TRE FIGLI
(in attesa del quarto)


Commedia in quattro episodi di

MARCELLO ISIDORI



I episodio

Personaggi
Assistente sociale
Mamma
Papà

Scena:
Tre sedie


Penombra. Una musica strana. Entrano in scena l’assistente sociale, che ha una specie di palmare sotto il braccio, seguita dalla mamma e dal papà.

Assistente – Prego, accomodatevi.
Papà – Grazie.

(Si seggono. Pausa)

Assistente – (Consulta il suo palmare come se fosse un’agenda) Dunque… è la prima volta, vero?
Mamma – Si.
Assistente – Infatti, vedo… avete letto qualcosa in proposito?
Papà – Si… negli ultimi giorni…
Assistente – I testi che vi hanno consigliato?
Papà – Certo.
Mamma – E qualcun altro, veramente.
Assistente – Bene. Dunque sapete cosa è meglio fare i primi tempi.
Papà – Naturalmente.
Mamma – Però mi piacerebbe che lei ci chiarisse…
Assistente – (Subito) Sono qui per questo, signora, non si preoccupi.
Papà – Lea, non comincerai…
Mamma – Ci sono alcune cose che ho letto che non sono molto…
Assistente – Cosa in particolare?
Papà – Mia moglie è solo un po’ tesa. Nei giorni scorsi non è stata molto bene…
Mamma – E questo cosa c’entra?
Papà – C’entra, c’entra!
Assistente – Bene, se mi volete dire…
Mamma – Si… dunque… ad esempio quella faccenda del contatto fisico…
Assistente – Si?
Mamma – Non capisco perché… insomma… perché bisogna aspettare così tanto tempo per…
Assistente – Sono solo tre mesi, signora, non mi sembra che…
Papà – Lasci perdere glielo avevo detto che mia moglie non è molto serena.
Mamma – Lo so che sono solo tre mesi, ma ho aspettato tanto…
Assistente – Signora, proprio per questo tre mesi non sono poi così tanti.
Mamma – Ma prima non c’era… non… lo avevo con me.
Assistente – Lo avete sempre cresciuto, è stato sempre con voi, come può dire che non lo aveva con lei.
Mamma – Quello non era lui…
Papà – Piantala Lea, dottoressa lasci stare…
Assistente – E’ il mio lavoro capire se ci sono dei problemi e aiutarvi.
Papà – Ma le assicuro che non abbiamo nessun problema!
Assistente – Sua moglie non mi sembra così tranquilla come lei.
Mamma – No, sono tranquilla, ma vorrei solo chiarirmi dei dubbi.
Assistente – Bene. Allora vediamo… ma vi prego di non agitarvi.
Papà – Non siamo agitati.
Assistente – Si. Dunque… lei signora diceva che quello che è stato con voi non era lui. Come può dire una cosa simile?
Mamma – Si, insomma… era lui ma… Su, lo sa benissimo…
Assistente – Cosa?
Papà – Cosa?
Mamma – Era solo una … icona.
(Silenzio) 
Assistente – Signora, lei non è la prima donna ad avere un figlio…
Mamma – Lo so, lo so!
Assistente – Anche io ho tre figli di cui uno ancora in fase di crescita.
Mamma – Maschi o femmine?
Assistente – Come?
Mamma – I suoi figli.
Assistente – Il grande è maschio e la piccola è femmina. Quello in crescita è un altro maschio.
Mamma – E quando finirà la crescita?
Assistente – Signora, la prego, non abbiamo molto tempo.
Mamma – E com’è com’è? Bravo? Obbediente?
Papà – Lea!
Assistente – Si, signora, è un bravissimo bambino. Molto vivace ma ragionevole.
Mamma – Proprio come Zac…
Papà – Zac non è più un bambino!
Assistente – Allora, signora. Cos’è che la preoccupa veramente?
Mamma – Senta, non so… il fatto è che dopo tutti questi anni che … ho cresciuto Zac… che lui è stato così bravo… certo, ci ha fatto anche arrabbiare qualche volta ma è normale…
Assistente – Certamente.
Mamma – Il fatto è che dopo che lui è diventato un ragazzo, un bravissimo ragazzo…
Assistente – Zac è molto intelligente e riflessivo.
Mamma – Anche molto sensibile, sa? Non lo so… mi sembra strano che non potrò dargli un bacio o abbracciarlo per tre mesi…
Papà – Lea, per favore!
(Una pausa)
Assistente – (Molto lentamente) Signora, se crede possiamo prorogare la consegna.
Papà – Lo sapevo! Hai visto Lea che cosa combini con le tue strane idee?
Mamma – No, dottoressa, la prego, non ho bisogno di nessun rinvio…
Assistente – Va bene, dicevo così solo perché…
Mamma – Io, io… forse sono solo un po’ nervosa…
Assistente – Certo è normale. Poi se per lei è la prima volta…
Papà – E poi è stata un po’ male.
Mamma – Una fastidiosa bronchite che non se ne andava.
Assistente – Capisco. (Pausa) Signora, lei ha avuto qualche problema con sua madre?
Mamma – Di che genere?
Assistente – Non so, qualche difficoltà d’inserimento, dopo la sua fase di crescita voglio dire…
Mamma – Nnno, non mi sembra… perché?
Assistente – Le è sembrato strano che sua madre non l’abbracciasse o la baciasse nei primi tre mesi dell’inserimento?
Mamma – Eravamo consapevoli della cosa…
Assistente – Eravamo?
Mamma – Voglio dire… quelli dello stesso periodo. Quelli con cui sono cresciuta, i miei coetanei voglio dire…
Assistente – Ma ha avuto dei problemi in quei tre mesi?
Mamma – Nnno… non so, mi sembra di no.
Assistente – E’ un periodo che lei ricorda volentieri?
Mamma – Si, non so… non mi sembra che è stato un periodo così significativo per me…
Papà – Certo, perché lo doveva essere?
Assistente – Proprio così, signora. E’ semplicemente un periodo un po’ delicato per i genitori e per i figli perché bisogna passare gradualmente da un affetto virtuale ad uno stato affettivo concreto, ma quello che succede poi è praticamente identico a ciò che la famiglia ha vissuto nei primi anni di vita del figlio. Lei ricorda qualche differenza?
Mamma – Bè, no. Mi sembra di no.
Assistente – Lei ha avuto una madre ed un padre normali, che hanno vissuto l’esperienza di un figlio in modo del tutto na-tu-ra-le.
Papà – Come dovrebbe essere!
Mamma – Lo so, so bene cosa intende. Mi scusi… lei ha perfettamente ragione non so proprio cosa…
Papà – Sei solo troppo agitata.
Assistente – Non c’è motivo. Vedrà che tutto andrà per il meglio.
Mamma – Certo.
Papà – Certo.

(Silenzio)

Assistente – Posso andare a chiamarlo?
Mamma – Chi?
Assistente – Come chi? Zac!
Papà – Certo, la prego…
Assistente – Signora?
Mamma – Si, si, certo…

(Pausa)

Assistente – Allora vado?
Papà – Vada.
Assistente – Signora?
Mamma – (Annuisce più volte)
Assistente – Bene. (Si alza. Guarda l’orologio). Sarò qui con Zac tra pochi minuti. (Si avvia all’uscita) Ah, vi prego soltanto di trattenervi poco, abbiamo altri due signori tra dieci minuti…
Papà – E’ naturale, non si preoccupi.
Mamma - (Annuisce più volte)

(L’assistente sociale esce. Silenzio)

Papà – Sei cretina o cosa?
Mamma – Che vuoi?
Papà – Hai visto come ti ha guardato quella? … “icona” ! Cosa ti è saltato in mente di tirare fuori quel termine!
Mamma – Bè é la verità! Cos’è hai paura delle parole?
Papà – Ma paura di che? Vorrei solo sapere cosa ti è preso!
Mamma – Ma niente…
Papà – E da una settimana che stai lì ad arrovellarti, che non si capisce a che cazzo pensi…
Mamma – Smettila di dire parolacce!
Papà – Invece di essere contenta che Zac è diventato grande…
Mamma – E’ diventato grande qui!
Papà – Ma che cazzo dici?
Mamma – Niente parolacce!
Papà – Ma tu dici stronzate, scusa… (una pausa) che vuol dire che è cresciuto qui?
Mamma – Lo sai. E non continuare ad usare quel linguaggio.
Papà – Lo so che cosa?
Mamma – Sai che in Nuova Guinea funziona in modo diverso…
Papà – In Nuova Guinea?
Mamma – Ed anche da noi anticamente , fino a pochi secoli fa!
Papà – Ma che vuoi farmi la lezione di storia?
Mamma – Lo sai benissimo che alcune tribù in Nuova Guinea lasciano i figli con le loro mamme fin da quando nascono…
Papà – Ma che significa, quelli sono selvaggi!
Mamma – Anche i nostri antenati erano selvaggi?
Papà – Certo che lo erano! Ah, lo so da dove ti vengono queste idee strane, da quel cazzo di rivista che ti ha consigliato tua sorella!
Mamma – Cosa c’entra mia sorella?
Papà – Certo. E’ in quella maledetta rivista che hai letto di quei selvaggi che ancorano tengono i bambini in promisquità con gli adulti…
Mamma – E non credi che sia più naturale che mettere i bambini nei centri di crescita a vivere coi loro genitori solo grazie alle simulazioni di una macchina?
Papà – Tu sei matta!
Mamma – Ed anche per i genitori… che razza di rapporto c’è con un figlio che cresci solo virtualmente, che gusto c’è a coccolare un bambino che è solo l’icona elettronica di quello che hai partorito! Ed allattare solo in modo immaginario…
Papà – Le madri allattano tutte i loro figli! Tu hai allattato Zac!
Mamma – Consegnando il mio latte all’inserviente di questo centro tutte le mattine! E lo chiami allattare questo?
Papà – Ossignore!
Mamma – Ed ora che finalmente Zac viene a stare realmente da noi non posso neanche abbracciarlo, carezzargli i capelli, baciarlo come ho fatto per diciotto anni con la sua… immagine computerizzata?
Papà – Solo – per – tre – mesi - !

(Pausa)

Mamma – Tre mesi…

(Silenzio)

Papà – Forse… massì… è duro ammetterlo, ma non mi sembri pronta.
Mamma – A far cosa?
Papà – Chiediamo un rinvio della consegna.
Mamma – (Spaventata) No!
Papà – E’ meglio per tutti.
Mamma – Aspetta!
Papà – Che c’è?

(Silenzio)

Mamma – Dici che sono selvaggi?
Papà – Chi?
Mamma – Quelli della Nuova Guinea…

(Pausa. Lui la guarda, si calma. L’abbraccia. Lei piange)

Papà – Dai, che Zac sta per arrivare…
Mamma – Scusa, scusa… scusa…
Papà – Lo sai che è meglio così, per tutti i bambini… crescono tranquilli, senza che nessun adulto possa infastidirli, senza condizionamenti negativi, senza violenza, botte, sculaccioni, senza depravati che li molestano e industriali senza scrupoli che li considerano solo consumatori di giocattoli o di cartoni animati… o peggio come forza lavoro… lo sai che è meglio così…

(Lunga pausa. Qualcuno bussa alla porta)

Papà – E’ Zac.

(Si sciolgono frettolosamente dall’abbraccio, lei si asciuga velocemente le lacrime. Si rivolgono verso l’entrata della stanza)

Mamma – Mio figlio…

(Buio)

II episodio

Personaggi
Enne uomo sui 35 anni
Esse uomo sui 30 anni

Scena:
Un soggiorno


Enne – Venga si accomodi…
Esse – Grazie.
Enne – Allora, mi diceva?
Esse – Dunque, le dicevo che io sono il papà di… ma non so se lei conosce mio figlio.
Enne – Bè, Matteo mi racconta tante cosette sull’asilo che…
Esse – Si, certo, comunque lei non mi sembra che lo accompagni mai la mattina.
Enne – No, infatti ci pensa mia moglie. Sa, lavora lì vicino.
Esse – Capisco. (Si guarda un po’ intorno, Enne lo guarda in attesa)
Enne – Allora?
Esse – Ah si, le dicevo che mio figlio sta nella stessa classe del suo Matteo…
Enne – Si chiama?
Esse – Chi?
Enne – Suo figlio. Può darsi che Matteo me ne abbia parlato qualche volta…
Esse – Non lo so, comunque si chiama Pot.
Enne – Pot?
Esse – Glielo dicevo, non lo conosce.
Enne – No, è che mi sembra un nome originale. Carino però… Pot…
Esse – Proprio per questo è difficile che Matteo le abbia parlato di Pot, lei se ne ricorderebbe.
Enne – Certo.
Esse – Bè comunque, l’altro giorno Pot è tornato a casa con un anello.
Enne – Ma pensa.
Esse – Io gli ho subito chiesto da dove veniva.
Enne – E lui?
Esse – Me lo ha dato un amichetto.
Enne – E di che anello si tratta?
Esse – (Lo estrae da una tasca) Di questo.
Enne – Sembra una fede.
Esse – Lo è, guardi, io mi sono un po’ spaventato quando ho visto Pot con questa fede in mano, gli ho subito chiesto chi era l’amichetto che glielo aveva dato.
Enne – (Pensoso) Matteo?
Esse – Esatto. (Gli consegna la fede)
Enne – (La studia e legge all’interno il nome inciso) E’ di mia moglie.
Esse – L’ho immaginato.
Enne – Pensa un po’ che giro… Ma come l’ha presa Matteo?
Esse – Magari sua moglie l’aveva lasciata appoggiata da qualche parte…
Enne – Si, è vero. Se la toglie ogni tanto e la lascia sul suo comodino.
Esse – Ecco, alla portata di Matteo. Poi questi bambini portano tutto a scuola e si scambiano le cose…
Enne – Figurati, mia moglie è così sbadata… la fede…
Esse – Mi dispiace, meno male che non ve ne eravate accorti…
Enne – No, grazie, lei è stato molto gentile, davvero.
Esse – Le pare. Era il minimo.
Enne – I bambini si prendono sempre le cose degli altri senza chiedere il permesso…
Esse – Si, anche loro, si.
Enne – Come dice?
Esse – Niente, va bè, io la saluto…
Enne – Aspetti, senta… le posso offrire qualcosa?
Esse – Ma lei avrà da fare.
Enne – Ma che ci vuole, allo studio mi aspetteranno dieci minuti in più. Lo vuole un caffè?
Esse – Bè se insiste, grazie…
Enne – Aspetti. Ma si accomodi, prego. (Esce di lato)
Esse – (Si guarda intorno, osserva con una certa curiosità i quadri, poi un camino, sul bordo del quale fa correre la mano, come una carezza nostalgica. Poi rimane sorpreso davanti ad alcuni soprammobili. Studia con stupore un vasetto di rame)
Enne – Ecco, ho messo su la macchinetta… la donna non è ancora arrivata… Ma che fa ancora in piedi, si sieda.
Esse – No, grazie. Mi scusi, questo vasetto?
Enne – Le piace? E’ una sciocchezza lo hanno regalato a mia moglie quando siamo venuti ad abitare qui. Dev’essere della fine dell’ottocento.
Esse – (Pensoso) Metà.
Enne – Cosa?
Esse – Metà dell’ottocento, 1840 o giù di lì.
Enne – E’ antiquario?
Enne – No macchè. (Posa in fretta il vasetto) Scusi se sono così curioso.
(Pausa)
Enne – Allora, questi figli? Sono una faticaccia, eh?
Esse – Si bè… io ne ho sette.
Enne – Sette?
Esse – Pot è il penultimo. La più grande ha sedici anni.
Enne – Complimenti, che coraggio!
Esse – Sono venuti. Matteo è figlio unico?
Enne – Famiglia nucleare! Lavoriamo tutti e due e non possiamo allargarci.
Esse – Bè mi sembra che qui state larghi.
Enne – Come?
Esse – Ha una bella casa.
Enne – Ah si, ci piace lo spazio. Ma non è che sia così grande.
Esse – Duecentocinquanta, o di più?
Enne – Bè no, un po’ di meno…
Esse – Ha un bel terrazzo anche.
Enne – Si, è molto comodo. (Pausa) Mi scusi, vado a vedere se il caffè è pronto. (Esce)
Esse – (Si affaccia ad una finestra che si troverà, invisibile, al posto della quarta parete. Fa un fischio ed un cenno verso il basso. Poi fa ampi gesti come per dire “calma, datemi tempo”) 
Enne – (Entra con un vassoio e l’occorente per il caffè) Ah, ha notato l’affaccio vero?
Esse – Bello, veramente.
Enne – Quanto zucchero?
Esse – E’ il parco del comprensorio?
Enne – Si, è molto comodo. Sa, per Matteo.
Esse – Lo prendo amaro, grazie.
Enne – (Ridendo) Già è tanto amara la vita… No, io due (mette lo zucchero). Ma si segga.
Esse – Non vorrei rubarle troppo tempo.
Enne – Il caffè si prende seduti.
Esse – (Si siede) Grazie. 
(Anche Enne si siede. Bevono. Pausa)
Enne – Sua moglie lavora?
Esse – No.
Enne – Già, con tutti quei figli…
Esse – Se è per quello neanche io lavoro.
Enne – Come?
Esse – Cioè qualche lavoretto lo faccio… sa, mi arrangio.
Enne – Si arrangia?
Esse – Per esempio in questo periodo vendo enciclopedie su cd rom.
Enne – (Imbarazzato) Ah, interessante.
Esse – Lei invece?
Enne – Io? Bè sono avvocato.
Esse – E sua moglie?
Enne – Pediatra.
Esse – E come si chiama? magari è la nostra…
Enne – No è pediatra all’ospedale. Poi ha lo studio lontano.
Esse – Vicino all’asilo.
Enne – No, l’ospedale è vicino all’asilo, lo studio è dall’altra parte della città. Poi è uno studio privato.
Esse – Certo, noi non possiamo permetterci una pediatra privata.
Enne – No, scusi, non intendevo…
Esse – Non si preoccupi, è così.
Enne – E poi che c’entra io detesto andare dai medici privati.
Esse – Anche da sua moglie?
Enne – Mia moglie lo visita a casa Matteo. Oppure in ospedale.
Esse – Però è vero, anche l’asilo…
Enne – Prego?
Esse – No, dicevo, suo figlio va all’asilo pubblico…
Enne – Certo, mio figlio andrà sempre alla scuola pubblica. Io sono di sinistra, non lo manderei mai in una privata.
Esse – Capisco.
(Silenzio)
Esse – Bè, adesso la saluto sul serio…
Enne – Senta, aspetti.
Esse – Dica.
Enne – Guardi, cerchi di non fraintendere… 
Esse – Cosa?
Enne – Lei è stato veramente gentile ed onesto a riportare la fede di mia moglie.
Esse – E che dovevo fare?
Enne – No, ha fatto bene, ma magari un altro, al suo posto dico, avrebbe approfittato.
Esse – Non è il mio modo di vivere.
Enne – Comunque, sempre che lei non si offenda, io vorrei dimostrarle il mio apprezzamento per il suo gesto.
Esse – Bè me lo sta dimostrando.
Enne – (Si siede tira fuori dalla tasca un libretto d’assegni. Lo compila) La prego, accetti questo mio segno di stima.
Esse – No, senta… Non mi sembra proprio il caso.
Enne – Per favore, lo prenda. Ci compri un bel regalo da parte mia a Pot.
Esse – (Legge l’assegno) No, scusi, non posso accettare. Con questo potrei fare un regalo a ciascuno dei miei sette figli, ed anche a mia moglie.
Enne – Va benissimo. Mi fa piacere, davvero!
(Pausa)
Esse – (Porge l’assegno a Enne) No, senta, non posso. Invece, forse… potrebbe acquistare un’enciclopedia.
Enne – Un’enciclopedia?
Esse – Se vuole gliene mostro qualcuna. Ho qui fuori la mia borsa.
Enne – Bè, non so, forse è meglio un’altra volta. Si tenga l’assegno, la prego.
Esse – Aspetti. (Esce quasi correndo. Rientra dopo alcuni istanti trascinando una valigia enorme) Ce le ho qui. Ne ho una che sarebbe molto adatta per Matteo.
Enne – Ma quella è piena di cd rom?
Esse – Non solo (Fruga nella valigia) ci sono anche i miei vestiti, gli effetti personali.
Enne – Si porta in giro i suoi vestiti?
Esse – E dove li devo lasciare?
Enne – Ma, non capisco…
Esse – Io giro sempre, non ho una casa.
Enne – Come non ha una casa!
Esse – (Tira fuori un cd rom) Eccola: “Il mondo degli animali” edizione per bambini dai tre ai sei anni.
Enne – Ma lei, la sua famiglia… dove vivete?
Esse – Un po’ ci ospitano un po’ stiamo in un capannone abbandonato. Che vuole, ci si arrangia.
Enne – Senta, va bene, le compro l’enciclopedia. Basta l’assegno?
Esse – Ma se ha un computer di là le faccio vedere la demo prima.
Enne – Non si preoccupi, la compro.
Esse – Bè grazie. Vedrà è una bellissima enciclopedia, piena di immagini in 3d…
Enne – Ne sono convinto. Adesso mi scusi ma si è fatto veramente tardi.
Esse – Ok, va bene. Tanto più che devo andare a fare il giro.
Enne – (Sollevato, di nuovo cordiale) E’ sicuro che basta l’assegno?
Esse – Sta scherzando? Anzi le dovrei dare il resto… 
Enne – Non se ne parla nemmeno. (Lo accompagna verso l’uscita)
Esse – (Si ferma) Senta, posso chiederle un favore?
Enne – Naturalmente.
Esse – A me piacerebbe molto conoscere il suo Matteo, e anche sua moglie.
Enne – Bè, senz’altro ci sarà un’occasione prima o poi.
Esse – E lei non vorrebbe conoscere i miei?
Enne – Sicuro, magari una volta potremmo invitarvi a cena qui, che ne dice?
Esse – Splendido. Però forse, sa queste cose si dicono sempre poi non si fanno mai, magari intanto potrei farle conoscere i miei.
Enne – Bè ma adesso come si fa? Lei deve fare il suo giro, io devo scappare allo studio.
Esse – Se potesse tardare ancora cinque minuti potrei fare salire mia moglie e i miei figli.
Enne – Salire?
Esse – Sono giù, che mi aspettano.
Enne – E che fanno qui?
Esse – Ogni tanto dobbiamo lasciare il capannone perché se no la polizia fa gli sgomberi.
Enne – Capisco. Ma i suoi figli non vanno a scuola?
Esse – Oggi no.
Enne – Perché?
Esse – Hanno fatto una vacanza.
Enne – Anche Pot?
Esse – Anche Pot.
(Silenzio)
Esse – Allora?
Enne – Allora cosa?
Esse – Posso dir loro di salire?
Enne – (Al limite della pazienza) No, guardi, lei è stato molto onesto a riportarmi la fede, gliene sono grato, le ho comprato l’enciclopedia, le ho dato, con piacere badi bene, abbastanza di più di quello che costava ma adesso mi perdoni ma devo proprio scappare.
Esse – Va bene, mi scusi. (si avviano)
Enne – Comunque se ha bisogno di qualcosa, magari una visita pediatrica per i suoi figli…
Esse – Di una cosa avrei bisogno in effetti.
Enne – Allora guardi, le posso lasciare il numero dell’ospedale…
Esse – No, intendevo dire che avrei bisogno di far lavorare mia moglie.
Enne – Ah, certo. Ma io come posso…
Esse – Potrebbe fare la domestica qui da lei.
Enne – No, ce l’ho già la donna, grazie.
Esse – Ma pulisce male. Guardi la polvere sul camino, e come sono opachi i vetri delle finestre.
Enne – Vabbè che vuole, però la conosciamo da tempo…
Esse – Ma guardi che mia moglie pulirebbe tutto perfettamente ed è fidatissima.
Enne – Non ne dubito, però…
Esse – Quanto chiede la sua donna?
Enne – Senta, non insista…
Esse – Mia moglie vuole diecimila l’ora.
Enne – Vabbè ne parlerò con mia moglie, ma adesso mi scusi…
Esse – Ci pensi… (si avvia)
Enne – La sua valigia.
Esse – Ah già, la valigia.(Resta immobile pensando a qualcosa)
Enne – Che c’è?
Esse – Se a lei non da troppo disturbo potrei lasciarla qui.
Enne – La sua valigia?
Esse – E’ pesante, tiro fuori solo i cd che mi servono per il giro e poi stasera la tornerò a prendere.
Enne – No, abbia pazienza, se la porti via la sua valigia.
Esse – Lei ha molto spazio qui, non le può dare fastidio.
Enne – (Spazientito) E’ casa mia questa!
(Silenzio)
Esse – (Prendendo la valigia) Lo sa perché conosco l’età di quel vasetto?
Enne – Quale vasetto?
Esse – Era del mio trisnonno quel vasetto.
Enne – Ma che sta dicendo?
Esse – Lo abbiamo dimenticato a casa quando ce ne siamo dovuti andare, prima che le ruspe buttassero giù tutto.
Enne – Senta, adesso basta, se ne vada o chiamo la polizia!
Esse – Lo sa cosa c’era dieci anni fa al posto di questo comprensorio per signori?
Enne – No, che cosa c’era?
Esse – Casa mia. E decine di altre case!
Enne – Vuole dire baracche! E accampamenti di zingari…
Esse – Io ci vivevo, con mia moglie, ed i miei primi tre figli.
Enne – Cosa devo dirle, mi dispiace… Ma io ho comprato questo appartamento pagandolo salato cosa crede?
Esse – Ma si rende conto che le pietre di quel camino erano le pareti della mia casa?
Enne – Bè adesso mi sembra che lei voglia buttare tutto sul melodrammatico, scusi!
Esse – Sa che le dico? Io lascio qui la mia valigia.
Enne – No, lei non lascia qui un fico secco, e se non se ne va subito vado a chiamare la polizia.
Esse – E dove dormirà la mia famiglia stanotte?
Enne – Ma cosa vuole che posso fare io, che c’entro? Mi dispiace per lei ma non posso aiutarla!
Esse – No, lei mi può aiutare.
Enne – Le ho già dato un assegno consistente mi sembra!
Esse – La ringrazio, ma non basta. Deve ospitare me e i miei finchè non troviamo una sistemazione migliore.
Enne – Lei è pazzo!
Esse – Guardi che non ha capito! (Si affaccia alla finestra e con un movimento del braccio fa cenno ai suoi di salire)
Enne – (Fa per uscire) Vado a chiamare la polizia.
Esse – (Puntandogli addosso una pistola) Si fermi e si metta seduto.
Enne – (Terrorizzato) Va bene, ma non spari, la prego.
Enne – Si sieda! (Enne esegue) Lo sa che cosa c’era al posto di quella piscina laggiù? Il mio orticello, che era quello di mio padre, anche. E di suo padre. Ci abbiamo mangiato per tre generazioni con la terra che è stata portata via per fare la vostra piscina di merda!
Enne – Mi dispiace.
Esse – No, non ti dispiace, non ve ne frega un cazzo, invece!
Enne – Senta io che ci posso fare? Io ho avuto solo la sfortuna di comperare questo appartamento ma che ne sapevo…
(Suonano alla porta)
Esse – Stai fermo lì se non vuoi che ti sparo in testa! (Esce velocemente. Si sentono voci da fuori. Enne tira fuori il suo libretto degli assegni e comincia a scrivere. Rientra Esse) Che cazzo stai facendo?
Enne – Ti voglio aiutare. Con dieci milioni. Ma lascia in pace la mia famiglia.
Esse – La mia non starà in pace con dieci milioni.
Enne – Venti?
Esse – Lascia perdere.
Enne – Insomma quanto vuoi per andartene?
Esse – Non-me-ne-va-do!
Enne – (Piange sommessamente)
Esse – Non fare il coglione adesso!
Enne – Dove sono tua moglie e i tuoi figli?
Esse – Sono di là, nelle tue numerose camere.
Enne – A rubare?
Esse – Non dire stronzate! Sono andati a dormire.
Enne – Perché?
Esse – Stanotte sono venuti i poliziotti al capannone, siamo dovuti scappare. Nessuno di noi ha dormito.
Enne – Anche Pot?
Esse – Anche Pot.
(Silenzio)
Enne – Certo, ti capisco. Capisco che sei disperato, capisco la tua rabbia, ma se usi quella pistola non aiuterai la tua famiglia.
Esse – Continua a fare ciò che hai fatto fino ad oggi: Non ti preoccupare di noi!
Enne – Andrai in carcere se mi spari, lo capisci? Le carceri sono piene di disperati come te. Non serve che fai questo, credimi!
Esse – Non andrò in carcere.
Enne – Ascolta, ti aiuterò. Ho dei colleghi che avrebbero bisogno di una domestica. E poi, ti potrei trovare qualcosa in affitto, magari ti posso pagare una parte…
Esse – Troppo tardi.
Enne – Come, troppo tardi? Hai sette figli da mantenere! Hai Pot…
Esse – Parli così perché sei davanti alla mia pistola.
Enne – Certo, ho paura. Ma hai la mia parola che ti darò una mano.
Esse – Non m’interessa. (annusa l’aria)
Enne – (Piange) Che vuoi fare? Perché non mi lasci in pace, ho una famiglia anch’io, sono anche io un padre… Non capisci? I nostri bambini vanno all’asilo, insieme.
Esse – (Annusa l’aria) Non senti?
Enne – Cosa?
Esse – Quest’odore?
Enne – (Annusa) Cos’è?
Esse – Non hai capito? Ormai è tardi, non c’è soluzione.
Enne – (Annusa ancora) E’ gas?
Esse – Salteremo tutti in aria. Tutto, salterà in aria!
Enne – Ma da dove viene?
Esse – Dalla tua bella cucina. E’ stata mia moglie!
Enne – E’ pazzesco! Questa è follia, che senso ha?
Esse – Nessuno. Moriremo noi, morirai anche tu.
Enne – Ma insomma, che ho fatto?
Esse – E io che ho fatto?
Enne – Tu stai per fare una strage, per ammazzare tanti innocenti. Io, tua moglie, i tuoi figli!
(Silenzio)
Esse – Almeno, per una volta, saremo tutti uguali.

(Buio)

III episodio

Personaggi
Papà sui trenta/trentacinque anni
Mamma sui venticinque/trent’anni
2 negozianti (indifferentemente uomo o donna)

Scena:
Negozio



Papà – Ecco, questo mi sembra perfetto!
Negoziante – Ne ero sicuro.
Papà – Che dici, amore?
Mamma – Mmmsi, è carino.
Negoziante – Carino dice? Ma lo sa, signora, di cosa stiamo parlando?
Papà – E’ davvero bellissimo...
Negoziante – Un pezzo quasi artigianale. Vede questo orsacchiotto e questi pagliacci? No ... qui, guardi, sulla spondina. Osservi la raffinatezza del lavoro.
Mamma – E’ vero, non avevo...
Papà – Meravigliosi.
Negoziante – Un lavoro raffinatissimo, sono tutti intagliati a mano.
Mamma – Ma sarà abbastanza comodo?
Negoziante – Massiggnora! Mi permetta: la “Cocco” è una casa all’avanguardia per quanto riguarda il comfort. Eppoi, me lo lasci ripetere, guardi le spondine regolabili a tre altezze, con bordi foderati antiurto, doghe superelastiche, corredo completo di materassino realizzato con l’esclusivo materiale usato dalla NASA per le poltroncine degli astronauti sullo shuttle.
Mamma – Vabbè nostro figlio non dovrà mica andare nello spazio...
Negoziante – (Ride) Certo, signora. Ma le assicuro che non esiste sul mercato materiale migliore per salvaguardare la schiena in rapida crescita del suo piccolo.
Papà – Bè, veramente deve ancora nascere.
Negoziante – Certo, bisogna ammettere che immerso nel liquido del suo pancione il piccolo sta nel migliore dei lettini possibili (ridacchia in cerca di complicità).
Papà – Proprio per questo vorremmo scegliere bene...
Negoziante – Le posso dire che sono perfettamente daccordo con lei? Pensateci molto prima di comprare qualcosa. Il vostro piccolo... avete già deciso il nome?
Mamma – Bè, si...
Papà – Piero se è un maschietto e Cinzia se è femminuccia.
Negoziante – Mabbene! Che bellissimi nomi! E com’è che non conoscete ancora il sesso del nascituro? A giudicare dalle dimensioni lei sarà più o meno al settimo mese!
Mamma – Ottavo.
Negoziante – Ecco.
Papà – Non abbiamo voluto.
Negoziante – Che bello, volete la sorpresa! Sapete che in fondo sono d’accordo con voi? Io non ho mai capito che fretta c’è di sapere prima della nascita il sesso del proprio figlio!
Mamma – Infatti. Pensiamo sia più bello così.
Negoziante – E avete perfettamente ragione. E’ il primo? O (risatina d’intesa) la prima?
Papà e mamma – (Si guardano teneramente) Si.
Negoziante – Ma certo! Giovani come siete! Beati voi...
Mamma – Sono così in ansia...
Negoziante – La capisco, signora. Ma vedrà che tutto andrà per il meglio. Eppoi, Piero o Cinzia non potrà che essere felice con una coppia di genitori amorevole come voi, che ha scelto il miglior lettino in commercio per le sue prime nanne.
Papà – Si, credo che questo sia perfetto.
Mamma – E’ proprio carino.
Negoziante – Bene. Che colore preferite? Se volete vi mostro il campionario...
Papà – Scusi, vorremo prima sapere quanto viene.
Negoziante – Come?
Papà – Si, quanto costa il lettino.
Negoziante – Bè, considerate che è il pezzo migliore non solo di questo negozio ma di ciò che si trova in giro. Sappiate però che, nonostante il costo, è il lettino che vendiamo di più!
Mamma – Non ci può fare uno sconto?
Negoziante – Ma certo, signora! E poi le regalo anche il cuscino antisoffocamento e le lenzuoline coordinate con fantasia a vostra scelta.
Mamma – Ah, bene.
Papà – Quanto sarebbe la spesa?
Negoziante – Dunque... con un dieci per cento di sconto sul prezzo di listino... Cinquecentotrentadue e sattantacinque... Mssi, Cinquecentotrenta tondi tondi e ve lo caricate in macchina. Mi creda, di più non posso fare.
(Silenzio)
Papà – Euro?
Negoziante – Avete altre valute con voi?
Papà – No, dicevo così perchè qualche negoziante ancora dice il prezzo in lire...
Negoziante – Bè, no...
Mamma – Ma caro, cinquecentotrenta euro?
Negoziante – Signora, per Piero o Cinzia credo che ne valga la pena...
Mamma – Certo, ma...
Papà – (Bruscamente) Non ce lo possiamo permettere.
Negoziante – Oh Dio, mi dispiace... ma se volete possiamo vedere qualcos’altro, abbiamo più di venti modelli diversi. Quasi tutti meno cari!
Papà – Solo che questo era proprio adatto...
Negoziante – Comunque, se credete, abbiamo anche delle offerte di finanziamento...
Papà – (troncando) No, meglio di no...
Mamma – Abbiamo già un sacco di rate da pagare.
Papà – E poi io sto cambiando lavoro. Sono in una fase delicata...
Negoziante – Capisco. (pausa) Ma venite, vediamo altri modelli. Questo, ad esempio, è sempre della “Cocco”. Un lettino magnifico. Gli mancano solo le rifiniture e le decorazioni dell’altro e il materasso in materiale speciale.
Papà – E quanto viene?
Negoziante – Intorno ai quattroeccinquanta.
Mamma – Troppo.
Negoziante – (Accenna un cambio di tono) Allora quest’altro. Guardate che bello. Semplice ma dotato di comfort all’avanguardia e robustezza senza pari!
Mamma – Quanto?
Negoziante – Questo... mmmh, dovrei dare un’occhiata al listino, ma siamo decisamente più bassi degli altri due. Dovremmo stare intorno ai trecento.
(Silenzio imbarazzato)
Negoziante – Scusate se mi permetto... ma forse dovreste dirmi quanto volevate spendere...
Papà – Certo, ha ragione.
Mamma – Non ha niente intorno ai centocinquanta euro?
(Silenzio)
Negoziante – (Si rivolge a qualcuno che lo chiama) Si, un secondo e sono da voi! (ai coniugi con tono seccato) per quel prezzo dovreste vedere al reparto lettini da campeggio. Ma non posso accompagnarvi.
Mamma – Nno, no... sono scomodi. Me lo ha detto una mia collega...
Papà – Va bene, grazie lo stesso.
Negoziante – Prego. Ora scusatemi (si allontana poi si gira) Ah, auguri!
Mamma – Grazie.
(Silenzio)
Papà – Possibile che sia tutto così caro?
Mamma – Questo è uno dei negozi migliori... (Osservando un foglietto che ha tolto dalla borsa) Ce ne sono diversi qui vicino.
Papà – Andiamo.

(Buio)

Mamma – C’è nessuno?
Papà – Madonna che buco!
Mamma – Ssshh!
Papà – Ma sei sicura che questo negozio venda...
Mamma – Certo.
Negoziante – Eccomi.
Mamma – Ah, buonasera. Vendete dei lettini per bebè?
Negoziante – Si, qualcosa c’è rimasto... 
Papà – Rimasto?
Negoziante – Qui vendiamo un po’ di tutto, è merce d’importazione. Le cose arrivano a stock, e le vendiamo subito. Lo stock di lettini è arrivato l’altra settimana e già sta finendo. Poi chissà quando ne arriveranno altri...
Mamma – Possiamo vederli?
Negoziante – Sono in magazzino. (Sospettoso) Ma come mai venite a cercare un lettino qui?
Mamma – Sulle pagine gialle c’è scritto che vendete anche articoli per l’infanzia...
Negoziante – Si, ma di solito chi vuole comperare un lettino va in uno dei negozi del centro.
Papà – Li abbiamo già girati tutti.
Negoziante – E non avete trovato niente?
Mamma – Senta, le diciamo subito qual’è il nostro problema.
Negoziante – Ecco, lo dicevo io.
Papà – Avete niente sui centocinquanta euro?
Negoziante – Mi faccia pensare...
Papà – Così non le facciamo perdere tempo.
Negoziante – No. Sui centocinquanta credo proprio di no.
Mamma – Lo immaginavamo. Bè grazie lo stesso.
Negoziante – Ma scusate, perchè volete per forza spendere quella cifra?
Papà – Di più non possiamo.
Negoziante – Ah, ma i miei lettini costano meno.
Mamma – Meno di centocinquanta?
Papà – Euro?
Negoziante – Certo, perchè avete altre valute con voi?
Mamma – Ma noi credevamo che...
Papà – (Diffidente) Ma come sono questi lettini?
Negoziante – Legno massello, lavorati completamente a mano, con doghe elastiche...
Papà – Lei ci prende in giro?
Negoziante – Mannò!
Mamma – Ci scusi, sa. Ma in tutti i negozi dove siamo stati finora il peggior lettino costava almeno duecento euro...
Negoziante – E’ ovvio, io vendo solo merce importata dall’africa e dall’asia.
Papà – Non capisco.
Negoziante – Miei cari signori, davvero pensate che i lettini della “Cocco” o della “Gracchio” o di tutte quelle case europee valgano così tanto?
Mamma – No, forse sono un po’ cari...
Negoziante – La realtà è che non pagate solo la merce ma anche degli adeguati stipendi alla manodopera, i contributi, gli extra, quei rompicoglioni dei sindacati, le ferie retribuite, le malattie, le maternità... insomma, tutte queste cazzate.
Papà – (Perplesso) In che senso, scusi?
Negoziante – Nel senso che i miei lettini sono fatti da qualche ragazzino negro che lavora dodici ore filate senza inps, ferie, sindacati e altre menate simili!
Mamma – E’ per questo che costano meno?
Negoziante – Certo, che credevate?
Papà – Ma è una vergogna!
Negoziante – Cosa?
Papà – Sfruttare così quella povera gente!
Negoziante – E allora firmate quattrocento euro di cambiali e comperatevi un lettino “Cocco” in centro!
(Silenzio)
Negoziante – (Sibila) In questo negozio la merce viene venduta in un batter d’occhio, e lo sapete perchè? Perchè vendo cose ottime a prezzi bassissimi. E’ questo che cerca la gente. Se ne frega dei bambini sfruttati e cose del genere. Ve lo dico io cosa conta per chi compra: spendere il meno possibile. E di negozi come il mio ce ne saranno sempre di più! (ironico) Se invece volete sostenere il nostro mercato del lavoro garantista e civile accomodatevi pure, avrete il mio plauso e la mia stima.
(Silenzio)
Negoziante – (Che la sa lunga) Allora, li volete vedere questi lettini?
(Pausa. Poi buio) 

IV episodio

Personaggi
Uomo cinquanta anni circa
Donna sui quarant’anni

Scena:
Uno scrittoio e due poltroncine


(L’uomo è seduto, con gli occhiali bassi sul naso, che scruta un registro sulla sua scrivania. La donna gli è seduta di fronte, in attesa)

Donna – Allora?
Uomo – Allora cosa?
Donna – Mi doveva dire?
Uomo – Cara signora, forse è lei a dovermi dire qualcosa…
Donna – Bè, non capisco…
Uomo – Come non capisce?
Donna – Massì, insomma… è stato lei a chiedermi di venire, no?
Uomo – Certo, certo. Questo è vero ma…
Donna – E’ successo qualcosa a Sem?
(L’uomo la fissa, si leva gli occhiali)
Uomo – Lui cosa le ha detto?
Donna – Di cosa?
(Silenzio)
Uomo – (Si alza, comincia a passeggiare su e giù) Cara signora, ho paura che lei non parli molto con suo figlio.
Donna – (Con calma) No, perché pensa questo, non è vero!
Uomo – Forse lei crede di avere un buon dialogo con Sem ma lui in realtà, come del resto tutti gli adolescenti, non amano molto raccontare le proprie cose ai genitori.
Donna – Insomma, mi vuole spiegare?
(L’uomo si siede. Una pausa)
Uomo – Sem è un ragazzo molto intelligente, sa?
Donna – Certo, è sempre andato bene a scuola…
Uomo – Infatti. (Guarda il registro) Guardi qua: tutti giudizi ottimi, bè un po’ meno in condotta…
Donna – E’ un ragazzo molto vivace…
Uomo – Si, certo. Comunque è sufficientemente educato…
Donna – Lo spero bene. E allora?
Uomo – (Seguendo il proprio pensiero) Da quanto ho appreso dai suoi docenti poi, il ragazzo si è subito inserito e non ha avuto problemi né con le materie né con la classe.
Donna – Si, è un ragazzo socievole. Anche se all’inizio era molto dispiaciuto di lasciare Philadelphia. Sa, dopo cinque anni… aveva lì tutti i suoi amici, il suo ambiente. Ma con il lavoro di mio marito…
Uomo – Si, lo so. (Osserva nuovamente il registro) Ottimo anche in Italiano… non ha nessun problema con la nostra lingua…
Donna – Siamo tutti italiani, vissuti da sempre in Italia. Solo per questi cinque anni in America…
Uomo – Anche Sem è vissuto sempre in Italia?
Donna – Certo.
Uomo – Tranne i cinque anni a Philadelphia.
Donna – E a Baltimora...
(Pausa)
Uomo – E Brasilia?
Donna – Solo un’anno. Ma Sem aveva pochi mesi…
Uomo – (Sorridendo) Insomma un vero italiano!
Donna – Si. Ma sa anche parlare benissimo il tedesco e l’inglese.
Uomo – (Scrutando il registro) Ottimo anche in inglese, il migliore della classe a quanto mi è stato riferito.
Donna – Bè, sono contenta…
Uomo – (A bruciapelo) Scuola italiana?
Donna – Prego?
Uomo – A Philadelphia dico.
Donna – Ah si. Insegnanti italiani.
Uomo – E il direttore?
Donna – Naturalizzato, credo. Perché?
Uomo – No, così…
(Pausa)
Donna – Insomma, Ben non ha problemi allora…
Uomo – Non proprio, signora.
Donna – L’ascolto.
Uomo – (Si alza, riprende a passeggiare) Sapeva che suo figlio ieri è stato interrogato?
Donna – Ieri?
Uomo – Si.
Donna – (Ci pensa, poi) In cosa?
Uomo – Storia.
Donna – (Con finto distacco) No, non lo sapevo…
Uomo – Ah, vede?
Donna – Vedo cosa?
Uomo – Che suo figlio non le parla.
Donna – Ma forse si è dimenticato, non c’ha pensato… (pausa) è andato male?
Uomo – Non è l’espressione esatta.
Donna – Non capisco.
Uomo – Suo figlio a delle domande precise del professore ha risposto con arroganza.
Donna – Cioè?
Uomo – Cioè, non solo ha detto delle cose sbagliate, ma ha preteso anche di aver ragione!
Donna – E’ strano, Sem è molto…
Uomo – Educato, lo so.
Donna – Insomma ha preso un brutto voto…
Uomo – Certo.
Donna – Forse per questo non me ne ha parlato… (Con affetto) Che stupido!
(Silenzio)
Donna – Mi dispiace che è stato arrogante col professore, cercherò di parlargli…
Uomo – Non serve che parli col professore…
Donna – No, dicevo con Sem.
Uomo – Si, va bene. Ma non è questo il punto…
Donna – Ah no?
Uomo – No. (Si siede. Fissa la donna) A quanto pare suo figlio aveva ragione.
Donna – In che senso scusi?
Uomo – Suo figlio ha ripetuto ciò che aveva studiato. Né più né meno.
Donna – E allora?
Uomo – E allora è lei che mi deve spiegare qualcosa.
Donna – Oddio, non capisco più niente. Insomma, mi vuole far capire che succede?
(Pausa. Con atteggiamento solenne l’uomo estrae dal cassetto del suo scrittoio un libro, lo mostra alla donna)
Uomo – Sa cos’è questo?
Donna – Bè, è un libro…
Uomo – No. E’ il libro. Quello su cui ha studiato suo figlio.
Donna – Ah.
Uomo – Sa perché ce l’ho io ora?
Donna – No.
Uomo – Il professore glielo ha sequestrato.
Donna – (Sempre più disorientata) E perché?
Uomo – (Pausa. Fissa la donna) Ha comprato lei questo libro a suo figlio?
Donna – Certo.
Uomo – Dove?
Donna – Bè, nella libreria vicino casa nostra…
Uomo – Pagina 68.
Donna – Prego?
Uomo – La libreria, si chiama Pagina 68?
Donna – Bè, non so… è quella che sta in Via Silvio Pellico, sa all’angolo con…
Uomo – Pagina 68, appunto.
Donna – Se lo dice lei…
Uomo – Ed è più passata di recente in Via Silvio Pellico davanti alla libreria Pagina 68?
Donna – Bè si, mi capita spesso…
Uomo – E non ha notato niente?
Donna – NN… nno… 
Uomo – Non ha notato che la libreria è chiusa da vari mesi?
Donna – Chiusa da vari… ah, forse è vero… ora che me lo dice…
Uomo – E lo sa perché è chiusa?
Donna – Me lo dica lei.
Uomo – Il titolare è stato arrestato.
Donna – Oddio e cos’ha fatto?
Uomo – Truffa.
Donna – Ah.
Uomo – Vendeva libri vecchi, al prezzo dei nuovi.
Donna – E quindi anche questo?
Uomo – Anche questo.
(Silenzio)
Donna – Anche gli altri libri li ho comprati li’… ma in realtà non mi sembravano usati!
Uomo – Signora, ho detto libri vecchi, non usati.
Donna – (Non capisce più nulla) Scusi eh? Mi sta venendo un mal di testa…
Uomo – (Le mostra un punto della copertina del libro di Sem) Cosa legge qua?
Donna – Dunque… Decima edizione, terza ristampa… 
Uomo – L’anno. Legga l’anno!
Donna –Accidenti, ha ragione!
Uomo – Capisce? Un libro di sei anni fa!
Donna – Uhmm.
Uomo – Suo figlio ha studiato dall’inizio dell’anno su un libro di sei anni fa!
Donna – Bè, però francamente non capisco cosa c’entra questo con l’interrogazione andata male.
Uomo – Signora, comprendo che lei ed io siamo cresciuti con questa immondizia, e capisco pure che lei sia stata per cinque anni in America, ma suo figlio ha diritto di studiare su libri sani, che parlano in modo aggiornato del nostro passato!
Donna – Bè, ma scusi, la storia è storia!
Uomo – Nossignora! La storia può essere raccontata in tanti modi, e lei sa bene cosa intendo dire!
Donna – Ah, dice?
Uomo – Insomma, lo sa che cosa ha risposto suo figlio quando il professore gli ha chiesto di parlare di Mussolini?
Donna – No.
Uomo – Che Mussolini è stato un dittatore!
Donna – Nooo!
Uomo – E cosa poteva rispondere un povero figlio che studia ancora su testi marxisti!
Donna – Bè certo…
Uomo – (Sfoglia il libro con foga) Guardi qua, ancora si parla dei forni in cui i nazisti bruciavano le persone, ma si rende conto? E qui? (Indica) Milioni di ebrei sterminati! Capisce? E non le sto a raccontare di come si parla bene dei partigiani rossi e della nostra vecchia costituzione… d’altra parte sia io che lei abbiamo imparato a memoria simili assurdità!
Donna – Capisco…
Uomo – Ora faccia una cosa: compri la nuova edizione di questo libro e dica a suo figlio che il professore lo interrogherà su tutto il programma tra un po’ di tempo e se andrà bene annulleremo questo brutto tre sul registro. E noi tutti dimenticheremo questo increscioso incidente. Va bene?
Donna – Va bene.
(In silenzio, quasi frastornata, la donna si alza e si avvia alla porta)
Uomo – Arrivederci.
Donna – Senta?
Uomo – Dica.
Donna – Secondo lei devo ricomprare anche tutti gli altri libri?
Uomo – Perché?
Donna – Pagina 68…
(Pausa)
Uomo – No. Gli altri vanno bene così.
(Pausa)
Donna – Arrivederci.
Uomo – Arrivederci.
(La donna esce, buio)