Tomba di cani

di

Letizia Russo



Johnny, 30-35 anni
Vin, 35-40 anni (amico di Johnny.)
Mània, 25-30 anni (moglie di Luther e amante di Johnny.)
Luther, 30-35 anni (marito di Mània e soldato in guerra.)
Glauce, 70-75 anni (madre di Johnny.)
Alto grado dell'esercito, 55-60 anni
Terzo uomo, 55-60 anni. 



Nel tempo presente. In una nazione sta per finire una lunga guerra.




ATTO I


I scena 

(La vecchia, Glauce, cieca, con Mània, una donna giovane, incinta da qualche tempo. Sono sedute al tavolo, Glauce sempre sulla sedia a rotelle. Mània gioca con un bicchiere facendolo roteare col dito. Accanto al bicchiere una bottiglia di vetro e un posacenere con una sigaretta accesa.)


(Mània si alza dalla sedia dove era seduta da un po'.)
GLAUCE- Che te ne vai?
MANIA- No.
GLAUCE- Ti sei alzata.
MANIA- E allora?
GLAUCE- No pensavo che te ne tornavi a casa.
MANIA- (Guarda un ipotetico orologio sul muro.) Ancora no. (Pausa. Si siede.)
GLAUCE- Insomma ci sta il sole fuori.
MANIA- Sì.
GLAUCE- Ma che non ti va di parlare oggi.
MANIA- Come no. (Pausa.)
GLAUCE- Se non ti va dillo eh.
MANIA- Non si preoccupi. (Pausa.)
GLAUCE- Insomma ci sta il sole oggi.
MANIA- Sì.
GLAUCE- E c'è la luce quindi.
MANIA- Sì.
GLAUCE- Ho capito. (Pausa.) Non me la ricordo più la luce.
MANIA- Se esce la sente addosso.
GLAUCE- Sì ma vederla. Non me lo ricordo.
MANIA- Quello è un peccato davvero eh.
GLAUCE- Un peccato, vero?
MANIA- Mh. 
GLAUCE- Deve essere bello vederla eh.
MANIA- Vuole mangiare?
GLAUCE- No no grazie. No... (Pausa.)
GLAUCE- E è bello?
MANIA- A volte sì. Certe volte non puoi proprio dire che è bello.
GLAUCE- (Non convinta.) Non lo so. Non lo so come fa a essere bello certe volte e brutto altre. 
MANIA- (Pausa.) E' come. Certe volte è come quando uno è felice. Certe volte invece è come quando in una via la folla si mette a parlare tutta insieme, troppo. 
GLAUCE- (Pausa.) Vuoi un po' d'acqua?
MANIA- No. No grazie ce l'ho qui. Non si preoccupi. Grazie.
GLAUCE- Ah era già sul tavolo, qualcuno l'aveva già messa sul tavolo l'acqua? 
MANIA- Suo figlio. Ce l'ha messa lui prima di uscire. Lei gli ha chiesto di metterla sul tavolo così la trova subito. 
GLAUCE- Gliel'ho chiesto io.
MANIA- Sì.
GLAUCE- E' che non me lo ricordo proprio.
MANIA- Non fa niente. Ora lo sa.
GLAUCE- E' che non la vedo.
MANIA- (Comprensiva.) Certo.
GLAUCE- (Ride.) Che poi, se non stava sul tavolo, me lo dici tu come facevo a prendertela? (Ride.) Eh, non è solo il problema degli occhi, è che sono vecchia, vero?
MANIA- No...
GLAUCE- Sì invece. Quei vecchi che vivono sui monti nelle caverne che dice che campano quanto la terra sono meno vecchi di me, lo sai?
MANIA- Beh, insomma... Quelli sono... storie...
GLAUCE- E' che dovevo morire. Fare a cambio con la vita di qualche giovane.
MANIA- No...
GLAUCE- Sì invece. (Pausa.) Mi ridici com'è. Com'è che sembra la luce a vederla.
MANIA- (Paziente, un po' maestrina. Parla a voce alta come si fa con i vecchi istupiditi dall'età.) Certe volte è come quando uno è felice. Certe volte la luce ti cade addosso. E ti fa bene. E lo senti che ti fa bene e allora è uguale a essere felice per qualcosa che... è successo. Ma questo uno lo sente per lo più quando è bambino, quando è mattino presto. Invece poi altre volte capita come se il sole vuole bruciare tutto e pure a te in mezzo al tutto e allora senti che ti stordisce. Si vede tutto blu e è come se una folla ti parla tutta insieme dentro agli orecchi.
GLAUCE- Vuol dire che senti un rumore nelle orecchie? Vuol dire che la luce si sente cogli orecchi?
MANIA- Sì. Voglio dire no, non proprio. Non è un rumore. E' come un rumore. Che ti prende in giro e non ti fa capire per un po' dove sta la terra che devi mettere sotto ai piedi. E' come un rumore. 
GLAUCE- Non lo so come ho fatto a non ricordarmi più com'è la luce. Quando non vedevo i primi tempi mi dicevo che la luce me la sarei sempre ricordata, perché a quel tempo davvero me la ricordavo. Non lo so qual è stata la mattina che non mi sono più ricordata com'è la luce. (Pausa.) 
MANIA- Vuole qualcosa da mangiare?
GLAUCE- No, non mi va, no. Non ci ho più molta fame questo periodo. (Pausa.) Lo sai che io avevo una figlia? 
MANIA- (Sbrigativa.) Sì sì lo so.
GLAUCE- Aveva qualche anno più di te.
MANIA- Sì.
GLAUCE- E' morta lo sai?
MANIA- Sì...
GLAUCE- E' morta. Sì, certo che lo sai. Mi ricordo che sei venuta al funerale. Mi ricordo. Che piangevi.
MANIA- Piangevano tutti.
GLAUCE- Certo. Era giovane. Piaceva a tutti. Agli uomini anche. Agli uomini. Grandi, anche. (Silenzio.) Tu lo sapevi?
MANIA- Erano cose che qualcuno diceva.
GLAUCE- Lo dicevi pure tu.
MANIA- No!
GLAUCE- Sì sì!
MANIA- No non le/
GLAUCE- (Senza cattiveria, con involontaria ironia.) Le dicevi, ti dico. Come fai a non ricordartelo scusa? Ci avevi una lingua... Lei me lo raccontava. Mi diceva che parlavi insieme a tutti. Di lei. Mi diceva che eri brava a raccontare storie con inizio e fine come in un libro, sulle cose che faceva lei.
MANIA- Un giochino, era. Eravamo delle bambine. (Imbarazzata.) Mica parlavo di lei. Erano i personaggi della fantasia.
GLAUCE- Sì, una favola, proprio. (Pausa.) Lei mi diceva che parlavi le tue favole perché a te gli uomini grandi ti piacevano di più di quanto gli piacevano a lei. 
MANIA- Non è vero. Non è vero non le dicevo quelle cose non mi piacciono gli uomini non avevo niente contro di lei. 
GLAUCE- Non ti devi arrabbiare. Lei adesso è una santa. Lei è morta e con la morte è diventata una santa. E' bastato poco. Poco. Uscire invece di restare a casa. E' bastato quello e con le tue fiabette ci si è fatta l'aureola. E' bastato veramente poco. Non sei contenta?
MANIA- (Acida.) Sì...
GLAUCE- Adesso ti racconto una cosa che non la sa nemmeno suo fratello. Lo sai cosa mi hanno detto al campo?
MANIA- Sì, sì lo so. Lo so. 
GLAUCE- Ah. Il fratello non lo sa e tu invece sì.
MANIA- Erano cose che qualcuno diceva.
GLAUCE- Allora è inutile che te lo racconto. (Pausa.) Insomma mi hanno 
detto che era stata fortunata perché l'avevano violentata solo un po'.
MANIA- Lo so lo so lo so.
GLAUCE- No, ma io lo dicevo così per vedere se erano le stesse cose che sapevi tu eh... (Pausa.) Solo un po', hai capito? Perché forse ci sapeva stare. Hai capito? Cosa mi hanno detto. Che era stata fortunata, che ci sapeva stare e quindi l'avevano violentata solo un po' all'inizio, poi lei c'era stata, e ci era stata "bene", mi hanno detto. Che io non gli ho mai chiesto che voleva dire "bene". Mi consolavano Ci sapeva stare, signora. "Era tutta sua mamma!" mi è scappato di dire. Eh lo so, che ci vuoi fare? Quelli si sono messi ridere, io me la sono portata via e non ho detto niente. Ma adesso è una santa. 
MANIA- (Non ce la fa più.) Va bene.
GLAUCE- Perché il suo fidanzato di allora al funerale si è portato la vernice bianca in un barattolo e ha verniciato la bara con le mani. E al funerale ha pure detto che l'amava e che era morta vergine. Pensavo Mo' qualcuno si mette a ridere. E invece piangevate tutti, lo sapevate che non era vero niente e però piangevate tutti. Lo sapevate che non era vero e però è stato come se ci avete creduto tutti quanti. E adesso lei è una santa. (Pausa.) Lei è una santa. Ed è mia figlia. Vedi come l'ho partorita bene?
MANIA- (Si versa un bicchiere d'acqua.)
GLAUCE- Oh. Ma che ti sarai mica offesa?
MANIA- (Silenzio.) No.
GLAUCE- Stai bene?
MANIA- Sì sì. (Pausa.)
GLAUCE- Hai sete?
MANIA- ...Un po'... Sì. 


(BUIO)







II scena

(Johnny, Vin e un terzo uomo dall'aria calma, all'aperto, sul lato sinistro del palco, con uno spot ambra da destra, tra una vecchia fermata di autobus [con la scritta a pennarello "fuga è bello"] e una cabina telefonica.)

3° UOMO- No guarda lascia stare.
JOHNNY- (Cerca di essere spigliato.) L'hai guardato bene?
3° UOMO- Appunto. 
JOHNNY- Oro bianco. Ma quando lo trovi da queste parti, di questi tempi. Guarda che ti conviene. 
VIN- (Al terzo uomo.) Oro bianco. (A Johnny.) Forse non l'ha capito. (Al terzo uomo.) Magari non sai nemmeno che è l'oro bianco. Guarda che ti conviene. Ma quando lo trovi.
3° UOMO- E io poi che ci faccio.
JOHNNY- E' un bene. Vale. Da qua a quando crepi.
VIN- Un bene. ...'Ndo crepi.
3° UOMO- E allora perché non te lo tieni tu. Se lo fai per generosità lascia perdere, eh. Io per te una cosa così non la farei.
VIN- (Saggio.) Hai fatto la prima linea, eh? 
3° UOMO- (A Vin, con un sorrisetto.) A Cinossèma. Sei mesi. Sei mesi 
che non ho dormito mai. Poi sono tornato. Era l'inizio di tutto. (Ridacchia.) Sono tornato salvo. Sono uscito dalla Tomba. Vivo. Dalla Tomba di Cani. (A Johnny, dopo una breve pausa.) Che ci faccio io con questo secondo te. 
JOHNNY- (Silenzio. Comincia a perdere il controllo ma si trattiene.) Ascolta. Te lo devi prendere. Mi devi un favore. Io non te lo volevo ricordare. Mi ci hai costretto tu. Te lo devi prendere. Mi devi un favore, non ti puoi rifiutare, non lo puoi fare per un anello del cazzo che ci guadagni più tu di me. Non te lo volevo ricordare, eh, è colpa tua, mi devi un favore.
3° UOMO- Favore.
VIN- Fa il vago. Guarda che questo fa il vago, stiamo qua a perdere tempo forse è meglio se/
3° UOMO- Che favore.
JOHNNY- (Ride.) Che bastardo.
VIN- (Ride davvero.) 'Stardo!..
3° UOMO- Dimmelo per cortesia. Dimmelo tu il favore che mi hai fatto.
VIN- (Si accorge che non stanno scherzando.) Oh, dai. Oh, su. Lasciamo stare tanto questo non lo vuole, dai ci ho un amico che magari/
JOHNNY- Il culo. Il culo t'ho salvato.
3° UOMO- Sì?
JOHNNY- (Ride.) Che bastardo. Se non era per me.
VIN- Lascia stare, dai, ti dico che quello là, il mio amico se ci parlo io vedi che/
3° UOMO- Se non era per te cosa. 
JOHNNY- Ci avresti i vermi a roderti gli occhi a quest'ora, stronzo, saresti una merda in una fossa, un'altra merda in un'altra fossa! Se non era per me quelli prima ti inculavano e poi ti mangiavano! Stronzo! Se non era per me! Stronzo! (Johnny è agitato, il 3° Uomo è malinconico.)
3° UOMO- (Calmo.) Ma che favore m'hai fatto. Che m'hai lasciato vivere? Dovevo morire. Che favore m'hai fatto. A sopportarmi a me che non ho mai più dormito a sopportarmi a me che mi muoio di fame a sopportarmi a me sopra alla tomba di mia moglie che se la sono profanata, e con gran gusto, devo dire. Ma che favore m'hai fatto. A qualcun altro magari gli sarebbe andata meglio. A qualcuno gli è andata meglio davvero. A me m'è andata male. Proprio male. 
JOHNNY- (Piano.) Pigliati l'anello. E poi ammazzati se non ti piace tutto. Pigliati l'anello e dammi la cosa giusta, poi ammazzati. Fai sempre in tempo. Vedrai che dio ci ha misericordia di te, che t'è andata male. Pigliati l'anello e dammi il giusto. Adesso ti tocca salvarmi adesso.
3° UOMO- Ormai me l'hai tolta l'unica cosa bella, che era proprio morire, il morire lungo, steso sulla terra.
JOHNNY- Ammazzati. 
3° UOMO- Era morire piano, con dignità e onore. Era morire e stare felice nell'aldilà. 
VIN- Non ci sta con la testa. Non ci sta più. Quell'amico mio sicuro te lo prende/
3° UOMO- Io mi pensavo sempre che morivo e dopo morto mi ricordavo le cose che avevo fatto per bene nel mondo, e ero felice per quello nell'aldilà. 
JOHNNY- Ammazzati. Ammazzati. Ammazzati.
3° UOMO- E invece non va così perché tu m'hai fatto il favore. Se adesso mi muoio me lo dici tu a che penso, sotto la terra. A come cammina mia figlia storta, a mia moglie storta dentro alla tomba, a me storto per il dolore. Sei passato quando non serviva.
JOHNNY- Ci ho passato una notte a levarti le schegge dalle gambe. Stavamo in mezzo al fango e non ho mangiato per te e non ti ho mai lasciato.
3° UOMO- Sì eri l'unico che passava là quella notte e mi hai trovato nel fango e mi hai fatto bere per non farmi sentire male. E io però bevevo e non capivo, dicevo grazie a dio che mi faceva morire là che la guerra era appena iniziata. Così morivo bene e non vedevo niente di brutto e mi ricordavo dopo morto le cose compiute e finite per bene che avevo fatto da vivo. E bevevo. E non capivo. E ero felice e dicevo grazie a dio. E non lo sapevo che tu mi stavi salvando.
JOHNNY- (Pregante.) Non puoi fare così. 
3° UOMO- Io non te l'avevo chiesto di salvarmi.
JOHNNY- Non puoi fare così. Non t'ho mai lasciato quella notte non sono tornato a casa per non lasciarti quella notte.
3° UOMO- Dovevi farlo. lo sentivi che dicevo grazie a dio che mi faceva morire bene.
JOHNNY- (Gli prende le mani, gli dà l'anello.) Prendilo. Prendilo per favore. Prendilo. E dammi il giusto e vattene. Non è niente in confronto a quello che ho fatto per te. Solo il giusto. Non è tanto. Prendilo. (Pausa.)
3° UOMO- C'è tanta genta che glielo puoi vendere. Non lo voglio. Io non volevo niente da te. (Se ne va.)


(BUIO)







III scena

(Luther, divisa militare, in piedi di profilo al pubblico con un unico faretto sopra di lui. A poco spazio da lui, un alto grado dell'esercito, con le spalle al pubblico, mentra fuma un avana. Anche su di lui un unico faretto)
ESERCITO- Quindi voi siete le nuove leve. (Silenzio. Poi urla) QUINDI VOI SIETE LE NUOVE LEVE!
LUTHER- Sissignore!
ESERCITO- Bravi. Dovete sempre rispondere quando vi faccio una domanda. Tutti dello stesso anno?
LUTHER- (Si guarda intorno con lo sguardo interrogativo) 
ESERCITO- Non fa niente. Non è che poi conti tanto quanti anni avete. Capito?
LUTHER- Sissignore!
ESERCITO- E sapete perché?
LUTHER- Nossignore!
ESERCITO- Sedetevi pure per terra. (Luther si siede a gambe incrociate) Non è l'età che vi farà vivere o morire. Se vogliamo essere precisi è il nemico che vi fa vivere o morire. Ma questo vale anche per voi nei confronti del nemico. Quindi siete pari, partite con lo stesso piede. Volete fare domande?
LUTHER- Io signore!
ESERCITO- (Si gira per un secondo a guardare Luther) Prego.
LUTHER- Dove ci manderete signore?
ESERCITO- Come?
LUTHER- Volevo sapere signore, qual è la nostra destinazione.
ESERCITO- La domanda non è esatta. Qualcuno vuole riformularla nel modo corretto? (Silenzio) La domanda giusta è "Ci manderete al fronte?" E la risposta è "Sì, naturalmente". Ma la vera domanda che mi aspetto da voi è "Come volete che combattiamo?" E per rispondere a questo vi dirò: premieremo i migliori. Premieremo chi avrà iniziativa. Chi avrà fantasia nell'iniziativa. O chi verrà ferito. E premieremo anche chi morirà.



(BUIO)






IV scena

(Johnny e Glauce. Johnny si muove per la scena, cerca delle cose.)

JOHNNY- Ti preparo qualcosa.
GLAUCE- Non ci ho fame. Non mi preparare. Non ci ho più tanta fame questo periodo. 
JOHNNY- Ti preparo. Quando ti va te lo mangi.
GLAUCE- Quando mi va.
JOHNNY- Quando ti va.
GLAUCE- E' che non ci ho più tanta fame questo periodo. (Pausa.) E' un peccato.
JOHNNY- Cosa.
GLAUCE- Se poi non mi va. E' un peccato se tu cucini e io poi non mangio.
JOHNNY- Un peccato, sì.
GLAUCE- Lo so. Ti è costato molto quello che hai comprato?
JOHNNY- (Silenzio.)
GLAUCE- Non l'avrai rubato.
JOHNNY- No. No. Ma mi è costato un po', sì.
GLAUCE- Quanto?
JOHNNY- Un po'.
GLAUCE- Diecimila?
JOHNNY- (Silenzio.) Quanto costa un anello.
GLAUCE- (Si tocca la mano sinistra. Pausa.) Me lo potevi chiedere. (Silenzio.)
JOHNNY- Te l'ho chiesto. L'altra mattina mentre dormivi. Ti ho svegliato. Mi hai risposto di sì. Te l'ho chiesto. Me l'hai dato.
GLAUCE- A che ora.
JOHNNY- Presto. Dormivi pesante. (Divaga.) Russavi. Lo sai che russi molto?
GLAUCE- Sono vecchia. Ho diritto di russare. Te l'ho dato.
JOHNNY- Come?
GLAUCE- Dico l'anello. Te l'ho dato dopo che mi hai svegliato e me l'hai chiesto. Che ora era.
JOHNNY- Presto. Prima dell'alba.
GLAUCE- E te l'ho dato.
JOHNNY- Sì.
GLAUCE- Mi sembra strano. Era di mia figlia. Mi sembra strano. Era suo. Non l'avrei mai dato per di più nel sonno. Potevi chiedermelo.
JOHNNY- L'ho fatto ti dico. L'ho fatto mi hai detto di sì te lo sei tolto sono uscito che ancora dormivi con l'anello perché me l'hai dato tu e ti ho preso roba da mangiare, per te, eh, non per me. Per te.
GLAUCE- Sei buono. Ma mi sembra strano.
JOHNNY- Ti sembra strano!
GLAUCE- Mi sembra strano. Ho diritto che mi sembri strano.
JOHNNY- Certo sei vecchia hai diritto di russare e che ti sembri strano. Hai anche diritto di cacarti e pisciarti nel letto. Sei vecchia. Hai diritto. Scoreggia pure in libertà. Sei vecchia, hai diritto. (Pausa.)
GLAUCE- Adesso sarebbe davvero un peccato di dio, vero? Se non mi viene fame. Era di mia figlia devo cercare di farmi venire fame.
JOHNNY- Mi sto vendendo di tutto. Ci provo, almeno. Me l'hai dato tu, te l'ho chiesto e mi hai detto di sì. Lo sai, lo sapevi ieri notte, sono... Disperato. Vatti a fare una passeggiata. Ti viene fame. (Silenzio.)
GLAUCE- Dove lo metti.
JOHNNY- Cosa.
GLAUCE- Quello che cucini. Dove lo metti. 
JOHNNY- Eh, nella pentola, no?, sul fuoco, dovrò cuocerlo o no?
GLAUCE- (Paziente.) Sì ma dopo. Dico quando è cotto. Dove lo metti. Lo so che lo devi cucinare. Voglio sapere dove lo metti dopo. O vuoi che seguo la pista dell'odore.
JOHNNY- Sul tavolo.
GLAUCE- Che cosa è?
JOHNNY- La solita cosa. Non va bene?
GLAUCE- E' uguale. Qualsiasi cosa fai è uguale. Va bene. Non ci sento più tanto i sapori questo periodo. Basta che mi dici dov'è che lo metti.
JOHNNY- Sul tavolo, ti ho detto sul tavolo!
GLAUCE- Lo so ho capito. Dicevo per dire. Non ti devi arrabbiare. (Sarcastica.) Non è colpa mia se non mi sono ancora morta. Se non mi muoio mai. (Silenzio.) Secondo te quanto vivo ancora?
JOHNNY- Lo devi chiedere al medico. Io che ne so. Chiediglielo a lui.
GLAUCE- Tu lo sai. Il medico al campo te l'ha detto. Parlavate piano l'altra volta. Quando un parente tuo parla piano con un medico è perché quello gli sta dicendo quanta ti resta. Dimmelo.
JOHNNY- Non mi ha detto niente. Te lo sei sognato. Chiediglielo, vai, vai da lui a sapere quanto ti manca. Ti ci voglio vedere. "Dunque, signora, vuole sapre quanto le resta. Mi faccia vedere le pupille. Oggi cos'è? Il 4? Beh, otto giorni le do, a occhio e croce. Direi non di più. Arrivederci avanti il prossimo." Ti ci voglio vedere. La mezzanotte del giorno prima ti ci voglio vedere.
GLAUCE- Guarda che non ho paura di morire.
JOHNNY- Certo.
GLAUCE- Non ho paura. (Pausa.) E se quello mi dice Signora! Lei è immortale! Tu saresti felice?
JOHNNY- Come no. (Pausa.)
GLAUCE- Otto giorni. E' così poco? Te l'ha detto lui? Manca così poco?
JOHNNY- No. Non mi ha detto così. Non me l'ha detto.
GLAUCE- Secondo me ci ho un paio d'anni ancora. Un paio e poi basta. Sono giusti due anni ancora. E' abbastanza, no? Voglio dire, sono stati abbastanza fino a oggi. Per essere stata al buio. Al buio tutto raddoppia. Va bene così. Sì. Due anni ancora poi basta. E' tanto che sto al buio.
JOHNNY- Dove sta il sale?
GLAUCE- Da dove sto io tre passi poi due. Alzi il braccio e ci sta la mensola. E' la terza cosa da sinistra. E' un barattolo freddo. E' il terzo. Rimettilo lì dopo. Lì sennò non lo trovo dopo. 
JOHNNY- Non potevi dire direttamente la mensola, no. (Pausa. Poi, un po' per punirla:) Ah, domani ti fai il bagno.
GLAUCE- L'ho fatto la settimana scorsa. La vicina si disturba. Gliela chiedi sempre a lei l'acqua. Anche l'altra volta. Vado bene così. Fa pure freddo è meglio se non me lo faccio il bagno. Che poi si disturba pure.
JOHNNY- Gliel'ho già chiesto ha detto di sì. Non si stanca, è gentile. 
GLAUCE- Ti piace la vicina?
JOHNNY- Domani ti fai il bagno.
GLAUCE- Da sola?
JOHNNY- Ti aiuto per la schiena. Il resto te lo fai da sola. Te lo puoi fare da sola. 
GLAUCE- A spogliarmi anche mi devi aiutare. Che ci ho la schiena che mi si spezza. Che poi mi fai urlare come un cane alla luna, per il dolore.
JOHNNY- Quello va bene. Già che ci stiamo mettila a lavare la maglia, che te la vedo sempre addosso, solo quella. 
GLAUCE- (Silenzio. Poi, come ricordasse:) Domani è cinque. Ci devono dare l'affitto dell'altra casa. Come faccio a fare tutte le cose. Il bagno, l'affitto. Stanno lontani quelli, come si fa. (Dispiaciuta per finta:) Mi sa che dobbiamo rinunciare al bagno. (Accomodante:) Io tanto sporca non sono, comunque. Non ti preoccupare. Lo faccio volentieri, andare a prendere l'affitto senza farmi il bagno.
(Entra Vin.)
VIN- (Sovrappensiero.) Non c'è niente da fare oggi.
JOHNNY- Sei tu.
VIN- La porta è aperta. E' per questo che sono entrato. Perché era aperta.
JOHNNY- E' rotta. E' un mese. Entra di tutto. Non ti preoccupare. Topi cani. A te chi ci fa caso.
VIN- (Alla vecchia.) Buongiorno.
GLAUCE- (Non risponde.)
JOHNNY- (Alla vecchia, toccandola.) Ti ha salutato.
GLAUCE- Ah. Buongiorno. Anche a lei, certo. Certo. Buongiorno. Scusi. Per favore.
VIN- (Non capisce.) Per favore? 
JOHNNY- Lo dice apposta. Ti fa credere che sta male con la testa. Non è grave, non ti preoccupare. 
VIN- (Vedendo che il primo uomo sta cucinando:) Ce l'hai fatta a comprarti la roba tu. Io ci ho provato ma è che sono arrivato tardi. Avevano finito tutto. Pure la roba scaduta. Che di solito avanza. Invece stavolta pure quella è finita. Ma ormai siamo alla fine. Ormai ci manca poco.
GLAUCE- (A Johnny.) Sei sicuro domani. Io, mi pare che l'affitto è più importante.
JOHNNY- Fai come ti dico io. Ci vai di pomeriggio a prendere l'affitto. Che non scappano quelli. Lo sai che non scappano. Sono sette mesi che non ci pagano. Che cazzo vuoi che gliene freghi, se ci vai. Un mese in più uno in meno.
VIN- Dice che nella capitale ci sta un gran polverone. Dice che così tra un po' finisce tutto.
GLAUCE- (A Johnny.) Lo so che non scappano. Me lo devo fare per forza il bagno. 
JOHNNY- Non lo so poi vediamo. Anzi sì. Lo fai.
VIN- (Non lo ascoltano.) Oh, comunque oggi è brutto fuori. Oggi non c'è niente da fare. Ci sta un vento proprio brutto. Secondo me è per quello che c'è nella capitale. E' un cattivo giorno.
GLAUCE- (A Johnny.) Mi spogli tu almeno per favore?
JOHNNY- Ti ho detto di sì. Ti ho detto di sì.
VIN- Capito cosa dicevo?
JOHNNY- Cosa.
VIN- Del tempo.
GLAUCE- E' brutto fuori? 
VIN- Uno basta che si affaccia. (Imbarazzo.) Sì, c'è brutto, fuori, tanto. Ci sta il vento. Non è uscito nessuno stamattina, neanche dai campi sulle montagne. Perchè c'è troppo vento. Al mercato però è finito tutto uguale. Non c'è più niente. Niente. Ma come fa la gente a non uscire di casa e finire lo stesso tutta la roba del mercato.
GLAUCE- E' stato il vento a portare via le cose? 
JOHNNY- (Ride.) Sì...
VIN- Dice che oggi ci doveva stare il sole, il tempo bello. Per una settimana. Non è vero. Va a finire che piove, anche.
GLAUCE- Devo stare attenta domani allora. Devo stare attenta se piove. Mi devo asciugare bene alla nuca. Se prendo freddo poi mi ammalo. Così poi altro che due anni. Dice che fa vento pure domani?
VIN- Eh secondo me fa tre giorni. Non lo so se piove. Ma faranno tre giorni di vento.
JOHNNY- Non piove.
GLAUCE- No?
JOHNNY- Non piove. Asciugati, quello sì, la nuca, per bene. Ti fa male a uscire con la nuca bagnata se c'è vento. Forse il vento c'è ma non piove. Il cielo corre. Non resta fermo qua. 
GLAUCE- No?
JOHNNY- (Come ad una ragazzina stupida.) Non ti vuole far ammalare.
VIN- (Ride. Pausa.) E' passato da voi?
GLAUCE- Mi devo asciugare per bene.
JOHNNY- Sì. No.
VIN- Sì o no.
JOHNNY- Sì a lei, che si deve asciugare per bene. No. Non è venuto.
GLAUCE- Chi?
VIN- Uno. Non lo conosce.
JOHNNY- Guarda che questa sente tutto. Sicuro lo conosce. 
VIN- E che ci sta da sentire quando viene quello. Semmai s'addormenta secondo me.
GLAUCE- Ma chi è, quello là che entra e si toglie il cappotto e siede e parla e non se ne va mai via? 
JOHNNY- Lo vedi.
VIN- Sì ma non se lo ricorda di sicuro quello che dice. S'addormenta di sicuro. Pure io mi capita che mi addormento con quello che parla.
GLAUCE- Eh, ma che vuoi, è pure l'unico che entra in casa qua dentro. Me ne accorgo perché fa rumore il cappotto quando lo lascia cadere. Fa un rumore che fruscia che qui non si sente mai perché tu il cappotto non ce l'hai. Si sposta l'aria. Fa vento quando cade e se gli sto vicino lo sento sulla faccia e sulle mani. Puzza di naftalina. Tutto l'anno. Lo riconosco pure per quello.
VIN- E se lo ricorda di che parla?
GLAUCE- Dice nomi. Dice anni. Tanti. Di seguito. Certi nomi tornano. Gli anni no. Poi sento che si prende i soldi. Se li conta due volte. Forse per stare sicuro. E se ne va. Saluta sempre.
JOHNNY- E certo.
VIN- Lo Sparta Praga. Dal '25 a oggi. Comprese panchine e riserve. Uno dice sei il capo da venti anni che bisogno ci sta di queste cazzate. Che bisogno ci sta. Che ci ha da sempre la fissa dello Sparta. Oltre che ruba i soldi. Pure la fissa dello Sparta si permette. Dico sei il capo da venti anni. (Breve pausa.) No ma poi l'hai visti gli occhiali.
GLAUCE- Che mi hai cucinato?
JOHNNY- (Alla vecchia, stanco.) La solita roba. (Precedendola.) Te la metto sul tavolo. (Pausa.)
VIN- Dicevo gli occhiali.
JOHNNY- Sì.
VIN- (Si era preparato da molto la battuta:) Ci ha due televisori degli anni '70 al posto delle lenti. Con tutta la cornice marroncina intorno.
JOHNNY- Quello è perché fanno schifo che non se li lava mai.
GLAUCE- Sei sicuro domani che la vicina ci dà l'acqua. L'altra volta mi ha detto che per farmi lavare a me non ha lavato il figlio piccolo.
JOHNNY- Così ti ha detto. 
GLAUCE- Non me l'ha detto con cattiveria. Me l'ha raccontato come una cosa normale. 
JOHNNY- Allora va bene. 
(Pausa.)
VIN- (Arrabbiato.) E' un coglione fino al midollo.
JOHNNY- Quello del pizzo.
VIN- Sì. Non vale niente. Ma come ha fatto a arrivare lì. E' un idiota. A averci la pistola. Non dovrebbe esistere gente come lui. Dovrebbe morire. Non perché chiede il pizzo. Perché è coglione.
(Pausa lunga.)
JOHNNY- Quanto ci hai di debito con lui.
VIN- Ottocentoquarantasettemila. (Pausa lunga. Cambio umore.) Lo sai una volta ho visto il figlio di quella che ti lava la vecchia che si infilava un bicchiere dentro alla tinozza di fuori. E se la beveva.
JOHNNY- L'acqua.
VIN- Sì.
JOHNNY- Della tinozza.
VIN- Sì.
JOHNNY- E allora?
VIN- Il fatto è che ci si erano fatti il bagno in tre prima. Madre fratello e un amichetto del fratello. 
JOHNNY- E allora?
VIN- Allora siccome poi il ragazzino è venuto verso di me perché andava a giocare gli ho chiesto com'è che si beveva l'acqua del bagno.
JOHNNY- E lui?
VIN- Dice che ci è abituato perché ce ne hanno poca di acqua e allora siccome dice che non sono tanto sporchi lui se la beve. 
JOHNNY- Secondo te si bevono pure la sua (Indica la vecchia.)?
VIN- Non lo so.
(Pausa.)
GLAUCE- Quand'è che me lo ridanno?
JOHNNY- Cosa?
GLAUCE- L'anello. Che mi hai preso. Quand'è che me lo ridanno?
JOHNNY- (I due uomini si alzano.) Se ti presenti là e gli rivomiti tutta intatta la roba che ti ci ho comprato. Allora ti ridanno l'anello. Ma gliela devi rivomitare tutta intera come nuova. 
GLAUCE- Me lo potevi almeno chiedere. Era di mia figlia. Hai rubato l'anello di una santa. Hai fatto peccato.
JOHNNY- Sì sì. Va bene. (Escono. A parte:) Vecchia stronza.
GLAUCE- Neanche se non mangio? Neanche se gli riporto tutta la roba cucinata? 
(Porta che si chiude.) 

(BUIO)







V scena

(Johnny, Mània. In un non-luogo.)

JOHNNY- Ma come fai a riderci.
MANIA- Dovrei piangerci? Secondo te io dovrei?
JOHNNY- Non è una cosa facile.
MANIA- E' che a qualcuno gli tocca che i figli glieli spara un cecchino. Io mi è toccato che gliela levo io la vita. Se guardi bene gli faccio pure un favore a farlo finire io. 
JOHNNY- Allora è facile. Scusa. Detta così è proprio facile. (Pausa.)
MANIA- La sai quella del bambino che nasce morto.
JOHNNY- Che fai?
MANIA- Non la sai. Una madre va a partorire in ospedale. E' una madre carina, di quelle con le treccine che non è mai cattiva e aspetta da tanto il suo bimbo. Il suo bambino che gli è cresciuto dentro che sono mesi lunghi e corti. Il suo bambino bello, chissà se è biondo come me o moro come papà. Che quello che hanno fatto lei e il papà per fare a lui non è più per niente sporco, per niente peccato. Allora finalmente va a partorire in ospedale, con la macchinina del maritino e le treccine belle composte, la valigietta con il necessario e il completino per il bimbo: è un maschietto. E lei pensa ai viaggi diversi che stanno a fare loro tre sulla macchinina. Il maritino fa il suo viaggio che pensa alle sigarette che tra un po' si fumerà tutte insieme e è felice, e pensa alla mogliettina e zitto zitto prega che rimane sempre bella così pure sopra al letto dell'ospedale, pure dopo che il loro bel bambino, speriamo che biondo come lei, è uscito. La mogliettina fa il suo viaggio che lo sa che adesso non ci sta nessuno che è più importante di lei in quel momento. Che il maritino e il bambino adesso adesso in quel momento proprio sono solo suoi e poi magari non più però adesso sì. E il bimbo che sta a galla dentro alla pancia dentro alla mamma dentro alla macchinina come un pesciolino nella boccia se lo porti in giro e fa il suo viaggio che un po' gli dispiace di lasciare la sua spiaggetta il cuore della mammina che batte sempre uguale e viaggia e pensa che ci deve essere pure un altro mare e però sogna gli orizzonti del mondo e i pesci e le vele e il sale e le mani che battono sopra all'acqua e tutto è bello, proprio bello, pure se non lo sa bene che cosa sono pure se non lo sa che sulla terra non si galleggia e allora tutto è così bello che non gli dispiace poi tanto di uscire dopo mesi. L'ultimo semaforo gli ultimi metri l'ospedale ci ha la faccia di un vecchio colla bocca spalancata ma è una bocca buona senza cattiveria. La mammina scende. Adesso a dire il vero non è che pensa. Entra in ospedale, saluta il maritino, saluta pure la macchinina, così, per tenerezza, e dice, alla macchinina, vedrai, la prossima volta saremo in tre. E nessuno sa niente di quello che succederà. Perché nessuno lo sa mai. Un altro bacino al maritino, ciao, scompare dietro la porta dell'ospedale. Naturalmente c'è la pace, tutto è al suo posto, i medici, gli infermieri, neanche una macchia per terra. La mettono sul letto. Un posto pulito, con una bella luce.
Sta bene signorina? 
(Recita, fa la stizzita.) Signora, prego, signora, mio marito è fuori che mi aspetta. 
Sì mi scusi, signora, vedrà che andrà tutto bene. Già deciso il nome? 
Non lo so siamo indecisi tra il nome del padre di mio marito e di mio zio ma anche tra quello del cugino di mio nonno e della madre di mio marito, naturalmente al maschile però, glielo dicevo mentro venivo a mio marito che anche /
Va bene va bene, per adesso pensi a stare giù, non sprechi fiato, respiri profondo eh, ci vediamo tra un po'.
La mammina sta giù come gli ha detto il medico, respira bene, pensa al nascituro, pensa a quando sarà un famoso architetto o un ingegnere o un politico... Pensa a che vestito si metterà per farsi la foto insieme a lui prima che parte militare, pensa a quanto sarà bello, per niente debole, non piangerà mai non chiederà mai niente a nessuno. Pensa al maritino e gli sembra che magari adesso fuori sta sudando e fumando ma scuote la testa e pensa che non è così, lui non fuma e ci ha sempre fiducia in lei.Però magari è meglio se non mi vede mentre partorisco. Che dice che un po' di sangue esce sempre e non è bello farlo vedere. E arriva il momento che bisogna farlo uscire a questo bambino, a questo figlio. 
Adesso soffro, pensa, chissà come devo soffrire, che l'ha detto dio che tocca soffrire, ma va bene anche così, il mio bel bambino il mio bel bambino, partorirò senza dire parolacce, per non offenderti le orecchie, eh bambino mio, urlerò piano così non piangerai per la paura quando vieni fuori.
E il bambino viene fuori. Per niente difficile, niente dolore.
JOHNNY- (Sotto sotto è moralista.) Liscio come una pisciata.
MANIA- (Imbarazzo, ma finge di no.) Eh. Così. Il medico guarda un po' così l'infermiera e l'infermiere. La mammina pensa Non avranno mai visto un bambino tanto bello. Bello di mamma, neanche mi ha fatto soffrire, neanche un urlo mi ha fatto fare, bello di mammina sua... 
Il medico se ne va, l'infermiere pure. L'infermiera li segue ha il bambino avvolto in un asciugamano. La mammina sogna. Il medico parla. 
Questo qua è nato morto. 
Sembra un vitello avvizzito- fa l'infermiere.
JOHNNY- Hai finito?
MANIA- No no aspetta.Tanto mica ti scandalizzerai per una cosa del genere no?
JOHNNY- No no.
MANIA- (...) Allora. Sembra un vitello avvizzito- fa l'infermniere.
JOHNNY- Già l'hai detto.
MANIA- Se mi interrompi ogni volta. Allora. Il vitello... Sì. 
E adesso chi glielo dice a quella?, fa il medico.
Ma che vuole, fa l'infermiera, manco gli si sono scomposte le treccine, beata a lei. Mica può avere tutto dalla vita, manco uno strillo, e lo voleva pure vivo?
E adesso chi glielo dice a quella?, ripete il medico, che è uno sensibile. 
Tiriamo a sorte- dice l'infermiere. Esce il medico.
No no, io ci ho un'immagine, e mica mi posso mettere appresso a tutte le madri fallite dell'ospedale, che poi mi vengono tutte intorno a me Dottore dottore come mai che è morto mio figlio, dottore mi fidavo di lei ho passato la mazzetta all'usciere per farmi dare il suo nome dottore dottore come mai... No no non se ne parla, che oltretutto sono pure un po' sensibile a queste cose... 
Turno dopo. Esce l'infermiere. 
No aspettate non si può, lo sapete com'è che quando qualcuno mi strilla contro io mi viene di menargli, no? E come faccio con quella secondo voi? Sai gli strilli che tira? No, no, vacci tu- fanno all'infermiera. 
Va bene va bene- fa quella- ho capito. Si rassetta la gonna sotto al camice, si dà una guardata allo specchio, prende il ragazzino e va.
Me lo fa vedere? La mammina è un po' gelosa, tutta seria, quel figlio è suo, quel figlio tanto bello. Dopotutto è passata un'ora e questi che ancora non glielo fanno vedere. Che se glielo portano e è brutto li denuncia per scambio nella culla. La mammina tende le braccia. E' imbronciata e felice. L'infermiera si ferma. Allarga le gambe e fa/
JOHNNY- Basta.
MANIA- Non lo vuoi sapere come va a finire?
JOHNNY- No.
MANIA- Ma perché, guarda che ti fa ridere.
JOHNNY- Basta.
MANIA- Proprio all'ultimo.
JOHNNY- Sì. Basta. Non voglio sentire niente. E ci hai pure due figli.
MANIA- Pure tua madre ce ne ha due. Sai quante donne ci hanno due figli. (Pausa.) Oggi mi ha fatto stare male tua madre. (Pausa.)
JOHNNY- Te l'ha detta lei la storiella del nato morto?
MANIA- No, quella già la sapevo. (Capisce in ritardo.) Mi ha fatto stare male sul serio.
JOHNNY- Ti ha raccontato.
MANIA- Non è quello. Di solito racconta e basta. Di tua sorella di come è morta. (Insinuante, per fargli male.) Che il cecchino gli ha sparato prima alla gamba. Che ha fatto secca a parecchia gente che correva lì a salvare a lei. Un tiro a lei, che la faceva strillare e non la faceva morire- due, tre morti. Un tiro a lei e due tre morti... Ma lei c'era?
JOHNNY- Chi.
MANIA- Tua madre. La vecchia. Stava là?
JOHNNY- (Sfugge.) Non lo so non me lo ricordo. 
MANIA- (Saputella.) No perché ci ha un bel freddo al cuore. Se ci stava là e ha visto e non si è corsa a salvare alla figlia. Ci ha un bel freddo al cuore. Che poi manco mi stupirei.
JOHNNY- (Stanco, disturbato.) Se li è tolti là gli occhi. Quella volta. Quando gli hanno detto che la figlia/
MANIA- La figlia. Era pure tua sorella.
JOHNNY- Sì ma da morta è diventata del tutto sua figlia, solo sua figlia. (Riprende il discorso.) Quando gli hanno detto che la figlia stava stesa, a trecento metri dal campo degli eserciti e era morta.
MANIA- Allora non c'era lì, al momento.
JOHNNY- C'è andata. Appena gliel'hanno detto è andata là e l'ha vista. 
MANIA- E è salita su tutti quei cadaveri che gli si erano fatti intorno.
JOHNNY- Si è cavata gli occhi. E' qualcosa già da solo, questo, penso.
MANIA- Che vuol dire.
JOHNNY- Niente. E' che dico che è già qualcosa che si è cavata gli occhi. Non c'è bisogno di dire tanto altro.
MANIA- L'hanno pure violentata. A tua sorella. Alla figlia di tua madre.
JOHNNY- Hai finito. Che cosa vuoi.
MANIA- (Punitiva.) Pure io volevo dirgli basta a tua madre. Oggi non ha solo raccontato. Oggi mi ha messo in mezzo anche a me oggi.
JOHNNY- Non l'aveva mai fatto.
MANIA- Forse sta per morire. Sta per morire e ha deciso di dire tutto. Che io/
JOHNNY- Parlavi di mia sorella. Parlavi di lei.
MANIA- (Ride.) Lo sapevano tutti tranne me. (Seria.) Mi ha fatto stare male. Sono cose passate. (Ride.) Io non parlo dei morti. Mai ho parlato dei morti. Quelle altre sono cose passate.
JOHNNY- Ti giustifichi.
MANIA- (Birichina.) E' che certe volte. La notte mi viene la paura. Le anime trasudano su per il pavimento. Ti sto raccontando una debolezza, mi ascolti? (Pausa.) Certe volte di notte non so dormire. Mi dimentico come si fa a chiudere gli occhi. Certe volte di notte mi metto a chiamare il piccolo e lui tutto impaurito, che non sa se corre in un sogno o in una casa, viene da me. (Ride.) Mi dice Mamma perché gridi, io gli mento e dico che era un sogno brutto, che io non ho detto niente, e che però se ha paura può dormire insieme a me. Allora io lo stringo e lui mi chiede Quando torna papà e io gli dico presto e è così che sono passati due anni. (Ride.) Certe volte di notte viene la paura e sale su dal pavimento e sale sul letto e mi sussurra e mi chiama... (Pausa. Torna seria e offesa.) Io non ho mai parlato di morti. E' lei che lo fa. E' la vecchia. (Pausa.)
JOHNNY- Quando torna.
MANIA- Chi? Lui? Luther?
JOHNNY- (Spazientito.) Tuo marito, certo. Ce n'hai uno di marito, no? Quando torna dal confine.
MANIA- Mi ha scritto tre mesi fa. Non c'era manco una parola sul ritorno. Non mi ha manco chiesto di scrivergli. Mi ha detto solo che è passato di grado. Che a Cinossèma gli hanno fatto la cerimonia.
JOHNNY- Ancora casino fanno a Cinossèma. Vanno a finire tutti là.
MANIA- Mi ha detto che quello è il posto in cui ti mandano se sono sicuri che sai ammazzare come si deve. Quello è proprio il confine. Non ti ci mandano se sei una leva semplice. Lui è stato bravo e lì l'hanno fatto passare di grado. Con tutta la cerimonia.
JOHNNY- Sei sicura che sta bene.
MANIA- Chissà se me lo chiedi col cuore o col calcolo. (Pausa.)
JOHNNY- (Sospira.) Sei sicura che sta bene.
MANIA- (Ride.) Secondo me è invulnerabile. Me lo immagino alla cerimonia che gli hanno fatto. Sotto le bombe degli aerei. E lui lì, con la divisa buona e il cordone rosso intorno al braccio e i guanti bianchi e il fuoco che non lo colpisce. Mi ha detto che gli hanno fatto delle foto, che me le manderà presto.
JOHNNY- E' felice a Cinossèma.
MANIA- Non lo so. Ma torna. Non oggi. Neanche domani. Ma torna.
JOHNNY- Forse non ti ha chiesto di scrivergli perché la verità è che sta in pericolo.
MANIA- In pericolo? 
JOHNNY- E' il confine quello. Non è finito niente. Non basta che parlino nella capitale. Non è finito proprio niente e quello è il confine.
MANIA- Ormai lui ha i guanti bianchi e il cordone. Vuol dire che dio non vuole che muoia. Non mi ha chiesto di scrivergli perché a ogni lettera ha perso un pezzo d'anima. A ogni lettera era un po' meno se stesso. Me ne ero accorta piano piano. Non mi mette paura. Lo fa per non morire. Si svuota un po' ogni giorno, per non morire, e per fare bene quello che deve fare per lo stato. Quando sarà tornato vorrà che lo riempia io.
JOHNNY- Chissà perché sei stata con me.
MANIA- Che significa.
JOHNNY- Non era una frase difficile. Capisco che non hai la risposta pronta. Ma la domanda la capisci, almeno, no? Perché sei stata con me.
MANIA- Ti amo.
JOHNNY- A chi?
MANIA- (Non è per niente seria.) A te. A te io ti amo. Sul serio.
JOHNNY- Non mi devi dire le cose che non sono vere.
MANIA- Non me lo sarei preso il tuo seme se non ti amavo. Se non ti amavo per me il tuo seme era sporco e non lo volevo.
JOHNNY- (Vittima.) Che ne so, magari ti sei chiusa il naso e chiuso gli occhi e hai sentito solo quello che ti andava di sentire. 
MANIA- Che devo fare io secondo te. Non voglio dirti più che ti amo.
JOHNNY- Ecco brava. Che almeno mi risparmi il falso.
MANIA- Io ti sto pagando la libertà. Io mi apro il corpo e ti pago la libertà. Se lui torna e mi vede gonfia di te tu muori. Che altro devo fare secondo te. Se secondo te non è amore questo, pagarti la libertà. E' passato di grado a Cinossèma, per le azioni sui monti. 
JOHNNY- E' stato bravo.
MANIA- Fa quello che deve fare. Ammazza chi deve ammazzare e chi vuole ammazzare e ha i guanti bianchi anche dopo aver ammazzato trenta persone. 
JOHNNY- (Ride.)
MANIA- Che se tu stai qui e sei stato con me e non sei andato a morire sopra a una montagna dentro al freddo, col freddo dentro, è perché lui sta lì a morire per lui e per te.
JOHNNY- L'hai letta sul giornale questa.
MANIA- E' la verità.
JOHNNY- Guarda che non ho disertato.
MANIA- No.
JOHNNY- Ma che ne sapevamo a quel tempo della guerra. Ci avevo diciassette anni quando mi hanno detto che non avevo le misure del soldato. Quanto mi hanno preso per il culo tutti. Tutti puliti, tutti con la divisa e il basco nero. Io no, ancora coi pantaloni corti e le mutande di una settimana. Ti dico che quando è morto quello che mi prendeva per il culo più di tutti, sono stato felice, come non lo sono mai stato in vita. Quel porco di merda. Due mesi di mare a farsi seghe e strategie intelligenti, poi un siluro, dritto dritto da non si sa dove e ciao. Alla madre gli hanno spedito le medagliette e un telegramma di congratulazioni.
MANIA- Di condoglianze semmai.
JOHNNY- No, no. Di congratulazioni. Per aver dato il figlio allo stato. Tu non lo puoi sapere quanto ho goduto. Essere vivi. Quelle medagliette morte contro me vivo. 
MANIA- Ringrazia dio che non lo sai che è la guerra.
JOHNNY- Certo che lo ringrazio. Tutti i giorni e tutte le sere. Manco te lo sai. Lo ringrazi pure tu dio tutte le sere?
MANIA- Io lo so che cosa è la guerra. Perché so che cosa vuol dire aspettare anni che finisce tutto. Così finalmente si può dire ai figli che abbiamo fatto come si fa a diventare normali, mediocri. Mentre i figli degli altri, negli altri posti, con le altre lingue, sanno come si fa a diventare felici.
JOHNNY- (Silenzio. Poi:) Mi ami?
MANIA- Sì. (Ride.) Non glielo raccontare alla vecchia. Intendo tutto quanto, che ti pago la libertà con l'aborto. Che se lo sa che io che sono una femmina te la pago a te che sei un uomo crepa. (Ride.) Oddio, poi se glielo vuoi dire, così ci leviamo un pensiero... Vedi come cambiano tutte le cose? Adesso se c'era la pace e i ristoranti aperti ti potevo offrire il pranzo e nessuno avrebbe avuto di che ridire. Se mi va ti pago il pranzo o la libertà e lo posso fare.
JOHNNY- Se lui non torna?
MANIA- (Seria.) Torna.
JOHNNY- Se non torna io voglio vedere come ti esce da dentro una vita che ho fatto io.
MANIA- Torna. Non oggi. Non domani. Ma torna. Ha due figli qui, e me. Tornerà per questo. Si svuota ogni giorno di più, lo fa per resistere, per tornare. (Pausa.) Eppoi comincia a essere tardi. Sono già due mesi. Lo sai pure tu che tra un po' non è più legale neanche in guerra.
JOHNNY- (Lungo silenzio. Poggia la testa sulla pancia di Mània, pensa a tutto quello che è stato detto.) Mi ami?
MANIA- (Non lo ascolta.) Dove si fanno queste cose quando l'ospedale non c'è?
JOHNNY- Mi ami?
MANIA- Mh?
JOHNNY- (Amaro.) Al campo degli eserciti. Qualche crocerossina aiuta a non soffrire, mi sa che per un paio d'ore prima ti fanno i test per capire se devi farlo o no. Test della mente, anche. 
MANIA- Passerò tutti i test. Ero brava a scuola, avevo tutti sette.
JOHNNY- Ci vogliono molti soldi.
MANIA- Certo. Mi pare anche abbastanza giusto. Sono vite in fondo.
JOHNNY- Soldi che io non ho.
MANIA- (Ride.) Non mi guardare. Io l'oro l'ho dato tutto allo stato per la guerra.
JOHNNY- Cercherò qualcosa da fare. Da vendere. Ieri ci ho provato, non ci sono riuscito. (Pausa.) Quando lui torna tu mi lasci vero.
MANIA- Non siamo sposati. Come faccio a lasciarti. (Pausa.) Vuoi che cambi la serratura di casa e faccia finta di non conoscerlo e fargli credere che è diventato pazzo al confine?
JOHNNY- Che te lo chiedo a fare.
MANIA- E' mio marito. Tutti si aspettano che io mi comporti così quando tornerà. I bambini, soprattutto. Ma non vuol dire che non ti rivolgerò più la parola. E' mio marito. Ti amo.
JOHNNY- (Si stacca.) Ti ricordi domani di far lavare mamma. Ne ha bisogno.
MANIA- Non lo so. Non so se deciderò di affogarla. Dopo aver lavato i piccoli. 


(BUIO)






VI scena

(Johnny, Glauce, a casa.)

GLAUCE- Che ora è. (Silenzio.) Scusa sai l'ora? Oh ma ci sei ? Oh? (Urla.) Sapete l'ora? Sapete l'ora? Qualcuno sa l'ora? 
JOHNNY- (Poggiato con la testa sul tavolo, le braccia conserte. Non risponde, ma fa un verso.)
GLAUCE- (Infastidita.) Ah c'è qualcuno allora. Ci sei. Fai come tuo padre. Che era il vizio che ci aveva lui di non rispondere. Fai come lui. Uno chiede una cosa e non ci ha risposta. (Pausa. Più forte.) Che ora è?
JOHNNY- Le due meno venti.
GLAUCE- Tanto ci voleva. Che vizio brutto che ci avete tutti e due. Quello non c'era una volta che rispondeva. Figurati poi se ci avevo bisogno di soldi. Se gli dovevo chiedere qualche soldo. Manco mi guardava. Una vita ho mandato avanti tutto quanto con quei quattro soldi del salario che mi dava e che non si nascondeva non so dove. Una vita. (Pausa.) Scusa che ora è?
JOHNNY- (Scatta in piedi.) Le due meno venti. Sei un po' nervosa oggi.
MANIA- Non sono ancora le due meno un quarto? Non sono passati ancora cinque minuti? (Johnny non risponde. Rabbia.) E non risponde. Non sono ancora passati cinque minuti? Non sono ancora passati? Oh, proprio come lui. Ma a chi sei figlio tu? Non t'ho cresciuto io a te? T'ho cresciuto io a te, perdio! (Si accorge della bestemmia, si fa il segno della croce e di conseguenza:) Devo andare a confessarmi. Accompagnami dal prete.
JOHNNY- No.
(Johnny si alza e comincia ad andare via.)
GLAUCE- (Cambia tono, si è accorta che Johnny sta andando via.) Dove vai? Vai via? Mi lasci sola? Perché esci?
JOHNNY- (Dolce dolce, sarcastico.) Sono passati cinque minuti. Vedi che sono passati cinque minuti? A forza di strillarli li hai fatti passare cinque minuti, sono scappati per i tuoi strilli, si sono messi paura i cinque minuti. (Apre la porta.)
GLAUCE- Dove vai? (Johnny non risponde, se ne va.) Dove vai? Vai via? Dov'è che puoi andare alle due meno un quarto?.. Ti serve qualcosa? Ti manca qualcosa? Niente. (Lunga pausa. Magari si sente il ronzio di una lampada o di un frigorifero.) Niente. Guarda che t'ho visto. (Pausa.) Ah ma allora te ne sei proprio andato. Che si fa. Quand'è così. A una cieca fare pure muta e sorda non è proprio una bella cosa eh. (Guarda in alto d'ora in poi, di tanto in tanto.) Che a te ti disturbo? No dillo eh. Non è che mi offendo. Eh lo so ci hai ragione. Ti chiamo solo se sto da sola. Con Johnny non ti ci faccio parlare mai. Eh ma figlia mia, lo vedi come mi tratta? Lo vedi come fa? Non è buona educazione no. (Pausa.) No sì sì guarda cinque minuti e basta ti rubo cinque e basta. Che con qualcuno devo pure parlare. Sei mia figlia no. Io lo so che mi vuoi bene, tu. Tu, lui no. Guarda che in fondo tu hai fatto la cosa migliore ad andartene via senza fare figli. Magari adesso pare brutto che te lo dico davanti a dio e a tutti i santi che stanno lì (Segno della croce.), ma hai fatto proprio bene. (Pausa.) Oh ma lo sai quanta gente c'era al funerale? Mi pareva di vederli lì in chiesa. Vederli proprio. Tutti quegli uomini. C'era pure qualche avvocato. Te l'ho già raccontato, vero? (Pausa.) Hai fatto davvero il miglior affare. Quel giorno era tuo fratello che mi diceva chi c'era in chiesa. Mi teneva sottobraccio in piedi. Siamo stati in piedi tutto il tempo. In peidi al primo banco. Non ci siamo seduti mai. I fiati della gente. Tutti li sentivo. Tutti addosso che non ci stava più spazio. I fiati, suonavano. Non ci stava l'organo, niente. Solo i fiati. Io col dito passavo sopra alla targhetta attaccato sul banco. C'era un nome e un cognome. Mi sforzavo di ricordarmi chi era quello segnato lì, che cogli occhi sani sicuro l'avevo letto e invece niente. Johnny mi diceva chi c'era, io quasi li vedevo. E quando il prete faceva le domande. I fruscii delle parole che non andavano mai insieme. Lontano, dalla porta non la smettevano mai di entrare scarpe. Dall'inizio alla fine. Due o tre botte ho sentito pure. Nella fila dietro a me. Era uno che è svenuto tre volte penso. E i nasi che soffiavano. Alla fine li riconoscevo pure se erano nasi maschi o femmine. E le pacche sulle spalle a Johnny e le carezze a me. No sulla faccia però. I fiati. Di quelli che passavano da me a dirmi condoglianze. Tutti sulle spalle li sentivo. Che vuol dire che non mi guardavano. Che ancora mi usciva sangue dagli occhi. E la benda l'ho cambiata tre volte al funerale. A pensarci adesso non mi sentivo così felice per tutta la gente che c'era da quando quella volta hai fatto la comunione e avevo invitato tutti i parenti e gli amici, e la gente che conoscevamo poco anche. Che poi, magari me lo sono solo sognato eh, però mi sa che un avvocatone grosso, coi baffi, che stava in prima fila e piangeva a cascata, c'era anche quel giorno, quell'anno della comunione. La stessa mano che mi stringeva la mia proprio. Stesso anello al mignolo. Magari me lo sono sognato, eh. Però. Però. (Complice.) Mi pareva che era proprio lui. Figlia mia, manco a farlo apposta ti sarebbe riuscito un capolavoro così. Un miracolo. Manco io ti avrei saputo dare un consiglio fatto così bene. Mille uomini a piangere per te, mia figlia!, dentro a una chiesa. A piangere a piangere. (...) Che poi io penso che qualche occhiataccia storta se la sono pure tirata, qualcuno, tra di loro, eh, "E che ci fai tu qua? E che ti piangi?" (Ride.) Poi si saranno girati dall'altra parte per non farsi vedere. E per non far vedere che vedevano. E per non pensare male di te, che stavi lì per terra stesa dentro alla bara. Che poi pensare male di te significava solo capire che non erano unici, nessuno di loro. 
(Ride.) E invece che capolavoro hai fatto, figlia mia! Il teatro, proprio. Che a un certo punto si è fatto silenzio. Ci stava solo il fischio dentro alle mie orecchie. E due scarpe sole che vanno sopra all'altare. E una cosa di metallo che cade. Poi 'schiaff schiaff' comincia un lamento Che io l'amavo che lei è morta vergineeee... (Ride.) Come il teatro. Era la voce di quel tuo ragazzo. La cassa di legno che ci stavi dentro tu e lui sopra. Tuo fratello mi ha descritto con la voce tutta la scena, lui tutto disperato sopra la bara, col pennello e il barattolo di vernice. Schiaff schiaff Io l'amavooo. Schiaff schiaff Voglio morire pure iooo. Poi altre quattro scarpe che salgono su e si portano via quel bravo figlio. Non ci stava manco bisogno che lo diceva tuo fratello. Era chiaro tutto quanto. (Riflette.) Parlava tanto tuo fratello quella volta, e parlava pure bene. Solo adesso gli prende che deve fare come il padre, che non risponde. (Ride.) Ma che capolavoro, figlia mia! Io non lo sapevo che eri così intelligente. Che ti sei santificata con una morte sola!
Se lo sapevo che avevi fatto una mossa così intelligente, neanche me li cavavo gli occhi, ma ti guardavo, tutta stesa e composta. E forse ti avrei visto sorridere per come eri riuscita bene a fare la tua idea. 
Ma lo sai cosa mi succedeva a me, se morivo quand'ero giovane come te? Solo tuo padre ci avevo al funerale. E manco lo so se piangeva. Solo i suoi tacchi sul marmo della chiesa. Eh, santuomo. (Si corregge, con risentimento e sarcasmo:) Porcuomo. E con chi se li lanciava gli sguardi. Da solo. Che magari poi pensava a altro. Mentre si guardava l'orologio e le punte delle scarpe. Pensava magari a tutti i panni che non avevo lavato quel giorno, perché non avevo fatto in tempo, dato che ero morta all'improvviso. Al letto sfatto, alla polvere. Che non avevo sistemato niente prima di morire. "Potevi morire domani". Questo avrebbe pensato, mentre eravamo soli pure dentro alla chiesa. Io e lui. E il prete, certo. Magari un po' in ritardo però, che lui magari gli diceva "Faccia, faccia con comodo, non è una cosa importante, è solo mia moglie. Pensi un po' lei, mi ha lasciato tutta la casa in disordine. Sì adesso mi tocca a me metterla a posto. Eh, per cui, se vuol essere così gentile che mi fa un ritardo piccolo, un ritardino insomma, così la seppelliamo e a me non mi tocca passare tutto il giorno in casa..."
E invece tu come le attrici sei uscita di vita, con una morte sola ti sei santificata in cielo e in terra. Che ormai non c'è più nessuno che parla di te, stai sicura. E non hai manco lasciato figli. E hai fatto bene. Che poi non lo so come avrai fatto, con tutti quegli amici che ci avevi. Mah, avrai avuto i tuoi metodi... Comunque brava figlia mia, mi viene voglia di darti una pagella con tutti dieci come quando eri piccola e io il sabato ti davo un voto per tutte le cose che facevi. Come rifacevi il letto, annaffiavi le piante, cucinavi le prime cose... (Comincia ad andare via.) Un bel dieci ti darei, il dieci con la lode. L'undici mi inventerei per te. Che poi non lo so se tu i figli, un figlio, magari, lo volevi. Secondo me no. Ma guarda che tanto hai fatto bene così. Tutto bene, il miglior affare. Guarda tuo fratello, mio figlio!, come s'è fatto, che neanche risponde più. 

(BUIO)







VII scena

(Il 3° uomo è in piedi. Ogni tanto, come in tutte le sue scene, si passa una mano sulla testa calva e si pulisce gli occhiali. Alterna momenti di aggressività a momenti di sottomissione. Arriva Vin da un lato.)

3°- Siediti.
VIN- Ci abbiamo molto da parlare.
3°- Solo due minuti.
VIN- Allora. Allora resto in piedi.
3°- Io penso che ti devi sedere.
VIN- No grazie non mi va.
3°- Siediti.
VIN- Cazzo vuoi.
3°- Siediti e basta.
VIN- Parla e fammi andare via.
3°- Ti siedi per favore.
VIN- No. Manco ti conosco e mi dai gli ordini.
3°- Te lo sto a chiedere. Come favore. Siediti.
VIN- Se stiamo a fare una gara lascia perdere. (Pausa. Il 3° uomo demorde, si gira di fianco per non guardare Vin.) Io alla fine mi pensavo che te lo prendevi l'anello.
3°- Eri tu che dicevi. Che ci avevi un altro a cui darglielo no. Quello. Che ha fatto. L'ha preso.
VIN- No.
3°- E allora perché me lo dovevo prendere io.
VIN- Perché lui. Johnny ti ha. Salvato.
3°- Non gliel'ho chiesto io.
VIN- Sì però alla fine /
3°- Alla fine che.
VIN- Alla fine /
3°- Che.
VIN- Niente. (Pausa.)
3°- (Tira fuori dalla tasca un libretto nero. Sfoglia le pagine. E' più sicuro di sé.) Com'è che ti chiami tu.
VIN- Vin.
3°- Di cognome.
VIN- Ti interessa così tanto.
3°- Non mi ricordo. Se ti hanno segnato col nome o col cognome. 
VIN- Segnato a che.
3°- Qua sopra. 
VIN- (Guarda il libretto. Silenzio.) Che vuole dire.
3°- Non sei tu quello. 
VIN- Quello chi.
3°- Quello. Che ci ha i debiti. Da prima. Della guerra.
VIN- (Finge.) Mi sa che ti stai a sbagliare.
3°- Eppure.
VIN- Mi sa che ti stai proprio a sbagliare.
3°- Eppure. Eppure. (Pausa.)
VIN- Da quando è. Che queste cose girano. Da quando è che uno che non mi conosce a me sa quello che faccio io.
3°- Da quando il capo mi ha dato a me questo lavoro..
VIN- (Stupito.) Questo lavoro.
3°- Quello di andare a prendere i soldi da quelli che stanno segnati qua sopra.
VIN- E perché te l'ha dato a te. Chi sei tu. Il figlio.
3°- Non ci ha figli. 
VIN- Non ci credo. 
3°- Lo vedi il libretto mi pare. Adesso non ci credi. Ma vedi che tra un po'.
VIN- Che facevi tu prima.
3°- Prima di che.
VIN- Della guerra.
3°- Non lo so.
VIN- Che vuole dire.
3°- Che non lo so. Tu te lo ricordi. Quello che facevi prima della guerra.
VIN- Io non facevo niente. (Pausa.)
3°- (Sospiro patetico.)
VIN- Che ci hai.
3°- E' che. Non ci vedo. (Si pulisce gli occhiali. Tiene gli occhi semichiusi.) 
VIN- Non ci vedi.
3°- Gli occhiali. Mi servono. Un po' più forti.
VIN- Ancora più di quelli che ci hai già.
3°- Non ci vedo niente.
VIN- Niente.
3°- Niente.
VIN- (Con la mano mezza nascosta gli fa un gesto, ma non per capire se ci vede o no, glielo fa e basta.)
3°- Non lo fare il coglione.
VIN- Io non /
3°- Non lo fare il coglione. Hai capito.
VIN- Non lo stavo. Facendo a te.
3°- No.
VIN- Sul serio. (Breve pausa.) Però comunque mi pare che. Non ci hai bisogno di altri occhiali. Mi devi dire. Qualche altra cosa.
3°- Quello che ti ho detto te lo dovevo dire. Del libretto e tutto. Ho detto a tutti quelli che ci stanno sopra al libretto di venire qua in questo posto. Loro non lo sanno perché e manco tu.
VIN- Un cambio della guardia.
3°- Bravo. La gente lo deve sapere. 
VIN- Ma tu sei almeno un parente lontano del capo.
3°- No.
VIN- E allora perché ti ci hanno messo a te al posto suo.
3°- Per via degli occhiali.
VIN- Che ti fanno una faccia intelligente.
3°- Me la fanno brutta ma che uno non pensa che posso fare male. Male a chi non dice di sì. O alle sue cose, anche. 
VIN- Beh insomma brutta... Alla fine non è che ti stanno così /
3°- (Duro e patetico.) Guarda che lo so da solo come mi stanno. 
VIN- Volevo solo essere gentile. (Pausa.)
3°- E non ti scordare. Che passo tutti i mesi.
VIN- Dove.
3°- A casa tua. E degli altri.
VIN- Va bene. Adesso. Me ne posso andare.
3°- Ricordati che. I soldi me li devi dare. A proposito. Che cosa è che ci hai fatto con quei soldi prima della guerra.
VIN- (Breve pausa.) Non me lo ricordo.
3°- Non me lo vuoi dire.
VIN- Non me lo ricordo e basta.
3°- Fa' come ti pare. Non me lo dire se non ti va. 
VIN- Lo sai tu. Non è che metti tanta paura. Non sei. Come quell'altro.
3°- Perché.
VIN- Perché. Parli. Quelli che stanno zitti. Quelli che gli chiedi le cose e non ti rispondono. Quelli che dicono sempre le cose false e vogliono fare credere agli altri che sono le cose vere. Quelli. Li odio. Ma tu. Parli e rispondi e pare che sei proprio capitato qua che non ti andava.
3°- Non lo dire. In giro che faccio così. Non lo dire. Che me l'avevano detto. Eh. Capito. Me l'avevano detto che bisogna stare zitti. Però per me. E' pure. La prima volta capito.
VIN- Non sei tu il capo.
3°- Sono io. Perché dici di no. (Si guardano. Il 3° uomo non regge lo sguardo. Pausa. Amichevole.) Allora adesso che fai.
VIN- Niente. Me ne posso andare adesso.
3°- Sì. E se incontri qualcuno che mi cerca digli qual è la strada. (Vin si alza e comincia ad andare via.) Dai. Che quando passo a casa tua. Magari ci facciamo quattro chiacchiere.

(BUIO)







VIII scena

(Johnny con la faccia sul tavolo, la giacca sulla spalliera della sedia. Entra Glauce sulla sedia a rotelle, lo urta perché non si accorge che è lì.)

GLAUCE- Ah, chi è?
JOHNNY- Io.
GLAUCE- Io Johnny?
JOHNNY- No Johnny e basta. 
GLAUCE- Non l'ho capita. Che significa?
JOHNNY- Niente lascia stare. 
GLAUCE- No scusa, io t'ho detto Chi è? Tu mi fai Io. Allora io ti dico Io Johnny?, per capire se eri tu o no, che c'entra rispondermi / No Johnny e basta
JOHNNY- Sono le nove lo sai?
GLAUCE- Che cosa hai detto scusa?
JOHNNY- Che sono le nove.
GLAUCE- E allora? 
JOHNNY- (Fa spallucce.) Così.
GLAUCE- Non l'ho capita manco questa. 
JOHNNY- (Spiega.) E' che mi chiedi sempre che ora è.
GLAUCE- Non è vero. Solo certe volte te lo chiedo. Quando mi serve per qualche motivo. Se non me lo dici te lo chiedo finché non rispondi, ma non sto sempre a chiedere l'ora a te. Che poi la maggior parte delle volte non mi serve saperlo. Che poi certe volte mi fa anche male saperlo. 
JOHNNY- (Tira fuori dalla tasca della giacca l'anello d'oro della vecchia e lo getta sul tavolo. Glauce cerca di prenderlo, ha riconosciuto il rumore, ma non ci riesce.) 
GLAUCE- (Muovendo le mani sul tavolo.) Chi te l'ha dato? Dove l'hai preso? Me lo prendi per favore, che non lo trovo. 
JOHNNY- (Glielo dà, lei lo annusa.)
GLAUCE- Non se l'è messo tanta gente. Non se l'è messo nessuno, non c'è l'odore. Come mai te l'hanno ridato al campo? Glielo hai chiesto per me? Sei stato così buono? 
JOHNNY- Sì. (Pausa.)
GLAUCE- Come no. Non l'ha voluto nessuno, vero? Il campo... Sì sì proprio al campo l'avevi venduto. E' che non l'ha voluto nessuno, vero?
JOHNNY- Mi sa che non è manco oro.
GLAUCE- No guarda, a essere oro è oro. A tua sorella, a mia figlia, mica gli facevano i regali finti. 
JOHNNY- Mi hanno detto tutti di no. Tutti, eh, non ce n'è stato uno che ci ha creduto, manco per un secondo.
GLAUCE- E certo. Ai contadini glielo vai a chiedere. Che ne sanno quelli dell'oro, che sono mezze bestie. 
JOHNNY- Più di te e di me, mi sa. E non erano tutti contadini. C'era pure qualche soldato, qualche collezionista. 
GLAUCE- Guarda che hai solo sbagliato modo.
JOHNNY- Te l'ho riportato. Pure la lezione mi devi fare. 
GLAUCE- Lo dico per te. Lo dico per te. Se sei nei guai e ti servono soldi. Devi capire come si fa a vendere.
JOHNNY- (Ride.) Allora ci aveva ragione papà quando diceva che la tua era una famiglia di quella "razza". Vedi come sei felice quando si tratta di vendere. (Ride.)
GLAUCE- (Rabbia.) Non siamo mai stati di quella razza. (Pausa.) Tuo padre non ha mai saputo niente della mia famiglia. Tuo padre vi diceva quello, sulla "razza", per farci disprezzare da voi, da te e tua sorella. I miei genitori andavano nelle chiese cristiane. Abbiamo sempre pregato a cristo, noi. E alla madonna. E abbiamo sempre fatto l'elemosina e non ci abbiamo mai avuto un negozio. (Pausa.) A me tuo padre non mi dava i soldi per mangiare. Hai capito.
(Silenzio. Johnny si accende una sigaretta, voltando le spalle alla vecchia ma rimanendo seduto. Glauce si infila l'anello in tutte le dita di tutte e due le mani. Scende la calma.) 
GLAUCE- Che tempo fa fuori.
JOHNNY- E' notte. Che importanza ha il tempo che fa. 
GLAUCE- Piove?
JOHNNY- Sono anni che piove tutti i giorni. E' notte. Non ci pensare, di notte, che tempo fa. Tanto non potresti uscire lo stesso. E' buio.
GLAUCE- Johnny, perché io non posso vedere? 
JOHNNY- Ti sei cavata gli occhi, mamma. Te li sei cavati per tua figlia. 
GLAUCE- Ho fatto bene?
JOHNNY- Era molto di più di quello che la gente si aspettava da te, da una madre. Non lo so se hai fatto bene o hai fatto male. Non ci vedi più. Non vedrai mai più. Ma non vuol dire niente. Se lei adesso è tua, tua figlia e basta, forse hai fatto bene.
GLAUCE- Non vedrò mai più?
JOHNNY- Penso di no. 
GLAUCE- Neanche al campo possono ridarmela la vista? Neanche gli eserciti hanno qualcosa per farmi vedere?
JOHNNY- Penso di no.
GLAUCE- Tua sorella era intelligente.
JOHNNY- Mia sorella è morta. Per questo dici che è intelligente.
GLAUCE- No. Non per questo. Non è la morte che fa diventare intelligenti. Guarda tuo padre. Da vivo era un idiota, non è meno idiota adesso che sta sotto terra. Tua sorella no. Tua sorella era intelligente sul serio.
JOHNNY- La odiavi.
GLAUCE- No. 
JOHNNY- Sì. Quando è nata era tua figlia. Poi non più. Tu la crescevi ma la odiavi. La odiavi, cercavi di fargli male, di fargli credere che avere marito e figli e pulire la casa era la cosa più bella. Tu lo sapevi che non era così. Tu lo sapevi ma la odiavi e hai cercato di fargli fare la tua stessa fine.
GLAUCE- Pensi che non vedrò mai più?
JOHNNY- No. Non vedrai. Vorresti che ti dicessi il contrario?
GLAUCE- Vorrei vedere una volta la sua tomba.
JOHNNY- Te l'ho descritta tante volte. 
GLAUCE- Vorrei vederla. Non c'è un modo?
JOHNNY- Prega a cristo, come hai fatto sempre. Bestemmialo pure un po', così ti sente e ti dà retta. Magari in sogno te la fa apparire.
GLAUCE- (Si fa il segno della croce.) Vorrei vederla davvero. Non mi ricordo più. Aveva i capelli lunghi tua sorella quando è morta?
JOHNNY- No. Se li era tagliati. Dieci giorni prima di morire. Aveva paura di tutto gli ultimi giorni. Aveva paura anche a portare i capelli lunghi. Credeva che coi capelli corti la guardavano di meno.
GLAUCE- Tra un po' mi scorderò anche come era il suo viso, vero? Già mi sembra più sfocato. (Pausa.) Si era tagliata i capelli perché aveva paura che la guardavano. Secondo te lo sapeva che stava per morire?
JOHNNY- Forse sì.
GLAUCE- Perché non me l'ha detto? 
JOHNNY- Cosa avresti fatto?
GLAUCE- Sarei morta con lei.
JOHNNY- Se te l'avesse detto avresti riso. Saresti stata contenta al pensiero e insieme non ci avresti creduto. Neanche io ci ho creduto.
GLAUCE- Lo sapevi.
JOHNNY- Sei giorni prima di morire mi ha parlato. Mi ha preso le mani e mi ha detto con tanta calma che ci ha sempre odiato, tutti quanti. Me lo ha detto sorridendo, io sorridendo gli ho chiesto perché lei mi ha risposto che era naturale. Che era la cosa più naturale che avesse mai provato. Ho capito che stava per morire. Ma l'ho capito solo per un secondo, quando mi ha guardato. Sorrideva. Gli occhi grigi. Era già morta. Dentro, era già morta. Mi ha detto che ci odiava. Ho capito che stava per morire solo per un secondo. Poi non ci ho creduto o non l'ho più pensato. 
GLAUCE- L'ha fatto apposta.
JOHNNY- Cosa.
GLAUCE- Morire. L'ha fatto apposta. (Guarda in alto.) Se ci avessi avuto gli occhi al funerale, davvero l'avrei vista ridere. Di me. Ridere di santità e di vendetta. L'ha fatto apposta. Così è diventata mia figlia senza diventare io la madre. (Rabbia.) Mi scorderò di te. Un paio d'anni che mi restano, mi scordo di te, come mi sto a scordare la tua faccia e quella di tuo padre. Tua sorella era proprio intelligente. Intelligente e furba. (Si tocca l'anello.)
JOHNNY- Levatelo.
GLAUCE- No. 
JOHNNY- Cos'è la prima cosa che si scorda dopo che uno si è cavato gli occhi?
GLAUCE- Non me lo voglio levare. (Stende la mano.) Vedi come mi sta bene? (Riporta la mano al petto.) Attaccata a me devi stare, non ti devi muovere mai più. (Pausa.)
JOHNNY- Qual è stata la prima cosa che ti sei dimenticata. 
GLAUCE- Come si muovono gli occhi tutti e due insieme e come si chiudono. 
JOHNNY- E la seconda?
GLAUCE- I colori. Poi mi sono scordata le lettere dell'alfabeto. Poi tante cose. Poi mi sono scordata com'è la luce. 
JOHNNY- E basta?
GLAUCE- Altre cose le sto ancora scordando. Vorrei sapere com'è la luce.
JOHNNY- (Sbrigativo.) E' un vestito che ti fa vedere le cose. 
GLAUCE- Vorrei vedere la sua tomba.
JOHNNY- Non si può. 
GLAUCE- Dicevi sul serio? Dicevi sul serio che ti ha detto quelle cose?
JOHNNY- Sì. Stava per morire. Sono le cose più vere e più false che abbia mai potuto dire. Stava per morire. Ha detto quello che pensava. Non lo so se era quello che aveva sempre pensato o qualcosa che gli era venuta in mente solo quella sera. Mentre mi teneva le mani.
GLAUCE- Johnny.
JOHNNY- Mh.
GLAUCE- Perché.
JOHNNY- Cosa.
GLAUCE- Perché non mi hai mai dato uno dei tuoi occhi.
JOHNNY- Mh?
GLAUCE- Sì. Perché. Ne hai due. Sono tua madre. Tua sorella mi odiava ma tu /
JOHNNY- Anche tu la odiavi.
GLAUCE- Sì ma tu non mi odi. Dammi uno dei tuoi occhi.
JOHNNY- (Ride.) Vuoi giocare a biglie?
GLAUCE- Voglio vedere! Voglio vedere! (Pausa.) Non ho fatto la cosa giusta quel giorno.
JOHNNY- Non dovevo raccontare.
GLAUCE- No. Forse non dovevi raccontare. Forse dovevi avere un po' di amore per tua madre. 
JOHNNY- Scusa.
GLAUCE- Dovevi avere un po' di amore. Voglio vedere, Johnny. Vedere la sua tomba e decidere se ho fatto bene o no quel giorno.
JOHNNY- (La rassicura.) Hai fatto bene. Lei è tua ormai. Anche se ti ho detto di come mi ha preso le mani. Lei è tua. Nessuno ti ha imbrogliato.
GLAUCE- Non vedrò mai più. Per colpa sua. Perché non mi ha detto che stava per morire. Adesso sono stanca. Adesso voglio andare a dormire. 
JOHNNY- (Va alla finestra, ancora con la sigaretta.) Buonanotte. 
GLAUCE- (Se ne va, sulla sedia a rotelle.) Non me l'ha voluto dire. Buonanotte, Johnny.


(BUIO)







IX scena

(Il 3° uomo è seduto, si pulisce gli occhiali. Arriva Vin.)
3°- Vieni.
VIN- Perché m'hai fatto chiamare.
3°- Vieni qua. Siediti.
VIN- Grazie. Io. Preferisco stare in piedi.
3°- Siediti pure.
VIN- Io /
3°- Siediti.
VIN- (Si siede. Sono uno davanti all'altro. Il 3° uomo si alza, senza smettere di pulire gli occhiali.) Mi devi dire qualcosa.
3°- Ci hai fretta.
VIN- Io /
3°- Non mi pare che ci hai fretta.
VIN- E' che /
3°- Ce l'hai il lavoro.
VIN- No.
3°- Allora. Non ci hai fretta. (Pausa cambio di tono.) Hai sentito. Lo Sparta. Ha vinto.
VIN- Chi.
3°- Lo Sparta. Ha vinto.
VIN- Pure tu la stessa storia. Ah ma allora ve lo fanno proprio un corso. Mi devi chiedere i soldi indietro.
3°- E' la quarta volta capito. Due di seguito.
VIN- Se li vuoi adesso io te lo dico guarda non ce l'ho proprio.
3°- Sempre con quella formazione.
VIN- Se era questo che mi dovevi dire. Non ci ho lavoro e tutto il resto. Mi senti.
3°- Perché Hasek ci sa fare.
VIN- Allora poi che cosa mi fate se non vi pago.
3°- Perché ci ha messo Vlastimil Svoboda e Zdenek Svoboda e Pavel Novotny e Jan Flachbart al centro
VIN- Se è questo che mi devi dire. Non è che mi interessa tanto capito. E' pure meglio se non lo so. Quello che mi fate.
3°- E alla difesa ci stavano Jiri Novotny e Roman Lengyel e Mynar.
VIN- Meglio capito. Se non lo so. 
3°- E è stato Martin Prohaszka a farli vincere capito. Che gliene ha fatti due e poi l'ha data a Josef Obajdin e quello pure ha segnato.
VIN- Se mi dovete. Fare qualche cosa. Venite qua e basta. Mi senti.
3°- E l'ultimo attaccante era Horst Siegel.
VIN- E fate tutto e andatevene.
3°- Che quello in porta stava bene che non gli hanno fatto manco un punto. A Kolar.
VIN- Allora. Che fate se non vi do i soldi.
3°- E è finita così che lo Sparta ha vinto ancora. (Breve pausa.) Magari ti ammazziamo. (Breve pausa.) E allora Blasek Grygera Hornak Bolf Labant e Paponsek Sloncik Rosicki Krizonac Hasek e Jarosik Jun Kincl Sionsko. Sopra alla panchina. Stavano proprio felici. (Breve pausa.) Hai capito.
VIN- (Rassegnato.) Sì. Me l'hai già raccontato.
3°- E però io per me preferisco ancora quelli che giocavano anni fa. Capito.
VIN- Sì. Lo so.
3°- Che ci stava Jarabinsky che allenava
VIN- Sì.
3°- E Petr Kostelnik Petr Koubla Jan Blazka erano i portieri
VIN- Sì.
3°- E Peter Gunda Michal Hornak Jiri Novotny Tomas Pozar /
VIN- Sì. Mi devi dire qualche cosa.
3°- Non ho finito. E Miroslav Rada Tomas Repka Tomas Votava alla difesa
VIN- Sì.
3°- E Pavel Nedved Vaclav Budka 
VIN- Sì. Allora che cosa è che mi devi dire.
3°- Aspetta.
VIN- Io non /
3°- Lumir Mistr Zdenek Svoboda Roman Tyce
VIN- Sì.
3°- Roman Vosanek Martin /
VIN- Sì.
3°- / Frydek al centro.
VIN- Sì.
3°- E Jan Koller 
VIN- Lo so.
3°- Vratislav Lokvenc 
VIN- Sì.
3°- Josef Nemec Petr Pejsa 
VIN- Sì.
3°- Radek Petrak Petr /
VIN- Me l'hai detto già.
3°- / Prokop Ludek Straceny in attacco.
VIN- Sì.
3°- Erano meglio capito.
VIN- Sì. Allora. (Pausa.)
3°- Erano meglio. Erano più. Bravi. Io. Mi piacevano di più. Pure se ha vinto quest'anno con quegli altri giocatori.
VIN- Va bene. Allora. Che cosa è che mi devi dire. (Pausa.)
3°- Ci ho un regalo per te.
VIN- Un regalo.
3°- (Tira fuori da un sacco dei vestiti scuri.) E' per te.
VIN- Non mi servono. Grazie.
3°- Non è. Buona educazione. Dire di no ai regali degli altri.
VIN- Non mi devi fare nessun regalo. 
3°- Non è buona educazione. Hai capito.
VIN- E' che /
3°- Mettiteli. Te li ho pure presi. Della taglia tua.
VIN- Non mi servono. Non siamo amici che mi devi fare i regali.
3°- L'educazione.
VIN- L'educazione ti devo dire grazie. Io grazie te lo dico. Grazie. Però no. Grazie no. I regali. Non li voglio. 
3°- Prenditeli dai. Che poi questo. E' pure un colore che ti sta bene secondo me.
VIN- Perché pure questo. Perché non. -Non ti incazzare.- Ma perché. Non ti. Prendi i soldi e. Basta e non te ne vai. E basta.
3°- Ti sto a fare un regalo e mi tratti così.
VIN- Non lo voglio. Riportateli. L'hai pagati.
3°- Sì.
VIN- Allora segnati sul libretto. Pure questi soldi. Segnateli sui debiti che ci ho e portati via i vestiti. Vedi che prima o poi. Ti ridò tutto e stiamo pace.
3°- Non hai capito allora. Non capisci niente.
VIN- Io /
3°- Non capisci proprio niente. Prenditeli.
VIN- Io /
3°- Prima ti ho detto siediti ti sei seduto. Adesso pigliati i vestiti.
VIN- E' che /
3°- Parli troppo lo sai. Parli proprio troppo. (Pausa.) Perché prima. Non mi hai aperto.
VIN- Quando.
3°- Prima. Non fare finta di no. Ho bussato da te. Che di solito. Capita certe volte che ci facciamo. Due chiacchiere e. Io ho bussato e tu ci stavi dentro e però non mi hai aperto.
VIN- Veramente è che (...) non ci stavo a casa stavo /
3°- T'ho pure visto. Dietro alla finestra. Stavi colla testa sopra al tavolo.
VIN- Allora lo vedi. Che non ci hai bisogno degli altri occhiali.
3°- Allora lo vedi. Che dentro casa ci stavi sul serio.
VIN- Volevo dire che ci hai gli occhiali così forti che ti fanno pure vedere le cose che non esistono.
3°- Lo sapevi e non mi hai voluto aprire e mi hai fatto capire che a te ti dà fastidio che io ci vengo là.
VIN- (Comincia ad avere paura.) Non è così è che non ci stavo a casa te l'ho detto.
3°- Ti dà fastidio e allora non mi hai aperto così ti pensavi che io me ne andavo via e non ti vedevo.
VIN- Non ti puoi incazzare per tutte le cose te l'ho detto non ci stavo a casa /
3°- Ti credevi che mi facevi fesso a me. Ti credevi che eri furbo.
VIN- Guarda il fatto è /
3°- Ma ti pensi che a me me ne frega un cazzo di venire a parlare con te. Ti credi che mi facevi fesso e mi facevi pure male a fare così che non hai aperto.
VIN- Il fatto è /
3°- A me non me ne è mai fregato un cazzo di venire a parlare da te hai capito.
VIN- E' che ero. Stanco. (Pausa.)
3°- Allora stavi a casa.
VIN- Sì.
3°- Se continuavi un altro po'. A dirmi che non ci stavi. Magari alla fine ci credevo pure. E invece ci avevo visto bene.
VIN- Ero stanco e dormivo.
3°- E' che sei un - (Pausa.) Sei un -
VIN- Cosa.
3°- Non fare finta. Sei un - (Pausa.) Un co -
VIN- (Breve pausa.) 'glione.
3°- Ripetilo.
VIN- (A mezza bocca.) 'glione.
3°- Non ho sentito bene.
VIN- Coglione. Co. Glione.
3°- Dillo intero.
VIN- Sono un. Coglione. Io.
3°- Bravo.
VIN- Un coglione. Io. Sono un. Coglione.
3°- Bravo.
VIN- Sono un coglione. Io sono un coglione. (Pausa.)
3°- Adesso. Hai capito allora.
VIN- Che cosa.
3°- Ancora non hai capito.
VIN- No.
3°- I vestiti. Prenditi i vestiti.
VIN- Io. Veramente non ho. Capito.
3°- Alzati.
VIN- Me ne posso andare.
3°- Alzati e vieni qua e stai zitto.
VIN- (Si alza e si avvicina al 3° uomo. Il 3° uomo gli mette una mano sulla spalla e con l'altra mano indica in lontananza.)
3°- Lo vedi.
VIN- Che cosa.
3°- Guarda. E' notte. Quella luce là in fondo.
VIN- L'hai fatto.
3°- Te l'avevo detto. Io ti faccio le proposte e ti dico pure pensaci e dopo i giorni tu ancora fai finta che non hai capito. 
VIN- Casa mia. L'hai distrutta.
3°- No. Solo. Un pezzo. Ti conveniva. Pensarci un po' e poi dirmi di sì. (Il 3° uomo toglie la mano. Vin si allontana, si siede. Con qualcosa, ad esempio un bastoncino, fa dei segni sul terreno. Lunga pausa.)
VIN- Che cosa è che devo fare.
3°- Pigliati i vestiti.
VIN- (Si alza, va a prendere i vestiti.) Che cosa è che devo fare.
3°- Domani. Fatti rivedere qua. A quest'ora. Coi vestiti addosso. Poi ti spiego. Tutto quanto. L'hai mai guidata una macchina.
VIN- Qualche volta. In cambio. Che cosa mi dai.
3°- (Ride.) Niente. (Pausa.) Chi ci stava. In difesa sette anni fa allo Sparta.
VIN- Non lo so.
3°- Te l'ho detto tante volte. Chi ci stava.
VIN- Non lo so.
3°- Dai.
VIN- (Breve pausa. La butta là sapendo di sbagliare.) Grygera Novotny Labant.
3°- Nedved Budka Mistr. Ti sei sbagliato. Un'altra volta. 


(BUIO)







X scena

(Luther e un grado dell'esercito che fuma un Avana, con impermeabile, di spalle)

ESERCITO- Non ha studiato la teoria dell'addestramento al tiro?
LUTHER- Sì.
ESERCITO- Perché non riesce a sparare. E' un bersaglio.
LUTHER- E' un bersaglio mobile.
ESERCITO- Siamo in guerra, caporale. I bersagli sono tutti mobili. Non ci sarà nessuno fermo in mezzo alla pianura che che le indicherà col dito dove deve mirare.
LUTHER- Vorrei sapere come faccio a distinguere i bersagli da colpire dagli altri.
ESERCITO- Lei tiri caporale. 
LUTHER- A qualsiasi cosa.
ESERCITO- Tiri e basta caporale. Se dovesse succedere un incidente la proteggeremo noi. Li punisca caporale. I nemici fanno un peccato mortale a muoversi. Li punisca, spari. Li educhi. Siamo qui per questo. Educare le persone. Educare loro e dar da bere a noi. Vada a posto. (Luther torna a sedere). Oggi voglio sapere da voi: che cos'è la guerra.
LUTHER- Non l'ho ancora vista signore.
ESERCITO- Ottimo. E' quello che voglio sentirvi dire. Voi non l'avete mai vista. La percezione, è questo che vi farà soldati. Ma adesso voglio darvi la mia idea sulla guerra. E lo farò come faceva il buon vecchio Cristo, con una parabola. Tu, con gli occhiali, là in fondo. (Luther si gira e resta a guardare indietro.) Tu, con gli occhiali. Tu morirai. (Luther si guarda attorno, interrogativo.) Avete capito la parabola?
LUTHER- Nossignore. 
ESERCITO- C'è un criterio con cui dio scegli i miopi. Un criterio con cui dio fa i miopi, come anche gli storpi. E c'è un criterio con cui la guerra decide chi uccidere. 
LUTHER- Quelli con gli occhiali muoiono tutti signore?
ESERCITO- Era un esempio caporale. Un esempio. Cos'è la guerra soldati?
LUTHER- Una cacata, signore. 
ESERCITO- La guerra, soldati, è una grande rissa. Vince chi guarda il generale invece del particolare. Chi non combatte con un solldato che gli sta davnti, ma con tutta l'armata che gli corre addosso. Ed è una grande madre, la guerra, signori miei. Buona partenza. E buona permanenza, soldati.



(BUIO)









XI scena

(Stessa situazione della VI scena. Johnny alla finestra, continua a fumare. Entra Vin, in silenzio. Si siede al tavolo, è naturale. Johnny finisce la sigaretta e si gira. Ha un attimo di paura, poi riconosce Vin.)

JOHNNY- Sei tu.
VIN- La porta è aperta.
JOHNNY- E' sempre aperta, forse non te ne sei accorto. Avverti quando entri. Non puoi piombare di notte così.
VIN- Non c'è il campanello.
JOHNNY- Bussa, che cazzo!
VIN- Ho bussato, non mi hai sentito. 
JOHNNY- Va bene, va bene. (Pausa.)
VIN- Hai venduto?
JOHNNY- Niente.
VIN- Neanche l'anello.
JOHNNY- Gliel'ho ridato. Perché stai qui a quest'ora.
VIN- Non riuscivo a dormire.
JOHNNY- Come i ragazzini.
VIN- E' una vita che non dormo. Penso di essere malato. Non riesco mai a dormire. (Si giustifica.) Però questa è la prima volta che ti disturbo. Questa è la prima volta che vengo da te. Siamo amici, tanto, no? Ho pensato: Siamo amici, è lui l'unico che non mi manderà via.
JOHNNY- Io veramente stavo andando a dormire. (Silenzio.)
VIN- (Gli dispiace un po'.) Hai ragione. Vai, vai pure, io sto un po' qua se per te va bene.
JOHNNY- E' la vecchia.
VIN- Cosa.
JOHNNY- Mi stanca. Mi ha stancato. 
VIN- Forse sta per morire.
JOHNNY- Dici anche tu così. Ma non è vero. Allora se tu non hai paura a stare da solo io vado via. Se non mi devi dire qualcosa. 
VIN- In che senso.
JOHNNY- No, dico così, magari mi devi dire qualcosa e è per questo che vieni di notte, non lo so. Volevo dire questo.
VIN- No. No non ho niente da dirti. Vai. Io sto un po' qua. Sento te e la vecchia respirare, così magari mi addormento anch'io.
JOHNNY- Guarda che lei russa che è uno spavento, eh. Non ho un divano per fartici dormire.
VIN- No va bene anche qui. Il tavolo va bene, ci sono abituato.
JOHNNY- Vuoi qualcosa?
VIN- Acqua. Un po' d'acqua se ce l'hai.
JOHNNY- La bottiglia è lì sopra. Attaccatici pure. Tanto la vecchia non si fa problemi. Se non se ne accorge.
VIN- Posso fumare qui? Ti dà fastidio se mi accendo una sigaretta?
JOHNNY- Che cazzo hai. E' proprio notte fonda. Di giorno una domanda così non la faresti.
VIN- Mi dai il posacenere?
JOHNNY- Non ce l'ho. Butta per terra, domani pulisco. Oppure non pulisco. Tanto.
VIN- Va bene. (Silenzio.) Vai pure. Buonanotte. Grazie.
JOHNNY- (Se ne va. Poi torna.) Mi dispiace che non ci ho niente per farti dormire. Pare brutto se ti dico vieni a letto con me. No, però se vuoi facciamo i turni.
VIN- Non ti preoccupare. Il tavolo va bene. Pure a casa quando ogni tanto mi addormento sto sempre sul tavolo. Dopo che ho guardato la televisione. Ma la verità è che non dormo quasi mai.
JOHNNY- Non lo sapevo che eri un insonne. E non ti fa male la schiena a dormire sopra al tavolo.
VIN- No. No, all'inizio, magari. Adesso non mi fa più male. Basta che uno ci si abitua. (Pausa.)
JOHNNY- Dai magari sto due minuti. (Si siede anche lui.)
VIN- Grazie però se non...
JOHNNY- (Non lo ascolta.) Allora niente televisione stasera. 
VIN- No.
JOHNNY- Come mai.
VIN- Sempre le stesse cose.
JOHNNY- Non sono giorni che uno può stare a pensare a quale cosa finta mandare in televisione. Le cose vere vivono per conto loro.
VIN- Sì sì questo lo so. Ma tanto io non è che mi guardo i film.
JOHNNY- (Ride.) E che ti guardi, i telegiornali?
VIN- No. No. Sempre le stesse cose pure là. Mi metto su un canale che non è sintonizzato.
JOHNNY- (Ironico.) Bello.
VIN- Di quelli grigi che ronzano.
JOHNNY- E che ci vedi dentro. 
VIN- Niente.
JOHNNY- (c. s.) Bello.
VIN- Non ci ho chi mi dice che cosa è normale e cosa non è normale.
JOHNNY- Ti serve per addormentarti.
VIN- Sì. (Pausa. Si confida:) Certe volte invece ci ho visto qualcosa.
JOHNNY- Tipo?
VIN- Delle facce.
JOHNNY- Delle facce.
VIN- Mh.
JOHNNY- Delle facce e basta. Non parlano.
VIN- No. 
JOHNNY- Sei sicuro. Non è che ci sta qualche interferenza.
VIN- No no. (Pausa.) Io guardo le facce e le facce guardano me e basta. Ma capita poche volte.
JOHNNY- Secondo me è qualche interferenza. Qualche canale che ci si intromette sopra. I telegiornali arrivano dappertutto. (Silenzio.)
VIN- Una volta ci ho visto Ehrn.
JOHNNY- Chi?
VIN- (Infastidito.) No niente lascia stare.
JOHNNY- Scusa, scusa, non ho capito, ripetimelo, no?
VIN- Mio fratello, Ehrn.
JOHNNY- Ah. Scusa.
VIN- No niente. Non te lo puoi ricordare.
JOHNNY- La faccia me la ricordo, ma è un po' sfocata. Me ne hai parlato qualche volta però. (Pausa.)
VIN- Da quanto abitano qui i tuoi?
JOHNNY- Trentacinque anni.
VIN- Trentacinque.
JOHNNY- Più o meno, sì. (Si alza.) Vuoi qualcosa.
VIN- Quello che prendi tu. (Johnny prende due bicchieri e una bottiglia. Da questo momento in poi bevono.) Trentacinque anni.
JOHNNY- Sì, più o meno. 
VIN- Ehrn è morto trent'anni fa. 
JOHNNY- Di già.
VIN- Non sembra eh?
JOHNNY- Vuol dire che stiamo diventando vecchi. Lui resta giovane, almeno lui.
VIN- (Puntualizza.) Era un bambino.
JOHNNY- Un bambino, certo. Ero bambino anch'io quand'è morto. Ero proprio piccolo.
VIN- Non ho avuto paura quando ho visto che mi guardava dalla televisione.
JOHNNY- Sorrideva?
VIN- Perché?
JOHNNY- No, così. Dice che quando uno si sogna un morto mentre gli sorride vuol dire che quello sta bene, che sta più o meno in paradiso. Non lo so se è così pure quando vedi un morto in televisione. Penso di sì.
VIN- Era un bambino. Certo che sta in paradiso. Se non ci va un bambino in paradiso, chi ci deve andare. Anche se non mi sorrideva.
JOHNNY- Certo. Dicevo così.
VIN- (Dopo una pausa.) Lo sai che è colpa mia vero?
JOHNNY- Mi hai detto che è successo per caso. La storia della moneta. Il treno.
VIN- (Amarognolo.) La moneta.
JOHNNY- Così mi hai detto. Che giocava sulla ferrovia. Che aveva messo la moneta sul binario per farla schiacciare dal treno. Che poi la moneta è caduta e lui mentre la rimetteva a posto non ha visto il treno. Questo mi hai detto.
VIN- Sono stato io.
JOHNNY- (Gelido, ma fa finta di no.) L'hai fatto apposta.
VIN- Eravamo bambini. Non sapevo niente della morte. Io bambino magro e arrabbiato. E Ehrn. Ragazzino biondo e cicciottello. Ehrn. Neanche lui sapeva niente della morte. Gli ho risparmiato la guerra, no Johnny? Quella gliel'ho risparmiata. L'ho fatto morire prima invece che mandarlo al confine o in mare, no? Eravamo bambini. Che ne sapevo che poteva morire.
JOHNNY- Si crepa anche prima. Prima o dopo. A morire, per chi muore, dico, non deve essere tremendo come pensano tutti.
VIN- (Non gli dà troppo ascolto.) Che ne sapevo che poteva morire. (Ride.) "Ehrn! Se non mi vai a prendere i biscotti ti ammazzo!" Lo minacciavo con un fucile di plastica con la punta rotta. Aveva una paura. Certe volte io avevo paura del suo modo di spaventarsi. "Ehrn! Per una settimana devi fare quello che ti dico io, devi essere il mio schiavo!" Quando la mattina camminavamo insieme per andare a scuola lo prendevo per il collo. "Mi fai male" "Me l'ha detto mamma di stare attento. Se ti mettono sotto se la prendono con me". Era una specie di crimine autorizzato. "Sei un ciccione, non lo farai mai il militare!". Questo gliel'ho risparmiato davvero, questo, eh, Johnny? Mi immagino quanto gli facevano male le ginocchia quando camminava con me. Lo facevo apposta. Andavo veloce per fargli venire male. Non mi ha mai detto nessuno che non era una cosa giusta quella. Non lo so ancora oggi se era giusta o no. 
JOHNNY- Vin, uno certe cose non le fa, certe cose esistono da sole. Succedono e basta.
VIN- Ci sei mai stato alla ferrovia vicino al lago.
JOHNNY- Qualche volta. A scopare. Di notte.
VIN- Dicevo da bambino. Dicevo di giorno, da bambino.
JOHNNY- Non lo so. Forse sì, ma per me non ci stava niente di divertente.
VIN- Io ci andavo sempre. Ci portavo Ehrn, gli facevo vedere come ammazzavo i serpenti. Gli facevo vedere che ero bravo, che ero coraggioso. Erano serpenti che non mordevano. Erano docili. Scappavano poi si facevano ammazzare e non reagivano più di tanto. Lui aveva paura. Sia dei serpenti che di me. 
JOHNNY- Che ne sai che non erano velenosi.
VIN- Erano troppo grossi. Erano ciccioni anche loro. Quasi simpatici. Erano ciccioni come Ehrn. Forse ammazzavo loro per fare finta di ammazzare lui. 
JOHNNY- (Per fargli proseguire il racconto.) Comunque.
VIN- La ferrovia ci aveva intorno solo canne. Davanti c'era il lago. 
JOHNNY- C'era pure qualche barchetta messa sulla spiaggia di ghiaia. Quelle le ho viste pure io.
VIN- Mi sono andato a nascondere dentro a una di quelle dopo che è morto Ehrn. Poi non lo so come ho fatto. Sono tornato a casa. Non volevo che si accorgessero che ero stato io. Ho ingoiato tutto e sono tornato. Non ho detto niente. Ho mangiato. Mi sono messo a dormire. E' bastato non dire niente per non far capire che c'entravo io. Ho dormito fino a notte fonda e non ho sognato niente. Mi sono alzato e c'era mamma che piangeva. Papà alla finestra. Non c'è stata una parola tra di noi. Poi me l'hanno detto. Io mi ricordo solo il silenzio. Forse non me l'hanno detto. Me l'hanno detto col pensiero. O non c'era bisogno che me lo dicevano. 
JOHNNY- Non penso che loro potevano immaginare che eri tu. Magari poi sei proprio tu che ti sei sbagliato. Magari non c'entri davvero, è una cosa che ti immagini.
VIN- L'ho spinto. Mi ricordo la sua schiena sotto le mie mani, come si è mossa brusca la testa verso dietro perché non se l'aspettava, le ginocchia scomposte che cercavano l'equilibrio, poi lui fermo. E solo la testa girata verso il treno. E il treno grosso, enorme. E basta. Non me lo sono sognato.
JOHNNY- Voglio dire che eri un bambino. Magari quella notte non è vero che non hai sognato. Magari... O no. Lo sai tu. Solo tu lo devi sapere. Se ci stavi o no su quella ferrovia lo sai tu. Io no di sicuro. (Pausa.) Lo volevi ammazzare?
VIN- Non lo sapevo che esisteva la morte. Non lo sapevo con la testa. Con le mani lo sapevo. Ce l'ho spinto, con le mani.
JOHNNY- Non lo volevi ammazzare. Eravate ragazzini.
VIN- Ormai. Ormai è andata così. (Pausa. Ride.) Domani vado alla polizia e dico "Buongiorno. Trent'anni fa ho ammazzato mio fratello. Siccome mi è apparso in televisione ho deciso di costituirmi. No, guardi, è inutile che si mette a guardare il fascicolo. Non le avete proprio prese le misure, i... rilevamenti. E' stata una disgrazia, avete detto. Ce l'ho buttato io sotto. Ho creato una disgrazia".
JOHNNY- Ti ha messo paura quando l'hai... visto...
VIN- No. Quando l'ho visto no. Dopo sì, il giorno dopo, giorni dopo, mi ha messo paura. Pensavo sul serio che mi stava dicendo che dovevo confessare tutto e andare in galera o che mi stava chiamando.
JOHNNY- Non ti ha detto niente.
VIN- No ma i giorni dopo ho pensato che senza parlare mi stava... chiamando. Che mi diceva cogli occhi che stavo per morire.
JOHNNY- Quanto tempo è che l'hai visto.
VIN- Non lo so. Mesi. Un anno. Che ne so. (Sorride.) Comunque non sono morto. 
JOHNNY- (Scherza.) E chi me lo dice? Magari pure tu hai deciso di apparire. (Ridono.) Dai, secondo me era solo un canale che si è intromesso. 
VIN- No. No. Era lui. Ma non mi stava chiamando come i morti chiamano i vivi.
JOHNNY- Ti voleva solo fare una visita. E' giusto anche questo.
VIN- Mi ha perdonato.
JOHNNY- Di averlo spinto.
VIN- Di averlo fatto morire. 
JOHNNY- Ti ha perdonato di non sapere che esisteva la morte.
VIN- Mi ha perdonato di quello che ho fatto, di perché l'ho fatto.
JOHNNY- E te l'ha voluto dire dalla televisione. 
VIN- (Spiega.) In chiesa non ci vado mai.
JOHNNY- Un sogno era già più normale. 
VIN- Non dormo tanto, te l'ho detto. Poi che ne so. Adesso mi ha perdonato. L'ho capito perché ho anche trovato un lavoro.
JOHNNY- (Stupito, avido, di scatto.) Mh?
VIN- Sì. E' stato lui che me l'ha trovato. In un anno, non mi ha fatto morire e mi ha trovato un lavoro. 
JOHNNY- (Invidia.) Che cazzo dici. (Ride, fa finta di niente.) Pure mia sorella è morta, però un lavoro non me l'ha trovato. Dio solo sa se mi serve. (Pausa.) Tu lo sai che mi serve vero?, almeno tu...
VIN- Mh.
JOHNNY- (Ride.) A me un lavoro mia sorella. (Rabbia.) 'Sta zoccola. (Ride.) Non me l'ha trovato. (Ride, è un po' ubriaco, come Vin.)
VIN- Si vede che non accendi mai la televisione.
JOHNNY- Sono dieci anni che è rotta.
VIN- Allora prova ad andare in chiesa.
JOHNNY- Pure quella è rotta che sono anni. (Silenzio.) Un lavoro.
VIN- (Un po' imbarazzato.) Sì...
JOHNNY- Un lavoro buono. 
VIN- Non penso di saper dire cosa è buono e cosa è cattivo in questi anni. 
JOHNNY- Certo qualsiasi lavoro è buono adesso. 
VIN- E' quello che penso anch'io.
JOHNNY- Dici che è stato... Ehrn, quindi. 
VIN- Sì. Penso di sì. (Silenzio, poi:) E' tardi. E' notte spessa. Pensare che è stato lui mi fa felice. Magari è solo questo.
JOHNNY- (Azzarda, ride.) E non vuoi mica mollarlo adesso il vecchio stronzo Johnny, non lo vuoi mica mollare così...
VIN- (Si sovrappone.) Non mi chiedi che lavoro è? (Lunga pausa.)
JOHNNY- (E' lucido.) No. No. Voglio sapere se c'è un posto pure per me. Lo voglio sapere. Non lascerai il vecchio stronzo Johnny a fare la fame. No, vero?, adesso che ci ha bisogno di soldi. Adesso che si deve pagare la libertà. E la vita. Non lo vuoi mollare, vero?, adesso che ci ha bisogno. Ci ho bisogno. Lo sai. Mània. L'aborto. Se torna Luther. E Luther torna. Non voglio morire Vin. Adesso che ci ho bisogno. Non mi mollerai adesso.
VIN- Johnny.
JOHNNY- Davvero. Lo sai. L'hai visto. Non si vende niente. Al campo degli eserciti nessuno vuole niente. Vin. Ci danno gli aiuti e noi ce li pigliamo pure scaduti e loro da noi non prendono niente. Vin. Non la faranno mai abortire gratis. Vin. Non voglio morire. Mi fucilano se mi prendono che ho fatto un figlio con la moglie di un combattente. Vin. O mi ammazza lui o mi ammazza lo stato. Vin.
VIN- Johnny io. (Pausa.)
JOHNNY- Tu.
VIN- Non dipende da me. 
JOHNNY- (Riso amaro.) Certo.
VIN- Davvero.
JOHNNY- Certo. Davvero non dipende da te. Come io ho bisogno del lavoro. Davvero. Vedi che è tutto vero. Tutte le cose che diciamo sono vere. Però c'è qualcosa che non va. Che non funziona.
VIN- Lo so che non dovrebbero andare così le cose. 
JOHNNY- Meno male che lo sai.
VIN- Johnny, non dipende da me.
JOHNNY- Neanche da me. (Pausa.) Che cazzo ci sei venuto a fare qua, a dirmi questa cosa.
VIN- Non riuscivo a dormire. 
JOHNNY- Potevi lasciarmi dormire a me almeno. Potevi prenderti il tuo lavoro e andartene via e non farti vedere. Ti avrei sempre pensato come amico. Dovevi fare questo. Non venire a raccontarmi. Dovevi andare via e non farti vedere mai più. Col tuo lavoro sottobraccio. Dovevi sparire senza dire niente, senza lasciare nessun biglietto. Ti avrei sempre pensato come un amico.
VIN- Non l'ho cercato alle tue spalle il lavoro. Non l'ho cercato proprio.
JOHNNY- No, sicuro, è stato Ehrn, è stato Ehrn che un anno fa è uscito dalla tomba e si è ficcato in un canale grigio della televisione passando dentro ai fili e ti ha benedetto senza parlare. E ti ha fatto trovare il lavoro. Anzi te l'ha trovato. E' stato lui. Sì.
VIN- Ehrn l'ho visto. Non puoi dire che non è vero perché non c'eri.
JOHNNY- Ma che cazzo me ne frega di Ehrn.
VIN- (Si scaglia addosso a Johnny, lottano.) E' mio fratello! Non devi mai parlare dei morti, Johnny, o loro ti chiameranno!! Ehrn è mio fratello e è morto tu non devi dire niente di lui, hai capito, o lui ti chiamerà!! (Finisce la violenza. Molto lentamente Johnny si mette a sedere al tavolo, le spalle alla platea, la testa bassa. Beve, Johnny, beve molto. Dopo un silenzio:) Io ho pagato Johnny. Ho pagato per Ehrn. Ho vissuto per tutti e due, per Ehrn e me. Pago sempre per tutto quello che faccio. Dentro. Anche stavolta pago. Ho pagato anche per questo lavoro. Hai capito?
JOHNNY- Sì? Mi pare strano. Pagare per lavorare. 
(In fondo appare Glauce.) 
GLAUCE- Che c'è? Johnny, non stai dormendo ancora?
JOHNNY- (Senza alzare la testa.) Vattene mamma. Vattene a letto.
GLAUCE- Che è successo? Sei solo? Non c'è nessuno con te?
JOHNNY- Non c'è nessuno. Non c'è nessuno. Siamo solo io e te mamma.
GLAUCE- Ma che è successo Johnny?
GLAUCE- (Cattivo.) Siamo morti mamma. Siamo morti e siamo saliti in paradiso. Così puoi rivedere quella puttana di mia sorella e quella santa di tua figlia. Siamo morti mamma. E siamo soli io e te per tutto il paradiso. Adesso vattene a dormire. Domani te lo faccio fare un giretto per il paradiso.
GLAUCE- Johnny dici/...
JOHNNY- Vai a dormire mamma. Vai via.
GLAUCE- .../davvero? (Pausa.)
JOHNNY- (Calmo.) No mamma. Vai a dormire. 
GLAUCE- Mi tocca proprio farlo il bagno...
VIN- Non c'entrano i soldi. 
JOHNNY- No. Col lavoro non c'entrano i soldi. C'entra il sentirsi bene perché si lavora. C'entra questo. Non c'entra comprarsi roba per mangiare, non c'entra comprarsi l'acqua, no. C'entra farlo per non stare annoiato tutto il giorno. Sei nato nella parte sbagliata Vin. In anni che non c'entrano un cazzo con quello che vuoi fare tu. Qua chi lavora lavora per non crepare. (Pausa.)
VIN- Il lavoro me l'ha dato lui.
JOHNNY- "Lui"? Ancora con Ehrn.
VIN- LUI, Johnny. Hai capito.
JOHNNY- No.
VIN- Lui. Quello del pizzo. Che va in giro a prendere i soldi per conto di quello. Che mi ha fatto il prestito prima della guerra.
JOHNNY- Che cazzo dici.
VIN- E' stato lui. Anch'io lavoro per non crepare Johnny. L'altro giorno l'ho incontrato. Mi ha detto del lavoro. Io guardavo per aria, non lo volevo ascoltare. Mi ha detto che era l'ultima cosa che potevo fare. Mi ha detto Pensaci. Stava serio. Fumava. E se n'è andato. Io gli volevo dire che lo sapevo che X. l'aveva fatto cacare sotto con la pistola e che non avevo paura di lui. Ma non era così. Non è così. Non ho detto niente. Quattro notti fa mi hanno bruciato mezza casa.
JOHNNY- Non me l'avevi detto.
VIN- Mi ha lasciato un biglietto. L'altra mattina gli ho detto di sì. Non dipende da me Johnny.
JOHNNY- Che cosa ti fa fare.
VIN- Trasporto... merci. Mi fanno una settimana di scuola. Mi danno dei vestiti. Mi insegnano a guidare un'altra volta. Poi mi mettono a. Trasportare. Da lunedì.
JOHNNY- Ti pagano un po'.
VIN- (Ride.) Basta Johnny. Non ci puoi trovare nessun torto da me a te. Non puoi trovarci niente che mi fa più felice di te. 
JOHNNY- Non pensavo a quello.
VIN- Non fa niente. Non fa niente. Scherzavo. (Pausa. In Vin c'è un velo di urgenza ben mascherato.) Johnny perché non te ne vai.
JOHNNY- Da dove? Da casa?
VIN- Da qui. Ti porti tua madre. Te ne vai dove non c'è la guerra. Domani ti fai le valigie/
JOHNNY- E chi ce le ha.
VIN- /e te ne vai. Pure a piedi. Guarda che certe volte basta pure poco, pure allontanarsi poco e uno... è salvo. 
JOHNNY- Mània. Non ti devo dire altro.
VIN- Non ti fa andare via.
JOHNNY- (Intenso.) Non è questo. (Pausa.)
VIN- Va bene. Ma qualche mese. Un anno al massimo e andrebbe bene. Se te ne vai e torni fra qualche mese un annetto tutto va... bene. Non è tanto un anno. Non è tanto e poi non te ne devi andare manco troppo lontano.
JOHNNY- No. Il fronte non l'ho fatto ma non voglio andarmene via. Non devo avere paura di non so che cosa. (Pausa. Vin cambia tono. Indaga velatamente.) 
VIN- Johnny.
JOHNNY- Sì.
VIN- Da quanto tempo stanno qua i tuoi. 
JOHNNY- Trentacinque anni. Te l'ho detto prima.
VIN- Sì è vero. Scusa.
JOHNNY- Pensi ancora a Ehrn.
VIN- Non lo so...
JOHNNY- Sono trentacinque anni. (Pausa.) Mia madre veniva del sud. Si sono sposati a quindici anni. No diciotto. Diciotto anni. Dopo non so quanto sono venuti qui. Dieci, quindici anni. Deve essere stato brutto per mia madre camparci tanto insieme. Quando è morto lei deve essere stata felice. Anzi era felice. Si vedeva proprio. Però sapeva fingere coi suoi parenti. Di mio padre. Faceva le lacrime. La faccia bianca. Ci portava tutti i giorni i fiori, alla tomba. Poi là rideva. Li portava per riderci sopra. Per prendersi la rivincita.
VIN- E i parenti non se ne accorgevano?
JOHNNY- Ce la facevano andare da sola alla tomba. Era come se lei andava da lui per farci l'amore, secondo loro. Allora la lasciavano sola. Era come se una moglie andava dal marito per farci l'amore. Marito e moglie lo possono fare, e uno non va a guardare come scopano due che lo possono fare.
VIN- Questo è quello che pensavano i parenti di tuo padre?
JOHNNY- Sì.
VIN- E tua madre andava là e gli rideva sopra invece. Invece di andare là con la... fica... aperta, andava là con i fiori e rideva.
JOHNNY- Sì.
VIN- Era sul serio una rivincita. Che lavoro facevano da te?
JOHNNY- Mio padre era geometra. Mia madre non faceva niente.
VIN- Mio padre faceva un po' di tutto.
JOHNNY- Ma che è la serata dei ricordi.
VIN- (Non gli dà retta.) I miei andavano d'accordo. Anche dopo che è morto Ehrn. Non lo so come facevano. Hanno fatto finta di niente dopo che è morto. Si sono guardati e si sono sorrisi, dopo qualche giorno, e Ehrn quella volta è finito davvero. Una volta per tutte.
JOHNNY- Non hanno fatto un altro figlio.
VIN- Neanch'io l'avrei fatto al posto loro. Però da piccolo pensavo che non ne facevano un altro per rispettare la memoria di Ehrn. Io vivevo con la paura brutta e perenne che se facevano un altro figlio io poi ammazzavo pure a lui. (Pausa.)
JOHNNY- (Pace tra i due.) La vecchia (Si gira intorno, abbassa la voce.) La vecchia a mio padre lo odiava. Io non lo so come si fa a odiare uno che non conta un cazzo come lui. 
VIN- Tu gli volevi bene?
JOHNNY- Non me ne fregava un cazzo. Lei invece no. Lei lo voleva ammazzare. Odiava pure a mia sorella. Però dopo che è morta è diventata sua figlia e adesso pensa solo a lei. Invece mio padre pure se è morto lei lo odia lo stesso. Non ho capito mai perché.
VIN- A te t'è andata bene. 
JOHNNY- Che non m'ha odiato? Boh. Magari mi odia ma non me lo dice. Pure a loro non è che glielo diceva. Si cacava sotto a dirglielo. Li odiava piano. Quello che la faceva incazzare di più era quando mio padre gli diceva che era di quella razza. Ma non voleva dire razza vera e propria. Voleva dire... che ne so. Educazione. Soldi di famiglia. Studi. La cosa che la faceva incazzare di più era quando lui gli diceva che doveva andare a vendere la roba al mercato, che là ce la vedeva proprio bene.
VIN- E lei si incazzava.
JOHNNY- Non sai quanto.
VIN- E perché?
JOHNNY- Lui diceva così per dire due cose. Che era affamata di soldi e che ci aveva la testa per il commercio. Non erano complimenti nessuno dei due.
VIN- (Vuole sapere.) Era vero? Cioè gli piacevano veramente i soldi e vendere?
JOHNNY- La vecchia ha sempre detto di no. Pure oggi se glielo chiedi si incazza e ti dice di no. 
VIN- Sì ma era vero?
JOHNNY- Non lo so. Certe cose non me le sono mai chieste. Non lo so se mio padre lo diceva solo per farcela vedere inferiore o no. Oppure per farla incazzare. Non c'è mai stato niente che l'ha fatta incazzare così. Pure poco tempo fa gliel'ho detto. Scherzavo. Ha cambiato colore in faccia. 
VIN- Tu non hai mai provato a capire chi ci aveva ragione?
JOHNNY- Che cazzo me ne frega. Tanto se era vero non è che posso andare da mio padre a dirgli Ci avevi ragione!
VIN- No, va bene, solo per capire, per sapere qual è il modo giusto per pensare a loro due.
JOHNNY- Vin. Non ci ho l'ossessione della memoria.
VIN- Io sì. Forse è proprio un'ossessione.
JOHNNY- Magari è per questo che non dormi.
VIN- Magari non dormo solo perché non ho niente da fare.
JOHNNY- Vedrai che il lavoro ti farà bene.
VIN- Ti aiuterò Johnny. Per Mània e tutto quanto.
JOHNNY- Non ti dico di no, Vin. Non ti dico Non ti preoccupare, non fa niente. Mi sa tanto che accetterò. 


(BUIO)










ATTO II


I scena

(Mània e Glauce. Penombra. Un oggetto che fa da vasca. Glauce è dentro nuda magari di spalle. Mània ha le maniche tirate su e sfrega la schiena di Glauce.)

GLAUCE- Mi devo lavare anche i capelli.
MANIA- Non lo so. Perché. Ce li ha sporchi.
GLAUCE- No.
MANIA- Allora non li deve lavare.
GLAUCE- Sei sicura.
MANIA- Di che.
GLAUCE- Che non me li devo lavare.
MANIA- L'ha detto lei. Che non ce li ha sporchi. Che sono puliti. Quindi non ci sta bisogno di lavarli.
GLAUCE- L'hai detto tu allora.
MANIA- Lo direbbero tutti.
GLAUCE- Poi a lui. A mio figlio. Johnny. Glielo dici tu.
MANIA- Non ci sta bisogno di dirgliela una cosa del genere. E' normale no. E' normale. Che se i capelli sono puliti uno non se li lava.
GLAUCE- Però qua dietro. Sento che me li hai bagnati. Qua dietro. Adesso come si fa.
MANIA- A fare che.
GLAUCE- Me li devo asciugare dopo.
MANIA- Sì.
GLAUCE- Me li devo asciugare. Che se ci riesco. Devo pure andare a prendere l'affitto da quelli.
MANIA- Quelli chi. 
GLAUCE- Non lo sai.
MANIA- No.
GLAUCE- Quelli che ci devono dare l'affitto di quell'altra casa.
MANIA- L'affitto.
GLAUCE- Sì.
MANIA- Quindi soldi.
GLAUCE- Sì.
MANIA- Non lo sapevo.
GLAUCE- Eh magari non te l'ho mai raccontato. Lo vedi una cosa che mi credevo che la sapevi non la sai, le cose sulla mia figlia morta mi pensavo che non le sapevi e invece /
MANIA- E dove sta questa casa.
GLAUCE- Non lo so.
MANIA- E come ci va se non lo sa.
GLAUCE- Non lo so colla testa. Ci vado e basta. Ma se te lo devo dire a te. Magari una volta se ci vuoi venire ci andiamo insieme.
MANIA- Ci ho sempre da fare penso che non posso. 
GLAUCE- E' una passeggiata. (Pausa.) Tanto vedi. Che prima o poi Johnny. Te lo chiede lo sai. Te lo chiede pure questo.
MANIA- Che cosa.
GLAUCE- Di portarmi in giro. A fare le passeggiate.
MANIA- Secondo me no.
GLAUCE- Secondo me sì.
MANIA- Gli posso sempre. Dire di no.
GLAUCE- Sul serio. Gli dici di no.
MANIA- Io. Non sono sua figlia.
GLAUCE- Questo lo so. Mia figlia è. Morta. Tu no.
MANIA- Adesso bisogna ricominciare.
GLAUCE- Che cosa.
MANIA- La solita cosa.
GLAUCE- No no. 
MANIA- Tiri su un braccio.
GLAUCE- Quale.
MANIA- Quello che ti pare. Quello che le pare.
GLAUCE- Mi hai dato del tu.
MANIA- Mi sono sbagliata.
GLAUCE- Mi hai dato del tu.
MANIA- Mi sono sbagliata. Non lo volevo fare.
GLAUCE- Guarda che. Non mi sono. Offesa.
MANIA- Va bene. (Mània lava il braccio di Glauce.)
GLAUCE- Mi fai male.
MANIA- A che.
GLAUCE- Al braccio.
MANIA- La sto lavando.
GLAUCE- Fai troppo forte. Pure sulla schiena. Scommetto che. Mi lasci tutti i segni.
MANIA- Tanto non li vede nessuno.
GLAUCE- Guarda che un giorno magari glielo dico a Johnny.
MANIA- Ah sì.
GLAUCE- Sì.
MANIA- E che gli dice.
GLAUCE- Quello che è vero. Che mi lasci i segni.
MANIA- Io a voi. Vi faccio un favore. Anzi due. Che se non vi do l'acqua io se non la lavo io a lei non lo so che facevate. Che se a Johnny non gli sta bene. Potete pure smettere di prendervi alla mia acqua.
GLAUCE- Sei arrabbiata.
MANIA- No.
GLAUCE- Sei sicura.
MANIA- Sì.
GLAUCE- Allora perché parli così.
MANIA- Così come.
GLAUCE- Che pare che ce l'hai con me e con Johnny.
MANIA- Io non ce l'ho con nessuno. Mi dia l'altro braccio.
GLAUCE- C'entra con questo vero.
MANIA- Che cosa.
GLAUCE- Con questo. Che sto nuda.
MANIA- E allora.
GLAUCE- E' che quando stiamo vestiti. Tu di me ci hai paura. Adesso però. Stai sopra a me e mi puoi pure lasciare i segni e nessuno ti dice niente. Che magari alla fine del bagno io ti devo pure dire grazie.
MANIA- Questo non è. Che mi interessa tanto.
GLAUCE- (Non la ascolta.) E allora è per questo. E' perché io sto nuda e tu no che vinci vero.
MANIA- A me non me ne frega di vincere niente. Che mi viene pure male alla schiena per lavare a lei. (Pausa.)
GLAUCE- Senti perché.
MANIA- Che cosa.
GLAUCE- Perché mi metti sempre. Dentro all'acqua che ci hai lavato prima ai tuoi figli.
MANIA- Proprio per quello. Perché sono i miei figli.
GLAUCE- E' che una volta ogni tanto mi piacerebbe pure l'acqua pulita. Mi piacerebbe pure. Se proprio me lo devo fare questo bagno ogni due settimane.
MANIA- Sono bambini. Non sono sporchi.
GLAUCE- Come no. Io li sento lo sai. I bordi qua. Dentro alla vasca. Li sento che ci hanno tutta la loro pelle morta attaccata. Dico una volta no. Me la potresti pure lasciare. L'acqua pulita.
MANIA- Sono bambini e basta. Perché invece. Non gliela andate a chiedere a qualcun altro l'acqua.
GLAUCE- Non conosciamo a nessun altro da queste parti.
MANIA- Allora magari. Certe volte. Perché non sta zitta.
GLAUCE- E' per questo allora.
MANIA- Che cosa.
GLAUCE- Ci avevo ragione. E' perché sto nuda. Che tu vinci. Che io non ti posso dire niente. Vero.
MANIA- Ancora.
GLAUCE- Tutti gli altri giorni. Non me lo dici mai di stare zitta.
MANIA- Ma come fa. A essere così sporca.
GLAUCE- Sono sporca.
MANIA- Sì.
GLAUCE- Non è vero. Lo dici solo. Per farmi sentire che sono ancora più nuda.
MANIA- No è vero. Io non lo so come mai. Ma più ci passo le mani. Più viene via roba.
GLAUCE- Faccio schifo.
MANIA- Un po'.
GLAUCE- E' che. Io lo dico sempre. Dovevo. Morire prima. Fare a scambio colla vita di qualche giovane. Era meglio. Se morivo giovane.
MANIA- Sì.
GLAUCE- Pensi pure tu la stessa cosa.
MANIA- Sì.
GLAUCE- Davvero.
MANIA- Sì. (Pausa.)
GLAUCE- Ma io lo dicevo. Solo per dire.
MANIA- Peccato. (Breve pausa.)
GLAUCE- Non ci voglio più parlare con te.
MANIA- Davvero.
GLAUCE- Non ci voglio più parlare con te. Quando sto nuda. Non ci sta niente. Da dire. Quando sto nuda.
MANIA- Va bene.
GLAUCE- Oggi dici di sì a tutte le cose.
MANIA- Non sei contenta. Non è contenta.
GLAUCE- Mi hai dato /
MANIA- Un'altra volta del tu mi sono sbagliata.
GLAUCE- Lo vedi come cambia. A stare nudi davanti a un altro uno perde tutto. Che non conta più che sei vecchio. Conta che stai nudo e la gente ti può dire quello che gli pare. Lo vedi. Lo vedi che grande truffa che è la vecchiaia. Che uno pensa. Che da vecchio ti rispettano tutti e invece. Basta che. Stai nudo una volte e. Non sei più niente. Lo vedi che. E' come dico io. Le prossime volte. Me lo faccio con la maglia il bagno va bene.
MANIA- Va bene.
GLAUCE- Me lo faccio con la maglia e pure le mutande magari.
MANIA- Va bene.
GLAUCE- E tu però come fai a lavarmi dopo.
MANIA- Non lo so.
GLAUCE- Non lo sai.
MANIA- No. Però magari si può lavare da sola.
GLAUCE- Io. Non ce la faccio da sola. Non lo vedi. Come sto.
MANIA- Seduta. Sì sì lo vedo. 
GLAUCE- Che fai scherzi pure adesso.
MANIA- No. Dico sul serio. Sta seduta e basta. Non ci sta altro che fa di giorno e di notte no. Lei sta seduta. E basta. Questo è quello che fa questo è quello che vedo. 
GLAUCE- Dico dentro. Dico dentro e nel corpo. Non lo vedi come sto.
MANIA- Lei. Sta seduta e basta.
GLAUCE- Non mi credevo. Che eri così cattiva.
MANIA- (Ride.)
GLAUCE- Che ci sta da ridere.
MANIA- Niente.
GLAUCE- Dimmelo che ci sta da ridere.
MANIA- Ho detto niente. Adesso basta a parlare. Aveva detto che con me non ci voleva parlare più quando stava nuda.
GLAUCE- Infatti. Non ci sta niente da dire. (Breve pausa.) Quanto ci vuole ancora.
MANIA- Gliel'ho detto. Più ci passo le mani più esce roba. 
GLAUCE- Però fai presto. Che devo andare a prendere i soldi da quelli.
MANIA- Quanto vi devono dare.
GLAUCE- Duecento al mese.
MANIA- Ah.
GLAUCE- Però sono sette mesi che non ci danno niente. Prima. Ci andava Johnny a prenderli. Ci doveva passare un giorno intero e però alla fine glieli davano. Poi a lui. Non gli è andato più di camminare fino a lì e allora ci vado io. Solo che a me. I soldi non me l'hanno mai dati. Ogni volta vado. E sto davanti alla porta e. Busso. E quelli stanno dentro che io lo sento che io sento pure se respira una mosca. E io busso e loro stanno dentro e io lo so e. Invece non mi aprono. E io resto là davanti che sembrano pure le ore infinite prima che me ne posso tornare. E quelli però stanno dentro e non aprono che si credono che io penso che loro non ci stanno. E invece io lo so. E ci passo le ore davanti alla porta e questa è la mia vendetta ogni mese. Che loro non me li vogliono dare i soldi e però io allora sto davanti alla loro porta e non mi muovo e così manco loro si possono muovere. Che alla fine di me ci hanno paura pure loro. Tutti ci hanno paura di me. Quando ci ho addosso i vestiti.
MANIA- Io non ho paura di nessuno.
GLAUCE- Sì invece. Quando ti parlo. Di mia figlia. Tu ci hai paura.
MANIA- Mi dà fastidio e basta. Mi dà fastidio. Che io a sua figlia non gli ho mai fatto niente di male e invece lei parla come se l'ho fatta morire io.
GLAUCE- Non ho mai detto una cosa così. Morire. L'ha fatto lei da sola. Che ha fatto bene. Che è diventata /
MANIA- Una santa e tutte le altre cose.
GLAUCE- Ecco. Lo vedi che lo sai pure tu. Lo vedi che non sei stata tu. A farla morire. 
MANIA- No che non sono stata io.
GLAUCE- Era una cosa. Troppo intelligente perché la potevi fare tu. (Pausa. Mània è offesa.)
MANIA- Asciugati.
GLAUCE- Mi hai dato un'altra volta /
MANIA- Sta' zitta e asciugati. Alzati. E poi vattene.
GLAUCE- Ti sei offesa.
MANIA- Alzati e vattene. 
GLAUCE- Non ti volevo offendere. E' vero quello che ho detto. Però non devi capire che sei stupida. Non l'ho detto.
MANIA- Vattene. (Le lancia un asciugamano.)
GLAUCE- (Cerca di recuperare.) Allora da oggi mi dai del tu. Va bene. Da oggi mi dai del tu come sei siamo vecchi amici. Va bene. A me mi sta pure bene. Che mi pare. Di non essere proprio così vecchia. 
MANIA- Non lo so se continuiamo a parlarci da oggi.
GLAUCE- Ti sei offesa.
MANIA- Asciugati e vattene che ti aspettano quelli dell'affitto. E di' a Johnny. A tuo figlio. Che l'acqua io l'ho finita. E adesso alzati e vattene e non ti fare più vedere.
GLAUCE- Ma veramente ti sei offesa. Per una parola che ho detto.
MANIA- Vattene che è meglio.
GLAUCE- Ti sei offesa.
MANIA- Ho finito l'acqua hai capito. L'ho finita e non ve la posso dare più quindi vattene.
GLAUCE- E' finita così. Senza manco avvertire con le ultime gocce.
MANIA- Che cosa strana eh. Adesso alzati da lì e vattene.
GLAUCE- Ci ho ancora. La pelle morta attaccata. Non mi hai manco tolto la pelle.
MANIA- Toglitela da sola. Non ti voglio sentire più. Vattene che è meglio pure per te.
GLAUCE- Perché. Che mi fai sennò.
MANIA- (La afferra per i capelli. Le parla nell'orecchio. Glauce resta assolutamente ferma e zitta.) Io adesso ti ammazzo hai capito. Io te l'avevo detto. Di andartene via. Io te l'avevo detto e tu non mi hai voluto ascoltare. Io adesso. Ti metto la testa dentro all'acqua e. Ti ammazzo hai capito. Una volta per tutte e finisce tutto va bene. Dentro all'acqua ti ammazzo. Eh. Hai capito. Adesso chiamala a tua figlia chiama a Johnny. Che non ti sente nessuno. Chiamali. Strilla. Dai. Strila pure quando ci hai la testa sotto l'acqua. Strilla. Che non ti sente nessuno che ti finisce prima il fiato che crepi e non ne parliamo più non ne pariamo più sul serio.
GLAUCE- Guardami.
MANIA- Adesso ti ammazzo.
GLAUCE- Guardami. Tu che lo puoi fare guardami.
MANIA- Così non ne parliamo più. Così non parli più.
GLAUCE- Guardami. E' per questo che ci stanno i vecchi. Per guardarli.
MANIA- Allora prendi il fiato se ti va di resistere ancora.
GLAUCE- Guardami e vediti a te dentro a me.
MANIA- Io non sono te e adesso ti ammazzo.
GLAUCE- Guardami. E' questo quello che pure tu diventi fra anni lunghi e corti. Guardami.
MANIA- Io non sono a te.
GLAUCE- Fra poco e fra tanto. Guardami. Poi ammazzami va bene. Però prima guardami. L'ho fatto pure io una volta anni fa quando ero giovane.
MANIA- Prendi il fiato.
GLAUCE- Ho guardato a mia madre che io ero giovane e lei era vecchia e ho visto che era uguale a me solo che la carne scendeva verso la terra.
MANIA- Prendi il fiato se vuoi resistere ancora.
GLAUCE- Era uguale a me capito. Uguale a me solo che scendeva verso la terra. 
MANIA- Perché non stai zitta adesso almeno. Perché devi sempre rovinare tutto.
GLAUCE- Io per anni pensavo che non c'entravo niente con lei e invece era la stessa cosa il suo corpo e il mio.
MANIA- Tu non sei mia madre io non ti sono figlia.
GLAUCE- Guardami lo stesso. Quello che vedi adesso fra anni sarai tu. Guardami lo stesso. Che i corpi vecchi vivono apposta per farsi guardare. Che lo devi sapere. Lo devi sapere che è così che diventi pure tu. Lo devono sapere tutti. Guardami.
MANIA- Magari c'è anche certi che non ci diventano come te come i vecchi.
GLAUCE- Adesso. Che sto nuda. Guardami. Diventi così pure tu un giorno. 
MANIA- Questo che c'entra.
GLAUCE- Niente. Te lo volevo solo dire. Te lo volevo dire prima che mi ammazzi perché non ti devi credere. Che se sto nuda davanti a te perdo tutto. Sono vecchia hai capito. Sono vecchia e ci ho la morte in tasca e posso guardare dietro più che avanti e tu invece no. Tu non lo sai. Che cosa diventi fra anni. Io invece lo so che cosa ero. Allora guardami. Te lo dico per te. Che almeno non ti pensi. Che se sto nuda davanti a te tu sei qualcosa più di me. (Pausa.)
MANIA- (La lascia. Si volta. Glauce prende l'asciugamano e si alza nella vasca. Esce. Ha i piedi bagnati e non se li asciuga. Raccoglie i vestiti dopo averli cercati con le mani e comincia a andarsene.) Io. L'acqua. Non te la do più.
GLAUCE- Figurati. Che a me manco mi piace farmi il bagno. (Breve pausa.) E non provarci ancora. A darmi del tu. (Esce.)


(BUIO)






II scena

(L'alto grado dell'esercito, sempre di spalle al pubblico, sempre con l'avana. Mània ha in mano un foglio, è in piedi. Al tavolo, seduto, Johnny beve. Mània e l'alto grado si alternano nelle battute, tutte parte del foglio che ha Mània.)

ESERCITO- Cinossèma
MANIA- Ventotto giugno.
ESERCITO- Cortese signora. Lo stato maggiore firmatario di questa missiva desidera con orgoglio 
MANIA- rendere lei partecipe del grado di professionalità che il soldato Luther ha acquisito nella permanenza a Cinossèma. (A Johnny.) Allora è vero quello che mi ha scritto. Chissà se dice del passaggio di grado (Ricomincia a leggere.)
ESERCITO- Tutto ciò che a un soldato è richiesto- dalla calma al sacrificio- il soldato Luther si è dimostrato in grado di compierlo.
MANIA- Siamo sinceramente felici di avergli consegnato, in data venti febbraio, il grado di colonnello- (A Johnny.) Vedi lo dice qui- con cerimonia ufficiale, nonostante il grado fino a quel momento raggiunto da suo marito non permettesse, secondo il protocollo, una promozione simile. 
ESERCITO- Voglia essere sicura della nostra stima e della nostra costante presenza futura, per quel che riguarda 
MANIA- Il futuro suo e dei suoi figli, in assenza di Luther. (A Johnny.) Assenza? E che significa? (Legge.) Voglia accettare, cortese signora, la medaglia al valore militare che le consegneremo in data quindici luglio prossimo. E voglia accettare 
ESERCITO- le nostre più sentite condoglianze per la morte di Luther. Lunga vita allo stato. Lo stato maggiore. (Buio sull'alto grado dell'esercito.)
(Johnny salta in piedi dalla sorpresa. Mània è immobile. Ovviamente Johnny è felice.)
JOHNNY- Mània. Che vuol dire.
MANIA- Non lo so.
JOHNNY- Mània. Quando ti è arrivata quella lettera. 
MANIA- (Silenzio.)
JOHNNY- Mània.
MANIA- Non lo so.
JOHNNY- Ieri? Ti è arrivata ieri?
MANIA- Non lo so.
JOHNNY- Sei sicura che è una lettera vera? Non è uno scherzo?
MANIA- Il timbro. E' dell'esercito. Viene da Cinossèma.
JOHNNY- (Prende la lettera e la legge.)
MANIA- Riportamelo qui.
JOHNNY- Forza.
MANIA- Ridatemelo. Ridammelo Johnny. Vai a prenderlo e riportamelo qui. Lo voglio qui vicino a me.
JOHNNY- Mània questo vuol dire/
MANIA- Riportamelo Johnny. Cosa ho fatto.
JOHNNY- /non devi più pensare. Possiamo vivere insieme. 
MANIA- Ti ho tradito Luther. Cosa ho fatto. Lo voglio lavare io.
(Johnny abbraccia Mània, ma Mània non lo abbraccia. Contrasto tra la commozione di Johnny che si sente come un condannato a morte graziato l'ultimo giorno e Mània stordita dalla disperazione. Lungo silenzio. 


(BUIO)







III scena

(Mesi dopo. Johnny e Glauce in cucina. Johnny ha completamente perso la serenità.)

GLAUCE- Cosa cucini oggi.
JOHNNY- La solita cosa mamma. Non ti stanchi a farmi sempre la stessa domanda. 
GLAUCE- Com'è il tempo fuori.
JOHNNY- Vedi un po' che cosa ti dicono i reumatismi. Ti serviranno pure a qualcosa.
GLAUCE- Stai diventando simpatico. 
JOHNNY- Dici?
GLAUCE- Che ne so. Fai sempre battute. Almeno capita qualcosa di nuovo.
JOHNNY- Da quant'è che non ti fai il bagno?
GLAUCE- Stavi andando bene Johnny, stavi dicendo qualcosa di nuovo, e adesso invece mi caschi così sul bagno. 
JOHNNY- Quant'è ti ho chiesto.
GLAUCE- Non lo so. Se ti chiedo che ora è non mi rispondi. Se ti chiedo che giorno è non mi rispondi. Proprio come faceva tuo padre. Poi però vuoi sapere quanti giorni è che non mi faccio il bagno. 
JOHNNY- Sarà una settimana più o meno.
GLAUCE- Impàrati a rispondere. Vedrai che poi il conto me lo tengo da sola.
JOHNNY- Comunque è ora.
GLAUCE- Puzzo?
JOHNNY- Non lo so. Non ti vado certo a ficcare il naso sotto alle ascelle.
GLAUCE- E allora come fai a dire che è ora. Se non puzzo non è ora. Sono molto più pulita di quello che pensi tu.
JOHNNY- Non mangio a casa oggi.
GLAUCE- Ancora? Ormai mi lasci sempre da sola. Non ci sei mai. Neanche per mangiare. Stai provando a ammazzarmi col silenzio?
JOHNNY- Magari. Dici che funziona?
GLAUCE- Dove vai tutti i giorni? Dove vai a mangiare?
JOHNNY- Non vado a mangiare. 
GLAUCE- E allora che fai?
JOHNNY- Cammino. Me ne vado un po' in giro. 
GLAUCE- Tutti i giorni? E non mangi più? (Johnny non risponde.) Johnny?
JOHNNY- Mh.
GLAUCE- Che fine ha fatto quella ragazza.
JOHNNY- Chi.
GLAUCE- Johnny, una ce ne stava che gironzolava per casa. Quella che mi faceva il bagno. Che la conosceva pure tua sorella. Mà...
JOHNNY- Mània.
GLAUCE- Sì lei proprio.
JOHNNY- Non lo so. 
GLAUCE- Io mi pensavo che ti piaceva. Che quasi quasi te la sposavi.
JOHNNY- Se tu ci avessi gli occhi soffrirei di meno pure io. 
GLAUCE- Se n'è andata via?
JOHNNY- Penso di no. 
GLAUCE- Non gli piacevi?
JOHNNY- E' sposata mamma.
GLAUCE- Ah è vero. Beh, allora sì, certo. Se è così come dici tu, le cose sono diverse. Me lo chiedevo sempre com'è che ci aveva quei due bambini.
JOHNNY- Adesso poi sta... male. 
GLAUCE- Male? Si è presa una malattia? 
JOHNNY- Sta male con la testa. Per il marito. E' morto.
GLAUCE- Ah. Mi dispiace. Però, che vuoi, ne crepano tanti...
JOHNNY- Mamma.
GLAUCE- Sì.
JOHNNY- Ti senti bene in questo periodo.
GLAUCE- Mi stai chiedendo se sto per morire.
JOHNNY- Non volevo dire/
GLAUCE- Non ti devi preoccupare. Penso che ancora un paio d'anni ci riesco a farli.
JOHNNY- Non volevo dire quello che pensi tu.
GLAUCE- Fa lo stesso. Ero io che te lo volevo dire. 
JOHNNY- La roba te la metto sul tavolo. Così la trovi facilmente.
GLAUCE- Perché non è andata bene tra te e Mània.
JOHNNY- E' capitato così mamma. Non ci posso fare niente.
GLAUCE- Puoi trovare sempre qualcun altro. Sei sempre un bel ragazzo.
JOHNNY- Detto da una cieca...
GLAUCE- Sono tua madre, lo so come sei. Lo sai Johnny. Stanotte pensavo. 
JOHNNY- Dovresti dormire. Lo sai che se pensi ti viene la tristezza.
GLAUCE- Pensavo. E a un certo punto mi sono come disegnata una storia. 
JOHNNY- Una storia triste, di sicuro.
GLAUCE- No. Cioè non è più triste di quello che ho vissuto io.
JOHNNY- E che storia è. 
GLAUCE- Stanotte mentre dormivo ho capito. Qual è la cosa che mi mette più paura. Cioè che mi metteva. Perché quando uno le capisce le cose, poi non ha più paura, no Johnny?
JOHNNY- Dicono.
GLAUCE- La mia cosa è la scomparsa. Quella che mi mette- che mi metteva- paura.
JOHNNY- Cioè la morte?
GLAUCE- No. Vedere come piano piano tutti quanti se ne sono andati via. Tuo padre. E quello va bene, non è che mi ha proprio fatto star male. Poi tua sorella. E Mània. Neanche il tuo amico Vin ho visto più. 
JOHNNY- Lavora.
GLAUCE- Adesso anche tu, te ne vai. Esci, non torni mai a casa.
JOHNNY- Adesso sono qui.
GLAUCE- Però tra un po' te ne vai. 
JOHNNY- Vuoi che resti.
GLAUCE- Non ho più paura Johnny. Non mi fa paura pensare che non vedrò mai più una persona. Prima sì. Mi faceva paura. Adesso penso che se anche tu te ne vai, io non avrò più niente che mi fa paura. 
JOHNNY- Attenta, che di questo passo diventi immortale.
GLAUCE- No. Solo un paio d'anni ancora. E' così che funziona, no Johnny? La paura non è un pensiero. Quando diventa un pensiero davvero non esiste più. (Pausa.) Che lavoro fa il tuo amico?
JOHNNY- Non lo so. Mi ha detto che c'entra qualcosa col trasporto merci. E' un lavoro che deve fare per uno che conosce. 
GLAUCE- E che merci ci stanno da trasportare?
JOHNNY- Non lo so. Ma mi sa che c'entra qualcosa con i militari. Gli danno anche una divisa. 
GLAUCE- E' felice?
JOHNNY- Non l'ho più visto. 


(BUIO)







IV scena

(Mània, quasi partoriente, seduta di spalle, e Luther, con la sacca militare e la mimetica. E' sporco, stanco. E' notte. Piove.)

MANIA- Sei tu?
LUTHER- Io.
MANIA- Perché sei tornato.
LUTHER- E' casa mia. Sono vivo. 
MANIA- Non è vero. 
LUTHER- Guardami.
MANIA- Ti vedo anche così.
LUTHER- Dove sono i bambini.
MANIA- Via. Dormono. 
LUTHER- Mània. Che c'è?
MANIA- Sei morto. Ho pregato per te tutte le notti. Perché solo adesso sei venuto da me? Cinque mesi.
LUTHER- Mània. Guardami.
MANIA- Ti vedo anche da qui.
LUTHER- Mània. Sono tornato. Sono stanco Mània. Voglio dormire.
MANIA- Non è stata colpa mia Luther. E' stato un errore.
LUTHER- Che cosa.
MANIA- Ma tu perché sei qui. Io ho pregato per te, ho fatto quello che dovevo fare. Sono tanti giorni che prego per te e tu non sei mai venuto. Ieri sera soltanto non ho pregato e adesso stai qui.
LUTHER- Sono qui da te Mània. Hai pregato per farmi tornare vivo. Dai Mània, vieni qui. Io non ce l'ho la forza di venire da te.
MANIA- Sei morto.
LUTHER- No.
MANIA- Ho pregato a dio, gli ho chiesto di farti venire da me. Gli ho chiesto di farti venire qui e di parlarmi ancora anche se sei morto. Ma ieri non l'ho fatto.
LUTHER- Vieni qui Mània. Sembra tutto un po' strano stanotte, ma domani vedi che tutto è a posto.
MANIA- Ho pregato tutte le notti e adesso non ci ho più niente da dire. 
LUTHER- Sono tornato Mània. Salutami e poi andiamo a dormire. E' una merda là fuori. Vieni qui.
MANIA- Sono andati via cinque anni da quando sei partito. Adesso sei morto e torni. Dopo cinque anni e morto. 
LUTHER- Non sono morto.
MANIA- Sei freddo?
LUTHER- Non sono morto. Non sono morto.
MANIA- Se ti tocco sei freddo? Non voglio toccarti.
LUTHER- Basta. 
MANIA- Chiamerò qualcuno per aiutarmi a vestirti. Non ti voglio toccare. Mi riprendo tutte le preghiere che ho fatto. Non ti voglio vedere. Vai via. Sei un morto.
LUTHER- Basta! 
MANIA- Non mi sento più tanto bene Luther. Se mi amavi dal cielo dovevi fare il miracolo e non fare arrivare il foglio.
LUTHER- (Capisce ma non parla.)
MANIA- Non mi amavi Luther? Io ho sbagliato ma tu non mi amavi.
LUTHER- Dammelo. 
MANIA- Sto male da quando c'è questo foglio. Non mi amavi Luther? Non mi amavi? Io non volevo sapere una cosa così. 
LUTHER- Dammi il foglio. 
MANIA- (Da sopra un mobile prende un origami a forma di airone.) Vedi Luther. La tua tomba è qui. L'ho fatta qui sopra. E' il simbolo della tua armata vero Luther? L'ho messo qui vicino a me. Perché non mi hanno mai detto dove sta il tuo cimitero. Ma tu sei uno spirito Luther? O vieni qui per farti seppellire?
LUTHER- Che cosa ti ha fatto la guerra Mània. Che cosa ci ha fatto.
MANIA- Mi farò aiutare da qualcuno per lavarti e vestirti. Non ti voglio toccare se sei freddo.
LUTHER- (Si avvicina. La tocca da dietro. Mània urla per la paura. Poi si calma. Si alza in piedi. Si volta verso Luther. Uno spot su Mània rivela il suo corpo poco a poco. Sarà tutto illuminato alla fine della prossima battuta. E' alla fine della gravidanza.)
MANIA- Luther. Esiste il paradiso? 
LUTHER- (Devastazione silenziosa. Luther è pieno di schifo nel vedere Mània incinta di un altro e al colmo della disperazione nel vedere Mània impazzita per la sua morte. Forse mille pensieri gli passano per la testa. Non riesce a calmarsi se non dopo tanto. Mània è immobile. Non vede e non sente. Poi Luther, che dà le spalle a Mània, con un filo di voce:) Chi è stato...
MANIA- (In piedi, non risponde.)
LUTHER- (Si volta. E' un animale ferito.)
(Lunghissimo silenzio. Mània ha due gessetti accanto a sé, uno bianco, uno rosso. Nel silenzio della scena, scriverà moltissime volte "JOHNNY" e "MANIA" su un muro col gessetto bianco. Poi con il gessetto rosso scriverà, enorme, "LUTHER". Luther dopo molto si gira. Mània nel frattempo è andata via. Legge. Sta fermo un secondo, poi esce.)


(BUIO)







V scena

(L'alto grado dell'esercito, di spalle, si pulisce la mani con uno straccio che poi getta per terra. Non ha il cappotto, ma un camice bianco. Mània su un letto, Dietro un paravento. Si sente un elettroencefalogramma che segna la vita. Luther seduto su una sedia, la testa piegata.)

ESERCITO- Ha figli, colonnello?
LUTHER- Due.
ESERCITO- Fa niente. Il giorno più bello della sua vita è questo. 
LUTHER- Dov'è?
ESERCITO- Il giorno in cui lei ha salvato il suo onore. Ha fatto benissimo a chiamarmi.
LUTHER- Dove l'avete messo adesso?
ESERCITO- Messa, colonnello, messa. E'- era una femmina. Comunque è lì dove deve stare. Se ne occuperà qualcuno.
LUTHER- Vorrei vederla.
ESERCITO- Ottimo proposito colonnello. Cosa vuole vedere esattamente in quella bambina? 
LUTHER- Quello che è. Una bambina morta.
ESERCITO- Ma se lei facesse attenzione, colonnello, vedrebbe il suo onore salvato in quel corpicino viola. 
LUTHER- Quanto ci avete messo.
ESERCITO- Pochissimo. Le ho già detto che ha fatto benissimo a chiamarmi. E' andato tutto alla perfezione.
LUTHER- Mia moglie ha sofferto?
ESERCITO- Non sapevo esattamente cosa fare. Non sapevo quale era la sua volontà, se farla stare male o farla morire o non farle sentire niente. Perciò mi sono mantenuto su una via di mezzo. E' contento?
LUTHER- (Silenzio.)
ESERCITO- Troverà sempre un padre nel nostro grande esercito. Un grande padre. 
LUTHER- Posso vederla?
ESERCITO- Sua moglie?
LUTHER- Mh.
ESERCITO- Tra poco. 
LUTHER- Anche l'altra.
ESERCITO- Non lo so. Comunque non perde niente di bello, colonnello. (Pausa.) Mi dispiace che tutto sia successo per noi, mi creda.
LUTHER- Non capisco cosa c'entrate.
ESERCITO- Se non ci fosse stata la guerra non sarebbe successo niente.
LUTHER- La guerra l'ho voluta fare e l'ho fatta. Mia moglie voleva fare quello che ha fatto. Non c'entra niente nessuno.
ESERCITO- Sa chi è stato.
LUTHER- Sì.
ESERCITO- Dovrebbe ammazzarlo.
LUTHER- Lo farò. (Pausa.) Dov'è.
ESERCITO- Dove deve stare. Per un po' starà lì. Poi vedremo.
LUTHER- Voglio bruciarla.
ESERCITO- Darò ordine.
LUTHER- Voglio farlo io.
ESERCITO- Non penso si possa fare.
LUTHER- Se lei mi copre si può fare.
ESERCITO- Abbiamo perso, colonnello. Glielo devo ricordare?
LUTHER- Mi basta un posto un po' nascosto. Faccio presto. E' il mio onore, deve capire.
ESERCITO- Devo consultare i miei superiori. (L'elettroencefalogramma manda segnali sempre più ravvicinati fino a un solo segnale lungo. Nel frattempo l'alto grado si volta per un secondo di profilo a guardare Mània, mentre Luther abbassa la testa. L'alto grado se ne va.) Arrivederci colonnello. Le farò sapere. 



(BUIO.)







VI scena 

(Johnny e Luther, a casa di Johnny.)

LUTHER- Come va?
JOHNNY- (Pausa. Non risponde. Luther è molto calmo.)
LUTHER- Come va?
JOHNNY- Bene.
(Silenzio.)
LUTHER- Posso sedermi.
JOHNNY- Fai.
LUTHER- Ti sei messo paura.
JOHNNY- No...
LUTHER- La porta era aperta allora / ho pensato che potevo entrare.
JOHNNY- Sì lo so non ti preoccupare va bene è rotta la porta. (Silenzio.)
LUTHER- Perché non ti siedi.
JOHNNY- Non...
LUTHER- Siediti. (Johnny esegue. Silenzio.)
JOHNNY- Come mai.
LUTHER- Cosa.
JOHNNY- Stai qui.
LUTHER- Sono tornato.
JOHNNY- Lo vedo.
LUTHER- (Ride.) Ci credi? Solo tu te ne sei accorto. Gli altri, non se n'è accorto nessuno. Dico, ma ci credi? Sono tornato da una guerra! Uno torna da cinque anni di guerra e la gente manco lo saluta.
JOHNNY- Che dicono da quelle parti, è... finita?
LUTHER- Più o meno. Ricominciano a mandarci a casa. Abbiamo perso comunque. Ci rimandano a casa. Dopo cinque anni. Non ho fatto una licenza io lo sai? E uno torna che ha dato il culo per tutti e manco ti vedono, non esisti proprio.
JOHNNY- Dagli tempo. Qui non sapevamo mai quando era finita e quando no. Dieci giorni di calma e ricominciavano. Dieci giorni e ricominciavano. Mai undici giorni. Solo dieci. E poi ricominciavano. Adesso vedrai che torna tutto normale.
LUTHER- Non lo so. Uno torna e non lo vede nessuno. Sono morto? Dimmelo tu se sono morto. Devo andare per tutte le case e farmi vedere e dire Sono qui mi vedete che sono qui? Ho dato il culo pure per quelli che se ne sono sbattuti e si sono nascosti. (Silenzio. Guarda Johnny.) Non mi riferivo a te.
JOHNNY- Lo so. (Breve pausa.) Chi ha vinto.
LUTHER- Loro.
JOHNNY- Staranno bene adesso.
LUTHER- Ne sono morti tanti. Anche loro. 
JOHNNY- Ma i vivi /
LUTHER- (Continua il suo discorso.) Anche se non c'entra un cazzo quanti ne crepano. E' che a un certo punto si sono seduti e hanno deciso chi doveva perdere e chi doveva vincere. 
JOHNNY- Avremo perso troppa terra. Troppa carne.
LUTHER- Noi stavamo andando bene alla fine. Parlo per quelli che stavano insieme a me. La brigata. In cinquemila. Potevamo darlo ancora per dieci anni di fila il culo, ce la facevamo. Potevamo distruggere tutto in cinquemila. Noi da soli contro quegli altri e tutta la loro roba. Invece no, hanno deciso che dovevamo perdere noi.
JOHNNY- Cinquemila eravate quelli su a Cinossèma. Neanche gli inviati di guerra ci arrivavano lassù. Non arrivavano mai notizie di voi.
LUTHER- Io ho scritto sempre a Mània. Tutti i giorni gli scrivevo. Eravamo i migliori. Posso dirti tutti e cinquemila i nomi. Eravamo tutti insieme sempre. Alla fine hanno dovuto fare cinquemila colonnelli. Da sottotenente a colonnello. Da caporal maggiore a colonnello. Da maresciallo maggiore a colonnello. 
JOHNNY- Non è una cosa regolare.
LUTHER- E tu che pensi, che andavamo a dare il culo per loro e ce ne tornavamo a casa a fare finta di niente, senza manco una stella sulla spalla. Potevamo spaccare tutto. Ci hanno voluto mandare a casa, va bene. Ma adesso ci dovete mantenere come colonnelli. Ci hanno voluto mutilare della guerra, va bene. Adesso mi metto una bella stella sulla spalla e (Portando l'indice al naso nel gesto del fare silenzio.) fate tutti quanti pippa.
JOHNNY- Adesso che è finita e abbiamo perso che succede. Diventa peggio della guerra.
LUTHER- Non c'è niente peggio della guerra. La fame, sì. Un po' di fame per tutti. Non la guerra. Le mani che saltano via. Il sangue. Quello accanto a te che cade giù e trema e muore. E i funerali che diventano sempre di più sempre più brevi. Un segno del prete e avanti un altro. Un segno del prete e avanti un altro. E il buio. E la pioggia che non smette mai. E le fosse. E il silenzio. E i nemici. E l'isonnia. E la disperazione. (Silenzio.) 
JOHNNY- L'altro giorno ho letto che ricominceranno a dare l'acqua a tutte le case tra una settimana. Sono due anni e mezzo che non ci danno l'acqua. Siamo stati metà guerra senza acqua.
LUTHER- Io a Mània avevo fatto fare un allaccio abusivo. Tutte le famiglie dei soldati dovevano avere un allaccio abusivo per l'acqua. L'esercito ha dato i soldi per attaccarsi. 
JOHNNY- Di chi era l'acqua?
LUTHER- Dei nemici. C'è un acquedotto enorme che passa qui sotto. E' il loro. Va dal mare alle loro città. Mi è sempre sembrata una cosa di cui andare fieri. Abbiamo bevuto la loro acqua per anni e pure durante la guerra.
JOHNNY- (Cerca di seguirlo.) Gliel'abbiamo messo in culo.
LUTHER- Tutto intero.
JOHNNY- Già.
LUTHER- Che poi la guerra l'abbiamo fatta solo per quel condotto.
JOHNNY- (Non ci crede.) Mh?
LUTHER- Non lo sapevi perché facevamo la guerra?
JOHNNY- No. Pensavo che la facevamo per... dio. Perché quegli altri non capiscono un cazzo di vita e morte.
LUTHER- Per l'acqua. Per altre cose, pure. Ma soprattutto per l'acqua abbiamo fatto la guerra. A noi il primo giorno ci hanno detto: voi vi credete che state qui a fare la guerra per dio e per la madonna. E' sbagliato dirvi questo. Voi state qua perché volete l'acqua. E' sbagliato dirvi che combattete per dio e la madonna. L'acqua è dio e la madonna. Noi vi diamo una cosa reale per morire. 
JOHNNY- E adesso che abbiamo perso?
LUTHER- Niente. Adesso che abbiamo perso scaveremo per trovare un altro acquedotto di qualcun altro. E' così che va. E' più facile di quello che pensi.
JOHNNY- Da quanto tempo ti hanno rimandato a casa?
LUTHER- Tre giorni fa. Le prime due notti a casa dopo cinque anni non ho dormito. (Breve pausa.) Dovevo fare delle cose.
JOHNNY- (Teso.) Certo.
LUTHER- Non mi chiedi che cosa dovevo fare?
JOHNNY- Non sono fatti miei.
LUTHER- Giusto. (Tira fuori da dietro i pantaloni una pistola e la mette sul tavolo. E' una specie di gesto mafioso. Johnny la guarda e resta in silenzio.) Mi dava fastidio. Ma se vuoi la levo.
JOHNNY- (Risolino isterico.) Basta che non parte un colpo. Non sarebbe simpatico lasciare mamma da sola. Dopo quello che è successo. Lo sai, no, a mia sorella.
LUTHER- Come sta?
JOHNNY- Mamma?
LUTHER- Mh.
JOHNNY- Su una sedia a rotelle. Ti ho detto tutto. Ma non sta per morire. Tutti vengono da me e mi dicono, eh, cazzo, mi dispiace, sta per morire, e mi danno una pacca sulla spalla e tengono gli occhi mezzi chiusi con le sopracciglia alzate. Lo sai quant'è che va avanti?
LUTHER- No.
JOHNNY- Sette anni. Da prima che moriva mia sorella.
LUTHER- (Ride.)
JOHNNY- Non ce la faccio più ti giuro. Non vuole crepare.
LUTHER- Bisogna essere buoni coi vecchi. Io non ho mai ammazzato vecchi. Solo due tre per sbaglio. 
JOHNNY- Nostri o loro?
LUTHER- Solo uno era nostro. Ci faceva sempre da spione. Era piccolo e svelto. Un giorno lo vedo che arriva al campo vestito di nero, tutto piegato, che si nasconde tra gli alberi, che si guarda intorno e sopra e addosso. Non l'avevo riconosciuto. Che dovevo fare. Volevo stare sicuro. L'avevo visto solo io. Era l'alba. Sparo. Poi vado a vedere chi è. Qualcuno si incazza. "E chi cazzo ci va adesso, tu, a fare lo spione?" Io non rispondo. Volevo stare sicuro. Ho fatto bene.
(Silenzio. Luther tira fuori dalla tasca sulla coscia un pacchetto di carta argentata. Droga. Fa delle strisce sul tavolo.)
JOHNNY- Ci avete vie privilegiate voialtri. Dove la trovi quella roba.
LUTHER- Questa è robetta. Non ho trovato altro. Qua non c'è quella roba che a noi ci passava il medico di campo, prima di qualche azione nelle case. 
JOHNNY- Posso anch'io?
LUTHER- Ce ne abbiamo tutti bisogno.
JOHNNY- Non ci ho soldi però.
LUTHER- Mi paghi in qualche altro modo.
JOHNNY- Non dire cazzate.
LUTHER- Sto scherzando. Pippatene quanta te ne pare. Non l'ho pagata manco io. 
(Tirano una striscia per uno. Johnny non è molto abituato. Lungo silenzio. Sovreccitazione.)
E' il bene più prezioso che uno ci ha.
JOHNNY- Che cosa.
LUTHER- Il cervello. Santo chi si è inventato questa roba. Chi ti fa riposare il cervello da tutto.
JOHNNY- (Come uno che fuma la prima volta.) Che cazzo...
LUTHER- Una volta ho parlato con dio, lo sai?
JOHNNY- (Non è molto in sé.) Che cazzo sei, un asceta.
LUTHER- No, è la roba. Ero al fronte da sei giorni. Sei giorni seimila morti. Mille al giorno. 
JOHNNY- E è là che ti è apparso dio.
LUTHER- Il medico al campo mi ha dato la roba. Stavo male di testa. Non avevo mai visto tutta quella carne spappolata. Era tutt'uno con la carne di qualcun altro e con la merda. Mi ha dato quella roba miracolosa.
JOHNNY- E che ti ha detto dio?
LUTHER- Mi ha detto Vai, ubbidisci. Mi ha detto Sei il più forte. Prenditi la vita dei tuoi nemici. Fallo per me. E cazzate simili.
JOHNNY- E com'era fatto dio?
LUTHER- Non me lo ricordo. 
JOHNNY- Proprio la cosa più interessante.
LUTHER- Tutti quanti lo vedevano dio in quel periodo. La roba faceva a tutti lo stesso effetto.
JOHNNY- Era fatto apposta.
LUTHER- Può essere. Certi li ho visti che diventavano scemi perché non sapevano più se dovevano morire per dio o per l'acqua.
JOHNNY- C'è differenza?
LUTHER- No. (Pausa.)
JOHNNY- Dammene un altro po'.
LUTHER- E' la prima volta?
JOHNNY- No- la seconda. La prima a scuola. Ero giovane. Non capivo un cazzo. Adesso invece capisco e apprezzo. Dammene un altro po'. 
(Luther gli prepara un'altra striscia e Johnny la sniffa tutta.)
Mi sono sempre cacato sotto per queste cose. Non mi piaceva che poi mi si bruciava il cervello. Invece adesso non me ne frega un cazzo. Anzi voglio bruciarmi. Adesso, così non ci penso più. 
LUTHER- Non volevo tornare io, lo sai?
JOHNNY- No?
LUTHER- No.
JOHNNY- Qual è la cosa più bella che uno fa in guerra?
LUTHER- Ammazzare.
JOHNNY- Allora tutta la guerra è bella.
LUTHER- Ammazzare e non essere ammazzati. 
JOHNNY- Ma la fica. La fica, ti mancava quando stavi laggiù.
LUTHER- No.
JOHNNY- Perché uno che deve stare in guerra ci ha diritto almeno alla fica, no?
LUTHER- Io non volevo tornare.
JOHNNY- La fica che c'è là è meglio di quella che ci abbiamo noi?
LUTHER- Sono le ragazzine.
JOHNNY- Mh?
LUTHER- Le ragazzine. Quattordici quindici anni. Con le tette che appena cominciano a uscire fuori che sembrano due pugni e sono dure. Con quella pelle. E poi le guardi e sai che un cazzo non ci è mai entrato.
JOHNNY- Mica tutte.
LUTHER- Certe. Certe soltanto. Sei mai stato con una così?
JOHNNY- No. Non mi è mai venuto.
LUTHER- Quella fica profumata. Gli apri le cosce e hanno la fica profumata e non sanno dire di no. Il mondo non ha mai fatto niente di più perfetto delle ragazzine. Io non volevo tornare. 
JOHNNY- Per una ragazzina?
(Luther improvvisamente si alza e afferra la pistola, Johnny ha appena il tempo di accorgersene, si alza per scappare, Luther gli spara a una gamba. Johnny cade, soffre così tanto che non ha più voce. Luther è una furia calma, senza razionalità.)
LUTHER- Ragazzina. Sì. Una ragazzina. Una nemica. Una ragazzina nemica. Che non parla la mia lingua. Che non mi capisce. Io non volevo tornare. Ce l'avevano detto. Di farlo. Di prenderle e sentire cosa avevano. In mezzo alle. Gambe. Ce l'avevano detto. Di farlo e basta. Di scoparle e andare via. Ragazzina. Che non mi capisce. Gli ho preso la testa. L'ho baciata. Tanto tempo. Gli erano già stati sopra in otto. L'ho baciata tanto. L'ho toccata. Perché era così pulita? Non parlava. Non sapeva dire di no. La baciavo non mi diceva di no. L'ho toccata. Era sempre tesa la sua pelle. Era tesa e scura e profumata. Perché non mi ha detto di no? L'ho baciata per tanto tempo. Era mia subito. Nessuno mi ha detto niente. Il padre non strillava più. Mi guardavano tutti e basta. Era mia. Lo sapevano. L'ho baciata per tanto tempo e poi l'ho spogliata. Non avevo più le mani sporche addosso a lei. Le mie mani più bianche sopra alla sua pelle. Stava sempre in silenzio. Mi ha guardato una volta sola. Era. Assoluta. Non volevo più tornare via. Io, lì, davanti a tutti e addosso a lei ci ho perso la vita. Poi gli ho aperto le gambe. E gliel'ho messo dentro. E ho fatto piano. Perché era come se toccava a me per primo. Io ero davanti a dio. E non bisogna essere cattivi con dio. Poi ho fatto un po' più forte. E ancora un po' più forte. Non vedevo più niente... Più forte. E ancora più forte. Io non volevo più tornare via. Non ho detto niente di falso nella lettera. Ero morto sul serio per questo paese. Io volevo stare lì. I giorni dopo passavo sotto alla finestra della casa dove stava e guardavo e lei era lì ma non mi guardava. Quella lettera era vera. Ero morto per questo paese. Ero morto per Mània. Per tutti. 
Un giorno si è impiccata. Morta. La mia ragazzina che non mi capiva si è impiccata. (Pausa.) Pure Mània è morta. Capito? Pure Mània è morta. Sono qui per farti pagare. Per aiutarti a lavare il peccato che hai fatto. (Pausa.) Devi pagare perché Mània era mia anche se io ero morto per lei. Dovevi pagare. 
(Spara un colpo per ogni frase; uno solo, non per forza l'ultimo, colpisce di nuovo la gamba di Johnny. Il rumore degli spari non deve esistere, ogni sparo deve essere sostituito da un lampo. O da un buio.) Devi pagare perché sei stato stupido, dovevi sapere. Che ti avrei fatto pagare. Ho tutti i modi per farti pagare. Automatico. Semiautomatico. Deutsche Waffen. M-15. M-16. Calibro 7 e 62. Tutto ci hanno insegnato, tutto. Tula's A-91M calibro 7 e 62 per 39 millimetri. Sappiamo tutto noi, di come ammazza la gente di tutto il mondo. 5 e 56 per 45 millimetri N.A.T.O.. Sopmod M4, A-94, Russia, Izmash. M249 SAW, M4 Carbine, U.S. Army. 57-N-231, 57-N-231U, Cecenia. (Pausa. Non spara più. Guarda la pistola. La porta alla tempia. Con calma infinita.) Justine. Justine. Nove Due. F.S. Para. Bellum. 


(BUIO)







VII scena

(Vin, con indosso una drop nera e atteggiamenti goffamente militareschi. Glauce dorme, la testa sul tavolo. E' seduta su una sedia, non ha più la sedia a rotelle. Sul tavolo, un posacenere con una sigaretta accesa.)

VIN- (Tossisce per svegliare la vecchia. Non si sveglia. Batte i tacchi. Non si sveglia. Bussa su un muro. Niente. Si avvicina, la tocca con un dito:) Psss! Mi scusi!
GLAUCE- Johnny?
VIN- (Si ricompone, fa il militare duro.) No.
GLAUCE- Ah. E chi è?
VIN- Vin.
GLAUCE- Ah, l'amico di Johnny. E che fine avevi fatto?
VIN- (Silenzio.)
GLAUCE- Scusa ma che ora è?
VIN- L'una e mezza.
GLAUCE- Vedi che bravo, risponde subito. Glielo devi far sentire pure a Johnny, come rispondi subito. Ma è giorno o notte?
VIN- Notte.
GLAUCE- (Tende l'orecchio, sente dei rumori fuori.) E che è questo rumore all'una e mezza di notte?
VIN- Rumore?
GLAUCE- Fuori. Che non lo senti?
VIN- No...
GLAUCE- Sarà una festa. Che giorno è oggi?
VIN- Quindici.
GLAUCE- Ma di marzo o di aprile?
VIN- Marzo.
GLAUCE- E allora non può essere per il patrono. 
VIN- Io non sento niente.
GLAUCE- Ma che sei sordo? Sembrano botti. Mica sarà la guerra, no? Dice che è finita. Johhny mi ha detto che è finita.
VIN- Quasi. Tra un po' finisce davvero. Però bisogna aspettare ancora. Dice che non si sa mai.
GLAUCE- Com'è che non sei più venuto da Johnny?
VIN- Lavoro.
GLAUCE- E che fai?
VIN- Trasporto... merci.
GLAUCE- Ah sì, me l'aveva detto Johnny. E' una bella fortuna, no?
VIN- Finché dura.
GLAUCE- Perché, ti possono cacciare?
VIN- Mi hanno dato un tempo preciso. Poi smetto.
GLAUCE- Mi dispiace. Comunque è sempre una fortuna un lavoro adesso.
VIN- Dipende.
GLAUCE- Sputi pure sopra a quello che fai?
VIN- E' che lo devo fare. Sa. Non mi danno niente.
GLAUCE- Neanche da magiare?
VIN- No. Mi hanno dato solo i vestiti.
GLAUCE- E perché non te ne vai allora? Che ti frega di stare lì.
VIN- Me l'ha chiesto una persona che non gli posso dire di no. Eppoi, ecco, non fa niente. Tanto ormai a casa guardavo solo la tv. (Pausa.)
GLAUCE- Ecco perché Johnny non si è arrabbiato. Perché non ti danno niente. 
VIN- Johnny è un. Amico. Ha capito, quando gli ho spiegato le cose. Ha capito tutto.
GLAUCE- Mah, che poi a lui, non glielo dire eh, ma non è che gli va tanto di lavorare. Uno che si va a vendere l'anello della sorella morta è uno che non gli va di lavorare.
VIN- Ma poi gliel'ha ridato.
GLAUCE- L'anello? Sì. Ma mica perché è buono. Perché non se l'è preso nessuno. Perché non sa neanche vendere.
VIN- (Ride.) Perché, lei sì?
GLAUCE- ...Sì...
VIN- Non sapevo che vendeva. Pensavo che era sempre rimasta a casa.
GLAUCE- E che ti credi, che riuscivo a mandare avanti tutto da sola, con lo stipendio che mi dava quello lì? Una volta pure le mutandine mi sono dovuta vendere. Se l'è prese uno che si eccitava a annusare le mutandine delle vecchie. Non sai la vergogna. Non l'ho manco guardato. Gli ho dato le mutandine, mi sono presa i soldi e sono scappata.
VIN- Non l'ha mai detto a nessuno.
GLAUCE- No. Certo che no. Però non sono stata stupida. Non sono stata stupida solo perché mi stavo vendendo le mutandine e mi vergognavo. Mentre correvo li ho contati i soldi, per vedere se c'erano tutti.
VIN- E se non c'erano?
GLAUCE- Gli correvo appresso a quello, sai. Non mi ha mai fregato nessuno a me.
VIN- (Sorride.) Perché non gliel'ha insegnate queste cose a Johnny?
GLAUCE- Per il padre. Perché il padre gli ha fatto sempre credere che ero una bestia per questo, perché sapevo vendere. Allora ho combattuto tutta la vita per non fargli credere a nessuno dei miei due figli che a me mi piaceva vendere e che lo sapevo fare. 
VIN- Ma non c'è niente di male.
GLAUCE- Non lo so. Non lo so più. Non lo so più nemmeno se è servito a qualcosa che ho lottato per non far credere a loro due che ero inferiore. 
VIN- Perché?
GLAUCE- (Come se ricordasse.) Ah, ma, tu, siediti. Che fai, stai in piedi? Siediti, eh, se stai ancora in piedi, io non ci vedo ma tu non devi fare i complimenti.
VIN- Grazie. Resto qui alla finestra. Vedo se torna Johnny.
GLAUCE- Ma guarda che Johnny è qua a casa. Dove pensi che sta all'una di notte?
VIN- Pensavo che lei lo stava aspettando, per questo stava sul tavolo.
GLAUCE- Ah, no. E' che mi ero messa a pensare un po'. Sai, un paio d'anni ancora e poi... me ne vado. Allora ho deciso che voglio pensare un po' ogni giorno. Voglio pensare un po' a tutto quello che ho fatto negli anni per arrivare a morire senza preoccupazioni.
VIN- E ci riesce?
GLAUCE- Mi sembra di sì. Però, vedi, certe volte mi addormento.
VIN- Non fa mai male dormire.
GLAUCE- Sì. (Pausa.) Comunque è che loro mi odiavano.
VIN- Chi?
GLAUCE- Loro due. Johnny e la sorella. Mi odiavano. Tu mi hai chiesto perché non lo so se è stato inutile provare a non fargli credere alle cose che glidiceva il padre.
VIN- Mh.
GLAUCE- Ecco. E' per questo che non lo so. Perché comunque alla fine mi hanno odiato lo stesso. (Pausa.) Tu gli volevi bene ai tuoi genitori?
VIN- Sì...
GLAUCE- Ma sei proprio bravo, tu! Che avrei dato io per avere un figlio che mi risponde subito quando gli chiedo l'ora e che mi vuole bene!
VIN- Johnny le vuole bene. Si prende cura di lei.
GLAUCE- Sì ma mi chiede sempre se mi sento bene.
VIN- Si preoccupa.
GLAUCE- No. Vuole sapere quanto mi manca per morire. (Breve pausa.) E non è una cosa bella questa. Tu scommetto che ai tuoi non glielo chiedevi mai.
VIN- I miei sono morti un giorno senza avvisare. Non ho fatto in tempo a dirgli o a chiedergli niente. (Pausa.)
GLAUCE- Ma come mai sei venuto a trovare Johnny? Non lavori oggi?
VIN- Sì... Cioè no... Passavo di qua e...
GLAUCE- E all'una di notte vieni qui a fare una visita?
VIN- E' tanto tempo che non vi vedo...
GLAUCE- Che è successo?
VIN- Niente.
GLAUCE- E' ricominciata la guerra e Johnny deve partire? Dovete andare anche voi?
VIN- No, no... E' che è un po' che non vi vedo, allora sono passato e- non lo so se è ricominciata la guerra. 
GLAUCE- No, perché, se è ricominciata dimmelo. Se Johnny deve partire. Io vorrei saperlo. Sono sempre la madre, in fondo. 
VIN- Quanto pensa che dorme ancora, Johnny?
GLAUCE- Eh ma guarda che mica si sta facendo il sonnellino pomeridiano. E' notte. E' l'una e mezza. Mi vieni a chiedere quanto dorme? E che ne so. Si sveglierà domattina, no?
VIN- E' che gli dovrei parlare.
GLAUCE- E' successo qualcosa?
VIN- No...
GLAUCE- Se vuoi glielo dico io. Se devi fare dei giri. Io penso che lui dorme fino a domani mattina. Forse non ti conviene aspettare. (Pausa.)
VIN- No, non fa niente. Posso restare qui?
GLAUCE- Sì, sì. Tanto, chi ti vede! (Ride.)
VIN- Mi pare che a forza di pensare è diventata più allegra.
GLAUCE- E' che a pensare non me ne importa più niente di nessuno. Se mi mettevo a pensare prima, capace che certe cose non le facevo. Capace che ci vedevo ancora. 
VIN- Signora, da quanti anni vivete qui?
GLAUCE- Sono trentacinque anni. Sembra poco. E invece.
VIN- Non pensa che magari sarebbe meglio andare via da qui una volta.
GLAUCE- Via? E che me ne frega a me. Dovunque vado, non posso mai dire che un posto è migliore di questo. Perché mi fai una domanda così?
VIN- Perché io ci penso sempre. Adesso che... lavoro, lo so che cosa è una strada dritta e il tempo che passa. 
GLAUCE- Una strada dritta e il tempo che passa sono la stessa cosa...
VIN- Sì... I tratti bianchi sull'asfalto. I secondi. Non ci sta differenza. (Pausa.)
GLAUCE- Io continuo a sentire che ci stanno dei rumori fuori. Ma tu sei sicuro che va tutto bene.
VIN- Sì.
GLAUCE- Da quant'è che stiamo a parlare?
VIN- Non lo so. L'ora l'ho vista sull'orologio della piazza.
GLAUCE- Ah ma quello è rotto. (Pausa.)
VIN- Non lo sapevo.
GLAUCE- Chissà che ora è.
VIN- Quand'è notte non è che poi fa tanta differenza. 
GLAUCE- Quando dormi. Ma io se sto sveglia devo sapere che ora è. Prima no. Da quando penso invece lo voglio sempre sapere. 
VIN- Signora.
GLAUCE- Mh?
VIN- Ce l'ha qualche valigia?
GLAUCE- Io?.. Non lo so. Una volta sì. Però non mi ricordo più dove l'ho messe. Ti servono?
VIN- Sì.
GLAUCE- Se aspetti che si sveglia Johnny te le faccio cercare da lui. 
VIN- Ci vuole ancora molto prima che si sveglia?
GLAUCE- Non lo so. Ma se hai qualche problema te lo sveglio.
VIN- (Volta le spalle alla vecchia e guarda fuori della finestra. Si intravedono dei bagliori.) No. E' meglio che dorme.
GLAUCE- A che ti servono le valigie.
VIN- Dobbiamo partire.
GLAUCE- Tu e chi?
VIN- Noi. Noi tre.
GLAUCE- (Comincia a capire.) Noi tre. Dove andiamo.
VIN- Via. 
GLAUCE- Una gita?
VIN- La porto in un santuario.
GLAUCE- Dove fanno i miracoli?
VIN- Una specie di santuario. Saremo tanti. Non solo noi tre.
GLAUCE- E dov'è? Dov'è questo santuario?
VIN- Cinossèma.
GLAUCE- Là c'era la guerra. Non mi ricordo che ci stanno i santuari. C'era la guerra.
VIN- Prima. Adesso c'è la fonte della guerra.
GLAUCE- Doveva essere finita. Ancora combattiamo.
VIN- Ci proviamo. Servono le armi però. Servono la gente che le fabbrica le armi. 
GLAUCE- Non è un santuario. Non ci si fanno i miracoli.
VIN- Sì che è un santuario. Tra qualche anno lo sarà. In memoria di tutta la gente che ci ha... lavorato. 
GLAUCE- (Si alza. Cammina a tentoni e chiama ma non a voce alta.) Johnny. Johnny. Ci porta via. Johnny.
VIN- Stai zitta. Stai zitta. Siediti. Lascialo dormire. (La afferra e la fa rimettere seduta.) Lascialo dormire. Lo lasci dormire. Non ho fretta.
GLAUCE- Non è finita vero? I rumori fuori. Che state facendo?
VIN- E' così che deve andare signora. Stiamo prendendo gente che lavori per la nazione, che adesso ha tanto bisogno. Questo stiamo facendo. Ma come lo stanno facendo gli altri, in quale modo stanno prendendo la gente, questo non lo so. Io mi sto solo prendendo cura di voi. Ho chiesto tempo per voi. Fuori non lo so cosa succede. Io trasporto merci e basta, signora.
GLAUCE- La gente trasporti, tu. 
VIN- La merce. Non siamo niente più che questo signora. Voi e io. Merce che trasporta merce. Roba che porta roba. Non c'è bisogno di urlare. Stanno prendendo tutti là fuori. Io per voi ho chiesto tempo. Non vi faccio trattare da quegli altri. Sono onesto. Volevo rivedervi e trattarvi bene. 
GLAUCE- Che ci faranno.
VIN- Niente.
GLAUCE- Johnny.
VIN- Vi daranno una vita migliore. Vi daranno la possibilità di andare sui giornali tra qualche anno. Quando a noi ci prenderanno e ci faranno processi per quello che voi avete passato. 
GLAUCE- Johnny.
VIN- Lo lasci dormire. Abbiamo tempo.
GLAUCE- Johnny.
VIN- Non deve urlare, signora. Non è questo quello che sperate voi che pregate a dio? Di diventare martiri? 
GLAUCE- Muori nella merda, tu!
VIN- (La colpisce al viso con uno schiaffo ma è un gesto goffo.) Ho cominciato così, io. Con un treno e una moneta mi sono venduto l'anima. Che cazzo vuoi che me ne frega di te adesso. Vecchia. Non servi più a nessuno. Crepa. 
GLAUCE- Ma chi ti ha insegnato a parlare così.
VIN- ...Nessuno...
GLAUCE- Non sei buono ad ammazzare una cieca e uno storpio. Fai venire qualcuno che è capace! Facci ammazzare da qualcun'altro. 
VIN- (La colpisce.)
GLAUCE- Johnny! Johnny! Johnny! (Vin la colpisce.) Johnny! Johnny!
(Entra Johnny, sulla sedia a rotelle che usava la vecchia. Non ha una gamba. Vin si ferma, ha un moto di paura tipico dei vigliacchi.) Johnny...
JOHNNY- Mamma.
GLAUCE- Che merda è la gente, Johnny. Guarda. Guarda questo qui, che era il tuo amico. Ci hanno mollato tutti, Johnny. Adesso ci portano via.
JOHNNY- Vin.
VIN- Deve andare così. La guerra non deve finire. Devo portarvi via. Con altri. Con tutti gli altri.
JOHNNY- Ci fate fuori?
VIN- Forse. Sì, alla fine. Ma prima bisogna lavorare. Per le ultime armi. Abbiamo perso. Ma la guerra non deve finire. 
JOHNNY- Ti stai portando via una cieca e me. Mi vedi?
VIN- Sì. Lo so. 
JOHNNY- Lo sai. (Lunga pausa.) Allora andiamo.
VIN- Johnny.
JOHNNY- Andiamo. Mamma.
VIN- Ormai mi sento - Un guscio vuoto. 
JOHNNY- Andiamo. (Glauce si alza. Spinge la sedia a rotelle. I rumori da fuori aumentano.)
GLAUCE- Vai tu. Vai tu io non vengo.
JOHNNY- Mamma. Andiamo. (Vin esce. Glauce tentenna ma poi brancolando si avvicina alla sedia di Johnny e lo spinge. Escono entrambi.)




SIPARIO