E’ VIETATO TOCCARE TERRA

di

Lara Mengozzi


PERSONAGGI: 

LOLA – la padrona di casa
MARIO – il corriere
RITA – l’agente immobiliare
UGO – l’aspirante acquirente
LA SiG.RA CICOSKY – la vicina di casa (personaggio muto)

Lola, una egocentrica, masochista, insopportabile zitella; Mario il corriere, nelle vesti di un neo – salvatore del XXI secolo; Rita e Ugo, una perfetta coppia vittima-carnefice; la Sig.ra Cicosky, la vicina di casa di cui tutto si sa, ma a nessuno gliene importa un fico secco. Tutti questi personaggi hanno in comune una cosa: la paura di vivere, di non essere all’altezza, di non farcela, di non essere abbastanza belli, dinamici, vincenti, alla moda; quella paura che ci prende alla bocca dello stomaco ogni tanto, anche se non lo confessiamo a nessuno; la paura di restare soli, di non essere amati, capiti, sopportati. 
Nella piéce si è scelto di materializzare questa paura nella atavica paura dei topi, ma di topi non ce n’è l’ombra. 
Si parla invece di relazioni umane difficili, di solitudine e di voglia di lasciarsi andare, di suicidio, e di voglia di ricominciare. Sullo sfondo una società vuota e rumorosa che rincorre i suoi miti.

LA SCENA: 

L’appartamento di Lola. Pochi mobili e molti scatoloni, un tavolo molto grande e alcune sedie.
La scena che rappresenta l’appartamento è contenuta all’interno di un’altra scena che rappresenta il pianerottolo, il davanzale, il bagno, la vista sull’appartamento della Sig.ra Cicosky.
All’apertura del sipario la scena è quasi buia. Lola è accovacciata sul tavolo nella penombra.
Suona un campanello. Il suono si ripete molte volte ad intervalli regolari. 

L – Quel campanello non smette mai di suonare. E’ testardo. Ma non ho alcuna intenzione di dargliela vinta. Posso resistere. No, non ho alcuna intenzione di scendere da qui per andare ad aprire la porta a un venditore, o magari ad uno che ha sbagliato interno, o peggio ad un amico che poi si metterebbe a fare domande su cosa e perché … Accidenti a quel campanello! Mi sta trapanando il cervello! Ma non capisce che non ne voglio sapere? E’ così stupido! Non capisce che voglio restare sola? Non ho nessuna intenzione di rischiare per lui. Qui sono al sicuro, e ci resto. 
Che lui continui pure a suonare, anzi ... quasi quasi mi fa anche piacere … mi fa sentire meno sola. Potrebbe anche essere plausibile che a qualcuno importi ciò che sto facendo. Magari si stanno preoccupando veramente, pensano che sia morta, o che voglia farlo … E’ anche divertente. Nell’assenza ti vengono a cercare. Ma nel puro stile melodrammatico che mi contraddistingue io gli rispondo che è troppo tardi. Che bello, sembra la trama di un libro romantico stile Sthendal.
Però quanto scoccia sto campanello! Mi fa venire i nervi … e poi se fosse una cosa importante? 
Resisti. Resisti. Ha smesso. Bene. Così posso dormire un po’. Ma domani che faccio? Bisogna prendere una decisione, non posso mica restare qui per sempre. Ovviamente, no, ma … ci resterò per il tempo necessario. Prima o poi se ne andranno, no? Ed io sarò libera. Devo resistere. Devo resistere un altro po’. Vabbè adesso dormo un po’ ….

Si odono delle voci sul pianerottolo e si vede Mario che dialoga con una persona fuori scena

M – Scusi signora, sto cercando la signora dell’interno 3. Non risponde o non è in casa…?
Voce di donna – Non ne so niente, è da un po’ che non la vedo.
M – Dovrei consegnarle un pacco, posso lasciarlo a lei?
Voce di donna – E’ meglio di no. Sa, sono cose personali. Provi ancora …
M – Ma …

Il campanello riprende a suonare

L – Ancora quel suono. Che insistenza. A questo punto sono curiosa di sapere chi è e cosa vuole….
Mi posso organizzare per raggiungere la porta senza rischi e posso guardare dallo spioncino. Se è uno scocciatore non gli apro e stacco il campanello. Chi è? Si può sapere cosa c’è di tanto importante? 
M – Finalmente! Allora c’è qualcuno in casa…
L – Dipende.
M – Mi apra signora, sono due giorni che la cerco…
L – Lo so. Ma cosa vuole?
M – Ho una consegna per lei.
L – Una consegna?
M – Sì, un pacco. 
L – Un pacco. E chi me lo manda?
M – Non lo so. Io devo solo consegnarlo. Il resto non sono affari miei. Mi apra, così lo vede da se.
L – Non sono così sicura di volerlo ritirare…
M – Sopra c’è scritto urgente. Non è curiosa di sapere cosa c’è dentro? 
L – Sarei più curiosa di conoscere il mittente, sa, di questi tempi, non c’è da fidarsi di nessuno.
M – Beh, io non posso trattenermi ancora. Se non mi apre dovrò riportalo indietro. E’ già la seconda volta che vengo ….
L – E chi mi dice che non c’è dentro una bomba?
M – Non fa nessun rumore.
L – O che poi non mi tocca pagare una cifra astronomica per qualche aggeggio che non ho mai ordinato?
M – Potrebbe essere un regalo di un amico.
L – Non ho amici.
M – Non ci credo.
L – E’ vero. Sì, non può essere che un brutto scherzo o una truffa …
M – Allora me ne vado?
L - Aspetti. Sopra che cosa c’è scritto?
M – Niente.
L – e’ grande?
M – Medio
L – Di che colore è la carta?
M – Non lo so. E’ imballato.
L – Non mi sta aiutando molto, lo sa?
M – Non so che dire. Non è molto piacevole parlare con una porta.
L – Ha ragione. Ma davvero non riesco a trovare nessuna ragione per aprire la porta.
M – Vive in isolamento?
L – Più o meno.
M – Cos’è un po’ matta?
L – Credo di sì.
M – Non credo che le faccia bene starsene da sola.
L – E’ la cosa che mi fa star meglio.
M – Avevo un fratello un po’ matto. E’ stato per un bel po’ in una clinica, e quando è tornato era molto più calmo ma …anche un po’ assente…
L – Ma io non sono così tanto matta.
M – Che vuol dire? O lo è, o non lo è.
L – Sono solo un po’ particolare.
M – Non dovrebbe dire di esserlo allora. E’ un offesa per quelli che lo sono veramente.
L – Mi scusi, non volevo offenderla. E’ solo che mi sento sempre così strana, così fuori posto.
M – Senta, perché non mi apre e mi offre qualcosa da bere?
L – Ha sete?
M – Tantissimo. Fa un caldo qui fuori.
L – E cosa vorrebbe bere?
M – Non lo so. Qualsiasi cosa. 
L – Non ho molto in casa, è un bel po’ che non faccio la spesa.
M – Anche solo un po’ d’acqua.
L – Di acqua ne ho, ma devo avvertirla che non compro la minerale …
M – Va bene comunque.
L – E devo avvertirla anche di un’altra cosa …
M - Cosa?
L (apre la porta) – in casa ci sono degli ospiti indesiderati … perciò le consiglio di camminare su questi scatoloni …
M – Finalmente. Ecco il suo pacco. Metta una firma qui, per favore.
L – Cos’è ha paura di entrare ora che le ho detto dei miei ospiti?
M – Ospiti? No, è che non posso trattenermi. Devo fare ancora molte consegne. Sa, sono neo assunto e ci tengo a far bene il mio lavoro.
L – Ma non aveva sete? Niente acqua? Era tutta una finta?
M – Sì, a dire il vero sì. 
L – Tutto per farsi aprire la porta…
M – Anche per vedere come sta … ma ora ho visto che è tutto ok.
L – E se io non lo ritiro?
M – Che? E perché farebbe una cosa del genere?
L – Per ripicca. Prima mi dice che ha sete, poi non ha più sete … Si tratta così la gente? Si tenga il suo pacco, io non lo voglio.
M – E va bene, mi dia questo bicchier d’acqua e facciamola finita.
L – Gliel’ho detto che non ho la minerale?
M – Sì, me l’ha detto. Spero che almeno sia fresca.
L – Accampiamo delle pretese ora? Prima mi apra, mi apra, per favore! Devo fare tutte le mie consegne sennò mi licenziano … 
M – Non è proprio così che è andata. Ero anche preoccupato per lei.
L – Preoccupato?
M – Faceva dei discorsi un po’ scombinati.
L – Cos’è uno psicologo? Un fattorino psicologo, fantastico!
M – Non c’è bisogno di essere psicologi per capire che lei è un po’ … spostata.
L – Spostata? Dice? Io non credo di essere spostata. 
M – I vicini dicono che sta chiusa in casa da una settimana.
L – Potrei avere l’influenza, che ne sanno loro? Venga avanti, non mi faccia tornare indietro con il bicchiere…
M – Comunque non è normale chiudersi in casa senza rispondere al campanello…
L – Gliel’ho detto dei miei ospiti?
M – E credere di avere degli ospiti …
L – Ma quelli ci sono veramente. Anzi stia attento a dove mette i piedi, viaggiano sul pavimento.
M – Dovrebbe chiamare un medico se vede cose inesistenti.
L – E così era preoccupato per me.
M – Sì.
L – Ma ora si è tranquillizzato. Un’occhiatina e ha capito che è tutto ok.
M – Senta, io non sono mica un medico. Non mi sembra in pericolo imminente, non credo che tenterà il suicidio, e mi sembra un brava persona ma …
L – Chi glielo dice? 
M – Cosa?
L – Che non voglio provarci.
M – Vuole farlo?
L – No. 
M – Senta perché non viene a fare un giro con me, fuori c’è il Sole.
L – Non posso.
M – Perché no?
L – Senti, possiamo darci del tu? 
M – Sì. 
L – Come ti chiami? 
M – Mario.
L – Piacere Lola. Senti Mario, ti va di fermarti un po’ qui con me? 
M – Devo lavorare … se non faccio tutte le consegne entro le sette quelli mi licenziano.
L – Hai ragione. Magari rimani solo un po’… Vorrei uscire da qui, ma non ci riesco. Questa casa è la mia tana. 
M – E’ una bella casa.
L – Dici? Sai, l’ho messa in vendita.
M – Perché?
L – Perché devo andarmene da qui. Voglio andare lontano, ricominciare tutto da capo.
M - E’ una bella idea. Sai quante volte ci penso anch’io. 
L – Davvero?
M – Sì. Ma a quel punto dovrai uscire.
L – Diventa sempre più difficile.
M – Più aspetti e peggio è. 
L – Hai ragione. Ma vedi, ho già preparato le valigie. 
M – E dove andrai? Hai già un’idea? 
L – Mi piacerebbe vivere in montagna, tra i boschi e le rocce… ma è troppo freddo.
M – Non è meglio un’isola della Polinesia?
L – Non sopporto il Sole cocente, lì non potrei proprio vivere.
M – Sei messa male: niente freddo e niente Sole …
L – Alla fine dovrò rimanere qui.
M – Credo di sì. Come mai tutta questa avversione per l’umanità? 
L – Perché dici così?
M – L’isolamento, tu che non apri a nessuno, che sogni di scappare e di vivere tra i boschi. Devi avere dei bei conti aperti …
L – Nessun conto aperto. Sono semplicemente sola, anche se non mi piace starci. 
M – Non si direbbe. Allora perché non esci? Incontra altre persone…
L – E’ inutile. Non sai quanto ci ho provato, ma è tutto inutile. Siamo destinati alla solitudine tutti, apparteniamo ad universi separati. 
M – Hai una brutta depressione.
L – Perché tu non hai l’impressione che per quanto ti sforzi di comunicare agli altri i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti, questi rimangono come imprigionati, imbrigliati, e che alla fine c’è sempre troppa fretta per ascoltare veramente e poca attenzione e disponibilità per approfondire, e che siamo tutti così stupidi e futili e tralasciamo le cose importanti, e che facciamo tanti discorsi quando quello di cui avremmo bisogno veramente è solo un po’ di consolazione per ciò che siamo e che diventeremo …
M – Consolazione?
L - Eccone uno! E’ lì, proprio sotto quella sedia! Non so proprio come liberarmene!
M – Io non vedo niente.
L – Ti ci vogliono dei begli occhiali. 
M – Potrei sapere almeno di cosa stiamo parlando?
L – Cos’è ti sei innervosito?
M – No, è che trovo assurdo parlare di cose inesistenti.
L – Sono topi, piccolissimi e velocissimi topolini. La casa ne è piena.
M – Sei sicura? 
L - Sicurissima. E’ un bel po’ che ci convivo, ma ora basta.
M – E’ per questo che vendi?
L – Già. Sin da bambina i topi mi hanno sempre infastidito. Questi esserini così piccoli e così veloci sono una vera tortura, perché non si riesce a controllarli. 
M – Hai provato con un topicida?
L – Le ho provate tutte. Stanno buoni per un po’ e poi ritornano.
M – E’ un bel fastidio. Ti confesso che anch’io non li sopporto.
L – Basta stare in una posizione sopraelevata e lasciarli scorazzare indisturbati.
M – Così cammini sui mobili?
L – Sì. Li guardo dall’alto. Li controllo, e loro controllano me. Abbiamo fatto un patto di non aggressione. 
M – Capisco.
L - Non ce la caviamo troppo male….ma, ti dico la verità, io sono un po’ stufa.
M – Senti Lola, devo essere sincero con te, io non vedo nessun topo qui. Ma neppure scarafaggi, o insetti di qualunque natura … 
L – … se li mangiano loro ..
M – Non ci sono topi qui, Lola. Hai delle allucinazioni. 
L – Figurati! Guarda che non sono così matta. Ci sono, eccome. Eccone un altro lì. 
M – Ah!! 
L – L’hai visto ora, eh? Quello è bello grosso.
M – Non ho visto un accidenti. Sei tu che mi condizioni. Senti, io adesso devo andare… ma tu non puoi restare qui in questo stato. Non sono affari miei ma …
L – Infatti, non sono affari tuoi. Se devi andare vai pure, chi ti trattiene? Ma non dirmi anche tu che devo curarmi.
M – Lo vedi che non sono l’unico a dirlo? Lo vedi che non sei sola? E che ci sono persone che si preoccupano per te? 
L – Mia mamma, che vuole ancora e per sempre dirmi come devo vivere e cosa devo fare e come mi devo comportare e … mai che mi abbia chiesto: cosa pensi? Un’amica, sposata con un figlio, un buon lavoro, una vita perfetta, che ogni tanto chiama per sapere se sto bene. Ma non sto bene! No, io sto male! E sono incazzata! E non voglio parlarne, e non voglio essere capita, non voglio essere aiutata, voglio solo respirare. Ma lei vuole aiutarmi: vuole trovarmi un uomo, vuole farmi svagare. E se dico no, mi guarda con compassione e mi dice: curati. Si fa presto a dire curati. E’ difficile, sai? Non è facile guardarsi dentro, accettarsi, vedere tutto quel marcio e continuare a vivere.
M – Ho capito.
L – Davvero?
M – Sì. Mi dai un altro bicchiere d’acqua?
L – Ti è piaciuta? E’ quella del rubinetto, ma non è male, no?
M – Sì.
L – Continua a comminare sui mobili, non dimenticarti dei nostri amici.
M – E se me ne fregassi?
L – Fai come vuoi. In effetti non so se siano voraci. E’ un bel modo per scoprirlo.
M – Cazzate. Non ho paura di qualche topolino, sempre se c’è.
L – Sei un Mister coraggio! Stai attento, potrei anche farti delle proposte…
M – Non credo. Sei troppo preoccupata a commiserarti.
L – Oh oh oh, cominciamo la seduta di psicoanalisi?
M – Dico sul serio. Sei un patetico caso di paranoica con delirio di onnipotenza.
L – E’ vero il contrario. Paranoica sì, ma con la piena coscienza che di me non gliene frega niente a nessuno.
M – Ti credi così importante da condizionare le scelte degli altri? Solo una cosa fra tutte le parole che hai vomitato mi è parsa vera: c’è del marcio dentro di te. Non cercare di darne la colpa a chi ti vuol bene. Hai una mamma che si preoccupa per te? Niente di strano. Fa il suo mestiere. Vorresti che ti chiedesse cosa pensi? E tu gliel’hai mai chiesto? Quanti anni hai? Trenta? Di più? E ancora ragioni come un adolescente? E la tua amica è fin troppo generosa, fossi in lei ti avrei già mandato nel casino!
L – Hai finito? 
M – No. Sei una donna normale, non sei matta, o non sei neppure sola. Sei sola egoista.
L – Ma che ne sai tu? Mi conosci? Chi sei per giudicarmi? 

Suona il campanello 

M – Hai visite. I tuoi nemici sono alla porta.
L – Stupido.
M – Li farai camminare suo mobili anche loro? Reciterai anche con loro la parte della pazza per metterti come sempre al centro dell’attenzione?
L – Non aspetto visite, e non intendo aprire, quindi non fare troppo rumore sennò ci sentono.
M – Mi dispiace, ma la cosa non mi riguarda. Devo andare.
L – Non aprire! Non puoi aspettare ancora qualche minuto?
M – No.
L – Sono davvero così insopportabile da non poterti trattenere ancora un po’?
M – Sì. 
L – E va bene, hai ragione. Ti fermi se ti do ragione? 
M – No. Guarda che non sono un bamboccio che puoi manovrare come vuoi.
L – Lo so, lo so. L’ho capito che sei intelligente e … sensibile … ma sarebbe troppo lungo spiegarti tutto. Sono sicura che se tu sapessi tutto capiresti ma non c’è tempo per spiegarti.
M – Non c’è niente da spiegare. 

A questo punto la luce si spegne e si ode una voce attraverso un megafono.

Voce – Attenzione!! Attenzione!!! Qui è il Pronto Intervento dei Vigili del Fuoco. Stiamo evacuando l’edificio, ripeto stiamo evacuando l’edificio. Se c’è qualcuno ancora in casa è pregato di uscire lentamente e senza correre. Niente panico. Non c’è nulla di cui preoccuparsi ….

L – Ma cosa dice quello lì?
M – Dice di uscire, e in fretta!!!
L – No, ha detto di uscire lentamente, ma che non c’è da preoccuparsi.
M - E’ un po’ difficile, non trovi?
L – Cosa?
M – Non preoccuparsi, non farsi prendere dal panico.

Voce – Ripeto stiamo evacuando l’edificio. Abbiamo staccato la corrente per scongiurare esplosioni, ma niente panico. Uscite lentamente….

M – Forse temono una fuga di gas.
L – O forse temono una bomba.
M – Può essere. Magari è dentro quel pacco.
L – Non credo, non fa tic tac.
M – Dai andiamo.
L – Io non vengo.
M – Non fare la cretina. Stanno evacuando. E’ pericoloso.
L – E allora?
M – Non hai paura di morire? 
L – E’sicuramente un falso allarme. La signora del 2° piano si diverte a fare telefonate. Vigili del Fuoco, Polizia, Carabinieri …
M – Non puoi esserne sicura. E se ti sbagliassi?
L – Non mi sbaglio. 
M – Beh, mi dispiace ma a me la tua convinzione non basta.
L – Perché tu non conosci la signora Cicosky. E’ un vero portento della natura. Tutto il giorno in casa a friggere. Già alle otto del mattino prepara il soffritto per il sugo. Vengono su certi odori nauseabondi … Se la incontri con la sua messa in piega dura, fatta con i bigodini stretti stretti e un litro di lacca, il completino stile Signora Kennedy, con la borsetta a mano retrò, ti saluta molto educatamente, ma nello sguardo ha qualcosa di sinistro e a volte puoi cogliere nelle pieghe del suo sorriso di gesso un terribile ghigno. Vive da sola dall’età di vent’anni dice. Non ha amici. Aveva un fidanzato, ma l’ha lasciato perché non era abbastanza educato. 
M – E tu come fai a sapere tutte queste cose?
L – Me le ha dette la prima volta che ha inaugurato il suo curioso modo di movimentare le sue giornate. 
M – No ci credo. 
L – E invece sì. Io ero rimasta in casa nonostante l’ordine di evacuare e naturalmente anche lei … mi affaccio al pianerottolo e la vedo, tutta felice … così raggiante non l’avevo mai vista. Era trasfigurata, allegra, rideva di gusto. Mi disse: lei non scende?
M – E’ vero, tu non sei scesa. Perché? Allora non potevi sapere che era tutto uno … scherzo.
L – Le ho risposto che aspettavo l’arrivo di un bel vigile del fuoco. Sai, noi trent’enni non abbiamo troppe occasioni di incontrare un bel ragazzo …
M – Cazzate.
L – Poi mi ha offerto il te con i biscotti fatti in casa, e abbiamo parlato un po’. E’ stato un bel pomeriggio. 
M – Sai cosa penso? Che questa signora Cicoscki ti somiglia. 
L – Lo credo anch’io.
M – Ma non siamo sicuri che anche questa volta dipenda da lei. 
L – Ci sono buone probabilità. 
M – Probabilità? Io voglio certezze, non probabilità. E poi, mi spieghi perché glielo lasciano fare? Come minimo dovrebbero interdirla … denunciarla …
L – L’hanno già fatto. Ma non possono mica rinchiuderla per sempre. Non lo sai che i manicomi non esistono più? Ogni tanto la vengono a prendere e la portano per qualche giorno nel Reparto di Psichiatria a fare un po’ di cura. Ma non possono mica ignorare una chiamata … 
M – Quindi è tutta una commedia? 
L – Credo di sì.
M – Va bene, ti credo … ma preferisco scendere a controllare di persona e tu vieni con me.
L – No, ti aspetto qui.
M – Potresti sbagliarti. Stavolta potrebbe essere vero.
L – Pazienza.
M – Sei impossibile. Dammi quel pacco, che lo faccio controllare.
L – Il mio pacco? No …
M – Sì.
L – La sai da quanto tempo non ricevo un regalo?
M – Ti prometto che te lo riporto.
L – Ma dovrete aprirlo, e così non avrò più la mia sorpresa.
M – Non mi sembra il caso di fare tanto la difficile. Quel pacco potrebbe essere molto pericoloso.
L – E va bene. Ma lo rivoglio integro. Prometti che me lo riporti.
M – Prometto. 

Mario esce

L – Ehi, non stare via tanto … ho paura del buio!!! No, penso che non tornerà. Io non tornerei. Peccato però, mi piaceva fare due chiacchere con qualcuno, anche se quello è un po’ sempliciotto. Ma quelli intellettuali mi fanno venire i nervi, perciò mi devo accontentare. Cioè, mi sarei dovuta accontentare. Ma non sono stata troppo simpatica. Magari ci scappava anche un po’ di sesso … e invece ho rovinato tutto come al solito. Però anche lui avrebbe dovuto fare meno domande e agire. Non mi piacciono gli uomini troppo chiacchieroni. L’omo a’ da puzzà. Probabilmente non gli interessavo. Probabilmente è gay. Uh, com’è tardi! Fra poco saranno qui e non ho ancora preparato nulla e non ho ancora risolto il problema topi. Se almeno tornasse la luce. 

Si riaccende la luce

L – Eccola! E Dio disse sia luce e luce fu. 

Rientra Mario trafelato e col pacco in mano reincartato.

M – Tutto a posto. Era tutto un falso allarme. 
L – La signora Cicoski? 
M – Sì.
L – Lo dicevo io. E quello cos’è?
M – Il tuo pacco.
L – Sembra passato sotto una pressa.
M – L’ho reincartato come ho potuto.
L – Potevi fare meglio.
M – Invece di ringraziarmi che te l’ho riportato, che guarda potevo anche buttarlo nel primo cassonetto e andarmene …
L – Sì, ma ti rendi conto? Ricevo un regalo, dopo mesi, anni … 
M – Ohhh
L – Tu, prima me lo sequestri, poi lo profani, quindi me lo rendi sciupato … 
M – Senti se non lo vuoi lo buttiamo, tanto…
L - Tanto? Cosa vuoi dire che è una ciofeca?
M – Non ho detto questo.
L – Dammi qua. Allora dimmi, che ha combinato stavolta la signora Cicoski?
M – A quanto pare la solita telefonata.
L – … e …
M – E cosa?
L – Racconta dai, che catastrofi s’è inventata stavolta?
M – Niente di particolarmente truce. Ha detto di aver aperto il gas perché voleva morire.
L – Tutto qui?
M – Beh, è una cosa piuttosto forte da dire, no?
L – Abbastanza. 
M – Solo? Solo abbastanza?
L – E’ abbastanza normale. E l’hanno riportata in ospedale? 
M – No. Lei gli ha offerto il caffè. Pensano che sia una simpaticona. 
L – Fa sempre così. Ha solo bisogno di un po’ di compagnia.
M – Bene. Visto che è tutto risolto … è ora che io me ne vada. 
L – In ritardo con le consegne?
M – In ritardissimo.
L – Ma, ti pagano bene?
M – No.
L – E se ti offrissi io un lavoro?
M – Questa è bella. E cosa?
L – Mi serve un fidanzato.
M – Eh? No, io queste cose non le faccio.
L – Ma cos’hai capito? Non voglio un fidanzato vero. E’ tutta una commedia.
M – Cioè?
L – Devo far credere ad alcune persone che ho un fidanzato.
M – Perché?
L – Perché … perché così penseranno che sono una persona normale.
M – Non sapevo che i single fossero anormali.
L – Non è questo … è che … voglio dimostrargli che in tutti questi anni qualcosa è cambiato. 
M – E che tu sei cambiata? 
L – Sì.
M – Sì, ma cambiata come? In meglio o in peggio?
L – Maturata. Rilassata. Arrivata … spiritoso!
M – Non ci crederanno. Non ti conosco abbastanza, ma da quello che vedo sei un bel po’ nevrotica. 
L – Come la maggior parte della gente. Insomma, non voglio sembrare una sfigata che vende casa.
M - E io dovrei recitare una parte?
L – Sì.
M – E per quale pubblico?
L – Una vecchia compagna di liceo. 
M – Tutto qui? Hai così tanta paura di incontrare una vecchia compagna di scuola?
L – Sono i confronti più duri. Ci si guarda negli occhi e tutta la vita ti scorre davanti: il lavoro, l’amore, i successi, le occasioni perse …
M – Scusa, ma non credo che questo inganno ti aiuterà a superare il problema. 
L – Ma mi renderebbe più sicura di me. 
M – Non credo che sia una buona idea, e non credo che riusciremo ad ingannarla.
L – Ma sì! Non è mai stata molto intelligente.
M – Mi sembra di capire che non siete amiche, che non vi frequentate e che neppure vi stimate. Allora, perché viene a trovarti?
L – Fa l’agente immobiliare. Le piace fare la grande manager, ma l’agenzia gliel’ha comprata il babbo, e le piace anche sembrare molto buona. Ha saputo che voglio vendere casa e si è offerta di darmi una mano. 
M – Ho capito. Ma lei è single?
L – No, è sposata con un manager, solo che non si vedono mai perché lui è sempre in viaggio. 
Fece un matrimonio che neanche in Beautiful …, un ricevimento da sogno in un parco secolare con un’Orchestra di archi in giardino che suonava Mozart e sul patio spettacoli dal vivo fino a tarda notte: un comico, un prestigiatore, un gruppo che cantava melodie internazionali. Le sorelle e le cugine vestite da damigelle, i bambini da paggetti. Lei infilata in un abito sontuoso ricamato con swaroski, un abito da ventimila euro che la faceva sembrare una bomboniera. E il marito? Uno spilungone secco, col naso adunco vestito con frack e cilindro … un orrore da vedere. 
La madre diceva che avevano speso più per il matrimonio che per l’appartamento … 
M - Magari è anche carina…
L – Ti ho detto che è sposata.
M – Hai detto che il matrimonio è in crisi.
L – Stai cercando moglie?
M – Perché no? 
L – L’hai trovata. E ti pago bene.
M – Va bene, ci sto. Tanto volevo cambiare lavoro. Ma quando viene? 
L – Adesso. 
M – Come adesso?
L – A momenti. Capisci l’italiano? Viene con uno che è interessato all’appartamento.
M – Ma non saremo pronti.
L – Perché?
M – Non ci conosciamo per niente. Rischiamo di farci scoprire subito.
L – Mi conosci meglio tu di molte persone che frequento da anni.
M – Io non credo.
L – Comunque devono solo vedere l’appartamento. Lascia fare a me. Dobbiamo solo sembrare una normale coppia di sposini che desiderano cambiare casa per allargare la famiglia.
M – Pure! E da quanto tempo siamo sposati?
L – Due anni?
M – Con un figlio in arrivo?
L – Dici?
M – Non lo so.
L – Non è un po’ troppo presto?
M – Quanti anni hai tu?
L – Trentatre. 
M – Diciamo che sei di tre mesi, ok? Tre mesi, non un giorno di più, altrimenti non ci crederanno.
L – E dove andiamo a stare?
M – Emigriamo. 
L – Non sembrerà una fuga?
M – No, fa molto pioniere. Andiamo in Polinesia ad aprire una gelateria.
L – Non è poi così eccezionale. Ho già sentito di molti che l’hanno fatto.
M – Allora proponi tu.
L – Ci prendiamo un anno sabbatico. Compreremo una barca a vela e faremo il giro del mondo.
M – Sono anche skipper io?
L – Ovviamente. Sei ricco di famiglia e non hai bisogno di lavorare per vivere.
M – Mi calza a pennello.
L – Non è male eh? 
M – Ma come la mettiamo con i tuoi coinquilini?
L – Di loro nessuna parola, altrimenti …
M – Per me va bene. Si torna con i piedi terra.
L – No!!! Sei matto? Guarda che quelli mordono! 
M – Allora come pensi di fare? Devono vedere la casa, no? 
L – Gliela possiamo descrivere noi. In fondo basta solo che vedano il soggiorno, è talmente piccola. Non è fondamentale che la vedano tutta. 
M – Ma non credo convincerai anche loro a camminare sui mobili.
L – Aiutami, e quel viaggio in Polinesia te lo pago io.
M – Chi ti dice che voglio andarci?
L – Si capisce benissimo, sono già due volte che la citi. Ma il gelato lo sai fare veramente?
M – Sì sì. Ho fatto un corso due mesi fa. 
L – E lo faresti per noi stasera?
M – Non so. Ci vogliono gli ingredienti….
L – Quali?
M – Uova, latte, vaniglia, cioccolato …
L – Ce li ho. Pensa se gli facciamo il gelato fatto in casa che figurone!
M – Ma questo non gli impedirà di voler vedere l’appartamento.
L – E’ un diversivo. Li mettiamo a tavola: cena esotica a lume di candela.
M – Ma … 
L – Organizziamo un camminatoio così … (mostra come intende fare) e gli diciamo che secondo un antico rituale “tao” porta sfortuna che il futuro padrone di casa tocchi il pavimento prima di aver respirato lo spirito della sua nuova casa. Poi apparecchiamo sul tavolo, all’orientale.
M – Sono stato in Oriente e ti assicuro che queste sono tutte cazzate.
L – Sei stato in Oriente? Quindi sei esperto di queste cose. 
M – Abbastanza. Ho un debole per la cultura orientale. 
L – Perché?
M – La meditazione, raggiungere lo zen, non sono cose affascinanti?
L – Forse. Non lo so. Sono cose così lontane dalla nostra cultura. 
M – Ma ne abbiamo così tanto bisogno.
L – Io no. Io sto bene così.
M – Davvero? Mi sono fatto un’idea un po’ diversa.
L – Cioè?
M – Posso dirtelo? Non ti offendi? Mi sembri una persona infelice.
L – Non più di te. 
M – Cosa te lo fa pensare?
L – Uno che ogni due minuti dice di voler emigrare in Polinesia a fare meditazione orientale mi sembra un tantino insoddisfatto della propria condizione.
M – Sto ancora cercando la mia strada.
L – Ma quale strada? Dove credi di andare? 
M – Per esempio il lavoro. Tutti mi dicono che dovrei adattarmi di più, ma io non ho ancora trovato qualcosa che mi appassioni veramente.
L – Sei solo un insoddisfatto cronico. 
M – E tu invece? Sei una zitella convinta?
L – Adesso dovrei offendermi? 
M – Non lo so. Ma è quello che sembri. D’altra parte, l’hai detto tu, hai bisogno di fingere di avere un marito, per sembrare meno sfigata agli occhi del tuo alter ego di successo.
L – Io non penso che lei abbia avuto più successo di me.
M – No … però sei invidiosa di tutto quello che lei ha, a partire dal marito col naso adunco per arrivare ai soldi di famiglia e alla carriera! 
L – Sono stufa di questi discorsi. Apparecchiamo?
M – Ahhhh! 

Guarda fuori dalla finestra. Si accende la luce nell’appartamento della vicina. Questa ha qualcosa intorno alla vita che potrebbe anche essere esplosivo.

L - Che c’è? 
M – La signora Cicosky!!!
L – Che ha fatto?
M – Vieni a vedere … ( Lola guarda ) … sbaglio o quella che ha intorno alla vita è una cintura di esplosivo?
L – Potrebbe essere.
M – Dico, ma quella è pazza da legare! Cosa intende fare, farci saltare in aria tutti quanti?
L – Deve stare proprio male per fare una cosa del genere.
M – Non me ne frega un cazzo se lei sta male! Qui saltiamo in aria tutti quanti! Ma che fai? (Lola sta facendo gesti con le mani)
L – Cerco di parlarle. Tu vai a fare il gelato in cucina.
M – Il gelato? Ma che dici? Non c’è tempo da perdere. Io chiamo la polizia. 
L – Non ti crederanno. Signora Cicoscki … come va?
M – Tu e quella Cicoscki…. Siete entrambe pazze.
L – Ehi!!! Bella giornata vero? Lo sa che il mio fidanzato sta facendo il gelato fatto in casa? 
M – Io me ne vado …

Si avvia verso la porta ma suona il campanello. Fuori dalla porta Rita e Ugo stanno già discutendo.

L – Sono già qui! Senta signora, perché non passa più tardi ad assaggiare il gelato di Mario? Gliene tengo una coppa da parte, va bene?
M – Che si fa?
L – Te ne volevi andare?
M – Secondo te?
L – Le ho parlato, è calma. Resti? 
M – E va bene. Ma tu tienila d’occhio.

Apre la porta. Sul pianerottolo ci sono Rita e Ugo. Lei è una bella ragazza estremamente magra. E’ vestita all’ultima moda. E’ nervosa e molto affettata. Lui è un uomo di circa quarant’anni. E’ spavaldo e affabile.

M – Salve, voi dovete essere quelli dell’agenzia.
R – Infatti. Lola non c’è?
M – Certo, è in casa. 
R – Non sapevo che Lola convivesse con qualcuno.
M – Ovviamente conviviamo, come la maggior parte delle coppie sposate.
R – Un marito? Addirittura! Beh, congratulazioni … io davvero non sapevo.
L – (si avvicina alla porta) Ciao!
R – Che sorpresa, Lola, tu hai un marito.
L – Sì. Ci siamo sposati in India questa estate.
U – Scusate, non vorrei essere scortese, ma ho abbastanza fretta, perciò….
R – Sì, certo. Sig. Russo le presento la mia amica Lola e suo marito …
M – Mario. 
L – Piacere.
R – Entriamo a dare un’occhiata?
U – Siamo qui per questo.
L – Prima di entrare dovete sapere che … beh, insomma … Mario ed io ci siamo convertiti alla religione “tao” …
R – Lola, ti pare il momento di parlarci di queste cose …
L – … e ci teniamo a rispettare un certo rituale.
U – Rituale? Quale rituale?
M – Niente di eccezionale.
L – Come in certe religioni è richiesto che l’ospite si tolga le scarpe prima di entrare in casa …
U – Devo togliermi le scarpe?
R – Non mi sembra il caso …
L – No, ma il “tao” ritiene che l’ospite non debba appoggiare il proprio piede profano in casa del credente, altrimenti una grave disgrazia di abbatterà sulla quella casa e sui suoi abitanti.
R – Lola ti prego, cerca di essere realista, siamo qui per vedere la casa.
L – Lo so, ed è per questo che abbiamo organizzato per voi un camminatoio che vi porterà fino al centro della nostra casa da dove potrete ammirarla comodamente. Prego seguitemi.
R – Che idea particolare.
U – Mi sembra una trovata un po’ ridicola.
R – Speriamo di non scivolare.
U – In tal caso passeranno un brutto quarto d’ora. ( poi a Mario) Ma noi ci conosciamo? Dove ci siamo già visti?
M – Pescara. 8° Sezione fanteria. Classe 1970.
U – Ah sì! Mario Lessi. Come va?
M – Non mi lamento.
U – Piccolo il mondo, eh?
M – Fin troppo.
U – Non è felice di rivedermi, eh?
M – Ma che dice?
U – Ce l’ha ancora con me per quelle piccole punizioni …
M – Ma no, figuriamoci, sono cose superate.
U – E così ha messo su casa e … si è convertito al taoismo.
M – Già.
U – Religioni minori per popoli minori.
L – Ecco, accomodatevi pure sopra il tavolo.
R – Come sopra ….?
L – Non te l’ho detto? Mario ed io abbiamo preparato per voi una buonissima cena “tao”.
R – Ma non dovevate. Non ce n’era alcun bisogno Il Sig. Russo va di fretta…
L – E’ una cena veloce. C’è una sola portata, un piatto unico.
U – Si può alzare un po’ la luce? 
M – Non vuole accomodarsi prima?
U – Accomodarmi? E dove? Ho appena camminato sulle vostre uniche sedie. Ora dove dovrei sedermi? Sul tavolo?
L – Esatto.
U – Cosa? Scusa Rita ma dove mi hai portato? 
M – Guardi che è comodissimo. Consumeremo le cena qui sul tavolo…
L – Alla maniera “Tao”.
U – Assolutamente no. Io non faccio queste cose. Rita … i tuoi amici sono un po’ troppo particolari, non trovi?
R – Non so che dire, tranne che io non ne sapevo nulla. 
U – Siamo qui per la casa, non per fare amicizia. 
R – Comunque non sono i miei amici. Conosco Lola dalla scuola, ma poi ognuno ha preso la propria strada.
L – Grazie Rita, ma l’hai detto tu che vuoi aiutarci a vendere casa. Diglielo al signore che non mordiamo. Di che cosa ha paura?
U – Paura? Macché paura. E’ che siamo troppo diversi, capisce, voi ed io. Non ho tempo da perdere signora. Sono un uomo d’affari. Conosco suo marito e, con tutto il rispetto, ho già capito abbastanza.
L – Abbastanza cosa?
U – Rita, credo che dovremo cercare un altro appartamento.
R – Non vuoi pensarci ancora un po’? Guarda che questo è un affare.
M – Sono sicuro che quando l’avrà visto cambierà idea.
U – E va bene. Ma non mangio sul tavolo. Non sono mica un animale io!
L – Che cosa vuole mangiare in piedi come i cavalli? 
M - ( a Ugo distribuendo il cibo) E’ sempre nell’esercito?
U – No, ora sono in politica. Più soldi e più privilegi. E’ finito il tempo in cui i militari contavano e decidevano. Ora comandano i Ministri, i Sottosegretari …. E lei invece che fa?
M – Sono nel ramo spedizioni.
U – Ah... lavori alle poste? Scusa posso darti del tu, vero? Mi sembra ieri che ti davo certi calci nel culo!
R – Per me basta così, grazie.
L - Mangi troppo poco. Non sei troppo magra?
R – Sto bene così.

Mario guarda fuori dalla finestra. Sia Mario che il pubblico vedono la vicina alle prese con il filo per stendere i panni, ma non si capisce bene ciò che sta facendo 

M - Ahh! Lola, ci risiamo. La signora Cicoscky … 
L – Che ha fatto? 
R – Chi è questa Cicoscky?
L – E’ una vicina di casa.
M – E’ un po’ matta.
R – Cioè? Perché non mi hai detto niente, Lola?
L – Ma non ha niente di grave, e non dà fastidio a nessuno
U – Ma se è matta bisogna rinchiuderla. 
M – (all’orecchio di Lola) Hai visto che sta facendo?
L – Ho visto. 
M – Allora che si fa?
U – Ho proposto un progetto di legge alla Camera che si occupa proprio di questi casi umani, cioè i pazzi, gli spostati, i drogati e tutti quelli che non sanno che fare della loro vita. L’idea è di deportarli in campi di lavoro. 
M – Ma che dice?
U – Sì caro Mario. E’ ora di essere molto chiari. Per essere competitivi sul mercato mondiale bisogna liberarsi di questi fardelli che pesano sulle nostre tasche e creano solo dei problemi alla collettività. In fondo anche loro ci ringrazierebbero se potessero vivere in un posto a parte, lontani, ma tutelati. Naturalmente dovrebbero lavorare, perché chi non lavora non ha diritto di mangiare no?
R – C’è un bel panorama da qui, Lola?
L – (intenta a fare cenni alla Cicoscky) Eh? Ma sì, certo. Si vede tutta la strada. I cassonetti, la fermata dell’autobus … 
R – Hai capito Ugo?
U – Certo. Ottima visuale strategica. 
R – Dici?
U – La sua vicina cos’è quella donna con la corda al collo che sta cercando di appendersi al lampadario?
R – Eh? Che orrore!
L – Vi date del tu. Siete amici? 
R – Ci conosciamo da un po’ di tempo.
M – Che facciamo con la Cicoscki?
L – Forse è il caso di andare a vedere come sta.
U – Si vede benissimo anche da qui come sta. 
M – Perché non vai da lei e cerchi di farla ragionare?
L – Mi sembra una responsabilità troppo grossa.
U – Lei ha ragione. Lasciamo che la società esplella da sola questi soggetti deboli.
R – Dov’è il bagno?
L – Vuoi andare in bagno?
R – Sì.
L – Ma non è il momento.
R – Ma io ho bisogno ora.
M – Vedo che il tempo non l’ha cambiato, è sempre molto … determinato.
U – Grazie. Sì. Un tempo eravamo pochi a dire queste cose, ma ora la gente comincia a svegliarsi e a capire la profonda verità contenuta nella nostra filosofia di vita.
M – Senti Lola, se non ci vai tu dalla Cicoscky … allora ci vado io.
L – E va bene, non ti scaldare tanto. Ma tu accompagna Rita in bagno.
R – Non credo di dover essere accompagnata.
L – E invece sì. Ma prometti che non ti scandalizzi per il disordine …
M – Andiamo?
U – Vai vai, e fai presto che si è fatto tardi. 
L – Beh, io torno subito.

Lola esce. Mario e Rita vanno in bagno. Suona il telefono. Ugo resta impassibile a guardare fuori dalla finestra. Dopo un po’ si vede Lola che, raggiunta la vicina, le parla e prendono un té insieme.
Mario torna dal bagno ma non risponde al telefono.

U – Quel telefono è un po’ insistente.
M – Sì. 
U – Ha un suono molto fastidioso.
M – Già.
U - Andiamo, fallo smettere.
M – Ah … no … se poi è uno scocciatore?
U – Riagganci.
M – Preferisco che risponda Lola.
U – Ma lei ora non c’è.
M – Lo so, ma tornerà.
U – Allora forse sarà troppo tardi.
M – Speriamo di no.
U – Speriamo di sì, invece. E’ una vera tortura. Ehi!! A che pensi, alle lucciole? 
M – Eh? No, stavo pensando alla signora Cicoscki.
U – Anche tu non sei cambiato sai? Sempre il solito perdente. Hai sposato una squilibrata che ti fa mangiare seduto sul tavolo e che altro?
M – Non è una squilibrata. E’ una persona molto sensibile. 
U – Sì, sensibile….
M – Comunque lei non mi conosce abbastanza per giudicarmi.
U – Ti conosco eccome! 
M – Sono passati molti anni e …
U – Le persone non cambiano.
M – In ogni caso non ha nessun diritto di sputar sentenze. Chi si crede di essere?
U – Quello che sono: un deputato della Repubblica. Uno che se vuole domani ti fa trasferire nell’Ufficio Postale di Lampedusa, capisci?
M – Cos’è una minaccia?
U – No, si fa tanto per parlare. 
M – Ecco Lola è arrivata dalla Cicoscki. Ora la farà ragionare.
U – Carino l’appartamento, per quello che vedo. Come mai vendete?
M - Dobbiamo partire per un viaggio intorno al mondo.
U – Davvero?
M – Sì.
U – Che idea balorda.
M – Perché?
U – Abbandonare tutto per correre dietro a una falsa idea di libertà.
M – Oppure fare un’esperienza che ci cambierà la vita per sempre.
U – La mia vita va già bene così, ma capisco che la tua …
M – Meno male, è riuscita a farla scendere dalla sedia.
U – Ma quanto ci mette Rita? Le avevo detto di fare in fretta.
M – Vado a vedere come se la cava.
U – Sì. Dille che ho fretta.

Mario sia avvia verso il bagno. Dentro al bagno Rita non si sente bene e Mario la soccorre.
Il telefono riprende a suonare. Ugo resta impassibile per un po’ poi risponde.

U – Pronto. No, Lola non c’è. Lo so che questa è casa sua ma lei è uscita. Io? No, non siamo amici e non sono il suo ragazzo. Che fantasia! Senta perché non chiama più tardi? Oppure se vuole parlare con Lessi. Come chi è Lessi? Beh, capisco, forse voi vi conoscete solo per nome … Mario, mi pare si chiami così. Ah non lo conosce? Ma lei chi è, scusi? La mamma. Beh, signora mia se non sa il nome di suo genero … che devo dirle … Ho capito, non c’è tanto da scaldarsi. Si vede che ancora non hanno avuto occasione di dirglielo. Bisogna anche capirla, sua figlia, sa, il ragazzo non è un grande acquisto. Cosa voglio dire? Beh, cosa voglio dire … forse sua figlia è un po’ particolare, ma Lessi è un fallimento. Lo so di sicuro, cara signora perché dieci anni fa ero il suo ufficiale e non gli ho reso di certo la vita facile. Gli volevo raddrizzare la schiena, ma lui era stupido, sempre a contestare, sempre a fare mille domande. Sì, devo ammetterlo, mi stava sui coglioni … una cosa di pelle. E poi non voleva piegarsi al potere e non voleva capire cosa era giusto e cosa non lo era. Cosa fa ora? Dice che lavora alle Poste. Ora non si metta a piangere per favore … cerchiamo di mantenere un contegno. Perché non l’hanno invitata al matrimonio? Ma cosa vuole che ne sappia … Hanno detto che si sono sposati in India … e che poi si sono convertiti al taoismo. E’ una religione orientale signora, un mucchio di cazzate orientali. Ora mangiano delle orribili poltiglie e camminano sui mobili. No, non credo sia il caso che lei venga fin qua. La vicina di casa vuole impiccarsi e Lola la sta aiutando. No! Non la sta aiutando ad impiccarsi, che ha capito? Signora? Signora? Pronto?

Urlo di Rita dal bagno. 
Rientra Lola propria mentre Mario torna dal bagno con Rita fuori di se

U – Ehi, che succede di là? 
L – Tutto a posto qui?
U – Volete rispondermi? Lessi!!! Rita! Che succede? Non costringetemi a venire fin lì…
L – Che ci fa al telefono?
U – Ah è qui! Una telefonata per lei. 
L – Chi è?
U – Sua mamma. 
L – Mamma! Mamma? Mamma ci sei?
R – Siamo qui, che volevi? (beve un bicchiere di vino)
U – Finalmente! Che cosa ti succede? Perché urlavi a quel modo?
L – Mamma, sei ancora lì? Ma che le prende?
U – Non so. Prima ha cominciato a balbettare, poi ha smesso di parlare e …
L – Ma cosa ….?
U – Non le aveva ancora detto del matrimonio, vero?
L – Non glielo avrà detto lei….
U – Certo. Non la smetteva più di fare domande… Insomma, le ho solo detto quello che lei avrebbe dovuto dirle da un bel pezzo. Non crede che sua madre abbia diritto di sapere con che razza di fallito si è sposata?
L – Cosa? Oh no!!! Soffre di cuore, e non deve avere emozioni troppo forti.
U – Ah, è per questo …
M – Le ha raccontato tutto?
L – Se mia madre ha avuto un attacco di cuore la riterrò direttamente responsabile!
U – Non dica sciocchezze.
M – Secondo me ha solo riattaccato.
L – Non ha riattaccato. Senti la comunicazione è ancora aperta. Mamma! Mamma!!! Rispondimi, dai. Lo so che ora sei arrabbiata con me, ma posso spiegarti tutto. Non risponde …
M – Allora andiamo da lei.
U – Sentitelo com’è coraggioso! Complimenti Lessi, vedo che ti sei fatto quasi uomo.
R – Lascialo stare, se non fosse stato per lui di là nel bagno non so cosa sarebbe potuto succedermi.
U – Ma che dici? Di che parli?
L – E’ successo qualcosa nel bagno?
M – No, niente.
R – C’era una cosa sul pavimento …
M – Dice di aver visto qualcosa nel bagno, ma io non ho visto proprio niente.
U – Sei troppo delicata. Ti impressioni per niente. Non avete un po’ di veleno in casa per tenere a bada quelle bestiacce?
L – Non serve, ormai sono diventati furbi: mangiano il formaggio e scartano … mamma! Finalmente! Come ti senti? Si lo so lo so, ma posso spiegarti tutto …
U – … il veleno, basta un po’ di veleno. Formaggio? 
L – Mi dispiace Rita. Bevi un po’ di vino che ti passa. 
R – Grazie. Non ho mai visto una bestia simile. 
L – Accidenti, ora si sono estesi anche nel bagno.
U – Formaggio …
L – Senti Rita, credo che dovresti tenere questa. (le porge una scopa). Mamma, ora non posso venire li da te, lo senti? Ho visite. Sto cercando di vendere casa perché devo andarmene da qui lo sai. Non posso restare qui un minuto di più. Il quartiere è decadente, pensa che la mia vicina tenta il suicidio un giorno sì ed uno no. Io sono sempre sola … mamma …
U – Ho capito avete importato una varietà di insetto indiano …
R – Ma quali insetti, quelli erano topi. 
U – Topi?
L – Sì, mamma, io devo cambiare aria, cambiare vita … incontrare nuova gente. Me lo dici sempre anche tu, no? Divorziare? No, non credo. Senti possiamo parlarne domani? Va bene, ciao mamma. (riattacca) 
U – Dovrei comprare una casa invasa dai topi?
M – Paura di qualche topolino?
U – Chi? Io? Ma se fin da bambino mi divertivo a giocarci: mettevo le trappole e li aspettavo … aspettavo per ore solo per poterli vedere morire.
M – Allora non c’è problema.
U – Il problema c’è invece. Sono una persona rispettabile io! L’appartamento è decadente e il vicinato è poco raccomandabile. Mi dispiace ma proprio non fa per me. Mi sono fidato di Rita ma ho sbagliato.
R – Scusa, hai ragione, ma io pensavo …
U – Non pensare, fammi il piacere. Non sprecare le tue fragili meningi in una attività così difficile.
R – Dico solo che Lola mi aveva assicurato… 
U – Ma tu avresti dovuto verificare! Accertarti di persona! Controllare! Non ti pago per questo? 
M – Le assicuro che è tutto un equivoco, non ci sono topi in casa, ma solo qualche scarafaggio.
U – Voglio verificare di persona. (Esce in bagno. Nel bagno cerca di calmarsi.)
R – Posso avere un altro bicchiere di vino?
L – Non esagerare che poi ti dà alla testa. 
R – Di cosa ti preoccupi. Dopo lo scherzo che mi hai fatto, come minimo dovrei ubriacarmi.
L – Quale scherzo?
R – La casa. Che figure mi fai fare? Con Ugo specialmente.
L – Guarda che è una bella casa, accogliente, luminosa. Ci sto da dieci anni, la conosco anche nelle crepe …
R – Ci sono delle crepe nei muri?
L – Ma no… si fa per dire …
M – Tutto bene di là in bagno?
U – (tornando dal bagno) Ha ragione lui, non ci sono topi in bagno. Cos’hai le allucinazioni?
R – ma io sono sicuris…
U – Lascia perdere, e cerca di calmarti. Non le prendi più quelle pastigliette contro l’ansia?
R – Ho smesso, mi facevano sentire assente.
U – Meglio assente che pazza, no? Molto meglio se stai un po’ zitta in disparte, piuttosto che sparare cazzate, non trovi?
R – Sì, credo di sì.
L – Ehi, non mi sembra il caso di trattarla in questo modo.
U – Io la tratto come mi pare.
R – Ma sì, lascialo stare Lola, non fa niente.
M – Avete una relazione?
R – Eh? 
U – Non credo che questi siano affari tuoi Lessi.
L – A proposito Gianni come sta?
R – Bene, credo. Sai, è molto preso dal suo lavoro, come me del resto. Alla sera torna sempre molto tardi e al mattino io parto sempre molto presto … E’ la vita moderna.
L – Non mi sembra un granché…
R – Cosa …
L – Questa vita moderna. 
R – E’ normale. 
M – Mi chiedevo come mai una persona rispettabile come lei vuole comprare un piccolo appartamento in una anonima zona residenziale. Non era sposato? 
U – Sì ma …
M – E aveva anche un figlio, o forse due … non ricordo. Che ne è di sua moglie?
U – Continui a impicciarti di cose che non ti riguardano.
M – Beh se non vuole parlarne io capisco…
U – Macché! 
M – Davvero, se preferisce non parlarne … magari lei l’ha lasciato e la ferita è ancora aperta … io capisco …
U – Ma cosa dici? Che ne sai tu? Non c’è nessun problema, nessun problema. Sono separato, e allora? Non è così fuori dal comune.
M – Perciò cerca casa.
U – Che acutezza, Lessi! 
M – Dunque alla fine lei l’ha lasciato veramente.
U – Chi ti dice che sia stata lei.
R – Potrei avere un altro bicchiere di vino?
L – Direi di no, Rita, non credo che ti faccia bene.
R – Avanti! Mi fa sentire meglio. Non vuoi che mi senta bene? Che razza di ospite sei? Mi sento così leggera, così libera. E’ una sensazione bellissima. 
L – Sei già ubriaca…
R – Affatto. Sto benissimo. Ugo perché non ne bevi anche tu così ti rilassi un po’? Sei sempre così teso. Accidenti sei sempre così tirato! ( scoppia a ridere) 
U – Ha ragione la tua amica sei ubriaca. Dio che schifo che mi fai! Non riesci proprio a trattenerti? L – Perché lo fa spesso?
U – Ogni volta che usciamo.
R – Se è per questo lo faccio anche a casa mia … la sera davanti alla TV. 
U - Mia moglie è stata una delusione, ma tu … tu sei proprio un fallimento.
R – (ride) Guarda che io non ti devo niente, io per te non sono niente, quindi non sono neppure un fallimento. Io sono libera di fare ciò che voglio e di divertirmi come voglio. 
U – Sei patetica. 
R – Gliel’hai raccontato come ti ha lasciato la tua cara mogliettina? 
U – E chiudi quella bocca!
R – In braghe di tela l’ha lasciato. Lo sapete? Gli ha tolto tutto. La casa, l’auto, il conto in banca, i figli … 
U – Stai zitta ho detto!
R – Quando ha scoperto di noi non ha detto niente. Non ha fatto scenate. Secondo me non aspettava altro per chiedere la separazione. Che ridere! Stava aspettando l’occasione giusta per liberasi di te. E l’occasione gliel’hai data tu. Pensavi che sarebbe stata inconsolabile per il dolore del tradimento? (Ride) e invece aveva già preparato le carte per il divorzio. Che risate!!!! 
U – Stai zitta!
R – Sì perché quale altra migliore occasione per liberarsi di te? Giuro ha tutta la mia stima.
U – Se non la smetti io…
R – Cosa fai mi picchi?
M – Un momento … stiamo calmi, stiamo calmi.
U – Non metterti in mezzo Lessi, sono cose personali.
M – Non se ha intenzione di alzare le mani.
U – Non lo farò, ma se lo meriterebbe. Spara un sacco di cazzate. 
R – E’ tutto vero. 
L – Dunque è vero che avete una relazione? 
R – Sì. 
L - Non capisco come puoi sopportarlo.
R – Amo soffrire. (ride)
U – Bene, brava! Sarai contenta ora che hai messo tutto in piazza. Sarai felice di avere svelato alla tua amica che razza di fallimento è la tua vita. Raccontale anche di quando stai chiusa in bagno per ore e ne esci smunta, sfinita… cosa fai in bagno Rita? Glielo vogliamo dire alla tua cara amica? Glielo vogliamo svelare il tuo segreto a Lola? 
R – No, ti prego, quello no.
L – Ora basta, lasciala stare. 
U – Tutti abbiamo qualcosa da nascondere, non credete? Tutti abbiamo qualche scheletro nell’armadio, qualche piccolo segreto, qualcosa di cui vergognarci … qualche fallimento. 
M – Ma quale sarà il segreto della Cicosky?

Si vede la vicina che si sporge sul davanzale

L – Oh no! Che sta facendo questa volta?
M – sembra che si voglia buttare.
U – Lasciatela fare. Se è ciò che vuole, perché ogni volta le impedite di portare a termine il suo piano? 
L – Non è ciò che vuole. Lo fa solo per attirare l’attenzione. 
R – Poveretta.
L – (chiamandola dalla finestra) Signora Cicosky, ehi, signora Cicosky!? Come va? Mi sente signora? 
U – Lasciatela stare vi dico. 
L – Non starò a guardare mentre si butta.
U – E perché no?
R – Ma sei proprio un mostro.
M – Perché non la inviti qui da noi?
L – Signora, senta … perché non viene a trovarci … facciamo due chiacchere … Mario ha fatto anche il gelato …
M – Non vuole sentire il mio gelato artigianale?
L – Niente da fare, non si volta neppure dalla nostra parte.
M – Chiamiamo la polizia.
L – O i Vigili del Fuoco.
U – Bravi! Complimenti! Quanta bontà d’animo! Credete di essere tanto compassionevoli perché le impedirete di buttarsi … ma la verità è che domani lei sarà di nuovo sola … e voi in viaggio per il vostro giro del mondo …
L – E con questo?
U – Lasciatela perdere, ognuno ha diritto di vivere e di morire come vuole.
M – Facciamo quel che possiamo, non siamo responsabili della sua vita e della sua solitudine, ma cerchiamo di darle una mano.
U – Ma non c’è niente da fare ormai, non lo capisci Lessi? Per lei non c’è più niente da fare. E’ arrivata al capolinea. 
L – Forse ha ragione lui, forse dovremmo lasciarla prendere la sua strada.
M – Ma che cosa dici? Noi dobbiamo aiutarla per quel che possiamo.
L – E’ talmente infelice! E noi che cosa possiamo fare? Che cosa possiamo darle? Siamo degli estranei e non abbiamo né voglia né tempo da dedicarle.
U – Finalmente qualcuno che dice le cose come stanno. E’ solo per soddisfare la vostra autostima che ora volete salvarla impedendole di buttarsi. 
M – Vabbè, lascialo dire. Provo a raggiungerla sul davanzale.
L – Ma è pericoloso!
M – Ma no! E’ bello largo. Dammi la corda del bucato. Facciamo una fune di sicurezza, così stai più tranquilla….

Mario e Lola organizzano una sorta di cordata per soccorrere la donna. Mario si incammina sul cornicione. La vicina resta parzialmente nascosta al pubblico, di lei può vedersi solo una parte del corpo

U - E’ solo per sentirvi un po’ eroi. Non è per il suo bene, perché il suo bene è buttarsi ora e farla finita il prima possibile.
R – Come fai ad esserne così sicuro? Come puoi dire queste cose? Tu non la conosci! Magari lei vuole solo farsi notare, come dice Lola, e vuole essere salvata. Magari vuole solo capire se qualcuno tiene a lei. Come puoi essere così cinico?
U – Sono cinico, è vero, ma voi siete ipocriti se dite che ve ne importa di lei. Domani l’avrete già dimenticata. 
R – Non io, non io. 
U – Ah, e sentiamo, cosa ti fa esserne così sicura? 
L – Signora Cicosky cerchi di stare calma e non guardi di sotto, ora Mario viene a prenderla.
U – Secondo me la verità è che anche tu sei un po’ pazza come quella, vero?
R – Forse sì.
U – Senza il forse …
R – Più che pazza mi sento sola … come lei credo.
U – Sola? Ma se sei sempre al centro di feste, happy hour, serate mondane! Tu sei solo una ragazzina viziata, ecco …
R – Può darsi…
U – Lo so io cosa ti ci vorrebbe per farti passare tutte queste stupide idee dalla testa.
R – A davvero? Hai la pretesa di conoscermi così bene? Sei in grado di prescrivermi la cura che mi renderà felice? Sei più in gamba del mio psicanalista!
U – Quelli non servono a niente. Ti ci vorrebbe un po’ di servizio militare, ma visto che sei una donna la cosa migliore è che tu ti metta subito a fare due o tre figli. 
R – Per mettere al mondo degli infelici?
L – Forza Mario ci sei quasi … ti dò un altro po’ di corda… Signora Cicosky come va? Ci mancava anche il telefono. 

Suona il telefono

U – Il vostro telefono ha ripreso a strombazzare. 
L - L’ho notato, ma ora non posso rispondere.
U – Potrebbe essere sua madre, vuole che risponda io?
L – No! Assolutamente! Venga qui e mi dia una mano. 
U – E va bene. Cosa devo fare?
L – Tenga stretto Mario mentre io sento chi è. Tutto bene Rita?
R – Benissimo. Non avresti dell’altro vino?
L – In cucina. 
R – Ok, vado e torno. (esce in cucina)
L – Pronto? Mamma, che c’è ancora? Sì, vado di fretta. Ma che cosa dici? Non sto partendo in fretta e furia, non vado da nessuna parte. Dicevo così solo per … è un modo di dire. Ho molto da fare, ecco. Sì, è un brutto momento. Ti ricordi della signora Cicosky? Sì, quella con la messa in piega dura, con il tailleur modello Jaclin Kennedy, è sul davanzale. Vuole buttarsi, capisci? Certo che ho chiamato i Vigili del Fuoco, ma chissà se verranno. Sono qui due volte al giorno ormai. Magari stavolta faranno il giro lungo sperando di arrivare troppo tardi. E’ la verità mamma, la signora Cicosky tenta il suicidio almeno due volte al giorno. Ti giuro non se ne può più. Poveretta, lo so, poveretta … ma poveretti anche noi! Comunque Mario ora è sul davanzale con lei e … no! Che dici? Non vuole buttarsi anche lui! E’ un bravo ragazzo Mario. Un giorno te lo faccio conoscere. Sta cercando di farla ragionare.
U – A che punto siamo eroe? Sei riuscito a convincerla?
R – Ho trovato solo questa bottiglia … ah!!! (urla)
U – Che c’è? Perché urli in quel modo?
L – Niente di grave mamma è che, te l’ho detto, abbiamo ospiti … c’è qui Rita con il suo amante, che è quello che vorrebbe comprare l’appartamento. Te la ricordi Rita? La mia compagna di liceo … sì, il suo matrimonio è in crisi … mica come il mio … 
R – Altri topi! Ancora topi! Sono dappertutto. Mio Dio che orrore! 
L – Rita ha visto i topi e le è venuto un attacco isterico. Stai calma Rita, scacciali con la scopa. 
R – Tu sei pazza! Io me ne vado. Ugo andiamo via di qui.
U – Come faccio, sto reggendo il nostro eroe … se lo lascio precipiterà anche lui insieme alla sua preda innocente.
L – Per carità non facciamo scherzi! No mamma, non dicevo con te…
U – Che ne dici eroe, e se adesso mollo? Ah ah ti è passata la spavalderia, eh? Come ci si sente ad essere completamente in balia di un altro? Come si sta appesi ad un filo? Ti sei divertito a sfottermi, a denigrarmi … sì, credi che io non capisca i sorrisetti, gli ammiccamenti, le domande trabocchetto, le battutine? Tutto per farmi sentire a disagio e per deridermi, ma ora la situazione si è ribaltata, ora comando io, e tu dipendi da me. Come ai bei tempi, no? E se voglio mollo.
L – No! La prego non facciamo scherzi. Mario non intendeva offenderla, è vero Mario? Ecco vede ha detto di sì. 
U – E’ troppo facile ora.
R – Ugo ti prego smettila. Perché cerchi di sembrare peggio di quello che sei. Non lo farebbe sai? Non è così, non è veramente così …
U – Ne sei sicura?
L – No, mamma, non mi sembra una buona idea che tu ci raggiunga qui. 
R – Ugo, ti prego, andiamocene via. 
U – Non lo capisci cara, è una questione d’onore ormai. Lui non doveva permettersi di prendermi in giro, di ridicolizzarmi con la storia della separazione. 
R – Non ha fatto nulla di tutto ciò.
U – Le capisco io certe cose. 
L – No, non credo che troveresti le parole giuste per convincere la Cicosky.
R - Troveremo un altro appartamento e dimenticheremo questa giornata e tutta questa storia.
U – Come ti senti eroe? Che ne dici? Mollo? No? Ahhhh Un piccolo postino non può certo mettersi alla pari di un deputato della Repubblica, no? Ammetto di aver passato un brutto periodo, mia moglie mi ha lasciato in braghe di tela, il Tribunale mi ha tolto i figli, ma non è certo stato per una stupida scappatella che mi sono giocato soldi, carriera e famiglia. No, vedi, lei ha portato certe foto e certi testimoni, beh insomma ha scoperto la mia passione per le ragazzine e questo al Tribunale non è piaciuto. 
R – Cosa stai dicendo Ugo?
U - Sono minorenni, è vero, ma ti assicuro che non devono imparare nulla. Prendi Rita invece, beh, ti assicuro che malgrado i suoi anni non ci sa fare per niente. Anzi, è rigida, secondo me è frigida. R R - Tu hai bevuto troppo!
U – Affatto. Oh, su cara, non fare quella faccia. E’ il giorno della verità no?
R – Mi fai schifo!
U - Vi siete messi a fare un mucchio di domande. Volevate sapere la verità? Eccola. Volevate mettermi in un angolo? Ma io non ho niente da perdere ormai. Non ho paura del vostro giudizio perché siete dei poveri perdenti. 
R – Ho bisogno di bere.
U - Lo vedi Mario, se voglio mollo e tu ti schianti sull’asfalto. Com’è fragile la vita, eh? E come può essere breve, no? 
R - Ma devi rispettarla.
U - E io invece non la rispetto. La godo. E quando finirà non avrò rimpianti.
R - Sei sicuro?
U - Comunque anche per te ormai è venuto il momento della verità. A quanto pare sei l’unico a non avere ancora vuotato il sacco. Facciamo un gioco: se tu fai il bravo io non ti mollo. 
L - Cosa stai dicendo mamma? Lo so che conosci la Cicosky, ma ti assicuro che tu non hai idea dei suoi problemi. No, mamma, tu non la conosci bene. Te lo immagini? Ma non è abbastanza. Ci vuol altro, mamma. Senti, mamma, falla finita con questa storia. Tu non puoi sapere quello che prova la Cicosky. Ma che c’entri tu? Ti senti sola? A volte vorresti buttarti? Una volta hai aperto il gas? Ma che dici mamma? Cosa stai dicendo? Io non ti capisco! Mamma! E smettila di urlare! I topi? Nel tuo salotto c’è una famigliola di topi che scorazza liberamente? Anche lì? Ahh anch’io ne ho appena visto uno grosso così. Presto Rita dagli una botta in testa! Ehi! Che fai? Non a lui! O no! Ha mollato la presa! Si accascia. Rita, che hai fatto!? L’hai ucciso? Mamma ora non posso, capisci? Mamma? Mamma?
R - Magari! E’ un mostro! 
L - Ma andresti in prigione. Presto afferra la corda. Mario sta precipitando Mario ci sei? 
R - Che fatica. Che dici, sarà morto per davvero?
L - No, non ancora, si lamenta. Dobbiamo chiamare l’ambulanza.
R – Non c’è fretta. Sono felice se soffre un po’.
L - No, che dici?
R - Tu non l’hai sentito prima…
L - No. 
R - Per questo lo difendi. E’ un mostro. Vorrei avere il coraggio di ucciderlo veramente.
L - Sarebbe sufficiente che tu lo lasciassi. 
R - Lo farei, ma ho paura di restare sola.
L - Ahhhh ancora topi! Dai qui la scopa. (Mario rientra in casa) Come va Mario?
M - Tutto bene. Ma, quell’uomo è pazzo da legare. Farebbe qualunque cosa per esercitare il suo potere su chiunque. Credeva di potermi fare precipitare, ma io mi tenevo ben stretto al cornicione Farneticava. Ha detto un mucchio di cazzate. Parlava, parlava, ma io non capivo bene cosa dicesse. Però la Cicoscky si è calmata ed è rientrata in casa.
R – Non hai capito niente di quello che diceva?
M – No, c’era il rumore della strada, ma mi è parso che fosse molto agitato.
U – Ahhh mi fa male la testa.
R – Tra poco ti passa. 
U – Sei tu che mi hai dato un colpo in testa?
R – Sì.
U – Cosa t’è preso? Sei diventata pazza? Potevi uccidermi.
R – Non dirmelo due volte.
U – Cosa vorresti dire? Ehi, ma cos’è quella cosa che corre sul pavimento laggiù?
R – Un topo.
U – Ahh! Le odio quelle bestiacce.
L – Dai qua che le sistemo io.
R – Davvero voi non avete capito nulla di quello che diceva Ugo?
M – No.
L – Mi dispiace ma ero troppo occupata a tenere buona mia mamma. Sembra che sia partita di testa anche lei.
R – Meno male che non l’avete sentito. Ugo sta attraversando un periodo difficile.
L – Non ricominciae a difenderlo.
R – E tu non giudicarmi. La mia vita non è facile. 
L – Mi dispiace ma …
R – E faccio quel che posso.
L – Capisco.
R – No, tu non capisci affatto. Tu non puoi capire. Hai un buon marito, una vita normale, e … una bella casa.
L – Ma se dicevi che fa schifo.
R – Mi sbagliavo. 
L – Pensavo che avessi paura dei miei topi.
R – No, non dei tuoi. Tienitela stretta, la casa. Noi ce ne andiamo.
U – Ehi, lo sai che mi hai fatto un taglio in testa? Dovremo andare al Pronto Soccorso.
R – Certo, ora ti ci porto.
L – Beh, che dire? Spero di rivederti presto …
R – Io no. Ciao.
U – Ciao Lessi, e … alle prossime elezioni mi ripresento alla Camera. Se mi voti ti prometto che ti faccio avere una promozione: da postino a capo dell’Ufficio Poste ahh ahh ahh.
M – Va bene, ci penserò.
L – Ciao … 

Rita e Ugo escono 

M – Che gente.
L – Che tristezza.
M – Quei due sì che sono matti.
L – Davvero, Rita mi ha messo una tristezza … Ma come si fa a ridursi così? Come si fa a stare un con uno così …?
M – Evidentemente anche lei è così …
L – Così come?
M – Non lo so. 
L – Non denigrarla. Non è una cattiva ragazza.
M – Forse no, ma mi è parsa vuota. 
L – Poverina, chi siamo noi per giudicarla?
M – Hai ragione, però non credi che ciascuno di noi sia artefice del propria vita, delle proprie scelte e …
L – Sì, credo di sì, ma non c’è niente di facile.
M – Sai, ho fatto due chiacchere con la Cicoscky prima sul davanzale, e non mi è parsa così matta come dici.

Si spegne la luce in casa della vicina mentre questa prende un paio di pastiglie.

L – A no?
M – No. Dice che conosce tua mamma.
L – Sì, lo so.
M – E che una volta hanno parlato di te.
L – Ah! M’immagino cosa avranno detto.
M – Che sei intelligente e che dovresti trovarti un ragazzo.
L – Ora ce l’ho. Anzi sono sposata addirittura.
M – La Cicosky c’è rimasta male che non l’hai invitata al matrimonio.
L – Smettiamola dai, sennò alla fine ci credo.
M – Non sarebbe male.
L – Ma tu sei proprio così?
M – Così come?
L – Così normale. Non hai proprio niente da nascondere?
M – Certo. Tutti abbiamo i nostri scheletri nell’armadio …
L – Vabbè, non me lo vuoi dire…
M – E va bene, sarò sincero. Anch’io ho paura di topi. 
L – Meno male.
M – Perché?
L – Cominciavo a pensare che tu non fossi reale.
M – Ma questi non sembrano così cattivi.
L – Li ho ammaestrati, ma è meglio non fidarsi troppo.
M – Allora che ne dici, lo apriamo ‘sto pacco?
L – Sei curioso, eh?
M – Un po’.
L – E va bene. 
M – Ma tu? Non lo sei?
L – Non troppo. 
M – Non c’è scritto il mittente.
L – Non importa.
M – Come non importa? Non sei curiosa di sapere chi ti ha fatto un regalo, chi ti pensa?
L – Ma lo so già… 
M – Un blocco di appunti. 
L – Sono gli appunti per il mio nuovo libro. 
M – E che ci fanno qui?
L – E finalmente ho deciso come chiamarlo: “Viaggio in Polinesia”. Un paio di occhiali da Sole, per difendersi e vedere il mondo con un po’ di distacco …
M – Un paio di scarpe col tacco …

Lola le mette.

M – e un disco 
L – Ti va di ballare?
M – Perché no?

Cominciano a ballare sul pavimento mentre si chiude il sipario.