TUTTI BRAVI RAGAZZI

di

Mauro Lorenzini



Atto primo

Scena 1 – venerdì tardo pomeriggio: Alberto, Enrico
Un giorno di primavera a casa di Alberto. Soggiorno con mobile, tavolo, sedie, telefono, PC, stereo. Da un lato c’è la porta di ingresso e dall’altro quella che porta alla cucina e alle altre stanze. Disordine e sporcizia. Il fondale della scena comprende uno schermo su cui si possono proiettare immagini e attraverso cui si possono vedere silhouette di persone in azione.
Alberto è seduto al tavolo, con la testa tra le mani, aria abbrutita. Lo stereo suona ad alto volume “Amici miei” di Gene Pitney (Sanremo 1965). In piedi c’è Enrico che dice ad Alberto qualcosa che il pubblico non sente a causa della musica.

E:    (spegnendo lo stereo) Ti capisco, ma devi reagire.
A:    No, non puoi capire, a te non è mai successa una cosa come questa.
E:    Ma che dici? Non ti ricordi più di tutte quelle che mi hanno mollato? Io stesso ho perso il conto …
A:    Non è la stessa cosa. Barbara viveva qui con me, in questa casa, da cinque anni …
E:    Ma che differenza vuoi che ci sia? A me non è ancora capitato di convivere sotto lo stesso tetto e forse le mie storie sono durate di meno, però quando una donna ti lascia la sofferenza è sempre grande!
A:    A me non sembra che tu abbia mai sofferto come un cane, e se lo hai fatto non è stato per più di mezza giornata … e comunque vuoi mettere l’abitudine a svegliarsi con l’aroma del caffè, a farti servire una birra mentre guardi la partita, a trovare le camicie stirate e profumate nel cassetto?
E:    Detta così, sembra che ti manchi una colf!
A:    Ma che dici? Io amo Barbara, è lei che mi manca, non riesco a farmene una ragione … 
Enrico si guarda intorno nel disordine, afferra calzini lasciati qua e là, bottiglie vuote, ecc.
E:    Quando hai detto che se ne è andata, con precisione?
A:    Ieri mattina. Mi sono svegliato e non sentivo alcun odore di caffè. La casa era silenziosa. Sono andato in cucina e ho trovato questo.
Alberto porge a Enrico un foglio spiegazzato. L’amico comincia a leggerlo e manifesta sorpresa.
E:    Ah! (continua a leggere) ah (idem) oh (idem).
A:    Ah, oh cosa? Mica crederai a tutte quelle cazzate, spero!
E:    No, no, a tutte tutte no. D’altronde dice cose generiche. Questa è una lettera d’addio standard, andrebbe bene in ogni situazione. Anzi, ti dispiace se me ne faccio una fotocopia? Potrebbe tornarmi utile …
A:    Ecco, appunto, ho pensato la stessa cosa.
E:    Vuoi anche tu delle fotocopie? Le faccio io in ufficio …
A:    (spazientito) Ma quali fotocopie! Dico anch’io che sono cose generiche. Siamo troppo diversi, dice! Grazie! Preferiva forse che fossimo uguali? Sai che orrore!
E:    Specialmente se lei fosse stata uguale a te …
A:    Quando ci si ama le differenze vanno rispettate, sono un valore. (Rivolgendosi irritato ad una ipotetica persona) Ti piace ballare la salsa e devi farlo almeno due volte a settimana? Benissimo, fallo, vacci, divertiti, ma se io non ti seguo non reagire come chi ha subito un affronto infamante!
E:    Hai ragione, certo, ma a parte la salsa qui c’è scritto che sei sempre più  pigro, che non hai voglia di fare mai niente, che con te non si diverte più come una volta …
A:    E ti pare che devo sentirmi responsabile del suo divertimento? Ma che faccio l’animatore turistico?
E:    In effetti …
A:    E pure quell’altra storia che non collaboro nei lavori di casa! Mi sembra così pretestuosa! Ci sono cose per le quali non sono portato, tutto qui. Non mi si può chiedere di pulire il pavimento o la tazza del cesso: non saprei da che parte cominciare! (pausa) Però stiro benissimo, in questa casa ho sempre stirato tutto io, anche le sue camicette! E le andavano bene, altro che, non ha mai trovato nulla da ridire.
E:    Ti confesso che anch’io trovo un po’ deboli queste argomentazioni. Non mi sembrano buone ragioni per mandare all’aria un rapporto consolidato come il vostro. (pausa) Alberto, tu sei sicuro che non ci sia altro?
A:    Altro? In che senso, scusa?
E:    In tutti e due i sensi. Che non ci sia dell’altro e che non ci sia un altro.
A:    Non lo so. Non sono sicuro di niente.
E:    Mah, a pensare male si fa peccato ma spesso ci si indovina. Comunque non hai provato a parlarle, a convincerla a restare? Una volta eri bravissimo a incantare le ragazze con  le parole giuste …
A:    Ecco, giusto a parole …
E:    Ma spesso sono proprio quelle che servono. Ti ricordi di Marta? Preparammo insieme  Economia Aziendale. Quanti anni fa? Quindici, sedici? Mamma mia, come passa il tempo!
A:    Che c’entra Marta, adesso?
E:    Quando capitava che mi trovassi da solo con lei mi diceva sempre: “Alberto è un ragazzo dolcissimo, pieno di attenzioni, mi dice sempre cose belle, certe volte mi sembra l’ultimo dei romantici …”. Insomma era davvero colpita dalle tue parole.
A:    Infatti si mise con te!
E:    Ma che c’entra! Fu solo un caso, era te che ammirava.
A:    Comunque sì! Ho provato a chiamare Barbara, ma non mi ha mai risposto: quando vede il mio numero interrompe la comunicazione.
E:    (porgendo il suo cellulare ad A) Chiamala col mio!
A:    Ma no, figurati …
E:    Tenta, che ti costa, non hai niente da perdere!
A è riluttante ma poi si lascia convincere. Compone il numero e aspetta la risposta.
Voce arrabbiata di donna fuori campo che sente solo A: Enrico, non sono stata chiara? Non posso parlare! Se mi stai chiamando per conto di quel cialtrone di Alberto sei più cialtrone di lui! (chiude la comunicazione)
E:    Ha risposto?
A:    Già.
E:    E che ha detto?
A:    Che sei un cialtrone.
E:    Io?
A:    Sì. Credeva di parlare con te.
E:    Ah. E perché pensava di parlare con me? Io non ero nemmeno al telefono…
A:    Evidentemente ha il tuo numero memorizzato.
(breve pausa)
A:    Come mai Barbara ha il tuo numero memorizzato?
E:    Ma non lo so! Come posso saperlo? Glielo avrai dato tu!
A:    Io? Non mi ricordo proprio.
E:    Chissà. Magari glielo hai dato per un’eventuale emergenza.
A:    Enrico, io ti voglio tanto bene ma di fronte ad un’eventuale emergenza saresti l’ultima persona che chiamerei.
E:    Forse è stata quella volta che il cellulare ti cadde nel water e perdesti tutti i numeri in memoria. Ti ricordi?
A:    Cosa? Che persi la memoria? Sì.
E:    Avrai detto a Barbara di conservare il mio numero nel suo telefono, come duplicato in caso di necessità.
A:    Ma se lo avevo perso come avrei potuto farlo memorizzare a lei?
E:    Perché nel frattempo io te lo avevo ridato.
A:    Ma quando?
E:    Quella sera che andammo tutti a cena a casa di Carlo e Beatrice. Ti ricordi? Lei aveva fatto il pollo coi peperoni e tu, da gentiluomo quale sei, lasciasti che tutti gli altri si servissero prima di te; però al tuo turno ti incazzasti perché non c’era il petto e non perché lo avessero preso gli altri, ma perché Beatrice aveva comprato due polli senza petto. Ti ricordi?
A:    Senti, non me ne frega niente del perché Barbara abbia il tuo numero memorizzato. Io sono disperato perché se n’è andata!
E:    Lo so, l’ho capito. Ma non è il caso di drammatizzare, magari è solo una crisi momentanea.  Vedrai che tra qualche giorno tornerà.
A:    Tra qualche giorno? Ma chi te l’ha detto? Hai visto anche tu il tono della lettera: non lascia spazio a ripensamenti! E poi, se pure fosse come dici tu, come potrei sopravvivere anche solo per pochi giorni?
E:    Non devi sopravvivere, devi vivere! Devi distrarti, devi trovare qualcosa che ti prenda, che ti aiuti a dimenticare per un po’ questo malessere.
A:    Ma il mio unico pensiero è Barbara. Come potrei distrarmi? Cosa dovrei fare?
E:    Esci, vai da qualche parte, incontra qualcuno, non puoi startene buttato sul divano a piangere giorno e notte! Avrai degli amici, no?
A:    I miei amici siete tu e Carlo.
E:    Allora esci con qualche amica!
A:    (guardandolo trasecolato) Amica? Vuoi dire con Beatrice?
E:    Beatrice è la moglie di Carlo, non è una tua amica.
A:    Allora non ho amiche.
E:    Ho capito, ci penserò io a farti conoscere qualcuna.
A:    Ma non mi interessa!
E:    Tu nel frattempo setaccia la rete.
A:    (sempre più allibito) Che setaccio?
E:    La rete, il Web, Internet, come lo chiami?
A:    Setaccio Internet?
E:    Ci sono decine di siti fatti apposta per trovare amicizie!
Suonano alla porta.
A:    Apri tu per favore. Saranno Carlo e Beatrice.


Scena 2 – venerdì tardo pomeriggio: Alberto, Enrico, Carlo e Beatrice

Enrico apre ed entrano Carlo e Beatrice.


BEA:    (affranta) Ciao Enrico. Ciao Alberto. Siamo venuti il prima possibile.
Carlo fa un gesto di saluto a Enrico e si avvicina ad Alberto con aria di circostanza.
C:    Appena abbiamo saputo.   
E:    (stupito e preoccupato) Ma che è successo?
BEA:    Ma come, non lo sai?
C:    Barbara se n’è andata!
E:    (tranquillizzato) Ah, certo che lo so, ma da come siete apparsi ho pensato a una disgrazia!
A:    E’ una tragedia, altroché!
BEA:    (ad Alberto) Come stai? Ci hai fatto spaventare, al telefono! Sembravi proprio disperato!
C:    Abbiamo temuto che commettessi un gesto inconsulto...
E:    E infatti lo stava commettendo.
C e BEA:    (insieme a voce alta) COSA?
E:    Quando sono arrivato ascoltava “Amici miei” di Gene Pitney. Non so se vi rendete conto, parliamo di Sanremo 1965!
C:    Cristo santo! Ma adesso sta meglio, vero?
E:    Insomma ...
BEA:    (a Carlo abbracciandolo) Hai visto, amore? Te lo dicevo di non preoccuparti. (ad Alberto) Ti va di parlarne un po’? E’ successo tutto così all’improvviso…
A:    (affranto) E’ colpa mia! Barbara si era stancata di me da chissà quanto tempo e io non l’avevo capito.
C:    Ma ti avrà pur detto qualcosa… un accenno al suo malessere…
A:    Non lo so… a me parevano le solite lamentele generiche… ogni tanto diceva che non avevamo un progetto in comune…
E:    Ah, questa non la sapevo neanch’io! Un progetto in comune? Che avrà voluto dire?
Si rivolge con aria interrogativa a Carlo che non sa cosa dire.
BEA:    Non ci vuole mica tanto a capirlo! (e ad Alberto) Da quanto vivete insieme?
A:    Quasi cinque anni.
BEA:    E non ti è venuto in mente che si riferisse al matrimonio?
A ed E: (insieme guardandosi l’un l’altro) Matrimonio?
(breve pausa)
A ed E: (insieme) No, non ci è venuto in mente.
C:    Non sapete la gioia che dà un matrimonio ben riuscito … (e rivolto a Beatrice) Vero, amore?
C e D si scambiano effusioni come due piccioncini.
BEA:    (guardandosi intorno) Quanto tempo è che Barbara se n’è andata? Almeno un mese, a giudicare dal disordine.
E:    In effetti invece di Gene Pitney mi pareva più in tema “Vendo casa” dei Dik Dik. Hai presente? (canticchiando) La cucina guarda che cos'è, quanti piatti sporchi da lavare…
A:    E dovrei potare il melo? Ma perché dici sempre minchiate?   
    (a Beatrice) E’ andata via ieri mattina. Quando mi sono svegliato non c’era più.
C:    E se n’è andata così, senza una parola, senza svegliarti?
A:    Se è per quello ha fatto bene. Essere svegliato per sentirmi dire che se ne andava mi avrebbe fatto incazzare. Comunque mi ha lasciato un biglietto.
C:    Ah!
BEA:    E che c’è scritto?
E:    Se volete ne faccio una fotocopia anche a voi, tanto devo farla per me.
A:    Tutte rimostranze generiche.
C:    Cioè?
A:    (restio a parlare) La solite cose che si dicono in questi casi…
BEA:    D’accordo, se non ne vuoi parlare…
A:    Ma figurati! Se non ne parlo con voi che siete i miei amici più cari… E’ che quelle di Barbara mi sembrano tutte scuse.
C:    Vuoi dire che potrebbe esserci sotto qualcos’altro?
A:    Non lo so.
BEA:    (titubante) Qualcun altro?
A:    Non lo so.
Squilla il telefono. Tutti si guardano con aria interrogativa.
A:    (eccitato) E’ lei!
Va a rispondere.
A:    (eccitato) Pronto!
Tutti lo guardano.
A:    (speranzoso) Buonasera signora. Come sta?
Fa un cenno agli altri.
A:    (al telefono) Bene, bene.
E:    (sottovoce a C e D) Erano troppo diversi.
C e D non capiscono.
A:    (al telefono) No, non è ancora rientrata.
E:    (sottovoce a C e D) Lei non si divertiva.
Enrico mima il biglietto scritto da Barbara.
A:    (al telefono) Però se vuole può dire a me.
E:    (sottovoce a C e D) Lui non ballava la salsa.
A:    (al telefono) Ho capito. Ci penso io.
E:    (sottovoce a C e D) E non puliva la tazza del cesso.
A:    (al telefono) Non si preoccupi. Una buona serata. Arrivederci.
    (agli altri) Era la madre di Barbara.
BEA:    E la cerca qui? Allora non sa niente.
A:    No, non sa niente. Mi ha detto solo di riferire a Barbara che lei nell’amatriciana la cipolla ce la mette, anzi per la precisione ci mette lo scalogno stufato.
Alberto torna a sedersi affranto.
A:    Che devo fare? Non posso stare qui a macerarmi senza fare nulla, devo agire!
C:    Hai provato a chiamarla?
A:    Ma certo. Al cellulare non risponde. In ufficio mi hanno detto che è in ferie. Non avevo ancora chiamato a casa della madre per non farmi prendere a male parole, ma a quanto pare non è andata neppure lì.
E:    Al tuo posto non mi preoccuperei. Magari si è fatta ospitare da un’amica.
BEA:    Oppure è andata a fare un viaggio per distrarsi un po’. In questo periodo dell’anno ci sono crociere a prezzi stracciati. A noi arrivano sempre depliant pubblicitari e stavamo pensando di  farci una seconda luna di miele, magari nel Mar Rosso,  (a Carlo) vero amore?
E:    (ad Alberto) Ma sì! Vedrai che Barbara tornerà presto, (a Carlo e Beatrice) magari dopo un viaggetto ricreativo, come dite voi. Glielo stavo giusto dicendo poco prima che arrivaste.
A:    Non ci credo. La conoscete Barbara, è una tosta. Non è tipo da colpi di testa, ci pensa bene prima di fare una mossa impulsiva.
Squilla il cellulare di Enrico.
E:    (al cellulare mentre gli altri lo guardano) Pronto? … Sì? … Chi è? … Silvia? … Silvia, che piacere sentirti … Certo, come no? … No, è che ho dovuto cambiare telefono e ho perso il tuo numero …  (fa dei gesti agli altri come per scusarsi) E’ passato un po’ di tempo, vero? … Meno male che hai chiamato tu … Come no? … Mi farebbe un enorme piacere … (fa dei gesti agli altri come di chi non riesce a chiudere la conversazione) … Senti, facciamo così: io al momento sono a casa di amici ma appena posso ti chiamo … adesso il numero ce l’ho … Sì, certo, contaci … Mi ha fatto piacere … Un abbraccio … A presto … Ciao … Ciao … (chiude il telefono)
E:    (agli altri) Scusate, sono mortificato, ho cercato di non tirarla per le lunghe…
C:    Non ti preoccupare… Se era un’amica che non sentivi da tempo…
E:    Già.
A:    Ma chi è questa Silvia? Non te l’ho mai sentita nominare…
BEA:    (sorridendo) Ma Alberto, sei un impiccione! Saranno fatti suoi, no?
E:    Ma no, non c’è problema… Non ho segreti per voi… Ecco, la verità è che non mi ricordo chi sia questa Silvia.
TUTTI:    Come non te lo ricordi? Non è una tua amica?
E:    Ecco, in effetti la confondo con una certa Silvana.
C:    Sei sicuro di non avere problemi di memoria?
BEA:    Troppe donne!
E:    No, che memoria, quali donne…
C e BEA:    (insieme) E allora?
E:    Ecco, dovete sapere che un anno fa, più o meno…
E’ interrotto da un nuovo squillo del suo cellulare. Enrico guarda il numero e annuisce.
E:    Scusate ancora, devo rispondere. (al cellulare) Amore! Ti stavo per chiamare ... Quando? … Ma che ore sono? … Le otto? … Perdonami tesoro, arrivo subito! Tra dieci minuti sono lì. Bacio. Bacio.
E:    (agli altri) Mi dovete perdonare, stavo dimenticando un appuntamento! Non credevo fossero già le otto! Devo proprio scappare! Scusatemi ancora. Alberto, ti chiamo domani. Ciao a tutti.
Enrico lascia in fretta l’appartamento.

Scena 3 – venerdì sera: Alberto, Carlo e Beatrice

BEA:    Enrico non cambia mai… è sempre così… (non le viene la parola)
A:    Cazzafrullone?
C:    Sciupafemmine?
BEA:    Diciamo… frivolo!
A:    Certe volte, per esempio in questi momenti, vorrei essere come lui.
C:    Che vuoi dire?
A:    Lui al mio posto non se ne starebbe qui a piagnucolare aspettando che Barbara si faccia viva. Avrebbe già trovato qualche diversivo…
C:    Ma non vorrai mica prenderlo a modello di vita! Non ha mai avuto una storia importante! E’ sempre passato da una donna all’altra senza mai concludere niente di serio.
BEA:    Carlo ha ragione. Tra te e Barbara c’è un legame profondo che non può essere paragonato a nessuna delle storielle di Enrico e comunque persino lui non si metterebbe a caccia di diversivi, come li chiami tu, dopo appena due giorni. Ha pure detto che Barbara tornerà presto, non l’hai sentito? Io non condivido quasi mai le sue convinzioni, ma in questo caso la penso come lui.
A:    Va bene, d’accordo. Ma io che devo fare? Beatrice, tu sei una donna, mettiti nei panni di Barbara. Cosa la convincerebbe che sono io l’uomo della sua vita, cosa vorrebbe che facessi per riconquistarla?
BEA:    Devi sapere aspettare. Non assillarla. Lascia che il tempo calmi la sua rabbia e vedrai che prima o poi sentirà la tua mancanza. In questi giorni è un bene che tu non sappia dove trovarla…
A:    Aspettare, aspettare, ma è un supplizio! Oddio, oggi è pure venerdì. Mi si prospetta un week end insopportabile, nemmeno la distrazione di andare in ufficio!
C:    Caspita, ti manca l’ufficio! Sei proprio messo male!
BEA:    Senti Alberto, noi vorremmo farti compagnia ancora per un po’ ma tra non molto vorrai cenare, è quasi l’ora…
A:    No, non preoccupatevi di me. Ho lo stomaco chiuso, non mangerò niente. Voi piuttosto andate pure… magari ci sentiamo domani.
C:    Ho un’idea! Facciamoci due spaghetti qui così restiamo ancora un po’!
A:    (titubante) Sì, benissimo. Vado in cucina a vedere cosa possiamo arrangiare…
Va in cucina.
BEA:    (a Carlo) Ma che ti è venuto in mente? Non ti sei guardato intorno? Ti sembra che Alberto sia in condizioni di preparare una cena?
C:    Forse hai ragione. (rivolto verso la cucina ad alta voce) Naturalmente cuciniamo noi!
BEA:    Noi? (rivolta verso la cucina ad alta voce) Lascia stare, Alberto! Non ti disturbare.
A:    (rientrando dalla cucina) Dunque, ci sono degli spaghetti ma per tre non bastano. Però c’è anche un fondo di scatola di penne rigate che potremmo unire agli spaghetti. Il problema è il condimento: ho trovato solo un barattolino di pesto ma è scaduto…
C e D si guardano sconsolati.
A:    Sentite, c’è un cinese qui sotto. Facciamoci portare qualcosa, ogni tanto l’abbiamo fatto quando non avevamo voglia di cucinare (breve pausa malinconica) quando Barbara non aveva voglia di cucinare…
C:    Per me va bene. (rivolto a Beatrice) Tu che ne dici, amore?
BEA:    (a malincuore) D’accordo, come vuoi tu.
A:    Benissimo. Pensate a cosa volete mangiare, io intanto cerco il telefono…
Si mette a rovistare nel mobiletto del telefono.
C:    (a Beatrice) Allora: involtini primavera … ravioli al vapore … e pollo alle mandorle, va bene?
BEA:    Ma tesoro, prendi sempre le stesse cose! Che fantasia!
C:    Hai ragione, ma non mi pare questo il momento di sperimentare nuovi piatti, per telefono poi…
A:    (sempre cercando) Eppure deve essere qui. (prende un biglietto) Il Paradiso d’Oriente… no, questi sono i massaggi thailandesi. Come si chiama? Il Dragone Imperiale. No, l’Impero Celeste. 
C:    Alberto, lascia stare. Vado io e porto tutto, facciamo pure prima.
A:    Ma non ti disturbare, adesso lo trovo…
C:    Nessun disturbo, credimi. Il ristorante è qui sotto casa hai detto, vero?
A:    Sì. Uscendo dal portone giri a sinistra ed è proprio dietro l’angolo.
C:    Vado e torno. Cosa ti porto? Noi abbiamo già deciso.
A:    Per me va bene qualunque cosa. Facciamo involtini primavera, ravioli al vapore e pollo alle mandorle.
C:    Che fantasia! Meno male che avevi lo stomaco chiuso!
A:    Mi è venuta fame cercando nel cassetto…
C:    Torno subito!
Esce.

Scena 4 – venerdì sera: Alberto e Beatrice

Alberto e Beatrice si siedono.
BEA:    (prendendogli la mano con affetto e complicità) Allora? Che cosa hai combinato? Mi sembra impossibile che Barbara ti abbia piantato così, dall’oggi al domani. Sei sicuro di avere la coscienza pulita?
A:    Ma certo che ce l’ho! Che cosa vai a pensare?
BEA:    Non saprei, magari ha scoperto qualche tua marachella…
Alberto si alza, prende la lettera che gli ha lasciato Barbara e la porge a Beatrice.
A:    Ecco il biglietto che mi ha lasciato. Leggi pure, tanto ormai è diventato di dominio pubblico.
Beatrice lo legge.
A:    Se avesse scoperto qualche marachella, come dici tu, me lo avrebbe rinfacciato qui, non trovi?
BEA:    (finendo di leggere) Effettivamente…
A:    Forse era davvero meglio una scappatella, quella me l’avrebbe perdonata… Così invece non ho speranze, non so cosa farmi perdonare.
BEA:    Dai, non è successo niente di grave, sono cose che capitano… Vedrai che prima o poi Barbara si farà viva.
A:    Se lo dici tu…
BEA:    Ogni tanto controlli la posta elettronica?
A:    La posta elettronica? E perché?
BEA:    Può darsi che ti mandi un’email.
A:    Dici?
BEA:    Sicuro! Magari preferisce scrivere anziché telefonare… E’ un modo più discreto, si possono scegliere le parole giuste soppesandole meglio…
A:    (improvvisamente ringalluzzito) Hai ragione, non ci avevo pensato! Controllo subito.
Si avvicina al PC e lo accende.
BEA:    Adesso non eccitarti, la mia è solo un’ipotesi…
Alberto picchietta sui tasti.
A:    Aspetta. Ho nove messaggi in arrivo: l’amministratore del condominio, un certo Giancarlo che mi invita sempre a fare escursioni in montagna – vorrei sapere chi gli ha dato il mio indirizzo – poi c’è “gioca a bingo”, “vinci al casinò”, “prendi il viagra”… niente. Nessun messaggio di Barbara.
BEA:    E’ ancora troppo presto. Comunque tieni d’occhio i messaggi che ti arrivano…
A:    Lo farò, anche se è tutta mondezza, come hai constatato… (guardando lo schermo) Senti questo. Oggetto: ti senti solo? Vuoi fare nuove amicizie?
BEA:    Mica lo vorrai aprire, spero…
A:    Già fatto. Ecco: incontrami.org. Guarda.
BEA:    (si avvicina e guarda lo schermo del PC) Incontri, flirt, seduzione… Che tristezza!
A:    Come sarebbe a dire “che tristezza”? Pensa che Enrico poco fa mi stava consigliando di cercare qualche distrazione proprio su siti come questo. Mi ha detto di setacciare la rete, testuali parole. Mi sa che è un esperto.
BEA:    Enrico? Ma che mi dici? E’ uno che rimorchia su Internet? Ecco perché poi le confonde…
A:    Se le confonde vuol dire che ne ha conosciute uno svario!
BEA:    Per me è una cosa squallida. La gente che frequenta questi siti è disadattata, problematica. Se fossero persone normali troverebbero le loro amicizie nella vita reale, non credi?
A:    Non lo so. Non sarei così categorico, c’è tanta gente che ha poche occasioni per fare nuove conoscenze…
BEA:    Ma basta frequentare una palestra, fare un viaggio organizzato, iscriversi a qualche corso. Conosco tante persone che facendo così hanno una vita sociale intensa. Pensa che sono mesi che non riesco ad andare a cena fuori con una mia amica perché una sera ha il pilates, un’altra i balli caraibici, un’altra la meditazione zen, due volte alla settimana fa il laboratorio teatrale…
A:    Ah, e quest’amica tua ti pare più normale di quelli che si scambiano messaggi su Internet?
BEA:    Secondo me sì. E poi sappi che i siti di incontri pullulano di imbroglioni e di millantatori. Si mente sull’età, sull’aspetto fisico, sul carattere, sul lavoro e soprattutto sulla situazione sentimentale: si spacciano tutti per single e magari sono sposati.
A:    Si direbbe che anche tu sei un’esperta.
BEA:    (si schermisce) Nessuna esperienza personale, per carità, ma in ufficio ho un paio di colleghe che ogni giorno mi fanno il resoconto delle loro scorribande internautiche. Hanno il dente avvelenato con gli uomini bugiardi nei quali incappano…
A:    E loro sono proprio sincere e trasparenti?
BEA:    Più o meno sì, se non fosse che mettono le foto di quando ne avevano quindici di meno…
Alberto la guarda con aria interrogativa.
A:    Di anni?
BEA:    …  e di chili!
Squilla un cellulare.
A e BEA:    (insieme) E’ il tuo?
A e BEA:    (insieme) No.
Cercano di localizzare la provenienza del suono.
BEA:    Mi sembra quello di Carlo. Vuoi vedere che l’ha dimenticato qui?
Trova il cellulare.
BEA:    E’ proprio il suo.
Beatrice guarda il display. Il cellulare smette di squillare e lei rimane interdetta.
A:    Qualcosa che non va?
BEA:    No, niente… Una chiamata da un certo Rabarbaro…
A:    E chi è?
BEA:     Mai sentito.
A:    Che nome strano! Carlo è in affari con qualche rappresentante di bevande?
BEA:    Ma che dici? Non lo sai che fa il commercialista?
A:    Perché? I commercialisti non prendono l’aperitivo?   
Beatrice lo manda al diavolo con un gesto.
BEA:    Per me è un nome in codice.
A:    (ironico) Giusto! Ho sempre sospettato che il lavoro di commercialista fosse una copertura. In realtà Carlo è una spia dei Servizi Segreti Cinesi…
BEA:    Ogni tanto hai delle botte di fantasia che mi sorprendono. Come mai proprio i Servizi Segreti Cinesi?
A:    Non ti dice niente il rabarbaro cinese? E non ha forse insistito per andare di persona al ristorante cinese?
BEA:    (guardando il cellulare di Carlo) Cinesi o no, sarei tanto curiosa di cercare questo Rabarbaro tra i messaggi di Carlo…
A:    No. Sarebbe una scorrettezza imperdonabile!
Suonano alla porta.
A e BEA:    (insieme) Eccolo!
Alberto apre la porta ed entra Carlo con la cena cinese.

Scena 5 – venerdì sera: Alberto, Carlo e Beatrice

C:    (pimpante) Ecco qui tutto. Ho fatto il prima possibile.
A:    Grazie, possiamo accomodarci a tavola, se volete.
Carlo appoggia sul tavolo la cena.
BEA:    (a Carlo porgendogli il cellulare) Ti ha cercato un certo Rabarbaro… Sai, avevi dimenticato il cellulare qui.
Carlo è imbarazzatissimo, fa cadere cena e cellulare.
C:    (agitatissimo) Chi?
BEA:    Rabarbaro.
C:     (idem) A che ora?
BEA:    Ma che ne so, mica ho guardato l’orologio!
C:    (preoccupato) E tu hai risposto?
BEA:    Non ho fatto in tempo.
C:    (sollevato) Ah!
Beatrice lo guarda con aria interrogativa, mentre Alberto fa finta di niente e prepara la tavola.
BEA:    Non sapevo che conoscessi uno che si chiama Rabarbaro…
C:    (imbarazzato) Ma infatti… non si chiama così… è un soprannome…
BEA:    Il soprannome di chi?
C:    Di uno. Un collega…
BEA:    Un tuo collega dello studio? E chi? Li conosco tutti.
C:    Questo non lo conosci, è arrivato da poco.
BEA:    (sarcastica) Scusami, ma venerdì scorso abbiamo fatto una cena tutti insieme… non mi pare che ci fosse qualcuno nuovo.
C:    Infatti. Quella sera non è potuto venire…
BEA:    (indagatrice) E perché lo chiamate Rabarbaro?
C:    Perché ogni mattina, verso mezzogiorno, dice a tutti: vado a farmi un rabarbaro, chi viene con me?
BEA:    (con l’aria di chi non si fa prendere in giro) Ah, ecco com’è che è nato questo simpatico soprannome! Per caso gli devi dei soldi?
C:    A chi?
BEA:    A questo Rabarbaro.
C:    Ma che ti viene in mente?
BEA:    Così.. mi sembri terrorizzato dalla sua telefonata..
Squilla il telefono.
A:    (si alza eccitato) E’ lei!
Va a rispondere.
A:    (eccitato) Pronto!
Gli altri lo guardano.
A:    Sì, sì… E’ rientrata… ma adesso è sotto la doccia… sì, sì, gliel’ho detto dello scalogno stufato… beh, ha fatto una specie di smorfia… però ha detto che proverà… più tardi? … provo a dirglielo ma è molto stanca… ha avuto una giornata faticosa… sì, ha detto che vuole andare a dormire presto… casomai domani, sì, è meglio… non si preoccupi. Buona notte.
BEA:    Era la madre di Barbara.
A:    Già. Prima o poi dovrò dirle che la figlia è sparita e io non ne so più niente!
Alberto torna a sedersi a tavola in un silenzio imbarazzato.
A:    Allora buon appetito.
Cominciano a mangiare con le bacchette.
C:    Allora? Di cosa stavate parlando?
BEA:    (sarcastica) Di servizi segreti.
C:    Che significa?
BEA:    Che ci sono persone che hanno dei segreti… che nascondono qualcosa…
A:    (per sviare il discorso) Beatrice mi stava dando dei consigli su come affrontare questa situazione. Mi sento malissimo…
C:    Lo vedo, non sai quanto mi dispiace.
A:    Beatrice dice che Barbara si farà viva… ma io ci credo poco.
BEA:    (ad Alberto) Credimi, è come ti dico. (a Carlo sarcastica) Non lo pensi anche tu, amore, che Barbara si farà sentire? (pronuncia il nome Barbara sottolineandolo e scandendolo)
C:    (imbarazzato) Sì, lo penso anch’io.
BEA:    E comunque, nel frattempo, è bene che Alberto impegni il tempo libero in qualche attività che lo distragga. Pensavo di metterlo in contatto con Maria Stella, hai presente?
C:    Quella che fa la meditazione zen?
A:    Ma lascia perdere! Non voglio incontrare nessuno!
C:    Alberto, sai che non sono sempre d’accordo con Beatrice, ma nella fattispecie un po’ di meditazione non ti farebbe male…
A:    Va bene, ci penserò. Intanto, per non abbandonare la cultura orientale che stasera pervade questa casa, mi passi la birra? Cinese, spero!

Scena 6 – sabato primo pomeriggio: Alberto, Enrico
Il giorno dopo a casa di Alberto. Lui è seduto affranto e sempre più abbrutito. Lo stereo suona “Vendo casa” dei Dik Dik.
Suonano alla porta. Alberto va ad aprire. E’ Enrico.

E:    (entrando e accennando alla musica) Vedo che mi hai dato retta coi Dik Dik. Questo però mi fa pensare che non ti senti affatto meglio. Nessuna novità?
A:    (spegnendo lo stereo) Niente. Tutto tace.
E:    Senti, non posso vederti in questo stato.
A:    Mi dispiace, non guardarmi.
E:    Ma perché non ascolti i miei consigli? Mi hai dato retta coi Dik Dik, ed era solo una battuta, dammi retta con le cose serie… 
A:    Cose serie? Da te?
E:    Hai cominciato a setacciare la rete?
A:    Ecco, appunto, a proposito di cose serie…
E:    Ma che cosa aspetti?
A:    Sono contrario. Ieri mi è capitato di parlarne anche con Beatrice: dice che è una cosa squallida!
E:    Non darle retta, è una bacchettona!
A:    Quei siti pullulano di imbroglioni…
E:    Io sono anni che li frequento. Ti sembro un imbroglione?
Alberto lo guarda perplesso senza rispondere.
E:    Intanto potresti cominciare da un social network... Sei uno dei pochi al mondo che non sta su Facebook.
A:    E non ci voglio stare.
E:    Ma almeno lo conosci?
A:    Poco, però ne ho sentito parlare. E’ un posto dove ognuno si fa i fatti degli altri. Figurati se voglio mettere in piazza gli affari miei!
E:    Non sei mica obbligato. E’ un sistema che ti permette di ritrovare un sacco di persone che hai perso di vista … le puoi ricontattare …
A:    Ma chi se ne frega delle persone che ho perso di vista!
E:    Non dire così. Sono sicuro che ti farebbe piacere avere notizie di qualcuno… Per esempio di Marta!
A:    Ancora co’ ‘sta Marta? Quella che ti raccontava tante belle cose di me?
E:    Sì, dai, cerchiamola! Posso usare il computer?
A:    Fai come ti pare.
E:    (sedendosi al computer) Entro in Facebook col mio account… Ecco fatto. Come si chiamava Marta di cognome?
A:    Ah, non te lo ricordi? Ci sei pure stato insieme!
E:    (pensandoci) Ma è passato tanto tempo… Aspetta… Bugaretti?
A:    Bugarelli.
E:    Bugarelli! E’ vero. Adesso la cerco.
Picchietta sui tasti. Alberto lo guarda scettico.
E:    Guarda! Ce n’è una! Vieni a vedere. Secondo te è lei?
Alberto guarda lo schermo.
A:    E chi è ‘sto cesso?
E:    E’ un po’ cambiata, ma mi sembra lei…
A:    Non ci sono altre foto?
E:    Forse sì, ma le possono vedere solo gli amici.
A:    E noi non siamo amici? Una volta lo eravamo.
E:    E’ la tua occasione. Registrati e chiedigliela.
A:    (esterrefatto) Che dovrei fare? Mi registro… e gliela chiedo?
E:    Ma certo! E’ così che si fa.
A:    Tu sei pazzo. Non gliela chiesi nemmeno quindici anni fa, quando era passabile… figurati se gliela chiedo adesso… E poi cos’è questa burocrazia? D’accordo che non prendo iniziative del genere da parecchio tempo, ma ricordo che per chiederla non bisognava registrarsi da nessuna parte! Non sapevo che adesso avessero istituito il registro dei seduttori!
E:    Alberto, calma, stai fraintendendo. Stiamo parlando di Facebook. Per entrare in contatto con una persona gliela devi chiedere: … l’amicizia!
A:    (diffidente) L’amicizia?
E:    Esatto!
A:    E poi?
E:    E poi aspetti e vedi se te la dà.
A:    (diffidente) L’amicizia.
E:    L’amicizia.
A:    (perplesso) Va be’, c’è qualcosa che mi sfugge ma andiamo avanti. Ipotizziamo che la persona in questione…
E:    Per esempio Marta.
A:    Daje! OK, Marta, se ci tieni tanto… Ipotizziamo che Marta me la dia… anzi che accetti la mia richiesta di amicizia, mi pare più elegante dire così… che succede?
E:    (come fosse una cosa ovvia) A quel punto tu gliela puoi vedere subito!
Alberto è esterrefatto.
A:    Gliela posso vedere… subito… sul computer…
E:    E certo, dove se no?
A:    Sarebbero le foto di cui parlavamo prima? Quelle che possono vedere solo gli amici?
E:    Sì, anche, ma quando dico che gliela puoi vedere intendo la bacheca!
A:    (fingendo di capire) Ah, ecco! Intendi la bacheca…
E:    Esatto! Da quel momento vi potete mandare messaggi, foto, video, puoi scrivere sulla sua bacheca e lei sulla tua, puoi vedere chi sono i suoi amici e soprattutto le sue amiche… Marta sarà quel che sarà ma avrà pure amiche carine…
Alberto scuote la testa sconsolato.
E:    Dai, vieni qui che ti aiuto a registrarti!
A:    Grazie dell’aiuto, lo facciamo un’altra volta. (si avvicina al PC) Controllo solo la posta…
Enrico gli lascia il posto e Alberto si siede davanti al computer.
E:    Come vuoi.
A:    Niente messaggi di Barbara. La solita spazzatura… (scocciato) Ancora questa pubblicità di “incontrami”…
E:    Di chi?
A:    Incontrami.org. Lo conosci?
E:    Altroché se lo conosco! Ci sono iscritto da cinque anni!
A:    E già! Che domanda stupida ti ho fatto!
E:    E’ una miniera inesauribile di nuove conoscenze!
A:    (distaccato) Immagino.
E:    E’ su quel sito che ho trovato la mia attuale fidanzata, sei mesi fa, e da allora, per correttezza, lo frequento pochissimo…
A:    (distaccato) Immagino.
E:    (quasi lamentandosi) Ma ci sono stati periodi, in passato, che avrei avuto bisogno di una segretaria che mi curasse l’agenda degli appuntamenti. Mi è capitato di andare a cena ogni sera con una donna diversa per due settimane, e in certi giorni addirittura dopo aver preso l’aperitivo con un’altra ancora…
A:    (alzandosi distaccato) Perbacco! Dev’essere stato terribile.
E:    Più che altro faticoso!
A:    Capisco. Ecco perché ieri sera confondevi quella Silvia con una certa Silvana. Scommetto che le avevi conosciute entrambe in quel modo (indica il computer).
E:    Proprio così. Questo genere di confusione è piuttosto frequente e ti assicuro che è molto imbarazzante, specialmente quando non ti ricordi se una donna l’hai già incontrata di persona o se ci hai scambiato solo messaggi e telefonate…
A:    Ecco, vedi? Questo è un motivo in più per non andare a caccia di donne su Internet, e poi sai che ti dico? Che sono d’accordo con Beatrice: le persone che si conoscono così sono tutte disadattate, problematiche, depresse e fuori di testa.
E:    Mi meraviglio che un uomo intelligente e moderno come te sia vittima di questi sciocchi pregiudizi.
A:    (scettico) Sarà…
E:    Voglio dimostrarti che tu e la tua amica Beatrice vi sbagliate di grosso: ti faccio conoscere la mia fidanzata e mi dirai se è disadattata e fuori di testa…
A:    Non ti disturbare, ci credo, ci credo.
E:    Ho un’idea geniale! Non solo te la presento, ma le dico di portare un’amica… Così tu conosci una persona nuova in modo – diciamo - tradizionale, senza avvilupparti nella spirale infernale di Internet, e le tue paranoie si placano!
A:    E chi è questa amica della tua… (ironico) fidanzata?
E:    Non la conosco. E’ una di cui mi parla sempre… come minimo sarà simpatica… D’altra parte sarebbe soltanto una distrazione, mica ti ci devi fidanzare…
A:    Ti ringrazio ma è meglio lasciar perdere. Non me la sento di fare conoscenze.
E:    No, Alberto, stavolta devi darmi retta. Organizziamo una bella cenetta qui da te!
A:    (allarmato) Una bella cenetta qui da me? Ma sei impazzito? Non vedi come è ridotta questa casa? E poi non so cucinare nemmeno un uovo strapazzato!
Squilla il telefono.
A:    (eccitato) E’ lei! (fa per rispondere ma si ferma perplesso) Enrico, fammi un piacere, rispondi tu. Se è Barbara passamela subito, se è sua madre inventati qualcosa: io non so più cosa dirle…
Enrico va a rispondere.
E:    Pronto! (fa dei cenni ad Alberto per fargli capire che è la madre di Barbara) No, no, buongiorno signora, non ha sbagliato, è la casa di Barbara e Alberto … io sono Enrico, un amico di Alberto … no, è uscita … sono usciti tutti e due … avevano un invito a cena a casa di amici fuori Roma e si sono avviati per tempo … lo sa com’è fatto Alberto … sì … no … sì … mi hanno chiesto di passare per far mangiare il gatto …  (Alberto gli fa dei cenni come a dire: “che cazzo dici?”) ah, non sapeva che avessero un gatto … guardi, per la verità nemmeno io … no … sì … per l’appunto non riesco a trovarlo … sul balcone della cucina? … ho capito … infatti lì non ci ho ancora guardato … (Alberto gli fa cenno di troncare) sì, quello l’ho trovato … sono bocconcini di pollo e manzo … non saprei … aspetti che leggo … il ferro … sì, c’è … vitamina B … sì, c’è … la taurina … no, non c’è … meglio, vero? … (Alberto gli si avvicina minaccioso) va bene … glielo dico io … d’accordo … l’erba gatta … gli lascio un biglietto … faranno tardi … sì, non si preoccupi … ma che brava … gli scrivo anche questo … una buona serata … sì, certo … anche a lei Marisa …
Alberto afferra la cornetta e la sbatte giù.
A:    Anche a lei Marisa? Ma ti metti a fare amicizia con la madre di Barbara?
E:    Sei tu che mi hai detto di inventarmi qualcosa…
A:    Qualcosa, appunto! Non un romanzo d’appendice!
E:    E’ simpatica, tua suocera!
A:    E’ una rompicoglioni!
E:    Non è vero, è gentile. Ha detto che ha preparato una torta per voi. Vorrebbe che passaste a prenderla da lei domani, con comodo, anche nel pomeriggio…
A:    (scocciato) Sì, va be’.
E:    Dove eravamo rimasti? Ah sì, facciamo una bella cenetta qui da te e ti presento l’amica della mia ragazza!
A:    (furente) Non so cucinare!
E:    Non ti devi preoccupare per questo. Ti aiuto io.
A:    No. Ho detto di no.
E:    Facciamo una delle prossime sere, sento le ragazze quando sono libere…
A:    No.
E:    Ti chiamo nei prossimi giorni per i dettagli.
A:    (terrorizzato) No! Ti prego! Preferisco andare su Internet!
E:    (avviandosi alla porta) Ciao, ti chiamo prestissimo. Stai tranquillo, penserò a tutto io!
Esce. 
A:    (tra sé e sé distrutto) Appunto! (poi, con un gesto di chi manda al diavolo) Il gatto!
Alberto accende lo stereo e ascolta “Mi manchi” di Fausto Leali buttato disperato sul divano.
Suonano alla porta. Alberto non vorrebbe aprire, suonano ancora e si decide ad aprire.

Scena 7 – sabato pomeriggio: Alberto, Maestra Soodiko
Sulla porta appare una donna semirasata vestita con casacca e pantaloni bianchi tipo judo.

MS:    (con un leggero inchino congiungendo le mani) Sono la Maestra Soodiko.
A:    (imbambolato) Sì?
MS:    (calma e distaccata) Tu mi aspettavi.
A:    Io?
MS:    Questa musica non va bene.
A:    Non va bene per cosa?
MS:    Per avvicinarti alla meditazione.
A:    Quale meditazione? Non è vero! Non mi voglio avvicinare a niente.
MS:    Tutti abbiamo bisogno di stare bene con noi stessi.
A:    Non mi piace chi si presenta a casa d’altri senza un appuntamento.
MS:    Noi abbiamo un appuntamento. Mi ha parlato un’amica di una mia allieva.
Alberto va a spegnere lo stereo.
A:    Un appuntamento? E dove?
MS:    Qui.
A:    Con l’amica della sua allieva?
MS:    No, con te.
A:    E perché io non ne so niente?
MS:    Dovevi essere avvertito.
A:    Da chi?
MS:    Dall’amica della mia allieva. Posso entrare?
A:    Voglio prima sapere il motivo della sua visita…
MS:    Prima di iniziare un percorso di meditazione devi conoscere e apprezzare i principi che ispirano la cura dell’uomo visto come un insieme indivisibile di corpo, mente e spirito. Sono qui per parlarti di questi principi.
A:    Guardi, adesso ho tante cose da fare, non possiamo vederci un’altra volta?
MS:    Male. Non bisogna mai avere tante cose da fare.
A:    Magari! Purtroppo non dipende da me.
MS:    Invece dipende solo da te. La regola principale della filosofia zen è: fare una cosa alla volta. Tu devi essere il tipo che mangia davanti al computer e intanto parla al telefono.
A:    No, mai!
MS:    Un proverbio zen recita: “Quando cammini, cammina. Quando mangi, mangia”.
A:    Ecco, appunto, stavo giusto per fare merenda. Non posso impegnarmi in altre cose contemporaneamente. Mi lasci il suo recapito e la chiamo io quando posso. (cerca di accompagnare la donna alla porta)
Squilla il cellulare di Alberto.
A:    (alla donna) Mi scusi, devo rispondere! (al cellulare, ansioso) Pronto? Sì. (allontanandosi per non farsi sentire, deluso) Ah, Beatrice, sei tu? E mi chiami adesso? E’ già qui. (dopo due secondi, arrabbiato) E’ arrivata, ti dico. Chi ti ha autorizzato a farla venire qui? E comunque dovevi avvertirmi prima! … Sì, sì, ciao.
Alberto si siede sconsolato.
MS:    Tu fai merenda. Io aspetto. Una maestra zen sa aspettare.
A:    Senta, Maestra Sudoku…
MS:    Maestra Soodiko.
A:    Ecco, Maestra Soodiko, io… (sempre più abbattuto) non devo fare nessuna merenda… è che ho un sacco di problemi, non sono preparato a fare una lezione di meditazione zen.
MS:    Questa non è una lezione. L’incontro di oggi è soltanto un contatto informale. Le lezioni, se vorrai, potrai seguirle presso il nostro Centro Ten Zen Zen Ten il giovedì dalle 18 alle 20.
Alberto è senza parole. Rimane col capo chino e la testa tra le mani. La Maestra si siede accanto a lui.
MS:    Sento che non sei felice.
A:    Sono disperato.
MS:    (sempre calma e distaccata) Rilassati. Abbandonati. Fai dei respiri profondi, lenti, possenti. Ogni problema sarà spazzato via e la tua mente diventerà pura, chiara e luminosa…
Alberto prova a seguire i consigli della Maestra e respira profondamente.
MS:    Stai per intraprendere il percorso di liberazione interiore che ti porterà all’auto-guarigione e alla felicità personale e interpersonale.
A:    (disperato) La felicità? Lei mi viene a parlare di felicità? E’ una parola che non conosco.
MS:    (va alle spalle di Alberto e gli pone le mani sulla testa) Il tuo cervello emette onde gamma, sei in preda ad una profonda angoscia…
A:    Mi sento morire… Ogni ora che passa è peggio…
MS:    La strada è lunga e tortuosa, ma arriveremo alla meta.
A:    Quale meta? Non ho speranza…
MS:    Quando il tuo cervello emetterà onde alfa, allora avrai lasciato alle spalle ogni dolore e ti sentirai permeato da uno stato di serenità e di benessere.
A:    Non ce la farò mai, mi manca l’aria…
MS:    Inspira col naso, velocemente, quanta più aria puoi.
Alberto esegue.
MS:    Adesso lascia aperto tra le labbra soltanto un forellino e fai uscire l’aria lentissimamente.
Alberto espira troppo velocemente.
MS:    Più lentamente: la bocca a culo di gallina.
Alberto esegue.
MS:    Meglio, molto meglio.
Alberto continua ma i suoi respiri si fanno sempre più interrotti e si trasformano in singhiozzi. Scoppia a piangere.
MS:    Che succede?
Alberto non riesce a parlare dal pianto. La Maestra è sempre dietro di lui e gli massaggia le tempie.
A:    (singhiozzando) Quella stronza! Se n’è andata! Mi ha lasciato! Dopo cinque anni!
MS:    (calma) Ecco dunque la causa del tuo dolore.
A:    All’improvviso … l’altra mattina …. mi sono svegliato e (disperato) … non c’era più!
MS:    (con voce soporifera) Respira lentamente. Prendi coscienza del tuo corpo, qui e ora. Il tuo dolore a poco a poco svanirà.
A:    (più calmo) Sto precipitando in un pozzo buio e senza fine…
MS:    No, non stai precipitando. Adesso stai percorrendo un tunnel e sei circondato dalle tenebre, ma in fondo c’è la luce…
A:    Non la vedo.
MS:    Non ancora, ma presto vedrai un chiarore…
A:    (calmo) Quanto presto?
MS:    Dipende solo da te. Chiudi gli occhi. Immagina che non stai attraversando una galleria tetra e silenziosa, ma una foresta, con gli alberi fitti che non lasciano passare la luce. Però senti il cinguettio degli uccelli, ti arriva il profumo dei fiori…
Alberto sembra tranquillo e rilassato.
MS:    Sai che stai andando nella direzione giusta, puoi anche rallentare, puoi fermarti a riposare, l’ambiente che ti circonda è accogliente…
A:    (calmo, con gli occhi chiusi) Sì.. i fiori.. gli alberi.. gli uccellini..
MS:    La tua mente si sta liberando, lo senti?
A:    (idem) Sì.
MS:    Ogni pensiero è spazzato via..
A:    (idem) Via..
MS:    Nulla ti può distogliere..
A:    (idem) Nulla..
Si sente il trillo del cellulare che annuncia l’arrivo di un messaggio.
A:    (scatta in piedi gridando) Un messaggio! E’ lei!
Si mette febbrilmente a cercare il cellulare che non ricorda dove ha lasciato. La Maestra è sconsolata.
A:    (lo trova) Eccolo!
Legge con ansia il messaggio e butta via deluso il cellulare imprecando.
MS:    Non era lei..
A:    (furibondo) L’ennesima promozione del cazzo del gestore telefonico! Duemila SMS alla settimana a soli 50 centesimi.. Ma andassero affanculo! Duemila messaggi io non li mando nemmeno in vent’anni! Giusto in questi ultimi tre giorni ne avrò mandati quindici, si figuri! E mi avesse risposto una volta, ‘sta bastarda!
MS:    (contrariata si abbandona sul divano) Accidenti. Eravamo sulla buona strada… ma la colpa è mia: dovevo dirti di spegnere il cellulare… è deleterio per la meditazione!
A:    Non l’avrei spento per nessun motivo! E’ la mia unica fonte di speranza!
MS:    (perdendo l’aplomb) Ma così è andato tutto a puttane!
A:    Mi scusi, ma non è colpa mia! Sono così depresso! Dopo cinque anni… si rende conto? Mi ha piantato dopo cinque anni, così, dall’oggi al domani, senza una parola di spiegazione…
MS:    Senza una parola?
A:    Veramente mi ha lasciato un biglietto. Adesso glielo faccio leggere…
MS:    (compenetrandosi nel dolore di A.) No, lascia stare, me lo posso immaginare. Ti capisco, credimi, è un dolore atroce…
A:    Non può capire…
MS:    Sì che posso capire…
A:    Sicura?
MS:    (cominciando a rattristarsi) Sì, sì… Che pensi, che sia capitato solo a te? Che nessuno sia stato mollato? Se sapessi… quel figlio di puttana!
A:    (sorpreso) E’ successo anche a lei?
MS:    (quasi piangendo) Sì, due anni fa.
A:    (consolandola) Non faccia così, Maestra Soodiko…
MS:    (disperata a voce alta) Ma quale cazzo de Maestra Soodiko, me chiamo Ottavia!
Alberto prende dal tavolino una bottiglia di whisky e due bicchieri.
A:    Ottavia, facciamoci un goccetto. Magari ci fa bene… (riempie i bicchieri e ne porge uno a Ottavia che lo tracanna d’un fiato) Anche voi abitavate insieme?
MS:    No, per fortuna, se no era pure peggio. E’ scappato co’ ‘na zoccoletta de vent’anni, st’infame!
A:    Vent’anni? E lui quanti ce ne aveva?
MS:    Cinquantadue.
A:    (sempre disperato) Ma perché succede sempre così? Ogni volta c’è di mezzo un’altra persona!
MS:    Perché gli uomini so’ tutti vigliacchi! Hanno paura a stare da soli e quando ti mollano è perché ci hanno già l’alternativa! (scola un altro bicchiere)
A:    Le donne invece? (speranzoso) Forse quando ti molla una donna non è detto che abbia un altro…
MS:    E che ne so? A me m’hanno mollato solo uomini!
A:    Dimmi la verità. Credi che pure Barbara se la faccia con qualche stronzo?
MS:    (mezza alticcia) Chi è Barbara?
A:    La mia… la mia…
MS:    Ex?
A:    No! Non sopporto l’idea che sia già ex!
MS:    Lasciala perde, dà retta a me!
A:    I miei amici dicono che tornerà.
MS:    E allora aspetta e spera … (versa da bere ad Alberto) intanto tiè, fatte un altro goccetto! E poi, se torna, meglio così … ci venite tutti e due alla meditazione … mi sa che le fa bene pure a lei … (ormai ubriaca alza il bicchiere per un nuovo brindisi) alla salute nostra e quelli che ci hanno fatto male si fottano all’inferno!
A:    (pure lui ubriaco) Ahò, ma se pure te dopo du’ anni stai ancora così, ‘sta cazzo de meditazione a che serve?
MS:    Ma no, è un momento così … mica te crederai che sto sempre a pensa’ a quello! … Che lo possino ammazza’!
Continuano a bere.
A:    (si avvicina a Ottavia barcollando) Senti … pensavo una cosa …
MS:    (con aria voluttuosa) Dimme, dimme … magari è la stessa cosa che stavo a pensa’ io …
A:    Forse … anzi mi sa proprio di sì …
MS:    (idem) E bisogna pure consolarci un po’ tra di noi, no?
A:    E infatti …
MS:    (idem) E allora dimme, eccome qua!
A:    Stavo a pensare, no? … Non è che ci farà male tutto ‘sto whisky a stomaco vuoto?
MS:    Ah, chissà che mi credevo! Insomma ci hai fame …
A:    Tu no?
MS:    Un po’ …
A:    (tentando di riacquistare lucidità) Stamattina ho comprato qualche cosa al mercato. Aspetta.
Va in cucina.
A:    (da fuori) Ti va un panino con la porchetta?
MS:    (abbandonata sul divano, ad alta voce) Va bene! (tra sé e sé) Consolamose colla porchetta …
Anche lei va lentamente verso la cucina.
Musica e buio.

Scena 8 – domenica mattina presto: Alberto, Maestra Soodiko, Marisa
Luce della mattina. Alberto e Ottavia dormono ancora. Si sente russare. Suonano alla porta e nessuno si muove. Suonano ancora. Alberto si alza assonnato e stordito dalla sbornia. Suonano più insistentemente. Alberto va ad aprire: è Marisa, la madre di Barbara. Porta una torta e l’erba gatta. Non si accorge di Ottavia buttata dietro al divano.

M:    Buongiorno! Non è che vi ho svegliati, vero?
A:    (farfugliando imbarazzatissimo) Buongiorno…
M:    Non dirmi che stavate ancora dormendo!
A:    (guarda l’orologio) No, macché, la domenica ci alziamo sempre verso le sette…
M:    (entrando decisa in casa) Meno male! Mi erano venuti gli scrupoli… e invece sono le otto e un quarto. Vi ho portato una bella torta di mele, ma avrete già fatto colazione… Beh, la mangiate a pranzo. La porto in cucina.
Va in cucina. Nel frattempo Ottavia emerge da dietro al divano arruffata e insonnolita.

MS:    Ma che succede?
M:    (parlando dalla cucina) Ho portato anche l’erba gatta. Ieri quel tuo amico con cui ho parlato al telefono mi ha detto (rientrando in soggiorno) che forse non l’avevate. (Si accorge di Ottavia e la guarda senza il minimo cenno di stupore) Buongiorno! (Rivolta a tutti  e due) Dov’è il micio? Lo vorrei conoscere…
A:    (basito) Il micio? Ah sì… beh, lui a quest’ora va sempre a farsi un giretto in giardino…
M:    In giardino?
A:    Sì, qui sotto, nel cortile condominiale.
M:    E come ci va?
A:    Salta. Salta dal balcone della cucina.
M:    Ma siamo al quinto piano!
A:    Lo so, ma lui è bravissimo a saltare.
M:    Caspita!
A:    Le posso presentare la signorina… cioè la Maestra… (fa un gesto verso Ottavia)
MS:    Soodiko.
A:     E’ venuta a fare la meditazione zen…
M:    (va incontro a Ottavia sorridendo) Ma che piacere! Non sa quante volte sono stata tentata di darmi alla meditazione! Dev’essere un’esperienza straordinaria.
MS:    Infatti.
M:    (guardandosi intorno) Ma qui c’è un gran disordine! Alberto, lascia che prima di andar via sistemi un poco… porto via queste bottiglie vuote, qui sotto c’è il cassonetto per la raccolta differenziata. Se ci sono altre cose da buttare dammele pure, magari mi aiuta la signorina…
A:    Grazie, signora, ma non si disturbi. Poi, con calma, sistemo tutto io. Immagino che adesso dovrà andare…
M:    In effetti se sono in tempo vorrei andare alla messa delle nove…
A:    Perfetto! Se esce subito sarà puntualissima!
MS:    Vado via anch’io, alle undici ho una lezione collettiva.
M:    Allora scendiamo insieme, così mi dice qualcosa della meditazione. Adesso che la conosco potrei davvero decidermi a provare.
A:    (accompagnandole alla porta con sollievo) Benissimo. Allora a presto!
M:    Ciao Alberto. (Fa per uscire ma si ferma) Piuttosto, non ho visto Barbara, non c’è?
A:    Guarda, è voluta a tutti i costi andare alla messa delle otto. E’ facile che vi incontriate lungo la strada…
Le due donne salutano ed escono.

Scena 9 – domenica mattina ore 11: Alberto, Carlo
Alberto sonnecchia. Si sente russare. Suonano alla porta e lui non si muove. Suonano ancora. Alberto va ad aprire: è Carlo in tuta da ginnastica.

C:    Alberto! Sono quasi le undici! Stai ancora dormendo?
A:    (abbrutito) Ma è domenica, che è successo?
C:    Forza, sciacquati la faccia, infilati un paio di scarpe da ginnastica e vieni a correre con me.
A:    Tu sei scemo!
C:    Dai, accompagnami a Villa Pamphili … così mi racconti com’è andata…
A:    Com’è andata cosa?
C:    (ammiccando) La… meditazione. Mi ha detto Beatrice che ieri è venuta qui la maestra di meditazione.
A:    E già. Peccato che nessuno mi aveva avvertito.
C:    Come, Beatrice non ti aveva avvisato? E’ strano, è così attenta a certe cose…
A:    Diciamo che mi ha avvisato con un po’ di ritardo.
C:    Insomma, com’è andata? Hai meditato?
A:    Più che altro mi sono addormentato...
C:    No! Non ci posso credere!
A:    Lei insisteva tanto perché mi rilassassi, e alla fine ho dormito. Più rilassato di così!
C:    Ne avevi bisogno, eri troppo stressato. Almeno adesso sarai più tranquillo.
A:    Mica tanto.
C:    Non hai riposato bene?
A:    Sì, ma ho avuto un risveglio traumatico.
C:    Che è successo?
A:    Mi ha svegliato la madre di Barbara.
C:    No! Ha telefonato di nuovo?
A:    Peggio. E’ venuta qui.
C:    Senza avvisare?
A:    Già. Ha portato una torta.
C:    E’ stata gentile, a parte l’improvvisata…
A:    E non è tutto.
C:    Cioè?
A:    Ha incontrato Ottavia che aveva passato la notte qui.
C:    Ottavia?
A:    La maestra zen.
C:    Vuoi dire che tu e la maestra zen avete dormito insieme?
A:    Abbiamo dormito… Insieme si fa per dire…
C:    E la madre di Barbara come l’ha presa?
A:    Meglio del previsto, se ne sono andate insieme. Secondo me si mette a fare la meditazione pure lei, mi sembra il tipo adatto…
Pausa.
C:    Allora?
A:    Allora cosa?
C:    Un motivo in più per distrarti, ma se vuoi restare tappato in casa anche con questa bella giornata io non insisto e me ne vado a correre da solo. Buona domenica.
Fa per andarsene ma Alberto lo trattiene.
A:    Aspetta un momento.
C:    Ah, ti sei deciso! Dai, sbrigati che andiamo!
A:    No, no… è che vorrei parlarti…
C:    (sgambettando per scaldare i muscoli) Proprio adesso?
A:    Il tuo allenamento non può aspettare dieci minuti?
C:    (un po’ a malincuore) Certo, figurati, non c’è problema. Dimmi pure…
A:    Non vuoi sederti?
C:    Preferisco sciogliermi un po’, se non ti dispiace… ma tu parla pure, ti ascolto.
Carlo continua a saltellare e trotterellare per la stanza. Alberto si siede.
A:    Ecco… è una questione un po’ delicata… ma ho deciso di parlarne con te perché tra i miei amici, quelli veri, sei il più affidabile… il più serio… Insomma, di te mi fido ciecamente.
Mentre Alberto parla Carlo si muove sempre più freneticamente: vuole nascondere un forte disagio e imbarazzo.
A:    Come avrai capito si tratta di Barbara.
C:    Ahia! (emette un grido di dolore come se avesse un crampo)
A:    Che c’è?
C:    (imbarazzato) Niente, un crampo al polpaccio.
A:    Sdraiati e tira su la gamba.
C:    Non importa, adesso passa.
A:    Fai come ti dico, passa prima.
Carlo si sdraia e Alberto gli spinge all’indietro la punta del piede.
A:    Dicevo che si tratta di Barbara. Tu la conosci bene, no?
C:    Uh! (nuovo grido di dolore)
A:    Va meglio?
C:    (fingendo dolore) Insomma!
Alberto aiuta Carlo a rialzarsi e si siedono.
A:    Ecco… sono tormentato da un sospetto che non mi dà pace…
C:    E sarebbe?
A:    Che Barbara abbia un altro uomo.
C:    Ma che vai a pensare! Non ce la vedo proprio… non mi sembra il tipo.
A:    Purtroppo questa tua sensazione non basta a tranquillizzarmi. Io devo sapere.
C:    E che vuoi fare? Mica vorrai assoldare un investigatore privato… Un mio amico tempo fa lo fece e non hai idea di quanto ha dilapidato… un capitale!
A:    No, non ci penso affatto. A parte la spesa mi sembra brutto affidare ufficialmente ad un estraneo questo genere di indagine…
C:    E allora?
A:    Pensavo ad un’operazione più riservata… direi di più amichevole…
C:    E quindi?
A:    Vorrei chiederlo ad un amico.
C:    Dici? Non saprei… Ho capito che pensi ad Enrico, ma non so se è la persona giusta.
A:    Enrico? Ma figurati! Così con la scusa di qualche pedinamento, con Barbara ci prova lui!
C:    Non volevo dire questo, però…
A:    Io invece volevo dire proprio quello che ho detto, e poi non ne avrebbe il tempo, lavora in ufficio…
C:    E già!
A:    Tu invece sei un professionista… hai un lavoro che puoi svolgere quando decidi tu, più o meno…
C:    Io? Sì, ma che c’entro io?
A:    (implorandolo) Aiutami Carlo, ti prego! Posso chiederlo solo a te!
C:    (imbarazzato) Che cosa? Non credo di aver capito…
A:    Ma sì che hai capito! Devi scoprire se Barbara frequenta qualcuno… un uomo…
C:    Cioè, dovrei fare la spia? A parte che sarebbe un’azione davvero ignobile, ma poi come farei? Dove la vado a cercare? Mi metto a girare per Roma sperando di incontrarla? E se mi scopre mentre la seguo? Sai che bella figura…
A:    Sì, hai ragione, lo capisco che è una mossa disperata, ma almeno avrò la sensazione di muovermi, di perseguire un obiettivo. Sarà una missione segreta. Nessuno ne deve essere a conoscenza, nemmeno Beatrice. Me lo prometti?
Mentre Alberto parla Carlo scuote la testa in silenzio.
C:    E’ una follia! Io sono certo che Barbara non frequenta nessun uomo, ma anche nella malaugurata, remotissima eventualità che abbia intrecciato con qualcuno una relazione, diciamo di tipo amoroso, secondo te quante probabilità ho di coglierla sul fatto? Mi sembra già difficile che riesca a vederla!
A:    Almeno proviamoci! Sai dove lavora, vero?
C:    (con aria vaga) Mi pare in un’azienda che fa detersivi…
A:    Esatto, nella direzione marketing. Ti scrivo l’indirizzo.
Alberto segna qualcosa su un biglietto.
A:    Scrivo anche l’indirizzo della palestra e gli orari in cui ci va.
C:    Senti Alberto, se pensi che Barbara abbia una tresca con qualche palestrato coi muscoli scolpiti e pieno di tatuaggi sei partito di testa molto più di quanto credevo!
A:    Non si sa mai… E poi quella sua collega con cui esce spesso… Giovanna, ce l’hai presente?
C:    Ma come faccio a conoscere le sue colleghe! Tu devi farti vedere da qualcuno… qualcuno bravo però!
A:    L’indirizzo preciso di Giovanna non lo conosco, ma abita a Trastevere.
Alberto continua a scrivere sul biglietto.
C:    (ironico) A be’, allora che ci vuole a trovarla?
A:    Lo dico perché potrebbe essersi fatta ospitare da lei.
Gli porge il biglietto.
C:    (rassegnato) Va bene, ma non ti prometto niente. Adesso però devo andare.       
A:    Aspetta, la macchina.
C:    Che macchina?
A:    Lo sai che macchina ha Barbara?
C:    (deciso ma agitato come chi ha qualcosa da nascondere) No.
A:    (riprende il biglietto e scrive) Nissan Micra verde scuro. Targa DL… qualche cosa.
Gli ridà il biglietto.
A:    Il suo cellulare ce l’hai, vero?
C:    (deciso ma agitato come chi ha qualcosa da nascondere) No.
A:    (prende il cellulare e lo consulta) Memorizzatelo: 345 8902576.
Carlo armeggia col suo cellulare.
A:    Fatto? Se mi viene in mente qualcos’altro ti chiamo.
C:    Sì, io vado.
A:    Grazie Carlo, sei un amico. Fammi sapere se scopri qualcosa…
C:    (uscendo) Sì, ciao.
Alberto accende lo stereo con con “Lucean le stelle” (e muoio disperato …) e si butta sul divano.
Suonano alla porta. Alberto va ad aprire. E’ Carlo.
C:    Mi chiedevo... Se per caso dovessi incontrare Barbara da sola, lo so che è un’eventualità remota, direi impossibile, ma supponiamo che la veda, come mi devo comportare? La seguo senza farmi vedere o mi avvicino e le dico qualcosa?
A:    Ma che domande mi fai? Le parli, è ovvio, le dici che senza di lei non vivo più, la convinci a tornare, ti fai dire dove si nasconde e le dai un bacio da parte mia.
C:    Un bacio? Cioè, la posso baciare?
A:    Sì, da parte mia.
C:    Da parte tua, si capisce. (uscendo) La bacio.
Alberto resta solo.
A:    (tra sé e sé) Com’è che mi è venuto da dirgli così?


Fine primo atto



Atto secondo

All’apertura del sipario è passata una settimana dall’ultima scena del primo atto.
Si susseguono diverse brevi scene separate da buio nelle quali si vedono Alberto e gli altri in varie azioni: al telefono, al computer, ecc. Le scenette possono anche sfruttare il fondale per immagini in controluce.
Il tutto deve dare l’impressione del trascorrere di qualche giorno, fino al giorno della cena a casa di Alberto, quando saranno passate due settimane dalla scomparsa di Barbara.

Scena 10 – martedì pomeriggio: Alberto, Enrico e Carlo

 Alberto è al telefono con Enrico. La silhouette di Enrico al telefono si vede attraverso lo schermo del fondale.

E:    Allora la cena a casa tua è confermata per venerdì.
A:    Ancora co’ ‘sta cena? Speravo te ne fossi dimenticato!
E:    Alberto, lo sto facendo per te. Voglio farti conoscere l’amica della mia fidanzata.
A:    Non me ne frega niente!
E:    Non dire così, e poi c’è una novità.
A:    E sarebbe?
E:    L’ho conosciuta.
A:    Chi?
E:    L’amica della mia fidanzata. Non l’avevo mai vista.
A:    E allora?
E:    Avrei rischiato di portarti un mezzo cesso, e invece…
A:    E invece?
E:    E’ uno schianto: carina, elegante, gentile… Secondo me te ne innamori all’istante.
A:    Io sono già innamorato.
E:    E di chi?
A:    Di Barbara.
E:    La tua è una fissazione!
A:    Io non so neanche da dove si comincia a preparare, una cena.
E:    Ti aiuto io, te l’ho detto.
A:    La casa è sporca, disordinata, insomma fa schifo! Mi vergogno a ricevere ospiti.
E:    Sbagli. Le donne non amano il perfetto uomo di casa, sono più attratte da un pasticcione trasandato: risveglia il loro senso materno…
Suonano alla porta.
A:    Enrico, ti devo lasciare, suonano alla porta. Ci sentiamo più tardi.
 Alberto va ad aprire: è Carlo, con un’aria contrita.
A:    Carlo, entra. Ma che è ‘sta faccia?
Carlo entra e si siede in silenzio.
A:    (allarmato) Allora? C’è qualche novità?
Carlo annuisce tristemente.
A:    Hai notizie di Barbara?
C:    Siediti.
Alberto si siede sempre più preoccupato.
A:    Insomma, l’hai vista?
C:    Sì.
A:    Quando?
C:    Ieri.
A:    Dove?
C:    Al Centro Commerciale di via Boccea.
A:    A che ora?
C:    Verso mezzogiorno.
A:    Ed era sola?
Carlo aspetta prima di rispondere.
C:    (contrito, a bassa voce) No. Era con un tizio.
A:    (distrutto) Un tizio? E sai chi è?
C:    Mai visto.
A:    E che facevano?
C:    Quello che fanno tutti in un centro commerciale: giravano qua e là guardando i negozi.
A:    E tra loro che atteggiamento c’era?
C:    In che senso?
A:    Senti, è inutile che ci giri intorno per indorarmi la pillola. Avevano un atteggiamento distaccato, indifferente, ostile, affettuoso, amoroso…? Erano sottobraccio, si tenevano per mano?
C:    Ecco, sì, mi pare che si tenessero per mano.
A:     (infuriato) Zoccola! (rattristato) Lo sapevo… lo sapevo… E poi?
C:    Sono entrati in un bar a fare uno spuntino…
A:    E dopo?
C:    Li ho seguiti fino in garage dove sono saliti su una macchina.
A:    Che macchina? Quella di Barbara?
C:    No, era un macchinone… un SUV.
A:    Pure questa ci voleva! E magari il tizio era un bel tipo giovane e palestrato!
C:    Non so, mi è parso di sì…
A:    E poi li hai persi di vista, immagino…
C:    In effetti ci hanno messo un po’ a muoversi. Sono rimasti in macchina almeno un quarto d’ora. A chiacchierare, penso… Non ho potuto avvicinarmi, mi avrebbero visto.
A:    (disperato) A chiacchierare, dici?
C:    Dai, non prenderla così. Potrebbe essere solo un amico, un collega…
A:    (tragico, alzandosi) Grazie Carlo. Ora tutto mi è chiaro. Ti prego, lasciami solo col mio dolore.
C:     (alzandosi) Ma no, resto a farti un po’ di compagnia…
A:    (accompagnandolo alla porta) No, ti prego, ho bisogno di stare da solo.
Carlo esce. Buio e musica.

Scena 11 – mercoledì: Alberto

Alberto è distrutto dopo una notte insonne. Si aggira per casa bevendo alcolici. Ogni tanto impreca.

A:    (tra sé e sé) Ha ragione Enrico, è da idioti piangersi addosso.
Si siede al computer e comincia a muovere il mouse e a picchiettare sui tasti.
A:    Incontrami punto org. … (pausa)  Sono un uomo che cerca una donna … di età compresa tra … (ci pensa un po’) 30 e 35 … il mio pseudonimo è … devo scegliere un nome accattivante … che faccia colpo … che so … Meridio, come il gladiatore … oppure … Rickblaine, come Humphrey Bogart in Casablanca … o forse è meglio Sandokan, è più conosciuto …
Indeciso, prende il telefono e chiama.
A:    Enrico? Sì, ciao … no, non è per la cena … stammi a sentire … tu che sei un esperto … sì, anche … mi consigli uno pseudonimo da usare per iscrivermi a quel sito? … sì, mi sono deciso … non lo so se ho fatto bene, si paga pure … sì, grazie … ho capito … però ci vuole un nome che funzioni, che attiri le donne … come? Scusa … ripeti … ah, è quello che volevi usare tu … poi hai scelto Cialtron Heston … D’accordo, grazie, sì, ti faccio sapere, ciao … sì, ciao.
Torna a scrivere sulla tastiera del PC.
A:    Pseudonimo: Elpisodefuego. Età: facciamo 37 anni … anzi è meglio 32. Descrizione: sportivo, simpatico, allegro, amante della vita all’aria aperta … certo che ne scrivo di cazzate!
Passa qualche secondo.
A:     (leggendo sullo schermo) La tua registrazione è quasi completata. Scegli la modalità di pagamento: mensile, trimestrale, annuale, carta di credito, paypal, bonifico … Facciamo mensile, poi si vedrà.
Picchietta ancora sulla tastiera del PC mentre squilla il telefono. Va a rispondere.
A:    Pronto. Ah, signora, ancora lei? … buonasera … no, no … non c’è … (arrabbiato) com’è possibile che non c’è  mai? … e adesso glielo dico io com’è possibile …  sono due settimane che sua figlia non c’è … ha capito? … mi ha piantato … sì, ha capito bene … mi ha lasciato,  … si è messa con un altro … in che senso? … non lo capisce in che senso? … si fa sbattere da un altro, è così difficile da capire? … e adesso che glielo ho detto non mi rompa più le palle!
Sbatte giù la cornetta e torna al computer.
Buio e musica.

Scena 12 – giovedì: Alberto, Enrico e Voce di Donna (Beatrice)

Alberto è davanti al computer insieme ad Enrico.

A:    Avevi ragione tu. ‘Sto sito è proprio una miniera! Di donne tra i 30 e i 40 solo a Roma ce ne stanno 924!
E:    Che ti avevo detto? Sono contento che mi hai dato retta. Hai già qualche contatto in corso?
A:    Ancora no, però è solo da ieri pomeriggio che sto scandagliando … anzi, come dici tu?
E:    Setacciando … setacciando la rete.
A:    Ho capito che bisogna fare un lavoro scientifico. Mi sto annotando quelle che mi ispirano di più. Per esempio che ne dici di questa?
E:    (leggendo sullo schermo del computer) Orchidea Dolce, 36 anni, buona cultura, intelligente, raffinata, romantica, cerco un partner con le stesse caratteristiche per condividere viaggi culturali, concerti, musei e tramonti sul mare … Porto la quarta. (pausa) Che dire? Offre argomenti interessanti …
A:    La foto non dice molto …
E:    Non ti fidare della foto. O è falsa, o è vecchia di quindici anni o è confusa come questa. Piuttosto tu non hai messo la tua: se non fai è difficile che qualcuna ti cerchi …
A:    E credi che se la metto mi scriveranno in molte?
E:    (scrutandolo dubbioso) Forse hai ragione. Senti, “à la guerre comme à la guerre”, mettine una falsa pure tu.
A:    Cioè? La foto di qualcun altro?
E:    Esatto. Che so, un attore, uno sportivo …
A:    E poi si capisce che non sono io!
E:    Ma mica devi metterci la foto di uno famoso … basta che sia un bel tipo!
A:    E dove la trovo la foto di uno che non è famoso?
E:    Scandaglia la rete.
A:    Ah, adesso la scandaglio? Prima non la dovevo setacciare?
E:    E’ lo stesso.
A:    Ho un’idea: mio cugino!
Enrico lo guarda con aria interrogativa.
A:    E’ un tipo belloccio, avrà cinque o sei anni meno di me e fa l’attore. Almeno così dice. Di sicuro avrà riempito Facebook con le sue foto di scena … adesso lo cerco.
Picchietta sulla tastiera del PC.
E:    E non è famoso?
A:    Macché famoso. Una volta all’anno recita in un teatrino della parrocchia e mi rompe l’anima perché vada a vederlo. L’ultima volta ha fatto il fratello maggiore di Romeo …
E:    In “Giulietta e Romeo”?
A:    Già.
E:    E che Romeo ci aveva un fratello?
A:    No, appunto. Se lo sono inventato per dargli una parte.
E:    L’hai trovato?
A:    Eccolo qua. Ci avrei scommesso che c’era.
E:    Vediamo le foto. Caspita, quante!
A:    Figurati, narciso com’è.
E:    Dai, piglia questa dove sorride. Un sorriso è sempre accattivante. Adesso però devo andare, buona ricerca. (Alberto resta concentrato sull’operazione al computer mentre Enrico si avvia all’uscita) Ci vediamo domani per la cena!
Enrico esce.
Semibuio e musica. Alberto è sempre al PC.
Attraverso il fondale appare il profilo di una donna davanti ad un computer.
VOCE DI DONNA: Ciao.           
Alberto si avvicina allo schermo del PC e legge.
A:    Dalila ti ha inviato un messaggio in chat.
La Voce di donna ed Alberto leggono i rispettivi messaggi mentre li scrivono.
VDD:    Ci sei?
A:    Sì, ciao.
VDD:    Finalmente ti sei deciso a mettere una foto.
A:    Ero un po’ restio.
VDD:    E perché? Sembri un bel ragazzo.
A:    Avevo paura di essere riconosciuto, sai, faccio l’attore.
VDD:    Ma dai! Fico! Sei nel cinema?
A:    Ho fatto qualche film, ma soprattutto fiction per la televisione, e qualche volta recito in teatro.
VDD:    Complimenti! E ultimamente cos’hai fatto?
A:    Il fratello maggiore di Romeo in una versione sperimentale di “Giulietta e Romeo”, un ruolo molto interessante.
VDD:    Ma dai!
A:    Sì, lui cerca di convincere il fratello che andare appresso a Giulietta gli avrebbe portato sfiga…
VDD:    Sei proprio un tipo interessante, sai? Ma non sarai mica sposato…
A:    No, no. Solo single. E tu?
VDD:    Anch’io, da poco. L’ultimo fidanzato mi ha molto delusa, l’ho lasciato due mesi fa. Tu invece?
A:    Io storielle così, senza impegno…
VDD:    Capisco. Anch’io ho conosciuto persone molto poco interessanti, per usare un eufemismo …
A:    Di cosa ti occupi?
VDD:    Faccio la stilista. Sono appena tornata da Parigi dove hanno sfilato alcune mie modelle.
A:    Complimenti, un lavoro creativo … Chissà quante soddisfazioni …
VDD:    Non mi posso lamentare. Fino a pochi anni fa ho fatto la modella e adesso ho la fortuna di essere rimasta nel ramo.
A:    Dalla foto si vede che sei bellissima …
VDD:    Senti, perché non ci vediamo? Così mi racconti del tuo lavoro di attore, mi intriga molto…
A:    Così, subiti, senza conoscerci nemmeno un po’?
VDD:    Ma sì, è meglio! Se no succede che chattiamo per settimane e poi quando mi vedi magari non ti piaccio…
A:    Spiritosa! Comunque se vuoi per me va bene, vediamoci…
VDD:    Io farei anche domani, ma purtroppo proprio domani ho un impegno, una scocciatura, dobbiamo fare la prossima settimana.
A:    Come vuoi.
VDD:    Domani sera devo andare a cena a casa di un amico … uno sfigato assoluto … la donna l’ha piantato da poco e lui è disperato … come faccio a non andare? …
A:    Capisco, e tu lo vai a consolare?
VDD:    Io insieme ad altri suoi amici, non è una cena tête-à-tête.
A:    E non ti va di andarci?
VDD:    Per niente. Solo a vederlo è uno strazio, poi non sa cucinare e si lamenta di continuo.
A:    A me non è mai successo, ma posso immaginare il dolore che si prova ad essere abbandonati. Vivevano insieme?
VDD:    Sì.
A:    Da molto tempo?
VDD:    Da quattro o cinque anni, mi pare. L’unica cosa positiva è che abita vicino e posso andarci a piedi.
A:    Come ti capisco! Non prendere la macchina è un vantaggio impagabile. In che zona abita?
VDD:    Monteverde vecchio. E tu dove abiti?
A:    All’EUR.
VDD:    Adesso ti devo salutare. Ti contatto domani verso l’ora di pranzo, ti trovo?
A:    Sì, certo.
VDD:    Perdona la mia curiosità, come hai scelto il tuo pseudonimo? E’ buffo.
A:    Elpisodefuego? Mi sono ispirato al balletto di Stravinskij, però chiamarmi “L’uccello di fuoco” mi sembrava troppo irriverente …
VDD:    Che idea simpatica! Allora, a domani. Ciao.
A:    A domani, ciao.

Scena 13 – venerdì mattina: Alberto e Enrico

Alberto è al telefono con Enrico e prende appunti. La silhouette di Enrico al telefono si vede attraverso lo schermo del fondale.

E:    Lo so che la madre di Barbara ci mette la cipolla…
A:    Veramente ci mette lo scalogno stufato.
E:    Ecco, tu invece non metterci né l’una né l’altro. Potrebbe rimanere l’alito pesante, non adatto ad un dopocena romantico…
A:    Quale dopocena romantico? Ti sembro in vena di romanticherie? E poi ci saranno anche Carlo e Beatrice…
E:    E che ti importa? Stasera, grazie a me, conoscerai una donna molto attraente…
A:    Ma io perché ti do retta?
E:    Perché sai che sono un profondo conoscitore delle donne e intuisci che sarà una serata indimenticabile!
A:    Soprattutto la cena sarà indimenticabile! Ti ho già detto che in vita mia non ho mai cucinato nemmeno un uovo al tegamino.
E:    Quante volte devo ripetere che ti aiuto io? Tu devi solo seguire alla lettera le mie istruzioni finché non arriverò. Intanto compra tutto quello che ti ho detto. D’accordo?
A:    (niente affatto convinto) Sì, sì, d’accordo.
E:    A stasera.
A:    Ciao.
Chiude il telefono. Rilegge la lista della spesa.
Buio e musica.

Scena 14 – venerdì sera: Alberto, poi Gioia e Floriana, poi Carlo e Beatrice, poi Enrico, poi Maestra Soodiko, poi Marisa

Suonano alla porta. Alberto esce dalla cucina e va ad aprire togliendosi la parannanza.
Sono due donne. Gioia, procace e appariscente, e Floriana, più timida e dimessa.

G:    (porgendogli la mano) Ciao, sono Gioia.
A:    Piacere, accomodatevi.
F:    (porgendogli la mano) Piacere, io sono Floriana.
G:    Enrico sta cercando parcheggio, qua per lasciare la macchina è un casino! Magari ci mette mezz’ora … Noi intanto siamo salite. Questo è per te. (gli porge una bottiglia)
A:    Grazie, avete fatto bene. Io ho un po’ da fare in cucina, ma voi fate come se foste a casa vostra. Volete bere qualcosa? (accenna ad un improvvisato mobile bar) Intanto metto su un po’ di musica. (accende lo stereo con XXX) Se volete ascoltare qualcos’altro, lì ci sono dei CD …
Va in cucina.
Le due donne si guardano attorno incuriosite.
Si sente la voce di Alberto alterato.
A:    (dalla cucina) Si può sapere dove cazzo stai?
Torna in salotto a riprendere la parannanza che aveva buttato da una parte. Ha il cellulare all’orecchio. Fa un sorriso forzato alle due donne e torna in cucina.

A:    (dalla cucina) I posti dove non si paga stanno a quasi un chilometro di distanza e sono solo quattro o cinque … Avevi detto che mi avresti aiutato … Che cosa? Il guanciale di Amatrice a striscioline lunghe e dello stesso spessore? … Io ho preso la pancetta del supermercato e l’ho già tagliata a dadini … e mi sono venuti tutti diversi! … Pure il pecorino di Amatrice? Ma vaffan…!
G:    Vado a dare una mano in cucina, mi pare che coso … come si chiama?
F:    Alberto.
G:    Mi pare che Alberto è in difficoltà.
Gioia va in cucina.
G:    (in cucina) Posso aiutarti?
A:    Grazie, ma non voglio approfittare … Era Enrico che si era offerto di aiutarmi … e poi non possiamo lasciare sola Fabiana …
Alberto esce dalla cucina rivolgendosi a Floriana.
A:    Scusa, non voglio lasciarti qui da sola …
Gioia si affaccia dalla cucina e lo afferra per riportarlo dentro.
G:    Floriana non se la prende se sta un po’ da sola, e poi adesso arriva Enrico …
Floriana si aggira per la stanza guardando qua e là.
Suonano alla porta.
A:    (dalla cucina) Fabia … Floriana! Ti dispiace andare ad aprire? Dev’essere Enrico.
Floriana apre ad entrano Carlo e Beatrice discutendo tra loro.
F:    (porgendogli la mano) Piacere, io sono Floriana.
C:    (accennando una distratta stretta di mano) Carlo.
Beatrice fa una smorfia di saluto e si va a sedere.
C:    (a Beatrice cercando di non farsi sentire da Floriana) Ora capisco perché eri così ferrata sui siti di incontri scoperecci.
BEA:    (a denti stretti) Non sono scoperecci!
C:    Pullulano di imbroglioni, mettono foto false, si abbassano l’età, sono tutti disadattati … Ipocrita, bugiarda e zoccola! Chissà da quanto tempo ti fai rimorchiare su Internet!
BEA:    Io non mi faccio rimorchiare da nessuno e comunque ti sbagli. E’ poco più di una settimana che ho qualche contatto, e se non sei un cretino capisci pure il perché.
C:    No che non capisco il perché, si vede che sono un cretino.
BEA:    Lo sei di sicuro se lasci in giro gli scontrini del fioraio senza che io abbia mai ricevuto fiori e se tieni nel cassetto del comodino un libro di poesie con tanto di dedica a B.
C:    Era un libro per te!
BEA:    E che aspettavi a darmelo?
Alberto e Gioia escono dalla cucina.
A:    Ah, siete voi! Credevo fosse Enrico. (rivolto a Beatrice) Com’era Parigi? In questa stagione deve essere splendida …
C:    (sorpreso) Parigi? L’ultima volta ci siamo stati sei anni fa!
A:    Avete preso qualcosa da bere?
C:    Buona idea. Mi ci vuole giusto qualcosa di forte. (sarcastico a Beatrice) Ti verso un drink, tesoro?
BEA:    (ad Alberto) Tu che lo conosci da quando eravate ragazzini, lo sapevi che Carlo è un appassionato di poesie d’amore?
A:    Veramente no, non lo sapevo.
BEA:    Anch’io l’ho scoperto da poco. (a Carlo sarcastica) Come si chiama il tuo poeta preferito? Adesso mi sfugge il nome …
C:    Erich Fried, lo conoscono tutti.
Alberto, Carlo e Beatrice continuano a parlottare tra loro senza che si senta cosa dicono.
Suonano alla porta.
F:    Vado io.
Apre ed entra Enrico.
A:    Alla buon’ora!
Enrico fa un gesto di saluto a tutti.
E:    (ad Alberto) Come va in cucina? Sono sicuro che te la stai cavando benissimo, sento un profumino …
G:    Io sento puzza di bruciato!
A:    L’arrosto! (e si precipita in cucina)   
E:    Ho parlato troppo presto! (anche lui si precipita in cucina)
G:    (a Floriana) Allora? Che te ne pare del padrone di casa?
F:    Così, a prima vista, sembra simpatico. Si sta dando da fare, poverino …
G:    A me pare uno sfigato assoluto.
F:    Ma sei senza cuore, bisogna compatirlo, piuttosto: la donna l’ha mollato da un giorno all’altro e lui non si è ancora ripreso dalla botta! A me fa tenerezza.
G:    Ma va’, non lo sapevo! Allora hai ragione, bisogna tirarlo su. (poi, alludendo a Carlo e Beatrice) E questi due chi sono? Io non avevo capito che c’era altra gente: pensavo a una cenetta in quattro.
F:    Non lo sapevo neppure io, tra l’altro quei due non fanno altro che litigare …
Floriana e Gioia continuano a parlottare tra loro senza che si senta cosa dicono.
BEA:    (a Carlo, sempre alterata cercando di non farsi sentire dalle due ragazze) Non mi hai mai comprato un fiore, non ti ho mai visto con un libro in mano, e tanto meno di poesie, ed ora vuoi farmi credere che sei diventato romantico all’improvviso, con me poi?
C:    Volevo scriverti una poesia al giorno e ti avrei dato il libro dopo che le avevo copiate tutte, ma poi ti ho visto inciuciare con cani e porci e mi sono sentito un idiota… El piso de fuego! E gli altri come si chiamano? Collo di papera, Mazzapicchio e Funcia di minchia?
BEA:    (con aria disgustata) Sei volgare! El piso de fuego è una citazione del balletto di Stravinskij!
C:    (sarcastico) Sì, e Funcia di minchia è una citazione di Ciccio U’ Vastiddaru!
BEA:    E’ inutile che cambi discorso. Preparati a fare le valigie, a casa mia non ti ci voglio più!
Dalla cucina arrivano le voci di Alberto ed Enrico che bisticciano su come salvare l’arrosto.
Carlo e Beatrice continuano a parlottare tra loro senza che si senta cosa dicono.
Suonano alla porta.

G:    A quanto pare gli invitati non sono finiti.
F:    Per fortuna che Enrico aveva parlato di una cosa intima, a lume di candela …
Alberto si affaccia dalla cucina.
A:    Hanno suonato?
G:    Sì.
A:    (andando ad aprire) Veramente non aspettavo più nessuno …
Apre ed entra la Maestra Soodiko con un grande vaso orientale.
MS:    Buonasera. Purtroppo Maria Stella è a casa con l’influenza e non è potuta venire.
A:    (sorpreso) Oh, che peccato!
BEA:    (ad Alberto, distrattamente) Ho dimenticato di dirti che le ho invitate io, ti dispiace?
MS:        (a Beatrice) Tu devi essere l’amica di Maria Stella … come va?
BEA:    Lasciamo stare.
MS:    (porgendo il vaso ad Alberto) Questo è per te: prima di dedicarti alla meditazione prepara un infuso di citronella, ortica, eucalipto, rosa canina e foglie di Ginkgo biloba, poi mettilo qui dentro e tienitelo vicino. Ti aiuterà a rilassarti.
A:    (prendendo il regalo) Grazie, accomodati!
Enrico si affaccia dalla cucina.
E:    Avete fame, ragazzi? Ancora due minuti di pazienza e sarà pronto.
A:    Devo venire ad aiutarti?
E:    No, grazie. Faccio da solo, è meglio.
Enrico torna in cucina.
Alberto posa il vaso e si siede sul divano, mentre Maestra Soodiko si avvicina a Beatrice e Carlo che ancora si beccano.
Gioia, che fino a quel momento ha confabulato con l’amica Floriana, si avvicina ad Alberto con atteggiamento seducente e provocante.

G:    Lo sai che ti trovo molto simpatico? Enrico me l’aveva detto.
A:    Grazie. Piuttosto devi scusarmi se non sono propriamente di buon umore.
G:    (affettuosa) Non preoccuparti, so che hai avuto qualche dispiacere, ma a tutto si rimedia …
A:    Se lo dici tu …
Cominciano a parlottare confidenzialmente, con Gioia che gli si struscia addosso sempre di più. Alberto, dopo un momento di imbarazzo, sembra gradire.
Nel frattempo la Maestra Soodiko cerca di far rilassare Carlo e Beatrice.
MS:    Rilassatevi. Abbandonatevi. Fate dei respiri profondi, lenti, possenti. Ogni problema sarà spazzato via e la vostra mente diventerà pura, chiara e luminosa. State per intraprendere il percorso di liberazione interiore che vi porterà alla felicità personale e interpersonale …
E:    (dalla cucina) Alberto! Dove sta il rosmarino?
F:    (andando in cucina) Ti aiuto io a cercarlo! (con un po’ di stizza) Alberto è occupato!
MS:    (spazientita dal vociare di Enrico e Floriana e dal chiacchiericcio di Alberto e Gioia) Chiudete gli occhi. Immaginate che state attraversando una foresta, con gli alberi fitti che non lasciano passare la luce. Però sentite il cinguettio degli uccelli, vi arriva il profumo dei fiori…
Suonano alla porta.
MS:    (alterata) E no! Non ci possiamo concentrare con questo casino!
Alberto e Gioia continuano nel loro chiacchiericcio sempre più confidenziale, Carlo e Beatrice riprendono a litigare in presenza della Maestra Soodiko.

Suonano ancora insistentemente alla porta.

A:    (ad alta voce) Qualcuno vada ad aprire, per favore!
MS:    Vado io, tanto in queste condizioni non posso lavorare!
Apre e compare Marisa, carica di vettovaglie.
M:    Ottavia! Che bella sorpresa, non sapevo che eri qui! (attraversando la stanza verso la cucina) Buonasera a tutti! (vedendo Alberto, sempre tra le braccia di Gioia) Ciao Alberto, come va? Credevo che eri solo e ho pensato di portarti qualcosa da mangiare … No, non ti disturbare, porto tutto in cucina! Ma che cos’è questa puzza di bruciato? Meno male che ho portato cose in abbondanza, perché mi sa che restavate senza cena!
Andando verso la cucina si scontra con Enrico che ne esce indossando una parannanza. Dietro di lui c’è Floriana.
M:    Ah, è lei che sta cucinando! Credo che abbia bisogno di aiuto …
E:    La ringrazio, signora, ma non vorrei arrecarle disturbo.
M:    Ma nessun disturbo, per carità!
E:    Lei è per caso la signora Marisa?
M:    (contenta) Sì, sono la mamma di Barbara!
E:    L’ho riconosciuta dalla voce. Ci siamo parlati al telefono qualche giorno fa, si ricorda?
M:    Sì, come no? Lei è quell’amico di Alberto …
E:    Esatto. Sono Enrico.
M:    E poi ha trovato l’erba gatta? Già che mi trovavo, ho portato anche qualcosa per il micio …
E:    Ha fatto bene, signora, poi glielo diamo. Poggi pure tutto sul tavolo della cucina.
Marisa va in cucina.
E:    Ci mancava pure questa! (avvicinandosi alle spalle di Alberto) Ma che ti è saltato in mente di farla venire proprio stasera?
A:    (esterrefatto distogliendo per un attimo l’attenzione da Gioia) Io? Ma se l’altro giorno al telefono le ho detto di non rompermi più le palle! (a Gioia) Scusa la volgarità …
Marisa esce dalla cucina con due barattoli di mangime per gatti e si avvicina ad Enrico.
Nella stanza c’è una gran confusione: Gioia è in braccio ad Alberto che mostra di apprezzare le sue forme; Floriana è da sola in disparte con aria imbronciata e cerca qualche musica da mettere sullo stereo; Carlo e Beatrice continuano a litigare e Soodiko cerca di calmarli; Marisa spiega a Enrico come e quando dare il cibo al gatto.

All’improvviso dalla porta di ingresso entra Barbara con un trolley e un mazzo di fiori. Rimane di stucco a vedere la scena che gli si para davanti. A poco a poco tutti si accorgono di lei tranne Alberto.
M:    (senza scomporsi) Ciao Barbara, ho portato qualcosa da mangiare e sto spiegando a questo vostro amico cosa dar da mangiare al gatto.
A:    (sbarazzandosi di Gioia e scattando in piedi) Barbara!
Silenzio e imbarazzo generale.
MS:    (dopo qualche istante, rivolta a tutti) Forse è meglio lasciarli soli.
M:    (protestando) Ma perché? C’è da mangiare per tutti!
MS:    (prendendola sottobraccio) Venga Marisa, sua figlia sarà stanca e vorrà riposare …
Lentamente tutti escono in silenzio sotto lo sguardo incredulo di Barbara.

Scena 15 – venerdì sera: Alberto e Barbara

A:    (estasiato e incredulo) Sei tornata?
B:    Non dovevo?
A:    Allora sei tornata!
B:    (sistemando i fiori in un vaso) Ma che è quella faccia? Sembra che hai visto la madonna!
A:    Amore mio!
B:    A giudicare dal baccanale che hai organizzato non avevi capito che sarei tornata stasera … Chi era quella che ti stavi pomiciando?
Barbara esce verso le altre stanze. Alberto cerca frettolosamente di riordinare la stanza togliendo bottiglie, bicchieri, cartacce, ecc.
B:    (rientrando in soggiorno, ironica) Vedo che hai fatto tutto quello che ti avevo chiesto …  (arrabbiata) La tazza del cesso è lercia! La cucina è indecente! Hai pure il coraggio di invitare gente!
A:    (mortificato) Scusa, non sapevo che saresti tornata stasera … anzi, non sapevo se saresti tornata … e non mi ricordo che cosa mi avevi chiesto di fare …
B:    (sedendosi sconfortata) Sono una stupida! Ogni tanto mi illudo che tu possa cambiare, e invece… (indica i fiori) Vedo i fiori, leggo due poesie, penso: ma in fondo è romantico, mi vuole bene, e ci casco come una ragazzina di quindici anni!
A:    (drammatico) Barbara, tu mi avevi lasciato! Io mi sono sentito morire!
B:    (sarcastica) Questa è la scena madre, o deve ancora venire? Dovresti fare l’attore!
A:    Perché?
B:    Lo so che me ne sono andata all’improvviso, senza dirti niente, ma non mi pare tutta ‘sta tragedia!
A:    Ma il biglietto …?
B:    Il biglietto … cosa?
A:    Il biglietto che mi hai lasciato …
B:    Ho capito, il biglietto che ti ho lasciato. E allora?
A:    Lo vedi che ho ragione? Mi hai lasciato!
B:    (perdendo la pazienza) Ti ho lasciato un biglietto, lo so. L’hai letto bene?
A:    (accorato) L’ho letto mille volte, e ogni volta il cuore mi andava in frantumi …
B:    Dio mio, come sei esagerato!
A:    Sono esagerato? Forse non ti ricordi quello che mi hai scritto … (tira fuori il biglietto dalla tasca) Guarda, lo porto ancora con me …
Barbara lo guarda preoccupata.
A:    (leggendo il biglietto e singhiozzando) Caro Alberto, so che non ti aspettavi di leggere quello che sto per scriverti e so pure che sarebbe stato corretto parlartene prima, ma credimi se ti dico che non ce l’ho fatta. Ho preparato in fretta la valigia mentre tu ancora dormivi e sono uscita alla chetichella. So che non mi perdonerai questo comportamento, eppure mi illudo che tu, prima o poi, riesca a farlo. Veniamo al dunque: sei sempre stato un pigro, ma negli ultimi tempi la tua ignavia ha raggiunto livelli stratosferici, te ne stai sempre in casa buttato sul divano a guardare la televisione, da secoli non prendi più un’iniziativa per uscire e portarmi a divertire da qualche parte, eppure lo sai quanto ne avrei bisogno col lavoro che faccio. Non parliamo di collaborare alla gestione e alla pulizia della casa, non sei capace di sciacquare il lavandino, figuriamo di lasciare pulita la tazza del gabinetto. L’elenco delle tue negligenze è talmente lungo che mi fermo qui. Non posso sperare che tu, spontaneamente, abbia un po’ più di attenzione nei miei riguardi, (con tono drammatico) per questo ho deciso di lasciarti.
Alberto piange. Barbara nel vederlo disperato si commuove un po’.
B:    Vai avanti.
A:    E’ finito.
B:    C’è un’altra pagina, vai avanti.
A:    (incredulo) Non c’è nessun’altra pagina.
B:    Erano due fogli. (indica il mobile) Te li avevo lasciati lì sopra …
A:    Io ho trovato solo questo.
B:    Forse l’altro è scivolato dietro al mobile.
Alberto si avvicina lentamente al mobile, si mette carponi e trova un foglio nascosto lì sotto. Lo prende e lo legge.
B:    Se avessi spazzato lì sotto l’avresti trovato.
A:    (rileggendo la fine del primo foglio e poi leggendo il secondo) … per questo ho deciso di lasciarti … alcune cose da fare prima del mio ritorno. Starò fuori per due settimane per frequentare un corso sulle tecniche di orientamento e sopravvivenza per manager che va di moda presso le aziende all’avanguardia come la mia. La località è segreta, non è stata detta nemmeno a noi, e abbiamo l’obbligo di consegnare il cellulare all’organizzazione per tutta la durata del corso, quindi non provare a cercarmi perché non ti potrò rispondere.
Ecco l’elenco delle cose da fare: pagare le bollette che trovi nel cassetto del mobile in corridoio, annaffiare le piante del balcone una sera sì e una no, avvertire mia madre che tornerò tra quindici giorni e che non posso rispondere al telefono, pulire la casa, soprattutto il bagno e la cucina, perché Liuda mi ha chiesto il permesso di assentarsi per dieci giorni, …  (interrompe la lettura).
Alberto si avvicina a Barbara e l’abbraccia.
A:    Ho passato due settimane terribili. Credevo che mi avessi lasciato per sempre.
B:    Mi dispiace … Ma non è colpa mia, sei tu che hai perso metà della mia lettera … E’ per questo che ti stavi dando alle orge?
A:    Non ne avevo nessuna voglia. Ha organizzato tutto Enrico.
B:    (affettuosa) Va be’, ho capito, ti perdono.
Si scambiano effusioni.
B:    Sei stato molto carino a mandarmi i fiori in ufficio. Ci sono passata prima di venire a casa e mi hanno detto che ne arrivava un mazzo al giorno … Il solito esagerato!
A:    (senza capire) Beh …
B:    E le poesie? Anche di quelle ne arrivava una al giorno, ma dove le hai trovate? Sono bellissime! Non le hai mica scritte tu, vero?
A:    Potrei dirti che le ho scritte io per te, ma non voglio mentire, e poi non ci crederesti mai. Sono di un poeta tedesco … in questo momento mi sfugge il nome …
B:    (contenta) Comunque ti ho visto sotto un aspetto che non conoscevo. Ho capito che sei ancora innamorato di me!
A:    (perplesso) E ne dubitavi?
B:    Diciamo che mi ha fatto piacere riscoprirlo. Dopo tutti quei fiori e quelle poesie immaginavo che stasera mi avessi fatto trovare una deliziosa cenetta a lume di candela … Pensa come ci sono rimasta vedendo quel bordello!
A:    Potrai mai perdonarmi? Però un po’ di champagne per festeggiare il tuo ritorno ci vuole!
Alberto va in cucina, torna con una bottiglia e due bicchieri e versa lo champagne.
A:    (brindando) Al nostro amore ritrovato! (e dopo una breve pausa) Scusa, così, per curiosità, dove sei stata a fare questo corso di orientamento?
B:    In Umbria, facevamo base in una specie di agriturismo ma molte attività si svolgevano nei dintorni, all’aperto.
A:    Quindi lunedì scorso eri in Umbria …
B:    Certo, te l’ho detto, perché me lo chiedi?
A:    (con aria indifferente) Non era prevista per caso una prova di orientamento nel centro commerciale di via Boccea? Sai, non è facile districarsi lì dentro …
B:    Al centro commerciale? Ma che ti salta in mente?
A:    Siccome mi hanno detto di averti vista lì lunedì scorso …
B:    (esterrefatta) A via Boccea?
A:    Sì, insieme a un uomo …
B:    (ridendo) Al centro commerciale di via Boccea insieme a un uomo? Ma ti pare possibile? E tu ci hai creduto?
A:    Sì.
B:    Ma sei proprio un pollo! E chi mi avrebbe visto?
A:    Carlo.
B:    Carlo l’amico tuo?
A:    Già.
B:    (pensosa) Per la verità è un po’ di tempo che ha un atteggiamento strano …
A:    Come fai a dirlo? Vi frequentate a mia insaputa?
B:    (seria) No, per carità … Solo che ogni tanto mi manda dei messaggini …
A:    E che ti dice?
B:    Niente di compromettente, stai tranquillo. Mi chiede: come stai? Tutto bene? Come va il lavoro?
A:    (perplesso) Bah, in effetti è un po’ strano tutto questo interesse … Pensa che ero convinto che non avesse neanche il tuo numero di cellulare …
B:    Non sarai mica geloso, spero!
A:    Ma no, figurati … (poi, cambiando discorso) Senti, è vero che non ti ho fatto trovare una cena a lume di candela, però ci sono un sacco di prelibatezze che ha portato tua madre. Che ne dici di organizzarcela adesso una cenetta romantica?
B:    (alzandosi contenta) Ottima idea! Ci penso io, tu intanto dai una sistemata qui …
Esce verso la cucina.
Alberto fa partire sullo stereo una canzone melodica e romantica.
B:    (affacciandosi dalla cucina) Che ne dici di tagliolini al limone con gamberetti e zucchine?
Alberto le va incontro, le cinge la vita e iniziano a ballare un lento teneramente abbracciati.

Scena 16 – pochi giorni dopo: Alberto, Carlo, Enrico

La casa di Alberto è pulita e ordinata. In salotto Enrico guarda nel vuoto malinconicamente. Carlo è seduto con la testa tra le mani e ogni tanto si riempie un bicchiere di whisky. Alberto li guarda entrambi; è vivace come non era mai stato prima.

A:    Ragazzi, non potete fare così, coraggio! Fino all’altra settimana eravate voi a consolarmi e adesso devo farlo io? Lo sapete meglio di me: è un momento difficile, ma passa presto e tutto si aggiusta …
E:    Sono avvilito; è finita pure stavolta. Ha ragione Beatrice, Internet è una bufala, cercare amicizie in quel modo significa andare incontro a delusioni sicure …
C:    Non parliamo di Beatrice, per favore! Lei sì che è una delusione … Ipocrita e falsa come Giuda. (imitandola) I siti di incontri? Che squallore! Tutta gente disadattata! (tornando normale) E poi non la becco a chattare con cani e porci, uno più stronzo dell’altro?
A:    Beh, non saranno mica tutti così? Qualcuno meno stronzo ci sarà pure …
C:    Non mi risulta. Pensa che l’ho sorpresa mentre scambiava messaggi con uno che si fa chiamare Elpisodefuego. Se non è uno stronzo quello …
E:    (ad Alberto) Elpisodefuego? Ma …
A:    Lascia stare.
E:    Sono nauseato. Mi devo disintossicare.
A:    Non ti ci vedo proprio a startene da solo, è la tua natura, devi sempre avere qualche squinzia tra le mani!
E:    (senza entusiasmo) Ma sì, quella ce l’ho pure adesso!
A:    Ne hai già acchiappata un’altra?
E:    Diciamo che me la sono trovata in braccio senza dover alzare un dito. (pausa) E’ Floriana.
A:    L’amica di Gioia?
Enrico annuisce.
A:    Quindi tu stavi con Gioia? E io che credevo fosse Floriana la tua fidanzata … Gioia mi si strusciava addosso …
E:    Lei fa così con tutti: è un tipo molto espansivo!
A:    E che è successo?
E:    Sparita. Sai come fanno le donne, no? Mica ti dicono le cose chiare e tonde, spariscono e basta: lo devi capire da te!
C:    (bevendo) Qualcuna è diversa. Beatrice le cose me le ha dette chiare e tonde, dal suo punto di vista …
A:    (a Enrico) Non lo sapevo che ti piaceva pure Floriana.
E:     (alzando le spalle) Infatti non è che mi piace proprio … diciamo che ha delle qualità …
A:     (allusivo) Ho capito! Vi ricordate quando da ragazzi ci chiedevamo cosa avesse trovato di straordinario John Lennon in Yoko Ono?
C:    (alticcio) Il gioco erotico!
A:    Proprio così! (a Enrico) Dev’essere qualcosa del genere con Floriana, vero?
E:    (senza entusiasmo) Più o meno. In ogni caso rappresenta una novità: dopo tanti anni è la prima che non rimorchio su Internet.
C:    E’ un prodotto derivato: ci avevi rimorchiato l’amica, no?
A:    E allora? Ha ragione Enrico. E’ il primo passo verso la disintossicazione.
E:    Proprio così. Voglio recuperare il contatto con la realtà, mi sono stancato di queste donne più virtuali che reali, che quando le incontri sono sempre molto peggio di come te le eri figurate. (prendendo il cellulare) Adesso le cancello tutte dal cellulare e quando torno a casa stacco la spina al PC.
A:    Dobbiamo crederci?
E:    Sì, parlo seriamente. Se sarà destino che conosca qualche donna interessante, succederà in palestra o in vacanza o all’ufficio postale …
C:    (ironico) O a casa di amici o in discoteca o a una cena di lavoro … come una persona normale, insomma.
E:    Sì, certe volte mi piacerebbe essere una persona normale …
A:    Ma sì, guarisci dall’ingordigia di conoscere decine di donne nuove! Guardati intorno, magari la donna dei tuoi sogni la conosci già, (e rivolgendosi a Carlo) può succedere, vero Carlo?
C:    (vago) Non saprei … che intendi?
A:    (sornione) Dico che uno può scoprirsi innamorato di una donna che conosce da tempo, che so un’amica della moglie, la moglie di un amico …
C:    (beve e alza le spalle) Boh … tutto può essere. (rivolgendosi a Enrico e cambiando discorso) Allora Enrico, sei sicuro che posso venire a stare da te per qualche giorno? Non ti scoccia?
E:    Ma figurati, te l’ho proposto io! Se ti accontenti di un divano letto …
A:    (sorpreso, a Carlo) Ma sul serio te ne vai da casa? Pensavo che scherzassi!
C:    Non scherzavo. Quella bastarda mi ha cacciato da casa.
A:    Come sarebbe a dire? Tu la becchi mentre inciucia col piso di fuoco, o come cavolo si chiama, e lei ti caccia da casa?
C:    Abbiamo litigato di brutto.
A:    (sornione) Mi dispiace …
C:    Dice che si è messa a chattare per vendetta. Secondo lei io ho una storia con un’altra.
A:    Ah! E non è vero?
C:    (irritato) Ma certo che no!
A:    E allora lei come fa a dirlo? Forse ha scoperto qualche indizio …
E:    Ha scoperto qualche indizio?
C:    Secondo voi un libro di poesie può mai essere un indizio?
A:    Beh, dipende … era nascosto? C’era una dedica?
C:    La dedica era per lei ed era nascosto perché volevo farle una sorpresa il giorno del suo compleanno …
E:    In effetti se la dedica era per Beatrice, non potevano esserci dubbi.
A:    Era per Beatrice?
C:    Ma certo. (pausa) Solo che c’era poco spazio e ho dovuto abbreviare il nome: ho scritto “a B. con amore”.
Alberto ed Enrico si guardano. Carlo è imbarazzato.
E:    Magari erano poesie d’amore …
C:    Sì, di Erich Fried.
A:    Pensavo una cosa … Beatrice non ha fatto il compleanno il mese scorso?
Carlo annuisce     imbarazzato.   
A:    (ironico) Quindi stavi aspettando che passassero questi undici mesi per farle la sorpresa …
E:    Se è così i sospetti di Beatrice risultano un po’ più fondati.
Carlo si alza agitandosi in preda a un attacco di nervi.   
C:    E va bene! Era un regalo per un’altra persona! Siete contenti? Se faccio un regalo a una donna significa per forza che ho una storia con lei? Perché è di questo che mi si accusa! Avere una storia significa avere un’amante, o sbaglio? E’ solo una maniera più ipocrita di dirlo. E io avrei un’amante? Ma figuriamoci! La verità è che Beatrice si è vista colta in castagna a chattare con cani e porci …
A:    Daje!
C:    … e per giustificare il suo comportamento ignobile è passata al contrattacco!
A:    Però, se non sbaglio, sulla dedica hai scritto “con amore”…
C:    (alterato) Sì, ho scritto “con amore”, e allora? Non si possono manifestare sentimenti d’amore? Se una persona mi suscita un’emozione nobile, profonda, pura, un turbamento ardente, uno sconvolgimento che mi sconquassa, cosa devo scriverle in una dedica? Con simpatia? Oppure volete dirmi che Beatrice ha ragione in ogni caso perché anche il solo esternare una passione è già un tradimento, dato che sottintende l’intenzione di farlo? E’ facile giudicare …  condannare … Però nessuno prova a mettersi nei miei panni: come pensate che mi senta, tormentato da un amore impossibile, non ricambiato, senza un briciolo di speranza?
Cala il silenzio. Carlo si butta a sedere con la testa tra le mani, Alberto resta impassibile senza guardarlo. Enrico tace stupefatto dall’arringa di Carlo e osserva alternativamente i due amici come se intuisse che un pensiero li accomuna.
E:    (a Carlo cercando di sdrammatizzare) Insomma ti sei preso una bella scuffia, mi pare … ma lo sai che le pene d’amore svaniscono, ci siamo passati tutti …
Nessuno risponde.
E:    Vi ricordate di Antonella? Sono passati un po’ di anni, eravamo al primo anno di università, ma non è una che si dimentica. La conoscemmo alla festa di quell’ex compagno di scuola, quello che aveva un gemello anche lui nella nostra classe,  che ci abbiamo messo un anno per riuscire a distinguerli … come si chiamavano? De Buono?
A:    (impassibile, senza guardarlo) Di Bello.
E:    Sì, ammazza che memoria! La conoscemmo a casa dei fratelli Di Bello. Ci telefonò uno dei due dicendo che stavano festeggiando il loro compleanno e che per un disguido organizzativo si trovavano in tre ragazzi e dodici ragazze. Manco il tempo di chiudere la telefonata e stavamo già lì, eravamo proprio affamati a quei tempi … Quando arrivammo, in salone c’era una ragazza che suonava il pianoforte. Era bellissima. Rimanemmo incantati a guardarla suonare e poi uno dei due gemelli ce la presentò. Per tutta la sera non avemmo occhi che per lei, malgrado ce ne fossero altre undici. Aveva i capelli lunghi, castani, due occhi verdi come smeraldi. Insomma ci innamorammo tutti e tre, perdutamente. Quando venne l’ora di andarsene le demmo un passaggio fino a casa, cioè glielo diedi io. Vi ricordate? Eravamo con la mia macchina e, malgrado fosse di strada accompagnare prima lei, feci venti chilometri in più per portare voi e poi restare da solo con lei.
C:    Il solito stronzo!
E:    Ma la cosa più originale successe pochi giorni dopo quando – per rispetto della nostra amicizia - decidemmo di dichiararci tutti insieme. Le demmo un appuntamento al Pincio e lei, sapendo che eravamo in tre, non sospettò nulla.
A:    Che figura di merda! Sembravamo Qui Quo e Qua. Ognuno diceva un pezzo di frase: ci siamo – innamorati – di te – ti vuoi mettere – con uno –di noi?
C:    Mi sa che ancora si sta sbellicando dalle risate. Ci disse: quanto siete carini!
E:    Già. Però disse pure che era innamoratissima di un violinista del conservatorio e che si sarebbero sposati entro un paio d’anni.
Breve silenzio.
C:    E adesso che ci hai ricordato quell’episodio così edificante, devo rincuorarmi?
E:    Volevo dire che anche quello fu per tutti noi un amore non ricambiato, eppure la nostra sofferenza non durò a lungo …
C:    Eravamo ragazzi …
E:    E non c’era Internet! Non era tutto più bello? Fare Qui Quo Qua al Pincio, altro che email!
Squilla il cellulare di Enrico.
E:    (per niente entusiasta) Scusate, è Floriana.
Si allontana un po’ per parlare.
A:    (serio, a Carlo) Quel libro di poesie …
Carlo lo guarda senza parlare.
A:    La prossima volta portalo. Barbara lo accetterà con piacere.
Carlo si avvicina ad Alberto e i due si abbracciano.
Enrico termina la telefonata.
E:    Le ho detto che avevo un invito a cena. Non sono nello spirito giusto per vederla … Certe volte le donne sono davvero appiccicose.
Squilla di nuovo il cellulare di Enrico.
E:    (al cellulare mentre gli altri lo guardano) Pronto? … Sì? … Chi è? … Liliana? … Liliana, che piacere sentirti … Certo, come no? … No, è che ho dovuto cambiare telefono e ho perso il tuo numero …  (fa dei gesti agli altri come per dire che sono tutte balle) E’ passato un po’ di tempo, vero? … Meno male che hai chiamato tu … Come no? … Mi farebbe un enorme piacere … (guarda gli altri imbarazzato) … Io? No, non mi pare di avere impegni nei prossimi giorni … Sì, certo … Ah, stasera dici? … Non saprei … è che al momento sono a casa di amici e non so … ah, anche tu sei a casa di un’amica …  (continua a osservare la reazione degli altri) e vi state annoiando … lo capisco, in questi pomeriggi di festa capita anche a me … (fa dei gesti agli altri per dire che non è vero)  Ah, voi siete in tre: Roberta, la padrona di casa, e Tiziana, una vostra amica … (guarda gli altri ammiccando) ma pensa la combinazione! Anche noi siamo in tre: Alberto, il padrone di casa, e Carlo, un nostro amico… (Alberto e Carlo gesticolano per dire: ma che stai dicendo? Enrico è piacevolmente intrigato) Sì, sì, quando si dice il caso!... Come? Adesso non so, così su due piedi … a che ora? (gli altri lo guardano sbigottiti) Alle otto … (guarda gli altri) A casa della tua amica … Tutti e tre … (guarda gli altri in cerca di consenso) Posso provare a chiederglielo … (Alberto e Carlo si interrogano con lo sguardo) Se mi dai dieci minuti ti richiamo … (gli amici fanno dei gesti come per dire: si può fare) Aspetta, mi sembra che …  (gli amici annuiscono vistosamente) Va bene, d’accordo, dammi l’indirizzo … (chiede a gesti carta e penna e gli amici si precipitano a procurargliele. Scrive l’indirizzo) Benissimo, ci vediamo tra poco. Sì, ciao … ciao … (chiude il telefono).
C:    (leggendo l’indirizzo) Non è proprio vicino. Andiamo, ci vorrà più di mezz’ora!
Tutti si preparano in fretta ad uscire.
A:    (a Enrico sulla soglia di casa, uscendo con gli altri) Scusa, chi è questa Liliana?
E:     Ma che ne so chi è!
Escono.

FINE