Teresa
monologo di
ANTONIO CARUSO
Scena:
Interno: al centro una Tavola rettangolare imbandita con tovaglia bianca
ricamata e argenteria... due bicchieri, una bottiglia di vino...e un candeliere
con cinque candele. A destra uno specchio coperto da un lenzuolo bianco. Davanti
allo specchio, una valigia. Dietro lo specchio, quasi a ridosso dell’unico
ingresso centrale dal fondo, un mobiletto nero con in evidenza dei carillon. A
sinistra un divanetto coperto da un lenzuolo bianco. Dietro il divano un altro
mobiletto con in evidenza dei carillon. Lei entra con tra le mani una zuppiera
bianca coperta.
TERESA
..Allora, il rosmarino si, il sale ok, pizzico di pepe nero e salvia...e quelli
ci sono. Spero che piaccia speziato. No, perché per essere è speziato. Pure
troppo. (poggia la zuppiera sul tavolo)In compenso, la carne dovrebbe essere
tenera. Ti do del "TU" o del "LEI"? Del "TU", anche se non ti conosco. Perché ti
ho invitato? Per parlare di lui! E di cosa parliamo!? Tu potresti raccontarmi
del vostro amore, della vostra vita sessuale, dei calzini sporchi che lui lascia
sistematicamente in giro, delle partite di calcio che lui deve assolutamente
vedere anche se sta crollando casa... In effetti tutto questo già lo so! Lo
conosciamo bene Luciano, altroché! (urla senza suono, rimanendo per qualche
istante in una posizione che d'ora in poi chiameremo “Urlo di Munch” - rimane
fissando immobile il vuoto) Niente... niente... non è successo niente! E' una
mia esigenza. Cerco di urlare un pò di volte al giorno, ma non ci riesco. Poi mi
sento uno schifo. Tutto sotto controllo. Lo ami veramente?! Non è facile amare
uno come Luciano. Ti do del "tu" o del "lei"? Del "tu", anche se non ci
conosciamo. Non vuoi che parliamo di Luciano? E di che cosa stiamo a parlare? Di
noi... certo, di noi! Scusa, del mio modo di fare, dico... Non ti senti a tuo
agio, vuoi metterti comoda? Non ti ho neanche chiesto se vuoi toglierti il
soprabito...! Puoi levarti anche le scarpe, se vuoi. Guarda, lo faccio anch'io.
(si toglie le scarpe) Ho capito che tu in qualche modo lo ami. Non so, se lo ami
come l'ho amato io...si ama sempre in modo...differente. Dev'essere qualcosa
nello sguardo. Il tuo sguardo! ricorda tanto il mio. Lo sai che anch'io mi sono
innamorata di Luciano per il suo sguardo? Dici che parlo troppo! Si è vero, io
parlo tantissimo, ma so anche ascoltare, per cui, se vuoi, puoi parlare tu.
(silenzio) O parli tu o parlo io basta che parli qualcuno perché io non sopporto
il silenzio. Ok, parlerò io! Ti parlo della mia infanzia!(carica un carrilon dal
mobiletto accanto il divanetto) Un padre, una madre e le mie bambole. Bella,
senza un braccio: la mia bambola. L'avevo trovata per strada, che mamma non
voleva che io la tenessi perché diceva che non bisognava prendere le cose per
strada. Ma io l'avevo trovata... ed era mia. E poi, c'era Cassandra: regalo di
papà. Che il cane dei vicini utilizzava, a volte, come osso da addentare. Papà
mi leggeva le storie di Omero al posto di "Alice nel paese delle meraviglie" la
sera, anzi, quelle poche sere che lui era in casa. Viaggiava sempre, per lavoro.
La mamma era professoressa. Lo sai che sei fortunata tu. Dico... ad avere
Luciano. Puoi stare tranquilla, non c'è niente di male in quello che dico. Non
sono gelosa io. Per prendere sonno, papà mi raccontava le storie di Omero, nella
mia cameretta. Ci riusciva sempre... a farmi prendere sonno. Per me Cassandra
era un pò sfigata. Sai, quando un nome ti condiziona per tutta la vita...
Tagliai i capelli, cambiai i vestiti... Ho aggiunto pure i baffi,con la vernice.
Così che Cassandra ad un certo punto non era più Cassandra, era Milord. Volevo
che Bella avesse qualche compagnetto...bacini, soltanto bacini. Che poi, come
coppia non è che funzionasse molto. A volte, ero costretta ad unirli io per far
si che si baciassero. Milord e Bella non si baciavano mai. Tranne che non mi ci
mettessi io di buona volontà. Ma non potevo esserci sempre io. Certe volte mi
nascondevo e li osservavo. Speravo sempre che si baciassero di loro iniziativa.
Confidavo nei modi eleganti di Milord. Forse non c'era attrazione. (accende la
prima delle cinque candele sul candelabro servendosi di una scatola di
fiammiferi sul tavolo. Le altre verranno accese nel corso della narrazione)
Perché non ho invitato anche Luciano? Volevo conoscere te! E poi, ti figuri
l'imbarazzo? Io sono molto sensibile. A proposito di sensibilità... Da piccola
avevo sviluppato tantissimo il mio udito. Ascoltavo tutto. Ascoltavo la porta di
casa che si chiudeva quando andava via papà. Da quella porta, quando lui andava
via, usciva un rumore sordo e potente. Sembrava che parlasse come un uomo, la
porta. Sordo e soffocato. Potente, perché era come se quel rumore zittisse tutta
la casa e le cose che vi vivevano dentro. Ogni volta che sentivo quel rumore,
rimanevo immobile. Per qualche secondo ovunque io fossi. Qualche secondo... Poi
tutto riprendeva a muoversi. E' ancora presto per andare a tavola. Luciano a
tavola era l'opposto di me...Mangiava poco e lentamente. Io divoro le cose. E
mangio tanto io. Aggredisco il cibo. Lui, lentamente ed in silenzio. Ho avuto un
gatto. Micio. Si chiamava Micio, cioè io lo chiamavo Micio. Conosciuto ad una
festa. No, Micio, Luciano. Luciano l'ho conosciuto ad una festa. Conosciuto
biblicamente, intendo. Un pigiama party. Che poi, perché li chiamano così se
nessuno si presenta con il pigiama? Si, poi abbiamo fatto il bagno in piscina.
T'imbarazzi se ti racconto queste cose? Abbiamo fatto l bagno in piscina.
Nudi... Anche tu hai fatto il bagno in piscina con lui... nudi! Poi mi
racconterai. Comunque ero contenta perché lui mi aveva dedicato la festa. Un
pigiama party, senza pigiama, in mio onore. Io e lui. Io, Luciano l'avevo
incontrato tre giorni prima per caso. Passeggiavo per negozi... sai ogni tanto
mi gira di fare compere. Era un negozio di articoli per il computer... FLOPPY.
Questo era il nome del negozio. Che inizialmente mi sono sbagliata, che mi
sembrava un negozio di articoli per animali. Che so: Floppy, tutto per il tuo
cane...! Lui era lì. Ci siamo guardati. Poi lui mi ha chiesto se desideravo
qualcosa in particolare. Io ho risposto che desideravo lui in particolare. E lui
si è messo a ridere. Ed io pensavo: che simpatico questo commesso. Lui mi ha
detto che era il proprietario. Poi mi ha invitato ad una festa. Non ho
acquistato nulla al negozio, non tengo neanche il computer. Non riesco a
ricordare le feste in casa... per i compleanni miei. Ricordo, le feste delle mie
compagnette, le foto con la torta, con accanto i papà e le mamme e al centro le
festeggiate. Non ricordo foto dei miei compleanni. Ricordo che mamma mi
preparava la torta. Ricordo che piangevo sempre ai miei compleanni. Si vede che
non mi piacevano le torte. Regali? Tanti. Soprattutto quelli di papà. Me li
portava sempre un signore: il postino. Alcuni non li ho mai aperti. E poi, io ho
sempre continuato a giocare con Bella e Milord. E con Micio. Spesso, di nascosto
gettavo i regali ancora confezionati, nella spazzatura, per strada. Li mettevo
fuori della porta di casa, che ogni mattina passava la macchina della nettezza
urbana. Ogni mattina mi svegliavo presto e scostavo le tendine della finestra
per vedere... Certe volte volevo uscire a riprendere le cose di papà ma poi non
l'ho mai fatto. Tutte le mattine... cioè, tutte le mattine che io ricordo,
passava una vecchina. Era bassa. E molto sporca. Una barbona, insomma.
Raccoglieva qua e là... resti di cibo e scatole e quello che trovava. Ogni cosa
la legava ad un filo che arrotolava attorno alla vita. (ride) Era buffa perché
ne aveva diversi di fili... E si trascinava per strada tutti gli oggetti che
aveva trovato. Era sola. E doveva fare tutto da se. Se trovava cibo, lo mangiava
subito ed in fretta. Poteva legarselo e trascinare come per le altre cose... No.
Mangiava subito tutto. Quando lo raccontavo a mamma, lei mi diceva che la
vecchina faceva questo perché temeva che le portassero via quello che aveva
trovato da mangiare. Preferiva conservarlo. L'ultima volta che mi ricordo della
vecchina, lei mangiava quattro o cinque pezzi di roba avanzata, ma il cibo che
portava alla bocca era superiore alle sue possibilità. Qualcosa non dev'essere
filata per il verso giusto perché ad un certo punto ricordo che lei si è
bloccata di colpo, è diventata tutta rossa e si è sdraiata per terra. Da quel
giorno non ho più visto la vecchina. (accende un’altra candela) Luciano era
molto elegante. Anche a tavola. Raccoglieva il tovagliolo con due dita e lo
portava alla bocca per asciugarsi... Ho passato delle splendide giornate con
lui. Si faceva coccolare da me... Fare il bagnetto... Pettinare il pelo...
Togliere le pulci, tutto da me. Che c'entrano le pulci con Luciano...? Ma io sto
parlando di Micio ! Però anche Luciano si faceva fare tutto da me. Organizzavo
la sua giornata ed anche i suoi vestiti li sceglievo sempre io. Papà, vestiva
sempre in completo blu. Camicia rigorosamente bianca e cravatta a righe
trasversali. Spesso accompagnavo mia madre a scuola. Quando ero piccola mi
sembrava che gli studenti di mamma fossero tutti figli suoi e non riuscivo a
capire come avesse potuto farne tanti... Aveva fatto il sessantotto, lei. Era
piena di ideali. Diceva che si è tutti imperfetti, perché essere umani, ed
ognuno di noi doveva guardare all'altro per cercare un punto d'incontro, un
contatto, un confronto. Capire ed accettare. Accettare gli altri cosicché gli
altri possano capire e accettare noi. Lei aveva sempre i capelli puliti raccolti
tutti dietro con una grande forcina colorata. Papà sempre in blu e con i baffi.
Ricordo un Natale che c'era la neve, mi sembra che fosse Natale perché c'era
papà. Io non sapevo che la neve fosse di tutti. Io non lo sapevo. L'ho scoperto
dopo. Prima credevo che cadesse soltanto per me. Come una coperta. Silenziosa e
morbida. E copriva la mia casa, il giardino e l'auto di mamma. Io non potevo
uscire di casa quando nevicava, ero troppo piccola, mamma diceva che prendevo
freddo. Poi una sera senza che lei se ne accorgesse, sono riuscita ad aprire la
porta di casa. Esco fuori e... ho visto che la neve copriva anche le altre cose,
le altre case. In quella occasione la mamma aveva regalato un'altra cravatta a
papà. Non ho mai visto papà mettere le cravatte che la mamma gli regalava. Mamma
regalava sempre cravatte a papà. Lui le teneva tutte ben conservate in un
cassetto, non le voleva sciupare... O forse non gliene importava nulla delle
cravatte di mamma. La neve è di tutti: è stato folgorante per me. Non immagini
la mia sorpresa, quando ho visto con i miei occhi che la neve cadeva uguale per
tutti. La mamma diceva che la neve non faceva distinzione tra razze e categorie
sociali. E' democratica la neve. Cade per tutti. In silenzio. In silenzio mamma
guardava la neve dalla finestra della cucina. Era un giorno di festa... forse
Natale, forse. Non ricordo, ma era festa perché c'era papà. Papà parlava a voce
bassa velocemente. E guardava mamma. La mamma guardava la neve democratica che
cadeva in silenzio. Era sempre in viaggio papà. Aveva un' attività
commerciale... Importazioni, esportazioni. Le poche volte che lui era a casa mi
riempiva di regali. Sempre così ogni volta. Entrava e cominciava a girare per le
stanze con i regali per me tra le mani. "Dov'è la mia principessina ?", diceva.
"Dov'è ?" Io ero là. Avrebbe dovuto vedermi subito. Ero là . E lo seguivo stanza
per stanza. Gli tiravo anche i pantaloni... Sono qua, guardami, sono qua, non mi
vedi? papà ... papà! (silenzio) E lui rideva tanto da tossire. Mi guardava e
rideva e mi dava i regali. Aveva scherzato. Tu preferisci i boxer o gli slip?
Per Luciano, dico. Scusa se sono indiscreta ma io vado per gli slip. Dì pure che
sono all'antica ma per me gli slip conservano un loro fascino. Hai mai avuto un
gatto ? Sono incredibili i gatti. E imprevedibili. Lui, Micio, sapeva sempre ciò
che voleva e ciò che non voleva,come lo voleva e soprattutto quando lo voleva.
Micio era un trovatello. L'ho scoperto un giorno di pioggia che si copriva
vicino casa.Io l'avevo trovato. O forse sarebbe più giusto dire che lui aveva
trovato me. Era bianco a chiazze nere, col musetto nero e la punta della coda
pure nera. Aveva dei lunghi baffi. Quando lo accarezzavo lui si leccava la parte
che le mie mani avevano toccato. Non capivo perché lo facesse. La mia mano forse
era sporca e lui si starà così pulendo!? No. In quel modo lui dimostrava
affetto. Assaporava me, la sua padroncina. Hai mai leccato qualcuno? Io, una
volta, ho indossato i vestiti di papà. Quando mia madre mi ha visto con la
giacca di papà addosso e la sua pipa in bocca, ha pensato che avessi chissà
quali tendenze... No, non credo che l'abbia pensato. Però ci è rimasta un pò
male. Stavo provando anche ad imitare la voce di papà ...ma lei non ha riso. E'
rimasta in silenzio a guardarmi. (urlo di Munch ad occhi aperti) Respirare
lentamente e profondamente... Era un gran piscione, Micio. Si faceva tutto il
perimetro di casa mia... Pisciando. Era contento così. Mamma mi ha spiegato che
lui così delimitava il proprio territorio... una sorta di recinzione per gli
altri gatti. Una dimostrazione di possesso. Io non ci credo. Per me era
incontinente e basta. A modo suo mi voleva bene. Anche se per nessuna ragione al
mondo permetteva che gli toccassi i baffi. Mai mai mai. Aveva dei bellissimi
baffi neri. Io avrei voluto solo rifinirli, per farli crescere bene, in modo
regolare, ordinato. Quella dei baffi era l'unica cosa che Luciano non permetteva
che io facessi per lui. Quando si è rotta Cassandra, cioè Milord, ho pianto per
un mese. Piangevo di nascosto perché mamma non voleva che piangessi... dice che
si piange soltanto se muore una persona cara. Non avrebbe dovuto farlo Milord.
Rompersi, dico. Non era previsto e non doveva succedere. L'ho dovuto buttare
via! Non è vero... dissi che l'avevo buttato nella spazzatura ma i pezzi li
conservo ancora. Un giorno ha deciso. E se n'è andato. Micio. Si. Se n'è andato.
Senza salutare, senz'avvisare. Senza finire di mangiare il pranzetto che io… la
mamma aveva preparato. La mamma lo preparava ed io glielo portavo e così era
come se l'avessi preparato io. I nostri pranzetti a lui piacevano tanto. Specie
lo spezzatino di carne e verdure. Ne andava ghiotto. E finiva sempre per
sporcarsi i baffi. Quando mangiava stava a testa bassa e l'alzava soltanto
quando aveva finito di mangiare e non c'era più nulla nel piatto. Una volta mi
sono messa vicino e ho provato a pulirgli i baffi, che lui non se n'era accorto.
Col tovagliolo, ho pulito i baffi di mio padre. Sono salita sulle sue ginocchia
e ho pulito i baffi che avevano cambiato colore...tanto erano intrisi di cibo.
Mi ha dato un bacio in premio. Io ho dato il mio primo bacio a tredici anni. Non
è stato un gran bacio. Ma è stato uu baciobacio. Lui era brufoloso e con l'alito
pesante. Sono andata dopo a vomitare che mi credevo mi avesse trasmesso chissà
che cosa. E aveva pure i capelli ricci. L'ho fatto soltanto perché ero curiosa
di sapere che cosa significasse baciare. Non durò a lungo. Anzi, non durò che il
tempo di quel bacio. Ho avuto tanti ragazzi al tempo della scuola. A volte anche
uno al giorno. A volte anche più di uno nel corso delle lezioni. A volte... Non
sei sorpresa ? Non ti stupisci? Neanche mamma si stupiva. Rimaneva in silenzio,
non reagiva o forse faceva finta di non sentire. Sono cresciuta con i suoi
sguardi silenziosi di disapprovazione. E' inutile che non rispondi... A papà
faceva comodo questo tuo modo di fare, a me no. Ero curiosa... Lo dicevi anche
tu mamma: "Cerca di essere curiosa del mondo, delle cose, della vita. Almeno
sono stata sempre io a decidere della mia vita. Ti interessa la prima volta? E'
stata con un ragazzo che vestiva bene ma che non mi piaceva particolarmente.
Avevo quindici anni... meno male che lui era più esperto e più grande di età.
Era cortese. "Mi metto sopra o sotto?" Eh? Voglio venire dopo di te!" Ah!... E'
venuto subito. Si è scusato dicendomi che l'avevo fatto eccitare. Ero curiosa ed
ho fatto sesso tutte le volte che ho voluto. E ho voluto spesso, a dire il vero.
Mi divertiva vedere i ragazzi soffrire. Loro volevano prendersi una parte di
me...ed io... Ero invece io a possedere loro. Erano tutti sempre cortesi...Mi
volevano aspettare. Ed io li facevo aspettare. E...aspettavano. Ovviamente lo si
faceva alla luce, non mi sarei mai persa per nulla al mondo lo spettacolo di
quei volti angosciati, tirati allo spasimo...ansiosi ed imploranti. Belli ! Ho
fatto così per un pò di volte... ed a volte ho fatto pure il contrario. Appena
entravano, io ero tutta un bollore, un fremito, un vulcano. Facevo finta di
arrivare subito... Perché? Sara stato crudele ma era divertente. Lo facevo a
cicli. Alternavo la mia crudeltà. Per un pò in un modo, per un pò nell'altro.
Per non annoiarsi. Ciclica, come i miei sogni. Zittazittazitta., che me ne viene
in mente uno. C'è un enorme salone che da su diverse porte, tutte intorno.
Aperte. Le porte sono aperte. Io corro, corro verso le porte che sono tante.
Vado verso una porta e appena mi avvicino ad essa... Sbrangh! La porta si
chiude. E io sono spaventata ma non mi arrendo. Allora vado verso un'altra
porta... e anche quella... Sbrangh! Si chiude. Poi di corsa ad una terza, una
quarta, una quinta porta... Sbrangh sbrangh sbrangh! Tutte le porte si chiudono,
tranne una, in fondo. Ma io lì non ci vado. Non ricordo mai come finisce questo
sogno. (urlo di Munch, coprendosi gli occhi) Respirare profondamente e
lentamente... Mamma non parlava molto con me di papà, ma una volta mi ha detto
che lui sarebbe stato infelice se fosse rimasto con noi. Lui amava un'altra. La
mamma, diceva questo. Perché ti ho invitata? Perché sono curiosa delle cose,
della vita, come voleva mamma. Credi che io sia gelosa? Posso capirti. Luciano
non lo credeva invece. Non ho voluto più nessun gatto, dopo Micio. Lo vuoi
proprio sapere perché ti ho invitata ?! Solidarietà, cameratismo femminile, ti
basta? Lo sai quante persone sono sole al mondo ? Dai...dillo ? Rispondi Prova a
dire un numero qualsiasi... Cento ? Mille? Centomila? Di più! Milioni, miliardi!
E lo sai perché!? Lo sai!? Nooo? Brava, neanch'io. Per tutti gli altri c'era
sempre qualcosa di strano in me. C'era qualcosa che non capivano... Qualcuno
diceva che non c'ero con la testa... altri dicevano che ero troppo calda...
altri troppo fredda. Sempre qualcosa che non riuscivano a definire, in me. Non
avevano capito che loro non andavano bene per me. Non mi appartenevano. Con
Luciano è stato diverso. Tu dirai... Semplice, gli altri non li amavi, lui si.
Non è così semplice. Non lo so se l'ho amato, so che lui, a differenza di altri,
mi apparteneva. Io non ho viaggiato moltissimo... Odio fare la valigia. Non so
mai se quello che metto è ciò che è veramente indispensabile per me. Mamma
quando ero piccola, teneva nella sua stanza una valigia vuota. Non la riempiva
mai. Ogni giorno però, l'apriva, l'osservava e poi la richiudeva. Non le ho mai
chiesto il perché di tutto ciò. Soltanto in seguito, lei, senza che io le avessi
domandato..."Fai sempre in modo di tenere il nulla per te stessa. Meno cose
possiedi e meno ne perderai lungo il viaggio". Papà è andato via che io avevo
sette anni. E non è più tornato. Non so neanche se sia vivo, Mia madre non ha
fatto nulla per impedirgli di andarsene o per farlo tornare... che so, un
fischio avrebbe potuto farlo...! No, non sono cinica. E' l'ironia. E la devo a
mia madre. E' l'unica medicina, mi diceva. "Ti salverà". Da cosa non me lo ha
mai detto. Non ha neanche pianto, quando lui è andato via. Se tra loro qualcosa
non funzionava, lei sorrideva. Oppure diceva qualcosa di buffo, che però io non
capivo. E dopo sorrideva. Quando non sorrideva, restava in silenzio. Come quella
volta di papà. Lei è rimasta a guardare dalla finestra, in silenzio. Io lo so
perché mi ero nascosta vicino alla porta della cucina e la vedevo bene. E'
rimasta a lungo in quella posizione, poi deve essersi accorta della mia presenza
perché disse qualcosa sulla sua arte culinaria e sul fatto che a papà non
piaceva. E si è messa a ridere. (silenzio) A me fa schifo il silenzio. E non
sopporto il buio... odio l'arcobaleno dopo la tempesta, la sveglia del mattino
dopo il sonno, i necrologi dell'ultima pagina del giornale... la parola "Fine"
nei film... La fine. Luciano quando finivamo di fare l'amore, si accendeva
sempre una sigaretta. Dio quante sigarette gli avrei spento sulla fronte. Non ho
avuto un fratellino o una sorellina. Forse mamma l'avrebbe voluto... Ma papà è
andato via prima. Non ho avuto più gatti dopo Micio. E intanto passavano gli
anni e per le bambole ero troppo grande. Hai fame? E' ancora presto. Quando
Luciano è venuto a stare da me, sono stata la persona più felice di questo
mondo. Dopo la scuola sono andata via di casa. Non riuscivo più a sopportare
mamma. Non mi capiva. Ed io non volevo capire lei. Ho fatto un pò di tutto per
pagarmi l'affitto del monolocale che avevo trovato. Era vuoto quel monolocale...
non ho voluto nemmeno i mobili che mamma aveva deciso di darmi. Non era
importante che lavoro facessi, ciò che contava erano i soldi per l'affitto. Con
Luciano ero felice. Luciano era venuto a vivere con me...ed io avevo trovato
pure un nuovo lavoro come commessa in un negozio...il suo. La mattina era bello
preparargli la colazione. Lo imboccavo io. E la notte lui mi copriva con le sue
spalle forti ed il suo corpo elegante. E il giorno dopo lui era ancora lì : a
coprirmi, che quasi soffocavo . (silenzio)
Non parlava troppo Luciano. Però ascoltava benissimo. E poi eravamo insieme
anche a lavoro. Certe volte lui mi rimproverava perché mi distraevo guardandolo.
Non mi stancavo mai di guardarlo. C'era qualcosa nel suo sguardo, qualcosa...
Qualcosa nei suoi modi eleganti. Qualcosa che non riuscivo a capire. Mi credi
matta? Io sono matta, mattissima. Sono cinque giorni che faccio un sogno nuovo.
Sogno che prima è giorno e diventa subito notte e senza luna e senza stelle e
viene Micio ma non è Micio o forse si ma ha le mani grandi di mio padre e gli
occhi pure sono i suoi...e mi guarda ed io lo guardo e dopo non c'è più perché
diventa anche lui colore della notte e sale su di un treno che somiglia alla mia
casa di quando ero bambina... ed io... Non ricordo più niente dopo. Tu, non hai
paura del silenzio...? Io si. Tu no ! Tu non hai paura del silenzio. Il silenzio
ti avvolge e ti lascia senza respiro, come un assassino ti strangola senza che
tu possa reagire... Ti porta a riflettere. Ma se rifletti può succedere che
davanti al tuo specchio, tu veda una lacrima solcarti il viso... (urlo di Munch
, poi inspira vistosamente)Respirare lentamente e profondamente. Uno... due,
tre, quattro... se nella vita non conti non sarai nessuno. Se conti, sarai un
numero, sarai la somma di tutti i numeri che hai contato. Cinque, sei, sette...
Papà, prima di andare via, mi ha guardato negli occhi e mi ha chiesto di
contare. Fino a cento. Io non sapevo contare fino a cento. E gliel'ho detto. Lui
mi fa una carezza sulla testa e mi dice: "Impara a contare, impara in fretta",
Uno, due, tre, quattro, cinque... So contare... contare fino a cento ed anche
oltre e anche di più. Papà... papà... E' andato via. Lui non voleva che restassi
sola... Non voleva che restassi in silenzio. Mi ha guardato, mi ha guardato
negli occhi con quello sguardo... quello sguardo... e mi ha detto: "Se non sai
contare, fai quello che faccio io...Uno, due, tre...ripeti con me... quattro,
cinque"... Contava e sapeva che stava andando via...Venti, ventuno... Contava
perché non avrebbe potuto fare altro... Non avrebbe voluto. Grazie papà. Grazie
a te adesso c'è Teresa che non sa quello che fa perché ha la testa piena di
numeri, che non significano niente. Adesso c'è Teresa che sa che tu sei andato
via solo perché non volevi una figlia, non volevi una moglie. L'altra donna non
è mai esistita. Non poteva esserci perché significava un'altra famiglia... forse
altri figli. E' stata la fantasia di mamma. Per se stessa e per me. Era meglio
credere che tu andassi via semplicemente per una donna piuttosto che dover
ammettere che fuggivi da una prigione. Noi eravamo la tua gabbia. Io non ti
appartenevo e neanche mamma ti apparteneva. Soltanto i numeri appartenevano a
te. Per non pensare. Nient'altro che numeri... E la tua coscienza è a posto.
Mamma perdonami, ti ho odiata inseguendo un padre che non voleva esistere. Per
anni sono riuscita ad evitarlo, a non cercarlo, a non guardare allo specchio, ad
evitare i sentimenti perché pesano...ed il silenzio che pesa più dei sentimenti.
Ho saltato, ho sorvolato abile su tutto. Su di te, mamma, sul mondo, sugli
altri, con la gente che ho conosciuto e che non avrei voluto conoscere... Sul
ragazzo dai capelli ricci e su quelli che dopo di lui sono venuti. Leggera come
una gazzella, ho evitato per essere come tu eri, come tu volevi, mamma. Curiosa
delle cose per non tenere nulla, per aprire e chiudere quella valigia vuota... E
non cercare qualcosa di lui nelle immagini che mi scorrevano avanti. Ho contato
ed era quello che lui voleva. Ho sorvolato perché niente mi appartenesse, mamma.
Mamma, hai preteso, hai creduto di essere divina... Oltre le bassezze...
Superiore a tutto. Ed hai pensato che anch'io avrei potuto esserlo. Povera
pazza...Era semplicemente vendetta... piccola, bassa vendetta. E tu non l'hai
capito. Luciano, il suo sguardo, i suoi baffi, il suo modo elegante... Io ho
tentato di vincere, mamma. Se non avesse avuto gli stessi occhi... lo stesso
sguardo, quello sguardo che mi aveva spogliato di tutte le catene. Ad un certo
punto ha detto che non era pronto, non si sentiva pronto. Voleva tempo. Ma io
avevo capito... Avrei voluto morire ma non potevo. Istinto di sopravvivenza. Ho
capito che lui non voleva appartenermi. E’ andato via...Uno, due, tre,
quattro... (Apre la valigia davanti lo specchio e prende l’abito da sposa
contenuto in essa. Indossa l’abito mentre continua a parlare) Ieri l'ho invitato
a cena, sai ? Vieni...? Si, lo so, hai un'altra storia, un altro amore... Ma io
voglio solo parlare... Almeno questo me lo devi ! Avevo preparato la mia
specialità: spezzatino di carne con verdure. Speziato... molto speziato.
Quaranta, sessanta, sessantotto... Non aveva molta fame ma ha voluto mangiare
qualcosa lo stesso. Gli dispiaceva, ma aveva lo stesso sguardo. Non aveva molta
fame ma è bastato... Molto speziato, ma lui ha mangiato lo stesso. E' la mia
specialità e a lui piaceva. Era molto stanco...stanco, da morire. Aveva molto
sonno. Ho dovuto adagiarlo sul letto... Mamma ho soltanto fatto quello che tu
avresti dovuto fare tanti anni fa. Ho rimboccato le coperte e l'ho lasciato
dormire. Sarà con me, per sempre. No, no, mamma, non puoi sapere quanta
fatica... quant'è grande il peso di tutto questo. Potevo lasciarlo lì, ma
avrebbero fatto di tutto per portarmelo via. E poi, la casa è piccola... non
potevo nasconderlo... tutto intero. Credo sia giunta ora di cena. Ti ho voluta
qua perché tu possa condividere la mia felicità. Dio... quanto ho faticato... se
non facevo in tempo... tutto rovinato. Quando Luciano ed io abbiamo deciso di
vivere insieme, lui mi ha chiesto di non essere mai gelosa. Ed io ho risposto
che non era necessario chiedermelo perché io non lo sarei mai stata. Per
qualcuno la gelosia sarebbe stata normale. La gelosia per me è l'incertezza,
sicuri di nulla tranne di ciò a cui tieni e che perderai, prima o poi. Io so che
non sono gelosa. Non posso esserlo perché da adesso in poi tutto ciò a cui tengo
rimarrà dentro di me, con me per sempre. Quello che sto facendo è ciò che ho
sempre desiderato. Vieni, prendi pure posto. Ho dovuto battere parecchio la
carne perché fosse tenera... Piangi? No, io l'ho fatto anche per te. Settantuno,
settantadue, settantatré... Noi e lui, un'unica cosa... (alza il coperchio della
zuppiera e si sdraia sulla tavola imbandita) Ottantacinque, ottantasei,
ottantasette. L'odore è buonissimo... Novantasei, novantasette... e la carne è
speziata, molto speziata... novantotto, novantanove...Lo senti anche tu il
silenzio ? (affonda la testa dentro la zuppiera).
FINE