TANGO!

Scherzo tragico in un Prologo e un Epilogo di

ALDO LO CASTRO


Testo tradotto e  rappresentato anche in Romania (Bucarest – Sibiu – Festival Internazionale)  dove  ha ottrnuto il Premio UNITER (1999)


Personaggi  (in ordine d’entrata):

CARLO SPINELLI,  maggiordomo di casa Anselmi
UNA CAMERIERA
CLELIA DI BENEDETTO, la fidanzata di Marco
AMANDA MARINI, moglie di Marco
STEFANIA FLORIO, altra moglie di Marco
MARISA PITTI, altra fidanzata di Marco
MARCO ANSELMI, il Marco... di cui trattasi
IL NOTAIO


L’azione si svolge in Sicilia – in epoca attuale – in una lussuosa villa sul mare di Taormina.

PROLOGO

Estate. Il lussuoso salone di Villa Anselmi. Sul fondo, una grande porta a vetri che dà su una terrazza e il giardino. Uscita comune, sul fondo, a sinistra. Altra uscita a destra, da cui si scorge la parete di un corridoio; una terza uscita a sinistra in cui si notano alcuni gradini che, verosimilmente, conducono al piano superiore. L’arredamento è molto elegante e raffinato: un divano, delle poltrone, un tavolinetto poggia-oggetti, alcune sedie e, fra le altre ricercatezze, in un angolo, il prezioso mobiletto con un attrezzatissimo impianto stereo.
All’apertura del sipario e sulle note di un appassionato tango, il pubblico scorgerà le sagome di quattro donne, in atteggiamento molto seducente.
Buio, per un istante.
Quando le luci si riaccenderanno, in scena, seduto in poltrona, CARLO. Indossa una vestaglia (o giacca da camera) e legge il giornale. Lo stereo diffonde una musica soft.

SCENA INTRODUTTIVA

(Da destra si sente la voce della CAMERIERA).
CAMERIERA - Permesso?
CARLO – Che vuoi?
CAMERIERA – Il suo caffè, signore.
CARLO – (assaggia il suo caffé) Ma che è, già zuccherato? Lo sapevo! Quante volte lo devo dire che lo zucchero, ce lo devo mettere io?
CAMERIERA - Siccome la cuoca ha detto che lei lo prende con un cucchiaino di zucchero, io…
CARLO – E ci permetti che quel cucchiaino di zucchero ci ‘u vogghiu mettiri iù? (Finisce di bere) Tene puoi andare.
CAMERIERA – (si avvia poi si ferma) Ah, signor Carlo, oggi è martedi.
CARLO – E domani è mercoledi. E allura?
CAMERIERA – No, le volevo ricordare che è il mio giorno libero.
CARLO – Va bene, va bene. Senti, prima di andartene, ci devi dire alla cuoca che oggi, a pranzo, mi deve preparare roba leggera. Due spaghettini alle vongole, una fetta di pescespada alla griglia…
CAMERIERA – E per contorno?
CARLO – Due cozze gratinate e un’insalatina leggera leggera di polipo. rigorosamente senza aglio, mi raccomando.
CAMERIERA - Riferisco alla cuoca.
CARLO – Ci ha diri che gli spaghetti debbono essere al dente, no’ come ieri ca si putevano ‘mpiccicari ‘nto muru!
CAMERIERA - Sissignore. Buona giornata. (Esce).
  (Col telecomando dello stereo, cambia brano. Adesso,  la musica è assordante e coinvolgente.
Carlo si lascia andare in un ballo sfrenato. Quindi, soddisfatto della propria prestazione, cambia ancora brano musicale: e, sulle note di un travolgente tango, riprende a danzare immaginando la presenza di una partner.  
Suonano al cancello d’ingresso. Carlo smette, si toglie vestaglia e foulard che porterà fuori, a destra e si avvicina al citofono, dopo avere spento lo stereo.
1 –
CARLO – Sì? Sì. Il cancello s’è aperto? No, perché, siccome prima era guasto…
(Esce dalla comune e rientra un momento dopo, preceduto dall’irruente Clelia).
CLELIA –  Da qui?
CARLO – Ma se è già entrata, pirchì m’u dumanna?
(I due si osservano, per un momento).
CLELIA –Beh?
CARLO – (non capisce) Ah?
CLELIA – Ha capito?
CARLO – Che cosa, signorina?
CLELIA – Ripeto. Io sono Clelia Di Benedetto.
CARLO – (s’inchina ossequioso) Onoratissimo.
CLELIA – (tra sè) Stupefacente! Dove l’ha pescato, Marco, questo ritardato? (A Carlo) Senta, vuole degnarsi di avvertire il signor Anselmi, sì o no?
CARLO – Avvertirlo? E di che? E’ successo qualche cosa di brutto?
CLELIA – (urla) Non ancora!
CARLO – Meno male. Lo sa che m’ha fatto preoccupare? Anche perché, cara signorinella, le cattive notizie arrivano proprio quando uno non se le aspetta. È vero o no?
CLELIA – (c.s.) Corra a chiamare immediatamente il signor Anselmi! Mi ha sentito?
CARLO – Forte e chiaro.
CLELIA – E allora, perché rimane ancora qui come un salame?
CARLO – Personalmente, non ci avrei nulla in contrario a chiamarici il signor Anselmi... anzi mi farebbe pure piacere…
CLELIA – Davvero?
CARLO – Ne sarei felicissimo, parola d’onore. Il problema è che non c’è.
CLELIA – Non c’è?
CARLO – Confermo: non c’è.
CLELIA – (smarrita) In che senso?
CARLO – Nel senso che se ci fosse, ora, sarebbe in casa. Ma, siccome in casa non c’è, egli non c’è.
CLELIA – (c.s.) Egli non c’è?!
CARLO – Sissignora.
CLELIA – Non è possibile!
CARLO – Come… “non è possibile”?
CLELIA – Non è assolutamente possibile!
CARLO – Vuole che ci giuro?
CLELIA – Dunque... non è in casa...?
CARLO – Beddamatri, signorina, le assicuro che il signor Marco è così assente ma così assente che se, putacaso, in questo preciso momento, ‘u vidissi casa  casa, penserei a una allucinazione ma siccome io soffro di tutto tranne che di allucinazioni, mi verrebbe, direttamente, una morte subitanea!
CLELIA – (lo osserva stravolta) Ma lei è scemo!
CARLO –  Ah, perciò, secondo la sua teoria, per non essere scemo, io le dovrei chiamare il signor Anselmi! Ma se non c’è, benedetta carusa, che faccio, glielo fabbrico?
CLELIA –  (sconsolata) E dunque, Marco non è in casa.
CARLO – Brava. Ha visto che, a poco a poco, l’ha capito?
CLELIA – Questo è un bel casino!
CARLO – Anche la signora Maria – riposi in pace! – anche lei, povera signuruzza, lo ripeteva sempre. Le stesse precise parole: “Questo è un bel casino”. E, se vuole un mio parere, penso che la signora Maria – la mamma del signor Marco, dico – non avesse poi tutti i torti. (Sottovoce) In questa villa, le donne…con rispetto parlando, ni parteva una e n’arrivavanu dui, cara signorinella!
CLELIA – (agitata, insegue i propri pensieri) Non è possibile!
CARLO – Sì, non è possibile! Ma chi ni sapi, lei? Le ho viste io, cù l’occhi mei…! Qua, una folla, cara mia… peggio dellInps! Solo che all’Inps ci sono uomini e donne, vecchi e giovani… qua, no! Qua sulu fimmini e tutte rigorosamente giovani.
CLELIA – (dalla borsetta tira fuori il telefonino, chiama e resta in attesa per qualche istante) “Spento o irraggiungibile”! Porca miseria! Porcaccia zozza…! No, No… questo è  davvero un gran bel casino!
CARLO – Mizzica, mi sta venendo la pelle d’oca, mi deve credere! Anche l’intonazione della voce è precisa precisa, spiccicata,  come quella della povera signora Maria.
CLELIA – Ma chi cavolo è questa signora Maria?
CARLO – Come, chi è? Le sto dicendo che è – anzi, era, perché, oramai, mischina, si trova all’altro mondo – la mamma del signor Marco.
CLELIA – (stordita) La mamma...?
CARLO - ... del signor Marco.
CLELIA – Ma chi se ne frega della madre! Io sono qui per il figlio!
CARLO – Questo l’avevo capito. Ma come le ho ripetuto da una mezzoretta, la povera signora si trova...
CLELIA - ... all’altro mondo, ho sentito!
CARLO – Appunto. mentre il signor Marco...
CLELIA - ... non c’è!
CARLO – Oh, benedetto san Pasquale, finalmente ni capemu!.
CLELIA – Bene. E allora, sa cosa faccio?
CARLO – Se mi consente, non ne ho la più pallida idea.
CLELIA – Io mi siedo qui. (Si siede) E aspetto.
CARLO – Scusi… se mi consente, aspetta... a cui?
CLELIA – Non certo la defunta signora Maria!
CARLO – Condivido. Sarebbe leggermente inutile.
CLELIA – E dunque, aspetto Marco! Chi vuole che aspetti?
CARLO – Se mi consente, pure  questa mi pare una cosa inutile.
CLELIA – “Se mi consente”, credo che debba pur tornare a casa!
CARLO – Lei pensa?
CLELIA – Lei no?
CARLO – No, No… di tornare, torna. Ma bisogna vedere quando, gentile signorina.
CLELIA – Io aspetto e basta. Aspetto per l’intera giornata, se necessario!
CARLO – Senta, glielo dico con il cuore in mano, come se fosse mia sorella.. Lasci perdere, ci metta una bella pietra sopra e pinsassi a’ saluti!
CLELIA – Insomma, lei mi ha stufato! E mi ha fatto perdere la pazienza!
CARLO – Io?! Ma scusi, pirchì s’a sta pigghiannu cù mmia? Le ricordo, esimia signorina, che io non c’entro completamente. E’ il signor Marco ca non c’è. Io, come vede, qua sono, operativo, presente, paziente e pronto a servirla.
CLELIA – (implorante) Senta, sia buono, mi dica: quando rientrerà il signor Marco?
CARLO – No, no, non ci siamo, signorinella… Se mi consente, lei non deve usare questo tono sottomesso e supplichevole… chi fa, scherza? Accussì mi mette a disagio. Le ricordo, cara e bella signorina, che io sono solamente un povero e umile  servitore.
CLELIA – (quasi fosse colta da un raptus, lo afferra per il collo) Quando torna, disgraziato?
CARLO – (con voce flebile) La prego... per cortesia… se non ci viene troppo disturbo, allenti un tantino la presa: da bambino, ho avuto qualche problema alla gola.
CLELIA – Quando?
CARLO – Se non mi ricordo male, avevo otto anni...
CLELIA – Imbecille! Quando torna Marco?
CARLO – Ah... non avevo capito la domanda. Lunedì, mi pare.
CLELIA – (molla la presa) Bisogna usare le maniere forti con te!
CARLO – Pure mio padre mi diceva sempre la stessa cosa ogni volta che mi sbatteva la fronte ‘nto muru della cucina.
CLELIA – Lunedi?! Hai detto lunedi?
CARLO – Sissignora, Il primo giorno della settimana.
CLELIA – E l’ultimo della sua vita!
CARLO – Come dice lei.
CLELIA – (angosciata) Oggi è appena martedi!
CARLO – Allura. E’ appena martedi. Eppure, l’altro giorno, mio cugino Armando – che era incavolato come un saracino, preciso come a lei –mi fa: “Oggi è “già” martedi!” Ha visto? C’è poco da fare: tutto è relativo, a questo mondo!
CLELIA – (gli mostra un sms sul telefonino) Dimmi, tu che la sai lunga, cos’è questa buffonata?
CARLO – Quale buffonata?
CLELIA – Leggi questo messaggio!
CARLO – Si fa presto a dire “Leggi”, cara signorina…
CLELIA – Leggi!
CARLO – Con tutto il rispetto, signorina, non insista perché mi si sono rotti…
CLELIA – Volgare e insolente! Come ti permetti?
CARLO – E che è colpa mia se mi si sono rotti?
CLELIA – E insisti!
CARLO – Ma varda ch’è bella?! A me mi si sono rotti gli occhiali e lei s’incazza?
CLELIA – Ah, ti riferivi agli occhiali.
CARLO – E allora, a che cosa? Mi si sono rotti ieri sera.
CLELIA – Va bene, va bene. Te la leggo io, la buffonata!
(Si sente suonare ancora all’ingresso).
CARLO – Mi permetta. (Va al citofono) Chi è? Chi? Le apro il cancello. (Tra sé, mentre si avvia per la comune) Chi bella iurnata! (Esce).
(Rientra un attimo dopo, con Amanda che lo precede).
2 –
AMANDA – Posso?
CARLO – (tra sé)  Ccà ci n’è ‘n’autra! E chi su’ scattiati, stamatina?!
AMANDA – Grazie. (Mentre siede, scorge Clelia) Buon giorno.
CLELIA – Buon giorno. (A Carlo) Chi cavolo è?
CARLO – (sottovoce) Dice di chiamarsi Amanda.
CLELIA – E che cavolo vuole?
CARLO – Vediamo se lo indovina.
(Per qualche istante, Clelia e Carlo stanno ad osservare la nuova arrivata).
AMANDA – Qualcuno vuole avvertire il signor Anselmi che sono arrivata?
CARLO – E come lo avverto? Nemmeno al telefono lo posso chiamare perché è spento o irraggiungibile. (A Clelia) Veru è?
AMANDA – Insomma, dov’è il signor Marco?
CARLO – CLELIA – Non c’è!
AMANDA – Va bene. Aspetterò.
(Clelia e Carlo si aguardano per un istante poi osservano ostentatamente Amanda)
AMANDA – (a Clelia)  Vi sarei grata se, anziché continuare a fissarmi in quel modo, uno di voi due mi portasse qualcosa da bere.
CLELIA – Cosa? Lei vuole scherzare?!
AMANDA – Bene. A dir la verità, Marco mi aveva parlato di una servitù, per così dire, “sui generis” ma non m’aspettavo francamente tanta ineducazione! Vedrò di farla licenziare, cara la mia ragazza!
CLELIA – Ma la smetta di dire sciocchezze!
AMANDA – Prego...? Sciocchezze...?
CLELIA – O stronzate, se preferisce!
AMANDA – Come... come ha detto, scusi?
CARLO – Posso intervenire?
AMANDA – E lei faccia silenzio!
CARLO – No, se permette, le vorrei spiegare…
AMANDA – Non mi era mai successo: aggredita dalla servitù!
CLELIA – Servitù?! Ma serva ci sarà lei!
AMANDA – Come, come? Voi due non siete i domestici?
CLELIA – Io sono la signorina Clelia Di benedetto, se permette. Quanto a lui, non so se è un domestico. Non ho ancora capito nemmeno se è un essere umano!
AMANDA – Clelia... Di Benedetto, dice?
CLELIA – Sì, così dico.
AMANDA – E... posso domandarle, se non sono indiscreta, cosa ci fa in questa casa?
CLELIA – Ad essere franchi, stavo per rivolgerle la stessa domanda!
AMANDA – Guarda un pò.
CLELIA – Già. Curioso, vero?
AMANDA – Notevolmente. E io dovrei raccontare i fatti miei ad una emerita sconosciuta?
CLELIA – Dei fatti suoi, in tutta sincerità, me ne strafotto. Lei deve solo spiegarmi la ragione della sua conturbante presenza, qui!
AMANDA – Io “devo”?! Non sono affari che la riguardano minimamente.
CLELIA – Creda, mi riguardano. E parecchio.
AMANDA – La prego, non insista. Non so per quale motivo lei si trovi in questa casa ma la prego, abbia almeno il buon gusto di stare al suo posto e di non seccarmi.
CLELIA – Davvero? La sto seccando?
AMANDA – In maniera considerevole.
CLELIA – Quanto me ne dispiace! Comunque, considerato che, prima o poi, arriveremo alle spiegazioni, le confido subito un piccolo segreto.
AMANDA – (aria annoiata) Dica pure. Fremo dalla curiosità.
CLELIA – Io sono Clelia, la fidanzata di Marco.
AMANDA – (scoppia a ridere) Ma non mi dica?!
(Suonano ancora al cancello).
CARLO – (tra sè) Videmu comu finisci, oggi! (Al citofono) Chi è? Ah, signora! Le apro subito. (Alle due donne che non lo stanno nemmeno a sentire) Chiedo scusa, devo andare ad aprire alla signora…Con permesso. (Esce e rientra, subito dopo, preceduto da Stefania e Marisa)
3 –
STEFANIA – (a Marisa) La smette di venirmi dietro, sì o no?
MARISA – (a Stefania) Che antipatica!
STEFANIA – (a Marisa) Vuole andarsene, per favore? (Scorge la presenza delle altre due) Beh?
MARISA – (osserva le donne) Non credevo si trattasse di un party!
STEFANIA – Carletto! Chi diavolo sarebbero queste qui? E dov’è il signor Marco?
CARLO – Sì, dunque, signora Stefania...
AMANDA – “Queste qui”? Lei ha un bel modo di esprimersi!
STEFANIA – Stia zitta e mi faccia parlare col mio maggiordomo!
CLELIA – Il “suo”... maggiordomo?!
STEFANIA – Dunque, Carletto, vuoi rispondermi? Chi sono queste... signore? E dov’è mio marito?
AMANDA – CLELIA – MARISA – (insieme) Marito?!
CARLO – Ah, dunque, signora... sì… cioè no… il signor Marco non c’è… però queste signore… Senta, signora Stefania, vuole che ci annaffio il giardino? No, perché i gerani stanno morendo… e iù macari…..
STEFANIA –  Ma che stai bofonchiando? T’ho chiesto chi sono queste persone!
CARLO –  Ci provo. Dunque… Le signore, a un certo punto, hanno chiesto del signor Marco il quale, m’avissiru ammazzari se dico bugia, non è in casa. Il signor Marco, per loro sfortuna e per mia disgrazia, non c’è. Ma, alle signore, non c’interessa niente se il signor Marco non c’è. Lo vogliono vedere lo stesso. Tutto qua.
AMANDA – (a Stefania) Lo scherzo è durato abbastanza, non crede, signorina?
STEFANIA – “Signora”, prego! E davvero non capisco a quale scherzo si riferisca.
AMANDA – Ah, lei non capisce.
MARISA – Per la verità, sono io che non ci capisco più nulla!
AMANDA – (a Stefania) Vede, cara “signora”, io sarei seriamente tentata di spaccarle la testa...
STEFANIA – Ma... come si permette?
AMANDA - ... ma poichè la ragione, l’educazione e, se mi consente, la classe mi impongono un comportamento civile, ebbene, io mi limito a chiederle – con calma, come vede – il motivo per cui lei si spaccia per la moglie di mio marito.
STEFANIA – Io mi spaccio per la moglie di suo marito? Ma chi cavolo è suo marito? Chi lo conosce?! Ma, insomma! Questa è bella, davvero! Dopo tre mesi di assenza, arrivo a casa mia e chi trovo? Una cretinotta che, al cancello, mi chiede se Marco abita qui e mi si appiccica addosso, il mio salotto requisito da un paio di mentecatte non meglio identificate e un maggiordomo che s’è rincoglionito! Ammetterete che è un pò troppo! Ed ora, sarei grata a tutt’e e tre se mi diceste chi siete e cosa volete!
(Amanda, Clelia e Marisa rispondono contemporaneamente urlando)
STEFANIA -Carletto!
CARLO – Sì, signora.
STEFANIA – Hai trenta secondi per chiarire questo pò pò di casino e dieci per buttarle fuori da casa mia!
AMANDA – Lei non butta fuori proprio nessuno!
CLELIA – E guardi che il casino c’era già da prima!
MARISA – Questi scherzetti cretini a me non piacciono! Marco mi spiegherà...!
STEFANIA – Marco, Marco, Marco! Posso sapere, almeno, che volete da mio marito?
CLELIA – E insiste col “marito”!
STEFANIA – Carlo! Dammi una spiegazione plausibile oppure cacciale fuori, tutte!
CARLO – Veramente, parlando con lei, mi vorrei licenziare!
STEFANIA – Sto aspettando!
CARLO – Dunque… la situazione non è che è facile facile… però,   se mi consente, io azzarderei un’ipotesi che spero con tutta l’anima, possa risolvere il rebus.
STEFANIA – E allora, fa’ presto: azzarda e risolvi.
CARLO – Grazie della fiducia. E allora… Secondo me, queste due signore... e anche la signorina, da quel che ho capito, probabilmente sono rimaste vittime inconsapevoli di qualche scherzo cretino. Qualcuno, spacciandosi evidentemente per il signor Marco, ci ha dato appuntamento qui, a tutte e tre, alla stessa ora.
STEFANIA – E’ verosimile. Bene. Chiarito il rebus. Fa’ le nostre scuse alle signore per l’increscioso equivoco e accompagnale alla porta.
CLELIA – Mi concede di parlare liberamente?
STEFANIA – Sì ma faccia presto.
CLELIA – Il suo rincoglionito domestico ha azzardato un’ipotesi da demente e non ha risolto nessun rebus. Perchè questo buontempone che avrebbe fatto lo scherzetto, non poteva essere a conoscenza che io e Marco stiamo per sposarci!
TUTTE – Sposarvi?!
STEFANIA – Che stupidaggine si sta inventando?
AMANDA – Di bene in meglio. E, di grazia, chi lo dice?
CLELIA – Io lo dico. Marco lo dice. Questo messaggio sul mio telefono, lo dice! (Lo mostra)
AMANDA – Dia a me.
STEFANIA – (più lesta, afferra il telefonino) No, dia a me! Sono io che ho il diritto e il dovere di assicurarmi se mio marito stia per sposarsi, non le pare?
AMANDA – (glielo strappa dalle mani) Dal suo punto di vista, potrebbe avere anche ragione ma, dal mio, no, visto che Marco mi ha sposata la settimana scorsa!
MARISA – Oddio! Marco avrebbe... due mogli... e una fidanzata?!
STEFANIA – (ad Amanda) Signora, la prego... Non è il momento di battutacce infelici, questo!
AMANDA – (legge il messaggio) “Amore mio, Raggiungimi subito alla villa di Taormina. L’indirizzo lo conosci. Fa’ presto, punto esclamativo. Ci sposeremo appena libero dagli impegni, punto.Ti spiegherò dopo, punto. Ti amo, punto esclamativo. Un bacio dal sempre tuo Marco, punto esclamativo”.
MARISA – Va a fa ‘nculo, punto esclamativo!
CARLO – Non si dicono certe cose, signorina...!
MARISA – Signorina, un corno!
CARLO – Non mi dicissi che pure lei è sposata con il signor Marco?!
MARISA – Non ancora! Ma quel giuda mi aveva promesso... (scoppia a piangere)
STEFANIA – Anche le lacrime, adesso!
AMANDA – (a Clelia) Vuole tradurmi, per favore, il contenuto di questo tenero messaggino?
CLELIA – (riprende il suo telefono) Non le sembra sufficientemente chiaro?
AMANDA – No, bella fanciulla. A me sembra tutto sufficientemente pazzesco!
CLELIA – Senta, io conosco Marco da un anno e non ho alcun motivo ragionevole per dubitare della sua onestà e dei suoi sentimenti!
STEFANIA – I casi sono due: o questa è una diabolica messinscena architettata da chissà chi per ragioni che mi sfuggono oppure debbo seriamente pensare che mio marito conduca una doppia vita!
AMANDA – Se ho fatto bene i conti, una triplice vita!
MARISA – Se permettete, quadrupla!
AMANDA – E già. No, è troppo. Sarebbe troppo persino per un mostro, direi.
STEFANIA – E allora è più ragionevole concludere che vi state pigliando gioco di me.
CLELIA – Di lei? Ma se fino a un momento fa, io non sapevo neppure che lei esistesse!
AMANDA – No, no, un momento. Sulla buona fede di ciascuna di noi, credo non ci siano dubbi...
STEFANIA – E allora?
AMANDA – E allora si tratta di un maledetto imbroglio del quale dobbiamo venire a capo con un pò di calma.
STEFANIA – (prende il suo telefonino) Io, invece, chiamo subito Marco! Questa ridicola faccenda è andata troppo alle lunghe!
MARISA – Infatti! Parliamo con lui e…
CARLO – E’ inutile…
CLELIA – AMANDA  - Spento o irraggiungibile!  
STEFANIA – dopo aver provato) “Spento o irraggiungibile”. Ad ogni modo, io non capisco perché sto ancora a sentirvi. Io, fino a prova contraria, sto in una botte di ferro: sono la moglie di Marco, questa è casa mia, questo fesso è il mio maggiordomo e dunque...
CLELIA – Troppo semplice e troppo sbrigativo, cara mia. E’ tutto da dimostrare ancora.
STEFANIA – Io non devo dimostrare un bel niente a nessuno! Perciò, fate il favore...
CLELIA – E smettila, una buona volta! Ma chi credi di essere?
STEFANIA – Mi dà del tu?
CLELIA – Ti dò quello che mi pare! Ti dò anche un pugno in testa se non la pianti con tutte le tue arie da principessa del castello incantato!
STEFANIA – Ma... come osa? Fuori da casa mia!
CLELIA – (le si avvicina minacciosa. Stefania si allontana. Ne consegue un accanito inseguimento) Adesso io ti strappo quel bei capelli, poi, col tuo scalpo in mano, mi metto a urlare per tutta questa maledettissima casa e, alla fine, mi lancio in una sfrenata danza della morte!
STEFANIA – (fugge di qua e di là) Ma questa è pazza! Carletto!
CARLO – Non ci putemu fari nenti, signora! E’ scesa sul sentiero di guerra, signora!
STEFANIA – (a Carlo) Scimunito...! Ferma questa pazza!
CARLO – Comu si fussi facile…!
(L’inseguimento continua mentre le altre due, incuranti di quel che avviene, sbuffano e riflettono sul da farsi).
CARLO – (a Clelia tentando di fermarla) Signorina, per opira di carità...
CLELIA – Sta’ fermo dove sei, servo! Non immischiarti! (Riesce ad afferrare Stefania. La trascina per i capelli poi la fa cadere sul divano e le salta addosso)
AMANDA – (continua a non accorgersi del pandemonio) Sì. Soltanto con la calma, riusciremo a capirci qualcosa. Siete d’accordo?
CLELIA – (ancora addosso a Stefania) E’ quello che sto cercando di far capire alla principessa sul pisello!
STEFANIA – (stremata) Tolga il ginocchio dal mio stomaco, la prego.
CARLO – Signorina, sia gentile, faccia uno sforzo… ci ‘u livassi il ginocchio dallo stomaco della signora.
CLELIA – Non state a seccarmi! Devo riflettere!
CARLO – Deve riflettere se è il caso o no, di livarici il ginocchio?
CLELIA – Ho riflettuto. Siamo in troppe. (Lascia Stefania) Troppe femmine, dico io.
CARLO – Anche la signora Maria lo diceva spesso. “Troppe femmine! Troppe femmine girano per questa casa!”
MARISA – La signora Maria? E chi sarebbe?
AMANDA – Un’altra moglie? No, eh!
CLELIA – No, quella, la signora Maria è morta.
AMANDA – Ah! Ne ha già seppellita una, di mogli, il mostro!
CARLO – Ma che dite?
AMANDA – Non l’ha seppellita?
CARLO – ‘A puteva chiudiri in un armadio…?  E’ logico che l’ha seppellita!
AMANDA – Meglio. Sarò cinica ma almeno c’è una moglie in meno con cui dover discutere!
CARLO – Ma quale moglie! La signora Maria - riposi in pace, mischinedda - era la mamma del signor Marco!
MARISA – Che schifo! Anche incestuoso!
CARLO – Signorinella, con tutto il rispetto, chi schifiu sta ‘ncucchiannu?
AMANDA – (a Marisa) Ma non hai capito che era la madre?
MARISA – Appunto. Che porco!
CARLO – Sì, va bene, va!
(Squilla il telefono di casa).
STEFANIA – (a Carlo) Rispondi. Dio voglia che sia Marco...!
CARLO – (stacca il ricevitore) Casa Anselmi, buon giorno.
TUTTE – E’ Marco?
CARLO – No. (Al telefono) No, non dicevo a lei... Dica pure.
(Durante tutto il tempo della telefonata, le donne discutono animatamente tra loro)
    Sì... Sì... Sì... Ho capito: la fidanzata di cui?... (Realizza con orrore. Terrorizzato, sta per riattaccare ma, dopo un attimo di smarrimento, riprende a parlare) Ha sbagliato. Sì, lo so: spento o irraggiungibile. Lo so. Ma ora, ha sbagliato. Certo che ne sono certo. Sì, signorina, confermo: questa è casa  Anselmi... Il numero è proprio quello che lei ha fatto però ha sbagliato lo stesso. Ha sbagliato giornata, ha sbagliato momento, ha sbagliato tutto, gentile signorina. Lei sula? E cu’ ci ha caputu cosa! Sì, naturalmente: la risentirò volentieri in un giorno meno disgraziato. E adesso, voglia gradire le mie scuse e i miei più deferenti saluti. (Riattacca il ricevitore)
STEFANIA – (a Carlo) Chi era?
CARLO – No, niente, aveva sbagliato.
CLELIA – (nervosissima) Questa storia mi farà impazzire!
AMANDA – Gli isterismi non servono. Bisogna mantenere la calma.
CLELIA – (c.s.) E’ da mezzora che vai predicando la calma! Ma chi sei, Santa Placidina da Val Serena? Io non sono calma, non mi va d’essere calma, non riesco ad essere calma e dubito fortemente che riusciate a calmarmi!
CARLO – Va bene... ma si calmassi...
CLELIA – Ma che fa questo qui, sfotte? Bada, vecchio pappagallo impagliato...!
AMANDA – Adesso basta! Smettila! Io sarò forse Santa Placidina ma tu sei un ciclone...!
CLELIA – Non mi conosci abbastanza. Quando mi girano, sono anche peggio!
STEFANIA – Carletto, per favore, lasciaci sole. Puoi ritirarti.
CARLO – Di cursa e con grandissima gioia, signora.
CLELIA – No! Il Carletto rimane dov’è! Il Carletto è il solo che, al momento, è in grado di fornirci uno straccio di spiegazione! (A Carlo) Siediti!
(Carlo non sa che fare e guarda Stefania, in attesa di istruzioni)
STEFANIA – Non hai sentito? Fa’ come ti si dice e siediti. Io non ho più la forza per oppormi a niente e a nessuno. Aspetto con rassegnazione il colpo di grazia.
AMANDA – In effetti, questo simpatico Carletto potrebbe chiarirci alcuni punti. Dimmi, Carletto, sei in grado di confermare che la signora (indica Stefania) è la moglie del signor Marco Anselmi?
CARLO – Questa è facile. Sissignora, la signora è la signora… cioè, è la moglie del signor Marco.
AMANDA – Ciò vuol dire che il signor Marco...
CARLO - ... è ‘u maritu della signora.
AMANDA – Non interrompermi! Questo significa che il signor Marco l’ha sposata.
CARLO – Ppì forza! Se sono marito e moglie, vuol dire ca idda è sposata cù iddu e iddu….
AMANDA – Basta! E... quando si sarebbero sposati?
CARLO – I signori festeggeranno il primo anniversario giorno dieci del mese prossimo... alle ore undici precise.
CLELIA – Io non credo.
CARLO – No, no, parola mia: dieci di agosto, alle undici precise.
CLELIA – No, io non credo che festeggeranno!
CARLO – Come, noi? Il signor Marco sta priparannu ‘na bella festa. (A Stefania) Veru, signora? Ci ‘u dicissi lei.
 CLELIA – La festa gliela preparo io! Ma non sarà una festa... Sarà un funerale!
CARLO – Comu dici lei.
AMANDA – Bene. Assodato che Marco ha sposato Stefania l’anno scorso, ne consegue che, in ordine rigorosamente cronologico, Stefania è la prima moglie.
STEFANIA – Finalmente l’avete capito! Dio sia ringraziato!
CLELIA – (a Stefania) Guarda che ha detto “la prima” non “l’unica”.
AMANDA – E poichè Marco – esattamente due mesi fa – ha sposato anche me...
CLELIA - ... ne consegue che, in ordine rigorosamente cronologico, tu sei la moglie numero due!
MARISA – Ma… com’è possibile sposarsi due volte, nel giro di un anno?
CLELIA – E’ vero. La bambolina, qua, ha ragione. Come cavolo ha fatto?
STEFANIA – Il mio matrimonio è stato celebrato a Rio, in Brasile.
AMANDA – Il mio, in Messico.
CLELIA – Ed io ho una prenotazione in territorio italiano. Per l’esattezza, qui, a Taormina!
MARISA – Io, invece, non posso esibire nemmeno una promessa di matrimonio!
AMANDA – Dovresti esserne felice, tesoro mio! Ti sei salvata dalle grinfie di quello… “sposomane”. (A Clelia) E, in definitiva, anche tu puoi ritenerti fortunata. Le sole, le vere offese siamo noi due (si riferisce a se stessa e a Stefania)
CLELIA – Voi due soltanto?! Di’, sei scema? Ti ho appena mostrato un messaggio!
AMANDA – Ma non ti ha ancora sposata, mi pare!
CLELIA – E che vuol dire?
AMANDA – Vuol dire che voi due uscite di scena. Vi autoeliminate. E io e Stefania sbrigheremo questa curiosa faccenda.
CLELIA - Ma va? Che bella idea! E se, invece, fossi io a eliminare voi?
MARISA – (tra le lacrime) Se c’è qualcuno da eliminare, quello è Marco! Lui, il giuda, il vigliacco, il mostro, l’incestuoso!
CLELIA – Questa è la cosa più sensata che abbia sentito, oggi. Brava!
CARLO – (tra sè) Si chista è ‘a cosa cchiù sensata, vulissi sapiri qual è chidda meno sensata!
AMANDA – A ben rifletterci, non ha poi tutti i torti. In realtà, abbiamo trascurato un dettaglio sostanziale: il vero colpevole di tutto è Marco. Noi, dopotutto, siamo tutte e quattro le sue vittime.
CLELIA – Che abbia tradito ciascuna di noi, è ormai un dato inconfutabile... ma continuo a non capire la ragione di questo scherzetto. Perchè questa strana e improvvisa “convocazione”, qui, oggi?
STEFANIA – Per quel che mi riguarda, Marco non mi ha “convocato” affatto. Io sono semplicemente rientrata a casa, da Milano.
AMANDA – E lui sapeva del tuo arrivo, oggi?
STEFANIA – Ma certo. Ci siamo sentiti ieri, al telefono. Mi aveva anche assicurato che sarebbe venuto a prendermi in aeroporto... Ma naturalmente, in aeroporto, non c’era.
AMANDA – (a Marisa) E tu? A proposito, come ti chiami?
MARISA – Marisa, mi chiamo e sono la più infelice delle donne!
AMANDA – Rimandiamo a momenti più opportuni le dissertazioni sull’umana infelicità. Dimmi piuttosto, quando Marco ti ha invitata a venire qui.
MARISA – Mi ha telefonato ieri sera. Mi ha detto che voleva parlarmi, che voleva vedermi...
AMANDA – Dunque, è chiaro come il sole che il nostro bel Marco ha organizzato ogni cosa con il preciso scopo di farci incontrare.
STEFANIA – Ma questo è inverosimile! Dove starebbe la logica?
CLELIA – Macché logica! In questa storia, va a farsi benedire, la logica! Perché, in genere, un uomo normale si dà da fare per nascondere le proprie avventure extraconiugali, non per organizzare assemblee di amanti!
AMANDA – Evidentemente, ci troviamo di fronte ad un caso del tutto patologico, fuori da qualsiasi casistica...
CLELIA – E soprattutto, fuori di testa!
AMANDA – Conclusione: Marco non è normale.
CLELIA – (ironica) Ma no? Che grande perspicacia!
AMANDA – Voglio dire che è uno psicopatico, un esaltato. Un individuo che si eccita solo in presenza di situazioni abnormi.
MARISA – Cioè?
CLELIA – Come dire, uno stronzo. Hai capito, ora?
CARLO – Chi fazzu, me ne posso andare?
(Carlo viene ignorato da tutte).
MARISA – Che delusione! Ed io, stupida, che pensavo d’avere incontrato un uomo straordinario!
AMANDA – Ma l’hai incontrato, bella mia, il tuo uomo straordinario! Peccato che adesso se la rida chissà dove e con chi...! Gongolante e fiero di se stesso! E noi, qui, a soffrire e a litigare per lui, solo per lui. Lui, il maschio, al centro dell’universo e noi, piccoli, graziosi, inutili satelliti che gli ruotiamo attorno, ossequiosi e grati perché ci permette di esistere!
MARISA – Era così tenero, affettuoso...! Sapete come mi chiamava nei momenti di intimità?
TUTTE – “Fiorellino”!
MARISA – Come fate a saperlo?
CLELIA – Facciamo parte dello stesso giardino, non l’hai ancora afferrato?
STEFANIA – Sono letteralmente annichilita e disgustata! E’ tutto talmente assurdo...! Carletto!
CARLO – Sì, signora.
STEFANIA – Carletto, è il momento della verità.
CARLO – Senta, signora, parlando con lei, io… io vorrei andare a casa mia… perché ci ho a mia moglie che sta un poco male e nemmeno io mi sento benissimo…
STEFANIA – Stai delirando, per caso?
CARLO – Ca ‘npocu…
STEFANIA – Tu non hai moglie!
CARLO – Ah, perciò, il signor Marco havi dui, tri muggheri e io non ni pozzu aviri mancu una?!
STEFANIA – Non fare il buffone e sentimi bene. Tu conosci fin troppo bene il signor Marco. Conosci perfettamente le sue abitudini. Da più di vent’anni sei al suo servizio e dunque avrai certo colto le sue stravaganze e, diciamo pure, il suo singolare modo di vivere...! Carletto, secondo te, cosa diavolo frulla nel cervello del tuo padrone?
CARLO – E che ne posso sapere io, signora? Con tutto il rispetto, le ricordo che io sono soltanto il servitore di questa casa...
STEFANIA – Non ricominciare col solito ritornello dell’umile maggiordomo! So benissimo che tutto ciò che accade in questa casa a te non sfugge!
CARLO – E’ naturale. Il mio compito è proprio quello di badare a questa casa. Ma, a essere sincero, mi pare che questo compito comincia a diventare pesante. Io non ce la faccio più! Per esempio, Havi ‘na matinata ca…
STEFANIA – Parliamoci chiaro, Carlo! A me non la dai a bere! Tu non potevi ignorare che Marco ha, in atto, due mogli e un numero imprecisato di “fidanzate”!
CARLO – Ma cara signora... con tutto il rispetto, chi mi sta cuntannu, a mmia? Ammettiamo, per ipotesi, che io ne ero a conoscenza. E allora? Non è che posso mettere bocca nelle faccende del mio padrone! Che sono, io, suo padre – buonanima - il suo confessore, so nannu…? Io non sono che...
TUTTE - ... un umile servitore!
CARLO – Appunto.
STEFANIA – Non tergiversare. Rispondi, invece.
CARLO – Non è che io tergiverso… Ribadisco il concetto che io non sacciu ‘u restu di nenti, giusto?. Torno a dire che io non sono in grado d’immischiarmi nelle cose del signor Marco. Ci siamo?  Però… Però, questo non toglie che,  sull’argomento, non posso avere la mia modestissima opinione. Ma siccome, ripeto, iù cuntu quanto il due di bastone quannu ‘a briscula è a spati, questa opinione, me la tengo per me.
CLELIA – Quest’idiota è da sopprimere insieme al suo padrone!
STEFANIA –  E io voglio conoscere questa tua opinione. Parla!
CARLO – Se la signora insiste...
STEFANIA – Insisto!
CARLO – ...  se mi consente, dunque, la libertà... io credo che il signor Marco sia un uomo esuberante, fantasioso, passionale...
STEFANIA – E allora?
CARLO – E allora non è escluso che egli...
CLELIA – (spiega alle altre) Ogni tanto, tira fuori questo “Egli”!
CARLO – ... egli, accecato dalla passione, trascinato dalla sua natura, abbia commesso qualche minchia… cioè, qualche ingenuità. Ma, sempre, perché è un tipo impulsivo e a causa della sua troppa, quasi anormale sensibilità al fascino femminile. In conclusione, possiamo dire tutto, tranne che è un ragazzo volgare e disonesto.
MARISA – Che ha detto?
AMANDA – Se è una difesa d’ufficio, la trovo verbosa e irrilevante.
CLELIA – Direi che fa schifo. (A Carlo) Ascoltami bene, scimmia ammaestrata, rispondi a modo e rapidamente alle mie domande, altrimenti ti stacco un orecchio con un morso. Hai capito?
CARLO – Forte e chiaro.
CLELIA – Sapevi o no che Marco ha due matrimoni “internazionali” alle spalle?
CARLO – Lo sapevo.
CLELIA – E sapevi o no di tutte le altre relazioni?
CARLO – Sì, sapevo.
CLELIA – Ed eri già a conoscenza che aveva organizzato questo bel consesso di donne?
CARLO – No, signorina, se mi consente, questo, glielo giuro,non lo sapevo per niente.
CLELIA – Ne sei assolutamente certo?
CARLO – Sicurissimo. Se l’avessi saputo, mi mettevo in malattia o in ferie.
CLELIA – Però, conoscendo il mostro, ti sarai fatta un’idea dello scopo per cui ci ha fatte venire qui!
CARLO – I servi, signorina, non hanno idee perché non pensano e quando, per disgrazia, si accorgono che una piccola idea sta per nascere... la fanno abortire subito.
CLELIA – Tua madre avrebbe dovuto abortire!
CARLO – Condivido. Pure mio padre lo consigliò, senza risultato, a quella povera donna. Niente, si era fissata che mi doveva fare nascere, che ci vuole fare?
CLELIA – Ho perso la pazienza, con questo subnormale!
CARLO – Comunque… siccome mi è stato chiesto il parere, io glielo dico. Secondo me, il rimorso  se lo sta mangiando vivo il signor Marco e non sapendo più che pesci pigliare, ha agito d’istinto...
CLELIA – Sì! Come tutte le bestie feroci!!
CARLO – E il suo istinto di persona per bene, gli avrà suggerito di confessare i suoi errori e liberarsi la coscienza.
AMANDA – Cosicchè, secondo te, questa convocazione di donne tradite equivale ad una pubblica confessione.
CARLO – Esatto, gentile signora. E sono convinto che il signor Marco non s’aspetta nessun perdono. E’ pronto a subire una giusta condanna. Vi dirò di più. Lui, con la sua assenza, che ha fatto? Ha, praticamente rinunciato a qualsiasi difesa.  E perciò si rende perfettamente conto che la condanna sarà terribile e definitiva.
CLELIA – Va bene. Lo condanneremo in contumacia.
AMANDA – Chissà quale condanna si aspetta...
CLELIA – Io ne avrei un paio sottomano!
AMANDA – (a Stefania) Non credi che il nostro Carletto possa ritirarsi, adesso?
STEFANIA – (a Carlo) Puoi andare e di’ alla cuoca di preparare per quattro. (Alle altre) Naturalmente siete mie ospiti.
CARLO – Mi occupo io di tutto, signora. E poi, mi ni vaiu a curcari… perché, parrannu cù lei, non mi sentu tantu bonu.  (Esce)
4 –
MARISA – Francamente, speravo di pranzare con Marco, oggi, non con le sue mogli!
CLELIA – Poteva capitarti di peggio.
MARISA – Cioè?
CLELIA – Non pranzare.
AMANDA – Amiche mie, sapete come la penso, io?
CLELIA – Anzichè giocare agli indovinelli, non perdiamo altro tempo e decidiamo in fretta.
STEFANIA – “Cosa” dovremmo decidere?
CLELIA – Andiamo bene! Ma che avete nelle vene, sangue o acqua minerale?
AMANDA – E tu, cos’hai tu in quella testa vulcanica? Solo lava incandescente?
CLELIA – Insomma, io, per conto mio, ho già deciso. Voi fate un pò come vi pare.
STEFANIA – (allarmata) Hai... deciso?
CLELIA – Sul fatto che dobbiamo eliminarlo, siamo tutte d’accordo, no?
(Silenzio grave per qualche istante)
    Bene. Chi tace, acconsente. Non resta che da decidere il modo.
TUTTE – Il modo?!
CLELIA – Oh, sveglia! Il modo d’ammazzarlo!
(Altro silenzio raggelante)
    Dico, non vorrete mica che la faccia franca?! Quella bestia assetata di sesso ci ha tradite e umiliate! Ha giocato coi nostri sentimenti! Ha sconvolto la nostra vita! E se qualcuna di voi è disposta a metterci la classica pietra sopra...! Ebbene, costei non è una donna, non è un essere umano! E’ solo un fantoccio con due gambe, due braccia, due tette ma senza un grammo di cervello!
AMANDA – Hai finito?
CLELIA – Devo concludere!
AMANDA – E allora, concludi.
CLELIA – Ammazziamolo.
AMANDA – E a chi di noi sarà concesso il privilegio della prima pugnalata?
CLELIA – Tireremo a sorte.
STEFANIA – (particolarmente impressionata) Ma... state scherzando, vero? Sì, dico, ammazzare, pugnalare... Mi sembra leggermente eccessivo. Io, questi gusti satanici...
CLELIA – Eccole là: senza sangue e senza cervello! Non importa. Lo ammazzo io, da sola. Voi, invece, consolatevi pure con le lacrime! Un bel pianto meglio si addice a delle donnette stupide. Ci è capitata questa malaugurata disgrazia? Pazienza. Piangiamoci sopra. Ci è crollato il mondo addosso? Che possiamo farci? Nulla! Possiamo piangere – questo sì! – e piangere tanto! Il mondo è pieno di donne che piangono e di stronzi che ridono! E dunque, piangete! E non abbiate vergogna se non avete la forza di alzare la testa, di reagire, di battere i pugni, di difendervi! Tutti capiranno: sarete persino commiserate giacchè siete... soltanto delle donne! Se v'’spettate, però, che io sprechi una sola lacrima per quel miserabile, vi sbagliate di grosso! Perchè io non piango! Non piango, avete capito? (Scoppia a piangere) Io ho tanta rabbia in corpo, tanto veleno che potrei ammazzare un elefante con uno sputo!
AMANDA – Non ho alcun dubbio. (Le si avvicina affettuosamente) Sta’ calma...
CLELIA – (fra le lacrime) Non ricominciare, eh?
AMANDA – Lo so. Sono Santa Placidina da Val Serena. Ma ti assicuro che non sono una stupida. E la rabbia, il veleno... ce l’abbiamo tutte. Il sangue, nelle nostre vene, scorre esattamente come nelle tue. Credi che io non sia tentata di bucargli quella bella testolina con un colpo di pistola? Però, se vogliamo conseguire una vittoria vera, completa, trionfante, è necessario essere razionali e unite. Soprattutto, unite. La vendetta, mia cara signorina Clelia, è una pietanza che si gusta fredda.
CLELIA – Io, invece, vado pazza per i piatti caldi e forti!
AMANDA – Di tanto in tanto, è consigliabile cambiare le proprie abitudini alimentari. (Pausa. Sorride) Chiaro? Rigorosamente razionali. Vedrete, sarà una grande sorpresa per Marco. Adesso, se permettete, desidero esporvi il mio progettino...
(Lentamente buio).
SIPARIO

EPILOGO
Lo stesso ambiente.Una settimana dopo. Tarda sera. All’apertura del sipario, nessuno in scena. Dopo qualche istante, si sente suonare più volte, il campanello d’ingresso. Quindi, il rumore del cancello che si apre e si richiude. Un cane abbaia e ringhia rumorosamente e poi, la voce di Marco che chiama con insistenza Carlo).
MARCO – (voce fuori scena) – Basta, Stella, basta, a cuccia! Ma com’è ca ‘stu cani non mi riconosce mai?! (Chiama, a gran voce) Carlo! Carlo!
1 –
MARCO – (entra. Ha con sé, un trolley. Controlla, contrariato, alcuni segni sulla mano sinistra) Ma cose da pazzi…! Ci mancava poco ca m’azzannava come si deve! Carlo!!
CARLO – (finalmente, entra da destra) Oh, signor Marco!
MARCO – Ma dov’eri, ‘ntrunatu? È da mezzora che ti chiamo!
CARLO – Stavo… stavo dando istruzioni alla cameriera...
MARCO – Eh! Mi pare che tu stai esagerando con tutte queste “istruzioni” alla cameriera. Evitale perché alla tua età, ti possono fare male!
CARLO – Che c’entra…? Sono… istruzioni rigorosamente professionali. Ma… mi scusi… lei non doveva tornare martedì mattina, cioè dumani?
MARCO – E invece, sono arrivato lunedì sera, cioè oggi! E allora?
CARLO – No, niente.
MARCO – No, perché se ti do troppo fastidio, se ho interrotto le tue “istruzioni”, me ne posso anche andare in albergo…! Che faccio, me ne vado in albergo?
CARLO – Ma che albergo, signor Marco…? Che dice…?
MARCO – E allura, basta! Statti mutu! Piuttosto, vedi che, di notte, quel cane, lo devi legare!
CARLO – E a che cosa serve, scusi, un cane da guardia, legato ?
MARCO – E allora, facci capire a ‘sta belva che il suo dovere è di abbaiare quando vede estranei, non di sbranare il suo padrone quando rientra a casa! Se succede un’altra volta, v’attaccu a ‘na catina, a tutti dui: a ttia e o’ cani! Guarda, guarda qua! (gli mostra la mano sinistra) Li vedi questi segni o no?
CARLO – E fu ‘a cani?
MARCO – No, io! Mi pigghiai ‘a manu a muzzicuni!
CARLO – Speriamo che non ci succede niente.
MARCO – (osserva ancora la mano) Speriamo.
CARLO – No a lei. O’ cani!
MARCO – Ah, o’ cani…! ‘U sai ca sta’ divintannu sempre cchiù matelicu, rimbambito e maleducato?! Ora ti licenzio! Che dici? Accussì, ti passa ‘u spiritu!
(Si sente suonare il clacson di un’auto).
CARLO – E chi può essere?
MARCO – Il tassista! M’u facisti scurdari completamente! E quello ancora sta aspettando, mischinu! Muoviti,  corri al cancello e pagalo…
    Io non ho soldi in tasca.
CARLO – Sissignore, subito. (Esce)
(Marco si toglie la giacca e si sbottona il colletto della camicia. Poi, visibilmente stanco, si lascia cadere su una poltrona. Improvvisamente, da sinistra, entra, notevolmente svestita, Marisa che finge di non accorgersi di Marco. La ragazza si avvicina al tavolinetto e – spalle a Marco, paralizzato dalla sorpresa - afferra nervosamente una bottiglietta)
MARISA – Eccola, finalmente!  (Ancheggiando torna sui suoi passi ed esce ancora da sinistra risalendo i gradini).
CARLO – (rientra dalla comune) Fatto, signore.
MARCO – Ma che cosa hai fatto, disgraziato?
CARLO – Come “che cosa ho…” Non dovevo?
MARCO – Vecchio cretino! E io, cchiù scemu ancora, che vado a fidarmi di tia!
CARLO – Ma... scusi, chi fici, m’u ‘nsunnai? Non m’u dissi lei di pagare il tassista?
MARCO – Che c’entra il tassista?
CARLO – Ha ragione. Non c’entra niente.
MARCO – Io mi riferisco a quella lì! Come cacchio t’è venuto in mente di farla rimanere a casa mia?
CARLO – “Quella lì?” A chi si riferisce esattamente il signore?
MARCO – Il signore si riferisce a quella lì, a Marisa!
CARLO – Ah, ha visto già la signorina Marisa?  
MARCO – Sì!! E avrei una voglia matta di sbatterti fuori a calci in culo! Ma ti rendi conto di chiddu ca cumminasti, animale?
CARLO – Ah, chiddu ca cumminai… iù?!
MARCO – E’ pazzesco, signori miei! Ma di unni ti vinni ‘sta gran bella pinsata?
CARLO – Signor Marco, posso parlare?
MARCO - No!
CARLO – Va bene.
MARCO - Carletto!
CARLO – Sì, signore?
MARCO – Carletto, sei il servo più coglione di tutto l’universo!
CARLO – Posso parlare?
MARCO – No!
CARLO – Va bene.
MARCO – E non ripetere sempre “va bene”, come un cretino! Perché non c’è proprio niente che va bene! Va bene?
CARLO – Va bene. (Marco lo fulmina con lo sguardo).
MARCO – Calma. Calma. Da quanto tempo, si trova qui?
CARLO – Posso parlare?
MARCO – E certo! Se ti sto interrogando…! E allora, da quando, si trova qui?
CARLO – Sta parlando della signorina Marisa?
MARCO – Ma sei scemo! E di chi, allora?
CARLO – No, perché… siccome, a parte Marisa… comunque…
MARCO – Ma chi sta’ dicennu?
CARLO – Comunque, è arrivata sei giorni fa. Martedì scorso, per l’esattezza.
MARCO – Sei giorni?! E’ pazzesco!
CARLO – Pazzesco, pazzesco veramente!
MARCO – No, “pazzesco”, lo posso dire io!
CARLO – E io non lo posso dire?
MARCO – No!
MARCO –  Pazzesco! Evidentemente questa casa garantisce ospitalità a qualsiasi donna ca ci passa p’a testa di suonare il campanello! Entrate! Forza! C’è posto per tutte!
CARLO – (sospira) Lei sta parlando sempre di me, vero?
MARCO – E di chi dovrei parlare, scimunito? Sei tu il responsabile! (Pausa. Tenta di calmarsi) Calma. E… la signora Stefania è rientrata?
CARLO – Sì, è rientrata. Sempre Martedì scorso.
MARCO – Appunto.
CARLO – Appunto.
MARCO – Martedì. Cioè lo stesso giorno in cui è arrivata Marisa.
CARLO – Appunto.
MARCO – Appunto. Dov’è, adesso, Stefania…in camera?
CARLO – In camera. Che faccio, l’avverto che lei è arrivato?
MARCO – Statti fermo, per ora. E, perciò, anche Marisa è in camera, sotto lo stesso tetto!
CARLO – Se non è nella sua stanza, starà sicuramente girando casa casa, mezza nuda.
MARCO – (preso dai suoi pensieri) E’ mai possibile?
CARLO – Eppure le assicuro ca ‘sta carusa ha la mania di furriari in maniera… bella, libera e senza ritegno.
MARCO – (c.s.) Non ci posso credere...! Non ci posso credere!
CARLO – Se mi consente, mancu iù, all’inizio, ci vuleva cridiri ma poi l’occhio si è abituato.
MARCO – L’occhio...?
CARLO - ... si è abituato.
MARCO – Ma chi schifiu sta’  ‘ncucchiannu? Calma. Calma. Manteniamoci calmi.
CARLO – Bravo. La calma è la virtù dei forti!.
MARCO – Dunque… ragioniamo. Tu mi hai detto che Marisa si trova qui da sei giorni.
CARLO – Eh.
MARCO – E hai aggiunto che anche Stefania è qui…
CARLO – Da sei giorni, sissignore.
MARCO – Insieme... da sei giorni?! E pirchì? Come mai? Ma... dimmi ‘na cosa… Mia moglie come l’ha presa... la faccenda?
CARLO – Sua moglie? Quale delle sue mogli, esattamente?
MARCO – (comincia a realizzare che tutto è andato storto) Ho capito. Carletto... lo sai che ti debbo dire? Che, forse, ho fatto qualche minchiata.
CARLO – “Qualche”?
MARCO – Ca una, dui… tri… una caterva di minchiate, va bene?
CARLO – Si sfugassi, si sfugassi… E’ che le minchiate sono come le ciliegie: una tira l’altra. Sulu ca i cirasi fanu meno dannu.  
MARCO – Eppure il mio piano “doveva” funzionare, porca miseria! Calmiamoci.
CARLO – Bravo. La calma è la virtù...
MARCO –  … dei forti, ‘u capìi! Avanti, basta, accuzzamula. Dimmi tutto quello che mi devi dire… parra! O te le debbo strappare con la tenaglia, le parole?!
CARLO – Ma, con tutto il rispetto, havi menzura che cerco di parlare ma lei mi dice sempre di starimi mutu…!
MARCO – Forza, cuntimi che cosa è successo esattamente martedì scorso!
CARLO – Esattamente non l’ho capito nemmeno io. Ci posso solo dirle, egregio signore, che c’è stato – mi perdoni la licenza – un gran casino.
MARCO – Lo immagino.
CARLO – Non cridu.
MARCO – Dove ho sbagliato? Dove? Dunque... il mio piano prevedeva il loro incontro...
CARLO – Ci fu, signore.
MARCO – Ad un certo punto, Clelia – Clelia è la più aggressiva...!
CARLO – Chi mi dici a mmia?!
MARCO – Clelia si è scagliata contro le rivali...! Giusto?
CARLO – Perfetto, signore.
MARCO – Dopo di che, se n’è andata ittannu vuci, comu ‘na pazza!.
CARLO – Peccato. E’ ‘ui finali che non coincide col suo piano, caro signor Marco.
MARCO – Non si ni ivu?!
CARLO – Ma quannu mai!?
MARCO – Ma allura, parla tu, cretino!
CARLO – Ma se lei m’interrompe…! E allora… La signorina Clelia… è vero, si misi a ghittari vuci, comu ‘na pazza, ha minacciato tutti, macari a mmia... ma, dopu,  non si ni ivu proprio.
MARCO – Non se n’è andata…
CARLO – Si ci dicu di no! Non ci passò mancu p’a testa. La signorina è qui, ospite della signora Stefania...
MARCO –  Come… “ospite”? E’ stata Stefania a dirle di restare?
CARLO – Penso di sì.
MARCO – Divento pazzo! Aspetta, aspetta... E... Amanda?
CARLO – Ospite, macari idda.
MARCO – Cioè, praticamente, anziché scapparasinni – come pensavo io – sono rimaste tutte qui, in casa mia?! Ma chi si misiru ‘nta testa?  Che intenzioni hanno?
CARLO – E’ da sei giorni, caro signor Marco, che mi faccio la stessa domanda. E non le nascondo che sono leggermente preoccupato, per lei.
MARCO – Ho capito. E’ tutto chiaro. Chiarissimo.
CARLO – Veramente? Lei ha capito tutto? Bravo!
MARCO – Speravo di liberarmene con facilità... ma sono stato troppo ottimista. Ad ogni modo, vediamo chi la spunta! E se conosco bene le mie galline – ed io le conosco bene! – credo di intuire che cosa si sono messe in testa. Vogliono mettermi in difficoltà, in imbarazzo: gridarmi in faccia che sono un traditore, un disonesto, ‘na cosa fitusa e così via...!
CARLO – Speriamo sulu che fra queste galline, lei non faccia la fine del pollo.
MARCO – Ahu! Non ti pigliare troppa confidenza, hai capito?
CARLO – Chiedo scusa, signor Marco... Dicevo tanto per dire e anche perché ci tengo parecchio alla sua vita.
MARCO – (ride) Non preoccuparti, scimunito, la mia vita è al sicuro!
CARLO – Come disse Giulio Cesare quannu trasiu ‘nto Senato per l’ultima volta.
MARCO – Ti sto dicendo che conosco le mie gallinelle e so io qual è la ricetta per cucinarle come si deve. Si sono coalizzate contro di me? Bene. Vogliono mettermi sotto accusa? Bene. Processarmi, farmi sprofondare nella vergogna e nel ridicolo? Bene. Ma lo sai che c’è?
CARLO – No.
MARCO – Io non mi vergogno completamente e non m’interessa un fico secco di sprofondare nel ridicolo...!
CARLO – Bene.
MARCO – Lo so io quello che devo fare. Parola mia, le faccio scappare ttutte, con la coda fra le gambe. E accussì, mi lassanu ‘nta santa paci, finalmente! Senza cchiù catini, senza lamenti e senza camurrìi!! Ah! Libero, come l’aria! (Ridacchia) Basta, mi sento  stanco, ora. Salgo in camera mia: una bella dormita e mi rimetto in sesto. Domattina, ci aspettano delle belle novità, caro Carletto...!
CARLO – E a mmia, chissu mi preoccupa!
MARCO – Pensa a disfare il bagaglio e va’ a letto anche tu. E lassala stari a’ cammarera, ci siamo capiti? Buona notte. (Esce da sinistra)
CARLO – Buona notte.
(Carlo spegne le luci del salone ed esce a destra.
Buio per qualche istante. Brevissimo stacco musicale.
Il mattino successivo).  
2 –
(Carlo è in scena. Immobile e compìto, attende i signori per servire la colazione).
STEFANIA – (entra) Buon giorno, Carletto.
CARLO – Buon giorno, signora. Le comunico che il signore è rientrato ieri sera.
STEFANIA – Lo so. E’ pronta la colazione?
CARLO – Sì, signora. La servo subito o aspetta le signore?
STEFANIA – Sì, aspetto le signore e... il signore. E’ già sveglio?
CARLO – Che faccio, verifico?
STEFANIA – Verifica. Pregalo di scendere giù.
CARLO – Logico, signora. (Esce a sinistra. Stefania sfoglia una rivista).
3 –
(Entrano Clelia e Amanda)
CLELIA – ‘ Giorno.
AMANDA – Buon giorno, Stefania.
STEFANIA – Buon giorno a voi. Dormito bene?
AMANDA – Come un sasso.
CLELIA – Io, invece, non ho chiuso occhio l’intera nottata. Mi sento sottosopra.
STEFANIA – Una colazione abbondante e un buon caffè ti rimetteranno a posto.
CLELIA – Un caffè? Se prendo un solo cucchiaino di caffè, il mio cervello va a fuoco! Sono una centrale elettrica, stamattina!
AMANDA – Da’ una controllatina all’impianto e sta’ buona. Non dimenticare che...
CLELIA – Sì, lo so! Me lo hai ripetuto cento volte! Ma la tentazione di strozzarlo è decisamente forte. Lo odio!
AMANDA – Attenta, Clelia... L’odio offusca la mente.
CLELIA – Cercherò di reprimere il mio impulso omicida.
STEFANIA – E Marisa? Ancora a letto?
4 –
MARISA – (entra) Sono qua. Buon giorno a tutte. Si fa colazione?
STEFANIA – Si aspetta... il principe dell’harem, naturalmente.
MARISA – Dio, come sono eccitata!
CARLO – (rientra) Il signor Marco scende subito. (tra sé) ‘A vogghiu vidiri tutta, stamatina!
STEFANIA – (a Carlo) Puoi andare, per ora.
CARLO – Sissignora. (Esce a destra).
(Le donne ridono e parlano amabilmente. Rumore di passi, Marco che canticchia allegramente...)
AMANDA – Eccolo che arriva! Mi raccomando: nervi saldi!
5 –
(Entra Marco. E’ ancora in vestaglia ma rasato e pettinato. Osserva le donne con finta meraviglia).
MARCO – Questa sì che è una bella sorpresa!
STEFANIA – Tesoro! (Corre a baciarlo affettuosamente, imitata da Amanda)
AMANDA – Amore mio, come stai?
MARISA – (lo abbraccia con trasporto e lo bacia) Il mio bel principe azzurro!
CLELIA – (Rimane seduta sulla poltrona) Brutto omaccione cattivo! Perché non sei venuto a salutarmi, ieri sera? Vieni subito a darmi un bacio, se vuoi che ti perdoni!
(Marco, sconcertato e del tutto nel pallone,  esegue come un automa)
AMANDA – Ma... cos’hai, Marco? Sei così strano!
STEFANIA – Sei pallido, gioia... Chissà come ti sarai stancato, in questi giorni, vero?
AMANDA – Hai lavorato molto, amoruccio?
MARCO – (sempre più intontito) Ah? No... Le solite... riunioni...
CLELIA – Adesso basta: vietato parlare di lavoro! Il nostro Marcuccio ha bisogno di tanto riposo.
MARISA – E di tanta pappa!
MARCO – Pappa?!
MARISA – Ma certo. Devi nutrirti, bambolotto mio!
AMANDA – Su, facciamo colazione. (Chiama) Carletto!
CARLO – (entra con un enorme vassoio attrezzato per la colazione) Sono qui, signora. Servo io le signore?
STEFANIA – No, ci pensiamo noi, puoi andare.
MARCO – (d’istinto, quasi a implorare soccorso) Carletto!
CARLO – Mi dica.
MARCO – (c.s.) Non te ne andare!
STEFANIA – (a Carlo) E vai!
CARLO – Sì, signora. (Sospira, allarga le braccia sconsolato ed esce)
(Stefania e Amanda versano il caffè nelle tazze. Clelia e Marisa imboccano il sempre più intontito Marco con dei toasts imburrati...)
AMANDA – Un buon caffè nero è proprio quello che ci vuole!
MARCO - ...Sì, ci… ci vuole.
STEFANIA – Quanto zucchero?
MARCO – (sempre assente e disorientato) Quanto zucchero?
STEFANIA – Che stupida! Ma una zolletta, come al solito!
MARCO - ... una zolletta... come al solito.
MARISA – Meglio due zollette.
MARCO - ... meglio due...
CLELIA – Perchè non tre zollette? Marco ha bisogno di energie!
MARCO - ...Logico… meglio… tre energie...
AMANDA – (porge la tazza a Marco) Ecco qua. Ma prima un bacio!
MARCO – (la bacia smarrito) Ecco qua... tre zollette...
(Con gesti automatici, Marco consuma la sua colazione. Le donne fanno altrettanto e scherzano fra di loro. Marco, con l’aria più imbecille di questo mondo, guarda ora l’una ora l’altra...).
MARISA – Ho una gran voglia di muovermi! Facciamo un giro in bici?
STEFANIA – Perchè no?
CLELIA – Vorrei finire la mia colazione, prima. (Sorseggia il caffè e osserva sorridendo Marco) E allora, noi siamo qui, tesoro. Di’ pure. Parla!
MARCO – (non capisce) Ah?
CLELIA – Amore mio, ti sei scordato?
MARCO – Che cosa?
CLELIA – Oh, santa pazienza! Non sei stato tu a chiamarci, a volerci tutte qui? Ebbene, noi siamo corse da te! Dal nostro bel pulcino innamorato che ha tanto bisogno di noi. Perché tu sei innamorato, non è vero? Dillo che ci vuoi tanto bene! Su, dillo...! Mi sembri leggermente turbato. (Alle altre) Non sembra anche a voi un tantino frastornato?
STEFANIA – E’ stanco, poverino!
AMANDA – E noi stiamo a torturarlo...! Che stupide?
CLELIA – E’ vero. Che idiote! (Lo bacia) Sei forse preoccupato per il nostro matrimonio, Marcuccio? Se è solo per quello, non devi assolutamente preoccuparti. Stiamo organizzando tutto noi. Tu non devi pensare a nulla! Hai già tanti pensieri, tesoruccio mio...!
MARISA – Abbiamo avuto un’idea bellissima! Ma se a te non piace...
AMANDA – Il matrimonio con Clelia lo celebreremo nelle Bahamas. Contento?
MARCO – Nelle... Bahamas.
MARISA – Per il mio, invece, è stata scelta San Francisco! La California mi ha sempre affascinato!
MARCO – Certo. Santa California… cioè San… San Francisco. San Francisco va benissimo. Ma... perchè... San Francisco?
STEFANIA – Te l’ha detto: le piace la California!
CLELIA – Non vorrai sposarti in Italia?
AMANDA – Ci mancherebbe! E’ così “deja vu”, così volgare...!
STEFANIA – Ma certo! In Italia, continuerai ad essere uno scapolone!
CLELIA – Il nostro scapolone d’oro! Ma... non sei felice?
MARCO – (esplode improvvisamente) Ma chi siti, sceme?! No, non siete sceme…  siete pazze!  Ma no‘ accussì? Voi siete pazze da manicomio, da catena!! No! No, no! Non siete pazze. Che pazze?! Siete scaltre, invece! Io l’ho capito: voi avete un piano!
MARISA – Un piano?
MARCO – Non nel senso di pianoforte, tesoro!
MARISA – Ah, ecco. Perché io, infatti, a quello ho pensato.
MARCO – Astieniti dal pensare ché ti cascano i capelli! (Riprende il discorso) E dunque, voi, furbastre, vi siete dette: comportiamoci così, così e così…!
AMANDA – Ma… “così” , come?
MARCO – Muta! Non parrari! Non mi confondere le idee!
STEFANIA - … che sono già abbastanza confuse, direi.
MARCO – E in questo modo, avete pensato, Marcuccio diventa scemo! È vero o no? Uno scemo nelle vostre mani! Vi sarebbe piaciuto, ah?
AMANDA – Ma che dici?
STEFANIA – Tesoro...! Ma che discorsi sono, questi?
CLELIA – Ricorda, Marco, che noi ti amiamo!
MARISA – Ma che ha… non sta bene?
MARCO – Finitela! Finitela! Finitela! Basta! Avete capito? Basta!
AMANDA – Forse è il caso di lasciarlo un pò tranquillo, da solo. Il lavoro lo ha massacrato!
STEFANIA – Sapessi quante volte gliel’ho raccomandato! “Marco, tesoro, devi lavorare di meno. Non puoi stremarti così”! Ma lui, niente! Non vuole ascoltarmi!
CLELIA – Ci vuole pazienza, Stefania. Su, andiamo adesso, lasciamolo riposare: ne ha di bisogno.
MARISA –(lo bacia) Ciao, amore!
STEFANIA – (lo bacia) A presto, brontolone!
AMANDA – (lo bacia) Ciao, bruttone!
CLELIA – (lo bacia) Mi prometti che te ne starai buono e rilassato? Ciao!
(Le donne escono allegramente, per la comune. Marco rimane solo, gli occhi fuori dalle orbite, visibilmente sotto shock).
6 –
MARCO – (urla disperatamente) Carletto!
CARLO – (si precipita in scena, allarmato) Signor Marco, chi fu? Successi cosa?
MARCO – Sì! No! Non lo so! No: non successi nenti! Io ero convinto ca m’avissiru mangiatu vivu… e, invece, niente completamente!
CARLO – E si sta pigghiannu di colira? Pirchì non ci abballa?
MARCO – O forse, qualche cosa successi e iù non mi n’accurgìi...? Può essere?
CARLO – Non penso. Se qualcosa fosse successa, lei sarebbe stato ‘u primu ad accurgirasinni.
MARCO – Appunto. Me ne sarei accorto, giusto?
CARLO – Logico. Ora,
 stia calmo. Avanti… respiri… Forza, un bel respiro profondo. Bravo… accussì. E si rilassi. E stassi cuntentu ca non successi nenti. Ancora, ancora…respiri. Non si firmassi!
MARCO – Ahu, basta! Basta ca mi sta girannu ‘a testa!
CARLO – Vuol dire che l’esercizio sta facendo effetto. Avanti, l’ultimo, l’ultimo respiro.
MARCO – Nel senso che finisco proprio di respirare completamente! Ma si può sapere chi te le ha insegnate ‘sti cosi?
CARLO – No, nessuno. Autodidatta.
MARCO – E ha funzionato qualche volta?
CARLO – Mai.
MARCO – E ha fari gli esperimenti cù mmia? E iù ca ci vaiu d’appressu! “Respiri… si rilassi…”
CARLO – Prima o poi, deve funzionare, no?
MARCO – Io… io sto male, sto letteralmente impazzendo e tu mi fai fare gli esercizi di respirazione! (Pausa) Carletto, è finita!
CARLO – In che senso?
MARCO – (quasi in lacrime) Hai presente un pupo? Ecco. Le “signore” mi vogliono fare diventare un pupo! Un pupo cretino!
CARLO – Scusi, signor Marco, ma i pupi su’ pupi. Non è ca ci sono pupi intelligenti e pupi cretini…!
MARCO – Io l’ho capito, sai? L’ho capito Hanno deciso di trasformarmi in un pupo! Un pupo nelle loro mani:  loro tengono i fili e io mi muovo, hai capito? “Forza, Marcuccio, dammi un bacio…! “Avanti, amore, fammi una carezzina! “Fai la riverenza…!” Un pupo, ti dico! Senza cervello e senza libertà! Niente, ho riflettuto: m’ammazzu! Piglia la pistola.
CARLO – Quale pistola?
MARCO – Non ci l’avemu ‘na pistola, intra?
CARLO – Ma quannu mai?! Stia calmo, signor Marco…
MARCO – Ricordami che dobbiamo provvedere. Devi andare a comprare una bella pistola.
CARLO – Sissignore, come dice lei.
MARCO – Ci pensi tu?
CARLO – Logico, ci penso io. Ma, ora, mi fa una cortesia? Si rilassi.
MARCO – Non voglio più respirare! Basta!
CARLO – No, niente respirazione. Dico, si rilassi e ascolti chiddu ca ci dicu iù.
MARCO – Avanti, dimmi quello che mi devi dire e poi vai a comprare la pistola.
CARLO – Solamente una parola, una parola magica: ribellione!
MARCO – E che significa?
CARLO – Come “che significa”? significa che lei si deve ribellare!
MARCO – Ribellarmi...? E... come?
CARLO – Purtroppo, qua, non ci posso dare aiuto. Perché, nel vocabolario di un domestico, la parola “ribellione”, come lei sa, non esiste. Però, qualche cosuccia l’ho capita.
MARCO – No... non ce l’ho… non ce l’ho la forza...
CARLO – In questo momento, lei prova questa sgradevole sensazione d’impotenza, lo sa perché? Perché lei, signor Marco, pensa di essere in colpa. E gli scrupoli ci stanu mangiannu ‘u ciriveddu.. E’ così o no?
MARCO – Forse.
CARLO – E allora, forza, una botta di coraggio e liberi la coscienza da questo peso inutile e umiliante. Lei, caro signore, non ha nessun motivo di sentirsi in colpa. Perché lei – chi facemu, schirzamu? – lei non ha nessunissima colpa. Punto.
MARCO – Dici?
CARLO – Perché, lei non dice?
MARCO – Porca miseria, hai ragione: non ho nessuna colpa da farmi perdonare!
CARLO – Benissimo! Coraggio ca ci semu!
MARCO – Io sfido qualsiasi tribunale a condannarmi!
CARLO – Forza di ddocu! Lo sfidi tranquillamente!
MARCO – Mi vogliono condannare solo per avere amato tanto? E’ assurdo!
CARLO –  Bravo! È assurdissimo!
MARCO – E’ vero: ho sposato due donne diverse...
CARLO – Ma perché?  Perché non poteva sposare due volte la stessa donna! Mi pare logico, no?
MARCO – Eccesso di amore: questo è il mio reato, la mia grave colpa. Vorreste condannare un uomo per “eccesso d’amore”?
CARLO – Magnificuni, signor Marco!
MARCO – Stavo per sposarmi una terza volta. Anche questo è vero. Ma perché? Per egoismo, forse?
CARLO – Ma quannu mai?!
MARCO – Per leggerezza?
CARLO –Non diciamo cretinaggini!
MARCO – Per cattiveria?
CARLO – Ma pì favuri, quale cattiveria?!
MARCO – No, signori, no. Solo... per amore. Per eccesso d’amore! (Pausa) Ma che cazzo sto dicendo?
CARLO – Non si firmassi, signor Marco! Sta ghiennu troppo forti! Continui!
MARCO – Sì... continuo... Io lo confesso: ho amato queste donne. Le ho amate tutte. E ne amerò altre ancora. Sì, signori! Contemporaneamente e, soprattutto, in egual misura!
CARLO – Che cuore nobile e generoso! Mi sta facendo commuovere, beddamatri!
MARCO – E’ follia? No, amici miei. È  devozione nei confronti della donna, oggetto e soggetto dei nostri desideri, dei nostri sogni erotici... In poche parole: fonte suprema di piacere! Strumento di straordinario godimento!
CARLO – I brividi! I brividi, mi vinniru! Bravissimo!
MARCO – Grazie. (Continua la virtuale arringa) E ora mi si chiede di vergognarmi?
CARLO – Ma livatici ‘a farsa, va!
MARCO - E di che cosa mi dovrei vergognare? Ma si vergogni chi non ha mai amato, invece! Si vergogni quell’esse-re infelice, socialmente deplorevole, il cosiddetto “sposo fedele”! Incapace di donare amore se non ad una sola donna! Costui, signori, è il vero mostro, l’egoista per eccellenza! Egli, infatti, è una misera macchina d’amore ad uso esclusivamente privato e individualista! In definitiva, costui è un essere sostanzialmente inutile se non dannoso...! Poiché costui non persegue affatto il nobile scopo per cui madre natura l’ha creato! E cioè: darsi, offrirsi totalmente e incondizionatamente, non ad una ma a cento, mille donne! Quello stesso scopo, invece, che sta sempre in cima ai miei pensieri e per il quale sacrifico la mia vita e, mi sia consentito, i miei genitali.
CARLO – (applaude) Minchiuni! Bravissimo, signor Marco! Strabiliante, positivo e convincente!
MARCO – Sul serio? Ti ho convinto?
CARLO – Dalla prima all’ultima sillaba!
MARCO – Sei sicuro? No, pirchì, iù stissu, non ci ho capito quasi nenti!
CARLO – Senta, signor Marco, iù a lei, ‘u canusciu di quann’era nicu e poi sono abbastanza vecchio… per poterle dare qualche consiglio. Ci ‘a pozzu diri ‘na cosa, in tutta sincerità? Mi posso permettere?
MARCO – Ca parra.
CARLO – S’i livassi d’a testa tutte queste fesserie!
MARCO – A quali fesserie ti riferisci?
CARLO – Ansie, dubbi, preoccupazioni…! Lei se li deve scordare! Non ci ha dari cuntu! E lo sa perché? Perché lei non è una persona qualunque. Non è un omiciattolo stupido e ipocrita! Lei appartiene a una categoria di uomini privilegiati che stanno al di sopra della cosiddetta “morale”!  “Morale”, “immorale”… tutte bestialità che vanno bene solo per i minchioni, non per uno come Marco Anselmi! E dunque, sia orgoglioso di essere un “Amorale”!
MARCO – Ma chi ti fumasti, Carletto? Comunque, bravo. Mi hai convinto.  Niente ipocrisie. Io sono un amorale! Un amorale puro! Complimenti. (Gli stringe la mano)
CARLO – Complimenti a lei, signore.
MARCO – (si siede) E ora, rimango in comoda attesa delle belle signore. Pronto a sferrare il mio poderoso attacco.
CARLO – Benissimo, lo sferri!
MARCO – (viene assalito da dubbi improvvisi) E... se ricominciassero con tutte quelle moine...? Lo so: continueranno a coccolarmi e a dirmi che mi amano...! Ah, ma fingono, sai, fingono! Lo so perfettamente che hanno una gran voglia di gridarmi in faccia che sono uno stronzo! Clelia, poi, mi ammazzerebbe con molto piacere! Invece, niente! Nemmeno un piccolo insulto... Sorride anche lei... comu ‘na scema! Macari idda fa la gattina innamorata... Fingono! È logico che fingono! Ma... perché? Qual è il loro scopo?
CARLO – Chi c’interessa a lei? Qualunque sia il loro comportamento e il loro scopo, lei, signor Marco, tirassi o rittu, p’a so strata! E attenzione: sguardo duro e deciso! Non deve usare il fioretto ma la spada! Ci siamo? Le provochi! Obblighi le signore a levarsi la maschera, accussì può scoprire il loro gioco. Dopo di che, colpisca! Mi sono fatto capire? Colpisca!
MARCO – Sì, sì, va bene. Ora, lassami sulu. Devo riflettere. Devo prepararmi… allo scontro.
CARLO – Certo. Me ne sto andando. Ma… non s’u scurdassi, signor Marco: colpisca! (Esce)
7 –
(Marco si alza, accende nervosamente una sigaretta che spegne subito dopo.).
MARCO – E allora… cerchiamo di riordinare le idee… Stavolta, non mi fregano! Prima, mi hanno preso alla sprovvista ma ora…! Le sistemo io a ‘sti quattru scimunite! Dunque…         (Immagina di rivolgersi alle donne) Ora basta! Avete capito? Basta! Mi avete stufato abbondantemente, va bene?A quale gioco volete giocare? Eh? E perciò, finitela con questa infelice farsa che… che lungi dall’essere una farsa, sembra piuttosto una… buffonata! No. Lungi dal sembrare una farsa... Lungi dall’apparire una farsa... Ma perché cazzo mi sono fissato cù ‘stu “lungi”? Ad ogni modo…Ragazze, tagghiatila! Mi avete rotto le scatole! Perciò, invece di fare le cretine, parlate chiaro! Mi disprezzate? Benissimo. Ne avete il diritto. Perché io vi ho tradito! Sì, tradito! Con premeditazione e con piacere! E ora, che volete farmi? Mi volete sputare in faccia? Coprirmi di insulti dalla testa ai piedi? Giustissimo. Io qua, sono. Accomodatevi pure! Dopo di che, dopo che vi sarete sfogate, abbandonatemi al mio destino! Me lo merito. E  Uscite definitivamente dalla mia vita! Questa è casa mia, quella è la porta e amici come prima! Le legittime mogli riceveranno regolari alimenti mensili e le altre... beh, diciamo un importo “una tantum” come liquidazione. E chi s’è visto, s’è visto. E ora che tutto è a posto, toglietevi dalle...
(S’interrompe perché sente le donne che sopraggiungono).
8 –
(Tutte vanno a salutarlo e ad abbracciarlo)
AMANDA – Sei più tranquillo, ora?
(Marco si lascia cadere su una poltrona poi sta per rialzarsi ma Stefania lo blocca).
STEFANIA – No, no, no. Devi stare comodo e rilassato.
MARCO – Voglio andare a prendere una sigaretta...
CLELIA – No, niente sigaretta! Il fumo fa male. Il fumo uccide.
AMANDA – Una sigaretta riduce la vita di trenta secondi. Lo sapevi?
MARCO – Non me ne frega niente! Perciò…
STEFANIA – Non se ne parla neppure! Sii ragionevole, tesoro… non puoi chiederci di avvelenarti!
MARCO – Saranno cavoli miei o no?
MARISA – Esprimi un altro desiderio, mio sultano, e verrai esaudito.
CLELIA – Desideri qualcos’altro?
MARCO – Sì. Qualcosa di forte!
AMANDA – No! Niente roba alcoolica!  L’alcool…
MARCO - … uccide, ho capito!
MARISA – Infatti.
STEFANIA – E noi ti vogliamo ben vivo!
CLELIA – Vivo e in ottima salute.
MARCO – (con un filo di voce) Perché fate così?
STEFANIA – Ma perché ti vogliamo bene.
MARISA – E tu non ci vuoi bene, coccolone?
CLELIA – Ma sì che ci vuole bene! Lui ci vuole un mondo di bene! Non è vero?
AMANDA – Quanto ci vuoi bene? Eh? Ce lo dici?
STEFANIA – Ce lo dici?
MARCO – Basta, ora! Basta con… con le scatole rotte! Abbondantemente… basta! Lo scherzo è durato abbastanza, mi pare!
AMANDA – Che scherzo?
CLELIA – Aspetta, aspetta… Pensi, forse, che noi stiamo fingendo?
MARCO – Ecco, brava! State fingendo! E neanche tanto bene!
STEFANIA – Fingere?! E perché dovremmo, scusa? Di’, c’è una sola ragione per cui dovremmo fingere di amarti?
MARCO – (si alza. Tenta di ricordare) Dunque... Sì. Adesso, basta!
MARISA – Questo l’hai già detto, bambolotto!
MARCO – E tu, ci ‘a finisci cù ‘stu “bambolotto”!
MARISA – Non ti piace più? Prima ti piaceva tanto...
MARCO – Ragazze! Perciò… a quale gioco volete giocare?
CLELIA – Bo? Non saprei. Ma se ti fa piacere giocare, sceglilo tu, il gioco... (maliziosa) Purché sia… eccitante e divertente!
MARCO – Non m’interrompete, per cortesia! Sennò perdo il filo. Lungi! Ecco, lungi dal sembrare una buffonata... Lungi dall’apparire una farsa... Lungi... Insomma, questa è una tragedia! Capito?
MARISA – Ma… che ha detto?
AMANDA – Che stai farfugliando, tesoro mio?
CLELIA – Totale stato confusionale. Non sta ancora bene.
MARCO – Sto benissimo, io! Io... io lo so perché vi comportate in questo modo! Volete fare di me un pupo, un fantoccio cretino!
AMANDA – E perché mai dovremmo fare di te un “fantoccio”?
CLELIA – Per di più, “cretino”?
AMANDA - A noi piaci così come sei: tu il padrone e noi le schiave.
MARCO – Ma perché continuate a fare le sceme?
TUTTE – Le sceme?!
STEFANIA – Solo perché ti vogliamo bene?!
MARCO – E continuano! Continuano! Ma quannu ci ‘a finiti, ah?
MARISA – Finire… di fare che cosa?
MARCO - Ragazze, siate umane! Sputate l’osso! Gridatemi in faccia tutte le male parole di questo mondo! Liberatevi lo stomaco, forza! Voi mi disprezzate! Mi odiate! Che ci vuole, tanto, a dirlo? Io vi ho tradito e perciò, voi “dovete” odiarmi! Va bene?
STEFANIA – Hai sempre voglia di scherzare, tu!
MARCO – Vi ho tradito con regolare goduria... con... E ora, basta, cretine!  Questa è casa mia, quella è la porta... Insomma, alimenti e “una tantum” per tutte… Soddisfatte?
MARISA – Mamma mia, ma perché non capisco quello che dice?
CLELIA – Non deprimerti. Neppure lui ci ha capito granché.
AMANDA – Poverino! La colpa è nostra: l’abbiamo disorientato. Avremmo dovuto spiegargli...
MARCO – Ecco, spiegatemi. Non chiedo altro se non di capire...
AMANDA – Mi sembra giusto e legittimo. Vedi, tesoro, noi ci siamo incontrate, abbiamo discusso e siamo giunte ad una decisione.
MARCO – Quale?
AMANDA – Vogliamo stare con te. Tutte e quattro con te... d’amore e d’accordo. Perché? Semplice. Per due ragioni fondamentali. La prima è che noi ti amiamo. La seconda è che tu hai estremamente bisogno di ciascuna di noi, nessuna esclusa.
MARCO – Io non ho bisogno di nessuno! Chi vi ha messo in testa queste fesserie?
CLELIA – Eh, eh, eh! Le bugie hanno le gambette corte! Tu hai bisogno di noi, devi ammetterlo. E, se no, perché ci avresti invitate qui? A me, poi, hai mandato quel messaggino, ricordi? “Raggiungimi subito. Ci sposeremo...” Ricordi? E Marisa? L’hai chiamata tu, al telefono. Anche a lei hai chiesto di raggiungerti presto... perché avevi bisogno del suo aiuto...
AMANDA – Da parte mia, ho il dovere di starti accanto: sono tua moglie! E, quanto a Stefania, vorresti che proprio lei, la tua prima moglie, ti abbandonasse? Via, che senso ha?
CLELIA – Ma la ragione principale, tesoro, è che noi siamo innamorate di te. E non ti lasceremo mai. Non usciremo da questa casa... mai! Mettitelo bene in testa.
MARCO – Ma, ditemi ‘na cosa… Voi pensate veramente che io sia talmente scimunito, da credere a queste minchiate? Tanto bestia da credere che quattro donne umiliate, offese e tradite – perché io vi ho umiliato, offeso e tradito! – queste donne, dunque avrebbero deciso di vivere con me e servirmi?! Ma livatici ‘a farsa, va! Siate serie, invece, e sputatemi in faccia!
STEFANIA – Io non capisco davvero la tua meraviglia. Noi abbiamo sempre creduto in te, nel tuo amore. Adesso, perchè ti è così difficile credere nel nostro affetto?
AMANDA – Certo, è pur vero che, inizialmente – messe brutalmente di fronte ad una situazione che ignoravamo – è stata dura anche per noi...
CLELIA – Venire improvvisamente a conoscenza che esisteva un numero insospettato di mogli e amanti, beh, ci ha – come dire? – leggermente confuse, ecco. Pensa – adesso, ti faccio ridere! – abbiamo persino litigato...!
MARCO – Appunto!
CLELIA – Ma poi, il buon senso ha avuto la meglio sull’orgoglio. La ragione sulla voglia sfrenata di ammazzarti.
AMANDA – Perché abbiamo finito col riconoscere che tu sei un uomo fondamentalmente onesto. In fondo, avresti potuto – e chissà per quanto tempo – nasconderci tutto, come avrebbe fatto chiunque. u, invece, hai deciso di confessare le tue colpe a tutte le tue donne, riunite insieme. E questo, tesoro, l’abbiamo decisamente apprezzato. La sincerità va sempre premiata... anche se un tantino tardiva e... indiretta, come nel tuo caso. No, Marco, noi non siamo delle donne tradite ma amate. Non sarebbe giusto, quindi, che tu ti privassi di una sola di noi. Sappiamo bene che sei pronto a concedere a tutte e in egual misura, la tua anima e il tuo corpo. Chi mai potrebbe biasimarti? Come si può condannare un uomo che possiede tanta capacità d’amare? Che si esalta nell’amore! Che vive d’amore!
MARCO – (dopo un momento di perplessità, scoppia in una risata liberatoria) Ma… ma… Cose da pazzi! Da non credere! Questa, proprio, non me l’aspettavo! E pensare che io sono stato in ansia… avevo  gli incubi… la tachicardia…! M’è venuta pure la diarrea…! Perché… perché ero convinto... Sì, ero sicuro che avevate congegnato chissà quale piano diabolico per punirmi e magari… per levarmi di mezzo!
STEFANIA – Ucciderti? Povero amore mio!
CLELIA – Ma noi... ti uccideremo. (Un attimo di silenzio imbarazzante) Coi nostri baci... le carezze...! Morirai d’amore, Marco!
MARCO – (ride compiaciuto) E va bene, ci sto! Questa è la morte che ho sempre desiderato. Ogni maschio dovrebbe avere la fortuna di morire in un amplesso d’amore! Finire nell’attimo stesso in cui sei travolto dalla divina passione! Morire e vivere per l’eternità!
MARISA – E’ bello quello che hai detto… anche se non ci ho capito niente!
STEFANIA – Sei adorabile, Marcuccio!
MARCO – Siete voi adorabili! Siete straordinarie! E io non so se merito tanta fortuna! Mi sembra di sognare! Di sognare! (Chiama) Carletto!
9 –
CARLO – (entra rapidamente) Sì, signore?
MARCO – Carletto, champagne! Voglio un fiume di champagne!
CARLO – Alle undici di mattina?
MARCO – Alle undici, all’alba! Che ti frega? ti ho chiesto champagne e, dunque, esegui! E lasciami affogare nello champagne! Vai, amico mio, annachiti!
CARLO – (tra sé) Mischinu! Ci nisceru i sensi!
(Carlo esce e rientra subito dopo con un carrello sul quale v’è lo champagne e alcune coppe).
STEFANIA – (a Carlo) Grazie, puoi andare.
CARLO – Sissignora. Signor Marco… io me ne vado… va bene?
MARCO – E vatinni, che aspetti?
CLELIA – (a Carlo) Che vuoi, la benedizione? (Lo spinge fuori).
CARLO – Videmu comu ci finisci! (Esce)
Le donne ridono allegramente e abbracciano Marco, soffocato da baci e carezze. Stefania si avvicina alo stereo. Un attimo dopo, un tango travolgente).
CLELIA – (alza il bicchiere, imitata da tutti) Al nostro felice condominio d’amore!
MARCO – E vai!
(Bevono).
AMANDA – (a Marco) Tango, monsieur?
MARCO – Tango, madame!
(I due si allacciano in un tango appassionato. Tutte balleranno, a turno, con Marco.
Buio.
Durante il buio, compariranno, immobili, spettrali e inquietanti, le figure delle donne che, in singolari posture, si trovano in diversi punti della scena. Le loro voci sono registrate.
AMANDA – Il cerchio va chiudendosi.
CLELIA – E’ caduto nella trappola, come un sorcio alla vista del formaggio.
MARISA – (solo una risatina sinistra).
STEFANIA – Il nostro piano ha superato la prima fase.
(Ancora buio per un istante.
10 –
(Le luci si riaccendono. Carlo è intento a mettere in ordine i bicchieri e quant’altro).
CARLO – Ma dico io, chi hannu ‘nta testa, i bummi? Si bivunu ‘u champagne, di matina?! Mah! A ‘st’ura su’ ‘mbriachi comu li signi! Secondo me, al signor Marco, le quattro signore, ci ficiru barba e capelli! Quelle sono troppo furbe e iddu è ‘npagghiulazzu!
( Entra, cantando allegramente, Marco).
MARCO – Carletto! Siamo caduti...
CARLO - ... in trappola?
MARCO -  Quale trappola? In errore! Siamo caduti nell’errore più grossolano! Mi amano, hai capito? Mi adorano! Al punto che sono disposte a vivere tutte insieme, qui, con me!
CARLO – Tutte e quattro la adorano e hanno deciso di vivere con lei? Mi scusi, ma non capisco pirchì lei è accussì cuntentu. Non aveva detto che se ne voleva sbarazzare subito? Come mai ha cambiato idea, se mi posso permettere?
MARCO – Sì, ho cambiato idea. Del resto, solo i cretini non cangianu idea!
CARLO – Certo. E siccome lei, invece, è intelligente…
MARCO – Ma, insomma, Carlo… com’è ca non capisci mai nenti?
CARLO – E’ che io sono un tipo all’antica e, per farmi cambiare idea, prima mi devono torturare.
MARCO – Allora… ti spiego. All’inizio, ero convinto che mi odiassero... che fossero diventate per me, una palla al piede...!
CARLO – Quattro palle al piede. E che palle!
MARCO – Ma ora, sono completamente sicuro della loro sincerità. La qual cosa non può che farmi piacere. Anzi, ti dirò: questa sorta di amore … multiplo mi entusiasma, mi esalta!
CARLO – E’ proprio sicuro sicuro di questa “sorta di amore multiplo”?
MARCO – Assolutamente sì. Me lo hanno detto e ripetuto mille volte!
CARLO – “Quannu ‘u diavulu t’alliscia, segno che vuole l’anima”. Proverbio inglese.
MARCO – Ca finiscila!  Se ti dico che sono sincere, devi credermi!
CARLO – Le parole cchiù su’ duci, cchiù ti mettunu in cruci. Proverbio cinese.
MARCO – Tagghiala cù ‘sti proverbi! Non mi rovinare la giornata, con la tua ottusa diffidenza. Mi amano e basta! Va bene?
CARLO – Come dice lei.
MARCO - Amano questo maschio forte, bello e appassionato. Mi sembra abbastanza naturale, no? Tango, monsieur?
CARLO – Prego?
(Marco lo afferra e lo costringe a ballare.
Rientrano le donne. sono in costume da bagno, coperto da accappatoio).
11 –
CLELIA – (ironica) E no! Adesso basta con le avventure, chiaro? (Lo bacia) Carletto, se sarai sorpreso ancora a ballare con il signore, ti licenzieremo su due piedi!
CARLO – (imbarazzato) Ma signorina... che sta dicendo? C’è un piccolo malinteso…
MARCO – Dai, scimunito! Non lo vedi che sta scherzando?
CARLO – Sì, va bene ma, certe volte, scherzando scherzando…
MARCO – (ride) Ma vattinni, va!
CARLO – Sissignore. (Esce).
TUTTE – (si tolgono l’accappatoio rimanendo, per qualche istante, in costume da bagno) – Ti piace il mio costume? – E il mio? – Dici che sto bene?
MARCO – Siete favolose!
MARISA – (indugia e, ancora in costume, maliziosamente, corre ad abbracciare Marco) E io ti piaccio, bambolotto?
MARCO – Moltissimo, bambolina!
CLELIA – Va bene, bamboli, ora, basta! Sarà bene rispettare i turni fin dall’inizio.
STEFANIA – Via, Clelia, non mortificarla, poverina. E’ così esuberante...!
AMANDA – No, ha ragione Clelia. Abbiamo stabilito, di comune accordo, un pacchetto di regole che vanno assolutamente rispettate. E, in questo contesto, i rapporti sessuali hanno una cadenza ben precisa e preordinata: proprio per evitare disparità e favoritismi.
MARCO – (sorride compiaciuto e divertito) Organizzazione perfetta! Complimenti. E, visto che io sono parte in causa – entusiasta parte in causa! – desidererei avere qualche ragguaglio.
CLELIA – E’ giusto. Amanda!
AMANDA – (tira fuori un blocchetto e legge) Lunedì, mercoledì e venerdì: ore 21, rapporto con Stefania. Ore 1,30, con Amanda. Martedì, giovedì e sabato, stesse fasce orario, rapporto con Clelia e Marisa. Domenica...
MARCO – Riposo.
AMANDA – No. La domenica, solo una di noi verrà estratta a sorte per passare tutta la notte con te.
MARCO – Non vi pare che abbiate un tantino sopravalutato la mia prestanza nonché le mie capacità di tenuta e di recupero?
CLELIA – Tu sei un uomo semplicemente eccezionale e i tuoi tempi di recupero non possono che essere altrettanto eccezionali!
AMANDA – Verissimo. Tu sei un professionista dell’amore.
MARCO – Oddio, ho solo una discreta dimestichezza nel settore, una sufficiente pratica...
STEFANIA – Sappiamo, sappiamo...
MARCO – E non nego di essere lusingato. Però... (ad Amanda) caro ragioniere, non vorrei tradire le vostre legittime aspettative... e deludervi nel malaugurato caso in cui non riuscissi ad onorare il calendario fino in fondo...
CLELIA – Andrai fino in fondo, puoi starne certo. La modestia non ti si addice.
MARCO – E va bene. Come dice il Poeta: “Qui si parrà tua nobilitate”! Forza, donne! Tutti in piscina, ora! Ho bisogno di rinfrescarmi le idee! (Si toglie l’accappatoio e resta in costume. Le donne  fanno altrettanto) Che giorno è oggi?
MARISA – Lunedì.
MARCO – Sotto a chi tocca, allora!
STEFANIA – Il turno comincerà solo stasera!
MARCO – Chi ha tempo, non aspetti tempo!
(Marco insegue le ragazze che scappano  ridendo. Via tutti.
Lentamente, buio.
 Si risente il tango di prima. La musica pare incepparsi… va in distorsione sui toni bassi, fino a sembrare quasi una sonora “pernacchia”).
12 –
Dopo qualche istante di buio, la scena è rischiarata in modo sinistro, solo dai bagliori dei fulmini. Si sentono i tuoni e lo scrosciare violento della pioggia.
Suonano al campanello d’ingresso. Carlo accorre e va ad aprire. Un momento dopo, si sentono le voci fuori scena).
VOCE DI CARLO – Buona sera, signor notaio.
VOCE DEL NOTAIO – Buona sera, Carlo.
VOCE DI CARLO – Dia a me ombrello e cappotto.
VOCE DEL NOTAIO – Grazie.
VOCE DI CARLO – Prego, si accomodi, signor notaio.
(Carlo entra con il Notaio: un uomo di mezza età).
CARLO – Che brutta serata, vero?
NOTAIO – Serata schifosa! Un tempo infame!
CARLO – Si accomodi. Le signore scendono subito.
NOTAIO – (guarda verso la vetrata) Eh, caro Carletto, così va il mondo! E’ tutto così strano... senza senso...! Mah!
CARLO – Col dovuto rispetto, signor Notaio e non per contraddirla, io penso che un temporale, in questa stagione, sia una cosa normale.
NOTAIO – Ma io mi riferisco al povero Marco!
CARLO – Ah, avevo frainteso. (Sospira)
NOTAIO – Andarsene via così, a trentacinque anni!
CARLO – Allura! La morte, caro notaio, non guarda in faccia a nessuno!
NOTAIO – La morte , caro amico, non guarda neppure il calendario.
CARLO – La morte è una falce e gli uomini sono fili d’erba.
NOTAIO – In questo mondo niente è sicuro, tranne la morte e le tasse.
CARLO – Povero signor Marco! Riposi in pace!
NOTAIO – Amen. (Si sente un tuono) Qui, fra poco, si scatena il finimondo!
CARLO – Ma perché? Pensa che le signore si mettono a fare casino?
NOTAIO – Non ho capito.
CARLO – Lei ha detto che ci sarà “Il finimondo”... per via del testamento, forse...
NOTAIO – Ma io mi riferivo al tempo!
CARLO – Ah, avevo frainteso. (Sospira)
NOTAIO – Bah, pazienza... Siamo tutti nelle mani di Dio. Ma, voglio dire, è successo qualcosa che potesse far presagire questa catastrofe?
CARLO – Sì. Io, per conto mio, ne ero sicurissimo.
NOTAIO – Ne eri sicurissimo?
CARLO – Guardi, notaio, ne ero così sicuro che ho fatto una scommessa col nostro pescivendolo di fiducia. Scommessa che, come vede, ho vinto.
NOTAIO – Ah, ci hai pure scommesso sopra! Ma, dico io, non ti vergogni?  
CARLO – E pirchì? Lui è stato a provocarmi. E com’era convinto!
NOTAIO – Di che cosa era convinto?
CARLO – No, siccome lui ha fatto il marinaio…
NOTAIO – Mi sta facennu ‘nsalaniri! Marco ha fatto il marinaio?
CARLO – Che c’entra Marco?! Io sto parlando del pescivendolo che è fissato di conoscere i venti, le nuvole...
NOTAIO – E... che c’entra il marinaio?
CARLO – Infatti. Gliel’ho detto  pure io che non c’entrava un fico secco. Ma iddu nenti, testardo come un mulo,  a insistere che stasera non avrebbe piovuto.
NOTAIO – Come “non avrebbe piovu…” Ma che sta’ ‘ncucchiannu? Io mi riferivo al povero Marco!
CARLO – Ah, avevo frainteso. (Sospira)
NOTAIO – (guarda distrattamente verso la vetrata) Io, in tutta sincerità, ancora non mi capacito.
CARLO – Sta parlando del tempo o del povero signor Marco?
NOTAIO –  Ma chi ti fissasti col tempo? Mi riferisco a Marco. Non riesco a capire come cavolo sia potuto succedere...
CARLO – Per la verità, signor Notaio, io l’avevo previsto, purtroppo!
NOTAIO – Non è che stai parlando ancora del tempo, vero??
CARLO – No, signor notaio. Mi riferisco proprio alla disgrazia. L’affaticamento, egregio Notaio... il logoramento  continuo e senza sosta… alla fine lo hanno ammazzato! (Si commuove. Si soffia il naso)
NOTAIO – Eh, lo so... Un uomo della sua posizione... Troppo lavoro!
CARLO – Ma quannu mai?! Troppo sesso, caro Notaio.
NOTAIO – Pì daveru?!
CARLO – Sei mesi di sesso!
NOTAIO – No?!
CARLO – Lei ha presente una donna famelica, insaziabile... Decisa – scusi il linguaggio – a spremerti come un limone?
NOTAIO – Sì, va bene ma non capisco...
CARLO – La moltiplichi per quattro e capirà. Ha moltiplicato? Bene. Qual è il risultato?
NOTAIO – Un infarto.
CARLO – Bravo.
NOTAIO – E perciò, le quattro signore...
CARLO – Hanno spremuto come si deve il loro limone e poi l’hanno gettato nella spazzatura.
NOTAIO – Spremi e getta, insomma. Incredibile! E pensare che lo pigliai in giro quando venne nel mio studio – un mese fa, mi pare – per depositare il suo testamento olografo. “Alla tua età, gli dissi, fai già testamento? Che cos’è, un altro dei tuoi scherzi!” Lui sorrise e mi rispose tranquillamente: “Amico mio, al momento, sono in trincea! E in trincea non si sa mai quello che può capitarti”. Dunque, per “trincea”, intendeva alludere...
CARLO – Al letto. E alle battaglie d’amore che era costretto a sostenere senza pause.
NOTAIO – E magari, ora, quelle là s’aspettano un testamento a loro favore!
CARLO – Sicuramente, signor notaio, sicuramente. E’ il  finale che si aspettano. Il signor Marco  - mi deve credere – è stato completamente assoggettato e quindi...
(La conversazione viene interrotta da un lampo accecante e da un fortissimo tuono. Va via la corrente elettrica).
NOTAIO – Perfetto! Ci mancava sulu ‘a luci!
CARLO – Ma lo sa che è veramente curiusu? Qua, la luce non manca mai…
NOTAIO – Ma con questo tempo, può succedere, no?
CARLO – No, non può succedere perché la villa ha un impianto di forza motrice autonomo.
NOTAIO – E si vede che l’impianto si è guastato!
CARLO – In vent’anni, non era mai successo.
NOTAIO - Ho capito, Carlo! Ma, ora, anziché farmi una relazione sull’impianto, pirchì non vai a prendere un lume, una candela…! O dobbiamo stare al buio?
CARLO – No, no, certo… sulu ca non è semplice trovare una candela…
NOTAIO – E non tenete nemmeno una candela, in casa?
CARLO – Ma si ci sto dicendo che, in vent’anni, qua, la luce non è mai mancata…! Comunque, ora vado di là e videmu…  
(Sta per uscire ma si ferma perché, intanto,
  entrano le quattro donne, rigorosamente in nero, ciascuna con un candelabro acceso, in mano. Salutano il Notaio).
13 –
NOTAIO – Buona sera. Lasciate che esprima loro le mie condoglianze più sentite.
TUTTE – Grazie.
NOTAIO – E’ stato doloroso apprendere...
AMANDA – Faccia presto, signor Notaio. Non intendiamo abusare di lei e della sua squisita disponibilità.
NOTAIO – (per un istante incrocia lo sguardo di Carlo) Abusare di me...? No, che dice?... Beh, sì, facciamo in fretta. Devo ancora stipulare due atti, stasera e con questo tempaccio...!
CLELIA – Proceda pure.
NOTAIO – Sì, ecco. (Tira fuori dalla borsa una busta sigillata) Posso aprire?
STEFANIA – Naturalmente.
CARLO – Col permesso delle signore, io mi ritiro...
STEFANIA – E perché mai? Non v’è ragione per cui tu non debba assistere all’apertura del testamento.
CARLO – Va beneì, signora.
NOTAIO – Passo alla lettura del testamento. “Io sottoscritto Marco Anselmi, di mia spontanea volontà e nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, con questo testamento, scritto interamente di mio pugno, per il tempo in cui avrò cessato di vivere, dispongo come segue: nomino eredi universali di tutti i miei beni mobili e immobili le signore Stefania Florio, Amanda Marini, Clelia Di Benedetto e Marisa Pitti...”
CLELIA – Grazie, signor Notaio.
NOTAIO – Non ringrazi me ma il defunto. In ogni caso, non ho ancora finito di leggere. “Lascio, inoltre, l’usufrutto delle mie due industrie – la Anselmi Tessili e la Autoanselmi – nonché della villa di Taormina, attualmente mia fissa dimora, al mio amato e fedele Carlo Spinelli. E ciò in remunerazione dei servigi e della assistenza morale e materiale che il suddetto mi ha sempre prestato con affetto e onestà. Queste sono le mie ultime volontà e non altre. Taormina, 20 dicembre 2014. Firmato: Marco Anselmi”.
CLELIA – Subdolo e traditore fino alla fine.
MARISA – Che cos’è... l’usufrutto?
NOTAIO – E’ un diritto di godimento, signora.
MARISA – Di godimento?
NOTAIO – Nella fattispecie, il godimento di tutti i proventi delle due industrie Anselmi nonché il godimento di questa villa.
STEFANIA – Il che equivale al godimento di circa un milione di reddito annuo.
CARLO – Un milione... annuo… a mmia?!
CLELIA – In parole povere, noi quattro – tutte regolarmente coniugate con il caro estinto – siamo eredi universali di... niente!
NOTAIO – Tutte e quattro... coniugate?
CLELIA – Regolarmente.
NOTAIO – Capisco. Cioè, non capisco. Comunque... mi permetto di ricordare a lor signore che esiste del denaro liquido depositato in diverse banche italiane per un ammontare di circa tre milioni...
AMANDA – Signor Notaio, noi non ne facciamo una questione venale ma di principio.
NOTAIO – Sì, è ovvio… l’avevo capito.
MARISA – E per quanto tempo durerà questo “usufrutto”?
NOTAIO – Fino a quando sarà in vita, Carlo godrà di questo suo diritto. Alla sua morte – mi auguro fra cento anni – l’usufrutto viene estinto e, automaticamente, loro entreranno nel pieno possesso legale e materiale di tutte le proprietà Anselmi.
MARISA – Non ho capito bene però mi fido.
NOTAIO – Grazie.
AMANDA – Abbiamo il dovere di rispettare le ultime volontà del nostro Marco. Complimenti, Carletto!
CARLO – Mi deve scusare, signora... ma, in questo momento, sugnu cchiù cunfusu ca pirsuasu, come sul dirsi. Io non immaginavo, neanche lontanamente che...
NOTAIO – Non mi pare proprio il caso di scusarsi o di vergognarsene! Auguri. Spero, comunque, che, nonostante i milioni, tu continuerai a servire questa casa! O no?
CARLO –Ah, fino alla morte, signor Notaio, fino alla morte!
CLELIA – Ne eravamo certe.
NOTAIO – Bravo! Questo ti fa onore. E adesso, care signore, debbo proprio lasciarle...
STEFANIA – Grazie di tutto, caro Notaio.
NOTAIO – Ma che dice? Sempre a loro disposizione.
STEFANIA – La disturberemo ancora per la successione.
CARLO – Le prendo il soprabito, signor Notaio. (Esce e rientra col cappotto)
NOTAIO – Grazie, caro. (Indossa il cappotto) Buona sera e di nuovo le mie condoglianze più sincere.
TUTTE – Grazie. Buona sera.
NOTAIO – (si avvia) Tempo da lupi!
CARLO – Non si scordi l’ombrello..
NOTAIO – Sì, l’ombrello, grazie. Per ripararmi, mi dovrebbe bastare. (Abbassa la voce) Per  te, invece, altro che ombrello!  Sono convinto che nemmeno con l’ombrellone, sei al sicuro! Si preparano certi mali sirati…! Mah! Speriamo bene. Auguri! (Lancia un’ultima occhiata all’esterno) Tempo da lupi!
(Esce, accompagnato da Carlo che rientra un momento dopo. Un tuono squarcia la casa)
STEFANIA – E bravo il nostro Carletto!
CLELIA – Sembrava solo un alieno mezzo scemo e invece...
AMANDA – E invece, è un uomo vero. Un uomo che sa il fatto suo. Vero, Carletto? (Gli prende la mano)
CARLO – Ma quale “fatto mio”, signora, quando mai …?! Quale uomo vero…! Iù mi sentu pigghiatu d’a bumma! Io non ne sapevo niente, parola mia!
STEFANIA – Ma stai tranquillo… Certo che ti crediamo. E poi, non c’è nulla di male a ricevere in eredità un bel po’ di soldi…! Adesso, Carletto, sei un ricco signore! Come ti senti?
CARLO – Come mi sento… Mi sento, gliel’ho detto, completamente stordito! Perché, vede, io non sono che un anziano maggiordomo, quasi in pensione e basta.
MARISA – Ma lo sai che sei veramente bello? (Gli accarezza la nuca)
CARLO – Sì, va bene… No, no, signorinella… nella nuca, no, perché sono particolarmente sensibile…
AMANDA – Bello? Un vestito è bello o un cagnolino... Carletto è semplicemente stupendo.
CARLO – Non esageriamo… Io, al massimo, posso essere “un tipo” ma no bello!
CLELIA – E invece, sei bellissimo e affascinante!
CARLO – Grazie… troppo buone… ma io, ripeto, sono solo un vecchietto. Magari simpatico, questo sì… ma sempre vecchio sono!
MARISA – A me piacciono i vecchietti!
CLELIA – Soprattutto quando sono ancora  forti e arzilli!
STEFANIA – Altro che arzillo! Carletto è ancora in piena forma… stando alle voci di certe cameriere…
CARLO – Tutte dicerie, signora… non ci dassi cuntu…       
 (Lo svestono rapidamente)
AMANDA - Via questa stupida giacca da maggiordomo! Tu sei il padrone, adesso.
CARLO –Grazie del gentile pensiero, signore mie... ma ora basta! Non mi pare il caso…  Se ci permettete, io voglio rimanere l’umile servitore che sono sempre stato. Non è che un servo, dall’oggi al domani, si può trasformare in padrone! Ci vuole tempo…
CLELIA – Ti abituerai presto. Con un bel milione annuo, tutto diventa più semplice! Benvenuto nel mondo dei ricchi, Carletto!
(Un lampo illumina il salone e un tuono lo stordisce. Si risente il tango di prima).
AMANDA – Tango, monsieur?
TUTTE – Tango, monsieur?
CARLO – (inebetito, terrorizzato e rassegnato) Ca tango!
(Le quattro donne chiudono, in un cerchio di seduzione, l’indifeso Carlo.

SIPARIO