To be or not to be

di


M. Letizia Compatangelo


dal soggetto originale di Melchior Lengyel



PERSONAGGI

MEMBRI DEL TEATRO CENTRALE DI VARSAVIA

Ian Tura, prim’attore
Maria Tura, sua moglie, prima donna
Krakov, regista e direttore artistico del teatro
Bromski, attore caratterista
Greenberg, attore caratterista
Stanislaw, primo attor giovane
Rowitch, direttore di scena
Anna, sarta di compagnia e cameriera personale di Maria
Pawel, il piccolo interprete del “signor Kunze”

Dimitri Sabinski, pilota dell’aviazione polacca

Professor Druginsky, spia della Gestapo

Ross, capo del controspionaggio britannico
Dowson , funzionario del controspionaggio

Colonnelo Ehrhard, ufficiale della Gestapo
Shultz, capitano della Gestapo



FIGURANTI:

Macchinisti del teatro, truccatore e altri attori
Piloti della squadriglia polacca della RAF
Funzionario del controspionaggio britannico
Partigiani polacchi
Sentinelle, soldati, e ufficiali nazisti



Atto I

Scena I
La scena riproduce un ufficio nel quartier generale nazista a Berlino. Una scrivania campeggia al centro della stanza, dietro essa due gigantesche bandiere con le croci uncinate. Appeso al muro un grande ritratto del Führer. Seduto alla scrivania un colonnello, in piedi al suo fianco il suo attendente, un tipo lungo e allampanato, e di guardia, ai lati della porta, due soldati.

Colonnello – (terminando di firmare una serie di carte, comincia a contare dei numeri sull’ultimo foglio ) Ventiquattro, venticinque, ventisei... Non erano ventisette?

Attendente – Un prigioniero è deceduto durante l’interrogatorio.

Colonnello – Gente da poco. – E allora? Fate qualcosa, provvedete, o credete che debba pensare a tutto io, o magari (si rivolge verso il ritratto, come a un’immagine sacra) Lui in persona!? Heil Hitler!

Attendente e soldati si irrigidiscono sull’attenti battendo i tacchi e con la mano alzata fanno eco gridando “Heil Hitler!”

Colonnello – (battendo un pugno sul tavolo) Al campo ne abbiamo promessi ventisette, e ventisette devono arrivare! Trovatemene un altro!

Attendente – (chiude e riprende la cartellina, battendo i tacchi) Signorsì, signor Colonnello. Heil Hitler!

Soldati – Heil Hitler!

Colonnello – Heil Hitler! – Cos’altro c’è adesso? Ah, sì! Il signor Kunze.

Attendente – (uscendo con la sua cartellina) Il signor Kunze per il Colonnello! Kunze! Signor Kunze! (rientrando, ai soldati) Cercate e portate qui immediatamente il signor Kunze per il signor Colonnello!

I soldati scattano sull’attenti, sempre con il solito “Heil Hitler!” che pare caratterizzare ogni loro reazione vitale, e si proiettano fuori dell’ufficio, chiamando “Herr Kunze!”. Quindi rientrano con Kunze, che altri non è che un bambino di circa sette-otto anni, tutto fiero e impettito nella sua divisa da piccolo nazista, con un lembo di camicia che fuoriesce dall’apertura dei calzoncini. Evidentemente l’hanno pescato mentre faceva la pipì.

Kunze – (levando il braccio nel saluto) Heil Hitler!

Soldati e Attendente – Heil Hitler!

Colonnello – Heil Hitler! Dunque dunque... ecco il nostro signor Kunze... (si alza e raggiunge il bambino) Sei tu che hai scritto al nostro amato Führer?

Kunze – (irrigidendosi sull’attenti) Signorsì! Heil Hitler!

Soldati e Attendente – Heil Hitler!

Colonnello – Heil Hitler... – Tu hai scritto al nostro amato Führ... (accorgendosi che stanno per riscattare tutti sull’attenti, li blocca con gesto teatrale e l’effetto è comico) perché il tuo papà non ti ha voluto comprare un certo giocattolo...

Kunze – Era il regalo per la promozione, e io ho preso tutti nove, ma lui non ha mantenuto la promessa! Per questo ho scritto al Führer! Heil...

Colonnello – (lo blocca, mettendogli sotto il naso un carro armato giocattolo) E... era questo il giocattolo che volevi?

Kunze – Ooooh! E’ bellissimo...

Colonnello – (paternalistico) Il Führer ha preso a cuore la richiesta di uno scolaro così diligente e ha personalmente ordinato che trovassero il miglior carro armato in commercio. – Lui se ne intende...

Kunze – (non sta in sé dalla felicità, lo esamina e lo rivolta da tutte le parti) E’ l’ultimo modello, con la mitragliatrice che si muove! L’ho sempre sognato!

Colonnello – Tuo padre invece... Lui forse non li ama i carri armati, vero?

Kunze – (impegnatissimo col suo giocattolo) No. Ha detto: qualsiasi altro giocattolo, ma non mi parlare di armi.

Colonnello – Aaah, un pacifista... (occhiata significativa all’attendente, che riapre la cartellina e annota) E forse papà non ama molto nemmeno il nostro Führer, vero? No?... Non è così?

Kunze – No, non gli piace per niente, dice sempre che sembra uno stoccafisso e che secondo lui deve puzzare anche come uno stoccafisso!

Colonnello – Uno stoccafisso, molto pittoresco... e che cos’altro dice, il tuo paparino?

Il piccolo Kunze solleva gli occhi e capisce di essere caduto in trappola. Lo sguardo del bambino si riempie di panico. In quel momento si sente urlare a distanza, a ripetizione, una raffica di “Heil Hitler!”, che mano a mano si avvicinano, sinché la porta si apre e tutti, contemporaneamente, scattano sull’attenti, levando il braccio per il saluto, alla vista di Hitler in persona.

Colonnello – Heil Hitler!

Kunze – Heil Hitler!

Soldati e Attendente – Heil Hitler!

Hitler – (entrando) Heil a me!

Dalla platea si leva una voce imperiosa: è quella di Krakov, il regista, un uomo minuto e nervoso, sprizzante energia benché sempre intabarrato nel suo cappotto, come se avesse costantemente freddo. Capiamo che quella cui abbiamo assistito è solo la prova di uno spettacolo.

Krakov – Alt! Stop! Cos’è questa cosa ridicola?!! (sale in palcoscenico e si avvicina all’attore che impersona Hitler) Bromski, hai idea di cos’è questo? Un copione! E cosa deve fare un attore? Recitare il co-pio-ne! Vogliamo controllare? Forse mi sbaglio io, forse mi è sfuggito qualcosa...

Bromski – La mia era una proposta...

Krakov – Qui dice: “all’improvviso entra il Führer, fa un cenno col capo al colonnello, una carezza sul capo al bambino ed esce seguito dal colonnello”. Dov’è la battuta?

Bromski – Mi sembrava carino rispondere al saluto... educato.

Krakov – Non sei qui per prendere iniziative!

Bromski – (offeso) Io sono un attore, pretendo rispetto per il mio lavoro!

Krakov – Anche l’autore ha diritto al rispetto, questo è un dramma serio, non una burletta! E guarda come ti sei truccato, con quei baffetti! (urlando) Istvan!!! Chiamatemi il truccatore! (a Bromski) Cosa pensi di fare, Charlot?! Non assomigli per niente a Hitler!

Bromski – (punto nell’orgoglio) Gli rassomiglio più io del suo ritratto! Io ho un grande talento per il trucco!

Krakov – Allora non c’è bisogno di immaginare gli altri!

Ian Tura – (l’attore che impersonava il colonnello) Possiamo andare avanti, per favore?!

Krakov – (minacciando un’altra tempesta) Perché, stai perdendo l’ispirazione?

Bromski – (accavallato) Il mio trucco è perfetto e ve lo dimostrerò! Adesso esco, e vedremo se la gente non mi scambierà davvero per il Führer! (scende e attraversa tutta la platea con passo marziale, seguito dagli sguardi curiosi dei colleghi)

Krakov – (basito) Cosa fai?

Bromski – Difendo la mia dignità! Chi viene a vedere?

Krakov – (all’attore che impersona l’attendente) Greenberg, accompagna l’umiliato e offeso... Direttore: multa al signor Bromski per aver abbandonato le prove. – Ma insomma, dove si è ficcato Istvan?!

Maria – (entrando radiosa in abito lungo di lamé) L’ho legato e imbavagliato in sartoria! (gira su se stessa) Guardami Anton, non è meraviglioso?!

Krakov – Che devo guardare?

Maria – Il costume! Per lo spettacolo!

Krakov – (non crede ai suoi occhi) Addobbata così... in un lager?!!

Maria – Un pugno allo stomaco, proprio quello che ci vuole! Un vero effetto teatrale. Pensaci, Anton: i deportati arrivano sfiniti dal viaggio, distrutti, affamati... i cani lupo ringhiano, le guardie urlano... sono terrorizzati, si aspettano il peggio e poi si accende una luce e arrivo io, tutta in lamé!

Krakov – (furioso) Ma sei impazzita, fuori di sentimento o cosa?! Vai immediatamente a cambiarti!

Maria – Ma Anton...

Krakov – Zitta, non una parola di più!

Tura – Scusa Anton, ma non posso permetterti di trattare così mia moglie.

Krakov – Maria è prima di tutto un’attrice! E si sta comportando da scriteriata!

Maria – Sei tu che affliggi con questo spettacolo!!! Perché ti sei fissato col nazismo?!

Krakov – (non crede alle sue orecchie) Perché?! Perché sono al potere, fuori della porta di casa!

Tura – Maria però ha ragione, questo testo è così... Dài, Anton, diciamocelo, è veramente troppo, non ci crede nessuno!

Krakov – E per questo allora tu ti sei messo a fare il guitto, con le gag e le carrettelle! Per alleggerire! (pausa minacciosa) Cos’è, un pronunciamento? Allora?! Qualcun altro ha qualcosa da recriminare?!

Stanislaw, I Attore/soldato – Effettivamente, signor Krakov... lo spettacolo è un po’.... in alcuni punti...

II Attore/soldato – Certe descrizioni ci sembrano un po’...

Stanislaw – Un pochino eccessive, ecco!

Krakov – (allibito) Ma che vi ha preso, a tutti? Siamo sull’orlo di un precipizio e voi... voi avete solo paura di non divertire il pubblico?! Quello che è scritto qui è appena una parte della verità, e l’autore è morto per averla scritta!

Tura – (imbarazzato) No, noi non dicevamo che...

Krakov – (incalzando, esasperato) In Germania non esiste più libertà, né diritto, né civiltà! Solo la volontà di un folle! Che farnetica di ariani e di spazio vitale... e chi si oppone viene deportato o ucciso! Se solo vi deste la pena di informarvi! Ma no, figuriamoci... i miei attori sanno solo preoccuparsi di stupidaggini, di vestiti di lamé... della lunghezza delle battute, di non far ridere abbastanza! Dovreste vergognarvi, voi tradite la missione del teatro! Possibile che non sentiate il dovere di denunciare ciò che sta accadendo in Germania?!

Gli attori sono tutti colpiti, mortificati. Ascoltano a capo chino, in silenzio, quindi Ian Tura prende la parola.

Tura – Noi non pensavamo... non avevamo considerato la questione da questo punto di vista... Non c’è niente da ridere, hai ragione.

Maria – D’ora in avanti faremo come dici tu, Anton.

Ian – Il dovere dell’attore è quello di additare la verità.

Krakov – (ammonendo rabbonito) ... Attraverso la finzione!

Tura – (subito preso dal gioco) Verità o verosimiglianza? Questo è il problema!

Maria – Io andrei a cambiarmi.

Krakov – Bene signori, la prova è terminata. Direttore, domani alla stessa ora, e gradirei iniziare con una prova costumi... definitiva. – Ah, ecco Bromski! Che successo, addirittura i fiori!

Tura – Un omaggio al Führer?

Bromski – (cupo, avanza dal fondo con Greenberg, recando una lussuosa confezione di rose a gambo lunghissimo) Non sono per me.

Greenberg – (solidale con il collega) Ma c’erano cascati tutti, eh! Dovevate vedere che can can, che corri corri, che fuggi fuggi, la gente che faceva ala!

Bromski – (compiaciuto) Non credevano ai loro occhi. Si ammassavano l’uno sull’altro, e dicevano: ma che ci fa Hitler a Varsavia?! E poi...

Greenberg – Una bambina, la figlia della fioraia, viene avanti, piccola piccola, e dice, ma bello forte, eh!: signor Bromski, me lo fai un autografo?

Bromski – (piccato) E’ perché siamo amici di famiglia, altrimenti! (salendo in proscenio) E appena la madre del mostriciattolo mi ha riconosciuto, mi è toccato anche fare il fattorino!

Tura – Meglio dell’imbianchino, no? (ride, ma nessuno capisce la battuta) Be’, Hitler, imbianchino-fattorino...

Bromski – (consegnando i fiori a Maria) Ecco qua: “Per la signora Tura”.

Tura – Ah!

Maria – Per me?!! Ma che gentili!

Con regale nonchalance, fingendo un pizzico di civettuolo stupore, Maria riceve i fiori dalle mani del collega, ma fa sparire furtiva il biglietto di accompagnamento, con grande soddisfazione di Bromski, che le regge il gioco: Tura gli sta antipatico!

Direttore di scena – Signori, prego. Dobbiamo sgombrare il palcoscenico. Tra pochi minuti c’è la mezz’ora. (gli attori escono)

Scena II
La scena comincia a ruotare lentamente su se stessa, mentre i macchinisti smontano le quinte e il fondale dell’ufficio dei nazisti e li spostano in avanti, costituendo un corridoio nel quale stanno ora passando Maria e Ian, che cominciano a salire al piano superiore, dirigendosi ai camerini.

Tura – Insomma, chi è? E’ la terza sera di seguito: stessa confezione, stesso numero di rose, stesso colore... il rosso!

Maria – Sarà un appassionato del teatro... un fanatico dell’Amleto!

Tura – Ma se nemmeno Shakespeare in persona riuscirebbe a sorbirsi Amleto tre sere di seguito!

Maria – Ma qui ci sei tu che reciti, caro.

Tura – Ah, già. (acido) Però le rose non le ho ricevute io.

Maria – Insomma, Ian! Sono la primadonna e ho diritto ad avere i miei ammiratori! “In teatro le donne guadagnano come gli uomini, è l’unico mestiere dove c’è la vera parità!...” L’hai detto tu, alle socie della casa del teatro, ricordi? ... O era solo per farti applaudire?

Tura – (colto in fallo) Io controllo mia moglie, non la primadonna!

Maria – Mi stai sempre sul collo, devi intervenire su tutto, hai da ridire su tutto, anche sull’aria che respiro!

Tura – Questo è il ringraziamento perché mi preoccupo per te!

Maria – E non lo fare! Dimenticami, ogni tanto! Io inizio una dieta, e tu la finisci. Comincio a giocare a bridge, e tu ti iscrivi al torneo, io mi metto a letto con l’influenza... e tu ti fai venire il colpo della strega! Quando avremo un figlio che farai? Ti farai venire le doglie?!

Tura – (buttandola sul romantico) E’ che non posso fare a meno di te...

Ian e Maria sono arrivati al camerino di Maria, entrano. E’ il camerino di una prim’attrice: ampio, accogliente, dotato di salottino con poltrone e chaise-longue. Ian siede alla toilette di lei, praticamente fregandole il posto, e comincia a pasticciare tra i suoi trucchi. Maria alza gli occhi al cielo – come volevasi dimostrare! – e riparte all’attacco.

Maria – (togliendogli di mano le sue matite e boccettine) Vedrai tu come dovrai fare a meno di me, se non la pianti con Amleto! Non ne posso più della parte di Ofelia perché tu... com’è che dici? “non hai ancora raggiunto la pienezza espressiva del giovane principe”... Tra un po’ avrai l’età del padre del “giovane” principe: il fantasma!

Tura – Per gli artisti certi dettagli non contano, il grande Garrick...

Maria – Ma quelli sono inglesi! – Mettiamola così: sono io, solo io che non ho più l’età... E poi, adesso che Sofia si ritira, chi farà Geltrude? La piccola Sonia? Che ha dieci anni meno di me?!

Tura – Essendo mia moglie tu non puoi che fare Ofelia, se io sono Amleto.

Maria – Ma se tu interpretassi qualcos’altro... Anche un altro Shakespeare...

Tura – (politico) Hai qualcosa da proporre? Ne discutiamo con Krakov.

Maria – Ci ho già parlato.

Tura – (seccato) E io naturalmente sono sempre l’ultimo a sapere! - Cosa?!

Maria – (sospira) Una parte stupenda... per non parlare della tua! E’ sempre stato il mio sogno... e Krakov dice che ora sarei pronta per fare Lady Mac..

Tura – (troncandole la parola sulle labbra) No! La tragedia scozzese no! Proprio quella no!

Maria – Che personaggio! (recitando la parte della Lady) Via, maledetta macchia! Via, ho detto! (al marito, impegnato in una serie di scongiuri) Vergogna, mio signore, vergogna! Un soldato che ha paura! Però, chi avrebbe pensato che un vecchio avesse dentro tanto sangue? Senti, Mac...

Tura – (impedendole di pronunciare in teatro il titolo della tragedia incriminata) Maaa! – ma... Ma perché, scusa, ti piace tanto proprio...

Maria – Macb..

Tura – Maaadre! Ci sono dei bellissimi ruoli di madre a mio parere, che...

Maria – Basta adesso, mio signore, o guasterete tutto con questi sussulti... (seria) Anche tu sei convinto che non porti bene. E’ una sciocca superstizione!

Anna – (entrando con il costume di Ofelia ) Oh, eccoci qua. Buonasera, signor Tura. Dovete ancora prepararvi?

Maria – (imperativa, riprendendo a recitare) Lavatevi le mani, mettetevi la vestaglia e non fatevi vedere così pallido.

Anna – (stupita) No, ma non c’è fretta, io dicevo così...

Maria – Sanno ancora di sangue. Non basteranno tutti i balsami d’Arabia a profumare questa piccola mano...

Anna – (rifiatando, sollevata) Ah, è Macbe...

Tura – (impedendo anche a lei la pronuncia del fatidico nome) NO! (le due donne lo guardano come un pazzo) Bbello, sì sì non c’è che dire, bellissimo testo! Io però non lo trovo adatto a noi. Dopo Amleto ci vorrebbe qualcosa di più leggero, di brillante, magari Il Sogno, oppure...

Maria – Wilde.

Tura – (spiazzato) Oscar Wilde?! Non è male. Se hai qualcosa da proporre, potremmo...

Maria – Krakov è entusiasta.

Tura – Sei terribile! Avevi già programmato tutto. E a cosa hai pensato?

Maria – (sorridendo irresistibile) Ma... Il marito ideale, naturellement...

Tura – E io sempre l’ultimo...

Maria – ... a sapere! (lo bacia) Ma l’importante è che tu sia d’accordo, caro... non è così?

Direttore di scena – (bussando) Signori, la mezz’ora.

Tuta – Grazie! - Devo andare a prepararmi.

Si scioglie dall’abbraccio ed esce. Maria estrae di tasca il bigliettino che non ha ancora avuto modo di leggere, ma mentre sta per aprirlo Ian si riaffaccia.

Tura – (indicando i fiori, rimasti vicino alla porta) Di questi parliamo dopo! (richiude la porta)

Anna – (serafica) Ancora il bell’ufficiale?

Maria – (leggendo la firma sul bigliettino) Dimitri Sabinski... Dice che tornerà ogni sera... e che aspetterà sino alla fine dei giorni, purché io accetti di incontrarlo, anche solo per un minuto.

Anna – E dateglielo allora, questo appuntamento! (la aiuta a svestirsi e ad indossare il costume)

Maria – Tu che ne sai che è bello? - E’ veramente tanto bello? Sul serio?

Anna – Ma se lo sanno tutti! Meno vostro marito. Possibile che non l’abbiate notato? E’ sempre lì in seconda fila, sempre allo stesso posto!

Maria – (dissimulando il compiacimento) Ah, quello...

Anna – Io l’ho incontrato dalla fioraia. Che fisico, ragazzi, che sorriso, che occhi! E quando poi ha saputo che ero la vostra cameriera...

Maria – (collegando i due fatti) Ecco da dove è uscita la scatola di cioccolatini dell’altro giorno!

Anna – Ha detto: un omaggio all’ancella, per addolcire la stella! Che simpatico!

Maria – “Sino alla fine dei giorni”... Non dev’essere il tipo che si scoraggia facilmente. Tu che ne dici, Anna? Dovrei incontrarlo?

Anna – Se sì è sì, allora è meglio subito, prima che diventi vecchio e brutto, no?

Maria – Confesso di essere proprio incuriosita! - Ma sì, che male c’è?

Anna – Finalmente!

Maria – Potrei scrivergli di raggiungermi in camerino, ma... devo trovare il modo, un momento in cui Ian non possa piombarmi tra capo e collo come al solito! (si illumina) Il monologo! (scrive e affida il messaggio ad Anna) Mi raccomando, non fartene accorgere. Daglielo prima dell’inizio dello spettacolo!

Buio. Scena III
E’ passato del tempo e la rappresentazione è ormai avanzata: sta per terminare il primo tempo, il che significa il terzo atto del testo shakespeariano. Siamo di nuovo nel back stage, dove Greenberg e Bromski, vestiti da armigeri, stazionano in attesa, parlottando a bassa voce. Sono una coppia singolare: il primo allampanato ed evanescente, paziente e portato a vedere il lato buono delle cose e delle persone, il secondo irascibile e pettegolo, tutto nervi che sfoga in repentini quanto innocui attacchi di furia.

Bromski – No, Greenberg, l’impegno civile non c’entra! Krakov può dire ciò che vuole, ma il testo non mi convince, e poi... Insomma, dopo una stagione passata a portare un’alabarda, credevo di aver diritto a qualcosa di più! Non mi sembra che il personaggio di Hitler – muto! – sia un gran passo avanti!

Greenberg – Ci vuole pazienza... in teatro è così. Anche per me, stare qui ogni sera, per dire dieci battute in tre ore... Ma è comunque un lavoro artistico, no? Siamo fortunati.

Bromski – (acido) Sarebbe artistico se il protagonista fosse un altro! Non per criticare, ma Tura è assolutamente fuori parte.

Grreenberg – Al pubblico...

Bromski – Il pubblico si fa abbindolare! In questo lui è maestro, l’unica cosa in cui sia veramente bravo! “Ron ron ron ron...”! Come gli piace il suono della sua voce!

Greenberg – Ha una bella voce... Forse in qualche punto un po’ compiaciuto...

Bromski – E’ solo un gigione che gode a fare a pezzi Shakespeare tutte le sere. Ma dico! Spezzare il terzo atto per finire con il monologo di Amleto, riprendere al secondo tempo con Amleto e gli attori! Non è più Shakespeare, è l’apoteosi di Tura! Tura über alles! Altro che Hitler!

Greenberg – Ma i cinque atti originali, al giorno d’oggi, non sono più...

Bromski – (interrompendolo) Greenberg, io ti invidio. Non ti capisco ma ti invidio. A te va bene tutto! (aggressivo) Ti sta bene tutto e quindi sei pure felice, giusto?!

Greenberg – Mi stai accusando di non voler andare oltre... (scotendo l’alabarda) questo?! Di non avere aspirazioni?... (misterioso) Sono anni che io studio... e un giorno... chissà!

Bromski – Chissà cosa?!

Greenberg – (con occhi accesi d’amore) Shylock!

Bromski – Shylock?!

Greenberg – Shylock, Il Mercante di Venezia, l’ebreo! Anch’io ho il mio sogno nel cassetto! (tirando fuori a sorpresa il suo lato appassionato, e il testo del Mercante da una tasca, ormai ridotto foglio a foglio) Io ho una mia idea. Ne fanno sempre un carattere, no? Un vecchio laido e ridicolo, oppure un usuraio schifoso e senza cuore, ma non è così! Lui è un uomo che soffre, altrimenti come potrebbe Shakespeare fargli dire (recitando – sottovoce – in modo superbo) “Non ha occhi un ebreo? Non ha organi, statura, sensi, affetto, passioni? [...] Se ci pungete, non sanguiniamo? Se ci fate il solletico, non ridiamo? Se ci avvelenate, non moriamo?!”.

Bromski – Greenberg! (sinceramente ammirato) Quanto sei bravo! Ma proprio bravo! - Dovresti fare tu il protagonista, non quel soggetto in calzamaglia nera!

Grrenberg – (modesto) No, Amleto non è nelle mie corde...

Bromski – Un giorno inciamperò, lo giuro, quando lo portiamo via a braccia! A costo di rompermi una gamba ma inciamperò, per il gusto di farlo rotolare a terra come un salame! – Zitto! Eccolo che viene!

Vestito da Amleto, Tura passa dietro le quinte, sfiorando Bromski e Greenberg. Ha l’aria grave e concentrata, sembra non vederli nemmeno. Ha il teschio di Yorick tra le mani. La scena riprende a ruotare, sino a far coincidere palcoscenico reale e quello della commedia, nel punto in cui Bromski termina la sua prossima battuta. In palcoscenico, intanto, il re Claudio e Polonio stanno recitando le ultime battute della prima scena del III atto.

Bromski – (dando di gomito a Greenberg) A proposito, l’hai vista, la mogliettina? (con la mano fa il gesto del ladro) Ha fatto sparire il biglietto dei fiori come una vera professionista! Chissà con chi gli mette le corna!

Polonio – (accennando ad Amleto) Ma eccolo che arriva. Venite mio signore, nascondiamoci alla sua vista. (escono di scena)

Tura avanza al centro della scena. A dispetto di quella malalingua di Bromski, ha tutto fuorché l’atteggiamento del gigione. Per Amleto nutre un amore totale, e se non fosse per la sua esperienza, lo si potrebbe dire addirittura emozionato nell’affrontare il più famoso monologo del teatro di tutti i tempi.

Tura – (si ferma, rivolto al pubblico, ma assorto) Essere... (fissa il teschio che ha tra le mani) o non essere...

In quel preciso istante, nel silenzio tesissimo e attento di tutta la platea, un aitante ufficiale si alza dal suo posto in seconda fila e comincia a guadagnare l’uscita, inesorabile come una valanga, suscitando più caos possibile tra i suoi vicini, che saranno veri spettatori, per cui ad ogni recita potranno esserci reazioni diverse, da prevedere per quanto possibile.

Dimitri – (frettoloso, a bassa voce) Permesso, scusate, con permesso...

Tura – (si blocca allibito, con il teschio in mano come un mazzo di ravanelli) Questo è... è il... (boccheggia paonazzo) il... (cercando di riprendersi) ESSERE O NON ESSERE!

Dimitri – Mi spiace, signora... grazie, molto gentile... Mi scusi, permesso...

Tura – Questo è il problema! (caricando tutte le parole di doppi sensi all’indirizzo dell’importuno) Se sia più nobile per l’animo sopportare... i sassi e i dardi dell’oltraggiosa sorte o prender armi contro un mare di guai e combattendoli por fine ad essi. Morire – dormire... niente più...

Sempre più irritato Tura comincia a recitare malissimo, stridulo, giungendo alla fine quasi isterico. Buio.

Scena IV
Si accende la luce nel camerino di Maria. E’ vestita da Ofelia e sta cercando di darsi un tono con qualche posa teatrale “naturale” che metta in risalto il suo fascino, senza farsi scorgere da Anna, che la osserva sorniona di sottecchi.

Dimitri – E’ permesso?

Maria – Avanti... (Anna apre la porta con un inchino esagerato)

Dimitri – (precipitandosi a baciare la mano di Maria) Non so dire quanto le sono grato per aver accettato di incontrarmi! Ha fatto di me un uomo felice!

Maria – (cerca di staccarsi per osservarlo meglio) Un’attrice appartiene al teatro... e quindi anche al suo pubblico. Sono io che la ringrazio per i bellissimi fiori. - Devo dire la verità: un appassionato di Shakespeare così assiduo, lo immaginavo diverso, non so... un anziano studioso, desideroso di discutere con me alcuni dettagli dell’interpretazione del testo... (Anna si trattiene a stento dal ridere)

Dimitri – Appassionato di Shakespeare? Sì, della sua interprete più sublime! Maria! Posso chiamarla così? Essere qui per me è un sogno che si avvera, lei non sa quante volte, sin da bambin... (accorgendosi della gaffe) da raga... da sempre! Ho sempre seguito la sua carriera, ho visto tutti i suoi spettacoli! (Anna ride) E non perdo mai una commedia alla radio, quando c’è lei!

Maria – (divertita anche lei) Questa è devozione! Non credo di meritarla...

Dimitri – Se non amassi così tanto volare, accetterei persino di lavare i pavimenti, in questo teatro, pur di starle vicino! (disarmante) La vita è più bella perché lei esiste.

Anna si è persa nella contemplazione di Dimitri, bevendone le parole come se fossero indirizzate a lei. Maria tossicchia, e lei capisce al volo.

Anna – Devo prendere del filo in sartoria. Scusate. (esce)

Maria – (seducente) Quindi l’unico concorrente che devo temere è il volo...

Dimitri – Il cielo! Solo il cielo, forse, può uguagliare la sua bellezza. (ardito e timido insieme, irresistibile) Devo confessarle un segreto.

Maria – Un segreto?

Dimitri – Nella carlinga del mio aereo ho incollato la sua fotografia. Guardare i suoi occhi mentre sento sotto di me la potenza del mio bombardiere che mi porta in alto, in alto, oltre le nuvole... Non c’è niente di più esaltante! (si ferma, fissa Maria) Salvo forse...

Maria – (colpita) Cosa?

Dimitri – Poterla portare veramente con me. Lassù.

Maria – Sul bombardiere?!! (riprendendo distacco e charme) Ma... è possibile?

Dimitri – No, certo che no! Ma sono pronto a infrangere tutti i regolamenti, se lei accetta.

Maria – (lusingatissima) Un’esperienza fuori dal comune... Non credo che molte donne...

Dimitri – (appassionato) Nessuna, mai!

Maria – Sarò l’invidia di tutte le mie amiche. – Accetto. (frettolosa, rendendosi conto dell’ora) Adesso però la devo lasciare.

Dimitri – Domani?!

Maria –Domani. Va bene. La raggiungerò io.

Dimitri – (non sta in sé dalla gioia) Alle dieci? All’aeroporto militare?

Maria – (accavallata) Alle dieci, d’accordo, ma adesso vada via, via! No, passi di qua!

Maria apre una porticina laterale, nascosta dal disegno della tappezzeria, e caccia praticamente fuori Dimitri, al settimo cielo. Entra di corsa Anna, preoccupata.

Anna – Permesso? E’ iniziato l’intervallo! – Ah, è già andato via. (Maria apre le braccia come due ali, giocando a fare l’aeroplanino) E’ volato? Non l’ho visto uscire...

Tura entra come una furia, scaraventando il teschio sul divano. Poi sprofonda afflitto in poltrona, con la testa tra le mani. Maria ovviamente sa il perché.

Tura – E’ la fine, la fine!

Maria – Che succede, caro?

Tura – E’ la fine! (aspetta una reazione che non arriva) E nessuno che ti dia una mano, un conforto, niente! Ogni uomo è solo sul cuore della terra. Questa è la verità. L’amaro calice si deve bere da soli.

Maria – Polonio ha fatto la solita controscena?

Tura – Mai, mai in tutta la mia carriera, uno smacco simile! Via, capisci?! Si è alzato ed è andato via!

Maria – Ma chi?!

Tura – Uno spettatore, e chi altro?! All’inizio di Essere o non essere!!! - Hai ragione tu, dobbiamo smetterla con Amleto. Ma no, bisogna smetterla con il teatro! A che serve buttare il sangue? Guarda come sei ripagato: “permesso, scusi”... e se ne vanno!

Maria – Chi? Non era uno?

Tura – Uno, nessuno, centomila, non essere fiscale! E’ il fatto che conta!

Maria – Ma tesoro, non essere tu assurdo! Che ne sai chi era quell’uomo? – Non lo sai, vero?... – Ebbene, forse si è sentito male, un improvviso collasso, una crisi di soffocamento...

Anna – ... Un “attacco di cuore”...

Maria – (fulminando Anna) Appunto! - Non puoi prevedere tutto, Jan, non sei Dio!

Tura – Non era mai successo.

Maria – Va bene, ma...

Tura – (accavallato) Certe cose in teatro non succedono.

Maria – (accavallato) ... Ma c’è sempre una prima volta! (si accoccola accanto a lui, lo accarezza) Ian, tesoro... Anche se per noi il mondo inizia e finisce qui, in teatro, fuori c’è la vita, con tutte le sue meraviglie e le sue pazzie, il sole... (sorridendo) il cielo! La vita che va come vuole... e non si può pretendere di farla marciare come facciamo noi qui. Non là fuori. Non c’è un copione scritto! (lo bacia teneramente, buio)

Scena V
La prova costumi del nuovo spettacolo è appena terminata. Krakov con il costumista e Rowitch, il direttore di scena, osserva alcuni dettagli del costume e del trucco di Bromski. Intanto Greenberg e gli altri attori, tutti in uniforme nazista, stanno collocando sul palcoscenico un fonografo, molto scenografico con la sua lucida tromba d’ottone. Sempre in silenzio, ad un cenno di Krakov, gli attori vi dispongono intorno alcune sedie, in semicerchio.

Krakov – Ci siamo tutti?

Direttore di Scena – I signori Tura avevano l’intervista in radio, ma avrebbero dovuto essere già qui.

Ktakov – Non importa, iniziamo.

Consegna a Rowitch un disco che maneggia con cura, eppure con sottile ripugnanza. Il direttore di scena carica il fonografo con la manovella e dispone il vinile sul piatto, attendendo l’ordine del regista.

Krakov – Seduti, prego. Il tedesco lo capite tutti, più o meno, giusto? (gli attori siedono incerti, annuendo come scolaretti) Dopo il... ehmmm.... il chiarimento di ieri, sono rimasto a lungo ad interrogarmi, e sono arrivato alla conclusione che... forse.... anch’io vi debbo delle scuse. (agitazione sulle sedie) Dimenticando l’insegnamento dei maestri, vi ho chiamato a un compito che richiedeva una preparazione particolare, che non c’è stata, e ora siamo qui per riparare. – L’interpretazione è un’arte sottile che si nutre di frammenti di vita e che esige studio e introspezione profondi...

Bromski – (sottovoce, a Greenberg) Adesso attacca con Mosca e la scuola russa!

Krakov – Immedesimazione!

Bromski – (c.s.) Che t’avevo detto?

Krakov – Ma ci si può immedesimare nel male? Per quali gradi può avvenire l’identificazione con qualcosa che ripugna e sembra impossibile alle menti normali ma che pure ha già infettato, come peste, milioni di persone? ... “Osservando il nostro oggetto”, insegna il grande Stanislavskij. Nutrendoci delle sue atmosfere, del cibo della sua anima, per poterli ri-creare. (quasi tra sé) Per restituire l’orrore. – Questo non è Zio Vania, purtroppo. (a Rowitch) Prego.

Rowich avvia il fonografo. Nell’aria si diffonde la voce di Hitler, in uno dei suoi discorsi davanti a una folla oceanica che inneggia e applaude. In quel mentre entra Tura, trafelato, infilandosi la giacca del colonnello nazista sopra il suo elegante abito da passeggio.

Tura – Eccomi qua, se la prova costum... (si blocca stupito) Ma che succede?

Greenberg – Hitler!

Krakov – Non interrompere, Ian. Siedi e ascolta.

Bromski – (acido) Ore 16, Stanislavskij. Lezione di immedesimazione.

Entra Maria, ma non fa in tempo a fiatare che viene zittita e fatta sedere. Ascoltano.

Ian – Non mi sembra un grande oratore. Deve avere il diaframma bloccato.

Krakov – (annuendo) E’ possibile. C’è una nota stridula, sentite? Uno strozzamento in ogni parola.

Greenberg – Un individuo che non potrà mai farsi una grassa risata.

Krakov – Osservazione perspicace, Greenberg. (soddisfatto) Questa registrazione ci rivelerà quanto interi giorni di lavoro a tavolino. - Ma non dobbiamo dare giudizi affrettati, altrimenti non arriveremo a spiegarci come e perché quest’uomo sia riuscito a stregare un intero popolo. Ascoltate...

Maria – (tesa nell’ascolto, sottotono) E’ impressionante. Dev’essere una folla immensa... E sembrano tutti in delirio per lui.

Tura – Per forza, chi non applaude finisce in campo di concentramento! (ripensando alla sera prima) Cosa che meriterebbero anche certi spettatori che dico io.

Stanislaw – (indignato) Ma sentite cosa dice! Come possono stare ad ascoltarlo?! No, io mi rifiuto, non può essere reale, questa registrazione è truccata!

Bromski – Mi secca ammetterlo, ma recita meglio di me la sua parte.

Krakov – Ascoltate il respiro, e il rapporto tra le parole, il loro peso specifico, e le pause.

Tura – Sono pause strane. Continua a salire sempre sulla stessa nota.

Krakov – Infatti: la variazione darebbe a chi ascolta la possibilità di rifiatare e quindi di riflettere, il parossismo invece comprime l’energia, che esplode naturalmente nell’applauso (si blocca per ricevere una busta da Rowitch ) ... e nell’urlo... (legge, diventa cupo e molto grave) Signori, è appena arrivato un dispaccio ufficiale del governo: l’ufficio censura ci comunica che il nuovo spettacolo è soppresso. (va al fonografo e lo spegne, tra le esclamazioni stupite e indignate di tutti)

Tura – Soppresso?! Ma com’è possibile, come si permettono! Questo non è il Terzo Reich! Qui siamo in Polonia, e da noi il teatro ha libertà di parola!

Krakov – Non più, a quanto pare.

Maria – E noi non possiamo fare proprio nulla? (tutti la guardano interrogativi) Magari cambiando qualcosa...

Krakov – No. E’ definitivo: lo spettacolo è stato giudicato (legge) “inopportuno rispetto all’attuale politica estera del governo... e pertanto, dati gli ottimi rapporti tra la Polonia e la Germania, onde evitare incresciosi incidenti diplomatici... il nuovo spettacolo è cancellato sine die dalla programmazione di codesto Teatro Centrale di Varsavia”.

Bromski – (velenoso) Peccato. Cominciavo ad affezionarmi al personaggio.

Rowitch – (addolorato) Non era mai successo. Che tempi... che tempi!

Greenberg – Anche la Polonia ha paura di Hitler.

Tura – (levandosi l’uniforme, a Stanislaw) Hai ancora dei dubbi? (va al fonografo, prende il disco, se lo rigira tra le mani) E’ realtà. E’ dentro le nostre vite, ormai, e non possiamo più fare finta che non sia vero. (sospira) Andremo avanti con Amleto... il resto è silenzio.

Tura rimane solo al centro del palcoscenico, mentre la scena ruota su se stessa: un Amleto vestito in abiti del ’39 invece che di foggia elisabettiana, e che al posto del teschio di Yorick tiene tra le mani il disco con le parole di Adolf Hitler. Gli altri attori sono scomparsi. Tura pronuncia con voce bassissima, come una voce del pensiero, le parole del monologo di Amleto sulla paura della morte.

Tura – ... chi sopporterebbe la sferza e lo scorno dei tempi, l’ingiustizia dell’oppressore, l’oltraggio dell’orgoglioso... quando potrebbe egli stesso por fine a tutto con un semplice pugnale? Ma il timore di qualcosa dopo la morte, paese sconosciuto dal quale nessun viaggiatore ritorna, confonde la volontà e ci fa sopportare i mali che abbiamo, piuttosto che volare verso altri che non conosciamo...
Buio.

Scena VI
Luce nel camerino di Maria. Dimitri bussa discretamente ed entra dalla piccolo porticina laterale.

Dimitri – Maria! Non potevo più resistere, contavo i minuti! Stasera sembrava che il monologo di tuo marito non arrivasse mai!

Maria – Dimitri, è la quarta volta! Se continuiamo così gli verrà un infarto! Ieri non so più cosa ho dovuto fare per calmarlo...

Dimitri – E’ molto nobile da parte tua preoccuparti per quell’uomo.

Maria – E’ mio marito, gli voglio bene.

Dimitri – Non dire così, lui non ti merita! – Però hai ragione, non possiamo continuare a vederci in questo modo. Ci pensi, Maria? Lontano da tutti, noi due soli... Faresti di me l’uomo più felice del mondo. (si butta in ginocchio ai suoi piedi, cantando scherzosamente l’aria di Alfredo) “Dei miei bollenti spiriti / il giovanile ardore / ella placò col placido / sospiro dell’amor, dell’amor! [...] Dell’universo immemore... io vivo, io vivo quasi in ciel, io vivo quasi in ciel...”

Maria – (conquistata) Sei proprio un ragazzo... sei tutto matto!

Dimitri – Dimmi di sì! (alzandosi, la stringe a sé dolcemente) Sì?...

Maria – (lasciandosi travolgere per un attimo) Sì... (si baciano)

Dimitri – Allora è deciso. Ci trasferiamo in campagna.

Maria – In campagna?!

Dimitri – In villa, vicino Cracovia, nella residenza estiva della mia famiglia. – Oh, ti adoreranno tutti, vedrai!

Maria – Ma che dici? Io ho un marito, e il mio lavoro...

Dimitri – Per carità! Basta con il teatro! Sei stata già sfruttata abbastanza. Tu devi vivere negli agi, nella bambagia, sei un fiore troppo prezioso e delicato...

Maria – (ribellandosi fiera) Io ho una salute di ferro!

Dimitri – D’ora in avanti, con me, dovrai fare solo quello che ti piace, anche il teatro se vuoi, magari per hobby, ogni tanto.... compatibilmente con gli impegni familiari e i bambini...

Maria – Ma non ci penso nemmeno, questo è il lavoro che mi sono scelta e che amo! E Ian è mio marito, e amo pure lui!

Dimitri – Non ti agitare cara, tuo marito non ti darà alcun fastidio. (si stende sulla dormeuse, compiaciuto, allungando le gambe) Queste sono faccende tra uomini. Lascia fare a me.

Maria – Accidenti a quando mi sono fatta prendere da... Possibile che non riesca a farti capire che io non... Ma mi ascolti?! – E metti giù quei piedi! (entra Anna come un bolide) Cosa c’è adesso?!!

Maria si accorge immediatamente che è successo qualcosa di grave: Anna sembra sul punto di piangere.

Anna – I tedeschi! Hitler! Hanno invaso la Polonia!

Dimitri – (scattando in piedi) Maledetto vigliacco, senza dichiarazione di guerra!

Maria – (accavallato) Quando? Dove?!

Anna – Non lo so, oggi... l’hanno detto alla radio, hanno attraversato il confine. Dio mio... che succederà adesso?

Dimitri – Devo correre al comando. (bacia con passione le mani di Maria) E’ probabile che ci facciano alzare subito in volo, la base è certamente uno dei primi obiettivi. (la guarda negli occhi) Non so cosa darei per non lasciarti...

Maria – Scaccia quei porci dalla Polonia! (Dimitri si avvia per uscire) Dimitri! Stai attento!

Anna – Che Dio ti protegga!

Dimitri – Che Dio protegga la Polonia! (esce dalla solita porticina)

Quasi contemporaneamente, entrando dall’altra porta, tutti i membri della compagnia confluiscono in ordine sparso nel camerino di Maria. Krakov, Greenberg, Bromski, gli altri attori. Sono tutti sconvolti, preoccupati e soprattutto increduli.

Krakov – Lo spazio vitale! Ecco cosa voleva dire! Invadere a tradimento le nazioni pacifiche! (a Maria) Hai saputo?

Maria – Io non riesco a crederci! Com’è potuto accadere? Nessuno ha opposto resistenza?!

Bromski – E’ la guerra lampo. Attacco a sorpresa.

Greenberg – E’ un’azione da barbari!

In battuta sopraggiunge Ian, depressissimo dopo l’ennesimo abbandono della platea da parte di Dimitri durante il suo monologo. Tiene lo sguardo fisso in terra e si accascia a sedere.

Krakov – Perché nessuno ha fatto niente per impedirglielo?! Eppure si erano già avuti dei segnali!

Tura – (ignaro, credendo che parlino del suo smacco) Avete visto, eh?

Krakov – Purtroppo!

Tura – Lo so, avrei dovuto fare qualcosa.

Bromski – (ride isterico) Incredibile! Sentitelo! Cosa volevi fare, fermarlo a colpi di copione, abbatterlo a suon di cantinelle?!

Krakov – Il governo avrebbe dovuto muoversi!

Maria – La Polonia!

Tura – (interdetto) Cara, mi sembra un pochino esagerato... (accorgendosi dell’angoscia di tutti) Insomma, si può sapere che è successo?

Krakov – Non lo sai?! Hanno attraversato il confine, ci hanno invaso!

Anna – (accavallato) I nazisti!

Maria – Sono entrati in Polonia, Ian! E’ la fine!

Tura – Cosa?!! Ma se fino a ieri parlavano di ottimi rapporti diplo...

Il suono lacerante delle sirene gli tronca la parola sulla labbra. In lontananza il rumore di uno scoppio spaventoso.

Tura – Quel che si dice un’interruzione di rapporti diplomatici.

Il rumore delle deflagrazioni si fa più vicino. Anna urla spaventata.

Krakov – Bombardieri! Forse sono i nostri che contrattaccano!

Bromski – Forse sono i nazisti!

Una bomba cade nei pressi del teatro con un boato tremendo.

Greenberg – Forse è meglio scappare...

Rowitch – (arrivando concitato) Sto facendo sgombrare il teatro, ma la gente è nel panico. Krakov, venite ad aiutarmi. - Fuori tutti, voi altri, fuori!

Tura – No, meglio nei sotterranei! Presto! Maria! Lascia stare tutto! Seguitemi!

Tutti gli attori si precipitano fuori, seguendo Ian.

Anna – (uscendo) Dio mio, poveri noi! Si salvi chi può! Poveri noi, poveri figli nostri!

BUIO

Scena VII
L’azione si sposta adesso in Gran Bretagna, a Londra, al quartier generale della Royal Air Force. In una sala per ufficiali, i piloti della squadriglia polacca, la famosa “Division 303”, cantano riuniti intorno al piano. Tra i piloti riconosciamo Dimitri e notiamo un borghese, Druginsky: un uomo maturo, con barbetta curatissima e occhiali, che ha familiarizzato con i giovani connazionali.

Druginsky – (sulle note conclusive) Un brindisi alla Polonia!

Piloti – Alla Polonia!

Druginsky – E ai valorosi amici della squadriglia polacca!

I Pilota – (brinda) Na zdrowie! Alla Division 303! E alla prossima missione!

II Pilota – Na zdrowie! Ripagheremo quei maledetti colpo su colpo!

III Pilota – Che Dio ci conceda di combattere un giorno per la Polonia come oggi combattiamo per l’Inghilterra.

Druginsky – Ma voi state combattendo per la patria, amici miei! Se l’Inghilterra cade, tutta l’Europa sarà nelle mani dei nazisti, e non sarà più possibile fermarli, neanche se entrassero in guerra gli Stati Uniti d’America!

Dimitri – Non credo che oltre oceano se ne rendano conto. Altrimenti non si capisce cosa aspettino.

Druginsky – Per questo Hitler ha teorizzato la guerra lampo: perché lui invece lo sa benissimo! – E per questo il nostro è un grande compito. – Ho detto nostro, scusatemi: io non rischio ogni giorno la vita come voi, sono solo un pedestre uomo di penna.

IV Pilota – Non dite così, professore! Noi partiamo in missione, ma la sera, la notte, ogni volta che torniamo alla base... è un vero conforto ascoltare la vostra voce alla radio.

I Pilota – Sentire parlare nella nostra lingua! E’ aria di casa, mi fa... (vergognandosi del suo sentimentalismo) ci fa sentire meno soli.

II Pilota – (sempre il più animoso) I vostri discorsi sono come bombe! E’ importante sapere che lì da noi la resistenza è viva, che c’è gente che combatte!

Druginsky – (commosso) Voi mi... Io... – Io sono fiero di sapere che anche i miei sforzi di civile sono utili alla causa.

Dimitri – Al nostro amico, il professor Druginsky della Radio Libera Polacca!

III Pilota – E che un giorno ci si possa ritrovare tutti a Varsavia, liberi!

Druginsky – Alla città del mio cuore, alla mia città! A Varsavia!

Piloti – (accavallati) Prosit! A Varsavia! Viva Druginsky! Nasze drowie! Alla Polonia!


Uno dei piloti attacca al piano il motivo di una canzone tradizionale polacca, struggente e trascinante, che tutti conoscono (“L’ultima domenica”, “Ta Ostatna Niedziela”). Cantano in coro, inizialmente con brio, poi sempre più melanconici, attanagliati dalla nostalgia, pensando alla patria martoriata, alle madri lontane, agli affetti dispersi e in pericolo.

Durante la canzone, in proscenio o in altro luogo separato del palcoscenico, in una Polonia ridotta a terra di desolazione e terrore, schiacciata sotto il tallone nazista, i partigiani combattono la loro guerra di resistenza.

V Pilota – (rompendo il silenzio che con un velo di tristezza è calato sulla sala al termine della canzone) Non so cosa darei per sapere come sta mia madre.

II Pilota – Io... (non riesce a proseguire e si soffia il naso rumorosamente)

III Pilota – Quanto tempo ci vorrà...

Druginsky – Mesi, forse anni, cari amici... ma non dovete mai perdere la speranza. Ritorneremo. Ritornerete!

L’aviatore al piano inizia a suonare un motivo di Glenn Miller, che alleggerisce un po’ l’atmosfera.

V Pilota – Anni! E intanto che ne sarà stato della mia casa, della mia famiglia?!

Druginsky – Forse un sistema c’è per farvi avere notizie.

Gli sguardi di tutti convergono su Druginsky. Anche il pianista smette di suonare.

Druginsky – Forse non dovrei dirlo, ma voi siete combattenti polacchi, siete miei fratelli... Ebbene, anch’io sto partendo per una missione: devo incontrare alcuni esponenti della resistenza.– Sì, avete capito. A Varsavia. – Non farei mai niente che possa pregiudicare la missione, ma penso di poter contattare le vostre famiglie, ai loro indirizzi... E portarvi al mio ritorno notizie da casa!

III Pilota – Questo è regalo del cielo! Il Signore ha ascoltato le mie preghiere!

I Pilota – I miei abitano proprio in centro, i Kowalski, a Nowy Swiat, li conoscono tutti!

II Pilota – Non perdiamo tempo, carta e penna, forza! (il IV pilota esce a cercarne)

Druginsky – Non c’è bisogno, ho il mio blocco degli appunti.

V Pilota – Famiglia Konopka, via Targowa... (azzardando) Potreste portare una lettera da parte mia?! Sì?

II Pilota – (facendosi largo con irruenza) Nowak, via Chmielna! Io sono Bolek! Bolek Nowak!

Druginsky – Un momento, un momento, uno per volta!

IV Pilota – (rientrando) Ecco qua! Carta e penne per tutti!

Druginsky comincia a scrivere. I piloti si appartano a scrivere messaggi per i propri cari, quindi si mettono in fila per consegnare lettere e biglietti. Dimitri passeggia nervosamente su e giù, e solo quando tutti gli altri hanno terminato si avvicina a Druginsky. Ma non si risolve a parlare.

Druginsky – Ebbene, amico caro? Voi non avete nessuno da farmi contattare a Varsavia?

Dimitri – Io sono di Cracovia, e grazie al cielo i miei sono tutti in salvo in campagna.

Druginsky – A posto, allora.

Dimitri – Ci sarebbe però...

Druginsky – Sì?

Dimitri – Ci sarebbe una persona, a Varsavia... le vorrei mandare un messaggio. Ma è una faccenda piuttosto delicata.

Druginsky – (complice) Capisco. La signora è coniugata, dico bene?

Dimitri – Esatto. Ma non è solo questo (tono da cospiratore) si tratta di Maria Tura! (attende una reazione che non arriva) L’attrice!

Druginsky – (strizzando l’occhio) Ah, un’attrice! Una persona molto speciale allora, n’est-ce pas? E cosa volete che le riferisca da parte vostra?

Dimitri – Solo questo: “Essere o non essere”. Lei capirà.

Druginsky – (appuntando sul suo block notes) Essere o non essere... – Come avete detto che si chiama, la vostra amica?

Dimitri – Maria Tura!

Druginsky – (Annotando) Maria Tura... E dove posso rintracciarla?

Dimitri – Ma... a Varsavia, a teatro! Tutti conoscono Maria Tura! Non avete detto di essere di Varsavia?

Druginsky - Come no, ma certo, che sciocco... La grande Maria Tura! Tutti conoscono Maria Tura a Varsavia. – Bene, amico caro, ora è tempo che vada. (avviandosi all’uscita) Addio, amici, e buona fortuna a tutti noi!

Piloti – (contemporaneamente) Arrivederci, professore! Tornate presto! Grazie! Salutateci la Polonia! Arrivederci! A presto!

Druginsky esce e i piloti riprendono a scherzare, cantare e chiacchierare rallegrati. Dimitri si stacca dal gruppo e si allontana, “entrando” nella scena seguente, dove lo vediamo che attende compìto in un’anticamera, rigirandosi il berretto tra le mani. Da un attendente viene introdotto in un ufficio, a colloquio con un alto graduato dei servizi segreti militari britannici.

Scena VIII

Ross – Dunque, tenente Sabinski... Lei ha chiesto di conferire con i servizi segreti della Corona per questione della massima importanza strategica e militare... Sentiamo!

Dimitri – Capitano, io credo che sia effettivamente tale. Me ne assumo la responsabilità.

Ross – Dunque!

Dimitri – Questo pomeriggio, con i compagni di squadriglia, stavamo passando il tempo in attesa del comando per la prossima missione, quando si è unito a noi il Professor Druginsky. Suppongo che lo conosciate.

Ross – E’ un oratore... alquanto infiammato, direi, della radio libera polacca.

Dimitri – Appunto. Dice di essere di Varsavia, e di averci vissuto sino a poco tempo fa... ma parlando con lui ho capito che non è così, perché non è possibile vivere a Varsavia e non conoscere Maria Tura!

Ross – Prego?!

Dimitri – Maria Tura è una grande attrice di teatro, famosissima. E invece era lampante che Druginsky non l’aveva mai sentita nominare!

Ross – Forse non è un amante del teatro! (seccato) Tenente Sabinski, non vedo come una questioncella del genere possa avere rilevanza per i Servizi.

Dimitri – Ma Maria Tura è una specie di istituzione nazionale, la più amata dai polacchi, la conoscono anche i bambini! Per questo quando, come gli altri compagni, ho chiesto anch’io a Druginsky di portare il mio messaggio a Varsavia....

Ross – (cambiando di colpo) Un momento! Cosa c’entra Varsavia?!

Dimitri – Druginsky ci ha confidato di doversi recare in missione a Varsavia. Eravamo tutti un po’ rattristati, sa, la nostalgia per la casa lontana, l’ansia per i familiari... e allora lui si è offerto di contattare per noi parenti ed amici. Così tutti gli hanno affidato una valanga di lettere e messaggi con tanto di nomi, cognomi e indirizzi. Solo io, che non sono di Varsavia, gli ho chiesto di portare il mio messaggio a Maria Tura...

Ross – E quando ha capito che Druginsky non l’aveva mai sentita nominare...

Dimitri – Ho cominciato a sospettare! Di certo non ha mai vissuto a Varsavia. E chissà se è veramente ciò che dice, se è un esule... e soprattutto se è un polacco!

Ross – (pigia un pulsante del telefono sulla scrivania, si ode subito una voce: capitano!) Dowson, porti subito l’incartamento Druginsky. Chi lo ha istruito? Vi voglio nel mio ufficio tra trenta secondi! (pigia un altro pulsante, un’altra voce: comandi!) Cercate il Professor Druginsky, pare sia in partenza per la Polonia, dovete bloccarlo con ogni mezzo e portarlo qui immediatamente!

Dimitri – Allora è proprio grave come temevo.

Ross – Parlando con voi Druginsky si è scoperto. – Perché un agente incaricato dai servizi segreti svela l’obiettivo della propria missione – e magari anche gli scopi...

Dimitri – Entrare in contatto con esponenti della resistenza.

Ross – (annuisce pensieroso) Dunque! Perché senza uno scopo ulteriore, capace di portare maggior vantaggio, ovvero l’unico reale vantaggio?! Perché sta facendo il doppio gioco.

Dimitri – Un agente tedesco!

Ross – Della Gestapo, sicuramente. Sono i più bravi, ormai. Ci stanno dando parecchio filo da torcere. Fingendosi un esule polacco per tanto tempo Druginsky l’ha data da bere a tutti, anche a voi polacchi... se non fosse stato per la “grande, grande attrice Maria Tura”! – Tenente, le debbo delle scuse.

Dowson – (bussa ed entra con Plancet) Ecco l’incartamento Druginsky. Planchet ha seguito la pratica.

Squilla il telefono sul tavolo del capitano Ross, che risponde e ascolta.

Ross – Capisco. Più pericoloso di quanto immaginassi. Bene, tenetemi informato. (riaggancia) Signori, Druginsky ce l’ha fatta, in barba a tutti noi. Deve aver intuito d’aver compiuto un passo falso, ed ha anticipato la partenza. Un volo per la Svezia... Sarà in territorio nemico prima che si riesca ad intercettarlo. E da lì prenderà sicuramente un altro volo per Varsavia.

Dimitri – Bisogna bloccarlo! Tutti i miei compagni hanno parenti e amici tra i partigiani!

Ross – Lei dimentica il peggio: i contatti che noi stessi gli abbiamo fornito! (ai suoi) Il tenente ha ragione. Druginsky dev’essere eliminato immediatamente. Bisogna informare i nostri omologhi in Polonia. – Abbiamo una foto?

Plancet – (estraendola dall’incartamento) Eccola.

Ross – Faremo paracadutare un agente questa notte stessa: è l’unica speranza di prevenire Druginsky ed evitare che consegni le informazioni alla Gestapo.

Dimitri – Capitano, mandate me!

Dowson – Se posso permettermi, il tenete è un pilota, non un agente esperto di lavoro sul campo.

Dimitri – Sono polacco, conosco Varsavia e posso muovermi più rapidamente!

Ross – D’accordo. Non c’è tempo e i nostri agenti sul fronte orientale sono tutti impegnati. (fa un cenno a Dowson)

Dowson – (glaciale, impartisce le istruzioni) Inseriremo la fotografia nel romanzo di Dostoevskij Delitto e Castigo. Con esso lei si recherà alla biblioteca della stazione centrale. Sarà il signor Brazinski e chiederà in prestito il romanzo Anna Karenina. Il bibliotecario farà finta di controllare e dovrà dire che sulla vostra scheda risulta da restituire Delitto e Castigo di Dostoevskij. – Solo allora lei consegnerà al bibliotecario il volume con dentro la fotografia, quindi ritirerà Anna Karenina ed uscirà. E’ tutto.

Ross – Una volta in possesso della fotografia, la resistenza provvederà ad eliminare Druginsky immediatamente. (a Dimitri) Non crediate che sia un compito semplice. La contraerea tedesca è spiacevolmente efficiente e l’aereo non potrà avvicinarsi alla città: ammesso che tutto vada bene, una volta atterrato dovrà attraversare chilometri di territorio controllato dal nemico.

Dimitri – Ce la farò.

Ross – E’ quello che tutti ci auguriamo, tenente. Buona fortuna.

Buio. L’oscurità è lacerata dal fuoco della contraerea, il silenzio dal crepitio delle mitragliatrici. In controluce la sagoma di un uomo che atterra con il paracadute, voci imperiose e concitate che strillano ordini in tedesco, cani che abbaiano, torce che fendono il buio. L’uomo sta per essere catturato. Buio.

Scena IX
Varsavia. - In proscenio, Maria esce dal portone di casa, in un condominio fatiscente. E’ molto diversa dalla “diva” che abbiamo visto in precedenza, struccata e vestita in modo molto dimesso. Ha un’aria seria, molto tesa, e maneggia con estrema attenzione un volume dalla copertina scura: lo apre, controlla che una fotografia stia ben nascosta al suo interno, quindi esce rapida, percorrendo il corridoio di platea.

Intanto al centro del palcoscenico sta avanzando Greenberg, trascinando un sacco pesantissimo, pieno di carbone. Sulla sua giacca, troppo leggera per il gelo dell’ inverno, spicca una stella gialla a sei punte. Lo raggiunge Bromski, con una bottiglia calda tra le mani. E’ vestito da ferroviere.

Bromski – E’ancora caldo. Un po’ di the... zucchero niente, purtroppo!

Greenberg – Perché te ne devi privare!

Bromski – Allo scalo ferroviario c’è la mensa. Bevi! Riscaldati un po’. (fa per prendere il sacco) Dài qua, lo porto io.

Greenberg – Se viene un controllo...

Bromski – Faremo finta di litigare, come l’altro giorno. “Questo sporco ebreo mi ha urtato con il suo sacco merdoso!”. – Che te ne pare?

Greenberg – Molto convincente. – Però cerca di picchiare un po’ più piano, la prossima volta.

Bromski – Scusami! Quando recito mi faccio prendere la mano. E’ che c’ho una rabbia dentro! – E molla questo sacco! (glielo tira in malo modo, il sacco finisce in terra e lui comincia a prenderlo a calci) Maledetti schifosi di merda! Oggi il carbone, ieri la neve gelata da spalare, l’altro giorno scaricare l’immondizia...

Greenberg – Non ci sono altri lavori per gli ebrei.

Bromski – Mi importa un cavolo a me, se un Dio è circonciso o no, io mi domando che Dio è quello che permette tutto questo!!!

Greenberg – Dio forse lo permette, ma sono gli uomini a farlo.

Bromski – Ieri allo scalo uno che conoscevo si è gettato sotto al treno. Aveva aiutato due ebrei a scappare e da allora non viveva più, era convinto che il vicino l’avesse denunciato per prendergli il posto. Sai, da noi almeno si mangia.

Greenberg – Ed era vero?

Bromski – (annuisce cupo) Ma non dura molto allo scalo, quello là, te lo dico io! Un giorno o l’altro gli capita un brutto incidente!

Greenberg – Ho paura che il peggio debba ancora arrivare. Al ghetto si sentono certe voci... Gente che sparisce... puff! Volatilizzata. Come mai esistita. Siamo già fantasmi. Fantasmi che camminano, con una stella gialla.

Bromski – (preso dal filo del suo pensiero) Sono cose che colpiscono, no? Uno si mette a riflettere... - Io mica lo sapevo, prima, che eri ebreo, e anche adesso non capisco la differenza... – Certo che Shakespeare era un genio. Oh, Greenberg, dico a te! – Shylock, te lo ricordi? Com’è che faceva?

Greenberg – Lascia stare. Non ci voglio pensare più, mi fa male. Per me recitare è vietato.

Bromski – E perché, noi possiamo? La gente non ha più nemmeno gli occhi per piangere, figurati per venire a teatro! E comunque l’hanno chiuso, con la scusa del bombardamento. – Facciamo una cosa: io ti porto il sacco e tu in cambio mi reciti quel pezzo, che così ti tieni pure in esercizio. (di nuovo gli prendono le furie, che sfoga a calci sul sacco) Perché finirà, finirà questa guerra di merda, prima o poi! E noi riapriremo il teatro, alla facciaccia loro, e reciteremo di nuovo insieme!

Greenberg – (sospirando) Sarebbe bello...

Bromski – (esausto, crolla a sedere sul sacco) L’hai detto! A ripensarci oggi, mi sembra bella persino la recitazione di Tura!

Ridono piano, Bromski si alza e carica il pesante sacco in spalla.

Bromski – E io che per mesi mi sono lamentato di portare un’alabarda! Oh, ma quanto pesa quest’affare?... (incamminandosi) Allora, come fa? Recita per me, Greenberg!

Greenberg – Solo un pezzetto. (incamminandosi) “Non ha occhi, un ebreo? Non ha mani, organi, statura, sensi, affetti, passioni? Non si nutre anche lui di cibo? Non sente anche lui le ferite? Non è soggetto anche lui ai malanni e sanato anche lui dalle medicine, scaldato e gelato anche lui dall’estate e dall’inverno, come un cristiano? [...]”.

Bromski ascolta l’amico annuendo pensoso ad ogni frase, mentre sbuffa e arranca sotto il sacco. Escono.

Scena X
Cambio scena: elegantissimo salottino in una suite del Grand Hotel di Varsavia. In piedi, tra due soldati tedeschi, Maria attende. E’ spaventatissima, ma cerca di sorridere per dissimulare la paura. Anche adesso ha con sé un libro, rilegato però con una vistosa copertina rossa. Cerca di infilarlo in tasca. Dalla porta lasciata aperta si nota un via vai di uomini in uniforme nazista.
Si apre la porta interna e fa il suo ingresso Druginsky, alla cui vista i due soldati scattano sull’attenti. Maria nel vederlo sobbalza, riconoscendo il lui l’uomo della fotografia che, come si è già capito e comunque si dirà poi, ha portato proprio lei alla biblioteca.

Soldati – Heil Hitler!

Druginsky – Heil Hitler! – ...Madame Tura, n’est-ce pas?

Irrigidita dal terrore, Maria si sforza di chinare signorilmente il capo.

Druginsky – Molto bene... (con un cenno congeda i soldati, che escono chiudendo la porta) Credo di dovervi innanzi tutto porgere le mie scuse per il modo diciamo... poco cerimonioso con cui siete stata convocata. Permettete? Professor Albert Druginsky. (le fa il baciamano)

Maria – Lieta... In effetti i vostri soldati non mi hanno lasciato molta scelta.

Druginsky – Me ne rammarico, ma come comprenderete, la situazione non ammette perdite di tempo, a nessun livello. (invitandola a sedere insieme a lui su un divanetto) Prego...

Maria – La guerra lampo esige uomini decisi...

Druginsky – (colpito) Vedo che comprendete. – Ed io comincio a comprendere un certo aviatore incontrato a Londra... Sabinski. Dimitri Sabinski. Cosa sapete di lui?

Maria – Nulla che un uomo come voi non sappia già. Prima dell’inva... prima di tutto questo, veniva spesso ai nostri spettacoli. Amava molto il teatro.

Druginsky – Il teatro... Siete molto modesta o molto prudente, cara signora. – Ma veniamo a noi. Il tenente Sabinski mi ha incaricato di riferirvi un messaggio alquanto sibillino... qualcosa che soltanto voi potete comprendere: “Essere o non essere”.

Maria – Essere o non essere?

Druginsky – Tutto qui. - Ha l’aria di un messaggio in codice.

Maria – (temendo il peggio, con una risatina civettuola) Caro professore, avete ragione, confesso! E’ proprio un messaggio in codice, anche se non credo siano cose che possano interessare... un agente della Gestapo, n’est-ce pas?

Druginsky – Adoro le donne intelligenti. E dunque, questo segreto?

Maria – Come vi ho detto, prima della... prima di tutto questo... io facevo l’attrice. Il tenente era uno dei miei ammiratori, ma molto, molto tenace... E così un giorno – una volta sola! – l’ho ricevuto in camerino... (ride “birichina”) proprio mentre mio marito recitava il monologo di Amleto! “Essere o non essere...” – Naturalmente la mia sarta è stata presente per tutto il tempo.

Druginsky – Naturalmente... (squilla il telefono) Vogliate scusare. (va a rispondere) Pronto... Sì, ho chiesto io il Quartier Generale della Gestapo. – Pronto! Sono il professor Druginsky. Per il Colonnello Ehrhard. – Pronto? Colonnello... Anche per me è un piacere sentirla. – Ho con me tutte le informazioni. – Sì, ho anticipato l’arrivo di un giorno – una serie di coincidenze... - No, non si preoccupi, mi sto godendo l’aria di Varsavia, e sembra molto piacevole... - Certamente, domani mattina va benissimo, nel suo ufficio, d’accordo – No... non credo proprio che mi annoierò... – (fissando Maria) l’ospitalità polacca è rinomata nel mondo... – A domani, Colonnello... Heil Hitler!

Riaggancia il ricevitore e torna a sedersi accanto a Maria.

Druginsky – Vi chiedo scusa. Lavoro, lavoro, sempre lavoro! Ma è per la causa, e questo mi riempie di energia!

Maria – Gli uomini con ideali superiori sono diversi, possiedono un fuoco dentro... mentre la vita degli altri scorre come “una favola raccontata da un idiota, tutta rumore e furia... che non significa nulla”!

Druginsky – Bello. Un alto concetto.

Maria – Veramente non è mio. E’ Mac... – E’ Shakespeare, la famosa tragedia scozzese. Atto quinto.

Druginsky – Ah sì? Eh beh, ogni tanto possono dirne una giusta anche in Scozia! Ma torniamo a noi... In questo periodo non state recitando?

Maria – Il teatro è stato chiuso e ognuno ha dovuto trovarsi un altro lavoro. Io faccio la commessa, mio marito l’aiuto cuoco. (risatina) Almeno non moriremo di fame. (fa per alzarsi)

Druginsky – (accennando al libro che esce dalla tasca di lei) Un’artista però non rinuncia mai al cibo dell’anima...

Maria – (ostentando indifferenza) Porto sempre da leggere quando vado al lavoro in tram. – Professore la ringrazio per il disturbo, ma ora dovrei andare.

Druginsky – (leggendo il titolo) «Anna Karenina»... Una storia romantica.

Maria – (fissandolo negli occhi) Assolutamente.

Druginsky – (eccitato) Maria, io potrei fare molto per lei. La smetta di sprecare la sua bellezza e il suo talento... Una donna come lei che fa la commessa! Io potrei farle ottenere subito un lavoro alla nostra radio. Far riaprire il teatro... Il Terzo Reich apprezza le persone di valore. Potrebbe avere una vita molto, molto più confortevole – se solo decidesse di unirsi a noi.

Maria – E’ una proposta inaspettata...

Druginsky – Ormai tutta l’Europa è in mano nostra. Orizzonti infiniti si aprono per chi ha il coraggio di guardare in faccia la realtà, e di buttarsi dietro le spalle quella marea di stupide norme e insulse convenzioni, create solo per tenere buoni gli imbecilli!

Maria – (tornandogli seduta molto vicina, provocante) Professore... sbaglio, o lei vuol fare di me una spia?

Druginsky – (compiaciuto) Un’ipotesi interessante, n’est-ce pas?

Maria – Ma io sono un’attrice.

Druginsky – Mata Hari era una ballerina.

Maria – Non è finita fucilata dai francesi?

Druginsky – Lei è decisamente più intelligente, mia cara, e avrebbe in me un buon maestro.

Maria – (sorridendo seducente) E’ molto allettante. Soprattutto se sarà lei il mio Pigmalione.

Druginsky – (con aria galante e sicura di sé) Sarei orgoglioso di mostrarle i lati migliori del nazionalsocialismo! Mi dia retta, Maria, ne approfitti e salga sul carro del vincitore, adesso!

Maria – (fingendo di resistere a stento ad una forte attrazione) Lei è un apostolo veramente travolgente, mi ha fatto intravedere la vita sotto una luce nuova! – Ma come lei ha perorato per me la causa del nazionalsocialismo nel più convincente dei modi... io vorrei impersonare per lei la Polonia... in una veste più... adeguata.

Druginsky – Non vedo l’ora! Vogliamo fare stasera, alle sette, qui da me? Farò mettere in fresco il migliore champagne.

Maria –Champagne! (ammiccando maliziosa) A qualcosina di buono serve anche la Francia, allora... n’est-ce pas? – A più tardi! (apre la porta, ma ritrova i due soldati che le sbarrano il passo)

Druginsky – Lasciate passare la signora. – Vuole che la mandi a prendere con una macchina? (la fissa negli occhi) No... per adesso è meglio di no, ho indovinato?

Maria – Mi ha letto nel pensiero.

Druginsky – A stasera, allora, cara signora.


Scena XI
Ian Tura rientra stanchissimo a casa dal suo turno di lavoro in cucina. Meccanicamente, durante la battuta seguente, accende la lampada, poggia un cartoccio con del cibo sul tavolo, si leva guanti, cappello e cappotto, mostrando il grembiulone bianco che ha ancora allacciato sotto, e getta sulla sedia un cappello da cuoco.

Tura – Maria... Maria, sei in casa? – Non c’è mai a quest’ora. Mai prima delle sette, sette e mezza... – Certo che ci vuole una fantasia, per chiamarla casa, questa spelonca. E già va di lusso, che non siamo finiti in un sottoscala, quando ci hanno requisito la nostra! Perché il rischio c’era, eh! Diciamolo: che si può inventare un povero cristo che per tutta la vita ha fatto solo il prim’attore, quando gli chiudono il teatro? - Cinema? Non ce n’é. Radio? Eh no! No no no no, Ian Tura a lavorare per il nemico non ci va!

Siede sul bordo del letto per togliersi le calosce, e solo adesso si accorge che nel suo letto c’è qualcuno: scatta su come una molla, sorpreso e spaventato. Istintivamente agguanta dal tagliere del pane sopra il tavolo un lungo coltello e in questa mise stile macelleria si riavvicina guardingo al letto. Scruta il viso dell’uomo che dorme, prima da vicino, poi allontanandosi, poi di nuovo a un palmo dal naso.

Tura – Chi sei... Questa faccia non mi è nuova. Dov’è che ti ho già visto... Che ci fai a casa mia, nel mio letto... (correggendosi, scandalizzato) Nel nostro letto! Che ci fa un uomo nel nostro letto?!! – Ehi, dico a te! (Dimitri non reagisce, allora cerca di scuoterlo) Signore! Questo è il mio letto, lei sta occupando abusivamente il mio letto! Che faccia di... bronzo! In piedi!

Per tutta risposta Dimitri emette un mugolio di fastidio e si rigira nel letto, mettendogli un braccio al collo. Da quella posizione ravvicinata, come in un lampo, Ian ha un’idea: si divincola e fa un passo indietro, schiarendosi la voce.

Tura – Essere... o non essere, questo è...

Ian non fa in tempo a terminare la frase, che come un sonnambulo Dimitri si leva a sedere, annaspa cercando ad occhi chiusi le sue scarpe e alla fine infila meccanicamente le pantofole di Maria. Si alza e inciampa nell’esterrefatto Ian.

Dimitri – (come in teatro) Permesso, mi scusi signore, con permesso...

Tura – Sei tu! Il mascalzone che ha rovinato le ultime recite del mio Amleto! Ti ho beccato!

Dimitri – (finalmente sveglio) Signor Tura! Salve! Come sta?

Tura – Chi è lei! Che faceva nel mio letto!!!

Dimitri – Chiedo scusa, devo essere crollato... Mi hanno paracadutato stanotte da Londra e i tedeschi per un pelo non mi hanno catturato. Ho fatto non so quanti chilometri a piedi... (fissandolo stupito) Stava cucinando?

Tura – Sono affari miei, quello che faccio o non faccio in casa mia! Cosa ci fa lei, qui!!! (furioso, non si rende conto di brandire il coltellaccio)

Maria – (entrando in quel momento) Ian, per carità di Dio! Fermati, Ian! (avvicinandosi cauta) Dammi quel coltello. E’ tutto a posto Ian, stai calmo... dai a me il coltello...

Tura – Questo è un uomo, lo stesso uomo che per quattro sere di seguito ha mandato all’aria il mio spettacolo, le ultime quattro recite in tempo di pace!... Lo ritrovo nel mio letto e tu hai il coraggio di dirmi che devo stare calmo?!!

Maria – Oh, insomma, Ian! Ci sono problemi più urgenti. – Dimitri, la fotografia è ... ma che ci fai con le mie pantofole?

Dimitri – Ah sì, scusa... te le rendo subito. (gliele dà)

Maria – (osservandole con disappunto) Me le hai sformate tutte, con quei piedoni! Non si trova più niente di questi tempi, tu non hai idea di quanto sia diventata difficile la vita in Polonia!

Tura – (non crede ai suoi occhi e alle sue orecchie) Allora?!!

Maria – Sì, allora: commissione eseguita. Ho consegnato il volume con la foto di Druginsky in Biblioteca, seguendo le istruzioni. Ed ecco qua l’Anna Karenina. (getta il libro sul tavolo, rivolgendosi a Ian) Lui è il tenente Sabinski.

Tura – E io sono il capitano Vronski! – Insomma!!! Che sta succedendo? Volete finirla di parlare per spizzichi e bocconi, fate capire qualcosa anche a me?! (realizza la “commissione” della moglie) ... Che cosa hai fatto?! Hai portato qualcosa al posto suo? E se ti beccavano?!

Maria – Qualcuno doveva pur farlo, e lui non era in grado di reggersi in piedi... – Ti rendi conto che non c’è un attimo da perdere?!

Tura – Ma si può sapere che hai fatto?!

Maria – Ho consegnato ai partigiani la foto della spia che sta per distruggere la resistenza! La foto l’ha portata Dimitri, con il paracadute, per arrivare in tempo! Ma non è tutto! La faccenda è più grave di quanto temessimo. (crollando a sedere) Non potete immaginare cosa ho passato! Druginsky è già a Varsavia, e domani porterà le sue informazioni alla Gestapo!

I due uomini la fissano interrogativi. Maria per reazione nervosa si getta sul cartoccio di cibo portato da Ian e comincia a spizzicare, mentre parla.

Maria – Era andato tutto bene, missione compiuta... stavo rientrando a casa, quando sotto al portone... trovo due soldati nazisti... Faccio finta di niente.... anzi sorrido.... chiedo se stanno cercando qualcuno... (spazientito, Ian le leva il cartoccio dalle mani) E insomma cercavano proprio me, con l’ordine di portarmi al Grand Hotel, dove c’è una specie di centrale, un fortino pieno di nazisti da tutte le parti! – Ma ci pensate? Solo un minuto più tardi e sarebbero saliti, scoprendo Dimitri!

Tura – Perché cercavano proprio te? Ti hanno visto mentre consegnavi la foto?

Maria – Quello che credevo, ero morta di paura! Invece mi portano su, in una suite al primo piano... e sapete chi ci trovo? Chi mi aveva fatto prelevare? Druginsky in persona! L’ho riconosciuto immediatamente. – Buoni questi, che sono? (ora è Dimitri a toglierle il cartoccio, spazientito) Credo di avergli fatto una certa impressione. Mi ha invitata a cena... e non mi è sembrato il caso di rifiutare.

Dimitri – (geloso) Cosa voleva da te?!

Tura – Giovanotto, io non ho ben capito perché lei si ostini a dare del tu a mia moglie...

Maria – Ian, Dimitri è un pilota dalla RAF! Della Division 303! (basito, Ian non riesce a replicare) Siamo sulla stessa barca, non stare a sottilizzare! (cerca una spiegazione valida per entrambi gli uomini) Credo che a Londra Druginsky abbia incontrato qualcuno che gli ha parlato di me... Si era incuriosito, ecco tutto. Si sa cosa pensano in genere gli uomini delle attrici...

Tura – Io a questo gli spacco il muso. – E poi discutiamo anche con la RAF!

Dimitri – E’ già qui! Bisogna fermarlo entro stanotte, allertare la resistenza, che entrino subito in azione!

Maria – Tu non sai com’è lì dentro, è inespugnabile! No, dovrò ucciderlo io... Sono l’unica che ha la possibilità di avvicinarlo! Vuole fare di me una spia!

Tura – Tu non farai proprio niente! Insomma, mi volete spiegare?!!

Dimitri – (spiegando finalmente a Ian) Fingendosi un patriota polacco, a Londra, Druginsky ha carpito a molti di noi informazioni pericolosissime, nomi, cognomi, indirizzi...

Maria – Che domattina consegnerà al Colonnello Ehrhard, alla Gestapo!

Tura – Non credo proprio. Perché qualcuno lo fermerà prima e lo ucciderà. Io!

Maria – Tu?!!

Tura – Tuo marito non è un “pilota della RAF”, ma quando la Polonia chiama non si tira indietro! Devo solo pensare a come introdurmi all’Hotel... o come far uscire lui. – Se solo avessi qualcuno dei ragazzi... (a Maria) Sai dove potrei rintracciarli?

Maria – (con occhi pieni di ammirazione) In teatro! Hanno formato un gruppo collegato con la resistenza, comandato da Krakov.

Tura – La resistenza si riunisce nel mio teatro, e io sono l’ultimo...

Maria – ... A sapere! (orgogliosa) Il mio eroe! (si abbracciano con trasporto)

Dimitri – (tossicchia seccato) Scusate il disturbo, ma ci sarebbe una spia da eliminare.

Tura – (baciando la moglie) Ci penso io. Vado, l’ammazzo e torno. (sciogliendosi dall’abbraccio, a Maria) Tu intanto vestiti per la cena. – Se la conosco bene, Anna avrà conservato tutti i costumi alla perfezione... Signori, sarò di ritorno entro un’ora. (esce, ma si riaffaccia dopo un istante) E dopo che avrò eliminato la spia, noi tre faremo i conti!!! (esce)

BUIO

FINE DEL PRIMO ATTO


Atto II

Scena I
Suite di Druginsky, dove è stata apparecchiata una splendida tavola su cui troneggiano, in un trionfo di argenti, cristallerie e ghiaccio, champagne e caviale. Druginsky indossa un’elegante giacca da camera e sta andando ad aprire la porta. Alla vista della sua ospite ha un’evidente reazione di piacevole sorpresa: Maria si è completamente trasformata in una creatura ammaliante che avanza maestosa e sicura, fasciata in un favoloso abito da sera di lamé, lo stesso che aveva tentato di proporre in prova a Krakov.

Druginsky – Madame... La sua bellezza mi lascia senza fiato, confesso di non aver avuto immaginazione bastante ad ipotizzare tanta delizia!

Maria – (preparata a giocare bene il ruolo di femme fatale) Volevo cancellare dai suoi occhi l’immagine sbiadita di questo pomeriggio. Io dico sempre che quello che conta è cominciare bene.

Druginsky – (la invita a sedere, le offre una coppa di champagne) Allora, mia cara... ha pensato alla mia proposta?

Maria – (fissandolo negli occhi) Per tutto il tempo, herr professor...

Druginsky – Basta con questo professore... mi chiami Albert, la prego.

Maria – A me sembrava così intimo, herr professor... E’ il nostro patto, no? Io sarò l’allieva e lei il professore. – O forse corro troppo...

Druginsky – Oh no, mia cara, non si freni! Scateni pure la fantasia, e vedrà! Scoprirà in me un compagno di giochi capace di seguirla in ogni desiderio!

Maria – Per questo però è necessaria una grande fiducia... E noi forse non ci conosciamo ancora a sufficienza...

Druginsky – Io so già tutto ciò che mi interessa! Lei è una persona speciale, mia cara, l’ho capito subito. E sono sempre più convinto che potrebbe essere per il Reich quel che si dice... una puntata vincente.

Maria – Com’è galante, Albert! (sorride) Vede? Ho già obbedito a un suo ordine. Ma per altre cose... mi conosco, ho bisogno di tempo. – Per quanto...

Druginsky – Per quanto?

Maria – Ci sarebbe un sistema per conoscerla più a fondo...

Druginsky – Sì?

Maria – Ma mi deve promettere di non ridere!

Druginsky – Sarò la serietà personificata.

Maria – Ecco, vede, io mi vanto di essere una brava interprete della calligrafia. E’ un’arte che coltivo da molti anni, per gioco... (si alza, dirigendosi allo scrittoio) Posso?

Druginsky – Prego! Una grafologa... lei continua a stupirmi, mia cara!

Maria – (tornando indietro con un foglio piegato a metà) Ecco, scriva qui il suo nome, così... (Druginsky esegue, divertito) Oh, questa è una firma molto, molto rivelatrice! Vede questo modo importante, deciso, di marcare la esse? E’ come un’affermazione, sintomo di una personalità molto decisa, e di un forte individualismo. Lei potrebbe fare a meno di tutti. – Ma qui... eh sì, qui c’è qualcosa di più segreto... – Lo vede questo piccolo svolazzo sotto la gi e la ipsilon? Lei ha desiderio di stupirsi, e non ha timore delle novità.

Druginsky – (cercando di abbracciarla) Allora, ho passato l’esame?

Maria – (cercando di prendere tempo) Beh, non ho ancora finito, ci sono le “i” che sono fondamentali in ogni esame grafologico, soprattutto la posizione del puntino...

Druginsky – (c.s.) Il puntino... E come sarebbe, il mio puntino?

Maria – Ehmmm... è piuttosto sbilanciato a destra, e indica una certa impazienza... – Anche il discorso su mancini e destrorsi è interessante...

Qualcuno bussa con decisione, liberando dall’assedio Maria, che respira di sollievo.

Soldato – (da fuori) Messaggio urgente per il Professor Druginsky da parte del Colonnello Ehrhard!

Sospirando seccato, Druginsky si allontana da Maria e si ricompone.

Druginsky – Avanti!

Entra un soldato, nel quale riconosciamo Stanislaw, l’attor giovane che si era ribellato all’ascolto del discorso di Hitler.

Stanislaw/Attendente – (sbattendo i tacchi e levando il braccio teso) Heil Hitler! Sono l’attendente del Colonnello Ehrhard. Il Colonnello le chiede di recarsi immediatamente al Quartier Generale. Ha necessità di esaminare i suoi documenti e non può attendere sino a domani.

Druginsky – Capisco. (a Maria) Le chiedo di avere un po’ di pazienza, mia cara, non ci metterò molto. Prima il dovere, e poi... (al soldato) Solo un momento.

Druginsky va in camera da letto a cambiarsi, mentre Maria e l’attore si scambiano un’occhiata d’intesa. Quando rientra, Druginsky estrae da un cassetto dello scrittoio una cassettina blindata da cui preleva una cartellina piena di fogli. Torna quindi da Maria e le bacia la mano.

Druginsky – Tornerò presto e riprenderemo... il discorso da dove l’abbiamo interrotto.

Druginsky esce con Stanislaw. Maria va alla macchina da scrivere sullo scrittoio, vi inserisce il foglio con la firma e comincia a scrivere.

Maria – (rileggendo soddisfatta) “La vita mi è intollerabile. Non posso più andare avanti, preferisco por fine con virile fermezza alla mia parentesi terrena. Che Dio abbia pietà della mia anima. Heil Hitler! – Firmato: Albert Druginsky”. – Perfetto. Adesso lo collochiamo qui, bene in vista... A posto.

Maria raccoglie la sua stola e la pochette, e va per uscire. Buio.

Scena II
Back stage del Teatro Centrale di Varsavia, dove sono in corso gli ultimi febbrili ritocchi alla messinscena che dovrà intrappolare Druginsky. La scena è divisa in due ambienti, comunicanti attraverso una porta: a sinistra l’ingresso del Quartier Generale della Gestapo e a destra l’ufficio del finto Colonnello Ehrhard, ricostruito utilizzando la scenografia della prova all’inizio del primo atto. C’è un gran dispiegarsi di bandiere con croci uncinate e un via vai di attori in uniforme nazista. Tra essi riconosciamo Krakov, Bromski, Rowitch e gli altri. Anna si aggira dandosi da fare con ago e filo per gli ultimi ritocchi. C’è anche Dimitri, ma si terrà nascosto per non farsi riconoscere da Druginsky.

Krakov – (a Ian, vestito da colonnello) Mi raccomando, non eccedere, non caricare le intonazioni. Stai interpretando uno che fa ammazzare centinaia di persone con la stessa naturalezza con cui la sera se ne va al caffè concerto o la domenica a messa con la famiglia.

Dimitri – E non sottovalutare Druginsky, Ian, è molto astuto. Cerca di scoprire chi gli ha fornito la copertura in Inghilterra.

Si ode una macchina fermarsi davanti all’ingresso, e mentre tutti corrono ai propri posti, Druginsky fa il suo ingresso, introdotto dal finto attendente. Tutti salutano, con una serie incrociata dei soliti “Heil Hitler!”.

Stanislaw/Attendente – Prego, professore, per di qua.

Druginsky – (rilassato e per niente insospettito) Noto con piacere che anche a quest’ora il lavoro è in pieno svolgimento. E’ giusto, la dedizione alla Patria non conosce pause!

Bromski/Hauer – (irriconoscibile, travestito da anziano e panciuto generale) Heil Hitler!

Druginsky – Heil Hitler!

Bromski/Hauer – Generale Hauer, molto lieto! Il professor Druginsky, immagino... Bene bene, ecco l’uomo che ha saputo giocare gli inglesi in Inghilterra! Gli inglesi in Inghilterra... Ah, ah ah! Un uomo da portare su un piatto d’argento! (Druginsky lo guarda come un pazzo)

Krakov – Ehmm... Generale, potrei conferire con lei?!

Stanislaw/Attendente – (precipitandosi ad aprire la porta e ad introdurvi Druginsky) Il professor Druginsky!

Tura/Ehrhard – Professore! La ringrazio per la sua sollecitudine. Heil Hitler!

Druginsky – Heil Hitler! Il suo attendente ha detto che aveva molta urgenza...

Tura/Ehrhard – Prego, si accomodi!

Druginsky – Grazie.

Mentre Tura fa accomodare Druginsky, il finto attendente esce chiudendo la porta. Krakov e gli altri si avvicinano per origliare.

Krakov – (a denti stretti, a Bromski) La prossima volta che improvvisi, ti stacco la testa!

Druginsky – E’ bello respirare di nuovo l’aria di casa della Gestapo! Negli ultimi mesi mi sono intossicato, sa, tra quell’orribile nebbia londinese e le dosi assolutamente intollerabili di patriottismo anglosassone. Mi creda, questi inglesi sono proprio dei fanatici! Non vogliono accettare la realtà!

Tura/Ehrhard – Eh già, che sciocchi... Cioè?

Druginsky – Che non hanno una chance contro la grande Germania! Non crede anche lei che la vittoria finale sarà nostra?

Tura/Ehrhard – (scattando in piedi rumorosamente con una mano sul cuore, mentre Krakov si mette le mani nei capelli) Certo che sì! Heil Hitler! Non penserà che io...

Druginsky – Per carità, Colonnello Ehrhard, la sua fedeltà alla causa è fuori discussione. A Berlino lei è famoso, sa? La chiamano Colonnello Lagerhard... per l’ammirevole efficienza con cui si dedica alla “soluzione finale”!

Tura/Ehrhard – Ehrhard-Lagerhard... ma non mi dica, troppo onore! Faccio solo il mio dovere...

Druginsky – Non sia modesto, sappiamo quanto c’è da fare. Queste razze inferiori sono così disdicevolmente prolifiche... – Ma veniamo a noi.

Tura/Ehrhard – Giusto, veniamo al punto. Lei ha delle informazioni per la Gestapo.

Druginsky – Eccole. (consegna la cartellina)

Tura/Ehrhard – (fingendo di esaminarli) Interessante, molto interessante... Questa è l’unica copia?

Druginsky – Prego?

Tura/Ehrhard – Non ha consegnato gli originali a Berlino?

Druginsky – Sono nella mia cassaforte. (sospira) C’è stato un imprevisto, e sfortunatamente non ho potuto farvi scalo. Avrei rivisto così volentieri il Führer! Confesso che la sua parola, il suo sguardo... mi mancano.

Tura/Ehrhard – E’ naturale! E’ da lui che proviene la nostra fede, la fiducia, la forza!

Krakov, da fuori – (mugolando) Non esagerare!

Druginsky – Lo conosce?

Tura/Ehrhard – Io... Berger! - Beh... naturalmente... come ogni fedele suddito del Reich! Berger! – Mi scusi. (accennando alla cartellina) Bisogna protocollare il fascicolo! Immediatamente.

Ian esce finendo praticamente in braccio ai compagni fuori la porta. La cartellina è subito agguantata da Dimitri.

Krakov – (sibilando) Ti avevo detto di non esagerare!

Tura – Grazie, eh!

Krakov – Torna dentro, non lo lasciare solo!

Tura rientra.

Druginsky – Colonnello Ehrhard, se non ha più necessità di...

Tura/Ehrhard – Ma no, stia comodo, comodo! E mi dica, mi dica... Così mi chiamano Colonnello Lagerhard, eh? A Berlino... Colonnello Lagerhard... Molto divertente. Lagerhard, eh?

Druginsky – (perplesso) Sì.

Tuta/Ehrhard – Con permesso.

Esce.

Tura – Tutto a posto? Questo se ne vuole andare!

Dimitri – Non c’è nulla sui complici di Londra, cerca di farlo scoprire!

Tura – Non so più cosa dire!

Krakov – E tu fa’ parlare lui!

Tura – Ti sembra facile?!

Krakov – Vai, improvvisa! E non gigioneggiare, per amor di Dio!

Tura/Ehrhard – (rientrando) Lagerhard, allora, eh?

Druginsky – Sì... – Colonnello, le ripeto, se non ha più bisogno di me, io...

Tura/Ehrhard – No no, è tutto a posto... Ma la prego! Non posso lasciarla andare senza offrirle un bicchierino per brindare alla patria lontana... e alla salute del Führer!

Druginsky – Se è alla salute del Führer...

Tura/Ehrhard – Si sieda, si sieda. – A meno che non abbia altri impegni... La notte è giovane!

Druginsky – A dirle la verità, Colonnello... ci sarebbe... C’è una signora che mi sta aspettando.

Tura/Ehrhard – Perbacco, professore! E’ a Varsavia da poche ore ed ha già colpito!

Druginsky – (compiaciuto) Una conoscenza nata in modo a dir poco insolito...

Tura/Ehrhard – Ma davvero? E mi dica, mi dica... mi narri!

Druginsky – Un aviatore polacco, a Londra, mi ha incaricato di riferire un messaggio ad un’attrice di qui, una certa Maria Tura.

Tura/Ehrhard – Ah si? Che cosa divertente... E mi dica, mi dica: qual era il messaggio?

Druginsky – Molto strano: “Essere o non essere”. Tutto qui.

Tura/Ehrhard – (balzando in piedi) Essere o non essere! (si rende conto d’aver esagerato) Ehmmm.... e... cosa hanno detto i suoi referenti di Londra? – Immagino che lei abbia delle coperture, in loco...

Druginsky – Ogni agente ne ha... ma deve tenerle segrete. Mi meraviglia che lei...

Tura/Ehrhard – Per carità, dicevo solo... E’ un messaggio talmente insolito... sembrerebbe cifrato, molto cifrato!

Druginsky – Per questo ho voluto verificare. (sorridendo con sufficienza) No. Solo un affaruccio sentimentale.

Tura/Ehrhard – Ah! E glielo ha confermato la signora?!

Druginsky – Una signora non ammette mai, e un gentiluomo non chiede. Posso solo dire che la signora Tura sembra una donna decisamente... “cordiale”.

Tura/Ehrhard – (con una manata sul tavolo che fa sobbalzare tutti, di qua e di là della porta) Questo non è ammissibile!!!

Druginsky – (basito) Prego?

Tura/Ehrhard – (cercando di salvare il salvabile, arraffa delle carte dal tavolo) E’ imperdonabile! Questo cablo doveva partire un’ora fa!

Esce, va a sbattere contro Dimitri, lo piglia per il bavero e sta per assestargli un pugno, ma si trattiene e si stacca minacciandolo con la mano, come a dire: con te facciamo i conti dopo.

Tura – Basta, facciamola finita! O lo fate fuori voi o lo strozzo con le mie mani!

Krakov – Bisogna recuperare gli originali: lo devi accompagnare in albergo, trova il sistema!

Con un grosso sforzo di volontà, Ian inspira profondamente, cambia espressione, assumendone una di virile complicità, e rientra.

Tura/Ehrhard – Così la signora Tura la sta aspettando in albergo. Mi piacerebbe molto conoscerla. Una donna cosi “cordiale”.

Druginsky – In un altro momento, colonnello. Il dovere innanzi tutto, ma questa è una faccenda privata.

Tura/Ehrhard – Dove ho sentito parlare di lei... Ma non è la moglie di Ian Tura, il grande attore polacco?

Druginsky – Beh, se si chiama Tura, sarà la moglie di un Tura.

Tura/Ehrhard – Del grande Ian Tura! (Druginsky lo fissa basito, Krakov fuori si morde le mani) Uno splendido attore, un sublime interprete shakespeariano, che forse nemmeno immagina che la moglie tenga un contegno così “cordiale”!

Druginsky – Ah, questo è sicuro! Ma non comprendo perché lei, colonnello, se la prenda tanto per qualcosa (fa le corna) che semmai dovrebbe preoccupare solo il marito.

Tura/Ehrhard – Io non mi preoccupo per il fatto, ma per il concetto! – La doppiezza delle donne è ributtante.

Druginsky – (sospira) Una razza inferiore di cui non si può fare a meno.

Tura/Ehrhard – (accavallato) Mentre quel pover’uomo stava recitando!

Druginsky – (cominciando ad osservarlo con distacco) Ha proprio indovinato, sa? I due si davano convegno nel camerino di lei durante il monologo di Amleto. (sarcastico) Essere o non essere... – La signora dice una volta sola, ma da come parlava il pilota, io credo siano state di più.

Tura/Ehrhard – Quattro! Voglio dire quatto... ah ah ah... – Quatto quatto il bellimbusto si alzava... ah ah ah... rovinando il grande monologo di uno straordinario attore come Ian Tura... e si infilava nel camerino di lei!

Druginsky – (alzandosi lentamente) La signora Tura è una donna molto attraente... e piena di vitalità. Una donna così è troppo, per un uomo solo!

Tura/Ehrhard – In che senso?!

Druginsky – Suvvia, siamo uomini, no? Donne così non aspettano altro che la corte di uomini audaci. Pensi la noia del menage familiare... con quel marito, sempre con un teschio in mano! Sa, credo proprio che gliela presenterò, colonnello, dopo che me la sarò ripassata questa notte. Lei ha grandi speranze.

Tura/Ehrhard – Insomma!

Druginsky – Insomma lo dico io, signor Tura! (estrae una pistola e gliela punta davanti al naso) Sua moglie è una donna affascinante e soprattutto, glielo devo proprio dire, sa... recita molto meglio del marito!

Nonostante la pistola puntata alla testa, queste ultime parole dipingono sul volto di Ian un’espressione fieramente oltraggiata. Druginsky indietreggia cauto, guardandosi intorno attentamente, Cerca una via di fuga, ma c’è solo la porta di comunicazione.

Druginsky – Una trappola! Pensavate di avermela fatta... (fulmineo, gli afferra un braccio e glielo torce dietro la schiena) E invece ora lei e io usciamo insieme da questa tana di farabutti. (costringendo Ian a fargli da scudo) Apra la porta!

Ian esegue, apre la porta ed attraversa l’altra stanza camminando davanti a Druginsky, che con una mano gli tiene il braccio bloccato dietro la schiena e con l’altra continua a puntargli la pistola alla tempia. Krakov e gli altri, impotenti, sono costretti a guardarli uscire senza poter intervenire, ma ad un certo punto Ian si divincola e si libera con uno strattone. Parte un colpo. Ian grida. Il tempo si ferma. In tutti, compreso Ian, un attimo di sbigottimento, più che di terrore: chi lo pensava che sarebbe finita così! Ma subito si capisce che il colpo è andato a vuoto, e che la spia sta fuggendo.

Ian – Di qua!

Krakov – Sta salendo verso i camerini!

Tutti si slanciano all’inseguimento. Si inerpicano su praticabili sospesi, si arrampicano sino in soffitta. Come un trapezista Druginsky si cala sfruttando le funi dei tiri, provocando la caduta del sipario. In questa sequenza di azioni, immaginata all’interno di un teatro in disarmo, la scena è diventata molto buia e gli attori si intravedono appena.

Rowitch – (dalla soffitta) E’ in palcoscenico, laggiù!

Bromski – Dove, non si vede!

Tura – Se scappa dalla platea è finita!

Krakov – Su il sipario!

Il sipario viene alzato, scoprendo Druginsky al centro del proscenio buio e vuoto: l’uomo cerca di scappare verso la platea, la raggiunge e si lancia lungo il corridoio tra le poltrone. Un riflettore si accende all’improvviso, isolandolo in un occhio di bue. Uno sparo, e Druginsky cade. Dalla quinta esce Dimitri, impugnando la pistola ancora fumante.
BUIO

Scena III
Luce nella suite di Druginsky al Grand Hotel. Maria siede stanca, con aria piuttosto sconsolata e molto poco “femme fatale”. Quando bussano alla porta, si tira su sollevata.

Maria – Avanti!

Entra un capitano della Gestapo, alto e sottile, dall’aria tetra e inquietante.

Capitano Shultz – Professor Druginsky, prego?

Maria – (nascondendo sorpresa e timore) Non è qui. Dovrebbe tornare tra breve.

Capitano Shultz – (imperturbabile, con aria da padrone) Allora aspetterò. Devo riferire disposizioni urgenti del Colonnello Ehrhard.

Maria – Ma le pare. Si accomodi.

Il capitano si siede, attento e glaciale. Maria invece si alza, seducente e sinuosa, e con molta nonchalance va a togliere il biglietto “suicida” di Druginsky da dove l’aveva posto, e lo nasconde in seno. In quel mentre entra Druginsky. O meglio, entra Ian, travestito da Druginsky, con tanto di barbetta ben curata e occhialini d’oro: la somiglianza è talmente impressionante, soprattutto rispetto ai modi, al tono della voce e al modo di muoversi, che per un attimo la perfetta imitazione lascia di stucco persino Maria.
Ian non prevedeva di trovarsi di fronte un vero nazista, ma riesce a dissimulare la sorpresa e il disappunto. Tra i due coniugi inizia un dialogo su un doppio binario, in modo che l’SS non riesca a coglierne il sottotesto. Ian è felice di rivedere Maria, è preoccupato per lei, e allo stesso tempo è ancora geloso e arrabbiato per quello che ha appreso da Druginsky.

Tura/Druginsky – (molto serio e sbrigativo) Buonasera, Capitano.

Capitano Shultz – (scattando in piedi) Heil Hitler!

Tura/Druginsky – Heil Hitler. (va a baciare la mano a Maria, che lo fissa negli occhi, sorpresa) Mia cara...

Maria – Professor Druginsky... Come sta?

Tura/Druginsky – Morto... Assolutamente morto. – In cosa posso esserle utile, Capitano?

Capitano Shultz – Il Colonnello Ehrhard desidera conferire con lei subito, non può attendere domani mattina. Ho l’ordine di scortarla immediatamente al Quartier Generale,

Tura/Druginsky – Bene. Le chiedo solo qualche minuto.

Senza darlo a vedere al capitano, Ian perlustra il salottino cercando di scovare la “cassaforte” di Druginsky. Apre vari cassetti, tira fuori cose a caso e le rimette via. Maria capisce e gli indica di nascosto dov’è conservata la cassettina blindata.

Tura/Druginsky – (armeggiando con il lucchetto) Sono spiacente che abbia dovuto attendere tanto a lungo, mia cara.

Maria – Non importa l’attesa, professore, la cosa più importante è potersi rivedere.

Tura/Druginsky – Devo dire di sì. Ma c’è mancato... tanto così, mi creda, tanto così. A questo punto però è meglio che lei torni a casa. Non si può sapere quanto mi tratterrà il Colonnello. (estrae le carte dalla cassettina, le piega e le infila in tasca)

Maria – Forse ha ragione. Ma dovrebbe ricordarsi di dare disposizioni in merito... (sorridendo a denti stretti) Altrimenti anche stavolta quei due bei soldatoni là, fuori la porta, non mi lasceranno uscire.

Tura/Druginsky – Eh sì: da qui il difficile non è entrare, ma andarsene... D’altra parte c’è troppa gente che approfitta della fiducia che le viene accordata, per fartela subito dietro le spalle, come certe persone che conosco io! – Dico bene, Capitano? Controllo ci vuole, controllo e pugno di ferro!

Capitano Shultz – Naturalmente. (con evidente disprezzo) Soprattutto con questi polacchi.

Maria – (perplessa) Se crede, posso attendere qui... Cosa devo fare?

Tura/Druginsky – Ma no, torni a casa, Maria, a casa... lei che può... – che può andare a riposarsi.

Maria – Mi creda, professore. Vorrei fare di più... Darei qualsiasi cosa per non lasciarla andar via... – a quest’ora di notte.

Tura/Druginsky – Oh, la notte è un’amica, sa, con cui si finisce per giocare... L’importante è capire se ci si ritrova ad essere o non essere giocati... Lei per esempio è una donna di gran cuore, tanto “cordiale” con tutti... Tutto sta a vedere quando sceglie di essere o non essere sincera... – Non le sto a dire quante cose ho imparato, in questi panni di professore!

Maria – Le credo, ma sono convinta che lei sappia assolutamente tutto quello che c’è da sapere. Perché non c’è niente... da sapere.

Tura/Druginsky – E io so, invece, so! – che tutti abbiamo dei segreti... anche il Capitano, per esempio, io, e anche lei. Un segreto che sta nascondendo a suo marito, il grande attore, Ian Tura. (al capitano) Lo conosce?

Capitano Shultz – No.

Tura/Druginsky – Ha perso qualcosa, sa? – E comunque costui, proprio perché è un grande, grande attore, oggi deve far buon viso a cattivo gioco, ma un domani...

Capitano Shultz – (spazientito) Professor Druginsky, la prego di affrettarsi, il Colonnello sta aspettando.

Tura/Druginsky – Sì, certo. Mi scusi. Se vuole precedermi, sarò da lei in un minuto.

Capitano Shultz – (scatta in piedi battendo i tacchi e leva il braccio nel saluto) Heil Hitler! La attendo in vettura, professore. (esce)

Maria – Oh Ian, Ian! (si abbracciano)

Tura/Druginsky – (scansandola all’improvviso, brusco) Cosa c’è tra te e Dimitri?!

Maria – Assolutamente niente! – Oh, Ian! Non voglio che tu vada alla Gestapo con quell’uomo orribile!

Tura/Druginsky – Gli hai detto tu di uscire durante il mio monologo?

Maria – (disperata) Ian, non pensare a queste sciocchezze! Tu sei in pericolo, è questa l’unica cosa che importa!

Tura/Druginsky – Recitare è importante!!! Tu sei importante, la Polonia è importante... – Maria, guardami: forse non riuscirò a tornare indietro... gli hai detto tu di uscire durante il monologo?

Maria – Ti prego, Ian! Pensiamo a te, a noi! Non c’è un modo per scappare via insieme?!

Tura/Druginsky – Le uscite sono controllate. Se non vado siamo tutti perduti. – Prendi queste carte. Sono gli originali di Druginsky. Guai se me li trovassero addosso.

Maria – Che vuoi dire?

Tura/Druginsky – Bisogna essere pronti a tutto. Anche...

Maria – No! (gli impedisce di terminare la frase con un bacio) Non parlare così, non lo devi nemmeno pensare! Io... Stringimi... Ti amo tanto, Ian.

Tura/Druginsky – (tenendola tra le braccia e dimenticando la gelosia) Anch’io, cara. Mi rendo conto solo adesso di quanto ti amo... “E non ho amato mai tanto la vita”... (Maria rabbrividisce) Ma che hai capito? Deve ancora nascere chi mi deve toccare, a me! L’erba cattiva non muore mai! – Sono un attore, no? Guardami. Tu ci credi, in me? Devo solo recitare la parte che Druginsky mi ha insegnato stasera. Tuo marito questa notte darà lo spettacolo più importante della sua vita. Stanotte Ian Tura reciterà per sua moglie, per i suoi amici, per la Polonia! (sospira) – Peccato che nessun altro, oltre il Colonnello, potrà assistere.

Maria – (sorride e si fa forza per non piangere) Oh Ian, tu sei il migliore, e io sono così orgogliosa di te! Sii prudente, ti prego... Non posso vivere senza te! Tutto il resto non conta.

Tura/Druginsky – Maria! (si abbracciano, mentre le luci cominciano ad abbassarsi) Se non dovessi tornare, ti perdono. (buio) Ma se ritorno...

Scena IV
Quartier Generale della Gestapo. Ufficio del vero Colonnello Ehrhard. E’ simile a quello ricostruito dagli attori nel Teatro Centrale di Varsavia, ma tutto appare disposto al contrario, a cominciare dall’orientamento delle scrivanie. Inoltre l’arredamento è più ricco: si tratta evidentemente di una villa nobiliare requisita, per cui a fianco dei mobili squadrati da ufficio, ci sono preziosi pezzi di antiquariato, come la monumentale specchiera sulla parete di sinistra e le due eleganti poltroncine con braccioli davanti alla scrivania. Anche qui molte bandiere con croci uncinate e un certo via vai di militari, ma l’effetto e l’atmosfera adesso sono quasi palpabilmente minacciosi.

Ehrhard – (al telefono) Fucilateli! – Non importa! Trovatene altri in grado di lavorare! Possibile che debba pensare a tutto io?! – Arrestati ieri? Fucilate anche loro!

Capitano Shultz – (entrando) Heil Hitler! (introducendo Ian) Il professor Druginsky, Colonnello!

Tura/Druginsky – (entrando) Heil Hitler!

Ehrhard – Heil Hitler. Grazie per essere venuto, professore, nonostante l’ora.

Tura/Druginsky – (eludendo la richiesta, ripete le frasi del vero Druginsky) La dedizione alla Patria non conosce pause! Noto con piacere che anche a quest’ora si lavora a pieno ritmo!

Ehrhard – Si accomodi, prego. Ho urgente necessità di confrontare le sue informazioni con i nostri dati.

Tura/Druginsky – (accomodandosi con aria ostentatamente rilassata) E’ bello respirare di nuovo l’aria di casa della Gestapo! Negli ultimi mesi mi sono dovuto sorbire tanta di quell’orribile nebbia londinese... e dosi di patriottismo anglosassone... insopportabili. Mi creda, gli inglesi sono proprio dei fanatici!

Ehrhard – (educato) Davvero?

Tura/Druginsky – Non accettano la realtà! – MAI! Non potranno mai farcela contro la grande Germania!

Ehrhard – (cortese) Chi può saperlo meglio di lei, professore!

Tura/Druginsky – (incalzando) Perché, lei non crede che la vittoria sarà comunque nostra?!

Ehrhard – Naturalmente! (imbarazzato) Non penserà che io...

Tura/Druginsky – (intuendo i punti deboli di Ehrhard: vanità e provincialismo) Per carità, Colonnello, la sua fedeltà è fuori discussione. A Berlino lei è famoso, sa? La chiamano il Colonnello Lagerhard...

Ehrhard – (lusingato) Davvero?!

Tura/Druginsky – Per l’efficienza con cui si dedica alla “soluzione finale”.

Ehrhard – Sono fiero che l’eco dei nostri sforzi sia giunta sino in patria! Tra questi indigeni ostili... è un’impresa, mi creda, far marciare i campi di concentramento! Dobbiamo smaltire migliaia di soggetti con un numero di addetti così ristretto!

Tura/Druginsky – (dissimulando l’orrore) Smaltire... nel senso di...

Ehrhard – Eliminare! E ci tocca fare tutto da soli, purtroppo!

Tura/Druginsky – (recitando con enorme sforzo) Ogni tedesco è chiamato a dare il massimo. Lei non è il solo a sacrificarsi, caro colonnello “Lagerhard”!

Ehrhard – (impappinandosi per l’imbarazzo, mentre Ian lo fiossa in silenzio, con degnazione) Ma è ovvio! Cioè, volevo dire, sono assolutamente d’accordo con lei! Non penserà che volessi recriminare, io da sempre... Sono un uomo della prima ora, io! Heil Hitler!

Tura/Druginsky – (glaciale) Heil Hitler.

Ehrhard – (rosso come uno scolaretto) E... ehmmm... come ha trovato la capitale? Il morale sarà alle stelle, immagino!

Tura/Druginsky – (sospirando) Avrei dovuto farvi scalo... sfortunatamente sono stato costretto a cambiare programma.

Ehrhard – Ma lei ha sempre quelle belle informazioni fresche fresche per noi, giusto?!

Tura/Druginsky – (prendendo tempo) Avrei rivisto così volentieri il Führer! Devo confessare che la sua parola, il suo sguardo magnetico... mi mancano. A lei no?

Ehrhard – Io non sono così intimo... (annaspa) Non ho questa fortuna, voglio dire! (cercando di riconquistare terreno) Però ho una grande notizia per lei! (abbassando il tono) E’ ancora ufficioso, ma presto arriverà a Varsavia una persona molto speciale... Un suo vecchio amico!

Tura/Druginsky – (allibito, poiché Ehrhard sta indicando il ritratto di Hitler) Ah sì... – Ehmmm...

Ehrhard – (confidenziale) Lei conosce Hitler sin dai tempi di Monaco, giusto?

Tura/Druginsky – (cauto, ma risulta minaccioso) Effettivamente da molto, molto tempo... Mi meraviglio che proprio lei me lo domandi.

Ehrhard – (tossisce imbarazzato) Ha ragione: torniamo al punto. I cosiddetti (dispregiativo) patrioti polacchi, o come questi facinorosi si definiscono: più ne prendiamo, più spuntano come funghi! Ci aspettiamo molto da lei, professor Druginsky! Insieme decapiteremo la resistenza in Polonia!

Tura/Druginsky – Lei mi lusinga, colonnello. – In effetti non è stato semplice individuare i membri del movimento di resistenza al Reich... (pausa magistrale)

Ehrhard – Sentiamo!

Tura/Druginsky – Amidserg... e Slovsky.

Ehrhard – Amidserg e Slovsky? (si illumina) Ma professor Druginsky, questi due sovversivi sono già stati giustiziati una settimana fa! Anche noi della Gestapo di Varsavia abbiamo saputo fare la nostra parte, a quanto pare! Spero che quando incontrerà il nostro amato Führer vorrà gentilmente ricordarsi di segnalarglielo...

Tura/Druginsky – Che cosa?!! Mi dica, la prego, che non ho capito bene...

Ehrhard – I due sovversivi... pericolosi... sono stati ...

Tura/Druginsky – (salendo progressivamente di tono, come una furia) Giustiziati?!!! – E’ inconcepibile! Voi avete irresponsabilmente eliminato due figure chiave, i due grimaldelli fondamentali attraverso i quali avremmo potuto scardinare e annientare definitivamente la resistenza in Polonia!!!

Ehrhard – Non potevamo supporre....

Tura/Druginsky – E’ il vostro lavoro! Ge-Sta-Po! Polizia segreta di Stato! Noi agenti vi consegnamo il bandolo, sta a voi dipanare la matassa!!!

Ehrhard – Shultz!!!

Il capitano che aveva prelevato Ian si affaccia immediatamente.

Capitano Shultz – Agli ordini, Colonnello!

Ehrhard – Chi ha ordinato la fucilazione di Amidserg e Slovsky?!

Shultz – Ma colonnello è stato proprio le... (si blocca per l’occhiataccia di Ehrhard) Direttive superiori, signor colonnello, il codice militare di occupazione. Due oppositori colti in flagrante.

Tura/Druginsky – Ma dovevate prima interrogare, estorcere informazioni, con ogni mezzo!

Ehrhard – Non faccio per dire, professore, ma il nostro reparto gode ottima reputazione a riguardo.

Tura/Druginsky – Non in questo caso, evidentemente! - Pazienza, quel che è fatto non si può disfare... Forse però è possibile riparare: io credo che si possano ottenere buoni risultati anche con Kalinowski e Vacinskij.

Ehrhard – (a Shultz) Ha sentito? Kalinowski e Vacinskij!

Capitano Shultz – Ehmmm.... Colonnello...

Ehrhard – Sì?! Non mi dica che anche... – Catturati? (Shultz assentisce) Sono stati fucilati? (Shultz non risponde)

Tura/Druginsky – No?

Ehrhard – Impiccati?

Tura/Druginsky – E allora!!!

Capitano Shultz – Sono stati interrogati a lungo...

Ehrhard – Ah! Volevo ben dire!

Capitano Shultz – Troppo a lungo. O troppo energicamente.

Ehrhard – Shuuultz!!!

Tura/Druginsky – Non ditemelo, non ci posso credere. Morti! Anche loro!!!

Ehrhard – (a Tura/Druginsky) Lo vede, che le dicevo?!! Devo fare tutto da solo! Sono circondato da una massa d’incompetenti! (a Shultz) I suoi uomini non sono capaci di torturare un prigioniero, senza che gli tiri le cuoia sotto il naso!

Tura/Druginsky – Colonnello, lei sa bene che la responsabilità è di chi comanda! Il difetto, se le cose non funzionano, è nel manico!

Ehrhard – (paonazzo) Sentito?!! La responsabilità è sua, Shultz! Di questo mi renderete conto, lei e i suoi inaffidabili subordinati! Sarete tutti deferiti alla corte marziale!

Tura/Druginsky – Incredibile, inenarrabile: non ci crederebbe nessuno! – Ma un momento, un momento, mi faccia riflettere. Forse è ancora possibile un tentativo per salvare il salvabile: Com’ïn, Rylski e Janowski. Sono anche loro dei responsabili abbastanza di primo piano nel movimento clandestino. (Ehrhard e Shultz non osano fiatare) Loro almeno si potranno interrogare, voglio sperare! Almeno loro non saranno stati frettolosamente, scioccamente, incompetentemente già eliminati, vero?!! Rispondete, in nome del Führer!!!

Ehrahrd e Shultz – (scattando sull’attenti all’unisono) Heil Hitler!

Tura/Druginsky – Dunque!

Ehrhard – C’è stato un attentato, tre giorni fa... Secondo il codice di occupazione... era necessaria una rappresaglia...

Tura/Druginsky – No! No no no no! – Tutto il mio lavoro sprecato, buttato a mare, ma che dico, nell’immondizia!!! Altro che periferia dell’impero! – Qui siamo in Papuasia, siamo, tra gli Hereri, nella preistoria! – Già, perché vorrei vederla, certa gente che dico io, certi scaldapoltrone, andare a rischiare la vita in territorio nemico! Vorrei vedere se poi si farebbe sfuggire di mano testimoni tanto preziosi!

Ehrhard – (quasi sottovoce) Sono desolato... Mi creda professore... se posso fare... mi dica, qualsiasi cosa...

Tura/Druginsky – (immedesimato) Cosa vuole che le dica... Ormai non c’è più niente da fare, purtroppo... Dovrò riferire in alto loco.

Ehrhard – Ma forse si potrebbe evitare di riferire subito a Berlino, e intanto con il suo aiuto, qui, prima dell’arrivo del Führer, potremmo riparare a certe... imprudenze. D’altra parte lei dovrà tornare presto a Londra...

Tura/Druginsky – (si illumina, intravedendo la strada della salvezza) Eh sì, purtroppo! Dovrei tornarvi immediatamente, senza concedermi il piacere di rivedere Adolf – il Führer, voglio dire... Ma...

Ehrhard – Ma? Mi dica, mi dica! Se posso fare qualcosa per lei, qualsiasi cosa...

Tura/Druginsky – Non credo sarà facile trovare subito due posti in aereo...

Ehrhard – (non gli sembra vero riuscire a levarselo di torno) Ci penso io! Come li preferisce, via Stoccolma? Non siamo la Gestapo per niente, Polizia Segreta di Stato, come ha detto lei! Domani le farò avere in albergo le prenotazioni. (realizzando solo ora) Due prenotazioni?!

Tura/Druginsky – Una per il sottoscritto e una a nome Maria Tura. Una gentile signora di Varsavia.

Ehrhard – Lei mi sorprende, professore. E’ appena arrivato in città e già...

Tura/Druginsky – Il dovere innanzi tutto, ma per il resto... sono un uomo anch’io, caro colonnello.

Ehrhard – E la signora Tura...

Tura/Druginsky – Credo che potrà diventare un’ottima agente. E’ già un’attrice... Una creatura affascinante. – La moglie del grande Ian Tura, che sicuramente lei conoscerà: un attore molto famoso qui a Varsavia, e in tutta la Polonia!

Ehrhard – Mi sembra di averlo sentito nominare... Dicono che sia uno che tratta Shakespeare come noi facciamo con la Polonia!

Tura/Druginsky – (inghiottendo il rospo) Insomma la signora è sposata e pertanto è necessaria la massima discrezione. – Mi creda, questo è il solo motivo che può spingermi ad allontanarmi da Varsavia senza attendere l’arrivo di... (indica il ritratto sopra le loro teste, e aggiunge velenoso) ... privandomi del piacere di fare quattro chiacchiere con Lui!

Ehrhard – Domani avrà i due biglietti in albergo, professore! Ci penso io!

Tura/Druginsky – (accomiatandosi) Allora ci conto.

Ehrhard – Ogni promessa è debito. – Shultz! Accompagna il professore.

Tura/Druginsky – Non c’è bisogno... Faccio volentieri quattro passi. Arrivederci, colonnello.

Ehrhard – Arrivederci. E’ stato un onore conoscerla!

Tura/Druginsky esce con studiata lentezza e dignità: appena scompare alla vista, il Colonnello Ehrhard, estrememente provato, paonazzo e sudaticcio, si abbandona a sedere sulla sua poltrona, facendosi aria col fazzoletto.

Scena V
Sottopalco del Teatro Centrale di Varsavia, nel magazzino dei costumi, un tempo il regno incontrastato di Anna. Adesso è diventato il luogo di riunione della cellula partigiana capeggiata da Krakov. Anna sta rammendando un costume da nazista, che poi riporrà con cura insieme agli altri. Rowitch mostra a due degli attori giovani il funzionamento di una pistola. Krakov armeggia con un fornellino, cercando di far bollire un po’ di the.

Rowitch – Questa è la sicura... I proiettili vanno caricati in questo modo... - Attenzione!

Stanislaw – E dài. Rowitch! L’ho fatto per una stagione intera!

Rowitch – Ma questi sono proiettili veri! O fate come dico io, altrimenti fuori, è chiaro?! – Ricominciamo. (all’altro attore) Fai vedere tu.

Krakov – (ad Anna) Se penso a quante volte ti ho rimproverata perché tenevi qui quest’aggeggio... – Oh, finalmente! Ci vuole una laurea, per mettere a bollire l’acqua qua sopra!

Entra Dimitri, con una ricca e pesante veste da camera, un costume di scena prestatogli da Anna.

Anna – (premurosa) Un po’ di the?

Dimitri – Grazie. (sbadiglia)

Anna – (materna) Ce ne aveva, di sonno arretrato! Quando si è giovani, c’è più bisogno di dormire... (cambia bruscamente tono) Oh, giovanotto! Cosa crede di fare nella mia sartoria?! (Dimitri, che stava cominciando a pulire la sua pistola, si blocca)

Rowitch – Venga qui, tenente. Anna è capace di sbranarla, se sporca qualcosa! Si metta qui, con un giornale sotto... Ci vuole pazienza! Altro che nazisti!

Anna – (minacciosa) Se scopro una sola macchia su quella vestaglia... Quella è la vestaglia di Otello!

Krakov – Ecco che cos’era! – Otello! Bello spettacolo, classe... 1934!

Rowitch – No, Direttore, è stato prima... ‘32, se non erro! (Anna annuisce)

Krakov – 1932... Otello e... – qual era l’altro allestimento?

Anna – La Foresta.

Rowitch – (avvicinandosi) Ma quale Foresta, L’uccellino azzurro!

Krakov – No, L’uccellino azzurro fu l’anno di Leonce e Lena...

Stanislaw – (sopraggiungendo) Il giardino dei ciliegi?

Anna – Ma che ne vuoi sapere tu, che a momenti non eri neanche nato!

Krakov – Ha ragione Anna. La Foresta di Ostrovskij.

Dimitri – (andando a controllare il the) Scusate, il the si sta freddando!

Krakov – Che c’è?

Dimitri – Ma... che vi ha preso? (tutti lo fissano) Con quello che è successo, mettersi a parlare della Foresta e... che cos’era? Un uccello colorato... no, dico!

Krakov scuote la testa, come a dire “Tu non puoi capire”, e comincia a servire il the. Anna invece, punta nel vivo, affronta fiera Dimitri.

Anna – Giovanotto! Ogni mattina io vado a fare le pulizie, dalle sei a mezzogiorno. La mia casa non c’è più, e per fortuna che ero qui, sennò ci stavo anch’io sotto alle macerie, con tutto l’arredamento... E allora? Cosa dovrei fare? Far andare tutto in malora anche qui perché c’è la guerra?! Non mi ha portato via già abbastanza?! (si stringe nello scialle, ride) E poi come farebbero le mie ossa, senza quest’umidità? Mi ammalerei subito!

Entra Bromski, ancora con la sua divisa da ferroviere.

Bromski – Guardate chi c’è!

Bromski si scosta per far passare Greenberg, che sorride timidamente. Sulla giacchetta troppo leggera indossa il cappotto di Bromski.

Anna – (felice e stupita) Greenberg!

Krakov – Che piacere! Dov’eri finito?

Bromski – Non ne parliamo! – Ho portato un po’ di the. C’è l’acqua sul fuoco? (a Greenberg, con la solita rudezza) E siediti! Levati il cappotto, rilassati!

Greenberg – Scusa, te lo rendo subito...

Greenberg toglie il cappotto che Bromski gli ha prestato, scoprendo la stella cucita sulla giacca. Tutti fissano ammutoliti la stella gialla. Sui loro visi passano in un attimo pena, sorpresa, imbarazzo, timore... reazioni che fanno immediatamente sentire Greenberg come un appestato.

Krakov – Ecco cosa ti era successo. Che stupido, avrei dovuto immaginarlo.

Anna – Vergine santa! Povero Greenberg!

Greenberg – Forse è meglio che vada, è stato lui a insistere...

Bromski – Tu non vai da nessuna parte! – Voi non sapete come li trattano, che lavori gli tocca fare, e poi di nuovo chiusi là dentro, nel ghetto, come in prigione!

Greenberg – Se ci stanno gli altri, posso farcela anch’io.

Bromski – Ma lì non hai nessuno! Ora siamo noi i tuoi amici, la tua famiglia...

Anna – E tua figlia?

Greenberg – (scotendo la testa, come a dire “non ne so più niente”) Sono scappati la notte stessa dell’invasione. Per fortuna era già tutto pronto... Mio genero era fissato con l’America. Se penso a quanto l’abbiamo preso in giro, tutti! E invece aveva ragione lui. – Quanti morti....

Bromski – E non si sa cos’altro possono farvi, da un giorno all’altro, se restate nel ghetto, intrappolati come topi! (aggressivo, a Krakov) Ho fatto male?!

Krakov – Hai fatto la cosa giusta. Una volta tanto.

Greenberg – Ma se mi scoprono qui, se scoprono che mi avete nascosto...

Krakov – (sorridendo) Se ci scoprono non sarà la tua presenza il problema. (apre una cesta, scansa i costumi, tira fuori un fucile, e un paio di bombe a mano) Credimi. (accennando poi a Dimitri) Il tenente Dimitri Sabinsky, della RAF, paracadutato l’altro ieri, ricercato dalla Gestapo. Come vedi sei in buona compagnia. E gli altri sono andati a scaricare nei campi il corpo di una spia tedesca che ingombrava la platea... (lo abbraccia fraternamente) Bentornato a casa! (Buio)

Scena VI
Luce nell’ufficio del Colonnello Ehrhard, seduto alla sua scrivania. Bussano.

Attendente – Heil Hitler, signor Colonnello! La signora Tura, come avete comandato, signor Colonnello!

Ehrhard – Heil Hitler! Fate entrare.

L’attendente introduce Maria, che si sforza di mantenere un atteggiamento tranquillo, portamento eretto e sguardo fermo, nonostante l’impulso di scappare. Con studiata lentezza, Ehrhard mette via le sue carte.

Ehrhard – La signora Maria Tura? Si accomodi, prego. (Maria siede di fronte a Ehrhard, le cui parole suonano subito minacciose) Mi spiace doverglielo dire: avrei preferito incontrarla in circostanze differenti. Dopo quanto mi aveva riferito sulla sua persona il professor Druginsky... ero alquanto curioso di fare la sua conoscenza. Anzi, ero spiacente che dovesse partire per Londra con il professore, perché avrei gradito invitarla, magari una sera, a cena...

Maria lo fissa stupita e leggermente rincuorata. Un altro dongiovanni!

Ehrhard – Ma la storia imbocca sentieri imprevisti, come lo studio della strategia militare insegna... – Non avrei mai immaginato di doverla convocare per dirle quanto ora mi è d’obbligo, purtroppo, comunicarle: il suo affezionato amico, professor Albert Druginsky, è morto. Purtroppo, sì. Decisamente. Morto.

Maria, che l’ultima volta ha visto Ian travestito da Druginsky proprio mentre stava per recarsi da Ehrhard, ha un sussulto di angoscia e non riesce a trattenere un piccolo grido. Cercando di controllarsi, si aggrappa spasmodicamente ai braccioli della sedia. Ehrhard la osserva attentamente.

Ehrhard – Mi sembra di capire che anche lei... gli fosse alquanto affezionata. Sono costernato. – Il professore è stato ritrovato questa mattina da una pattuglia in perlustrazione fuori città. Freddato da un colpo di pistola. Proiettile di fabbricazione britannica. (Maria si rilassa: non è Ian!) Immaginiamo che l’autore del barbaro assassinio sia lo stesso individuo paracadutato l’altra notte da un aereo della RAF... il quale, sfortunatamente per il professore, è riuscito a sfuggire ai nostri cani.

Maria – (ricominciando a recitare) Ma è terribile! Povero professor Druginsky... povero, caro Albert... (versa qualche lacrima ad arte) Un uomo così fiero della sua missione... Così... granitico, nei suoi ideali!

Ehrhard – Sì... Alquanto rigido. Da vivo solo un pelino meno che da morto.

Maria – (con un singhiozzo rattenuto) ...Morto!

Ehrhard – Stecchito. Un marmo. Granitico. – Su, su, signora! Suvvia!

Maria – (si cheta, lo fissa da sotto in su, indifesa) Le chiedo scusa. Un militare come lei è abituato a... a reagire. Mi scusi. Vorrei ritornare a casa, per favore.

Ehrhard – Solo quando si sarà ripresa. Anche un vecchio... anche un militare esperto come il sottoscritto non può soffrire di veder piangere una bella donna. – Piuttosto, se non mi giudica troppo rude... Posso sperare che un giorno voglia accettare da me la stessa amicizia che le aveva offerto Druginsky? Di questi tempi è importante avere un buon amico nella Gestapo, disposto ad aiutare... e a proteggere...

Maria – Lei mi confonde, Colonnello, con la sua sensibilità... ma adesso...

Ehrhard – Un elemento come lei potrebbe esserci molto utile. Druginsky aveva ragione.

In quell’istante squilla il telefono. Seccato, Ehrhard risponde.

Ehrhard – Pronto! Cosa c’è! (strabiliato) Cosa?!!! – No, no, me lo passi. –Pronto! Buongiorno a lei, professor Druginsky! (Maria salta sulla sedia) – Come? E’ tutta la mattina che aspetta all’Hotel e non... – Sono spiacente, dev’esserci stato un disguido... – Inammissibile, assolutamente, sono d’accordo con lei! Controlliamo subito. – Shultz!!! (il capitano si precipita) E mi dica, è ancora all’Hotel? No? (Ehrhard fa sentire a Shultz la voce alla cornetta; i due sogghignano) – Comunque i due biglietti aerei sono qui. Sulla mia scrivania. – Spero di non crearle eccessivo disturbo, caro Druginsky, chiedendole... – Come? Ah, passerà lei tra... – Perfetto, la aspettiamo a braccia aperte. – A presto, allora!

Ehrhard riaggancia, sorridendo tra sé. Ha l’aria soddisfatta e terribile del gatto che si lecca i baffi prima di iniziare a giocare col topo. Anche Shultz, sempre tetro, ha un’aria quasi ilare. Maria non sa che pesci prendere. Sa solo che deve andarsene, per avvertire Ian.

Maria – (fingendosi sorpresa) Ma se Druginsky è vivo... allora il morto chi è ?!

Ehrhard – E’ quello che tutti desideriamo scoprire. (ammiccando a Shultz) E lo sapremo presto.

Maria – Se c’è una persona che può farlo, è solo lei, Colonnello...

Ehrhard – Shultz! Accompagna la signora e poi torna immediatamente da me. (a Maria) Ma non si allontani da Varsavia. Avrò presto bisogno di lei.

Maria – Non voglio distrarre il capitano, posso trovare la strada da sola. Allora, Colonnello... (in un sussurro sensuale) Heil Hitler! (esce)

Ehrhard – (sfregandosi le mani) E adesso organizziamo il comitato di festeggiamenti per il nostro amico redivivo.

Buio.
Maria cammina lungo il corridoio di platea, come per le strade di Varsavia. Ha il cuore in gola, ma non ha tempo per sentirsi male: deve avvertire subito Ian, deve riuscire a rintracciarlo!

Maria – Ian! Dove ti sei cacciato! – Ecco perché stanotte non è rientrato: ha chiesto due biglietti per Londra! Deve continuare a fingersi Druginsky, ma deve nascondersi, perché così corre il rischio di essere ammazzato dalla Resistenza! E adesso anche la Gestapo ti vuole morto... se non riesco ad avvertirti! Calma. Come ha detto Ian? Lo spettacolo più importante della sua vita. E cosa fa mio marito, prima di una prima? Si soffia tre volte sul pollice. No, questo prima di entrare in scena. Poi? Cioè, prima? Non chiude occhio sino all’alba e poi dorme sino a tardi... Poi va a farsi una passeggiata lungo la Vistola! No, travestito da Druginsky sarebbe troppo pericoloso. (s’illumina) Il caffè in sartoria! Il caffè all’italiana, di nascosto da Krakov... Ian carica la sua “sacra napoletana”, ché dice che gli porta fortuna... e aspettiamo insieme che il caffè scenda goccia a goccia... (con nostalgia struggente) E dopo, piano piano, cominciavamo a prepararci. – E’ andato in teatro! Dio mio, fammi arrivare in tempo!

Scena VII
Ufficio del Colonnello Ehrhard. Il colonnello è seduto alla sua scrivania, con l’aria a dir poco eccitata di chi stia per combinare un bello scherzo. In piedi accanto a lui il capitano Shultz. La porta è aperta.

Attendente – (affacciandosi al vano della porta) Il professor Druginsky, signor Colonnello!

Ehrhard – (gioviale) Fate passare, fate passare!

Attendente – Prego, professore. Heil Hitler!

Ian entra, ignaro di tutto. L’attendente resta vicino alla porta, che stranamente non richiude.

Ehrhard – Avanti, avanti, professore! Stavamo proprio parlando di lei!

Tura/Druginsky – (scherzoso) Male, voglio sperare! – Diffido sempre di chi mi approva eccessivamente.

Ehrhard – Tuttavia, bisogna rendere onore al merito! E lei è senz’altro un uomo del quale... proprio non può essercene l’uguale! Non è d’accordo?

Tura/Druginsky – Non sta a me dirlo.

Ehrhard – Un amico personale del Führer come lei!

Tura/Druginsky – (gelido e velatamente minaccioso) Il Führer mi onora della sua confidenza. Forse potrebbero essergli utili le mie impressioni sulla gestione degli affari polacchi, senonché...

Ehrhard – Senonché dovrà privarsi di tale piacere per uno forse maggiore, dico bene? Ah, no! Per il dovere, sempre il dovere! – Un dovere con i capelli biondi, di nome Maria....

Tura/Druginsky – Non capisco le sue allusioni, Colonnello, e non ho tempo da perdere. Se i biglietti aerei non sono pronti... (si alza, con aria indignata)

Ehrhard – Ma no, professore, stia comodo! I suoi biglietti sono pronti, come promesso. Le chiedo solo di scusarmi per qualche istante. Shultz!

Ehrhard si avvia, seguito da Shultz e dall’attendente, che richiude la porta. Ian resta seduto, tranquillo... poi sobbalza violentemente, sgranando gli occhi. La grande specchiera accanto alla porta, sino ad adesso rimasta nascosta dall’anta spalancata, riflette chiaramente un’immagine del professor Druginsky, seduto su una poltroncina identica alla sua. Per un attimo Ian è confuso: muove una mano, una gamba... ma l’immagine nello specchio non rimanda il movimento. Ian si guarda intorno spaventato, cercando di capire da dove provenga l’immagine. Si alza, scosta un paravento, e dietro scopre con terrore il cadavere del vero Druginsky, composto sulla poltroncina come se si fosse appena assopito.

Tura/Druginsky – Per tutti i diavoli... Druginsky!!!

Disperato, Ian gira intorno a Druginsky come una bestia in gabbia.

Tura/Druginsky – Ecco perché era tanto di buonumore, il nazista! E adesso? (continua a guardarsi intorno) Non ci sono altre uscite... E’ finita! Povera Maria, chi immaginava che avrei fatto di te una vedova, tornando qui oggi! (da fuori si sente ridere in modo soffocato) Se la spassano, là fuori... Vogliono farmi arrostire a fuoco lento.... – E va bene, avete voglia di giocare? Adesso papà vi fa divertire un mondo! Crepi l’avarizia, vi porto tutti con me! Tutti insieme a fare un bel giretto sulla giostra di Belzebù! – Dov’è la pistola di Druginsky? (la cerca a lungo, invano, nelle tasche, facendo cadere in terra una barba finta: la raccoglie e rimane a fissarla, annichilito) Eccoti qua: Ian Tura, grande attore polacco... dei miei stivali. Sei all’ultimo atto, e come vai ad affrontare il plotone di esecuzione?! Con una barba finta in mano! Proprio un degno finale! (furibondo con se stesso) Ma dove ho messo la pistola?! (svuota le tasche) Niente. Questo è il mastice, e il rasoio, le forbici... Accidenti a me e alla fissazione di portarmi sempre un trucco completo di riserva! (sconfitto) Ho dimenticato la pistola! Non potrò recitare la mia ultima scena madre. (fissa sconsolato barba, rasoio e mastice, e all’improvviso si illumina) – Un momento! Fermi tutti! Ian Tura, sei un genio!

Ian si avvicina a Druginsky, con le forbici in mano. Buio. Passaggio di tempo.
Luce in proscenio, ovvero nell’anticamera dell’ufficio di Ehrhard, dove quest’ultimo se la sta spassando con Shultz, l’attendente ed altri sottoposti.

Shultz – ... E quando ha detto: “Onore al merito, lei è un uomo del quale non può essercene l’uguale...”. Credevo di non riuscire a controllarmi, è stato un tale spasso! Lei è un artista, Colonnello!

Ehrhard – Per carità... – Mi sembrava giusto divertirci un po’, prima di farlo giustiziare. Rendere pan per focaccia a quella faccia tosta di imbroglione. Voleva farci ballare, eh?! – “Riferirò a chi di dovere...” (l’attendente e gli altri soldati, compiacenti, ridono esageratamente) Riferisca, riferisca a chi dico io!

Shultz – (con le lacrime agli occhi per il gran ridere) L’amico personale del Führer! Scommetto che quello non c’è mai stato, a Berlino!

Ehrhard – Un truffatore da quattro soldi, che voleva mettere nel sacco la Gestapo! (tende l’orecchio) Non si sente nulla. Che starà facendo, secondo lei, Shultz? Si sarà cotto a sufficienza nel suo brodo?

Shultz – Forse starà dicendo le preghiere... sono così ferventi, questi polacchi!

Ehrhard – Oppure si è impiccato da sé, risparmiandoci la fatica di farlo fuori!

Nuovo scoppio generale di risa. I militari ridono dandosi grandi pacche e manate sulle cosce. In quel momento Ian apre la porta e si avvicina, sorridente, come contagiato dalla loro ilarità. Ehrhard e i suoi, vedendolo, ridono ancora di più, e anche Ian comincia a ridere. Ehrhard cerca quindi di contenersi, ma i suoi uomini tendono a scoppiare a ridere ad ogni frase, cogliendone il doppio senso.

Ehrhard – Ebbene, caro... “professore”... Come si sta dall’altra parte?!

Tura/Druginsky – Ad essere sincero, cominciavo ad annoiarmi.

Ehrhard – Come! Non ha trovato... compagnia?

Tura/Druginsky – Sì, ma il signore di là non sembra esattamente in vena di conversazione.

Ehrhard – Ma davvero? Un po’ “freddino”, forse? O meglio... freddato! (ride) Alquanto morto, non crede? (improvvisamente serio, minaccioso) E non ha notato altro? Una rassomiglianza singolare?

Tura/Druginsky – Certamente. Ho anzi la netta impressione che quell’uomo abbia cercato di assumere il mio aspetto. Che volesse apparire identico a me.

Ehrhard – A meno che non sia invece stato lei, ad assumere l’aspetto di quell’uomo!

Tura/Druginsky – (ride) Naturalmente, ciò è plausibile. Molto divertente.

Ehrhard – Prego!

Con tono che non ammette dinieghi, Ehrhard indica a Ian di rientrare nel suo ufficio. Shultz e gli altri seguono. Quindi il colonnello va verso il morto, scosta il paravento e squadra Ian con aria soddisfatta.

Ehrhard – (allegro) Io credo che sia anche “plausibile” affermare che lei sia un agente del controspionaggio nemico!

Tura/Druginsky – Ma no!

Ehrhard – Ma sì! (ridono tutti)

Capitano Shultz – ... Nonché l’assassino del vero professor Druginsky!

Tura/Druginsky – (imperturbabile) Se costui fosse realmente il vero professor Druginsky.

Ehrhard – Naturalmente!

Tura/Druginsky – E’ ovvio, a questo punto, che uno di noi due è un falso.

Ehrhard – Sono assolutamente d’accordo.

Tura/Druginsky – Lei cosa pensa?

Ehrhard – Io tendo a credere che il falso Druginsky sia lei! Senza offesa, naturalmente!

Tura/Druginsky – La verità va cercata con cervello... “in barba” alle apparenze!

Ehrhard – Cosa vuol farmi intendere?! Una barba così non cresce in un giorno!

Il colonnello Ehrhard, dimostrativamente, tira con sicurezza la barba al cadavere di Druginsky e rimane come un allocco, basito, con la barba posticcia in mano.

Ehrhard – (paonazzo, quasi incapace di articolare) Shuuuultz!!!

Shultz – Agli ordini!

Ehrhard – Lei mi dovrà pesantemente rendere conto di questo errore!!! – Caro professore, sono circondato da imbecilli! Non so come scusarmi per aver sospettato di lei...

Tura/Druginsky – Ma anzi, era suo dovere! (sarcastico) Vuole tirare anche la mia barba, per sicurezza?

Ehrhard – Non lo dica neanche per scherzo!

Tura/Druginsky – Ma certo, proprio un bello scherzo, ce ne sarà da ridere, a Berlino! – Dove dovrà spiegare i vergognosi lazzi di cui sono stato fatto oggetto, l’insulto alla mia dignità... e alla mia lealtà al Führer!!!

Ehrhard – (nel panico) La prego... Non dica niente!

Tura/Druginsky – (infierendo) Allora, proprio non me la vuol dare, una tiratina? Ah ah ah ah! E’ proprio sicuro? Avanti, avanti!

Ehrhard – La scongiuro, professore: dimentichi quest’increscioso incidente, e voglia accettare le nostre scuse più sincere. E’ stato solo per senso del dovere se abbiamo osato supporre... – Shultz! Dove sono i biglietti aerei per il professor Druginsky?!

Shultz – (prendendoli da sopra la scrivania) Eccoli, signor Colonnello!

Ehrhard strappa di mano i biglietti al capitano Shultz e li consegna a Ian.

Ehrhard – Ecco i biglietti per Londra: professor Albert Druginsky e Maria Tura, come ci aveva richiesto. Voglia accettarli con la più viva espressione del nostro apprezzamento per il suo lavoro, e i migliori auguri per un soggiorno felice nella perfida Albione e...

Ehrhard, che non sa più che cosa stia dicendo, consegna i famosi biglietti ad un Ian perfetto nella sua parte di uomo la cui dignità sia stata profondamente offesa. Proprio in quel mentre, nell’ufficio irrompe un manipolo di militari, con la divisa delle guardie personali del Führer. In essi riconosciamo gli attori del Teatro Centrale di Varsavia. Gli uomini della Gestapo, colti di sorpresa e sconvolti da troppe emozioni, sembrano pietrificati dallo stupore.

Bromski/Hauer – (travestito da anziano generale) Fermi tutti! (indicando Ian) Arrestate quest’uomo!

Ehrhard – Chi siete voi?!

Bromski/Hauer – Generale Hauer, responsabile della sicurezza del Führer! Quest’uomo è una spia!

Ehrhard – Come si permette?! Questo è il professor Albert Druginsky, agente della Gestapo e amico personale del Führer!

Bromski/Hauer – (avvicinandosi) Ah sì?!

Ehrhard – (mentre Ian cerca disperatamente di fare segno a Bromski) Non lo tocchi! Non lo tocchi o dovrà passare sul mio cadavere! (accennando al cadavere e alla barba finta che ha ancora in mano) E’ quello l’impostore!

Bromski/Hauer – Ah ah ah! Così secondo lei sarebbe questo il vero Druginsky? Stia bene a guardare!

Tutti entrano in allarme: Ehrhard e Shultz paventando un nuovo incidente “diplomatico”, Tura perché gli stanno mandando all’aria il piano della fuga con Maria, gli altri attori perché capiscono che Bromski sta ricominciando ad improvvisare.

Bromski/Hauer – A me gli occhi, bitte! Che tutta la Gestapo osservi con attenzione!

Bromski fa un passo avanti verso Ian e con gesto assolutamente plateale gli strappa la barba finta. Ehrhard boccheggia asfittico. Se lo sguardo di Ian potesse fulminare, di Bromski non rimarrebbe che un mucchietto di cenere.

Bromski/Hauer – (prendendoci gusto) Ecco perché il Führer non si può fidare di nessun altro! Principianti! Perché non avete pensato di tirargli la barba?!

Stanislaw – (intervenendo per arginare Bromski) Prego, signor Generale! L’impostore deve essere consegnato al Führer! Heil Hitler!

Altri attori – (voci accavallate) Al Führer! A Berlino! Trasferire immediatamente! Ci segua, Generale Hauer! Usciamo! Largo! Sicurezza personale del Führer! A Berlino! Heil Hitler!

La troupe del Teatro esce precipitosamente trascinando con sé Ian, mentre Ehrhard, Shultz, l’attendente e gli altri uomini della Gestapo, esterrefatti, non trovano la forza di reagire.

Ehrhard – (come un pazzo, ai limiti del collasso) Shhuuultz!!!

Buio.

Scena VIII
Luce nel sottopalco del teatro, nella sartoria di Anna, ormai diventata il quartier generale del gruppo. Krakov è intento a studiare con Dimitri la pianta del teatro e la mappa della città. Anna cuce, Greenberg lava un paio di calzini, Maria prepara il the. Tutti si fingono indaffarati per nascondere l’angoscia, mentre attendono spasmodicamente il rientro della spedizione partita al salvataggio di Ian. Sobbalzano ad ogni fruscio, tendendo l’orecchio ad ogni impercettibile scalpiccio.

Maria – Sì?

Krakov – Cosa?

Maria – Mi era parso di sentire... niente.

Greenberg – Pazienza, Maria.

Dimitri – Coraggio!

Anna – ... Ci vuole tempo che ci vuole, per attraversare la città.

Maria – Tempo! Saranno arrivati, in tempo?! – Voi non avete visto che tipo è, quell’Ehrhard!

Rumore di passi, di voci alterate: finalmente arrivano i nostri.

Maria – Ian! (corre ad abbracciarlo) Sei salvo!

Tura – (inferocito) Se non fossero arrivati questi, saremmo tutti e due salvi! Guarda: due biglietti per Londra! A quest’ora Druginsky, alias il sottoscritto, e la sua amante Maria Tura sarebbero già scomparsi tra le nuvole, e la Gestapo non sospetterebbe di niente!

Bromski – Questo è il ringraziamento!

Tura – Ero riuscito a giocarli con le loro stesse armi! Avrei voluto vedere uno di voi, chiuso nella stessa stanza con il morto!

Bromski – E tu avresti dovuto vedere Maria, com’era disperata quando è venuta a cercarti qui! Volevamo solo salvarti la pelle!

Stanislaw – Salvo che ti sei dovuto mettere a improvvisare, e per poco non ci facevi arrestare tutti!

Bromski – Io avevo la situazione completamente sotto controllo!

Tura – Io, avevo la situazione in mano, non tu!!!

Krakov – Silenzio! Non ha più importanza chi ha salvato cosa, siamo tutti in pericolo! (a Ian) Non potevamo abbandonarti nella gabbia dei leoni... E d’altra parte tu, inventando la storia tra Druginsky e Maria, hai messo la Gestapo sulle nostre tracce.

Greenberg – Non impiegheranno molto a capire che gli addetti alla sicurezza del Führer erano solo degli attori...

Krakov – (annuendo gravemente) ... Come Maria Tura, e come il falso Druginsky...

Bromski – Bisogna scappare, subito!

Stanislaw – Raggiungiamo i partigiani!

Tura – (posando i famosi biglietti sull’asse da stiro di Anna) Questi possiamo pure buttarli! Che spreco... Chi potrà mettere più piede su un aereo, adesso?

Krakov – E invece forse un mezzo ci sarebbe.

Tutti zittiscono di colpo, fissando Krakov.

Krakov – C’è una possibilità per scappare dalla Polonia... E’ molto rischiosa, ma è l’unica reale possibilità di salvarci la vita.

Tura – Non è il fegato che ci manca!

Krakov – Dovremo recitare il ruolo dei nazisti davanti ai più efferati esponenti del Reich... in faccia allo stesso Hitler!

Bromski – E dove?!

Maria – Quando?

Tura –Spiegati!

Krakov – Ognuno reciterà la sua parte, come nello spettacolo in prova. (ad Anna) Le divise?

Anna – (scattando come un soldato) Tutte pronte!

Krakov – Domani Hitler arriverà in visita a Varsavia con il suo aereo personale. E la sera assisterà al Tannohäuser di Wagner in questo teatro. Il gatto viene sul nostro terreno... ma questa volta saranno i topi a farlo ballare! – Sentite? Cominciano a scaricare le scene. – Greenberg costituirà il diversivo che accenderà la miccia. (a Bromski) Tu interpreterai Hitler. – Così vedremo quanto gli assomigli. Se è vero, ci porterai tutti fuori di qui. Altrimenti...

Bromski – Nessuno si accorgerà della differenza!

Krakov – Purché tu tenga la bocca chiusa! Non improvvisare! Qualunque cosa accada, non fiatare! (biblico, nella sua semplicità) Bromski, se non vuoi far ammazzare tutti i tuoi amici, ricorda: non dire nemmeno una parola!


Scena IX
Ampio corridoio retrostante i palchi di platea. Nel palco centrale, sormontato da un rosone con lo stemma regale polacco e guardato a vista da sentinelle impettite, si è appena accomodato Hitler, quello vero. Molti ufficiali e militari nazisti di vario ordine e grado, tutti in alta uniforme, stazionano e passeggiano a piccoli gruppi lungo il corridoio. Uno di questi gruppetti, un po’ in disparte, è composto dagli attori e i tecnici del Teatro, in uniforme nazista. Ci sono tutti, anche Krakov e Dimitri.
Salgono le note struggenti dell’ouverture del Tannohäuser.

Arriva Greenberg, che con il suo vestito consunto sembra un alieno, in quel rutilare di mostrine e medaglie. Si avvicina alla toilette delle donne, dalla quale, perfettamente sincronizzata, sta uscendo Anna, tutta elegante, come una qualunque spettatrice. Greenberg le va addosso.

Anna – (gridando) No, lei non può entrare qui! E’ per le signore!

Greenberg – Perché non posso entrare! Non posso mai andare dove voglio! Perché! Io devo entrare!

Le vere guardie accorrono per controllare, e Greenberg prende ad agitarsi con maggior vigore, creando un sacco di confusione.

I Guardia – Stia fermo e alzi le mani!

Greenberg – Non ho fatto niente! Volevo soltanto entrare! Non me lo potete impedire!

II Guardia – Si allontani da lì e metta le mani sulla testa!

Ufficiale della Guardia di Hitler – Non sparate! (indicando il palco reale) Il Führer sta ascoltando Wagner! Non deve essere disturbato.

Greenberg – Mi volete sparare?! Sì! Lui mi vuole sparare, glielo leggo negli occhi! – Tu mi vorresti sparare, lo so, ma hai paura di disturbare una persona molto su. Una persona che si crede Dio!... E invece io chi sono, un animale?!

Greenberg comincia a saltare, attirando l’attenzione di tutti i veri militari nazisti, che gli fanno capannello intorno. La musica, che nel corridoio giunge attutita, fa sì che nei palchi nessuno si accorga di niente.
Il gruppetto dei nostri si apposta davanti al palco del Führer. Anna aiuta Bromski, vestito e truccato da Hitler, a sgaiattolare fuori dalla toilette delle signore e a nascondersi al centro del gruppo degli attori.

Tura – (sottovoce, ad Anna) Dov’è Maria?

Anna – Non è venuta! Non capisco!

Tura – Era a casa!

Krakov – Sssst! Dopo! Andiamo avanti come stabilito.

Il plotoncino degli attori avanza al centro come un cuneo: nella gran confusione sembra che stia uscendo proprio dal palco di Hitler, e alla sua testa infatti c’è il Führer in persona... impersonato da Bromski.

Greenberg – Che volete da me?! Non sono una scimmia o un fenomeno da baraccone! – Io... Io sono un ebreo! (il capannello intorno ondeggia incredulo e minaccioso: finalmente, è arrivata per Greenberg l’ora di recitare Shylock!) Perché mi guardate così? “Non ha occhi, un ebreo? Non ha mani, organi, statura, sensi, affetti, passioni? Non si nutre anche lui di cibo, come voi? Non sente anche lui le ferite? Non è soggetto alle malattie e non è sanato anche lui dalle medicine, scaldato e gelato anche lui dall’estate e dall’inverno, come un cristiano?...”

Il gruppo degli attori arriva davanti a Greenberg, che con le parole di Shakespeare sta gridando il dolore del suo popolo e di tutti gli oppressi del mondo. I nazisti sono costretti ad ascoltarlo, increduli, con una gran voglia di schiacciarlo come un moscerino. Ma se prima si sono frenati per non disturbare il Führer, adesso si sono paralizzati vedendolo venire avanti, muto e terribile, sino a un passo da Greenberg. Il perseguitato e il dittatore, uno di fronte all’altro. Un lunghissimo istante in cui il tempo si ferma.

Tura/Ufficiale nazista – Tu, sei stanco di vivere?!

Greenberg – Perché? E’ vita, quella che ci avete lasciato? Non siamo uomini, noi?! (continua, fissando Bromski/Hitler, che fedele alla consegna, non proferisce parola) “...Se ci pungete, non diamo sangue? Se ci fate il solletico, non ridiamo? E se ci avvelenate, non moriamo?! E se ci offendete... Non dovremme vendicarci?!”.

Tura/Ufficiale nazista – (a due degli attori travestiti da soldati) Portatelo via! Arrestate quest’uomo, bisogna interrogarlo! Chi comanda qui? Così si bada alla salvaguardia del Führer?! Mio Führer, consiglio di lasciare il teatro. Da questa parte! Largo! Fate largo!

Piena di riverenza per quello che credono il vero Hitler, la piccola folla di ufficiali nazisti lascia passare il gruppo degli attori senza opporsi. Le sentinelle della scorta, armate sino ai denti, si accodano disciplinate. In un attimo sono tutti fuori, in proscenio.

Krakov – (appena in proscenio) Il corteo di Hitler! Tutti sulle macchine!

Dimitri – All’aeroporto, immediatamente!

Tura – Prima dobbiamo andare a prendere Maria!

Scena X
Appartamento di Maria e Ian. Maria è in abito da viaggio, la borsa è pronta sul tavolo, ma lei è imprigionata in casa dall’inaspettata visita di Ehrhard.

Ehrhard – (mellifluo e minaccioso) Non mi ha ancora dato una risposta, cara Maria... posso chiamarla così? Riguardo alla mia proposta. Ieri sembrava così disponibile...

Maria – Colonnello, in questo momento...

Ehrhard – Deve scappare, lo vedo. Ma io sono un colonnello della Gestapo e mi prendo la precedenza. Cose che succedono... Noi siamo i vincitori, cara signora. (si slaccia la fondina con la pistola e la poggia minaccioso sul tavolo) Cara Maria. – E dove dovrebbe correre, con tanta furia? Tanto da scordare l’educazione. Non mi ha nemmeno offerto un bicchierino...

Maria – Non ho niente da offrire, mi spiace.

Ehrhard – Un bicchiere d’acqua, allora. Ho sete.

Maria gli porta un bicchiere d’acqua. Ehrhard sorseggia con disgusto.

Ehrhard – Ha un sapore orribile!

Maria – Le tubature hanno subito danni, con i bombardamenti.

Ehrhard – E chi dovrebbe andare ad incontrare?

Maria – Colonnello, io sono una donna sposata.

Ehrhard – Ma questo non le ha impedito una storiella con il professor Druginsky... – O forse non era con il vero professor Druginsky...

Maria – (intuendo il pericolo, si ammorbidisce) Il passato è passato! (siede, sfila i guanti) Caro colonnello, non crede sia meglio pensare al futuro?

Ehrhard – (piombandole accanto) E il suo appuntamento?

Maria – (sorride triste) Andranno senza di me.

Ehrhard – (cercando di abbracciarla) Chi deve andare, e dove?

Maria – Colonnello!

Ehrhard – Maria, lei mi fa impazzire! Quando sento il profumo dei suoi capelli, se soltanto tocco la sua pelle di velluto... io dimentico il dovere, i sospetti, ogni domanda!

Maria – Colonnello, la prego! Stia fermo, colonnello!!!

In quell’istante, si spalanca la porta e Hitler in persona si para davanti a loro.
Maria sa che è Bromski e gli butta le braccia al collo piangendo, come se Ehrhard la stesse per violentare – cosa in effetti non lontana dalla verità.

Maria – Mio Führer! Mio Führer!

Bromski/Hitler non dice una parola e fissa esterrefatto e impaurito il colonnello. Ehrhard, nel suo terrore, scambia tale atteggiamento per una condanna: miserabile, ha osato toccare la donna del Führer!

Ehrhard – (cercando di ricomporsi) Io non potevo sapere... Comprendo il suo sdegno – Sono... sono desolato... (a Maria) Poteva dirmelo!

Bromski gira i tacchi e si avvia senza voltarsi indietro. Maria afferra la borsa e lo segue.

Maria – Mio Führer!

Ehrhard – (in ginocchio) La scongiuro, la supplico: dica soltanto una parola ed io sarò salvato! (Bromski e Maria escono) Una parola!!! Mio Führer! No!!!

Bromski e Maria scendono di corsa in platea, percorrendo tutto il passaggio alla base del palcoscenico, verso l’uscita laterale.

Bromski/Hitler – Ian è in macchina.

Maria – E’ stata un’ispirazione mandare te!

Bromski/Hitler – No, è stato Krakov. Vecchio rompiscatole. Ma gliel’ammolla.

In quel momento, nell’appartamento di Maria si ode un colpo di pistola e un ultimo, strozzato “Shuuuuultz!!!”. L’ultima gaffe è stata una gaffe di troppo, per il colonnello.

Maria – (bloccandosi sull’uscita) Si è sparato!

Tura – (da fuori) Di qua! Sbrigatevi! (rombo di motori) All’aeroporto, presto!
In Inghilterra!

Maria – In Inghilterra!!!

Buio.

Scena XI
Voci registrate di un’intervista radiofonica. Gli intervistatori hanno un sensibile accento inglese.

Giornalista – Incredibile! – E una volta sull’aereo?

Krakov – Arrivati in quota, Bromski, sempre travestito da Hitler, ha ordinato ai piloti di buttarsi giù.

Giornalista – E l’hanno fatto, signor Bromski?!!

Bromski – Assolutamente. Non immaginate l’ascendente di quell’uomo.

Giornalista – Signori Tura, cosa pensate di fare adesso?

Maria – Vivere! Abbiamo lasciato l’inferno alle spalle.

Tura – Ha detto bene mia moglie. Vogliamo vivere! E continuare a combattere per la libertà.

Giornalista – Voi avete già fatto molto... Siete un eroe! C’è qualcosa che l’Inghilterra può fare invece per i suoi amici polacchi?

Tura – A dir la verità, una cosa ci sarebbe...

Maria – Amleto!

Tura – Beh, siamo nella patria di Shakespeare...

Maria – ... e lui vuole recitare Amleto!

Scena XII
Londra. Rappresentazione di Amleto della Compagnia del Teatro Centrale di Varsavia a beneficio della comunità polacca esule in Inghilterra in tempo di guerra. La sala è gremita. Ci sono molti militari.

Tura – (entrando, concentratissimo, per il suo monologo) Essere... (controlla con lo sguardo Dimitri, seduto in platea)... o non... essere...

Dimitri non si muove, ma in terza fila si alza un aitante ufficiale di Marina.

Ufficiale di Marina – (guadagnando l’uscita) Please! Sorry, madam! I beg your pardon! Please...

Ian sembra non credere ai propri occhi, Dimitri scatta in piedi esterrefatto... e sulle note dell’inno della Marina Britannica


S I P A R I O