TUTTO BENE, ANZI, BENISSIMO!
Atto unico di
Antonio Sapienza
Commedia in un atto con tre soli personaggi, liberamente tratto dalla commedia
in tre atti di Luigi Pirandello “ La ragione degli altri”
Personaggi:
Leo;
Elena;
Livia.
Buio in sala. Musica adatta. Sipario che lentamente si apre. In scena vi e'
Leonardo Arciani, seduto alla sua scrivania. Una voce fuori scena annunzia una
visita per lui.
Voce- Signor Arciani, una visita per lei. Venga signora.-
Leo.- ( scorgendo Elena) T'ho pregata, scongiurata di non venire a trovarmi qua,
al giornale.-
Ele.- Ma dove allora? Io non lo so piu'! Se da una settimana non ti fai vedere?-
Leo.- Sarei venuto, sai? a qualunque costo in giornata. Oh! Non mi e' stato
proprio posssibile.-
Ele.- Sai perche' sono venuta io? Ieri e' tornato quello della casa. Volevo
dargli un acconto dalla mia pensioncina. Niente! " Tutto, subito, o via! Senza
cerimonie.-
Leo.- Va bene, va bene; aspetta che gli parli io, a questo signore.-
Ele.- E' inutile. Ha parlato chiaro. Non vuole aspettare.-
Leo.- Aspettera' perdio! Gli hai detto che io debbo avere...-
Ele.- ... del romanzo? Gia'! Per farlo ridere...-
Leo.- Non c'e' bisogno che gli parlassi del romanzo o d'altro: sono quattrocento
lire che mi saranno pagate fra otto giorni, alla consegna del manoscritto. Se
potro' consegnarlo... sta' a vedere! Non trovo piu' ne' modo ne' tempo di
scrivere...-
Ele.- E dunque?-
Leo.- Ma un po' di pace! Un momento di requie! Qua, lo sai, per questo mese non
posso piu' chiedere nulla. Che consegnero' fra otto giorni? E non so dove
battere la testa! Non resisto piu'!-
Ele.- Da un pezzo eh! Cominci a comprenderlo soltanto ora, tu? Ma quando non se
ne puo' piu', sai, si dice. Neanch'io resisto piu' a vederti cosi'.-
Leo.- (freddamente) Neanche tu... e poi?-
Ele.- Ma ti pare possibile seguitare cosi'? Scusa, ti pare possibile?-
Leo.- Il male e' appunto questo, cara: che dev'essere possibile. Sarebbe comodo
svoltare tu di la' ed io di qua. Ma non possiamo, ne' tu, ne' io.-
Ele.- Perche' scusa? Se io ti lascio libero?-
Leo.- Libero? Come mi lasci libero?-
Ele.- Ma di tornare in pace da tua moglie!-
Leo.- Tu non la conosci!-
Ele.- Ma se ti ha parlato...-
Leo.- Non fingere di non capire.-
Ele.- Che cosa? Che tua moglie vuole che noi stiamo uniti? Debbo capir questo?-
Leo.- Questo, questo, si; e tu lo sai bene! Qua, qua, alla catena, dobbiamo
stare! E non giova disperarsi. Lo dico anche a me, sai? Se occorre, anzi,
bisogna ridere...ma si. Vuoi vedere come rido? Ma so fare anche il buffone!
Tant'altre volte, pazienza! Bisogna pure che io mi lagni... stretto oppresso,
soffocatoc osi', punto da tutte le parti, vuoi che non dica neppure "hai"?
Basta, no; basta, no; sai bene che non posso dirlo basta.-
Ele.- Ma io lo dico per te, dopo tutto: Non per me.-
Leo.- Grazie, cara! Non ci pensare. Lo direi anch'io per te; ma non lo possiamo
ne' io, ne' tu. Dunque, e' inutile parlarne. Sei stanca? Ti compiango,
sinceramente. Perche' io, per mia disgrazia, ho occhi anche per gli altri...
vedo la vita che fai... purtroppo.-
Ele.- Meno male!-
Leo.- Ah, io si. E capisco che non si puo' avere compatimento per gli altri,
quando abbiamo troppo da soffrire per noi stessi. Se mi lagno e' perche' non
riesco a strappare questa rete di difficolta' che m'avviluppa da tutte le parti
e mi toglie il respiro! Eppure vedi, a me, fra tutto questo inferno, non e' mai
venuto in mente di potermene uscire...-
Voce- Signor Arciani c'e' il signor Guglielmo...-
Leo.- Suo padre! Avra' parlato al padre! Ma se quel vecchio imbecille ha la
cattiva ispirazione di darmi in questo momento altre noie...-
Ele.- Me ne vado.-
Leo.- Si, sara' meglio. Non dubitare, verro' prima di sera, immancabilmente!-
Ele.- T'aspettero', dunque. Credi che e' necessario. Non vuole piu' aspettare!-
Leo.- Verro', verro', non dubitare, addio. ( Elena esce da sinistra, mentre
Leonardo, si appresta a ricevere il suocero).
Breve buio. Musica adatta.
Riprende la luce. Leonardo sta mettendo degli oggetti dentro un borsone. Entra
Livia.
Leo.- ( stupito) Livia!-
Liv.- Mio padre t'ha detto di rimanere?-
Leo.- Mi ha detto che partiva, lui.-
Liv.- Io vengo invece a dirti che, se a te non accomoda, puoi pure andare.
Nessuno ti trattiene.-
Leo.- Sono venuto soltanto per raccogliere le mie carte.-
Liv.- Non intendi quello che voglio dirti. La risoluzione di mio padre non deve
parerti un invito a rimanere qua.-
Leo.- Tu non mi trattieni. Ho inteso. So che hai cercato d'impedire ch'egli
venisse qua, che s'intromettesse, perche' la nostra discussione non poteva che
condurre a questo: non potendo- noi due- piu' fingere, io dovevo lasciare la
casa e te. Ma non capisco piu' perche' egli parta, se tu sei venuta a dirmi che
non mi trattieni.-
Liv.- Parte appunto per questo, semplicemente: perche' gli ho fatto intendere
ch'era inutile s'adoperasse a trattenerti qua in modo diverso di prima.-
Leo.- Ma dunque, se a te dispiace, per gli occhi del mondo, che io abbandoni la
casa...-
Liv.- No, no, ormai! L'hai gia' abbandonata...sette giorni che non dormi in
casa...-
Leo.- Ma non sono stato dove tu credi, sai?-
Liv.- Non m'importa di sapere dove sei stato. So che la tua casa e' ormai
altrove.-
Leo.- La mia casa? Ma di' soltanto che non puo' piu' essere questa, se credi che
io faccia un sacrifizio o una concessione a rimanere. Io, invece, te lo dicevo
anche per me.-
Liv.- Ah, se e' per te...-
Leo.- Perche'... Io ti sono tanto grato, Livia, del modo con cui hai guardato e
seguiti a guardare il mio errore, grato del silenzio che hai saputo imporre al
tuo sdegno.-
Liv.- Ma non rimani, certo, col pensiero che io accetti la tua gratitudine?-
Leo.- Oh, no! Deve sembrare cosi' poco a te, lo so, la mia gratitudine...-
Liv.-… e non temi neppure che possa offendermi?-
Leo.- No, no. Perche' so che tu comprendi. Puoi disprezzarmi. Ma comprendi
perche' io sono cosi'. E' vero? Non puoi non comprenderlo, perche' tu stessa mi
vuoi cosi'. Non e' vero?-
Liv.- Si.-
Leo.- E ti par poco? Vorrei che tutti mi disprezzassero, ma comprendessero come
te e mi lasciassero stare... cosi', come posso, come debbo, purtroppo. Di questo
appunto ti sono grato. Ho inteso, sai? ho inteso il tuo grido...-
Liv.- Che grido?-
Leo.- A tuo padre... la'. Mi ha provato la commiserazione che senti per il mio
castigo che dura, quando la colpa e' finita. Io non ho casa, Livia! La' ho
soltanto... tu lo sai...-
Liv.- E come? Non ti basta?-
Leo.- Che dici? vuoi che mi basti? Come potrebbe bastarmi? Se tu sapessi...-
Liv.- Credevo che non dovesse piu' importarti di nulla.-
Leo.- Ah, non e' vero; non lo credi: tu lo sai che e' il mio supplizio e che non
puo' essere altrimenti.-
Liv.- Tua figlia, il tuo supplizio? Ah, no, questo non lo comprendo davvero! E
non comprendo anzi piu' niente, adesso, se puoi dire cosi'.-
Leo.- Oh, Livia! Ma come? Se non ho altro io! Tutta la mia esistenza e'
ristretta la', in quella bambina. Dovrebbe compensarmi di tutto, e' vero? Ma
come? Io stesso non posso esser lieto per lei... Lo capisci? d'averla messa al
mondo...la'...dove non posso abbandonarla, e' vero?-
Liv.- Va bene! Ma questo, se qualcuno ti dicesse d'abbandonarla!-
Leo.- Tu no! Lo so, non me lo dici tu! Ma mia figlia non e' qua, con te!-
Liv.- E chi puo' volere, la' dov'e' tua figlia, che tu l'abbandoni?-
Leo.- La'? Che lo si voglia espressamente, no; ma che si creda che io finga, per
stancar la pazienza, aggravando apposta le difficolta' che mi opprimono, con lo
scopo d'uscirsene, questo si. Ebbene: " Padrone! Perche' no? Finiamola pure!
Ecco la porta!" Capisci? Senza comprendere, come te, che io non posso. Magari
potessi!-
Liv.- Ti hanno dunque proposto d'abbandonare la bambina?-
Leo.- Ma si! Tutto... Perche' io ormai... che sono piu' io?-
Liv.- Ma se lei ha potuto proporti di abbandonare la figlia...-
Leo.- Si. Ma come l'abbandono?-
Liv.- Aspetta, aspetta. Dimmi questo: Ti vuole... ti vuole bene, molto, la... la
bambina?-
Leo.- Si.-
Liv.- Ma di piu' alla madre?-
Leo.- Si, forse.-
Liv.- Perche' tu non le sei troppo vicino!-
Leo.- Certo, si... per questo...-
Liv.- Ma se potessi invece averla sempre con te...-
Leo.- Dove?-
Liv.- Ma dico con te!-
Leo.- Se fosse nostra, dici? Ah, non me lo dire! Sarei felice! E lei, anche lei,
la bambina...-
Liv.- Ah, si? Senza la madre?-
Leo.- No, dico, se fosse tua! Se fosse tua, Livia!-
Liv.- Potrei...(irrigidendosi) potrei, si, anch'io volerle bene...-
Leo.- Perche' tu sei buona, lo so! tanto... tanto...Oh Livia... tu mi hai
perdonato, e' vero? Mi perdoni?-
Liv.- Si... zitto... dimmi... dimmi...-
Leo.- Quanto t'ho fatto soffrire...-
Liv.- ... Basta! basta... ti prego... dimmi... E'... bella?-
Leo.- Si, tanto...-
Liv.- Come si chiama?-
Leo.- Dina.-
Liv.- Parla?-
Leo.- Parla, si...-
Liv.- E’ bionda, e' vero? Me l'immagino bionda...-
Leo.- Si, si, bionda... una testolina d'oro...-
Liv.- ( improvvisamente, come spremendosi) Ah, nostra!-
Leo.- Povera Livia, perdonami...-
Liv.- (riprendendosi) Qua tu non puoi piu' rimanere, ora!-
Leo.- Ma se mi hai veramente perdonato...-
Liv.- Proprio per questo. Due case, no!-
Leo.- E allora?-
Liv.- Allora... chi sa! Lasciami!-
Leo.- Ma che pensi? che vuoi dirmi?-
Liv.- Lasciami per ora... vattene!-
Leo.- Ma io non posso...-
Liv.- Ti dico soltanto: vattene per ora... Lasciami pensare.-
Leo.- Io non t'intendo...-
Liv.- Devi intendermi! Cosi', ne' tu ne' io possiamo ora rimanere, e' vero?-
Leo.- E come allora? Dimmelo!-
Liv.- Chi sa! Lasciami riflettere...Addio! ( Leonardo si avvicina per baciarla,
ma Livia si si schernisce) No. Va', va'!-
Buio. Stacco musicale.
Riprende la luce. In scena vi e' Elena che accudisce a Dina, se la bimba sara'
in scena, altrimenti simulera'.
Entra da sinistra Livia.
Liv.- Permesso?-
Ele.- Scusi... lei?-
Liv.- Sono Livia Arciani.-
Ele.- Voi? - qua?- che volete da me? Dina vai di la'.-
Liv.- Ho bisogno di parlarvi.-
Ele.- Perlare con me? Ma... io non so... Forse per conto di lui?-
Liv.- Non per conto di lui. Con voi.-
Ele.- E...a che scopo? Oh! se ha fatto questo... e' indegno! Vi assicuro,
signora, e' indegno! Poteva risparmiarvi, e risparmiare a me, quest'incontro
penoso... e inutile.-
Liv.- Sospettate sul serio che m'abbia mandata lui?-
Ele.- Ma si, scusate! E non ne vedo la ragione, perche' io stessa...-
Liv.- Il vostro sospetto e' ingiusto. Con voi debbo parlare, se mi lasciate
parlare. Il vostro sospetto non regge- ve n'accorgerete- (BP) Sapeste la
violenza che ho dovuto fare a me stessa per venire da voi.-
Ele.- Lo credo; ma potevate risparmiarvela, signora, si, vi giuro; perche'
lealmente, vi giuro, io stessa...-
Liv.- Non basta. Ma permettete che mi segga...-
Ele.- Voi soffrite?-
Liv.- Si, a parlare. Lo sforzo...Non potete intendere...Ho troppo...troppo
taciuto; e nel silenzio, troppo ascoltato la ragione degli altri... la vostra.-
Ele.- Non comprendo proprio quello che vogliate da me.-
Liv.- Veramente, con la sola ragione non potrete, forse. Dovrei farlo sentire al
vostro cuore, che forse comprendera'... non subito, certo; ma forse quando la
ragione avra' finito di gridare contro di me. Ecco, allora si. Allora si, spero
che il vostro cuore stesso v'imporra' una sua profonda ragione, non piu' contro
me, ma contro voi stessa. A voi e a lui l'imporra'. Perche' gia' a me l'ha
imposta da tanto tempo.
Ascoltatemi con pazienza, e credere, gia' lo vedete, non ho nessun sentimento
contrario per voi. La ragione per cui sono venuta senz'astio, senz'odio, e' piu'
crudele, certo, dell'odio stesso, per voi. Ma non l'ho voluta io, non l'ho
imposta io, questa ragione. Vi dite disposta, e' vero? a troncare questa
relazione?-
Ele.- Si, da un pezzo! Ma nessuna relazione piu', gia' da un pezzo...-
Liv.- Lo so...-
Ele.- E per me, veramente...Se sapeste: Un'illusione d'un momento. Che gioia
puo' dare cio' che e' morto da tempo- fummo fidanzati in gioventu', ci amammo,
poi ci lasciammo per rivederci dopo molti anni- morto da tempo, dicevo,
schiacciato sotto il peso dell'avvilimento, dei bisogni, della stanchezza. Tutto
finito, quasi prima di incominciare. Se non si fosse dato il caso... la sciagura
piu' grande...quella bambina.
Liv.- Ecco. La bambina.-
Ele.- Ma da un pezzo, vi dico, io stessa, tante volte, tante volte gli ho
proposto di finirla.-
Liv.- E come? Avete ricordato la bambina. Come dite ora di finirla?-
Ele.- Dico finirla, non rivederci piu'. Non pretendo nulla io!...se egli
vuole...-
Liv.- Vuole... che puo' voler lui? Riconciliarsi con me? Questo si, lo vuole. Ma
voi appunto glielo impedite.-
Ele.- No! io no! Io, anzi...-
Liv.- Aspettate. Lasciatemi dire. Non pretenderete da lui un sacrificio, che
certo voi, da parte vostra, non vi sentireste di fare? Sarebbe possibile a voi
rinunziare...-
Ele.- Ma si! A tutto!-
Liv.- Alla figlia?-
Ele.- No! Che c'entra la figlia? Non voglio nulla, mi tengo la mia figlia; me
n'andro' via di qua, lontano e basta! Egli si riconcialia con voi, non basta?
Che altro vorreste? ( concitata) Che vorreste dunque da me? Siete forse venuta
qua...aspettate lui per essere in due? Che sperate? La mia bambina? Io gridero'
aiuto!-
Liv.- ( con calma) Calmatevi vi prego. Ma via, potete immaginare sul serio,
ch'io voglia usarvi una tale violenza? Sono una povera donna, come voi...-
Ele.- Che siete venuta a fare qua?-
Liv.- Sono venuta a dire a voi che vi dite pronta a rinunziare a tutto...-
Ele.- ... ma non alla figlia! Ci rinunzi lui!-
Liv.- Io sola, vi faccio osservare, io sola finora, veramente, ho rinunziato a
qualche cosa, a ogni mio diritto sull'uomo che voi mi avete preso. Volete sapere
perche'? Ecco, sono venuta appunto per questo, per dirvi questo. Perche' so bene
che c'e' qualcosa qua, piu' forte d'ogni mio diritto.-
Ele.- Dite la bambina?-
Liv.- La bambina, appunto.-
Ele.- E non ho diritto io su la mia bambina?-
Liv.- Ma certo! Chi puo' negarvelo? Il vostro diritto di madre. Ma non dovrebbe
guardare a questo soltanto, come io non guardo piu' al mio, di moglie. Pensate
che voi dite mia figlia, e' vero? come se fosse vostra soltanto. Ma anche lui
dice mia figlia, e con lo stesso vostro diritto.-
Ele.- Non avete figli e vorreste la mia?-
Liv.- Perche' solo quella che mi manca. Lei avrebbe tutto da me: un nome, il
nome di suo padre, e uscirebbe da quest'ombra, e l'avvenire piu' bello avrebbe,
un avvenire che voi, perdonate, con tutto il vostro amore non potreste mai
darle!-
Ele.- (costernata) Oh Dio... oh Dio... ma e' una follia questa! La volete voi
dunque, voi, mia figlia? per voi parlate, non per lui?-
Liv.- Ma perche' non voglio lui, il marito, io! Io ho sofferto per lui, padre
qua! E soltanto per questo ho avuto considerazione; tanta, che ve l'ho lasciato
qua, e sono pronta a lasciarvelo ancora. Qua, qua con voi, si! Il padre, il
padre voi dovete darmi, perche' egli ora con me non puo' ritornare se non cosi',
padre! Vi sembra una follia questa? Non sono folle, no; e se pure fossi, chi
m'avrebbe fatto impazzire? Vorreste fare come se tutto cio' che e' accaduto non
fosse accaduto? Come se non l'aveste commesso il delitto di prendere a una donna
il marito, e di dare a questo marito una figlia? Per me e' questo il delitto!
Voi mi volete ridare il marito, ora. Ma non potete piu', perche' egli non e'
soltanto mio marito ora; e' padre qua, lo capite? e questo, questo soltanto io
voglio; perche' possa dargli a mia volta tutto quello che ho, per la sua
bambina: tutta me stessa alla sua bambina, per cui ho pianto e mi sono
straziata; e io sola, io sola potro' dare a lei quello che voi non potrete ma:
la luce vera, la ricchezza, il nome di suo padre!-
Ele.- Voi farneticate, signora! Le ho dato la vita, io, il mio sangue, il mio
latte le ho dato! Come non pensare a questo? E' uscita dalle mie viscere! E'
mia! E' mia! Che crudelta' e' la vostra? Venire a chiedere un tale sacrificio in
nome del bene della mia figliola?-
Entra Leonardo da sinistra.
Leo.- Livia, tu qua?-
Ele.- E' venuta per levarmi Dina! la vuole!-
Leo.- Ma come? Livia, tu?-
Ele.- Diglielo che e' una crudelta'!-
Liv.- La vostra; non la mia.-
Leo.- Livia, ti prego va'.-
Ele.- No: lei sola no! Tu, tu con lei!-
Liv.- Egli resta qua: dov'e' sua figlia. Sola- poiche' non volete restar voi -
restero' io. Non potrete piu' cosi' negare il male che m'avete fatto, e che io
volevo pagare col bene della vostra figliola. Addio. (esce quasi di corsa)-
Ele.- Va', va' a raggiungerla...-
Leo.- Zitta! E' finita!-
Ele.- Ma perche' lei... perche' lei...-
Leo.- Ti proibisco di parlarne ancora! Ora basta! E' finito… tutto bene, anzi,
benissimo.( la guarda sottecchi per vederne la reazione) Dov'e' la bambina?-
Ele.- Te la chiamo...Dina..Dina...c'e' babbo. tu vuoi bene al babbo? vuoi andare
col babbo tu? per sempre con babbo?-
Leo.- Elena!-
Ele.- No, no... e' vero?-
Leo.- Ecco, Dina, ti ho portato la campagna (apre uno scatolo) Vedi? una bella
campagna...con tante pecorelle...tanti alberelli. Uh, quante "memmelle"! Ora
stenderemo tutto qua, sul tavolo... ecco...e vi faremo reggere in piedi tutte
queste memmelle che mangiano l'erba...e il pastore... col bastone. Guarda c'e
anche il cane... sono due… ecco la casina, due casine. Guarda tanti alberelli,
tante memmelle,
due cani, due casine, il pastore...-
Ele.- (intercalando ad ogni pausa di Leonardo) …diceva del nome... Che potresti
dargli il tuo nome... lei acconsentirebbe...Ma come? per adozione, e' vero?...Ha
detto che la farebbe ricca... farmi sentire in colpa...E' questo il vostro
disegno? Era perfetto!... Ma perche' non te ne vai con lei?...-
Leo.- Ah, perdio! Ancora? ( con finta irritazione, vedendo che donna sta per
cedere) Mi dai Dina?-
Ele.- No! Che dici? No!, no.-
Leo.- E allora, smettila, scostati, e non arrischiarti a dirmi un'altra volta:
Vattene! Vattene vuol dire darmi la bambina!-
Ele.- Mai! Mai!-
Leo.- E allora stai zitta! Io sto qua. ( mimica come dire: cederai, e come se
cederai)-
Ele.- Cosi' volete arrivarci...-
Leo.- Sono arrivato da un pezzo io, cara mia! Tu incominci a disperarti soltanto
ora...-
Ele.- (con rabbia) Ma come posso darvela? Come posso darvela? Non posso!-
Leo.- L'hai detto centomila volte. Va bene, restiamo cosi'. ( con finta
rassegnazione)-
Ele.- Ah, cosi' no! cosi' no! Non e' possibile! Questa e' una disperazione!-
Leo.- Ma la dai tu a me, la disperazione! Se l'ho cacciata via! Che vorresti di
piu'? Qua c'e' Dina, ora, per me e per te. Basta! Resto in prigione, io e Dina,
Dina e papa'. (intanto guarda sottecchi le reazioni della donna che si tormenta
le mani) -
Ele.- (al colmo della disperazione) Senti: io ora non posso, ma se tu te ne vai,
ti prometto, ti giuro, che io stessa...Ti giuro! appena ne avro' la forza,
appena mi saro' convinta che veramente faccio il suo bene... te la portero' io
stessa...io con le mie mani...-
Leo.- Ma se gia' ne sei convinta! ( con aria di sufficienza)-
Ele.- No! ora no! ora non posso! Ora tu vattene... vattene per carita'... appena
potro', te lo giuro!-
Leo.- Ora o non piu', Elena! Dammela. E' meglio per te! ( come per darle il
colpo di grazia) -
Ele.- Ora no! ora non posso!... lasciala!-
Leo.- Non potrai piu'! Non potrai mai! ( minaccioso)-
Ele.- E' vero! e' vero! (smarrita) Ma come dunque, cosi'?-
Leo.- Cosi'... che importa? cosi'...( esce immediatamente con la bimba in
braccio)-
Ele.- No... cosi' no... aspetta... aspetta... un cappellino... il cappellino, il
cappellino almeno... Voglio che sia bella... aspetta... aspetta...-
Elena esce da sinistra, mentre Leonardo resta un momento perplesso, poi prende
la bambina ed esce velocemente da destra.
Elena ritorna in scena con un cappellino, s'accorge che Leonardo ha portato via
Dina, trattiene un grido, fa uno scatto come per raggiungerli, ma si ferma,
rassegnata, con le braccia inerti, col cappellino che le pende dalla mano
sinistra, facendo vaghi gesti di commiserazione, di rassegnazione, di
disperazione.
Infine simula la bimba che viene vestita di ricchi vestitini, di ricchi
ornamenti, di belli giocattoli, e che ella e' felice nella nuova casa in
campagna tra gli alberi e le pecorelle. Ed Elena tocca quelli che ha portato, a
Dina, Leonardo. Poi si porta al petto il cappellino della bimba, e lo stringe
convulsamente, fino a sgualcirlo. Musica adatta.
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