicate a teeee
Ho scritto in tuo nome canzoni e poesie
e avrei anche pregato
perché fossero immortali
come i dolori del giovane Werter
che però si ammazzò e io no

Ora potrei intitolarle,
pensandoci un po’,
opere immortali dedicate a una…
a una….
COGLIONA !
Che poi si rivelò…
COGLIONA !

E ieri andavo a cercare
parole nuove da dirti,
ieri sognavo deserti
che avrei condiviso con teee
Ti ruscellavo poemi
che ora vorrei strappare
e mi ritrovo a cercare
un’altra come teee

Un’altra come te,
per vivere un po’,
Tale e quale come te:
COGLIONE !
Per vivere proprio come un
COGLIO\OONEE !

Cornelia. Bella, bravo, clap clap. Davvero immortale ! Davvero stringente e appassionata ! Oh, come ho fatto a non accorgermi prima, oh ! Che poi questa, ehm, canzone non è manco tua ma di quell’altro idiota amico tuo che vive in quella città di mare stretta e lunga, quella specie di mentecatto con la faccia lunga e i piedi a cipolla e il ciuffo senza capelli. Componi, componi pure. Così passerai alla storia, forse, come il giovane Werther. E io, purtroppo, come quella stronza di Carlotta. Però…però…devi avere tutte le carte in regola: cioè devi ucciderti, massì, uccidersi per amore. E’ così romantico…Oh, qualcuno che si uccide d’amore per me.
Amilcare. Gnì gnì gnì, sì: ucciditi , ucciditi davanti a tutti, ora, qui: e sarai il nostro eroe. Gnì gnì…
Pietro. E io, io dovrei uccidermi d’amore per te ? Ah ah ah, ma che ti sei….ma che ti è andato di volta il cervello ? Ma chi ti credi di essere ? Io, per te ? Ah ah ah !

Michele sopravviene, raggiante, in aiuto del suo sbalestrato amico.

Michele. Non è mai troppo tardi . Non è mai troppo tardi ! Pietro, ricordi il maestro Manzi ?

Mimano maestro, lavagna e bacchetta.

Pietro. Aaaa, eeee, iiiii, uuuuu: AIUOLA, BUE, CAPPIO, TROIE ….
Michele. Mio caro amico, davvero non è mai troppo tardi. Suvvia….Jolanda, ricordi ? Sbocciavan le viole ….

Con un cenno, invita Jolanda, la prende per mano e la guida nel locale. Tubano come due fidanzatini, i nasini, i sorrisini. Amilcare è turbato, sta per esclamare: “Ma come, quella è mia moglie !” ma Cornelia lo cheta. I due neo-fidanzatini vanno ad accomodarsi in un tavolo, sempre mano nella mano.

Michele. Jolanda, orgoglio dei miei occhi, nutrimento del mio cuore, ho avuto un’idea fantastica, mirabolante, formidabile, superlativa, unica…..
Jolanda. Evviva ! Schiuma di champagne ! Schiuma di bollicine di champagne per tutti !

Prontamente gli altri tre portano bottiglie e stappano in cori di allegria, e nell’attesa della tanto mirabolante idea…

Michele. Che ne diresti di un bel viaggio di nozze a Venezia ?
Tutti in coro. A Veenezzziaaaa ?

Si bloccano tutti interdetti, paralizzati, sbalorditi. Coi bicchieri e le bottiglie in mano, qualcuno trangugia in fretta e furia il sorso appena iniziato. Jolanda è indignata.

Jolanda. Ma allora…ma allora…siete tutti uguali. Pure tu, Michele, il sognatore, l’idealista. Puah ! E’ questo qui il tuo sogno ? Un viaggio di nozze a Venezia ? Tutto qui ?

E con uno scatto rabbioso afferra una sola bottiglia e un solo bicchiere e va a sedersi ad un tavolo a parte. Michele siede rassegnato da solo, con la sua bottiglia singola, così come Pietro.

Cornelia. Massì, dai, che forse da soli si vive meglio. Vo via, dove non c’è nessuno che m’aspetti.

Amilcare l’afferra per un braccio, quasi la fa cadere.

Amilcare. Eh no, eh no: mi hai salvato, mi hai reclutato, mi hai spurgato e ora non puoi andare via così e lasciarmi qui. Vengo con te, o tu resta con me.
Cornelia. E se facessimo al contrario ?
Amilcare. No, no, niente al contrario. Sei tu che mi hai voluto ! Ricordati: TU MI HAI SALVATO E IO ADESSO SONO TUO !!!
Cornelia. Ah, ah, buona questa !! Ah….

Non fa neanche a tempo a finire la risata che Amilcare l’abbranca goffamente, la bacia violentemente, la trascina. Lei è sconvolta da tanta foga.

Cornelia. Oh…oh…ma tu…ma tu…Massì, massì: sei tu il mio uomo, perché tu sei IL VERO UOMO ! Massì, amiamoci. Tireremo avanti la baracca, questa baracca schiumosa. E daremo pure all’oste la sua parte perché se ne resti all’osteria, ah, ah…
Amilcare. Passione mia, gnu gnu. Siamo stati travolti dalla vita. DALLA INEVITABILITA’ DELLA VITA !!! DALLA INEVITABILITA’ DELLA VITA !!!

Goffo tentativo quasi di fare all’amore così, in diretta, ma i due restano rozzamente avvinghiati, ansimano, perfino. I riflettori si spostano sugli altri tre, ognuno al tavolo della propria solitudine.

Pietro. Di’, Michele, di’, Jolanda: ma la Vita, è proprio inevitabile ?

I tre rimangono immobili e pensierosi, poi ognuno replica:

Jolanda. Ricominciare, ricominciare da qualche altra parte.
Michele. Ricordi, sbocciavan le viole.
Pietro. Ma la Vita, è proprio inevitabile ?
Amilcare. Dalla inevitabilità della Vita !
Cornelia. Tireremo avanti la baracca, questa baracca schiumosa.

Le voci si sovrappongono, per un attimo eterno su cui si chiude il sipario.



FINE