TUTTI A CUBA
COMMEDIA IN TRE ATTI DI
Rocca Abbamonte
Personaggi
ANTONIO CACACE
ADELAIDE sua moglie
ROBERTO/ROBERTA, ROSA loro figli
GIOACCHINO CARNEVALE
VIRGINIA sua moglie
GEROLAMO, ATTILIO loro figli
FIRMINO CARNEVALE
FERDINANDO PARASCANDALO
CIRO PARASCANDALO
TITINA
MATILDE
SASA’ vuocchie ‘e velluto
CLIENTE
AUTISTA
FILOMENA
CONCEPCION
POMPILIO CACACE
ATTO I
Luglio.Al sexy shop “Sixty Nine” è ora di chiusura.Adelaide,una bella donna sulla cinquantina,è indaffarata per l’arrivo di merce nuova.In testa ha una parrucca azzurra stile “Cleopatra”.Indossa
fuseaux leopardati aderentissimi e un top che lascia scoperto l’ombelico. Sfoggia pearsing e ta-
tuaggi ed è vistosamente truccata.
AUTISTA (Poggia un grosso pacco sul pavimento,accanto ad altri due). E con questo fanno tre.
Questa è la bolla. ‘Na bella firma…(si interrompe per guardare ammirato Titina,la giovane com –
messa che è vestita tale e quale Adelaide e,mani sui fianchi,lo fissa in modo provocante,facendo
scoppiare palloncini di chewing gum).
ADELAIDE ‘Mbè sta bolla…
AUTISTA (Imbarazzato) Fa caldo qua dentro.
ADELAIDE (Fissa con intenzione lui e Titina) Lo so io il caldo che tieni tu .
AUTISTA (Indietreggia verso la porta,come imbambolato,mentre Titina scompare nel retrobotte-
ga) B…buona giornata.
ADELAIDE (A fatica trascina un cartone)Titina!E guarda se viene…Titina,Titì (a Titina che è fi-
nalmente arrivata con tutta calma,ostentando una flemma esasperante) Sputa quella
schifezza di gomma! (Titina gonfia un palloncino spropositato,lo fa scoppiare, poi lo
tira a filo e lo avvolge intorno ad uno dei tanti falli in esposizione, mentre Adelaide
le dà le spalle,indaffarata).
TITINA Signò,quando vi prego…lo sapete che ci tengo:mi dovete chiamare TAITAINA,all’ame-
ricana. Che so,è più fine,ma voi mai e che cacchio!
ADELAIDE Ma quanto si’ scema.
TITINA Scema a me? E’ vero che faccio la commessa,ma io sono un’artista.Statevi attenta a come
parlate! E se lo volete sapere, ho fatto pure il concorso di “MISS BUCATINO” per il pastificio O-
LIVELLA.
ADELAIDE Ah,si? ‘e fatto ‘o concorso.’e fatto? E allora,miss Taitaina,quante volte vi ho detto che i falli di gomma vanno con quelli di gomma e quelli al silicone con quelli al silicone?
TITINA Uffa,signò. Qua ci sta un casino ca pare Casamicciola. Poi,sempre cazzi sono.
ADELAIDE San Gennaro,tu lo sai che ti sono devota,dammi la pazienza con questa…(si interrom-
pe mettendosi le mani sulla bocca).
TITINA Sentite a me,voi la pazienza la dovete tenere per forza.Io mi sono informata.Qua lavoro al
nero. Mi volete licenziare? E io vi sparo….
ADELAIDE (Intimorita,diventa accomodante). Ma no, Taitaina, comme vuo’ tu. Statte quieta.
Stai scherzando, è overo?
TITINA Ma che avete capito?Io volevo dire che,se volessi,ove mai…vi sparo una vertenza che hai
voglia i cazzi che dovete vendere per pagare a me.Please don’t go.(Se ne va cantando nel retro-
bottega).
La porta del“Sixty Nine”si apre al suono di“Sex bomb”.Sulla soglia,una bella ragazza bruna,slancia-
ta. E’ Rosa,figlia di Adelaide.
ADELAIDE Rosa,che ci fai in negozio?Lo sai che non voglio che vieni qua.
ROSA (E’ nervosa,irritata) Già,per la gente.Tu e la tua generazione:tutti ipocriti.
ADELAIDE Se volevi parlare della mia generazione,non c’era bisogno di venire qua dentro.
R0SA Io non ti capisco.Se ti vergogni,perché lo tieni questo schifo di negozio?
ADELAIDE Oggi abbiamo la luna storta,tanto per cambiare.
ROSA Si,si,tu fai tanto la moderna a chiacchiere,però della gente ti importa.Guarda come ti conci
per non farti riconoscere.
ADELAIDE Che c’entra,questo è il look giusto per il “Sixty Nine”.
ROSA Pure il nome…
ADELAIDE “Sixty Nine”,sissignore.E’ un numero come un altro.Chissà perché,la gente si ostina
ad attribuire a certi numeri significati reconditi e poteri misteriosi. 13 è un numero e non porta fortuna. 17 è un altro numero e non porta disgrazia. e pure il 69 è un numero, punto. Ma tu guarda la malizia…
TITINA (Sulla soglia del retrobottega) Si,si,sono d’accordo.Io,per esempio,quando finisco di farmi
il mazzo qua dentro,vado a fare la LAPPISTA: la lape dance,tanto per capirci, al”LAP LAP”,
la discoteca di Ciccio “’o rattuso” che me lo dice sempre “Taità,tu ci hai un avvenire”. Don
Ciccio,ma io ‘o chiammo CIAICCIO nell’intimità,dice che io,quando ballo, non ci metto la
malizia.Che ssaccio,come un dono di natura spontaneo che viene dallo stomaco.Verrà pure il
momento mio: ‘na scritta tanta,fosforescente: ”TAITAINA LA STAR DELLA LAP”. Io so’ ‘na
lappista mondiale.
ADELAIDE Ma qua’ star.Tu puoi fare solo la “MAP DANCE”, pecchè si’ ‘na mappina e poi,di che
t’impicci, fatte ‘e fatti tuoie.
TITINA Signò,voi la dovete finire di trattarmi come una pezza da piedi,chè io sono buona e cara
ma, se m’incazzo,io la vertenza…
ADELAIDE La sparo,uh! Vabbuò,vattenne mo’.
TITINA E’inutile,io mi realizzo solo davanti alla lap e ho più dialogo con quella mazza che con voi
(ritorna nel retrobottega).
ADELAIDE (A Rosa) dato che stai qua,dammi una mano con questi cartoni,tanto la star tene che
‘ffa. Puozze iettà ‘o sangue.(Si ferma per asciugarsi il sudore) Si è pure scassato il condizio-
natore. Questi sono gli affari strampalati di tuo padre. Quello è il condizionatore Quagliarulo
che ci va a quel posto,con la rima.Ti ricordi quando morì l’avvocato Quagliarulo?
ROSA Come no,la vedova commissionò a zio Pompilio le esequie e a papà la ristrutturazione della
cappella. E’ venuta una cosa mondiale, una piramide in marmo cipollino.
ADELAIDE Appunto. E tuo padre ebbe l’idea di installare nella cappella l’aria condizionata e la
macchina per il caffè.Solo che la vedova Quagliarulo,dopo un mese, ha fatto togliere il con-
dizionatore (indicandolo) e uno, la macchina del caffè (indicandola) e due,’e capito? Dice
che,con la scusa di omaggiare il defunto, la gente si infilava nella piramide per godersi il
fresco e bere caffè a scrocco e ogni domenica pareva Piedigrotta.
ROSA Va buo’,mammà,queste sono fesserie in confronto ai problemi grossi.Io ci metterei la firma.
ADELAIDE Ma che problemi vuoi avere tu,alla tua età?
ROSA Già,perché siccome sono giovane,secondo te dovrei vivere in un perenne stato di grazia.
(scoppia a piangere) E invece,per colpa tua,di papà,di mio fratello, di questa famiglia scom-
binata,ho litigato con Gerolamo. Ma ve lo volete mettere in testa che i Carnevale non sono
come noi,gente normale,qualunque? Sono giudici:nonni,bisnonni,avi, bisavoli e trisavoli,
tutti giudici e pure cardinali, mentre noi,chi siamo noi?
Note di “sex bomb”. Entra Roberto/Roberta ,il fratello di Rosa,che ha cambiato sesso. Indossa una minigonna vertiginosa, scarpe con tacchi a spillo altissimi. Sfoggia una chioma rosso fuoco.
ROBERTA Ciao, mammà. (Rivolto a Rosa) Tu, qua stai?
ROSA Devo chiedere il permesso a te?
ADELAIDE Smettetela, ragazzi!
ROBERTA (Battendo i piedi a terra) Ora m’arrabbio,ora m’arrabbio,ora m’arrabbio.Mammà,det-
to da te è un tradimento.Pure ‘nu cecato lo vede che sono una donna.Si’ tosta,si’ RAGAZZE!
Dovevi dire: smettetela RAGAZZE!
TITINA (Affacciandosi dal retrobottega) Signò,’cca ce sta ‘nu cazzo fallato, manca ‘na palla.
ADELAIDE Che gridi, scema!
TITINA Ih, che maniere! (Scompare nel retrobottega).
ROBERTA Vedo che non è momento.Mammà,ti voglio bene,ma certe volte sei intrattabile, come
una certa persona (fissa intenzionalmente Rosa) con la puzzetta sotto il naso, che rompe e
scassa.
TITINA I cazzi! (Reca un vassoio con sopra dei falli smisurati in bilico).
ROBERTA Appunto.
ROSA Ah,si? E che ti potrei rompere,caro ex fratello,il perduto ricordo?
ROBERTA La senti quant’è indisponente? Nennè,quando parli con me,devi essere più rispettosa.
In fondo,sono tua sorella maggiore. Quella sfotte,mi chiama Roberto/Roberta e io zitta.Mò
basta,però. Tu fai così perché sei invidiosa e Gerolamo Carnevale ti monta contro la fami-
glia nostra.
ROSA Perché,secondo te,io sono una che si fa montare?
ROBERTA (Ironica) E chi tene ‘o curaggio.
ROSA (Con disprezzo) Non raccolgo. Tu non lo devi nemmeno nominare Gerolamo.
ROBERTA Ma chi te lo guasta. Guardatela,quanta spocchia. Ha parlato ‘a carnevale.
ROSA Sei squallido.
ROBERTA Da.
ROSA Sei ridicolo.
ROBERTA La.
ROSA Sei patetico.
ROBERTA Ca. ‘O vuo’ capì? Squal-li-da, ri-di-co-la, pa-te-ti-ca. Quando ti rivolgi a me, parla
al femminile.
ROSA CARICATURA, te piace?
ROBERTA Hai finito? Quella è l’invidia. Sei rosa dalla rabbia. Mò capisco,dev’essere stata una di
quelle folgorazioni premonitrici che i nostri genitori hanno avuto, quando ti hanno imposto il
il nome. Sei spinosa. A te t’avevano a chiammà CACTUS. Invidiosa,cattiva,maligna. Vai di-
cendo che io porto la parrucca (tirandosi i capelli) Tiè, tutti veri,tutti naturali comme a mme.
A te già ti vedo con l’alopecia, ‘na capa tanta,chiazze chiazze e ‘nu pilo sulo,unico ‘ngopp’o
mellone.
ADELAIDE Calmati,mò. ( A Rosa che sta per replicare) Statte zitta,tu!
ROBERTA Stamattina ho presentato il ricorso per il riconoscimento di maternità a Gioacchino
Carnevale. Neh,chillo è furioso,’o ssaie? Ha detto che sono il prodotto di una società mar-
cia che produce transessuali e alimenti transgenici e che dovrei portare un cartello al collo
“NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE”, come ‘e ssigarette. Ma dico io, ’o vuo’ capì
che sono una donna regolarmente sposata? Ho il diritto di vedere riconosciuto il mio ruolo
di madre? E mio marito, nun tene ‘o diritto, come tutti i padri, di dare il nome al figlio che ha
partorito quando era mia moglie? E invece, pure su Giulio ha fatto storie,’na capa tanta, puoz-
ze passà ‘nu guaio. Mi ha sbattuto il foglio sotto ‘o naso: ”qua c’è scritto Linda Catacchio, che
ci azzecca Giulio?” No,chillo è scemo e pure fetente. Scusa, per me è stato facile:da Roberto,
Roberta,no? Ma Linda poteva mai diventare Lindo? Pare ‘nu detersivo,pare. Poi, a Giulio è
sempre piaciuto stu nome. Ti ricordi,mammà, quando Giulio era incinta, che voleva chiamare
così nostro figlio? Io m’impuntai però, perché ci tengo al rispetto delle tradizioni e se ho un
difetto è quello di essere borghese. Perciò nostro figlio si chiama Antonio,comme a papà,an-
che se noi lo chiamiamo Tonino.
TITINA Scusate,signora Roberta, avete provato con TONAINO?
ADELAIDE (Fulminandola con gli occhi,la costringe a tornare nel retrobottega) I fatti nostri pro-
prio qua li dobbiamo raccontare, è overo?
ROBERTA Ma no,mammà,la ragazza è stata tanto carina,invece. Si vede che è una persona sensi-
bile, l’opposto di chi so io.
ROSA Mò basta! (Va nel retrobottega).
ROBERTA Scema,scè. (Si aggiusta i capelli per darsi un contegno) Io,comunque,sono pronta ad
andare in televisione,se occorre. Viviamo in una società ingiusta e ambigua.. Si fanno i lif-
ting,che dimostrano trent’anni di meno e nessuno trova da ridire se una vecchia pare ‘na gua-
gliuncella. Il seno? Se gonfia. ‘O naso? Se taglia. In fondo, io m’aggio tagliato ‘nu poco cchiù
sotto,ma sempre in direzione d’o naso.
ADELAIDE Robè,bell’e mammà,troppo dovrai combattere…
ROBERTA Già. L’altra notte ho fatto un sogno strano. Ero in un bosco e c’era la luna. All’improv-
viso mi trovo di fronte Hitler, ma aveva la faccia di Gioacchino Carnevale e infatti portava la
toga. Mi guarda storto,poi scoppia a ridere, apre la toga e sotto ci ha slip e reggicalze rossi,
calze nere e scarpe coi tacchi a spillo. Mi si avvicina e si mette a cantare“Nessuno mi può
giudicare,nemmeno tu”. Improvvisamente il bosco prende fuoco e dalle fiamme esce un mo-
naco in groppa a ‘nu ciuccio che poi non è un ciuccio ma è Rosa e il monaco è Gerolamo Car-
nevale, con una torcia elettrica in mano e dice: ”A mme ‘o pulpo mi piace alla Luciana”, poi si
mette a cantare “L’unico frutto dell’amor è la banana,è la banana”. Mi sono svegliata in un
bagno di sudore.Saranno state ‘e cozze? Me ne aggio fatto ‘na panza tanta, è vero, ma io ci
esco pazza e ogni volta,mò ca ce penzo,faccio sogni strani. Uh, quant’è tardi. Scappo, sennò
Giulio…Quello è geloso assai.Ciao ciao. (A Rosa che sta sulla soglia del retrobottega e lo
guarda in modo indisponente) A te non ti saluto. (Esce ancheggiando)
ROSA Mammà,ti devo parlare.
ADELAIDE Lo fai a casa,tra poco finisco e ce ne iammo. Vaco a vedè che fa chella nzipeta. ( Va
nel retrobottega).
Note di sex bomb. Entra ,con aria circospetta,Gerolamo Carnevale con occhiali da so-
le,nonostante sia sera,barba e baffi vistosamente finti. Indossa un impermeabile col bavero alzato e
un cappello floscio calato sul viso. Rosa è di spalle, assorta. Non l’ha sentito entrare. Gerolamo le
mette una mano sulla spalla,facendola sobbalzare.
GEROLAMO (A bassa voce) Sono io, Gerolamo.
ROSA Uh,Gegè,che paura mi hai fatto prendere.
GEROLAMO (Sempre a bassa voce) Sss! Quante volte ti devo dire di non chiamarmi Gegè.
ROSA Ma è più intimo. (Con fare civettuolo) Sei venuto a fare pace?
GEROLAMO (A voce bassissima) No!
ROSA (Si indispettisce) ‘O vuo’ sapè? Gerolamo nun me piace.
GEROLAMO (Bisbigliando) Era il nome del nonno. Ti deve piacere. Bada che non transigo su
questi argomenti.
ROSA Ma non ti rilassi mai? Una volta tanto,un cedimento. (Con fare provocante)E mettimi le ma-
ni addosso.
GEROLAMO (Con voce strozzata) Smettila! (Continuando sottovoce) Questo ambiente ti eccita.
ROSA E a te niente,è overo?
GEROLAMO Dobbiamo litigare di nuovo? Sono venuto in questo schifo di negozio,rischiando
di essere riconosciuto,perché ti devo parlare.
TITINA Esce dal magazzino con un vassoio di falli,camminando con cautela,per timore che possa-
no cadere. Rosa,vedendola,finge che Gerolamo sia un cliente.
ROSA (A Titina che si è bloccata col vassoio) Titina,vai pure,che al signore ci penso io.(Titina non
si muove) Vai,Titina vai.
TITINA (Visibilmente contrariata,posa il vassoio con calma eccessiva) Sentite,signorina Cacace,io
mi chiamo TAITAINA e se qua sono una dipendente e mi faccio il mazzo al nero, senza le
marchette,sono la regina della LAP,che è la mazza americana. ( A Gerolamo, strizzandogli
l’occhio) Più tardi,quando venite in discoteca, ve faccio ‘a sorpresa, ci ho un costume nuovo
nuovo, una foglia di fico,tutta di paillettes verdi.
GEROLAMO (Mentre Rosa lo guarda furibonda,fa una sfuriata a Titina) Ueh! Tu non ti devi per-
mettere di parlare così alla mia fidanzata,’e capito? Stai attenta,che uno di questi giorni,finite
tutti dentro:tu,Ciccio “’o rattuso” e quella banda di pervertiti del “LAP LAP”.
TITINA (Sorniona) Scusate tanto,signor Carnevale.
GEROLAMO E dalle,quanta confidenza. Io sono il signor giudice Carnevale,nun t’o scurdà.
TITINA Come no, Carnevale il giudice.
GEROLAMO No,il giudice Carnevale,semmai. Guarda quant’è impertinente.
TITINA E va bene,non vi arrabbiate.Vuol dire che,per farmi perdonare,stanotte ve faccio o bis.Bye
bye. (Si allontana ancheggiando).
ROSA Che ipocrita. Me lo dovevo aspettare da un moralista come te. Cosicché,la notte,il giudice
Carnevale frequenta il “LAP LAP”. E come ti travesti, al posto dell’impermeabile, ti metti
la cotenna? Porco!
GEROLAMO Bada,Rosa,stai esagerando. Ricordati che sotto questo impermeabile,questa barba e
questi baffi finti,questi occhiali e questo cappello,c’è un giudice. Tu,piuttosto,mi devi delle
spiegazioni.
ROSA Spiegazioni di che genere?
GEROLAMO Del genere Romualdo Fonseca.
ROSA Ah,Romualdo…L’ho incontrato qualche volta sotto il tribunale,mentre aspettavo te.Tutto
qui.
GEROLAMO Sappi,comunque,quell’uomo non mi piace. E’ avvocato e tanto basta.
ROSA No,tu sei geloso perché Romualdo è il mio ex fidanzato.
GEROLAMO Sempre avvocato è.
ROSA (Sospirando) Quando stavamo insieme,Romualdo mi diceva sempre cose carine.
GEROLAMO E le faceva pure,le cose carine?
ROSA Non quelle che pensi tu.
GEROLAMO Io non penso niente.
ROSA Stavolta sono d’accordo con te.
GEROLAMO Sei proprio una Cacace.
ROSA E tu un carnevale.
GEROLAMO ‘A vuo’ fernì? Una vera signora non litiga,dissente in silenzio. (A Rosa che fa ge-
stacci) E resta immobile: na statua.
ROSA Ma famme ‘o piacere,statte zitto.
GEROLAMO E pensare che ho lasciato Cecilia per te.
ROSA (Ridendo) Chi, ‘a cavallerizza?
GEROLAMO (Con rimpianto) La donna ideale. E’ pure pretore.
ROSA Tene ‘e cosce storte.
GEROLAMO E tu la lingua velenosa.
ROSA (Alzando la gonna) Ma le cosce sono due colonne.
GEROLAMO (Con trasporto,dimentico del litigio) Quanto si’ bella.
ROSA Overo? Allora mi vuoi bene.
GEROLAMO Sì.
ROSA E damme ‘nu vaso.
GEROLAMO (Togliendosi barba e baffi,la bacia) Lo sai che questo posto non è poi tanto male?
ROSA Allora me vuo’ bbene.
GEROLAMO Assaie.
ROSA (Sospirando) Gegè…
Adelaide,uscendo dal magazzino,si blocca nel vederli abbracciati.
GEROLAMO (Tenta di ricomporsi,imbarazzato) Buona sera.
ADELAIDE (Prende un fallo e lo batte sul palmo della mano,minacciosamente) Io sono una signo-
ra.
GEROLAMO Si vede.
ADELAIDE (Ignorandolo,ribadisce) Io sono una signora.
GEROLAMO Se lo eravate prima,lo sarete anche adesso.
ADELAIDE (Brandendo il fallo) Se non ti metto alla porta…
ROSA (Preoccupata) mammà…
ADELAIDE Zitta tu. E’ perché,non solo sono una signora,ma soprattutto sono mamma. O’ faccio
pe chesta figlia mia ca è scema e cecata,pecchè ha perso ‘a capa pe ‘nu carnevale.
GEROLAMO Badate,non vi permetto…
Si spalanca la porta con violenza. Note di sex bomb. Entra un uomo infuriato.
CLIENTE (Rivolgendosi ad Adelaide) Signora,da questo preciso istante,non sono più cliente. Vo-
stro marito è asciuto pazzo. Quello mi ha aumentato le spese di condominio di un milione,co-
me multa per occupazione abusiva di suolo pubblico. Io stavo solo scaricando i mobili nuovi.
Ah,ma alla prossima assemblea,’o metto a posto. Come amministratore di palazzo ha chiuso:
o io o isso. Basta,cheste so’ ‘e videocassette, ’e manette, ’a frusta,fuori i soldi! (Adelaide va
alla cassa per prendere il denaro e glielo rende senza fiatare)E un’altra volta, fate lo scontrino
sinnò chiammo ‘a finanza. (Esce sbattendo la porta).
GEROLAMO (Per non farsi riconoscere,si è rimesso maldestramente baffi e barba,gli occhiali di
sghimbescio e il cappello calzato al massimo) Quell’uomo ha ragione.Vostro marito è pazzo.
ADELAIDE E tu sei venuto apposta a dirmelo? Conciato così,poi. T’e miso pure l’impermeabile.
GEROLAMO Avevo freddo.
ADELAIDE A luglio?
GEROLAMO A luglio.
ADELAIDE Comunque,non ti permetto di offendere mio marito.
GEROLAMO Le constatazioni non sono offese e in ogni caso, nella mia qualità di giudice,ho
espresso un giudizio.
ADELAIDE Se mio marito si comporta da pazzo,come dici tu,ha le sue buone ragioni.
GEROLAMO Come quella di ordinare l’abbattimento della nostra cappella di famiglia al cimitero?
ADELAIDE E tuo padre non sta brigando per farmi chiudere il negozio?
GEROLAMO Nossignore. Mio padre e io vi proponemmo,con le buone,di chiudere questa attività,
vogliamo chiamarla indecorosa? Vogliamo chiamarla laida? Vogliamo…
ADELAIDE Basta! Chiammala comme vuo’ tu.
GEROLAMO Appunto,un’attività immorale per la futura suocera di un Carnevale. E tengo a dirvi
che non mi piace la confidenza con cui mi trattate. Io vi do del voi. Fate altrettanto. Vi ricor-
do che sono un magistrato,nun v’o scurdate.
ROSA Gegè,calmati.
ADELAIDE No,sono io che mi devo calmare,perché mi sto incazzando.
GEROLAMO Questo è il guaio vostro,non avete il senso della misura,della discrezione. Tre mesi
fa avete sponsorizzato uno spettacolo…
ADELAIDE Di beneficenza.
GEROLAMO Va bene,come volete,di beneficenza. Ma avete addobbato il palco con preservativi
colorati e gonfiati come palloncini e distribuito lecca lecca fallici al gusto di fragola e limo-
ne.Attilio,mio fratello, che si infila dappertutto e va dove non deve andare, andò a quello spet-
tacolo e se ne tornò a casa con un preservativo legato a un filo, come un palloncino, con su
scritto “L’AMORE FALLO COLORATO” e un lecca lecca fragola e limone. Quella sera
avevamo ospiti illustri: il prefetto, il questore, monsignor Fuselli, per non parlare di mio zio ‘o
cardinale. La moglie del questore svenne. Un putiferio. Quella è stata la goccia fatale .Voi,poi,
sapete benissimo di aver aperto questo negozio con un sotterfugio,perché la licenza è per ar-
ticoli sanitari. Se in comune si fanno le cofecchie pecchè tenite ‘o marito assessore, la verità
viene fuori prima o poi e se scuperchia ‘a chiaveca.
ADELAIDE Mio marito è una persona onesta,di specchiate virtù.
GEROLAMO Chisto scrivetelo ‘ngoppa ‘a lapide.Ma noi,donna Adelaide,lo sappiamo chi è Anto-
nio Cacace, l’esimio assessore all’edilizia nonché,guarda guarda, titolare di un’impresa edile,
amministratore di condomini,commercialista e grandissimo…
ADELAIDE Bada come parli!
GEROLAMO Arraffatore di appalti. Ma nun more mai. Sta sempe bbuono, si? Comunque, io
ho avuto l’incarico da mio padre,Gioacchino Carnevale…
ADELAIDE (Ironica) Accussì se chiamma papà?
GEROLAMO Donna Adelà,voi sarete una signora,ma io sono un giudice.Tenetelo a mente.(Spiega
nervosamente un foglio,poi legge) “A causa del proditorio,criminale comportamento del dott.
Antonio Cacace il quale, dal truogolo della sua scrivania ha grugnito l’ordine di abbattimento
della cappella Carnevale,ordiniamo quanto segue:
I) annullare il suddetto ordine;
II) chiudere il “SIXTY NINE”,sordido covo di pervertiti;
III) desistere da richieste oscene,immorali e lesive del comune senso del pudore,
avanzate dal figlio/figlia del Cacace. Nel malaugurato e dissennato caso di
risposta negativa, ci riserviamo di invocare sull’intera famiglia Cacace,l’anatema
che sarà pronunciato da sua eminenza il Cardinale Firmino Carnevale,nostro zio.
ROSA (A Gerolamo) E tu mi faresti buttare addosso un anatema come fosse ‘na coperta?
GEROLAMO No,a te papà ti ha esclusa,nell’ipotesi che ci sposiamo.
ADELAIDE Io,invece,non ho capito quanti padri tieni.
GEROLAMO Signora,non m’indigno perché compatisco la vostra ignoranza e vi faccio dono della
mia risposta:trattasi di plurale maiestatis.
(Note di sex bomb. Sulla soglia, Attilio con un cane di pezza al guinzaglio. E’ un bel ragazzo di 25
anni, ma è scemo).
GEROLAMO (Con tono di rimprovero) Attilio!
ATTILIO (Timidamente) Si può avere un lecca lecca fragola e limone? E un palloncino?
ATTO II
Studio del giudice Gioacchino Carnevale,nella sua abitazione. L’arredamento è in stile Impero. Sulla parete,dietro la scrivania,campeggia un gigantesco ritratto di Gerolamo,padre di Gioacchino, in toga e tocco. Gioacchino è seduto alla scrivania, con la testa tra le mani. All’improvviso scatta in piedi e va verso la porta. Sulla soglia,il cardinale Firmino Carnevale,suo zio.
GIOACCHINO (Bacia la mano al cardinale) Eminenza,zio.
CARDINALE (Infastidito) Via,via. Sei troppo cerimonioso.
GIOACCHINO (Tossisce imbarazzato) E’ mio dovere di devoto cristiano e affettuoso nipote.
CARDINALE Lo so e so anche il motivo per cui mi hai pregato di venire,qui da te,con una certa
urgenza.
GIOACCHINO (Stupito) Sapete?
CARDINALE Sono informato di tutto.
GIOACCHINO Ma se siete appena rientrato,come è possibile?
CARDFINALE Le vie del Signore sono infinite,ma passano tutte per il Vaticano. (Si ferma ad os-
servare il ritratto del fratello) Tale e quale,sembra vivo. (Inforca gli occhiali) Ho bisogno di
questi,purtroppo:l’età.
GIOACCHINO Ma cosa dite,zio. Voi siete sempre lo stesso. Pare che il tempo non vi sfiori.
CARDINALE E’ un dono del cielo ma,detto tra noi,un po’ di palestra,qualche massaggio…(si av-
vicina al ritratto,si china per vedere meglio) Ma è firmato Van Gogh!
GIOACCHINO (Senza scomporsi) Si,si vede appena. Quello,il pittore, Pasquale Pisanò, era uno
stravagante,un originale. Papà lo prese in simpatia. Diceva che era un genio.
CARDINALE Tuo padre era un generoso,anche nei giudizi. Si,si ora ricordo:Pasquale “ ’o feno-
meno”.
GIOACCHINO Appunto e,con quel quadro,Pisanò volle ricambiare la stima che papà aveva per
lui.Pure a mammà fece il ritratto. Bello! Ma quello lo firmò Picasso. Lo gradite un bicchiere di
acqua e anice? So che è la vostra bevanda preferita. Con questo caldo d’inferno…
CARDINALE (Tossisce in segno di rimprovero. Gioacchino tossisce a sua volta,imbarazzato) A
proposito,ho visto con piacere che è ancora al tuo servizio quella ragazza che ti raccomandai.
GIOACCHINO Purtroppo, si.
CARDINALE Come, purtroppo?
GIOACCHINO Caro zio,vi devo confessare che sarei felice se andasse a servizio da un’altra parte.
Noi stavamo bene con Filomena. Serve in questa casa da quando ero piccerillo. Mò s’è fatta
vecchierella,è vero,ma per noi è una di famiglia. Insomma,Concepciòn non può fare la came-
riera.
CARDINALE E perché?
GIOACCHINO Spolvera,spazza,lava i pavimenti…
CARDINALE E allora,che vai truvanno?
GIOACCHINO Ma lo fa a ritmo di samba,agitando freneticamente le natiche,voi mi capite.Poi di-
ce le parolacce e Attilio le ripete,mettendomi in imbarazzo di fronte agli estranei. In una pa-
rola,è troppo cubana.
CARDINALE Caro Gioacchino,viene da una terra di senza Dio. Deve essere educata piano piano,
con dolcezza e tu devi avere pazienza,
GIOACCHINO Pazienza,già,con tutto quello che mi sta capitando. (All’improvviso, la porta dello
studio si spalanca ed entra Attilio suonando una trombetta. Ai piedi ha le pinne e,intorno alla
vita,un salvagente con la testa di papera).
GIOACCHINO Santa pazienza.Attì,prima di entrare,si bussa e si chiede permesso,
Attilio esce precipitosamente chiudendosi la porta alle spalle. Bussa,entra.
ATTILIO (Sugli attenti,salutando militarmente) Permesso?
GEROLAMO Va bene,va bene. Saluta lo zio che si è degnato di venire a trovarci.
ATTILIO (Fa una riverenza come un bambino beneducato) Buongiorno, zio Firmino.
CARDINALE Bravo.
ATTILIO Momento. (Scompare e ritorna con un ombrello che porge al cardinale) Rompilo!
GIOACCHINO Attilio! Chiedi immediatamente scusa.
CARDINALE Lascia perdere,Gioacchì,è creatura.
ATTILIO (Battendo i piedi,o meglio le pinne a terra)Ha detto Concepciòn ca zizio è ‘nu bello scas-
sambrelle.
GIOACCHINO (Allarga le braccia sconsolato) Sono costernato. D’altronde,questo è l’effetto
“Concepciòn”.
CARDINALE In effetti,la ragazza va educata con una certa urgenza.
Attilio corre per la stanza suonando la trombetta.
GIOACCHINO Perdonate,zio,ma oggi Attilio è più scatenato del solito. E’ il suo compleanno ed è
euforico.
ATTILIO (Si ferma davanti al cardinale,fa una riverenza) E il regalo?
CARDINALE (Sorridendo,infila una mano in tasca tirandone fuori santini e medagliette che porge
ad Attilio) Ecco qua,sei contento?
ATTILIO Uffa! Sempre santini e medagliette. Non li voglio,nun me piaceno. A mme me piace
Taitaina. (Esce correndo).
GIOACCHINO Madonna! Quella è la commessa del “SIXTY NINE”.
CARDINALE ‘A lappista.
GIOACCHINO Ma come,voi…
CARDINALE E’ una ragazza che ha bisogno di essere educata. La tengo d’occhio da un pezzo.
Quando c’è un’anima da salvare… Tu, piuttosto,calmati. Ti do un consiglio:calma e soprat-
tutto pazienza,che è la virtù dei forti.
GIOACCHINO Non era la calma?
CARDINALE In fondo,le virtù si somigliano tutte.
GIOACCHINO Già,ma io purtroppo non ho più né calma né pazienza e sì che prima ne avevo da
vendere.
CARDINALE Le riacquisterai,ma bada che le virtù non si vendono. Il guaio è che, nella nostra so-
cietà,regna l’edonismo sfrenato e le virtù scocciano,di conseguenza l’uomo virtuoso scoccia
pur’isso, e tu sei virtuoso assai.
All’improvviso si sente un putiferio al di là dello studio. Si spalanca la porta ed entra Saverio Espo-
sito,detto Sasà “uocchie ‘e velluto”. E’ un bel ragazzo,ma volgare. Capelli lucidi di gel, camicia aperta sul petto, catena d’oro enorme, con appeso un altrettanto enorme crocifisso. Al polso, un pesante bracciale e un anello vistoso e pacchiano al mignolo. Con una mano regge un cesto stracolmo di cozze,con l’altra un pesce enorme.
SASA’ (A Gioacchino) Eccellenza,Filomena non mi voleva far penetrare. Chella è vecchia e cecata
e non capisce la personalità che ha di fronte. Avete fatto bene a prendere a servizio
Concepciòn.
(Accortosi della presenza del cardinale, posa il cesto, mette il pesce nelle mani di Gioacchino che
è basito e,inginocchiatosi,bacia la mano a sua eminenza). Permettete che mi presento: Saverio E-
sposito, ovvero Sasà “uocchie e‘ velluto”, per via (strizzando un occhio e lisciandosi i capelli)
che le femmine le accarezzo con lo sguardo di questi occhi medesimi.
GIOACCHINO (Buttando il pesce a terra)Ma insomma,come vi permettete?Sapete a chi state par-
lando?
SASA’ (Per nulla scomposto)A ‘nu cardinale. (Imperterrito) Eccellenza,vi ho portato queste quattro
cozze e questo pesce che è alla vostra altezza,perché oggi è la natività di vostro figlio Attilio.
GIOACCHINO In questa casa non si riesce a tenere un segreto che è uno.
SASA’ Me l’ha detto Concepciòn. ( Con enfasi) E’ la mia fidanzata. Unica femmina ca m’ha scip-
pato ‘o core e mi ha detto pure che Antonio Cacace ve sta scassanno ‘e palle. (Rivolto al cardi-
nale) Con rispetto parlando. (Bacia il crocifisso che porta alla catena e,dondolandosi sulle gam-
be e agitando l’indice con fare da guappo) Eccellè, chi è nemico a voi è nemico a me! Una
parola e Antonio Cacace trapassa defunto e,per sfregio,lo faccio esequiare in due casse separate,
alle pompe del fratello Pompilio. Salutiamo. (Indicando il pesce) Quello,arrosto,è la morte sua.
Gioacchino e il cardinale restano immobili,impietriti,per qualche secondo. Il primo a riaversi è il
cardinale.
CARDINALE Gioacchì, se putesse avè st’acqua e anice?
GIOACCHINO (Scatta come una molla) Mò me sentono.(Infuriato va verso la porta, fermandosi
sulla soglia) Filomena! Concepciòn!Subito l’acqua e anice e venitevi a piglià ‘e cozze e ‘o pesce!
(Concepciòn,una bella ragazza prosperosa,entra a ritmo di samba recando un vassoio con due bic-
chieri,una caraffa d’acqua e una bottiglia di anice. Sempre a ritmo di samba, sculettando, prepara le
bibite e le serve al cardinale e a Gioacchino che, per tutto il tempo, sono rimasti in silenzio. Esce a
passi di samba, mentre entra Filomena, l’anziana cameriera che raccoglie il pesce e il cesto con le
cozze).
FILOMENA (Scuotendo la testa) Che è succieso,che è succieso. (Esce).
GIOACCHINO Avete visto? (Beve tutta d’un fiato l’acqua e anice,poi si versa una abbondante do-
se di sola anice che tracanna).
CARDINALE (Tossisce in senso di biasimo)Prudenza con l’alcool. E’ fuoco che brucia lo stoma-
co,annebbia il cervello e lascia freddo il cuore.
GIOACCHINO Avete ragione. La vostra saggezza vi farà diventare papa.
CARDINALE Più che alla saggezza,lasciamo fare alla Provvidenza.
GIOACCHINO Caro zio,oggi pure la Provvidenza ci ha lo stress.Il mondo è impazzito.Quando io
andavo all’università,i professori erano professori e gli studenti,studenti. Mò ‘o studente se
sente prufessore e ‘o prufessore è trattato come la sporta del tarallaro. Sono stati sconvolti i
ruoli. Nisciuno sape sta ‘o posto suo. Addirittura si giudicano i giudici. Cose ‘ pazzi. E’ una
società corrotta e io condanno. Ah, io so’ p’a condanna, sempre. Ho capito che anche il più
onesto tene a’ magagna.
CARDINALE Ma allora,con questo ragionamento non c’è scampo per nessuno quindi,siccome tu
sei onesto, ‘a magagna ‘a tiene pure tu.
GIOACCHINO No, perché io sono giudice. Perché si dice che Dio è giudice, sennò?
CARDINALE Ma tu non ti puoi paragonare a Dio.Questo lascialo decidere a noi che siamo profes-
sionisti. Volevo dire esperti e competenti. Io,poi,ti dovrei tirare le orecchie,come quella volta
che prendesti la toga di tuo padre a sua insaputa.
GIOACCHINO (Sorridendo al ricordo) Già,avevo sei anni e due miei compagni di scuola si con-
tendevano un panino con la mortadella. Ognuno dei due diceva che era il suo e che l’altro
era bugiardo. Io, allora, mi misi la toga di papà e, con un grosso coltello da cucina,
tagliai il panino a metà e poi me lo mangiai. Fu la mia prima sentenza, un giudizio salomo-
nico.
CARDINALE Ma peccasti di superbia.E questo è il guaio tuo e dei colleghi tuoi,soffrite del pec-
cato di satana, l’orgoglio. Ricordati:l’unico vero giudice è Dio, ma chi condanna o assolve
è la Chiesa.
GIOACCHINO Non Dio?
CARDINALE Li fa Lui i precessi di beatificazione? La Chiesa decide chi è santo e chi no. Come
giudici, voi avete potere di vita o di morte. A voi può venire il dubbio se un uomo sia inno-
cente o colpevole. Noi,dubbi non ne abbiamo mai, grazie ad uno strumento perfetto: la con-
fessione. Voi giudicate, assolvete o condannate l’involucro, noi l’anima. Tu hai esagerato,ni-
pote caro. Hai osato minacciare Antonio Cacace di anatema,per giunta pronunciato da me.
Unicuique suum. L’anatema è prerogativa della Chiesa e non puoi usarlo per soddisfare il
tuo desiderio di rivalsa.Ricordati, ciò che per gli uomini è vendetta, per la Chiesa è giustizia.
GIOACCHINO Zio,voi sapete quanto sono religioso. Non manco mai a una messa.Faccio bene-
ficenza,quella vera che non si ostenta e infatti nessuno ne sa niente.Prima e dopo unprocesso
mi faccio il segno della croce. Non mi corico se non ho detto le orazioni e qul’è il premio?
I Cacace.
CARDINALE Ma figlio mio,elenchi i tuoi doveri di cristiano come un ragioniere le cifre in un lib-
ro contabile. Parli di premio come se fossi al supermercato a prendere i bollini perché ottimo
cliente. Poi,sai che ti dico? Oggi la vita è frenetica e pure Dio tene che ffa’!
GIOACCHINO Ah,si?Allora,sentite questa:Antonio Cacace mi ha notificato,in qualità di assesso-
sore all’edilizia,lo sfratto delle salme dalla cappella,causa abbattimento per costruzione abusi-
va non condonabile.
CARDINALE Ma pure tu,hai messo un sistema d’allarme torno torno e due mastini a guardia…
GIOACCHINO Nossignore. Giustiniano e Salomone non sono due mastini,sono due fedeli custodi
come solo i cani sanno essere.Poi,questa è una misura di sicurezza che fui costretto a prende-
re dopo che la salma di mammà fu trafugata da due fetenti ca ‘e vulesse vedè muorte, ‘e
vulesse vedè.
CARDINALE Ti riferisci ai fratelli Sperandio, Peppe “casciulella” e Totonno “ ‘o boia ”,
quelli dei sequestri “salmastri”,come dicevano loro. (Scoppia a ridere).
GIOACCHINO Ma come, la cosa vi fa ridere?
CARDINALE Pecchè a te no?
GIOACCHINO No.
CARDINALE Non hai il senso dell’umorismo.
GIOACCHINO Sarà.
CARDINALE E’. Comunque, i due fetenti,come ‘e chiamme tu,pretesero un riscatto originale: o
l’assoluzione a un processo,per un vecchio reato,o due miliardi che non pagasti.
GIOACCHINO Io non amo gli sprechi.
CARDINALE E io non amo gli scandali. Per questo riuscii a tenere la cosa segreta. Se tu fossi sta-
to un magistrato d’assalto,di quelli che fanno fuoco e fiamme e si bruciano con le loro stesse
idee, non avrei mosso un dito, ma sei mio nipote, un Carnevale come me.
GIOACCHINO Per questo vi sarò eternamente grato.
CARDINALE E debitore. Vedi, le malelingue possono rovinare la reputazione degli onesti.
Voglio farti dono di una mia confidenza. Quand’ero giovane, fui al centro di un pic-
colo scandalo,chiacchiere,pettegolezzi,più che altro. Stavo in seminario,all’epoca,ma l’estate
la passavo con i miei,nella casa di campagna. Erano nostri ospiti certi amici di papà, il conte
e la contessa Lampetti, con la loro unica figlia Violante, un bocciolo. In breve, me ne invaghii.
Intendiamoci, fu un amore spirituale, di quelli che solo da adolescenti si vivono. Ma la gente
cominciò a sparlare. Io ero nu guaglione e la voce della vocazione non la sentivo molto bene.
Ne sentivo invece un’altra, prepotente che mi spingeva verso Violante. Purtroppo le chiac-
chiere,inesorabili come una valanga,rischiavano di sommergere me e la mia famiglia. Fu tuo
padre a risolvere la situazione. Aveva un grande ascendente su di me, d’altronde era il fratello
maggiore. Morale,riuscì a spegnere il fuoco dei pettegolezzi. Insomma, le male lingue furono
messe a tacere e io dimenticai il seno di Violante per quello materno della Chiesa. Capii allo-
ra che,quando capita di sentire una voce come quella che mi spingeva verso Violante, è bene
ascoltarla in privato. La luce del sole fa bene ai fiori ma li fa pure appassire.
GIOACCHINO Vi sono grato per avermi ritenuto degno della vostra confidenza.
CARDINALE (Sorridendo) Memento negare semper. Qua non ci sono testimoni. Siamo soli, io e
te. Il potere della confessione deriva dalla certezza del segreto che vincola e rende, per così
dire,complici colui che si confessa e il confessore.
GIOACCHINO Allora,confidenza per confidenza,sento il bisogno di confessarvi che desidero con
tutte le mie forze,selvaggiamente,animalescamente,uccidere Antonio Cacace, spellarlo vivo,
gettargli sale e pepe sulla carne,rosolarlo a fuoco lento,come un porco allo spiedo.
CARDINALE (Divertito) Se non fossi un cardinale,penserei che sei la reincarnazione di Torque-
mada.
GIOACCHINO I Cacace sono arrivati all’impossibile. A Natale mi hanno regalato un’edizione
del Kamasutra e passi… ma rilegata in pelle di capra,anzi di caprone e più precisamente di
una particolare parte del corpo. Non basta. Voi sapete che Attilio è un ritardato speciale,
vuole sapere,è curioso,si infila dappertutto. Una sera è andato al SIXTY NINE di nascosto
e se n’è tornato con un preservativo legato ad un filo come un palloncino e un lecca lecca
osceno,a forma di fallo.
CARDINALE Ah,sì,sì,quella sera c’ero pure io, t’‘o ricuorde? La moglie del questore svenne
quando Attilio le offrì il lecca lecca.
GIOACCHINO Ecco,appunto. M’indigno, protesto, mi si risponde che non ho avuto la finezza di
apprezzare il regalo. E’ proprio vero, ognuno ha il suo destino.
CARDINALE (Irritato) Qua’ destino! La Provvidenza,semmai.
GIOACCHINO La Provvidenza coi Cacace? Che ci azzecca.
CARDINALE Sei la Provvidenza,tu?
GIOACCHINO Ah,poi,sentite. Papà non morì a Pasqua?
CARDINALE Povero Gerolamo,saltò in aria in quel modo.
GIOACCHINO Noi pensammo subito a una bomba. Un giudice ha sempre dei nemici.
CARDINALE E soprattutto non ha amici.
GIOACCHINO La camorra,però,mandò subito una lettera di smentita. Fu un incidente. Papà era
un accanito fumatore di sigari.
CARDINALE Avana. Solamente chille lle piacevano.
GIOACCHINO E la macchina era piena di botti.Chissà perché a Pasqua voleva sparare come si fa
a Capodanno.
CARDINALE Un mistero pure per me.
GIOACCHINO Il sigaro fu fatale e la macchina scoppiò tra scintille, botti e tracchi.
Beh, da allora, ogni anno a Pasqua, puntualmente, la famiglia Cacace mi
fa dono di un enorme,spropositato,mostruoso uovo con tanto di fiocco nero, in segno di lutto.
Voi capite con chi ci andiamo a imparentare, ma mio figlio si è incaponito, è asciuto pazzo.
Glielo dico cento,mille volte al giorno: Gerò, torna in te, rinsavisci, macchè. Per giunta,sua
madre lo appoggia.Quella vive con la testa fra le nuvole, è scema, sennò Attilio da chi pren-
deva?
CARDINALE Ah,no. Virginia è una moglie devota e una madre affettuosa.
GIOACCHINO Non lo nego,ma è una donna semplice,mentre io sono complicato.
CARDINALE No,tu sei un ingrato che bestemmia. La Provvidenza ti fece incontrare Virginia do-
po che avevi preso la sbandata p’a ballerina.
GIOACCHINO (Rapito nel ricordo) Colette era bellissima. ‘A chiammavano yo yo.Non era na fem-
mena, era na molla. Teneva un seno maestoso, duie palle ‘e marmo.
CARDINALE A coppa di champagne.
GIOACCHINO Proprio così.
CARDINALE Accussì se chiammano. E’ un fatto storico. Dai tempi della Pompadour.
GIOACCHINO Io avevo perzo ‘a capa.
CARDINALE Lo so. Stavo in Vaticano quando venne a farmi visita ‘o barone Patanè,antica nobil-
tà siciliana,magnifica famiglia. Don Calogero voleva accasare la sua unica figlia Virginia e
io subito pensai a te, caro nipote.
GIOACCHINO E io obbedii,fedele alla regola delle tre O:ordine,obbedienza,onore,come mi inse-
gnò mio padre e a lui mio nonno. Me lo fece giurare sul codice di procedura penale, perché
l’aveva preso per la Bibbia. Vi ricordate che la miopia di papà era tremenda. Figuratevi che
una volta fece ammanettare mammà perché l’aveva scambiata per un delinquente che aveva
precedentemente condannato,per via dei baffi.
CARDINALE (Distratto) Lo aveva condannato a causa dei baffi?
GIOACCHINO Ma no. Dudù“ ‘o scarrafone “ aveva i baffi,mammà pure. Oddio,baffi mò,pelu-
ria. Papà,scherzosamente,la chiamava baffotta perché era pure piccolina.
CARDINALE (Spazientito) Gioacchì,capisco il figlio tenero e devoto,ma mammà era pelosa assai.
Chella teneva ‘o pizzetto ca pareva D’Artagnan.
GIOACCHINO (Accomodante) Sarà.
CARDINALE (Taglia corto) E’. Comunque,Virginia per te,fu una manna. Giovane,bella,ricca e so-
prattutto,casta, una perla. E’ stata educata dalle Orsoline, ‘o ssaie.
GIOACCHINO E se vede.Specie ora che è venuta a trovarci mia suocera,donna Matilde:”Mammi-
na”,come dice Virginia. “ ‘O Kaiser “,comme ‘a chiammo io.
CARDINALE (Sorvolando) Si,si,ci siamo già salutati. Donna squisita.
GIOACCHINO (Ironico) ‘Nu babà.
Bussano alla porta ed entrano,in fila indiana,Matilde,imponente e autoritaria,Virginia,a testa bassa e
Attilio. Ultima Filomena,con un vassoio. Attilio va a stravaccarsi su una poltrona.
MATILDE Eminenza…
CARDINALE (Prendendole entrambe le mani) cara,cara donna Matilde…(a Virginia che gli bacia
la mano) cara,cara Virginia…
MATILDE Voglia peddonare l’inciusione,eminenza,ma Attilio ha voluto che le pottassi queste cas-
sate fatte con le mie mani…
ATTILIO Non è vero. Nun me passa manco p’a capa.
MATILDE (Gli molla uno scapaccione) Filomena,puoi andare. Gioacchino,non bere che male ti
vedo. (Indicando Attilio che sta mangiando i dolci) povera anima innocente che non capisce
la ciagedia che è scoppiata in questa casa,come una carica di citolo, a causa di quei…Dio mi
peddoni, maledettissimi,fitusissimi Cacace.
VIRGINIA (Timidamente) mamà,che dici…
MATILDE Taci,Vigginia. Io,laconica sono di natura,ma ora ho deciso di pallare e pallo. Eminenza,
lei sa che sono pessona devota,religiosissima.Pettanto,mi fa ciaboccare di sdegno la ciacotan-
za olciaggiosa di quei ciaffichini,ciaviati,pevvettiti e pevvessi, che ciavalica, ciascende fino al-
l’impossibile. Gente mobbosa è,che inceccia ciame tobbide a ciadimento.
CARDINALE Calmatevi, donna Matilde.
MATILDE Dice bene,eminenza,lei che,fotte come miniscio di Dio, non si fa ciascinare dalle emo-
zioni,ma il cioppo,quando è cioppo,scioppia.Gerolamo è un testaddo,si sta mosciando ostina-
to a non cioncare con quella Cacace. Comunque,se questo macimonio si fa,mio nipote è mot-
to. Non c’è ciaccia di rancore in quel che dico. Opinione morale è, inciansigentemente scop-
pita nel mammo. (Bacia la mano al cardinale,Virginia fa altrettanto). Attilio, andiamo!
(Attilio scatta sull’attenti e saluta militarmente. Tutti e tre escono in fila indiana,come sono entrati).
ATTILIO (Facendo capolino dalla porta) A mme,Taitaina me piace assai. E’ bona.E’ meglio d’a tor-
ta. (Scappa).
( Sulla scrivania,un telefono cellulare suona. Entra Gerolamo con impermeabile,cappello,occhiali
scuri,barba e baffi finti.Bacia la mano al cardinale e va verso la scrivania,dove prende il telefonino)
GEROLAMO Io aggio asciuto pazzo p’o truvà. (Ribacia la mano al cardinale ed esce)
CARDINALE (Interdetto,a Gioacchino) Chi è caro?
GIOACCHINO Gerolamo.e questa è un’altra dei Cacace. Gesù,quello è un giudice e gira accussì
cumbinato,”in incognito”,comme dice isso,per andare a trovare Rosa,la fidanzata. E non bas-
ta.(Apre un cassetto della scrivania,prende un foglio e lo porge al cardinale)Guardate cosa ho
trovato tra le sue carte. Leggete cosa scrive mio figlio,ca se sente Giacomo Leopardi.
CARDINALE (Inforca gli occhiali e legge ad alta voce) Rosa,Rusella,‘o core me sbatte comme ‘na
caccavella. Me vuò bene pure tu? Putipù,putipù.
ATTO III
(Studio dei notai Ferdinando e Ciro Parascandalo:elegante,lussuoso. I divani e le poltrone in pelle,la moquette sono di colore bianco ghiaccio. Alle pareti,quadri d’autore. Dietro la scrivania in cristallo,
un’immensa vetrata. Ferdinando, un bell’uomo sulla sessantina, cammina avanti e indietro nervosa-
mente. Suo figlio Ciro,seduto in poltrona,invece è calmissimo).
FERDINANDO E va bene, si vede che stava preparata apposta per me, questa gatta da pelare.
(A Ciro) Tu capisci,io sto in mezzo a due fuochi: da una parte i Carnevale, giudici con relati-
vo Vaticano,per via di sua Eminenza;dall’altra, i Cacace:soldi e politica. Una patata bollente,
‘na patana tanta.
CIRO Papà,gatta da pelare,patana,tu non sai più quello che dici. Per me stai esagerando. Ma che sa-
rà mai. In fondo, che è succieso.
FERDINANDO Sentitelo,quant’è olimpico mio figlio. Ma come,dall’Avana mi arriva la lettera di
un certo notaio Gomez,ca pe mme è ‘nu saciccio qualunque,che mi dà disposizioni per convo-
care stasera,alle otto in punto, le famiglie Cacace e Carnevale, alle quali dovrei leggere un’al-
tra lettera sigillata, il cui contenuto ignoro e chille me dice che è succieso. Già, ‘o signurino ‘e
serafico pecchè l’intestatario sono io, ’e guai so ‘e miei,tanto a te che te mporta. Da quanno
è arrivata chella chiaveca ‘e lettera,mi stanno addosso,vogliono sapere. Ma che v’aggio a di-
cere,si nun saccio niente. E chiedono,indagano, in modo insinuante o minaccioso, a seconda
di come gli girano. A verità,me so’ scucciato.Comme se dice:dalle e dalle se scassano pure ‘e
palle. Io non mi faccio capace, vi volete scannare? Benissimo,ma lassateme sta a me. Io che
c’entro?
CIRO Beh,papà,se ci pensi bene c’entri.
FERDINANDO Si’ asciuto pazzo?
CIRO (Senza scomporsi) Quella volta che hai dato lo sfratto a Gennaro “Pizzabella”, con la scusa
che ti servivano i locali per farne studio perché qua ci dovevo venire io con mia moglie, t’ ’o
ricuorde,sì? ‘O puveriello chiagneva:” ‘a pizzeria,comme faccio,addò vaco ”. Ma tu,tuosto:
volevi vendere. E quando Gennaro ti fece causa, chi ti diede una mano, non fu Gioacchino
Carnevale?
FERDINANDO (Minimizzando) Si,va bene,ma è roba passata.
CIRO Tu dicesti:”in qualunque occasione,la mia vita ai vostri piedi”,perché sei enfatico,grandioso.
A parole.
FERDINANDO Nun m’o ricordo.
CIRO (Implacabile) E quella volta che facesti un affarone,comprando per una miseria ‘a villa ai
Camandoli,non fu grazie ad Antonio Cacace? Pure a lui dicesti: “in qualunque momento, la
mia vita ai vostri piedi”.
FERDINANDO (Ironico) Ah,così dissi? Momento,non occasione.
CIRO Papà,tu te ne esci con l’ironia e invece,chesta è ‘a legge del do ut des,io ti do una cosa a te e
tu mi dai una cosa a me. Perciò,nun fa ‘o restivo. Se sai,parla.
FERDINANDO Hai finito? C’è qualcos’altro che mi devo ricordare? Beh,cu tutto ca me si’ figlio,
quanno parli accussì,te pigliasse a paccheri. Sei antipatico,tale e quale a mammeta. Io poi,se-
condo te,si sapevo nun parlavo? Non fosse altro ca pe llevarme ‘a tuorno chelli scassapalle.
Ma ‘a busta tene ‘e sigilli, ‘o vuo’ capì?
CIRO Apposta io stevo penzanno…
FERDINANDO (Ironico) Overo?
CIRO (Scocciato) Va buo’,papà. Piuttosto,tutto stu mistero ‘nu me cunvince. Fusse ‘na bomba?
FERDINANDO No,’a bomba so’ io che sto per scoppiare. E me so’ scucciato ‘e te sentì.
CIRO Vabbuò,calmati. A proposito,ci parlo io a sua eminenza?
FERDINANDO No, no, per carità. Tu non sai quello quanto è tremendo. Poi è stata una mia idea
quella di far venire qui in studio Gioacchino Carnevale e Antonio Cacace, prima di aprire
quella cacchio di lettera. Il cardinale è d’accordo anzi,a momenti dovrebbe arrivare.
(Si sente il suono di un campanello)
FERDINANDO Ah,eccolo. Tu,è meglio che te ne vai nell’altro studio.
(Quando il cardinale entra, Ferdinando gli va incontro e gli bacia la mano).
FERDINANDO Eminenza,vi sono grato per avermi dato l’opportunità di rendermi utile alla vostra
famiglia,la cui antica amicizia mi onora e per esservi degnato di venire qui,nel mio modesto
studio.
CARDINALE (Guardandosi intorno) Vedo,vedo.
FERDINANDO In qualunque occasione,in qualunque momento,la mia vita è ai vostri…(un attimo
di indecisione,poi) è vostra.
CARDINALE Calma,calma. Non lanciatevi in promesse che potreste non mantenere. La vita è
sacra,è un dono del Signore. Ben altro dono vorrei da voi e lo sapete.Ma,se sono venuto qui,
l’ho deciso io, in quanto la circostanza richiede la massima discrezione.Io detesto la pubblici-
tà. Inter nos, sarò io a donarvi qualcosa,un consiglio: nella penombra si vede meglio che alla
luce del sole. (Gli mette in mano dei santini) E buon pro vi faccia.
FERDINANDO (Servile) Grazie,eminenza,parole sante.
CARDINALE I santi stanno in paradiso ma noi,che stiamo quaggiù,dobbiamo avere i piedi per
terra. Poco fa avete detto: “ In qualunque occasione,in qualunque momento…”eccetera. Be-
ne,l’occasione c’è e il momento è arrivato. Cosa potete dirmi di questa misteriosa lettera?
FERDINANDO (Suda copiosamente,si asciuga il viso con un fazzoletto)Eminenza,quel che vi ho
già risposto tutte le volte che me lo avete chiesto,non so assolutamente nulla. (Va alla scriva-
nia, prende un foglio e lo porge al Cardinale che gli dà appena un’occhiata e glielo rende,
stizzito).
CARDINALE Ma questo l’ho già letto. Intendo l’altra, quella sigillata.
FERDINANDO Eminenza,sono costretto a ripetermi. Non so niente. Sono all’oscuro, brancolo
nel buio più totale. Come ben sapete,questo collega cubano, Alejandro Gomez,mi scrive sol-
tanto che la busta sigillata deve essere aperta stasera alle otto alla presenza di tutti i compo-
nenti delle famiglie Carnevale e Cacace. Questo è quanto.
CARDINALE E la busta coi sigilli, dov’è?
FERDINANDO In cassaforte.
CARDINALE (Deluso) Già,già. Quindi,voi siete totalmente ignaro circa il contenuto.
FERDINANDO Totalmente,eminenza,completamente.
CARDINALE Va bene,va bene. Ritenete di essere un buon cristiano,dottor Parascandalo?
FERDINANDO Credo di si.
CAEDINALE A noi risulta che non frequentate molto la chiesa.
FERDINANDO Purtroppo il lavoro mi impegna moltissimo.
CARDINALE (Guardandosi intorno) E ne siete abbondantemente ricompensato,ma è necessario
pensare anche all’anima. Volete aprirvi, confessarvi?
FERDINANDO Eminenza,si, ma solo per dirvi: non so niente.
CARDINALE (Che non si rassegna) La vostra è ostinazione.
FERDINANDO (Timidamente) Non so che dire…
CARDINALE Lassammo fa a Dio.
FERDINANDO (Cambiando discorso) Certo che fa caldo forte.
CARDINALE Si, ma nel vostro studio c’è una gradevole frescura.
FERDINANDO Eppure sto sudando. Dev’essere il condizionatore che non va.
CARDINALE (Insinuante) Forse è una reazione emotiva. Siete preoccupato? Qualcosa vi turba?
Ne volete parlare? (Tossisce)
FERDINANDO (Eccessivamente premuroso,ne approfitta per cambiare discorso) Vi faccio por-
tare un bicchiere d’acqua o quello che volete. Telefono al bar qua sotto. Cosa ordinate?
CARDINALE Acqua e anice. E’ la mia debolezza.L’unica,per la verità,ma io esco pazzo per l’ac-
qua e anice. Bella ghiacciata, accussì mme piace.
FERDINANDO (Si sente più rilassato) Vi confesso…
CARDINALE (Che non demorde) Vi siete deciso?
FERDINANDO Non intendevo quel che pensate voi.
CARDINALE Se siete così bravo da intuire i miei pensieri,potreste esserlo altrettanto con quella
lettera chiusa in cassaforte.
FERDINANDO Io volevo solo dire che l’acqua e anice me piace pure a me, ecco.
(Cicalino dell’interfono)
SEGRETARIA Dottore,sono arrivati i signori Cacace e Carnevale.
FERDINANDO Faccia entrare.
(Gioacchino e Antonio entrano insieme)
GIOACCHINO e ANTONIO (All’unisono) Buonasera.
(Gioacchino bacia la mano al cardinale. Antonio va a sedersi).
FERDINANDO (Suda copiosamente,si allenta la cravatta,si asciuga il sudore) Signori, se vi ho
convocati prima delle otto, ora in cui potrò dare lettura della famosa lettera, è innanzi tutto
per manifestarvi i sensi della mia stima.
GIOACCHINO E voi osate mettere sullo stesso piano noi (indica se stesso e il cardinale) cu stu
fetente.
ANTONIO (Reagisce con una risata provocatoria) Ah,ah.
CARDINALE Gioacchì, pienze pe tte. Io devo essere super partes. L’abito che indosso me lo
impone.
ANTONIO Sennò, nudo, chissà che faceva.
CARDINALE Cacace, io nun so’ Giobbe.
GIOACCHINO No, io me ne vaco.
FERDINANDO Eminenza,signori. (Ad Antonio,con tono di biasimo) Pure voi… Un attimo sol-
tanto,ascoltatemi. Stevo dicenno… Ah,si,i sensi eccetera,eccetera.(Ad Antonio e Gioacchino)
In passato, entrambi mi avete manifestato la vostra amicizia e io, nel mio piccolo e con as-
soluta discrezione,la mia riconoscenza,ricambiando, per così dire,la vostra gentilezza disinte-
ressata con il mio (rivolto ad Antonio) contributo finanziario alla vostra campagna elettorale
(Antonio tossisce) e (rivolto a Gioacchino) con la mia modesta assistenza al barone vostro
suocero,quando decideste che doveva fare testamento. (Gioacchino e il cardinale tossiscono
a loro volta) Qualcuno ha ditto ca ‘a gratitudine è comme ‘o peccato, nun se cancella.
Per questo vi prego di credere pure voi,eminenza,alla mia assoluta, totale buonafede. (Con
tono fermo,scandendo le sillabe)‘A busta sta dinto ‘a casciaforte,cu tutti ‘e sigilli. Io mò, ag-
gio a essere comme ‘o cunfessore perché,chi si confessa, vuole che il peccato resti segreto e
chella busta perciò restarrà nzerrata fino all’otto e stasera.
GIOACCHINO Io devo dire due parole (con disprezzo) all’assessore.
ANTONIO (Irridendolo) Sono tutto tuo.
CARDINALE (Ad Antonio e Gioacchino) Ma pigliateve ‘na tregua.La fermezza è una qualità ma
(rivolto a Ferdinando) quando è troppa è ostinazione. Io e Parascandalo ce ne iammo.Tengo
l’acqua e annese ca m’aspetta. (Esce con Ferdinando).
ANTONIO (Si accende una sigaretta,mentre Gioacchino,in piedi di fronte a lui,impettito,braccia
incrociate sul petto,lo fissa con odio) Cosicché,per parlarmi hai dovuto scomodare il cardi-
nale zio. Se proprio ci tenevi ,potevi prendere appuntamento. L’assessore Cacace riceve il
pubblico ogni giovedì, dalle nove alle tredici. (Soffia il fumo con aria di sfida).
GIOACCHINO E io scomodavo sua eminenza per te, un verme, un porco.
ANTONIO (Senza scomporsi) Ti devi decidere,o verme o porco.Comunque,sei generoso nel pri-
varti di questi appellativi per darli a me.
GIOACCHINO Bada, non tollero offese.
ANTONIO Qua’ offese. Io con-sta-to,punto. Pure a scuola eri così,ti inalberavi e poi finiva
che abbuscavi.
GIOACCHINO Ciuccio! Eri e sei rimasto ciuccio.
ANTONIO Quando mai,chillo ca raglia si’ tu.
GIOACCHINO T’avverto, la mia pazienza ha un limite.
ANTONIO ‘A pacienza surtanto?
GIOACCHINO Non hai rispetto per niente e per nessuno.
ANTONIO Specie quando li ho di fronte a me,comme a stu mumento.
GIOACCHINO Io te manno ’ngalera.
ANTONIO Nun me mporta,nun me passa manco p’a capa. (Accenna una vecchia canzone) Me
sto criscenno ‘nu bellu cardillo,quante cose ca l’aggio a mparà. Zan.
GIOACCHINO Si turnasse ‘a pena ‘e morte,pe te sarria poco.
ANTONIO Pecchè,nun te piace ‘a canzone? Pensa a traslocare le salme,invece.
GIOACCHINO (Furibondo) ‘A cappella nun se tocca,resta addò sta.
ANTONIO T’o può scurdà.
GIOACCHINO Sei un laido,turpe,immondo avvoltoio. Con gli imbrogli sei diventato assessore.
ANTONIO (Senza scomporsi) Dunque dunque,verme,porco,ciuccio e pure avvoltoio. (Batte le
mani) Bravo,veramente bravo. Addò t’e pigliata ‘a laurea,‘o giardino zoologico? ‘A verità è ca te
siente ‘o ruospo ncuorpe. Ah, tu te credive intoccabile. Signori miei, l’esimio Carnevale si sente di fottere perché ho applicato la legge,sissigno-re.Nun ce sta niente ‘a fa.La cappella deve essere
abbattuta. Pigliate ‘e casciulelle e vattenne cu’ ‘e muorte tuoie. Tutt’al più ti posso venire incontro, concedendoti i loculi del comune in affitto.
GIOACCHINO (Fuori di sé) Carogna.
ANTONIO Quale onore,sentirmi vostro pari.
GIOACCHINO Basta! La cappella sta addò sta,dalla notte dei tempi. Semmai,il cimitero è abu-
sivo e tu,assessore d’o cacchio,insieme a tuo fratello Pompilio,con la sua impresa di pompe
funebri, ve site accunciate quatt’ova dinto ‘o piatto. Avete fatto del cimitero la base per i
vostri affari luridi e fetenti. Bada,sono informato di tutto,tutto so. E’ un pezzo che vi tengo
d’occhio a te, a frateto e alla vostra società “LA SALMERIA”. Ma t’avverto, ’a cappella nun
se tocca. Devi passare sul mio cadavere.
ANTONIO E dove ti mettiamo? I loculi del comune sono contati,non c’è posto. Devi rinunciare
a defungere,pe’ mò.
GIOACCHINO ‘E vuluto ‘a guerra e guerra sia. Sarò spietato. Intanto,di’ a tuo figlio/figlia di non
venire più a scocciarmi con richieste immorali e oscene. Vuleva ‘a maternità,vuleva.
ANTONIO (Punto sul vivo,irritato) Mò sì che sei uscito al naturale. Per ripicca,per l’odio ca te
roseca ‘o core comme ‘nu sorice ‘o furmaggio,tu nu magistrato,ti ostini a negare a mia figlia
il diritto a essere riconosciuta madre del figlio di cui è padre.
GIOACCHINO ( Soddisfatto nel vedere Antonio perdere le staffe, ostenta una calma irritante)
Inoltre, mio figlio Gerolamo rompe il fidanzamento con la signorina,simme sicuri ca è fem-
mena? Rosa Cacace. E’ deciso, t’aggio dato ‘a nutizia.
ANTONIO E io te dongo ‘o sfratto. Vai a traslocare i morti tuoi, ma prima pava ‘a multa.
GIOACCHINO Tu si’ pazzo.
ANTONIO Non oso privarvi di un titolo che vi appartiene di diritto,eccellenza. ‘E fatti stanno
accussì:articolo 1227 ”costruzione abusiva su edificio pericolante.” Per ingrandire ‘a cappella
‘e Tutankhamon, hai levato un muro portante di 40 centimetri e qua casca il ciuccio, articolo
667,ovvero responsabilità penale in caso di crollo. Ci può scappare il morto.
GIOACCHINO Al cimitero? Overo tu si’ pazzo. Poi,questi sono articoli che riguardano i condo-
mini.
ANTONIO Io l’amministratore faccio. Gli appartamenti moderni sono piccoli,veri e propri loculi,
dunque…
GIOACCHINO Sei un’anima dannata.
ANTONIO Alla mia anima ci penso io. Tu pensa all’anema ‘e chi t’è muorto.
(Entrano il cardinale e Ferdinando)
CARDINALE Calma,calma,per amor di Dio. Come dicono i buoni frati trappisti:”Fratello,ricor-
dati che devi morire”.
ANTONIO Ricordiamoci.
CARDINALE Cacace,io la memoria ce l’ho buona.
FERDINANDO (Sottovoce) Eminenza,per motivi di discrezione,ho provveduto ad allontanare la
segretaria. Di là c’è mio figlio Ciro. Man mano che arrivano i convenuti,li farà accomodare.
(Si asciuga il sudore).
CARDINALE Bravo.
(Suona il campanello. Entrano Adelaide,Rosa e Roberta)
FERDINANDO (Saluta con un inchino) Le signore…
ADELAIDE Cacace.
ROSA Cacace.
ROBERTA Cacace.
(Adelaide e Rosa vanno sedersi accanto ad Antonio,su uno dei divani,mentre Roberta si attarda per
darsi la cipria.)
FERDINANDO (Inchinandosi compitamente) Prego,signora,se vuole accomodarsi…
ROBERTA (Lusingata, con fare civettuolo) Sono tutta vostra.
(Va a sedersi ancheggiando,mentre Ferdinando la guarda imbarazzato. Intanto è arrivato Pompilio,il
fratello di Antonio. Ha il fiatone e si asciuga il sudore con un fazzoletto listato a lutto).
POMPILIO ( A Ferdinando, presentandosi ) Pompilio Cacace, titolare della famosa impresa di
pompe funebri “MORS SANA IN CORPORE SANO”. Scusate,ma ho fatto una corsa. Sto
morendo di caldo.Poco prima di venire qua,c’è stato un decesso, un nostro affezionato clien-
te.S’era accattata ‘a cascia un mese fa. E ha fatto bene. Tutti dovrebbero fare come lui.(Fer-
dinando fa scongiuri) Cosa siamo… ‘Nu piezzo d’omme ‘e chella manera. Mah,così è la vita.
(Dà a Ferdinando un biglietto da visita) Comunque,per qualunque evenienza, qua c’è l’indi-
rizzo, ‘o telefono, ‘o fax. Noi siamo disponibili 24 su 24. Il nostro motto è: “NON CI FER-
MA NEANCHE LA MORTE”. Se avete bisogno,sono a vostra completa disposizione.
FERDINANDO (Irritato,gli fa cenno di accomodarsi. Pompilio va a sedersi con gli altri della sua
famiglia,mentre suona il campanello. Entrano Virginia,Gerolamo,Attilio che porta al guinza-
glio il cane di pezza. Bacia la mano a Virginia,con galanteria) Donna Virginia, siete sempre
più bella. (Stringe la mano a Gerolamo,mentre Attilio,tirandosi appresso il cane di pezza,fic-
ca il naso dappertutto).
ATTILIO (Indicando Adelaide) Uh, mammà, ce sta ‘a CAZZIERA.
VIRGINIA Veggine Santissima.
ADELAIDE (Schizza in piedi furibonda) Se sono venuta per farmi insultare,me ne vado. (A Ro-
sa e Roberto/Roberta) Ragazze!
ANTONIO Lassa perdere, ‘o ssaie ca chillo è scemo.
ATTILIO Papà, m’ha chiamato scemo.
GIOACCHINO Nun è niente, bell’e papà, pur’isso se chiamma accussì.
ANTONIO (Irritato) Ma iatevenne.
ATTILIO (Ad Antonio,indicando il cane di pezza) Ti faccio mordere,’e capito? (Prende dalla ta-
sca un lecca lecca del “SIXTY NINE”) tiè,pigliate stu lecca lecca e statte zitto.
(Gerolamo gli toglie il lecca lecca,lo prende per il bavero e lo costringe a sedersi).
(Ferdinando è riuscito a calmare Adelaide. Attilio fa le boccacce, mentre Antonio e Gioacchino si
si guardano in cagnesco. Virginia se ne sta seduta,a testa bassa. Il cardinale, imperterrito, continua a
gustarsi l’acqua e anice).
FERDINANDO (Prende posto dietro la scrivania. Si asciuga il sudore)Signori,vi prego, prestate-
mi la vostra attenzione. (Guarda l’orologio. Nel frattempo entra Ciro con la famosa busta,la
consegna al padre e gli siede accanto. Nessuno fiata) Il motivo per cui vi ho convocati è
questa busta. (La mostra) Ora scopriremo,finalmente,cosa contiene. (Rompe i sigilli,mentre
Ciro si sposta con la sedia,prudentemente, sempre timoroso che possa scoppiare)Signori,qua
ci stanno due lettere numerate prima e seconda. (Apre la prima,legge) “Questa lettera (si fer-
ma) Scusate,ma la grafia è impossibile. (Si asciuga il sudore) Gesù,Gesù. (Continua a legge-
re) Dunque, questa lettera è indirizzata alle famiglie Carnevale e Cacace: “ Chi vi scrive è un
morto che non morì e ora: la bomba…”
CIRO (Schizzando in piedi) ‘O ssapevo.
FERDINANDO (Irritato,lo guarda storto. Agitazione tra i presenti) Calma,calma,lasciatemi con-
tinuare. Dunque,”la bomba:si,sono proprio io Gerolamo Giulio Cesare Augusto Carnevale…”
GIOACCHINO (Schizza in piedi) Cose ‘e pazze. Allora chi è il morto che sta nella cappella nostra?
ANTONIO Tanto dammo ‘o sfratto pure a isso.
GIOACCHINO ‘A vuo’ fernì ?
CARDINALE Gioacchì,calmati. (Ad Antonio) E pure voi.
FERDINANDO Sentite,umanamente comprendo,ma cca’ facimmo notte. (Legge) “Vi chiederete
chi è stato sepolto al posto mio. Non sono cocchi vostri”. (Brusio degli astanti) Mi correggo
“ Non sono cacchi vostri”.
GIOACCHINO Gesù,io nun ce pozze credere. Mammà si consumò di lacrime. Le raccolse perfino
in un vaso e volle che fossero sepolte con lei. Quella si sta rivoltando nella tomba.
ANTONIO Se prepara ‘o trasloco.
CARDINALE ‘A vulimmo fernì? Parascà,leggete.
FERDINNDO “Tutto cominciò a Ischia.dove ero andato per curarmi un esaurimento nervoso.
Avevo lavorato sodomizzando lo stress…(Imbarazzo dei presenti. Ferdinando rilegge e ret-
tifica)”Avevo lavorato sodo,MI-NI-MIZZANDO lo stress”.Ah, Madonna! “A Ischia,rividi l’unico
grande amore della mia vita:Rosella Cacace.Diventammo alianti “ (Si ferma,rilegge) “Diven-
tammo amanti”. Mò si. “Avevo sparato (corregge) SPOSATO” (ai presenti) Che vulite ‘a me?
“Genoveffa Del Giudice per volere di papà. Ma Genoveffa era una donna senza slanci, col
pelo sul cuore”.
ANTONIO Pure, nun bastavano ‘e baffi.
GIOACCHINO Beh,quant’è vera ‘a Madonna,me scordo ca so’ giudice e so’ mazzate.
FERDINANDO Signori,vi prego,un po’ di comprensione,sto sudando le sette camicie e che cac-
chio! Scusate,Eminenza (continua a leggere) “Io sono sempre stato scemo…
ANTONIO ‘E di famiglia.
GIOACCHINO No, io ‘o scamazzo.
CARDINALE (Trattiene Gioacchino e, ad Antonio) Vergogna!
FERDINANDO (Continua a leggere a bassa voce,tentando di decifrare lo scritto)Rettifico “Io so-
no sempre stato SCEVRO d’inganni,ma con Rosa volevo scopare lontano…
CARDINALE Parascandalo, ma che ca…che cosa state dicendo?
FERDINANDO Ccà,accussì se legge,ma non mi mettete fretta,sennò mi metto in agitazione. (ri-
legge) “Ma con Rosa, volevo SCAPPARE lontano”. In effetti, mi pareva strano. Va bbuò.
“Il destino ci aveva fatto ritrovare CHE GIOVA NELLE FATE DAR DI CAZZO? ” Gesù,ma
comme scrive chisto.
CARDINALE (Alzandosi) No, io sono inorridito.
ANTONIO E perché, scusate? Io,invece, mi sto divertendo.
CARDINALE Siete di un cinismo nauseante.
ANTONIO ‘E pari alla vostra ipocrisia.
CARDINALE Badate,Cacace,non sfidate la mia tolleranza!
FERDINANDO (Che si è riletto la lettera,esclama trionfante) Ah,ma questo è Dante “CHE GIO-
VA NELLE FATA DAR DI COZZO.” Sarebbe a dire,a che serve opporsi al destino,vah!
CARDINALE Sentite,Parascà,qua si sta esagerando,è una vera indecenza. Se non riuscite a leg-
gere,fatevi sostituire da vostro figlio. ‘E capace, sì?
FERDINANDO Eminenza,sono mortificato ma vostro fratello,con tutto il rispetto, scrive come
un egiziano. Ccà è tutto un geroglifico. (Riprende la lettura) “Decidemmo di fuggire e ci or-
ganizzammo.Come?Non ve ne fotte.”Eh,no,Eminenza,scusate,ma stavolta non mi sono sba-
gliato. Qua sta scritto proprio: NON VE NE FOTTE. (Mostra la lettera al cardinale) Final-
mente,io e Rosa,volammo a Cuba,come due colombi.
ANTONIO E brava a zia Rosa.Hai capito,la zoccola? Ci diede a bere che andava in India pecchè
ll’era venuta ‘a crisi mistica. All’anema d’a palla.
GIOACCHINO ‘ O ssapevo. Quello,papà,il colombo,ha sperperato e mò vuole tornare a Canossa.
ANTONIO Per me,io non c’entro. S’è pigliata a zia Rosa, dunque pure lei è di competenza Car-
nevale.
FERDINANDO (Si asciuga il sudore) Ma proprio a mme sta patana. Signori,quando vi prego,la-
sciatemi continuare. “Purtroppo,Rosella se n’è andata,lasciandomi cazzo e privo d’ogni mio
bene…
CARDINALE N’ata vota,mò. Parascà,basta!
GIOACCHINO Hai capito? Il colombo vuole tornare con le pezze al culo,perché la Cacace l’ha
piantato.
ANTONIO Lo dici a me? Che me ‘mporta.
FERDINANDO Signori,signori,rettifico “LASCIANDOMI CASSO E PRIVO D’OGNI MIO BE-
NE”,come dice il poeta. Quando riceverete questa lettera, anch’io sarò morto. Adios” (si abbandona allo schienale).
GIOACCHINO Qua si tratta di sborsare soldi,perché vorranno essere sepolti in Italia,i colombi.
POMPILIO Io costo caro,si tratta di salme estere.
FERDINANDO Gesù,non ho mai sudato tanto in vita mia.Signori,calma. Vado ad aprire la busta
numero due. Legge “L’anno 2000,il giorno 29 del mese di ottobre, all’Avana, nel mio studio
al corso REVOLUCION n° 13,innanzi a me notaio Alejandro Gomez, la signora Rosa Ca-
cace e il signor Gerolamo Carnevale,così dispongono: che i loro rispettivi patrimoni, am-
montanti a lire Novecento miliardi…
Silenzio di tomba. Attilio esce precipitosamente,ma nessuno gli bada.
FERDINANDO “Siano,in parti uguali,divisi tra i componenti delle famiglie Carnevale e Cacace,ad
una condizione…
ANTONIO Figuriamoci se non c’era l’inguacchio.
TUTTI Silenzio!
FERDINANDO “che si trasferiscano a Cuba. Se la clausola non sarà accettata,l’eredità andrà a
Fidel Castro.”
Nessuno fiata. All’improvviso,il cardinale schizza in piedi e,togliendosi il copricapo cardinalizio,lo
lancia al notaio.
CARDINALE Tiè,pigliate sta scorza ‘e nucella. Milingo! Milingo!(Canta) Mujer,si puede tu con
Dios ablar…
TUTTI (In un’esplosione di euforia) Tutti a Cuba,tutti a Cuba!
Entrano Attilio e Titina,tenendosi per mano. Attilio suona la trombetta per attirare l’attenzione dei
presenti.
TITINA Serve una lappista?
FINE