TUTTE A CASA
(La guerra delle donne)

Commedia in tre atti e un epilogo di

Giuseppe Badalucco e Franca De Angelis



PERSONAGGI

MARGHERITA COLOMBO, sui 60 anni, moglie dell’ingegner Ercole Gallo proprietario della premiata ditta di autocarri Colombo&Gallo.
SILVANA,  fra i 50 e i 60. Segretaria di fiducia dall’ingegner Gallo da tempi immemorabili.
COMUNARDA, sui fra i 50 e 60 anni, vedova, classe operaia di tradizione socialista.
GIACOMINA, poco più di 20 anni. È attratta dalla modernità, cerca di seguire le ultime mode e ha un linguaggio sboccato.
TERESA, fra i 25 e i 30 anni. Timorata e devota, è già madre di cinque marmocchi.


PRIMO ATTO

La scena rappresenta un ufficio di inizio Novecento: una imponente scrivania sovrastata da un ingombrante apparecchio telefonico ed una scrivania più piccola collocata perpendicolarmente alla prima, con una monumentale macchina da scrivere. Sulle pareti il ritratto del re e quello di un signore dall’aria autorevole in abiti ottocenteschi (Primo Colombo, il padre di Margherita). Dalla quinta di destra si entra ed esce passando per la sala macchine, la quinta a sinistra rappresenta l’entrata e uscita da fuori.
Il proscenio a volte verrà usato, con la scena dietro al buio o a sipario chiuso, per rappresentare uno scorcio di cortile dove le operaie fanno la pausa pranzo.
Silvana sta finendo di mettere maniacalmente in ordine la scrivania principale. Poi fa per infilarsi il cappotto quando squilla il telefono.
SILVANA   Qui la premiata ditta Colombo & Gallo, automezzi civili e militari, buonasera. Sono Silvana, la segretaria personale dell’ingegnere. No, mi dispiace, l’ingegnere non è in sede. No, mi dispiace, non ci sarà nemmeno domani, l’ingegner Gallo è al fronte da qualche giorno. Oh no, no, ci mancherebbe! Non è andato a combattere! Sta facendo qualcosa di ancora più importante per la Patria… Ma chi parla, si può sapere? No, guardi, all’ingegnere non interessano pistoni. La Colombo & Gallo si rivolge da anni alla stessa ditta, per i pistoni, e si è sempre trovata bene… Come so che non si troverebbe meglio con i vostri? Io non lo so, naturalmente, ma l’ingegnere sì. L’ingegnere sa sempre ciò che è meglio. No, non credo che possa sbagliare. L’ingegnere non ha mai sbagliato. Quando mi ha assunta?... Impertinente!
Silvana riattacca. Di nuovo sta per infilarsi il cappotto quando il telefono squilla ancora. Ripone il cappotto.
SILVANA      Qui la premiata ditta Colombo & Gallo, automezzi civili e militari, buonasera. Avvocato Nardoni… lo so, avrei dovuto chiamarla un’ora fa, ma il fatto è che la signora Gallo, che come sa riceve personalmente le direttive giornaliere dell’ingegnere, non si è ancora fatta vedere… No, non credo che venga più per stasera. Io stessa stavo per andare a casa. Come dice? Credeva che io dormissi qui? (ride per gentilezza)Ebbene, la stupirà, ma ho anch’io una mia vita privata. Certo, avvocato. La chiamerò domattina appena avrò notizie dalla signora Gallo. (di nuovo ride per cortesia) No, non si preoccupi, non mi strapazzo.
Riattacca. Guarda minacciosa il telefono.
SILVANA       È inutile che provi a  squillare di nuovo. Non rispondo.
Si infila il cappotto. Lo abbottona. Fa qualche passo deciso verso l’uscita. Squilla il telefono. Silvana lo guarda. Guarda l’uscita. Guarda di nuovo il telefono.
SILVANA    Invenzione del demonio.
Fa un passo verso l’uscita. Il telefono continua a squillare. Silvana corre a rispondere.
SILVANA    Qui la premiata ditta Colombo & Gallo, automezzi civili e militari. La fabbrica è deserta e non c’è più nemmeno la segretaria, che nonostante le apparenze ha anche lei una vita privata. Può richiamare domattina dalle sette in punto.
Riattacca con soddisfazione e esce. Dopo pochi istanti si sente la voce di MARGHERITA , dalla quinta opposta.
MARGHERITA    C’è nessuno? Ehi? Dove siete?
Entra.
MARGHERITA    Ma insomma, dove sono tutti?
Silvana rientra trafelata.
MARGHERITA    Oh, meno male, Luciana!
SILVANA      Silvana.
MARGHERITA Certo, certo, mi scusi, non ho memoria per i nomi, soprattutto per quelli delle donne, chissà perché. Lo so, dovevo venire prima… ma sa com’è, il whist. Fosse per me non ci giocherei affatto, eh. Ma le mie amiche, senza whist muoiono. Non che sarebbe una perdita. Insomma, Lea stava perdendo. O si chiama Gea? La conosco da quarant’anni ma non sono ancora sicura di come si chiami. Ad ogni modo, non ha voluto alzarsi dal tavolo finché non si è rifatta.
Squadra Silvana.
MARGHERITA     Ma stava andando via?
SILVANA    In effetti, signora Gallo, mi perdoni ma non la aspettavo più per stasera. Gli operai sono andati via già da un’ora. E io a casa ho mia madre, è abituata a pranzare con me e se non mi vede… Poverina, ha quasi ottant’anni.
MARGHERITA     Ha tutta la mia comprensione. E’ dura quando non se ne vogliono andare, vero?
SILVANA     Prego?
MARGHERITA     Ma sì, quando si attaccano alla vita così morbosamente, e noi dobbiamo accudirli. E’ per questo che ci tenevo ad avere delle figlie femmine. Lei ha figlie, Mariana?
SILVANA     Silvana. No. Io non mi sono mai sposata.
MARGHERITA    (squadrandola) Ovviamente. Peccato, nessuno la accudirà. Le converrà non arrivare a ottant’anni. Ma basta con le chiacchiere, sono già in ritardo. Pranzo di beneficienza della Croce Rossa! L’ha organizzata la moglie del cavalier Maralli. Quello della Premiata Autocarri Maralli, sa?
SILVANA     Oh sì. Lo conosco bene.
MARGHERITA     Appunto. Lo conosce bene anche mio marito. Sono come fratelli. Che persona simpatica! Così ammodo! Però ha una moglie insopportabile. Noiosissima. E tirchia. Sarà una cena cattivissima. E scarsa. Ma devo andarci. Sa, si raccolgono fondi per i poveri soldati al fronte… Mi ucciderà questa guerra. Che stavamo dicendo?
SILVANA     Che ha fretta. Così, se vuole comunicarmi le disposizioni dell’ingegnere…
MARGHERITA     Giusto. (si fruga nella borsetta) Dove sarà il suo telegramma… Ecco.
Porge un foglio spiegazzato a Silvana.
SILVANA     (legge) Lea e Clara 62 punti…
MARGHERITA     Chi è questa Lea?
SILVANA     C’è scritto qui.
MARGHERITA    (dà un’occhiata al foglio) Ma questi sono i punti del whist! Dove ho messo quel telegramma… (fruga ancora nella borsa) Oh, eccolo qua! Dice qualcosa sui… freni, mi pare. E anche sulle ruote. Ma come fa a capirci lei, Verdiana?
SILVANA     Silvana.
MARGHERITA     Sì, sì, come vuole. Per fortuna dopodomani al massimo mio marito sarà qui. Non ne posso più di fare la spola con i suoi telegrammi. Come se non avessi abbastanza cose da fare. E lui a divertirsi al fronte!
SILVANA    Ecco, veramente signora Gallo… non credo che l’ingegnere si stia divertendo. Anzi. Si è assunto un grande rischio ad andare personalmente al fronte per controllare il funzionamento dei nostri autocarri. Avrebbe potuto mandarci qualcun altro, e invece ha preferito sottoporsi al pericolo pur di garantire i servizi migliori al Regio Esercito.
MARGHERITA    Un eroe.
SILVANA     Infatti.
MARGHERITA    Cara Ariana…
SILVANA     Silvana.
MARGHERITA     Quello che è...  Se il Pulci…
SILVANA    Chi?
MARGHERITA    Il Pulci, mio marito, l’ingegnere. Un nomignolo dei tempi in cui eravamo fidanzati. Gallo, pulcino, pulci. Io sono la sua colombina. Beh, se il Pulci è andato di persona al fronte, stia tranquilla, vuol dire che del pericolo non c’è neanche l’ombra. Se ne starà tutto il giorno a sbevazzare e raccontare barzellette coi suoi amici generali, e a giocare a dama. Lo conosco. Per carità, bravissimo ingegnere l'Ercole. Mio padre, il commendator Colombo buon’anima, me lo caldeggiò moltissimo, al momento di sposarmi. Sapeva che se avessi scelto lui, avrebbe lasciato la sua fabbrica in mani sicure. Lo feci volentieri, eh, aveva due grandi occhi celesti sognanti. Scoprii dopo il matrimonio che quello sguardo ammaliatore dipendeva dalla miopia… E bravo a farsi rispettare, anche, non dico di no. Ma qui, con i suoi operai. Cuor di leone, proprio no. Se si trovasse un austriaco di fronte morirebbe di paura. Bene, il telegramma glielo ho dato… Ci vediamo domani.
SILVANA     Certo, signora Gallo.
MARGHERITA     Spero che sarà l’ultima volta che dovrò fare il fattorino. Buona serata, Doriana.
Silvana sta per precisare “Silvana”, ma rinuncia.
SILVANA     Si diverta alla festa.
MARGHERITA     È quasi più facile che si diverta lei con sua madre.
Margherita esce. Silvana la guarda andar via, poi fa per uscire a sua volta dalla quinta opposta quando squilla il telefono.
SILVANA     Oh no!
Corre a rispondere.
SILVANA     Qui la premiata ditta Colombo & Gallo, automezzi civili e militari, buonasera. Anzi, buonanotte, perché è veramente molto molto tardi per chiamare… (cambia espressione) Il ministero della guerra?... (scatta sull’attenti) Buonasera signor generale! La moglie dell’ingegnere? Ecco… un istante, signor generale… (copre il ricevitore e chiama) Signora Gallo!.. La prego, signora Gallo, torni indietro…!
Rientra Margherita.
MARGHERITA     Ma cosa c’è? Lo sa che devo andare dai Maralli e sono in ritardo…
Silvana le passa tremante il ricevitore.
MARGHERITA     Qui la signora Gallo. Cosa?... Prigioniero? Degli austriaci?... Oh mio dio!... Ma verrà liberato, vero?... Alla fine della guerra?
Margherita ha un mancamento, Silvana accorre a sostenerla.
SILVANA     Signora Gallo… venga di qua… ci dovrebbero essere dei sali…
Porta fuori Margherita, singhiozzante.
MARGHERITA     Il mio Pulci… il mio Pulci prigioniero del nemico…

La scena si oscura, mentre ascoltiamo:
VOCI REGISTRATE:
Il sindaco di Milano incita Castelli Giorgio, figlio di Carlo, a presentarsi il giorno venti novembre  alle ore 8 innanzi al consiglio di leva per essere arruolato.

Il sindaco di Milano incita Fumagalli Filippo, figlio del fu Antonio, a presentarsi il giorno venti novembre  alle ore 8 innanzi al consiglio di leva per essere arruolato.

Il sindaco di Milano incita Riva Giovanni, figlio di Michele, a presentarsi il giorno venti novembre  alle ore 8 innanzi al consiglio di leva per essere arruolato.

Il sindaco di Milano incita Marrazzo Danton, figlio del fu Libero, a presentarsi il giorno venti novembre  alle ore 8 innanzi al consiglio di leva per essere arruolato.

Si susseguono a queste altre chiamate alle armi;ora però si sovrappongono le une alle altre, per culminare - come in un crescendo - in un  impasto indistinto di parole, di nomi e di cognomi.

Luce sulla scena, a giorno. Silvana sta riordinando con aria mesta la scrivania dell’ingegnere. Entra Margherita, sfilandosi il cappotto.
MARGHERITA     Oh, per fortuna è già qui! Ho parlato con il ministero della guerra. Pensi che ho scoperto che uno dei pezzi grossi del ministero è il nipote di un carissimo amico di mio padre, buon’anima! Beh, mi ha molto, molto rassicurato, cara Mariana!
SILVANA     Signora Gallo…
MARGHERITA     Sì, Mariana, Lariana, quello che è… A quanto pare, non c’è alcun pericolo che gli austriaci fucilino l’ingegnere. Nemmeno che lo sottopongano a tortura. Neanche una torturina piccola così. D’altronde, cosa mai potrebbe rivelare? Non sa nulla di misteriosi piani militari. Non fa parte dell’esercito. Al massimo, potrebbe spifferare quanto carburante consumano i suoi autocarri. Ma il nipote dell’amico di mio padre buon’anima si diceva abbastanza certo che agli austriaci non interessa. Quindi possiamo dormire tranquille: lo rilasceranno senza un graffio. Con un po’ di fortuna, potrebbe anche trovare qualche austriaco appassionato al gioco della dama.
SILVANA     Ecco, signora Gallo, c’è una cosa che dovrebbe sapere…
MARGHERITA    Naturalmente però, perché lo liberino dovremo attendere la fine della guerra. Oh, il nipote dell’amico di mio padre buon’anima crede che non ci vorrà ancora molto. Però, certo, non è questione di qualche giorno. Si sa come sono gli uomini… (getta un’occhiata a Silvana) Lei forse no. Insomma, vorranno ammazzarsi ancora un po’, prima di smetterla. E questo ci pone davanti ad un problema: questa fabbrica. Potrà andare avanti, forse per mesi, senza il suo capitano? Ho passato tutta la notte insonne a pensarci… e stamattina mi sono risposta…
SILVANA     Signora Gallo… se potessi dirle quello che è accaduto…
MARGHERITA    …mi sono risposta: si! E sa  perché?
SILVANA     Ecco, so che…
MARGHERITA     Perché non fu mio marito a costruire questo posto, bensì mio padre: il commendator Colombo. Buon’anima. Capisce, nelle mie vene scorre il sangue del fondatore!  Così mi sono detta: Margherita, perché non dovresti anche tu essere in grado di condurre la tua premiata ditta di famiglia in questi tempi difficili?
SILVANA     Io avrei una risposta…
MARGHERITA     Solo perché sei una donna? Ragionamenti da secolo scorso. Solo perché non sai nulla di meccanica e motori? Per quello ci sono le macchine e gli operai… Solo perché non hai mai amministrato nulla in vita tua?
SILVANA     Ecco, potrebbe esserci un’altra ragione…
MARGHERITA     E chi amministra la mia casa da quarant’anni, eh? Io! Chi si occupa di tenere in ordine i conti, di farsi ubbidire dalla servitù, chi si è occupata di fare crescere tre figlie? Sempre io!
SILVANA     Signora, è davvero importante che ascolti…
MARGHERITA    Cara Doriana, ma lei interrompe così spesso anche mio marito?... Concludendo: non c’è alcuna ragione perché la premiata ditta Colombo & Gallo non possa continuare a servire il suo paese fornendo gli automezzi che condurranno l’esercito di sua maestà alla vittoria!
SILVANA    (con un filo di voce) Gli operai…
MARGHERITA    Acuta osservazione. D’accordo, all’inizio gli operai faranno un po’ fatica ad abituarsi. Di certo saranno affezionati all’ingegnere e troveranno strano prendere ordini da una donna. Ma vedrà, sarà questione di giorni. Quando ero ragazza un amico di famiglia morì. Era ancora giovane, una tragedia. Bene, lasciò un cane. Da caccia, i più selettivi. Un meraviglioso setter irlandese. Non si poteva lasciarlo in strada, le pare? Chiesi a mio padre buon’anima che lo adottassimo noi. E tutti a dirmi: non ti ubbidirà mai, Margherita! Tempo perso! Quei cani là si affezionano a un unico padrone! Tempo due settimane, quel cane non si separava da me nemmeno per dormire. Come se lo avessi cresciuto fin da cucciolo. E i setter irlandesi sono infinitamente più ostinati degli operai!
SILVANA     Nessuno è venuto al lavoro.
MARGHERITA     E cosa aspettava a dirmelo?
SILVANA     Veramente…
MARGHERITA     Poche cose sono peggiori dell’assenteismo. Già in tempi normali. Ma in tempo di guerra… mio Dio, dovrebbe essere punito con la morte! Poco male: li licenzi. Il mondo è pieno di gente che ha voglia di lavorare.
SILVANA     Veramente, signora Gallo, non sono assenteisti. Erano i migliori operai che si potessero avere. Sono partiti per il fronte.
MARGHERITA     Per il fronte?
SILVANA     E possiamo scordarci di assumerne altri: non li troveremmo. Ormai richiamano alle armi chiunque porti un paio di pantaloni.
Margherita sembra non trovare parole. Squilla il telefono. Silvana risponde.
SILVANA     Qui la premiata ditta Colombo & Gallo, automezzi civili e militari, buongiorno. Sì, sono Silvana, buongiorno cavalier Maralli. Sì, in effetti la signora Gallo è qui. Gliela passo.
Passa il ricevitore a Margherita.
MARGHERITA     Arnaldo!... Non sai cosa è accaduto, una tra… Ah lo sai già? Cosa? Come dici? Mi stai proponendo di...? Ma... adesso non saprei... capisci, non sono decisioni che si possano prendere in un minuto. Così su due piedi, senza consultare Ercole. Che dire, Arnaldo, io… non so come ringraziarti, naturalmente. Ma sei convinto che…? Perché io avevo sentito che… Capisco. Certo. Sì, ti farò sapere. Lo so che sei un amico. Ci sentiamo presto.
Riattacca. Resta in silenzio.
SILVANA     Signora?
MARGHERITA     Che persona carina. Ha saputo del mio povero Pulci, naturalmente… e anche che la fabbrica è inattiva. E, pensi un po’, si è offerto di acquistarla. Anche così, senza operai. Ha detto che anche mio marito lo avrebbe fatto per quella strega di sua moglie. Beh, non ha detto proprio così, naturalmente. Mi sono sempre chiesta come mai un uomo così leale e generoso abbia sposato una strega come quella.
SILVANA     E lei?
MARGHERITA    Beh, a dir la verità… io non ci avrei mai pensato. Ma forse è una buona soluzione, no?
SILVANA     Ecco…
MARGHERITA     Secondo Arnaldo la guerra può andare avanti ancora molti anni. Lui dice che quelli del ministero non lo ammetterebbero mai per non abbassare il morale della nazione, ma che il peggio deve ancora venire. Cosa dovrei fare? Cosa farebbe mio marito?
SILVANA     Signora Gallo, io…
MARGHERITA     Certo, tipico del Pulci… farsi prendere prigioniero quando c’è da assumere una decisione così importante! Fece lo stesso quando c’era da maritare le nostre figlie. E quando c’era da scegliere la casa al lago. C’era sempre qualcosa di più importante che gli impediva di occuparsene! Doriana, la prego, non se ne stia là in silenzio come se le avessero strappato la lingua!
SILVANA     Io penso che l’ingegnere non venderebbe mai.
COMUNARDA     Permesso?
SILVANA     E lei chi è?
COMUNARDA     Saltini Comunarda, sposata Marrazzo, madre di Marrazzo Danton, operaio di questa fabbrica, appena partito per il fronte. Ho bisogno di parlare con l’ingegnere.
MARGHERITA     Con l’ingegnere?
COMUNARDA     Sì, con l’ingegnere, insomma, con il padrone.
SILVANA     Mi dispiace, non è possibile.
COMUNARDA     Ah, certo. Finché si tratta di spremerli, gli operai, tutto va bene. Quando poi partono per il fronte, per il padrone diventano carne da macello. Morti, cancellati.
MARGHERITA     Ma cosa dice?
COMUNARDA    Solo quello che tutti sanno. Per i padroni gli operai esistono solo fino a quando lavorano come bestie. Ma io non me ne vado da qui finché l’ingegnere non mi riceve.
SILVANA     Allora si prepari ad aspettare fino alla fine della guerra.
MARGHERITA     A me non sembra una cattiva idea vendere a Maralli…
COMUNARDA     Se non mi fate parlare con chi comanda, torno qua con tutto il sindacato.
MARGHERITA     Buona donna, non è possibile parlare con l’ingegnere perché, vede, in questo momento è in mano agli austriaci. Può anche darsi che lo stiano torturando a morte.
COMUNARDA     In mano agli austriaci?
SILVANA     Proprio così.
MARGHERITA     E qui si stanno decidendo cose importanti. Quindi, se vuole lasciarci in pace…
COMUNARDA     E al posto dell’ingegnere chi comanda?
SILVANA     La signora Gallo, moglie dell’ingegnere. Capisce che in questo momento ha altro a cui pensare che parlare con lei.
COMUNARDA     È lei la signora Gallo?
MARGHERITA    Proprio così. Ma in questo momento ho ben altro da fare che parlare con lei.
COMUNARDA     Parlare con il padrone di questa fabbrica è un mio diritto e non ho alcuna intenzione…
MARGHERITA    Liana…
SILVANA     La prego, non è davvero il momento… sono certa che la signora la riceverà appena possibile…
Silvana accompagna Comunarda fuori dall’ufficio. Quando torna:
MARGHERITA     Mi stava dicendo…
SILVANA     Che l’ingegnere non venderebbe mai, e di certo non a Maralli.
MARGHERITA     Ma se è il suo più caro amico!
SILVANA     Si è chiesta come faceva “il suo più caro amico” a sapere già che la fabbrica era inattiva?
MARGHERITA     Come sapeva… beh, non lo so… qualcuno lo avrà informato…
SILVANA     Forse qualche amico delle Forze Armate…
MARGHERITA     Ecco, sì, deve essere così. Arnaldo conosce tanta di quella gente che conta.
SILVANA     E come mai i nostri operai sono stati tutti richiamati al fronte e i suoi no? Perché la sua, di fabbrica, è in funzione, no?
MARGHERITA     Già, la sua… Non lo so… fortuna! Lei non sa che fortuna sfacciata ha quella strega della moglie del Maralli quando si gioca a whist! Deve essere una fortuna di famiglia.
SILVANA     Sono abbastanza certa che l’ingegnere non la chiamerebbe così.
MARGHERITA     E come?
SILVANA     Ecco… penserebbe che il cavalier Maralli abbia offerto a qualcuno qualcosa.
MARGHERITA     Mariana, lei è sempre così criptica? No, perché se mi perdo io figuriamoci il Pulci…
SILVANA    Corruzione.
MARGHERITA     Lei pensa…
SILVANA     Oh, no, non io! L’ingegnere lo penserebbe.
MARGHERITA     Quel farabutto ha pagato qualcuno delle Forze Armate perché richiamasse i nostri operai e non i suoi?
SILVANA     Niente di più possibile.
MARGHERITA     Sa una cosa? Ad un tratto non mi stupisce. Sa che diceva la mia povera mamma? Perché una persona ricca sia anche una persona per bene, ci vogliono almeno sette generazioni di ricchezza. Il Maralli non ce le ha di sicuro. E sua moglie, poi: una cafoncella snob. Sono sicura che anche il cavalierato l’ha comprato!
Irrompe di nuovo Comunarda.
COMUNARDA     Signora Gallo, lei ha il dovere di ricevermi!
MARGHERITA     Oh mio Dio… Cosa non capisce delle parole: abbiamo altro da fare?
COMUNARDA    (si agita) Cosa non capisco? E' lei che non capisce! Mio figlio ha perso il posto di lavoro per andare a combattere questa vostra sporca guerra!A rischiare la vita per gli interessi di voi capitalisti!A farsi ammazzare in trincea insieme a migliaia di altri poveri ragazzi!
MARGHERITA     Insomma, si può sapere che cosa vuole da me? Non sa esprimersi con un po' di calma?
COMUNARDA    Quando il mio Danton tornerà, non troverà più un lavoro ad attenderlo. Perciò il posto voglio tenerglielo io:voglio sostituirlo in fabbrica finché non torna.
MARGHERITA     Lei?
COMUNARDA    Sissignora, in persona: Saltini Comunarda vedova Marrazzo.
MARGHERITA     Buona donna, non sa quanto sarei felice di poter sostituire tutti gli operai partiti per il fronte con le loro madri e mogli e sorelle… se non fosse che questa non è una fabbrica di tessuti per le divise dei soldati, ma di autocarri. Cose da uomini.
COMUNARDA     Strano. Pensavo che quella che indossa fosse una gonna.
MARGHERITA     Ma io...
COMUNARDA    Lei è un ingegnere?
MARGHERITA     No, ma…
COMUNARDA     Appunto. Scommetto che di autocarri non capisce un bel nulla.
MARGHERITA     E nemmeno lei.
COMUNARDA    Si sbaglia. Tanto per cominciare, io in fabbrica ci ho già lavorato. In Francia, da giovane. Là non sono antiquati come da noi. E da sposata, aiutavo mio marito in officina. Il mio Libero riparava automobili dal giorno che le hanno inventate. Sa, noi proletari abbiamo questo vizio, che dobbiamo lavorare.
MARGHERITA     Sì, sì, ho capito. Senta, buona donna: se quando tornerà suo figlio questa fabbrica sarà ancora in piedi, le prometto che riavrà il suo posto. E ora, per favore, se ne vada.
COMUNARDA     È per questo che il mondo non va avanti. Perché chi comanda non ragiona. Non riesce a guardare al di là del suo naso. Ma il giorno che il potere sarà del popolo…
MARGHERITA     Ecco, quel giorno sono certa che avrà soddisfazione. Ora, se vuole…
COMUNARDA     Almeno mi metta alla prova! L’ha detto lei: ci sono madri, mogli, sorelle che potrebbero prendere il posto degli altri operai!
MARGHERITA    Se non se ne va immediatamente, al suo ritorno suo figlio non troverà un bel niente! E se vuole saperlo, anche se fosse un uomo, uno così impertinente non lo assumerei mai!
COMUNARDA     Beh, sa che le dico? Peggio per lei!
Comunarda esce.
MARGHERITA     Ma a mio marito gli operai lo trattano così?
SILVANA     Oh no! L’ingegnere non lo permetterebbe mai! E poi quella donna non è un operaio…
MARGHERITA    E ci mancherebbe. Ma cosa ci guadagna il Maralli a comprare una fabbrica senza operai? Insomma, ha la sua, no? E fabbrichiamo le stesse cose…
SILVANA     Il brevetto.
MARGHERITA     Il cosa?
SILVANA    Trasmissione ad albero.
MARGHERITA     Si sente bene, Liana? Cosa c’entrano gli alberi?
SILVANA     È un brevetto segretissimo che fa sì che gli automezzi della premiata ditta Colombo & Gallo siano più funzionali. Una geniale invenzione dell’ingegnere.
MARGHERITA     Del mio Pulci?
SILVANA     Il cavalier Maralli aveva già cercato di rubarlo…
MARGHERITA     Di rubarlo?
SILVANA     Non gli sarà sembrato vero di poterlo comprare senza pagarlo per quello che vale.
MARGHERITA     Ma mio marito lo sa?
SILVANA     Naturalmente. È l’ingegnere che ha sventato il furto. Poi però, ovviamente, ha fatto buon viso a cattivo gioco.
MARGHERITA     Non è possibile… Sembrava un caro amico…
SILVANA     La capisco.
MARGHERITA     No. Lei non può capire. Lei non è mai stata a quelle noiosissime, orribili feste di sua moglie. Arnaldo Maralli… avrei dovuto capirlo dal nome che era un delinquente. Con tutte quelle erre che ringhiano. Come vorrei fargliela pagare!
Entra Comunarda.
COMUNARDA     Permesso?
SILVANA    Signora, per cortesia, come posso farle capire che non è il momento?
COMUNARDA    Ho capito benissimo, non sono deficiente né sorda. Mio figlio ha lasciato in fabbrica un berretto, era del padre. Gli ho promesso che lo avrei ripreso.
Margherita la guarda estasiata.
MARGHERITA    Rapisarda!
Comunarda si gira per guardare se dietro di lei c’è qualcun altro.
SILVANA     Comunarda?
MARGHERITA     Ma sì, quel che è, Berarda…
SILVANA Comunarda…
MARGHERITA     Oh, insomma, è assunta!
SILVANA    Si chiama Comunarda!
MARGHERITA     Ma no, Luana: è assunta! Nel senso che la assumiamo! Comunque si chiami.
COMUNARDA    Parla sul serio?
MARGHERITA    Ma sì, buona donna. Ha avuto lei l’idea, no?
COMUNARDA    Sì, ma avevo capito…
MARGHERITA    È sicura di sapere cosa fare?
COMUNARDA    Sicurissima.
MARGHERITA    E saprebbe insegnarlo alle altre?
SILVANA    Quali altre?
COMUNARDA    Glielo garantisco, sulla memoria di mio marito.
MARGHERITA    Siamo d’accordo allora.
COMUNARDA    Quando comincio?
MARGHERITA    Domattina, naturalmente. Chi ha tempo non aspetti tempo! E lei cosa aspetta, Eluana? Non è il momento di battere la fiacca! Cerchi le parenti dei nostri operai: mogli… sorelle… figlie… Dica a tutte di presentarsi in fabbrica al più presto, se vogliono la garanzia che i loro uomini ritrovino il posto di lavoro, quando avremo vinto la guerra.
SILVANA    Ma…
COMUNARDA     Grazie, ingegnere. Cioè, mi scusi… Non se ne pentirà.
MARGHERITA    Mi raccomando: puntuale. Il tempo è denaro.
Comunarda esce.
SILVANA    È sicura?
MARGHERITA    Ha qualche altra idea?
SILVANA    No, ma… l’ingegnere non lo avrebbe mai consentito.
MARGHERITA     Davvero?... Beh, quando glielo spiegherò capirà che non avevo scelta. Così la prossima volta l’ingegnere ci penserà due volte, prima di farsi catturare dagli austriaci.
Margherita e Silvana escono dai lati opposti; la scena va lentamente al buio…

…mentre si illumina il proscenio. Entrano due ragazze. Con pochi elementi  effettuano una serie di cambi a vista coprendo tutti i monologhi successivi.
MARIA    (come rispondendo a delle domande) Bianchi Maria. Qua ci lavora il mio fidanzato. Cioè, scusate, ci lavorava…. Oddìo, che ho detto, fidanzato? Mio marito, altroché! No, non è che sono confusa… è che ci siamo sposati da poco. Ma proprio poco. Ci siamo sposati perché lui doveva partire. Il tempo di dire: sì, ti prendo come sposo, ti sto vicino nella buona e nella cattiva sorte, un bacetto ed è andato al fronte. Per adesso la sorte è più cattiva che buona, diciamo.  E neppure stiamo vicini. Però vabbé, lui ci teneva. C’aveva paura che se partiva che non eravamo sposati, mentre che stava al fronte io mi trovavo un altro. No, in fabbrica non c’ho lavorato mai. Veramente non ho lavorato mai da nessuna parte, tranne che a casa naturalmente. Ho sempre aiutato mia madre in cucina e mio padre in campagna. Però io sono sveglia, se qualcuno mi insegna imparo subito. Così almeno, se torna… senza se, quando torna… perché Giacomo mio deve tornare, che mica posso fare la vedova che nemmeno c’abbiamo avuto il tempo di… sì insomma. Quando torna, almeno c’ha il posto che lo aspetta. Oddìo, e se mi torna senza una gamba? Oppure scemo? Che ce n’è uno così vicino a casa mia, era bello, sveglio, non gli mancava niente, ed è tornato scemo. Ma proprio scemo, eh, che quando ti incontra non ti riconosce, nemmeno la sua fidanzata riconosce più. La paura, dicono. Per fortuna Giacomo mio non ha paura di niente. Me lo ha detto pure prima di partire. Non devo avere paura nemmeno io, mi ha detto. Ma quando stai al fronte, che ne sai, magari là la paura ti viene. E magari torna che non mi riconosce più.
MARTA    Qua ci lavorava Gino, è mio fratello. No, non sono sposata. Devo pensare alla mia famiglia. Mia madre sta a letto, mio padre non capisce quasi più niente. E oltre a Gino, c’ho sette fratelli, il più grande ha sedici anni. Io? Diciotto. Vivevamo tutti con la paga di Gino. E ora, se mi volete qua a lavorare, vivremo con la mia. No, non mi fa paura faticare. A me mi fa paura solo la fame. Se non usciva fuori questa cosa qua, di venire in fabbrica, quasi quasi stavo pensando di fare come un’amica mia. È andata vicino al fronte per i momenti di licenza. Sì, insomma, a fare quelle cose coi soldati in cambio di qualche soldo, e quei soldi li manda a casa. Là è come andare in guerra, è facile che ti ammali, tempo tre, quattro mesi, si ammalano quasi tutte, ma a me non mi fa paura la sifilide, quando devi morire muori. A me mi fa paura solo la fame.
ANNABELLA    Mio marito era un vostro operaio. Riva Giovanni. Quando ci siamo conosciuti, lo chiamavo Juanito. Ci siamo conosciuti in Argentina. Mis padres sono andati allá prima che nascessi. Quelli di Juanito invece, quando lui era già grandino. Lui se la ricordava bene l’Italia, e voleva tornare. Io invece, stavo bene allá. Però siempre lui mi raccontava di qua, della sua città, dei profumi che si sentono nell’aria. Era malato di nostalgia. Così abbiamo fatto le valigie e siamo partiti. E poco dopo è scoppiata la guerra. Se restavamo in Argentina Juanito sarebbe ancora con me. E io mi sforzo di sentirli, questi profumi nell’aria, ma mi sembra di sentire solo tristezza e miseria e odore di morte.
ADA     Sono la moglie di Fiorucci Ernesto. Ho trentasei anni, però sono ancora forte. Ho i muscoli alle braccia, me li sono fatti con mio figlio, che non cammina. Lo porto io a letto, a tavola, dovunque. C’ho sempre pensato io, che mio marito stava al lavoro. Poi c’ho altri due figli ma loro sono sani, corrono tutto il giorno. Sono piccoli però. L’unico che c’avrebbe l’età per lavorare è quello che non cammina. Che quando ce l’hanno detto, che non poteva camminare, i pianti! Però adesso ringrazio Dio. Che se camminava doveva andare in guerra pure lui come mio marito.
TERESA    (sottovoce)Teresa. (più forte)Teresa. (sottovoce)Ventisei anni. (più forte)Ventisei. Mio marito. Castelli Giorgio. Io sono venuta ma non lo so se… cioè non lo so se Gesù è contento che lavoro. I miei suoceri non lo sono. E chi ci li guarda i tuoi figli, dicono. Sono cinque. E lo so… sono venuti uno dopo l’altro, uno all’anno. Sì, sono tanti da sfamare. C’hanno una fame! Però c’è il sussidio, no? Ci ho pensato tutta la notte. Una donna che va in fabbrica, non lo so. Io ho sempre saputo che una donna deve stare a casa, a guardare i bambini. No, non me la sento. Scusate, scusate tanto se vi ho fatto perdere tempo. Ma non me la sento proprio. Magari anche mio marito non vorrebbe… Magari parlo con don Giuseppe. Ne posso parlare con lui?
GIACOMINA        Mi chiamo Giacomina, che mi fa schifo, allora mi faccio chiamare Mina. Sono la fidanzata di Fumagalli Filippo. Non ci siamo sposati, però lo giuro, ci sposiamo appena torna. Lo posso avere lo stesso il lavoro? Perché io lavoravo, eh. Non in una fabbrica, no, in un'osteria. Ma ora ci va poca gente e se la sbrigano da soli, i padroni. Lavoro da quando avevo quattordici anni, ho sempre lavorato.  Mi piace avere dei soldi miei, se mi serve una cosa, non voglio chiedere a nessuno. Mi piacciono tante cose. I bei vestiti, le calze, i profumi, le scarpe… le cose alla moda, eh, non quelle dei villani. Ma soprattutto mi piacciono i cappelli. Quando vedo un cappello non so resistere. Allora, magari lavoro tutto il giorno, ma poi mi compro il cappello e la sera esco. Sì, insomma uscivo, quando c’era Filippo. Oh, a me non mi piace starmene a casa. Anche se lavoro tutto il giorno la sera non sono stanca, io non sono stanca mai. Insomma, lo posso avere il lavoro?
Buio in proscenio, le due attrici escono…

Luce nell’ufficio, dove Silvana cammina nervosamente avanti e indietro. Irrompe da sinistra Margherita.
MARGHERITA     Allora?
SILVANA    (indica a destra) Sono già tutte alle macchine…
MARGHERITA     E…?
SILVANA     La signora Marrazzo ha spiegato a tutte cosa devono fare…
MARGHERITA     E…?
SILVANA     E… ecco… finora si sono sentiti solo degli strani rumori…
Un fortissimo rumore proviene dalla sala macchine, come uno scoppio di motore. Margherita e Silvana si accasciano a sedere.
MARGHERITA     Lo sapevo… come ho fatto a fidarmi di quella Monarda…
SILVANA     Comunarda… io però glielo avevo detto, che l’ingegnere non lo avrebbe mai fatto…
MARGHERITA     Ha ragione, Moana… dovevo darle retta…
Dalla sala macchine arriva un rumore rassicurante di macchine operanti.
MARGHERITA     Che succede?
SILVANA     Sembra… no, non voglio dire niente.
MARGHERITA     La prego, vada a vedere lei.
SILVANA     Io?
MARGHERITA     È un ordine.
SILVANA     Sissignora.
Silvana esce. Dopo pochi istanti squilla il telefono. Margherita lo guarda non sapendo cosa fare. Dopo qualche squillo risponde.
MARGHERITA     Chi parla? Arnaldo… carissimo… come dici? Sì, sì, ho pensato alla tua proposta…
Torna Silvana con un sorriso stampato sulle labbra.
MARGHERITA     Scusa un attimo, caro… (a Silvana, sottovoce) Allora?
SILVANA     Stanno lavorando!
MARGHERITA     Stanno…? (al telefono) Eccomi, Arnaldo… dicevamo? Ah sì, certo, la fabbrica… Ma caro, non so proprio perché te la dovrei vendere! Sta funzionando così bene! Sì, sì, hai capito bene: lavora a pieno ritmo! Figurati, caro, è sempre un piacere sentirti. Salutami tanto la tua signora, quant’è cara! Ciao ciao… au revoir…
Attacca.
MARGHERITA    Che faccia tosta!
Bussano da sinistra.
MARGHERITA     Avanti!
Entra Teresa.
TERESA     Permesso?
MARGHERITA     E lei chi sarebbe, carina?
SILVANA     È la moglie di un operaio…
MARGHERITA     Certo, mi ricordo… quella che doveva parlare con don Abbondio…
TERESA     Con chi?
SILVANA     Col prete…
MARGHERITA     Ci ha parlato, cara?
TERESA     No. Però ho fatto qualche conto. Col sussidio non ci arrivo neppure a fine settimana, altro che a fine mese. Così, se il posto c’è ancora…
Buio.

SECONDO ATTO

Silvana, seduta alla sua scrivania, legge preoccupata alcuni quotidiani. Entra da fuori, allegra, Margherita.
MARGHERITA     Indovini cosa ho sognato stanotte! Non importa, non si sforzi, glielo dico. La produzione aumentava... e anche le richieste! Così dovevamo aprire un altro stabilimento! E il re… mi scriveva una lettera. Il re, capisce? Mi nominava cavaliere. Lei ci crede ai sogni premonitori?
SILVANA     Non saprei…
MARGHERITA     Io sì. E sa perché? Non importa, non si sforzi. Perché mi è già successo. Clara… o si chiamava Sara? Oh, non ha alcuna importanza. Era una mia amica carissima di quelle con cui gioco a whist. Beh, quattro anni fa ci ha lasciato. All’improvviso, si può immaginare, una tragedia. Ancora giovane… Dovemmo trovare un’altra giocatrice, e non fu facile, sa, perché nel gioco del whist l’affiatamento è molto importante. Bene, il marito non riusciva a darsi pace. Cominciò a trascurare il lavoro, gli affari cominciarono ad andar male… insomma, si stava rovinando. Beh. Clara, o Sara, come si chiamava, mi venne in sogno. Perché eravamo proprio tanto amiche, eh. E poi i morti non possono andare in sogno a tutti, a quanto pare. Mi fa… nel sogno intendo… “Margherita, devi farmi un piacere”. Io le dico sì, certo, tutto quello che vuoi. “Devi andare da mio marito e dirgli di giocare al lotto queste tre parole: moglie, amica, libro”. Io: ma cara… anche nel sogno non ricordavo bene come si chiamasse… al lotto si giocano i numeri, non le parole. Allora lei mi fa: devi dirgli che nascosto nell’armadio della biancheria c’è un libro della Smorfia, dove a ogni parola corrisponde un numero. Io: e chi ce lo ha nascosto? Mi confessa che ce lo aveva nascosto lei, perché in vita era stata una grande giocatrice di Lotto. E pensi che non ce ne eravamo mai accorte! Bene, io ero un po’ perplessa. Però le avevo promesso di farlo, e con le promesse ai morti non si scherza, le pare? Mi faccio forza e vado da quel pover’uomo del marito. Pensi che figura avrei fatto se nell’armadio della biancheria non ci fosse stato nessun libro! E invece, quello va a rovistare, ed eccolo là: il libro della Smorfia! E i numeri sono usciti, eh! Solo che quel deficiente del marito ci aveva aggiunto il quarantasette, morto che parla.  Così non vinse un bel niente.
Guarda Silvana che fa un sorrisetto di circostanza.
MARGHERITA    Ma Luisiana, cosa le è successo stamattina? E’ pallidissima!
SILVANA    Non ha letto i giornali?
MARGHERITA    No, certo! E chi ha il tempo? Perché? Parli. Così mi spaventa.
SILVANA    (legge) “La premiata ditta Colombo & Gallo, rifornitrice di automezzi del regio esercito, ha reagito alla perdita degli operai, richiamati alle armi, assumendo le loro donne.  Potremo mai vincere la guerra con automezzi fabbricati da operai in gonnella? Donne che guadagnano? E’ facile immaginare che cominceranno a  spendere i loro soldi in piaceri da uomini, come le osterie, portando in breve tempo il paese a un totale degrado dei costumi.”E senta il Corriere della Sera: “La fiumana di donne penetra, gorgogliando e frusciando, nei luoghi degli uomini... Talune, è vero, somigliano ai bambini... si stancano, si distraggono, sospirano, litigano, s'impuntano, scioperano, minacciano, strillano..."
MARGHERITA     Oh, e che cosa avrei dovuto fare, secondo loro? Non ho ereditato questa fabbrica per svenderla a quel delinquente del cavalier Maralli! Un momento… non sarà stato lui a far scrivere queste cose? Quella serpe è capace di tutto!
TERESA     Permesso?
Entra da destra Teresa.
MARGHERITA    Vieni avanti carina, non ti mangiamo.
TERESA    Come?
SILVANA    La signora scherza.
TERESA    Ah… mi scusi, non avevo capito…
MARGHERITA    Avanti, parla.
TERESA    Ecco… il mio più piccolo stamattina si è svegliato che scottava di febbre…
MARGHERITA    Magari stai un po’ più lontana, carina.
TERESA    Sì, mi scusi… Vorrei tanto andare a casa a vedere come sta. Ci metterei solo un’ora… anche meno…
MARGHERITA    (a Silvana) Cosa faceva mio marito in questi casi?
SILVANA    A dir la verità, qui di mamme non è che ne vedessimo... ma una volta un saldatore ha chiesto di andare ad assistere il padre gravemente ammalato...
MARGHERITA     E allora? Venga al dunque, Adriana!
SILVANA    E'  morto, poverino.
MARGHERITA    Il saldatore?!
SILVANA    No, il padre.
MARGHERITA    Requiescat in pace! Insomma, quello che voglio sapere è se mio marito quel permesso glielo ha accordato oppure no!
SILVANA     Beh ecco... il permesso gliel'ha dato, però ha trattenuto la paga del tempo perso.
MARGHERITA     Ha capito cara? Vada pure. Ma la paga di quell’ora le sarà trattenuta.
TERESA    Oh sì, va benissimo. Vado allora. Grazie.
Teresa esce.
SILVANA    Senta quest’altro… è quello della Santa Sede… “La vergognosa iniziativa rischia di allontanare le donne, le mogli, le madri, dal posto che Dio stesso ha loro assegnato: il focolare domestico. Cosa sarà dei loro pargoli? Cosa accadrà ai loro mariti quando torneranno a casa vittoriosi? Chi troveranno in luogo degli angeli che avevano sposato davanti a nostro Signore? E’ chiaro che dietro questa sventurata faccenda c’è il demonio in persona…”.
MARGHERITA    Io sarei il demonio in persona?
SILVANABeh… non dicono proprio questo ma…
MARGHERITA    Mio Dio, non vorranno scomunicarmi! Beh, se anche fosse, peggio per loro. Con tutte le offerte che gli devolvo ogni anno!
GIACOMINA     È permesso?
Entra da destra.
MARGHERITA    Suo figlio sta bene?
GIACOMINA        Oh, non ho figli! E non voglio averne per un bel po’! Sono giovane, ancora!
MARGHERITA    Allora cosa vuole?
GIACOMINA        Ecco… domani Filippo, il mio fidanzato scende per una brevissima licenza. E io vorrei tanto incontrarlo. Mi bastano un paio d’ore, eh!
MARGHERITA     E va bene, permesso accordato. Ma quelle due ore le verranno trattenute dalla paga.
GIACOMINA     Ma sono solo due…
MARGHERITA     Ho detto.
Giacomina esce.
MARGHERITA    (a Silvana) Me la cavo, no? Su, Siriana, si rilassi. Cosa ci importa di quello che dicono i giornali? Guardi i politici: i giornali non fanno che parlarne male, ma quelli restano al loro posto, no? Almeno i socialisti saranno contenti…
SILVANA     Macché! Sono preoccupatissimi! Stia a sentire l'Avanti: “Si sa che le donne percepiscono un salario da apprendiste. Cosa accadrebbe se si scoprisse che lavorano bene quanto gli uomini? E’ chiaro che i padroni ne approfitterebbero per giocare al ribasso”.
MARGHERITA    Beh, questa è una grande notizia!
SILVANA    Se lo dice lei…
MARGHERITA     Cara Luciana… finché i socialisti ci criticano, non abbiamo nulla da temere!Il loro modello è Carlo Marx, il nostro è Henry Ford!
COMUNARDA    Permesso?
Entra da destra.
COMUNARDA    Signora Gallo, noi due dobbiamo parlare da donna a donna.
MARGHERITA    Mi dica, Abelarda. Suo figlio è febbricitante? Ha un fidanzato in licenza? No, mi scusi, è chiaro che no.
COMUNARDA    Mi sono documentata.
MARGHERITA    E su cosa?
COMUNARDA    Sulle quantità di produzione della fabbrica, quando c’erano gli uomini e ora che ci siamo noi. E sa cosa ho scoperto?
MARGHERITA    Scommetto che sta per dirmelo.
COMUNARDA    È identica. E allora, mi spiega perché dobbiamo essere pagate la metà di loro? Eppure mangiamo allo stesso modo.
MARGHERITA    Oh, io non mangio di certo tutto quello che riusciva ad ingurgitare il Pulci. Poveretto, chissà come se la caverà ora. Qualcuna di voi sa cosa mangiano gli austriaci?
COMUNARDA    Non cambi discorso. Non dico proprio come gli uomini, ma insomma… io credo che lei dovrebbe darci un aumento.
MARGHERITA    (a Silvana) Cosa avrebbe risposto l’ingegnere?
SILVANA    Assolutamente no! Piuttosto si sarebbe fatto fucilare!
MARGHERITA    Ecco, magari meglio non nominare le fucilazioni in questo momento… (a Comunarda) Sentito? Era la voce del padrone.
COMUNARDA    Ma senza noi operaie, la fabbrica sarebbe finita!
MARGHERITA    Vero.
COMUNARDA    E allora?
MARGHERITA     E allora, sono io che comando. Se voi volete essere pagate di più, assumerò altre operaie che si accontentano.
Brontolando Comunarda esce.
SILVANA     L’ingegnere sarà fiero di lei!
MARGHERITA     Beh, se vuole saperlo, Tatiana… più che per l’ingegnere l’ho fatto per non piacere ai socialisti. Ci mancherebbe altro!
SILVANA     Comunque, per quello che ne so in Austria mangiano parecchi crauti.
MARGHERITA     Oddio, povero il mio Pulci! Lui li odia i crauti!  
Buio sull’ufficio.

Si illumina l’angolo a destra del proscenio. Giacomina sta mangiando una zuppa da una gavetta e ascolta Teresa che legge una lettera. Durante la lettura entrerà Comunarda.
TERESA     "... Il capitano dice sempre che presto ci daranno il cambio... ma io ormai ci credo poco. Non ce la faccio più, Teresa mia, di stare in questo buco che si chiama trincea. Devi rimanere chinato tutto il santo giorno, che ti viene un male alla schiena! Se ti alzi in piedi e conti fino a tre, dall'altra parte quelli cominciano a sparare. Bam Bam! Certi  camerati un po' matti ci fanno pure le scommesse. Ma tu 'sta tranquilla, che io non la faccio mica una boiata così! Ora ti devo salutare, perché sta arrivando il capitano e se mi trova con l'uniforme sbottonata son dolori grossi! Ti penso tanto, Teresa mia. Giorno e notte ti penso. Bacia per me i nostri figli, e prega la Madonnina Assunta che mi faccia tornare a casa presto. Ti abbraccio e bacio tanto. Tuo affezionatissimo Giorgio".   (si commuove)  Giorgio mio caro... E certo che la prego la Madonna! Tutti le sere recito il rosario! Anche voi due dovreste farlo, sapete? Così la Madonna vi ascolta.
COMUNARDA     Non ci penso proprio. Io non ci credo alla Befana.
TERESA    Gesù Maria… (si fa il segno della croce) Lo sai cosa dice don Giuseppe? Che gli atei stanno solo un gradino sotto ai santi. Perché pensano sempre a Dio. Anche se pensano che non esiste.
COMUNARDA     Beh, io non ci penso mai. Se Dio esiste o non esiste, non mi cambia niente. Tanto, anche se c'è, di noialtre non gliene importa nulla. E neppure dei nostri ragazzi gliene importa, se no li avrebbe fatti già tornare, non vi sembra? Il mio Danton è sempre stato contrario alla guerra. Sapete cosa mi ha detto prima di partire? "Mamma,  piuttosto che ammazzare un povero operaio con la divisa austroungarica costretto a combattere come me, io faccio saltare le cervella all'ufficiale che me lo ordina!". Ecco di che pasta è fatto il mio Danton!
GIACOMINA     Ma così lo fucilano!
COMUNARDA     No che non lo fucilano, se anche gli altri fanno la stessa cosa! Se scoppia una vera rivoluzione!
TERESA     Don Giuseppe dice sempre che la rivoluzione è una roba diabolica. Invece la fede aiuta tanto, soprattutto a reggere nei momenti difficili, a portare pazienza.
COMUNARDA    "Le virtù cristiane della pazienza e della rassegnazione sono le massime virtù dell'imbecillità umana". Mica lo dico io, lo dice Anna Kuliscioff.
GIACOMINA      E chi quest'Anna Kuriciov?
COMUNARDA    Kuliscioff. È una gran donna, una vera socialista.
TERESA     E anche una vera anticrista, se dice certe cose.
COMUNARDA     Dice certe cose perché è una che ha studiato. Guarda che è pure dottoressa.
GIACOMINA     Forza, ora basta battibeccare. Pensate piuttosto che fra un po’ ci dànno la busta paga. Ma vi rendete conto? Per la prima volta mi posso comprare quello che mi piace senza chiedere nulla a nessuno.
COMUNARDA    Perché? In genere hai qualcuno a cui chiedere?
GIACOMINA        Che vuoi dire?
COMUNARDA    Nulla, domandavo.
GIACOMINA     Oh, insomma, e se anche fosse? A me non va di andare vestita da stracciona. Capita che mi piace qualcosa in una vetrina… e allora dico: chissà come ci starei con quel cappellino…
TERESA    Ma lo dici a chi?
GIACOMINA        Mmmm… oggi a uno, domani a un altro. Giovanotti. Che male c’è? Non gli dò nulla in cambio.
TERESA     Perché, cosa gli dovresti dare?
GIACOMINA        Oddìo, questa! Ma come li hai fatti cinque figli?
TERESA    Beh, io… No, non ce la faccio a spiegartelo. Ma non ti devi preoccupare, non c’è nulla di strano a  non saperlo prima di sposarsi. Io non lo sapevo mica.
GIACOMINA        Stai dicendo sul serio?
COMUNARDA    (per cambiare discorso)E tu, Teresa… come la spenderai la busta paga?
TERESA     Per prima cosa compro un paio di scarpe al mio grande… che ormai non gli stanno nemmeno tagliandole sulla punta… poi devo dare qualche lira alla ragazza che allatta il piccolo, ora che lavoro… e poi per mangiare. E poi se avanza qualcosa, la metto da parte per quando torna l’amore mio.
COMUNARDA    Non ti preoccupare, non avanza niente.
TERESA    Dici?
COMUNARDA    Dico sì.
GIACOMINA        Ha ragione, non sono mica tanti soldi. Soprattutto se hai famiglia. Io per questo non mi sono ancora sposata.
COMUNARDA    E ti sembra giusto?
GIACOMINA        Cosa?
COMUNARDA    Non poter mettere famiglia perché non hai i soldi per mantenerla.
TERESA    Ma dei poveri sarà il regno dei cieli…
COMUNARDA    Bella favoletta inventata dai ricchi.
TERESA     Oh no, Gesù era poverissimo! San Giuseppe faceva il falegname, lo sanno tutti.
COMUNARDA     Comunque lo diceva anche lui, no? Pace in terra agli uomini di buona volontà…
GIACOMINA        E allora?
COMUNARDA    Cosa è secondo voi questa buona volontà?
TERESA    Beh… volere il bene…
COMUNARDA    Esatto. E cos’è il bene per noi poveri cristiani?
TERESA    Andare a messa… e dire le preghiere tutte le sere… e porgere l’altra guancia…
COMUNARDA     Per niente. Il bene è poter mettere su famiglia senza preoccuparsi di non riuscire ad arrivare alla fine del mese. Il bene è potersi curare come i ricchi quando si è malati. Il bene è quando i nostri figli possono mangiare carne, e non solo polenta mattina e sera!
GIACOMINA        Però! Hai la lingua sciolta tu! Non l'avevo mai sentita una donna parlare così!
COMUNARDA    Si vede che non hai mai sentito parlare Anna Kuliscioff.
TERESA    Ancora con questa Kulotov?
COMUNARDA    Kuliscioff. Passa alla camera del lavoro qualche volta!Così ascolti i suoi discorsi, invece di stare a sentire il tuo don Giuseppe che biascica le litanie!   
GIACOMINA        E che altro dice questa Anna?
COMUNARDA     Dice che se il popolo vuole ottenere qualcosa, deve imparare a combattere.
TERESA     Beh, è per questo che siamo in guerra, no? Per combattere. Così poi staremo tutti meglio.
COMUNARDA     Tutti? Staranno ancora meglio i padroni. Noi poveracci dalla guerra non guadagniamo un bel niente. Serviamo solo a farci ammazzare. Mio figlio, il tuo fidanzato, tuo marito…
TERESA     Ma anche l’ingegnere è stato catturato.
COMUNARDA    Certo, ma vedrai che lo tratteranno da signore. Mica è andato al fronte. Là ci vanno i contadini e gli operai. Quelli come noi.
GIACOMINA        Cosa volevi dire, con la storia che dobbiamo combattere? Dici che dobbiamo chiedere più soldi?
COMUNARDA    Ci ho già provato. Ho chiesto un aumento per tutte quante.
GIACOMINA        E allora?
COMUNARDA    Niente da fare. Ma ero sola.
TERESA    Sei stata molto coraggiosa.
COMUNARDA    No, sono stata stupida. Non dovevo partire dai soldi. Per i ricchi i soldi sono più importanti del sangue che gli scorre nelle vene. A quelli bisogna arrivarci dopo. Però ci sono altre battaglie da fare, altrettanto importanti.
GIACOMINA        Per esempio?
COMUNARDA    Per esempio… tu, Teresa. Non ti piacerebbe poter pranzare coi tuoi figli?
TERESA    Certo… è così duro non vederli fino a sera. Che poi, quando torno, già dormono.
COMUNARDA    Appunto. Basterebbe avere una pausa pranzo più lunga. Potremmo rinunciare a fare delle pause piccole di tanto in tanto, e chiedere di potercene andare a casa a mangiare da cristiani!
TERESA    E perché la signora ce la dovrebbe accordare?
COMUNARDA     Perché lei non ci perde niente! Anzi, se potessimo tornarcene a casa un’ora, torneremmo più contente e lavoreremmo meglio!
GIACOMINA        Io preferisco mangiare qua. Se torno a casa mia madre mi fa sgobbare in cucina. E anche a te, che te ne importa? Tuo marito è morto, tuo figlio è in guerra.
COMUNARDA    Ho anche un figlio piccolo. Marat. Lui studia… un domani, vorrei farlo andare all'università. Il figlio di due operai che diventa dottore, ci pensate? Un dottore che cura la povera gente... o magari avvocato... per difendere i diritti del popolo...E farebbe piacere anche a me, fargli mangiare qualcosa in compagnia. E poi non è questione di me o di te. Sarebbe una cosa giusta e basta. È una questione di principio. Mica c’è solo questo, eh… ecco, tu, Teresa…
GIACOMINA        Sempre lei?
COMUNARDA     Hai fatto cinque figli in cinque anni. E’ chiaro che come tuo marito ti guarda resti incinta!
TERESA    Beh, non è che mi guarda solo…
GIACOMINA        Teresa, è un modo di dire.
TERESA     Ah…
COMUNARDA     Prima o poi tuo marito avrà una licenza, no? E puoi scommetterci che ti guarderà… E che succederà se resterai incinta?
TERESA    Oddìo, non potrò più lavorare?
COMUNARDA    Oh sì che potrai. Anzi, dovrai, fino all’ultimo giorno, se non vuoi perdere il posto! Sai quanto potrai startene a casa? Un mese solo, dopo che avrai partorito. E a uno stipendio da fame!
TERESA    E allora?
COMUNARDA    E allora, dobbiamo chiedere di più. Un mese prima del parto e un mese dopo. A stipendio intero! Eh? Che ne dite?
TERESA    Non lo so… Pensi che la signora sarebbe d’accordo?
COMUNARDA    Ma è proprio questo il punto! Non dobbiamo pensare sempre a quello che vogliono i padroni, ma a quello che vogliamo noi! A quello di cui abbiamo bisogno!
GIACOMINA     Io avrei bisogno di una giornata di quarant’otto ore. E’ vero che qua qualcosa guadagno, ma quando finisco di lavorare i negozi sono tutti chiusi. Come li spendo i soldi?
COMUNARDA     Brava! Questa è la cosa più importante di tutte!  Ora si lavora sessanta ore a settimana. Dobbiamo chiedere…
TERESA     Cinquantotto…?
COMUNARDA     Quarantotto! Sì, non fate quelle facce, avete capito, quarantotto ore. Quella sì che una cifra da esseri umani. Oh, guardate che in Francia, dove sono più civili, gli operai stanno combattendo per le quaranta ore!
GIACOMINA        Quaranta ore?
TERESA    E cosa fanno il resto del tempo?
GIACOMINA        Io lo saprei, cosa farci.
TERESA    Ma la signora…
COMUNARDA    La signora, la signora! Se siamo tutte unite, la signora non può farci un bel niente! Non è lei che manda avanti la baracca!
Le altre due la guardano tentate. Buio in proscenio. Luce nell’ufficio.
SILVANA    (al telefono) Cento lire?Ma il Martini ce li metteva a cinquanta!... Se confermo l'ordine?... No che non lo confermo, annulli tutto.
Mentre Silvana riaggancia, fa irruzione da sinistra Margherita lasciando cadere cappotto e borsetta sulla sedia. Indossa un vistoso cappellino.
MARGHERITA    Cara Giorgiana non sa quanto la invidio!
SILVANA      Signora Gallo, ho appena...
MARGHERITA    Lei è proprio fortunata sa? Non so come passa le sue serate ma di una cosa sono certa, di sicuro sono molto più piacevoli delle mie! Anzi, scommetto cento lire tonde tonde che lei si diverte assai più di me!  Forza: cos'ha fatto ieri sera?
SILVANA     Ho cucinato per mia mamma, come tutte le sere, e poi le ho messo i piedi nell'acqua calda col sale grosso. Sa, per i geloni.
MARGHERITA    Beh... la mia non era una scommessa vera e propria.  Però le assicuro che la cena di beneficenza dal conte Venosta è stata una vera tortura! Le mie amiche... perché le chiamo amiche poi?... Avrebbe dovuto vederle: neppure se fossi un'appestata!
SILVANA    Avranno letto anche loro i giornali. Continuano ad attaccarci.
MARGHERITA    Figurarsi, al massimo leggono  i cataloghi delle maison di haute couture. Anche se poi i modelli che acquistano non li sanno neppure indossare, quelle galline. Sono stati i loro mariti a mettermele contro. Non mi hanno neppure invitata a giocare a whist. L'unico a mostrarsi gentile è stato quel furbacchione del Maralli.
SILVANA    Ecco, a proposito del Maralli, volevo dirle che...
MARGHERITA      Me lo dice dopo, Oriana! Non mi faccia perdere il filo! Stavo dicendo... ah sì, il Maralli mi si avvicina con una coppa di Veuve Clicquot e mi fa: "Cara la mia capitana d'industria! Come vanno gli affari?". E io: "Benone! Siamo in continua crescita!". E lui: "Eh, cara Margherita, il nostro mondo è come un sentiero di montagna: ripido e sdrucciolevole, e... - com'è che ha detto? Ah sì: a volte è facile scivolare". Chissà cosa  voleva intendere.
SILVANA     Voleva intendere che i pneumatici ci costano il doppio. Ho appena telefonato alla Martini Gomme per il solito ordinativo, solo che non si chiamano più Martini Gomme. Ora si chiamano Maralli Gomme e chiedono cento lire invece di cinquanta.
MARGHERITA     Cosa significa?
SILVANA    Significa che il Maralli ha comprato la fabbrica di pneumatici da cui l'ingegnere si riforniva da sempre. E  ora ci vuole strozzare coi suoi prezzi assurdi.  
MARGHERITA    Ma non può farlo! Questa è... come si dice... è concorrenza sleale! Possibile che non ci sia una legge che lo vieta?
SILVANA    In America, forse. Ma qui no.
MARGHERITA     E le altre ditte?
SILVANA    Figuriamoci: quelle hanno tutte l'esclusiva o con la Fiat o con la Lancia. Mi dica lei cosa dobbiamo fare.
MARGHERITA    Non lo so... L'ingegnere mio marito cosa avrebbe fatto?
SILVANA    Qualsiasi cosa tranne darla vinta al Maralli.
S'interrompono quando dalla porta interna entra Comunarda, seguita a un passo di distanza da Giacomina e Teresa.
MARGHERITA    Cosa volete voialtre tre? Perché non tornate al lavoro?
TERESA     Sì... ci scusi tanto... Per riverirla...  
Teresa accenna un piccolo inchino e fa per ritirarsi, Giacomina starebbe per seguirla.
COMUNARDA    Ferme voi due! (a Margherita) Commissione operaia. Desideriamo parlarle.
MARGHERITA     (a Silvana) Che roba è? Cos'è questa commissione?
SILVANA    (alle operaie) Per caso avete la delega del sindacato?
COMUNARDA     Niente delega, questa è una commissione operaia autogestita, una specie di sovieto. Lo sapete cosa sono i sovieti, no? Sarete informate su quello che succede in Russia!
MARGHERITA    (a Silvana) Devo chiamare il Prefetto? E' un caro amico, è stato compare d'anello di Ercole al nostro matrimonio.
SILVANA     Sentiamo prima cosa vogliono.
COMUNARDA     Io e le due compagne qui presenti avanziamo un'istanza a nome delle operaie della fabbrica.  In poche parole, chiediamo una riduzione dell'orario settimanale a quarantotto ore.
GIACOMINA        Ben detto!
MARGHERITA    Quarantotto ore? Non se ne parla proprio. Richiesta respinta, le ore di lavoro quelle sono e quelle rimangono. Ma dico, siete impazzite? Lesinare gli sforzi proprio quando la Patria ne ha più bisogno? Vi siete già dimenticate che siamo in guerra?
COMUNARDA     La guerra, eh? (perde le staffe) Sapete cosa me ne importa a me di come va a finire questa maledetta guerra? Questo macello infame! Questa carneficina voluta dai padroni, dai re e dai loro tirapiedi! La rivoluzione  ci vuole, altro che guerra! La rivoluzione proletaria per il socialismo! Tutte le industrie saranno socializzate! E pure le terre saranno date al popolo! E i treni, e gli autocarri... tutto quanto! Anche quella scrivania sarà socializzata, e quel cappotto, e pure il suo cappellino! Sì, perché no?, quello che ha in testa! Vogliamo il cappellino! Tutti i cappellini al popolo!
MARGHERITA     Ha finito? Desidera un calmante? Della valeriana... o magari il bromuro.  Vede Goliarda, noi qui abbiamo qualche problemino da risolvere, quindi, se non vi dispiace tornare al lavoro...
TERESA    (a Comunarda) Forse è meglio che ce ne andiamo. Magari ci proviamo un'altra volta, eh?
COMUNARDA     (a Margherita) Non si faccia illusioni, perché la faccenda non si chiude qui.  (alle compagne) Andiamo!
GIACOMINA     Però sei stata brava a dire dei cappellini. Io ne ho solo un paio, vecchi sdruciti.
Le tre operaie si ritirano.
MARGHERITA    Anche gli operai maschi facevano queste scenate?
SILVANA     Francamente no. E poi non li ho mai visti così interessati ai cappelli.
MARGHERITA     (si toglie il cappellino e lo guarda)E' carino, vero?
SILVANA    Sì, molto.
MARGHERITA    (se lo rigira fra le mani)Lo credo bene. E' di Chanel, la conosce? Mi è costato un occhio farlo arrivare da Parigi. Però ne valeva la pena, sono così graziosi questi fiori di...
SILVANA     Caucciù!
MARGHERITA     Ma cosa dice? Quale caucciù? Sono di raso! Guardi, li tocchi!
SILVANA     Non sto parlando del capello, ma dei pneumatici! Sono fatti di caucciù!
MARGHERITA     E allora?
SILVANA     Mio cugino Ambrogio vive in Brasile da tanti anni. Ha fatto fortuna sa? Ogni tanto  manda pure dei regalini. Si è sposato con la figlia di un proprietario terriero.
MARGHERITA     Magari la storia della sua famiglia me la racconta un'altra volta, eh?
SILVANA      Aspetti. Quando il suocero è morto, Ambrogio e sua moglie hanno ereditato la fazenda, che poi sarebbe l'azienda agricola. E sa cosa coltivano?
MARGHERITA     Che ne so? Zucchine, peperoni, melanzane... Avanti, Svetlana, non mi faccia perdere altro tempo!
SILVANA     Coltivano caucciù! E Ambrogio ha pure avviato una fabbrichetta per la produzione della gomma. Perciò, se noi gli mandassimo un campione dei nostri pneumatici, magari ce li rifarebbero uguali.
MARGHERITA    Sì, ma quanto ci verrebbe a costare?
SILVANA     Anche tenendo conto del trasporto via mare, certamente meno di quanto ce li mette il Maralli.
MARGHERITA     Mandi subito un telegramma a questo suo cugino e gli faccia spedire al più presto una delle nostre ruote, con tutte le informazioni, le misure, i depliant degli autocarri...
SILVANA     I depliant degli autocarri?
MARGHERITA     Insomma, che ne so come si chiamano! Lei queste cose le conosce meglio di me! Forza si sbrighi! Non so se questa storia del Brasile andrà in porto, ma ho l'impressione che sia davvero la nostra unica chance.
SILVANA     Sa una cosa? A me una volta questa cosa del cugino brasiliano mi era già venuta in mente.
MARGHERITA     E a mio marito ne ha mai parlato? Lui cosa avrebbe fatto?
SILVANA    Non mi avrebbe neppure ascoltata. Probabilmente mi avrebbe licenziata. Io sono solo una segretaria e le segretarie obbediscono agli ordini, non avanzano proposte sulla gestione dell'azienda.
MARGHERITA     Allora vuol dire che da oggi lei non è più una segretaria.
SILVANA    Sono... sono licenziata?
MARGHERITA     Macché licenziata! La nomino amministratore delegato.
SILVANA     Amministratore delegato? Io?
MARGHERITA     Guardi che non è uno scherzo. Io ho la procura di mio marito, sa? Ora su dei lei gravano parecchie responsabilità, si fermerà anche la sera, se necessario. Perciò per i geloni di sua mamma è meglio che chiami qualcun altro. Se lo può permettere, visto quello che guadagnerà. Forza, non se ne stia là a bocca aperta! Scriva subito una lettera per suo cugino. Si dia da fare, Gregoriana!
Esce soddisfatta lasciandola sola. Silvana comincia a scrivere a macchina, ma a un tratto si blocca, esita, si alza in piedi.
SILVANA    Come stai, mamma? Come ti senti? Hai passato bene la giornata? Come sempre? Sì, lo so, lo so che ti manca papà. Non vedi l’ora di raggiungerlo, lo so. Scusa, è vero, non posso saperlo, io non ce l’ho avuto mai un marito. Non lo so cosa si prova. Se stai ancora qui è solo perché non mi vuoi lasciare da sola. Cosa farei io senza di te? Una povera donna senza una famiglia. E perché? Lo so, lo so. Perché non ho voluto sposare quel caro giovanotto che mi aveva chiesta. Non ho voluto darti dei nipotini. Ho preferito lavorare. Lo so, mamma, hai ragione. E invece no. Non hai ragione. Perché io lo sapevo, che non ero fatta per stare ai fornelli. E vuoi sapere un’altra cosa? Non rimpiango i figli che non ho avuto. Non ero fatta nemmeno per fare la mamma. Anzi, sai che ti dico? Io li detesto, i bambini. Io… io sapevo che il mio destino era un altro. E ora lo sanno tutti. Io non sono più una semplice segretaria. Sono un amministratore delegato! L’amministratore delegato della premiata Colombo & Gallo, automezzi civili e militari. Ci voleva una guerra, perché qualcuno si accorgesse che ho delle qualità. A che mi serve? C’è una cosa che si chiama soddisfazione. Non ne hai mai sentito parlare, mamma? Solo dagli uomini? Però forse è vero. Ora non mi serve più. Sono una vecchia. Fra un po’ ci sarò io al tuo posto, e nessuno a tenermi compagnia. Ma vedi mamma, io l’unica compagnia che avrei voluto non l’ho potuta avere. No mamma, non era sposato. No mamma, stai tranquilla, non era nemmeno don Vincenzo. Si chiamava Eleonora. Sì, mamma, la mia compagna di collegio. Con i capelli ricci, neri, che le scappavano da tutte le parti, proprio lei. Quella ragazza tanto brava che ha sposato un avvocato. Ma non lo amava. Lei amava me. Pensa mamma, potersi presentare a casa di Eleonora e dire ai suoi genitori: «Tanto piacere, mi chiamo Silvana, ho un’ottima posizione. Sono amministratore delegato della premiata Colombo & Gallo, automezzi civili e militari. Sono venuta a chiedere la mano di vostra figlia». No, mamma… non ti agitare. Nemmeno fra cent’anni!
Buio. Silvana esce. Cominciamo a sentire grida di protesta scandite in lontananza: SCIOPERO! SCIOPERO!

Luce mattutina. Margherita arriva in ufficio, non trova nessuno. Le grida di protesta si fanno più presenti: SCIOPERO! SCIOPERO!
MARGHERITA    Gordiana! Ma dove si è cacciata?
Da destra entra trafelata Silvana.
SILVANA     Eccomi.
MARGHERITA     Si può sapere che sta succedendo? Cos'è questo baccano là fuori? E poi perché non si sente il rumore delle macchine?
SILVANA     Le operaie sono in sciopero!
MARGHERITA     Come in sciopero! Fra pochi giorni abbiamo una consegna! Dieci autocarri con rimorchio! Le faccia tacere immediatamente! Ordini loro di rientrare nei ranghi, o saranno deferite alla corte marziale!
SILVANA     Questo non è possibile, non sono dei soldati.
MARGHERITA     S'inventi qualcosa! Che ne so... che abbiamo chiamato la polizia a cavallo... i carabinieri... il corpo degli alpini! Insomma, si muova, faccia qualcosa, Miriana o la declasso di nuovo a segretaria!   
Da destra irrompono Comunarda, Giacomina e Teresa.
COMUNARDA     Commissione operaia! La informiamo che le lavoratrici di questa fabbrica sono entrate in agitazione per le quarantotto ore.
MARGHERITA     Bene. Allora sappiate che anche io sono in agitazione. Molto in agitazione. (sbotta)  Sono agitatissima! Perciò non sto a girarci attorno: o tornate immediatamente al lavoro oppure siete tutte licenziate.
TERESA     Ma no, ma cosa dice, Madonnina Assunta...!
GIACOMINA     (le mette una mano sulla bocca) Zitta, scema.
COMUNARDA     Sì, licenziateci tutte! Voglio sapere come fate a mandare avanti la fabbrica! Dove li trovate gli operai?
MARGHERITA    (a Silvana) Dove li troviamo gli operai?
SILVANA     Beh, ecco… potremmo rimpiazzarle con prigionieri austriaci al lavoro coatto…
MARGHERITA    (alle scioperanti) Capito? Sarete rimpiazzate da prigionieri austriaci al lavoro coatto. Se non tornate subito alle macchine perderete il posto.
COMUNARDA     Sa una cosa, signorina Silvana? Lei è quella che mi delude di più. La signora qui è la padrona, perciò non mi meraviglia che parli da padrona; ma lei, lei che in questa fabbrica è sempre stata una sottoposta... Guardi che se anche  indossa una graziosa camicetta, invece di questi stracci bisunti da operaia, è comunque più simile a noi che a lei.  Non se lo scordi.
MARGHERITA     (a Silvana) Non le dia retta, è una provocatrice. (Alle operaie) Come vi salta in mente di inscenare una simile protesta in un momento come questo? Non l'avete sentito quello che è successo al fronte? Caporetto, vi dice niente questo nome? Rischiamo di venire invasi, di trovarci in nemici alla porta di casa!
COMUNARDA       Io, cara la mia patriota,  i nemici sotto casa ce li ho tutti i santi giorni. Sono i capitalisti, i notabili, i ricchi e gli industriali come voi, che ingrassano mentre i nostri figli rischiano la vita al fronte!
MARGHERITA     Quand'è così, non c'è altro da dire. Potete comunicare alle vostre compagne che se non cessano lo sciopero saranno sostituite da prigionieri di guerra.
COMUNARDA     (alle compagne) Andate voi due, giusto per farle piacere, perché la signora, qui, non pensi che noi della Commissione manchiamo di democrazia.
Giacomina e Teresa escono da destra.
COMUNARDA     È inutile che vi fate illusioni. Gli operai non sono come voi capitalisti, pronti a farsi le scarpe l'un l'altro. I lavoratori sono uniti, solidali, abituati a sacrificarsi per una causa comune! Questa giornata resterà nella memoria di ciascuna di noi, segnerà l'alba di un nuovo giorno, un giorno in cui... in cui...
Si ferma: le grida di protesta delle scioperanti si sono attenuate fino a cessare.  
MARGHERITA     Sbaglio o le ragazze laggiù si sono calmate?
SILVANA     Direi proprio di sì.
MARGHERITA     (a Comunarda) Allora, Leonarda, non mi lasci così in sospeso... Mi dica che cosa ci porterà questo nuovo giorno!
(Dalla porta di destra sopraggiunge di corsa Giacomina)
GIACOMINA     Stanno tornando tutte alle macchine. Hanno paura di perdere il lavoro, di venite sostituite dai prigionieri.
MARGHERITA     Scelta saggia! L'ho sempre saputo che in fondo le nostre operaie sono delle brave donne. Tutto sta a non sobillarle.  
COMUNARDA     I prigionieri di guerra! Che infamia! Ecco cos'è l'imperialismo!  Ecco perché siamo in guerra! Altro che terre irredente! Per procurarci degli schiavi! Per farli lavorare al posto nostro! Ma tutto questo finirà! Le masse proletarie si stanno già mobilitando! Proletari di tutto il mondo, unitevi!
MARGHERITA     Ecco, brava, si unisca alla sue compagne, torni alle macchine, che siamo già indietro con le consegne.
COMUNARDA     Se lo sogna che io torno al lavoro! La qui presente Saltini Comunarda, vedova Marrazzo, non è tipo da fare marcia indietro. Io sciopero, anche da sola! Ormai ho preso la mia decisione: il dato è sfratto!
MARGHERITA     Sì, sfratto esecutivo. Signorina, liquidi quest'arruffapopolo. (a Comunarda)   Lei è licenziata.
COMUNARDA     Non può farlo!
MARGHERITA     Sì che posso. Nessuna legge me lo vieta. Non ancora, almeno!
Silvana porge a Comunarda una busta in cui ha messo una banconota. Comunarda la prende.
COMUNARDA     (a Margherita) Sa che le dico? Io a Dio non ci ho mai creduto. Ma una preghiera voglio recitarla lo stesso. Signore, punisci questa sfruttatrice, colpisci questa fabbrica col tuo angelo vendicatore!
Gira i tacchi e se ne va per la porta esterna.
MARGHERITA     (a Silvana)Eliana, non mi dica che si è turbata! Non crederà alle maledizioni!
SILVANA     No, però... certe cose fanno venire i brividi. A lei no?
MARGHERITA     Ci vuol altro per far venire i brividi a una come me. Gli spifferi, quelli che sì che mi dànno noia! Chiuda quella finestra, sia gentile.
(Silvana obbedisce)
MARGHERITA      Questa dei prigionieri è stata proprio una bella trovata!
SILVANA     Non è una trovata, si  può fare richiesta al ministero della guerra.
MARGHERITA     Sul serio?! Dica un po', ma i prigionieri lavorerebbero gratis?
SILVANA     No, sarebbero stipendiati. E in regola con la cassa infortuni.
MARGHERITA    Pure loro? Allora tanto vale che ci teniamo le nostre. E poi, mettersi in casa tutta quella soldataglia. Nemica, per giunta.
Riprende il rumore delle macchine.
MARGHERITA     Ah, che rassicurante melodia! A quanto pare il lavoro è ripreso.
SILVANA     Sembra proprio di sì. Vado a dare un'occhiata.
Silvana esce da destra. Margherita resta sola. Si siede alla scrivania, esamina dei fogli.
MARGHERITA    Allora, vediamo un po'...(legge)"Ministero armi e trasporti. Circolare Ministeriale numero quaranta inerente le commesse relative al fabbisogno delle forze armate... (scorre velocemente i fogli) ... unità adibite trasporto truppe... mezzi destinati  ospedali da campo...  pezzi di ricambio..." . La solita roba, direi. Ormai in queste scartoffie mi ci trovo proprio a mio agio. Chi l'avrebbe mai detto, eh?
Getta ancora un'occhiata pensosa alle carte, poi all'improvviso si alza, si guarda intorno. Fissa il ritratto del padre.
MARGHERITA    Ti piace, Margheritina? Sì, tanto. Tu lavori qui, papà? Io sono il padrone. E prima di me lo era tuo nonno. Allora un giorno la padrona sarò io, papà. Piccola mia, tu sei una donna. Ma non ti devi preoccupare. Sarà dei tuoi fratelli. Però tu potrai venirli a trovare quando vorrai. I miei fratelli… Quanto l’hai dovuta pagare la laurea di Carlo, eh, papà? Quel palazzo che avevamo in centro? Non dire di no, me lo confessò la mamma. E qua in fabbrica non ci è mai venuto. Lui era un artista! Un artista. Buono solo a perdere al gioco. E poi, Liborio. Ah, per lui non bastava nemmeno un palazzo. Neanche il liceo è riuscito a finire. Io sulle macchine ci voglio correre, non fabbricarle! Me lo ricordo, com’eri preoccupato. Chi penserà alla fabbrica, quando io me ne sarò andato? E allora, Margherita! Sì, papà. Io posso studiare. Mi impegnerò al massimo, papà, posso farcela, sono brava a scuola. Margherita… tu sei una donna. Sei brava a suonare il pianoforte, a parlare francese, a dipingere gli acquarelli. L’ingegneria è roba da uomini. Ma non ti devi preoccupare. C’è per l’appunto un giovanotto, un ragazzo a modo… l’hai conosciuto, dài, ti era stato simpatico, il figlio del dottor Gallo. Neanche a farlo apposta frequenta il terzo anno di ingegneria. In regola, eh, bravo. Tu gli piaci tanto… Ed eccolo, il salvatore della Patria. Il Pulci. Vedi, Margherita, per comandare una fabbrica non basta essere bravi a scuola. Bisogna avere polso, capacità di decidere, mano ferma. Bisogna avere i… E tu sei una ragazza così dolce… Beh, papà, ora te lo posso dire. A comandare non ci vuole un bel niente. Basta dire di no. Se ho paura di sbagliare? Sì, ce l’ho. Se a volte non dormo per le responsabilità? E’ vero, non dormo più. Se ho voglia di tornare ai miei whist? No, papà.
Buio. Margherita esce.

Nel buio, delle grida:
TERESA    (grida) La sala macchine è invasa dall’acqua!
Luce in proscenio. Teresa entra correndo da destra.
TERESA    (gridando)E’ tutto allagato! Le macchine non partono!
Buio in proscenio. Luce in ufficio. Entrano trafelate Margherita da sinistra e Silvana da destra.
MARGHERITA    Come può essere successo? Come? Proprio a due giorni da una consegna doveva capitarci un incidente simile! Perché  nessuna si è accorta che un tubo perdeva?
SILVANA    Perché non  c'era un tubo che perdeva. Non si è trattato di un incidente. Se le ricorda le parole di quella Comunarda, quando l'ha licenziata...?
MARGHERITA     Ancora con queste stupidaggini? Liliana, non mi venga a raccontare che si è fatto vivo l'angelo vendicatore, che non sono in vena di sentire barzellette! Una fabbrica non si allaga per effetto di una maledizione!
SILVANA     Ma per effetto di un sabotaggio sì.
MARGHERITA     Un sabotaggio...?
SILVANA     Le condotte erano aperte a tutta mandata. Stanotte qualcuno si è intrufolato nello stabilimento e ha manomesso l'impianto. Una cosa da nulla, basta girare le manopole. Anche una persona sola sarebbe in grado di farlo. E Comunarda, come caporeparto, aveva una copia delle chiavi.
MARGHERITA    Quant'è vero Iddio, io quella sovversiva la faccio punire come merita! Le faccio  dare l'ergastolo, altro che storie! In catene la voglio vedere! Deportata nella colonia di Libia! (afferra il telefono) Centralino? Mi passi Tripoli!... Volevo dire: mi passi il comando dei Carabinieri!
SILVANA     No! Aspetti!
Margherita riaggancia.
MARGHERITA     Che c'è ancora?
SILVANA     Prima di sporgere denuncia sarebbe il caso di svolgere una piccola indagine interna. L'ingegnere faceva sempre così.
MARGHERITA    E va bene... Visto che l'ingegnere faceva così... Anche se per me, è tempo perso.
SILVANA     Mi sarei permessa di convocare tutte le operaie. Faccio entrare la prima?
MARGHERITA     Che aspetta?
SILVANA     Avanti la prima!
Entra da destra Teresa tutta tremebonda. Accenna un piccolo inchino all'indirizzo di Margherita.
TERESA      Per servirla...
MARGHERITA     Che mi sai dire dell'allagamento, cara?
TERESA     Non sono stata io, glielo giuro sulla Madonna Assunta! Sulla nostra bella Madonnina!
MARGHERITA     E chi è stato secondo te? Che so, hai sentito qualcuno che ne parlava... che tramava... magari un'operaia, diciamo, particolarmente esacerbata...
TERESA     No, non ho sentito niente, davvero! La Madonnina Assunta mi è testimone!
Irrompe da destra Giacomina.
GIACOMINA     Perdonatemi! Io lo so com'è successo! E' tutta colpa mia! Sono stata una stupida!
MARGHERITA     Vuoi dirmi che sei stata tu ad aprire i rubinetti?
GIACOMINA     I rubinetti no, quelli non li ho aperti. Però ho aperto la porta dell'officina, quella che dà sul retro.
Teresa ne approfitta per svignarsela non senza aver accennato un breve inchino.
SILVANA     Come hai fatto ad avere la chiave?
GIACOMINA     Quando Comunarda è stata licenziata era talmente furiosa...
MARGHERITA     Sì questo lo sappiamo, continua.
GIACOMINA        Prima di andarsene si è infilata una mano in tasca, ha preso le chiavi e le ha tirate. Dopo di che, noi tutte lì a cercare le chiavi... chi fra gli sportelli... chi fra le scocche... chi fra gli assi... Niente, non saltavano mica fuori, eh? Poi, sul tardi, quando stavamo andando via, toh!... eccole là, fra i tubi di scappamento! Me le sono messe in tasca e ho pensato: ora le consegno alla signorina Silvana.
SILVANA     A me non hai consegnato un bel niente.
GIACOMINA     Perché me ne sono dimenticata. (sognante) E' che avevo altro per la testa; un giovane poeta che ho incontrato ieri l'altro. Non avevo mai parlato con uno così. Si capisce, Piercesare non è un tipo da osteria! Lui è così profondo, e malinconico, e delicato...
MARGHERITA    Dura molto questo romanzetto d'appendice? Perché vedi carina, se sei stata tu ad aprire quei rubinetti...
GIACOMINA     No, non sono stata io! Glielo giuro!
MARGHERITA     Insomma, dicci cos'è successo e facciamola finita!
GIACOMINA     Ieri sera Piercesare mi ha portata a spasso. E' stato così carino... mi ha pure offerto un cordiale. In Galleria, eh? In un caffè da signori. Poi, mentre mi riaccompagnava a casa, scoppia quel gran temporale. Come scendiamo dal tram che porta a Lorenteggio, tuoni, fulmini, pareva il diluvio. E noi non si aveva neppure l'ombrello. Guarda caso stavamo passando proprio qua davanti alla fabbrica. "Io lavoro qui", gli dico. E proprio in quel momento mi ricordo di avere la chiave. Che male c'è? - mi son detta - se entriamo un momento? Giusto il tempo che spiova.
MARGHERITA     Che male c'è?! Hai portato un estraneo nella mia fabbrica e dici "che male c'è"?  Chiamo i Carabinieri, così te lo dicono loro che male c'è!
Afferra il telefono. Silvana la blocca.  
SILVANA     Aspetti, facciamola finire.
GIACOMINA     Non mi ha neppure sfiorata il Piercesare, pensate che signore. Ha preso il fazzoletto che aveva nel taschino e con quello mi ha asciugato il viso. E poi gli è venuta una faccia tutta ispirata, una faccia da poeta e ha cominciato a comporre una nuova poesia tutta per me. Faceva:
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere.
Bella, vero? A me non me l'aveva mai detta nessuno una roba così!
MARGHERITA     E te l'aveva mai detto nessuno che sei una cretina?  Quella è "La pioggia nel pineto" di D'Annunzio, altro che Pircesare. Non è certo opera del tuo bellimbusto, a meno che non si tratti di  un cinquantenne pelato coi baffi e il pizzetto.
GIACOMINA     Macché, avrà meno di trent'anni, è biondo e ha una zazzera riccia riccia che pare un puttino!
SILVANA     Per caso ha la erre moscia il tuo Piercesare?
GIACOMINA     Sì! Come fa a saperlo?
SILVANA      E ha un piccolo neo qui, sullo zigomo?
GIACOMINA     Sì!
SILVANA     È il Cazzaniga. Virginio Cazzaniga, il contabile di Maralli.
MARGHERITA     Ne è sicura?
SILVANA     Sicurissima. Come contabile non vale granché, però è bravo a ficcare il naso negli affari altrui... e ad abbindolare le povere sprovvedute recitando versi di D'Annunzio.
MARGHERITA     (a Giacomina) E tu a quello là gli hai lasciato le chiavi?  
GIACOMINA     Io non lo sapevo che lui... Però no, non gliele ho mica lasciate! Solo che quando siamo venuti via dalla fabbrica - ché finalmente era spiovuto - le chiavi nella toppa non c'erano più!
SILVANA     È tutto chiaro: il Cazzaniga se l'è messe in tasca e poi è tornato qua da solo e fatto quello che ha fatto.
Margherita piomba su Giacomina col braccio pronto a mollarle un ceffone.
MARGHERITA     Ma io ti...!
GIACOMINA     Aiuto!
Silvana la ferma, mentre Giacomina scappa via per la porta interna.
SILVANA    La licenziamo?
MARGHERITA     Quella lì? Non ce n'è alcun bisogno, tanto dovremo licenziarle tutte. Dopodomani abbiamo la consegna e non ce la faremo mai a rispettare i termini. Quelli del ministero mi taglieranno la testa. Dovremo chiudere. Quel mascalzone del Maralli ha avuto quello che voleva.  
SILVANA     Se denunciassimo il Cazzaniga?
MARGHERITA     E a che servirebbe? Figuriamoci, la sua parola contro quella di una povera svampita.  Non abbiamo prove e poi il Procuratore del Re è cugino della moglie di Maralli.  Insabbierebbe tutto e buonanotte suonatori!  Quel mascalzone, quel farabutto, quel filibustiere, quel...!
Squilla il telefono. Silvana risponde.
SILVANA     Premiata ditta Colombo & Gallo... Buongiorno Cavalier Maralli... Ecco, la signora al momento...
Margherita le strappa il telefono di mano.
MARGHERITA    Arnaldo carissimo... Stavo appunto parlando di te, pensa... Dicevo al mio amministratore delegato:  vedrà che di tutti i miei amici il primo a confortarmi di questa disgrazia sarà di certo il caro cavalier Maralli... Sono sicura che lui non perderà occasione per dimostrarmi una volta di più la sua vicinanza...  Non avevo dubbi, sai? Il tempismo con cui mi hai chiamata mi conferma una volta di più che sei davvero un grandissimo... ma proprio un grandissimo...
Silvana, temendo l'insulto,  la previene con gesti concitati.
MARGHERITA     Un grandissimo amico... Come dici?...Ti offri di acquistare la fabbrica? Ma che caro!...  Nonostante sia allagata? Ma che caro!...  Terrai in vita il nostro marchio? Ma che caro!...  Lasciami riflettere, va bene? Ti farò sapere. (riattacca) Ma che stronzo!   
SILVANA     Non venderà a quel farabutto! Quanto le ha offerto?
MARGHERITA     La metà dell'altra volta...  Non so più che fare... Mi disgusta dargliela vinta, ma non so proprio come venirne fuori. Mi prendo una notte per rifletterci. Mandi via le operaie, dica loro che domani faremo sapere qualcosa.  
Silvana esce da sinistra lasciandola sola.
MARGHERITA    Credevo di aver imparato qualcosa di questo mondo, di sapermici destreggiare... Pensavo fosse un po' come  a whist: impari le regole, ci metti  un pizzico di azzardo... e magari vinci la partita. Solo una cosa non mi sarei aspettata… qui i cavalieri non sono come a whist: carini, gentili, un po' galanti. Qui i cavalieri barano.
Esce da destra. Buio in ufficio.

Si sente il rumore delle macchine. Luce in proscenio. Comunarda e Teresa stanno bevendo da un grosso termos.
COMUNARDA    Mancheranno un paio d'ore all'alba. Se ce la facciamo a mantenere questo ritmo, quella sporca capitalista li consegna in tempo i suoi dieci autocarri.
TERESA    (sbadiglia) Tutto merito tuo, Comunarda. Se non correvi a buttarci giù dal letto... se non ci dicevi di chiamare le altre per venire a lavorare la notte...
COMUNARDA     È per voi che lo faccio, mica per la padrona! Fosse per me, quella là potrebbe andarsene all'inferno. Però non volevo che perdeste il lavoro anche voialtre. Ve lo meritavate, eh?, vista la poca coscienza di classe che avete dimostrato. Però mi facevate pena.  So cosa vuol dire non riuscire a nutrire i propri figli.
Le porge il termos mentre giunge da sinistra Giacomina.  
GIACOMINA        Ce n'è rimasto un poco anche per me?
TERESA     Tieni, Giacomina. (le porge il termos)
GIACOMINA        Mina. Lo sai che Giacomina non m'è mai piaciuto.
COMUNARDA    E a me non m'è mai piaciuto Mina. Le mine sono armi, i soldati ci mettono un piede sopra e saltano per aria! Ogni volta che sento questo nome penso a questo schifo di guerra, a questa infamia... a questa...!
TERESA     Dài, non ricominciare adesso.
GIACOMINA        (restituisce il termos) Non sa di nulla questo caffè.
COMUNARDA    Perché ti sei abituata ai caffè da signori, quelli dove ti portava il tuo bel corteggiatore...In fondo però ti capisco; magari pure io alla tua età... con questa penuria d'uomini... Dì un po', ne valeva la pena almeno...? In quel senso là, intendo.
TERESA    Comunarda, ti prego!
GIACOMINA     Non si è concluso niente, se lo vuoi sapere... Sono andata in bianco...
TERESA    (si fa la croce) Madonnina mia ti ringrazio, ché l'hai preservata dal commettere il  male!
COMUNARDA     Il male! E gli uomini, allora? Il tuo Giorgio, quando ha un giorno di licenza... sei proprio sicura che non va al bordello?
GIACOMINA     Ci vanno tutti, e c'è da capirli. Hanno bisogno del calore di una donna, dopo settimane di trincea.
TERESA    Che c'entra, per gli uomini è diverso... Non sono fatti come noi.
COMUNARDA     Questo lo dici tu. Io alla fine vedo una cosa. Agli uomini come sempre è permesso tutto, la donna deve essere di loro proprietà.  Sapete chi lo dice?
GIACOMINA     Anna Kuliscioff?
COMUNARDA     Lei.
GIACOMINA     Comincia a starmi simpatica, lo sai? Quasi quasi mi faccio socialista pure io. Viva il libero amore!
TERESA     Se li sentisse don Giuseppe questi discorsi...
GIACOMINA     Li sente, li sente... Nel confessionale sai quante ne sente?
COMUNARDA    Andiamo adesso, diamo il cambio alle altre. I cari compagni della FIOM se la sognano un'autogestione come quella che stiamo facendo noi! Gli uomini son bravi a fare i proclami, ma quando c'è da rimboccarsi la maniche, là allora ci vogliono le donne.
TERESA     Chi lo dice? Anna Kuliscioff?
COMUNARDA     No, lo dico io.  
Escono. Buio in proscenio.

Luce in ufficio. Entra Margherita da destra.
MARGHERITA     Ma cos'è questo rumore? Bibiana! Ma dove si è cacciata?
Dalla porta interne entra Silvana.
SILVANA     Eccomi!
MARGHERITA     Si può sapere che sta succedendo? Chi ha avviato le macchine?
SILVANA         Le operaie. Sono venute ieri sera e hanno lavorato tutta la notte. Dicono che non smetteranno fino a domani, per arrivare in tempo con la consegna.
MARGHERITA     Guardi Flaviana che non ho voglia di scherzare. Non è proprio giornata, gliel'assicuro.
SILVANA      Ma io non sto scherzando! Ho controllato in officina: la produzione va avanti a ritmi serrati.
MARGHERITA    Mi sta dicendo che non dobbiamo chiudere? Che l'azienda è salva?
SILVANA    Il ministero avrà i suoi autocarri con rimorchio. Belli e pronti.
Squilla il telefono. Silvana risponde.
SILVANA     Premiata ditta Colombo & Gallo... Un momento. (a Margherita) E' il Maralli.
MARGHERITA    (al telefono) Caro il mio Arnaldo!... Se ho riflettuto sulla tua proposta? Veramente me n'è mancato il tempo. Sai com'è, ero impegnata a torchiare le mie dipendenti. E sì, gli operai qualche volta vanno strigliati a dovere... giusto perché non battano la fiacca e recuperino il tempo perduto... Soprattutto quando c'è una consegna imminente!... Certo che la rispetteremo, ci mancherebbe altro!... Ciao, caro! Au revoir! Salutami la tua deliziosa mogliettina!... Ah, senti, quel tuo contabile, quello con i ricci, perché non gli dài un consiglio? Digli che non è carino spacciare per propri i versi altrui, soprattutto quando c'è di mezzo un Vate!... Non sai di che parlo?... Tu riferisciglielo, vedrai che lui lo sa.   
Riattacca mentre entrano pimpanti dalla porta interna Comunarda, Teresa e Giacomina.
COMUNARDA    Commissione operaia!   
MARGHERITA     Eccole qua... E che tronfie!
COMUNARDA    (tira fuori un foglietto e legge) Le annunciamo che le operaie della Colombo & Gallo procederanno alla consegna degli autocarri entro i termini stabiliti. Esse pretendono, come unica condizione, l'accettazione di tutte le loro rivendicazioni, quelle che già si videro rifiutare dalla Signora Margherita Colombo in Gallo. Stanno scritte qui.
Porge il foglietto  a Margherita, che glielo restituisce.
MARGHERITA    E la qui presente Margherita Colombo in Gallo ve le rifiuta una seconda volta.
TERESA     Non è giusto! Abbiamo sgobbato tutta la notte!
MARGHERITA     Questo è vero. Vuol dire che vi pagherò gli straordinari.
COMUNARDA      Quand'è così, non le restituiamo la gestione della fabbrica. Continuiamo con l'autogestione!
MARGHERITA     Ahi sì? E io chiamo i Carabinieri, così vi faccio passare la voglia di giocare alla rivoluzione. Forza, Gloriana, li chiami!
SILVANA     Scusate... ma neppure quando c'era l'ingegnere si è mai arrivati a questo punto... Occupazione... carabinieri... Possibile che non ci sia altra via d'uscita?
MARGHERITA     Doppio straordinario a tutte, e facciamola finita.
GIACOMINA     Evviva!
COMUNARDA     Evviva un corno! Io non mi faccio comprare con un'elemosina! Comunque dobbiamo consultare le nostre compagne!
MARGHERITA     Lei non consulta un bel niente, perché qui non è desiderata. Gloriana, liquidi il doppio straordinario a questa signora. (a Comunarda) Lei è già stata licenziata, non ricorda? Perciò si accontenti dell'elemosina, come la chiama lei, e non si faccia più vedere.
TERESA     Ma non può licenziarla! Se non fosse per Comunarda non ce l'avremmo mai fatta! (a Silvana) Glielo dica anche lei, signorina Silvana! La prego!
SILVANA     Effettivamente posso confermarlo. Ho parlato con parecchie operaie, e tutte mi hanno detto la stessa cosa: è stata lei a convincerle perché si precipitassero in fabbrica a recuperare il tempo perduto.
MARGHERITA     Tante grazie, ma resta il fatto che sia una pericolosa agitatrice, e io nella mia fabbrica non ce la voglio. E poi, mio marito avrebbe fatto così, giusto?
SILVANA     (controvoglia) Sì, avrebbe fatto così.
GIACOMINA     La prego, ci ripensi! Comunarda le ha salvato la baracca! Come può cacciarla via così?
MARGHERITA     Vuoi che licenzi te, carina? In fondo te lo meriteresti, dopo quello che hai combinato.
COMUNARDA     Basta, chiudiamola qui, io me ne torno a casa. Lo straordinario non lo voglio, dividetelo fra le mie compagne. (fa per uscire, si ferma sulla soglia di sinistra) Mi dispiace ragazze, è stato bello lavorare con voi. Abbiamo dimostrato che le donne possono fare qualsiasi cosa... quando sono unite. Beh, buona fortuna.
(Esce)
GIACOMINA        (a Teresa) Torniamo al lavoro, dài. (Escono mogie da destra).
MARGHERITA    (a Silvana) Ha visto che polso, eh Gloriana?
SILVANA     Ho visto, ho visto.
MARGHERITA     Sono stata dura, dica la verità!
SILVANA     Non posso negarlo.
MARGHERITA     Proprio come un uomo?
SILVANA     Già. Proprio come un uomo.
MARGHERITA     Che laconica stamane! Ma che le prende?
Cessa all'improvviso il rumore delle macchine. Un istante dopo giungono grida che si fanno sempre più decise: SCIOPERO! SCIOPERO!
MARGHERITA     Di nuovo? Ma allora è una mania! Si affacci, Luciana! Senta cos'hanno ancora da starnazzare!
Silvana si affaccia dalla quinta di destra. Si sente gridare ritmicamente: RIASSUMETE COMUNARDA! RIASSUMETE COMUNARDA!
SILVANA     Chiedono che...
MARGHERITA     L'ho sentito cosa chiedono, non sono mica sorda! Vogliono che riassuma quella capopopolo.  Roba da matti!
SILVANA    (con un filo di voce) Secondo me hanno ragione.
MARGHERITA     Parli più forte, Mariana, che con tutto questo baccano non l'ho sentita bene!
SILVANA    (grida) Secondo me hanno ragione!
MARGHERITA     Ma cosa dice, Liliana, non è mica impazzita?!
SILVANA     Al contrario, non sono mai stata consapevole come lo sono adesso. Licenziare Comunarda è una vera ingiustizia. Ho detto sempre di sì a tutto, prima con suo marito, adesso con lei. Ho pensato sempre e soltanto agli interessi dell'azienda, ma stavolta è troppo anche per me. Ha ragione quella capopopolo, come la chiama lei: le donne possono fare davvero qualcosa, quando sono unite. E lei, per tutta risposta, quell'unità l'ha mandata in frantumi. Sa una cosa? Quando quelle tre operaie sono venute ad annunciarle che avrebbero consegnato gli autocarri, io mi sono detta: ecco, da questo momento cambia tutto, da ora regnerà un'armonia nuova, una concordia che ai tempi dell'ingegnere - scusi se mi permetto - non si sarebbe mai creata. Pensavo, vede come sono ingenua, che lei le avrebbe abbracciato quelle lavoratrici, che le avrebbe trattate da pari a pari. Da donna a donna.  E invece ha voltato loro le spalle.
MARGHERITA     Insomma, Liliana...
SILVANA     (sbotta) Io non mi chiamo Liliana, e nemmeno Mariana... o Luciana... o Giuliana! Se lo metta bene in testa! E si metta bene in testa anche questo: o riassume Comunarda o entro in sciopero pure io! (si incammina verso la porta destra)
MARGHERITA     Dove va adesso?
SILVANA     Dalle mie compagne. (Esce).
Margherita è ammutolita. Si lascia cadere sulla sedia, prostrata. Esita, poi:
MARGHERITA     Silvana!
Silvana rientra.
MARGHERITA     (esita, poi) La riassuma.
SILVANA     Ho capito bene?
MARGHERITA    Spero proprio di sì, non parlo mica in turco! Riassuma la bolscevica.
SILVANA     (sorride) Non se ne pentirà.
Silvana esce. Margherita guarda il ritratto del padre.
MARGHERITA     Sai che ti dico, papà? Che un vero uomo è quello che sa cambiare idea.
Buio in ufficio. Cessano le voci da fuori…

… Luce in proscenio. Teresa e Giacomina stanno mangiando dalle gavette sedute a terra quando giunge Comunarda agitando festante un foglio scritto.
COMUNARDA     Abbiamo vinto! La padrona ha ceduto su tutta la linea! Riduzione dell'orario, pause più lunghe, permessi, maternità! Guardate, sta tutto qui sopra.
GIACOMINA        (le prende il foglio) Incredibile! C'è proprio la sua firma!
TERESA     Come hai fatto a convincerla?
COMUNARDA     Non l'hai ancora capito? Se ci sono riuscita è perché stavolta eravamo tutte unite! Nessuno può fermare la marcia del proletariato! Lo scrive pure Carlo Marx!
TERESA     E chi è?
GIACOMINA     Poi te lo spiego io.
COMUNARDA    (canta sulle note dell'Internazionale) Compagni avanti, il gran partito noi siamo dei lavoratori...
Buio.

TERZO ATTO

In ufficio, Silvana sta parlando al telefono al cospetto di Margherita.
SILVANA     Naturalmente, signor sottosegretario, non dubiti!... Grazie, presenterò! Arrivederci! (riattacca) Il sottosegretario le porge i suoi omaggi. E le fa la richiesta di venti nuovi autocarri da adibire al trasporto munizioni. Doveva fornirli il Maralli, ma visto che a quanto pare noi siamo più veloci...
MARGHERITA     Sfido che siamo più veloci! Bastava un po' di lungimiranza! Come fanno i miei concorrenti a non capire che operai soddisfatti producono di più? Se non avessi avuto l'idea - del tutto spontanea - di fare quelle concessioni, non avremmo mai raggiunto certi livelli!
SILVANA     Del tutto spontanea?
MARGHERITA     E ve bene, lo ammetto, sulle prime ho fatto un po' di resistenza. Ma cosa crede, che sia stato facile per me prendere certe decisioni? Ogni volta che stavo per concedere qualcosa mi pareva di vedere la faccia di mio marito... Ha presente quando il Pulci assume quell'espressione corrucciata... quella che non promette nulla di buono?
SILVANA     Ho presente.
MARGHERITA     E l'ultima volta, mi creda, quell'espressione era davvero molto, molto corrucciata.
SILVANA     Le fa ancora paura suo marito?
MARGHERITA      No, adesso non più. E sa perché? Perché so di aver fatto la cosa giusta.
Entra  Teresa.
TERESA     Chiedo permesso...
MARGHERITA     Prego, cara! C'è qualcosa che possiamo fare per te?
TERESA     Veramente... ecco, io... sarei venuta a licenziarmi.
SILVANA     A licenziarti? E perché?
TERESA     Mia suocera è venuta a cercarmi in casa, e ha scoperto che i bambini stavano soli soletti... È andata su tutte le furie. E mio suocero mi ha pure minacciata: se non lascio il lavoro, dice, mi denuncia per abbandono di minori e mi porta via i piccoli.  
MARGHERITA     E lui ce la fa a mantenervi tutti?
TERESA     Forse. A pane duro e polenta.  
SILVANA     È una cosa pazzesca. Adesso vai pure, cara, torna più tardi che ti dò quanto ti spetta.
Teresa esce.
MARGHERITA    (a Silvana) E' assurdo! Non posso permettere che quella poverina finisca in miseria! Possibile che non ci sia una soluzione?
SILVANA     Sì, cambiare il diritto di famiglia, e prima ancora la testa delle persone. Non è la prima e non sarà neppure l'ultima. Ho sentito di altre che presto compiranno lo stesso passo. Sa com'è... i mariti vengono in licenza e ingravidano le mogli. Finito il periodo di maternità, le operaie non sanno più dove sbattere la testa.
MARGHERITA     Richiama subito quella ragazza!
SILVANA     Teresa!
Teresa ritorna.
MARGHERITA     E se i tuoi bambini più piccoli stessero in un kindergarten?
TERESA     Cioè?
SILVANA     Un giardino d'infanzia... un asilo per i bimbi.
TERESA     Non posso pagarmela una roba così!
MARGHERITA     Infatti non dovrai pagartela, né tu né le tue compagne. Lo faccio nascere qui il nostro asilo. Così, per vedere i vostri bimbi non dovrete neppure correre a casa.    (a Silvana) Si può fare?
SILVANA     Certo che si può fare!
TERESA     (a Margherita) Grazie! Grazie! Lei è così buona!
MARGHERITA    (a Silvana) Allora, stavolta la mia concessione è stata abbastanza spontanea per i suoi gusti?
TERESA     Da stasera, prima di andare a letto i miei bambini pregheranno la Madonna perché la mantenga sempre in salute! Le vorranno bene come a una nonna!
MARGHERITA     Ti ringrazio per la salute, tesoro... un po' meno per la nonna.
TERESA     Posso abbracciarla?
MARGHERITA     Certo che puoi.
Corre ad abbracciarla. Da destra entra Comunarda accompagnata da Giacomina.
COMUNARDA     Commissione operaia. Chiediamo di... (a Giacomina) Sto avendo le visioni o quelle due si stanno abbracciando?
TERESA     Posso restare, sapete? Non mi licenzio più! La padrona ci fa il kindervater! Insomma, quella cosa là!
COMUNARDA     Davvero? Così su due piedi? Senza neppure un po' di trattativa?
MARGHERITA      E' stata una mia idea. Non mi dica che le dispiace!
COMUNARDA     Sa una cosa? Lei resta pur sempre una padrona, non mi fraintenda, però si vede che sotto sotto è pur sempre una donna.
MARGHERITA     Grazie per il "sotto sotto", cara.  
COMUNARDA     Bene, ora che i bambini li abbiamo sistemati, occupiamoci delle donne. (a Margherita) Si ricorda quel discorsetto che già le feci una volta... quello sulla nostra produttività paragonata a quella dei maschi?
MARGHERITA    Credo di ricordarlo... più o meno...
COMUNARDA     Se prima producevamo quanto producevano i maschi, adesso li abbiamo persino superati. Quindi, se tanto mi dà tanto... la nostra paga dovrebbe essere maggiore della loro... Legare il salario alla produttività. Sono i criteri del suo amato Henry Ford, dico bene?
MARGHERITA     In teoria, forse... ma vede... in pratica...
COMUNARDA    Stia tranquilla, signora,si rilassi, perché ora viene la bella notizia! Non chiediamo di guadagnare più dei maschi, non ora almeno. Ci accontentiamo di prendere solo quello che prendono loro! Non una lira di più. E' contenta?
MARGHERITA (a Silvana) Lei che dice? Sono contenta?
SILVANA     (sorride) Direi di sì.
MARGHERITA     Accordato.
COMUNARDA     (a Giacomina) Scusa, temo di non aver sentito bene. Per caso ha detto "accordato"?
GIACOMINA     Sì, ha detto proprio "accordato".
MARGHERITA     Se vuole faccio un po' di resistenza, giusto per accontentarla...
COMUNARDA     (alle compagne) Che nessuno racconti in giro quello che sto per fare. (a Margherita) Venga qua, simpaticona di una capitalista!
La abbraccia con vigore e la bacia sulle guance.
GIACOMINA     Evviva! (le cinge ambedue fra le braccia) Io l'avevo già capito che la padrona aveva un cuore d'oro!
Anche Teresa si unisce nuovamente all'abbraccio.
MARGHERITA    Che bellezza! Mi pare di essere dentro un romanzo di Charles Dickens!
COMUNARDA     (sciogliendosi dall'abbraccio)  Andiamo a dare la belle notizia!
GIACOMINA     Sì andiamo!
Le tre operaie si ritirano da destra.
SILVANA     Stavo pensando all'ingegnere. Quando al suo ritorno troverà tutte queste novità, non penso che le prenderà benissimo. La sua espressione corrucciata ce la ricorderemo a lungo.
MARGHERITA     Sa che le dico? Che non me ne importa un fico secco dell'espressione che farà.  Ora sono io che dirigo l'azienda, e lo faccio anche benino. O sbaglio?
SILVANA     No, non sbaglia affatto!
MARGHERITA     Venga qua, Gloriana, ho abbracciato mezzo mondo, lasci che abbracci anche lei!
SILVANA     (Lasciandosi abbracciare) Veramente mi chiamo…
MARGHERITA     Silvana, lo so.
Squilla il telefono. Silvana si scioglie dall'abbraccio e risponde.
SILVANA     Qui la premiata ditta Colombo & Gallo, automezzi civili e… Chi parla? Subito signor presidente… (passa il ricevitore a Margherita, sussurrando) Il presidente di Confindustria…
MARGHERITA     Sì, mi dica, signor presidente... Temete l'effetto imitativo sulle operaie delle altre aziende? E io cosa ci posso fare, scusi? Ho solo applicato uno dei principi di Mr Ford, ha presente?... Capisco... (Riattacca) Pazzesco. Si è già sparsa la voce dell’aumento… E il presidente di Confindustria dice che a lui di Mr Ford non gliene importa un cavolo, che le aziende del settore mi sono tutte contro.
SILVANA     Beh, questo lo sapevamo già.
Squilla il telefono, risponde Silvana.
SILVANA     Premiata Ditta Colombo & Gallo... Un momento solo. (a Margherita) La FIOM.
MARGHERITA     Almeno loro saranno contenti. (al telefono) Buon giorno!... Come sarebbe che ho vi ho scavalcato? Io ho trattato con la Commissione Operaia di questa fabbrica... Non vi risulta che qui ci sia una commissione operaia... Dovevo aprire un tavolo con il Segretario Nazionale... Beh, quando vuole parlarmi, sa dove sono. Arrivederci, eh! (Riattacca)  Non ci crederà, ma l'hanno presa male. Ancora non capisco perché.
SILVANA     Io invece lo capisco benissimo. Anche il sindacato è in mano agli uomini, no? Va bene la lotta di classe, però se a capeggiarla sono i maschi.
Squilla ancora il telefono. Risponde Margherita.
MARGHERITA     Pronto... Sì, sono io... me lo passi pure... Signor Ministro... Ma certo che è tutto sotto il mio controllo... Fabbrica occupata?... Ma no, figuriamoci! Come potrei consentire una cosa simile? L'aumento l'ho concesso io, spontaneamente, come incentivo alla produzione... Un incitamento alla sovversione, lei dice... proprio in un momento in cui si giocano i destini della Patria... Come dice?!... Ma i miei autocarri vanno benissimo, lo sa anche lei!... Allora perché?!... Ma avevamo un accordo, i nuovo automezzi sono già in produzione!... Ho capito... Va bene, mi lasci almeno un giorno per rifletterci... Arrivederci, eccellenza. (riattacca, affranta) Il ministro è su tutte le furie per l'aumento salariale. Ci ha dato l'ultimatum: o ripristino il salario ridotto o ci ritirano le commesse.
SILVANA     Ma non possono!
MARGHERITA     Eccome se possono. Questa non ci voleva proprio: lo Stato al momento è il nostro solo acquirente. A chi li venderei se no tutti questi autocarri?
Silvana non sa che rispondere. Margherita si alza, s’infila il soprabito.
SILVANA      Dove va?
MARGHERITA      A casa. Ho bisogno di riflettere. E forse anche di riposare un po’.
Silvana la guarda addolorata.
MARGHERITA      Perché non va un po’ a casa anche lei… Silvana? È tanto che non sta un po’ con sua madre…
Sta per uscire. Si volta.
MARGHERITA    Mi sa tanto che stavolta, se non mi piego, sono finita.
Silvana mestamente sistema delle carte sulla scrivania, tira fuori l’ultimo foglio dalla macchina da scrivere. S’infila il soprabito ed esce. Buio.

Si illumina l’angolo destro del proscenio.
COMUNARDA     Oggi è il compleanno di tuo fratello, Marat. Compie diciassette anni, te lo ricordavi? Marat. Danton e Marat. Tuo padre avrebbe voluto il terzo. Voleva chiamarlo Robespierre. Tre ragazzi così, diceva, la rivoluzione dovranno farla per forza. Ma il terzo non è venuto, ero troppo anziana. Io, per me, dopo che sei nato tu, Danton, non ne volevo altri. Perché ti ho amato così tanto dal primo giorno, che non mi sembrava possibile amarne un altro. Non allo stesso modo. E invece eccolo, Marat… Marat che studia. Fa il liceo, come i figli dei signori. Tutto quello che abbiamo guadagnato nella vita, sta là, nei suoi libri. Quando  papà se n’è andato, hai cominciato a lavorare tu. Sei stato tu a deciderlo, te lo ricordi, Danton? Per farci studiare tutti e due, mi hai detto, i soldi non ci sono. Se io vado a lavorare, mio fratello almeno studierà. Basta che in una famiglia di operai ce ne sia uno che studia, mi hai detto. Basta questo a cambiare il mondo. E hai sorriso. Con quel tuo sorriso, che quando lo vedevo mi sembrava vero, che il mondo potesse cambiare. Tu ci hai creduto sempre. Sei un vero socialista, come tuo padre, come me. Una madre non dovrebbe fare preferenze. Ma io le ho fatte, e questa è la mia colpa. No, non con i comportamenti, anzi. Marat ha sempre avuto tutto. Ma dentro di me, sì, le ho fatte. E lui lo sente, lo so. Forse per questo non è mai tanto affettuoso, poverino. Lui non sorride come te. E’ sempre serio. E quando parlo sembra che gli dò fastidio. Forse ha ragione, lui sa le cose, io sono ignorante. Ma era così anche da bambino, eh. Capiva tutto lui. Tu non ci volevi andare, in guerra, Danton. Te lo ricordi? Credevi che il mondo potesse cambiare, ma non con questa guerra. E nemmeno io lo volevo. Diserta, ti ho detto, il giorno prima che partissi. Diserta, ti prego, nasconditi. Ma tu sei partito. Lo hai fatto per tuofratello, lo so. Non gli volevi rovinare la reputazione. Il fratello di un disertore… E mi hai fatto quel sorriso. Non ti preoccupare, mamma, io torno. E io ci ho creduto, perché con quel tuo sorriso mi hai fatto sempre credere a tutto quello che volevi. Una madre non dovrebbe fare preferenze. Ma io non riuscirò mai ad amare tuo fratello come ho amato te, Danton. E’ questa la mia colpa. Se Dio c’è o non c’è, non mi importa. Ma se c’è e mi manderà all’inferno, sarà per questo, e non perché sono socialista. Stai tranquillo, amore mio, non glielo farò vedere mai. Gli  darò tutto quello che potrò e anche di più. Ma non ci riuscirò. Perché lui è vivo.
Buio in proscenio.

Luce in ufficio, dove Silvana è intenta a scrivere a macchina. Entra Margherita.
SILVANA    Signora Gallo…
MARGHERITA     Ci ho riflettuto tutta la notte.
SILVANA      (smette di scrivere) E…?
MARGHERITA  (sconfortata) Non so che dirle, Silvana, io una soluzione non riesco proprio a trovarla.
SILVANA      Purtroppo, una risposta al ministro dovrà pur dargliela…
MARGHERITA      Lo so, lo so… ma vede, quelle donne per me, ormai, sono molto più che delle dipendenti… sono delle… delle…
SILVANA      Amiche?
MARGHERITA     Sì. Amiche. Forse le prime vere amiche che io abbia avuto. È come se avessi stretto un patto con loro, capisce?
SILVANA      Capisco.
MARGHERITA      E l'ultima cosa che vorrei è venir meno alla parola data.  Però, se ci ritirano le commesse, la fabbrica fallirà, e non ci sarà più lavoro per nessuno. Nemmeno per gli uomini, quando torneranno dal fronte…  Temo proprio di non avere altra scelta.  Credo che dovrò subire il ricatto del ministro.
SILVANA     So che qualcuna di loro una parte dell'aumento se l'è già speso prima ancora di incassarlo. Capirà, con la fame che c'è.
MARGHERITA     Per questo ci penso io... un piccolo anticipo sulla paga. Chiami il ministero, che mi passino il gabinetto del ministro. (sospira) E' il giorno più brutto della mia vita.
Silvana prende la cornetta.
SILVANA     Signorina, qui (le trema la voce)... qui la premiata ditta Colombo & Gallo... Mi passi... mi passi... il ministero armi e trasporti per favore...
Dalla porta interna entrano affrante Teresa e Giacomina.
GIACOMINA     Dio che disgrazia, che disgrazia!
MARGHERITA     E tu come fai a saperlo? Hai un parente al ministero?
SILVANA     (al telefono) Sì?... Il gabinetto del ministro, per favore.
TERESA     È passato Marat, il ragazzo di Comunarda. Hanno ricevuto il telegramma dal reggimento. È morto Danton, il figlio più grande. Una granata. Non aveva neppure vent'anni!
MARGHERITA    (si lascia cadere sulla sedia, coprendosi il volto con le mani) Oddio, che tragedia! Povera Comunarda! Povero ragazzo! Che cosa terribile questa guerra! Che cosa terribile... (a un tratto si riscuote come pervasa da nuova energia).  Guerra, guerra, ormai c'è solo questa maledetta guerra! Tutto si fa per la guerra! La farina per la guerra, la stoffa per la guerra, le medicine per la guerra... gli autocarri per la guerra! Ma la pace non la vuole più nessuno? Ci sarà pure qualcuno che vuole la pace, no?   
SILVANA    (al telefono)Buongiorno, signor ministro, le passo la signora Gallo.
MARGHERITA    Per carità, Silvana… Ha capito cosa è successo? È morto il figlio di Comunarda! Figuriamoci se sono in vena di telefonate…
SILVANA      Ma è… il ministro! Ricorda, mi ha chiesto lei di chiamarlo…
MARGHERITA     (si riscuote) Ah già… il ministro.
Esita. Poi afferra la cornetta.
MARGHERITA     Eccellenza... Sì, ci ho riflettuto. Ebbene… ho deciso di mantenere l'accordo stipulato con le mie operaie. Se mi rendo conto delle conseguenze? Certo che me ne rendo conto... Lei dice che me ne pentirò?... Allora si vede che non sa di che pasta sono fatta. I miei rispetti, signor ministro. (riattacca)
SILVANA     Ho sentito bene? Ha respinto l'ultimatum?
MARGHERITA    Ne ho abbastanza della guerra! Lo so che mi ha dato da vivere, ma ora non sarà più così. Al diavolo le commesse del governo! Non ne voglio più sapere!  Il conflitto dovrà pur finire no? E noi produrremo per quando tornerà la pace. Sa quante altre cose si possono fare con gli autocarri? Già mi pare di vederli, i nostri bei Colombo & Gallo che vanno su e giù per l'Italia portando farina, latte, conserve... e anche abiti, perché no? E cappellini, proprio come questo! Non vi pare una buona idea?
SILVANA     Mi pare un'ottima idea!
GIACOMINA     Anche a me!
TERESA     Io non ci ho capito molto. Però se lo dite voi vuol dire che è ben fatto.
SILVANA     Ora però siamo sole contro tutti. Sarà dura.
MARGHERITA    Lo so, e proprio per questo dobbiamo restare unite. Dove abita Comunarda?
TERESA     Io lo so. Sta in via Solaro, al numero cinquanta.
MARGHERITA Vado subito da lei.
TERESA Possiamo venire anche io e la Mina?
MARGHERITA Ma sì, certo che potete!
SILVANA Vi accompagno! (si accoda)
MARGHERITA Silvana, domani chiami il fornitore di vernici e ordini per i nostri autocarri una partita delle tinte più sgargianti: non ne posso più di questo verde militare!
Escono insieme da sinistra. La scena si oscura mentre ascoltiamo…
VOCI REGISTRATE:
Pregasi comunicare coi dovuti riguardi alla famiglia che il soldato Villa Giacomo fu Lorenzo, nato a Cernusco sul Naviglio  7 agosto 1895, operaio, marito di Banchi Maria, è deceduto il giorno 11 maggio 1916 in seguito a ferita riportata per fatto di guerra.

Pregasi comunicare coi dovuti riguardi alla famiglia che il soldato Cattaneo Luigi fu Remo, nato a Milano il  2 marzo 1897, operaio, celibe, è deceduto il giorno 3 aprile 1917 in seguito a ferita riportata per fatto di guerra.

Pregasi comunicare coi dovuti riguardi alla famiglia che il soldato Riva Giovanni fu Alfredo, nato a Milano  il  20 febbraio 1898, operaio, marito di Ferreri Annabella, è deceduto il giorno 24 ottobre 1917 in seguito a ferita riportata per fatto di guerra.

Pregasi comunicare coi dovuti riguardi alla famiglia che il soldato Fiorucci Ernesto fu Leonardo, nato a Segrate  il  18 maggio 1882, operaio, marito di Ghezzi Ada, è deceduto il giorno 26 agosto 1918 in seguito a ferita riportata per fatto di guerra.
 
Si susseguono a questi altri telegrammi; come già per le chiamate alle armi, si sovrappongono gli uni agli altri, per culminare - come in un crescendo - in un  impasto indistinto di parole, di nomi e di cognomi.

Luce in ufficio. Silvana sta scrivendo a macchina quando da destra irrompe Giacomina sventolando una testata fresca di stampa.
GIACOMINA     È finita! È finita!
SILVANA     Finita cosa?
GIACOMINA     Aspetti, che ora glielo leggo... E' un po' gualcita perché era l'ultima copia. Lo strillone me l'ha regalata, che carino! Allora... (legge faticosamente)"Co-man-do Su-pre-mo, quat-tro... no-vem-bre...mille-novecen-todiciotto,  ore dodici. La guerra contro l'Austria-Un-ghe-ri-a che, sot-to l'alta guida di... esse emme il Re..."
Silvana le prende il giornale e legge:
SILVANA     “...sotto l'alta guida di Sua Maestà il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta". Allora è vero! E' proprio finita!
Un suono di campane proviene dall'esterno.
GIACOMINA        (grida verso la strada) Evviva!!! Evviva!!! (corre verso la quinta di destra) Ragazze!... Ragazze, è finita la guerra!... (esce)
Squilla il telefono, Silvana posa il giornale sulla scrivania e risponde.
SILVANA    Premiata ditta Colombo & Gallo... Sì, mi dica... Cinque autocarri adibiti al trasporto di vino?... Si prevede una ripresa del consumo... capisco... col rientro degli uomini dal fronte le osterie torneranno ai riempirsi... Certo che siamo in grado in grado di fornirli! Mi mandi pure la sua richiesta e le fisserò un appuntamento.
Riattacca, si rimette a scrivere ma il telefono squilla di nuovo.
SILVANA    Premiata Ditta Colombo & Gallo...  Avete bisogno di tre autocarri... Abiti da sposa?... Tutte quelle promesse fatte durante la guerra dovranno pur essere mantenute, si capisce... Sicuri che non ve ne occorrono altri di mezzi... sa, per trasportare le fasce da neonato... ma sì, per i bimbi che nasceranno!
Riattacca e torna a scrivere. Da sinistra entra Margherita.
MARGHERITA     Silvana! Silvana cara! Dovrebbe vedere le strade di Milano! La gente pare impazzita! Tutti che si abbracciano, che piangono di gioia! Tre anni e mezzo è durato questo strazio... Se penso che molti di quelli che ora festeggiano, nel quindici erano in piazza a manifestare in favore della guerra...  (prende il giornale) C'è un messaggio di sua Maestà (legge): "L’Italia ormai ricostituita nella sua intangibile unità di Nazione, intende e vuol cooperare fervidamente per assicurare al mondo una pace perenne, fondata sulla giustizia". Una pace perenne! Finalmente sento dire parole sensate!
Posa il giornale mentre Silvana le porge un foglio.
SILVANA     Piovono già gli ordinativi, guardi qua.
MARGHERITA    (guardando il foglio) Dieci autocarri per materiale edile... otto per il trasporto di bestiame... E due adibiti a carrozzoni per il circo, che cosa singolare!  
Squilla il telefono. Risponde Margherita.
MARGHERITA    Premiata ditta... Pulci! Pulci caro... sei proprio tu?... Sapessi quanto tempo ho atteso questa telefonata, Ercole... non mi pare vero di sentire la tua voce! Sì, l'azienda va bene, poi ti racconterò... ma intanto dimmi come stai, ti prego! Chissà come sei dimagrito, con tutti quei crauti!... Grazie a dio!... Dove ti trovi adesso?... Davvero?... Domani sei a già Milano?    
Buio.


EPILOGO
Sul buio echeggia il canto "Giovinezza" nella versione degli Arditi.
Giovinezza, giovinezza,
primavera di bellezza!
Della vita nell'asprezza,
il tuo canto squilla e va!

Luce in proscenio, mentre il canto va gradualmente scemando. C'è una panchina su cui stanno sedute Teresa - col pancione -  e Giacomina -  avvolta in un foulard che le nasconde un po' il viso.
GIACOMINA     Vuoi sapere la verità? Mi piaceva di più prima, quando lavoravo in fabbrica. Ma Filippo dice che ora che siamo sposati ci pensa lui a portare i soldi a casa. E' talmente geloso. Ieri l'altro, quando ha saputo che ero stata al cinematografo… guarda che mi ha fatto. (si scosta il foulard rivelando un livido).
TERESA     Madonnina benedetta! Beh, almeno il mio Giorgio non mi picchia, figuriamoci! E non mi vieta neppure di uscire.
GIACOMINA     Certo, tanto lo sa che non vai da nessuna parte. Con la casa piena di marmocchi e un altro in arrivo!
TERESA    Io gliel'ho detto che era meglio fermarsi, che col carovita che c'è non si riesce più a sfamarli, ma si è messo in mezzo pure don Giuseppe. Dice che è giusto così, perché sta scritto che io e mio marito siamo una carne sola.  
GIACOMINA     Ehi! Ma quella là non è la Silvana? Quella appena scesa dal tram!
TERESA     Sì! E' proprio lei!
GIACOMINA     (grida verso la quinta di sinistra) Silvana! Signorina Silvana!
Silvana entra da sinistra. Loro si alzano.
SILVANA     Teresa! Giacomina!... Siete proprio voi! Che bello rivedervi!
GIACOMINA     Non me l'aspettavo proprio di incontrarla qui a quest'ora. Come mai non è al lavoro?
SILVANA     Non ce l'ho più il lavoro. Quando è tornato l'ingegnere, per prima cosa mi ha retrocessa di nuovo a segretaria. Diceva che un amministratore delegato con la  gonna non s'era mai visto. Solo che io ad eseguire i suoi ordini senza batter ciglio non ero più capace. Così, quando mi sono permessa di suggerirgli un investimento nel settore degli omnibus, mi ha licenziata in tronco. Risultato: gli appalti per le corriere li ha presi tutti la Fiat.
TERESA     E adesso?
SILVANA     Adesso copio in bella grafia un po' di tutto: lettere, bozze, registri... quello che capita.
GIACOMINA      E si guadagna bene?
SILVANA     Una miseria. In compenso  ho un sacco di tempo per occuparmi dei geloni di mia madre.
Ci giunge la:
VOCE DI COMUNARDA     Ma dico io, dove arriveremo con questi prezzi... non si sa più cosa mettere in tavola!
Comunarda entra da destra con una sporta della spesa. Si ferma e ne tira fuori un cavolo.
GIACOMINA     Comunarda!
COMUNARDA     (non la sente e prosegue fra sé) Guarda che roba... mi è costato un occhio questo cavolo ammuffito. Mentre i capitalisti...  loro mangiano la carne anche due volte al giorno!
GIACOMINA     Così però ai capitalisti gli viene la gotta!
COMUNARDA     (finalmente si gira) Guarda un po' chi si vede!  (va loro incontro)
GIACOMINA E TERESA     Ciao, Comunarda! (la abbracciano)
COMUNARDA     (a Silvana) I miei rispetti, signor Amministratore delegato!
TERESA     La signorina è stata licenziata, proprio come noi operaie.
COMUNARDA     (a Silvana) Mi dispiace, davvero.
SILVANA     Che ci vuol fare... E poi come si dice: mal comune... Anche se per me l'ho sempre ritenuto un detto piuttosto stupido.
Riprende "Giovinezza", accompagnata da un forte vociare maschile. Subito dopo ci giunge la
VOCE MARGHERITA     Insomma! Fate passare! Ma che maniere!... Permesso!
Margherita entra da sinistra con una cappelliera, mentre musica e voci si affievoliscono rimanendo in sottofondo.
MARGHERITA     (fra sé) Che buzzurri! Non c'è più il minimo rispetto per una signora! Vergogna! (Si gira e vede le altre) Non mi dire!... Ma siete proprio voi? (le raggiunge).
SILVANA     In carne e ossa!
COMUNARDA     Più ossa che carne, per la verità.
MARGHERITA     Eccoci qua, tutte vedove dei nostri autocarri. "Le donne non dirigono le aziende, le donne stanno a letto o fanno la calza". Mio marito dice che sono parole del re. E lui è talmente devoto a sua maestà... Io però la calza non l'ho mai saputa fare, così ho ripreso a giocare a whist... e  a fare compere. (tira fuori un cappellino).
GIACOMINA     Che bello! Io ormai, anche se vincessi al lotto non potrei più comprarmi nulla, ché i soldi se li tiene stretti stretti mio marito.
TERESA     Il mio mi dà i soldi contati anche per il pane.
COMUNARDA     A voialtre almeno vi comandano i vostri mariti. Io invece devo vedermela con mio figlio! Chi l'avrebbe mai detto! Ha fatto diciott'anni il mio Marat, lavora in fabbrica perché a scuola non c'è voluto più tornare. E si è messo a dare ordini a me, sua madre!
TERESA     Era molto meglio prima, quando sgobbavamo in fabbrica.
GIACOMINA     Puoi dirlo forte.
SILVANA     Non vi mancano tutte quelle sane litigate? Per l'aumento di stipendio... per le quarantotto ore...
COMUNARDA     E il frastuono delle macchine... l'odore di nafta... il viavai delle operaie...   
MARGHERITA     Non me ne parlate! Ora mi annoio talmente... Che poi, francamente, le cose andavano meglio quando a comandare ero io.  E quando in officina c'eravate voi, invece dei maschi che ci lavorano adesso.  
SILVANA     Su questo non ho mai avuto dubbi.
MARGHERITA     Eh sì... bisogna dire che insieme formavamo un bella squadra! Sapete una cosa? Neppure a whist mi diverto più come prima; è che con le mie amiche ormai non so di che parlare. I loro argomenti preferiti, che poi una volta erano pure i  miei, adesso mi vengono subito a noia. Loro decantano splendide ville con vista sul lago e io rivedo il mio ufficio con la porta che dà sull'officina...  Dissertano su quale sia la limousine più lussuosa e io ripenso ai nostri  autocarri... Spettegolano su marchese e viscontesse... e il mio pensiero corre a voi: le uniche vere amiche che abbia mai avuto.   
Riprendono impetuosamente le voci maschili, hanno un suono sinistro.
COMUNARDA     Che baccano, eh? Se penso che fra quegli scapestrati c'è pure il mio Marat. Dice che vuol fare la rivoluzione. Mica quella socialista, però. Si è infiammato per quel Mussolini là, che io non lo potevo soffrire neppure quando era dei nostri! Ma lui non sente ragioni, eh? Stamane è uscito alla buonora. Dice che il suo Benito ha convocato un raduno a piazza San Sepolcro.
GIACOMINA        Ma va? Anche Filippo è andato lì. Si è messo una camicia nera che prima non gli avevo mai visto.
TERESA     Ora che ci penso, pure Giorgio aveva la camicia nera. Dice che andava a non so che circolo...
MARGHERITA     Il Circolo degli Industriali! A Piazza San Sepolcro c'è il Circolo degli Industriali!... Dio mio! Non mi dite che anche mio marito...! Perché a pensarvi bene, quand'è uscito di casa mi ha detto "cara, non aspettarmi per pranzo, che oggi mi fermo al circolo". Non ci posso credere! Il Pulci con quelle teste calde! E' una cosa pazzesca!
GIACOMINA     Filippo dice che Mussolini parla di giustizia sociale, di lavoro per tutti, di tasse sui ricchi  e pensioni per i poveri.
COMUNARDA     Sarà, ma a me non mi convince.  
Ci giunge distinta la strofa:
Del pugnal al fiero lampo,
della bomba al gran fragore,
tutti avanti, tutti al campo:
qui si vince oppur si muore!
MARGHERITA     Li sentite? Pugnali... bombe... Questi in testa hanno sempre la guerra! Se lo volete sapere, temo davvero che quella appena finita non gli sia ancora bastata, che ne vogliano già un'altra... e che alla fine ce la porteranno in casa.  
SILVANA     Oddio, speriamo proprio di no!
MARGHERITA     È che gli uomini, quando lasciano da parte noi donne, diventano pericolosi.
COMUNARDA     Che ci volete fare? Loro sono fatti così, sono incostanti, un po' come i bambini. Non sono come noi. Sapete chi lo ha detto?
Le altre si guardano, poi in coro:
TUTTE     Anna Kuliscioff!

Buio.