L’ULTIMA FERMATA
di
Aquilino
Personaggi: Mara e Olga.
Mara entra trascinando alcune valigie. In scena
c’è già Olga, seduta sulla panca di una fermata d’autobus.
MARA Non sperare di passarla liscia! Ti ho visto in faccia! Ti posso
riconoscere! Ho gli ultimi tre numeri di targa! Delinquente!
Mi ha spinta giù dal taxi. Mai vista una cosa simile. Prenda l’autobus, mi fa.
Imbecille. In autobus con i bagagli? Ma perché, poi? Perché si è comportato
così? Una forma di follia, improvvisa e spaventosa. Sto ancora tremando.
Scusi, mi dà una mano a sistemare le valigie? Signora… mi scusi… Signora! È
sorda? Anche se lo fosse, non vede in che impiccio mi trovo?
Prima di pensare alle valigie devo telefonare a Roberto. Ha spento il cellulare,
l’idiota. Se non controlla la segreteria è un bel guaio. Roberto, sono Mara… un
incidente di percorso, poi ti spiego… sono qui a una fermata d’autobus… penso
che sia via Pascoli, o quella prima o quella dopo… ma mi vedi, sono qui sul
bordo della strada… poi ti spiego tutto… ti aspetto!
Forse è straniera. Conosce poco la lingua. Non vuole essere coinvolta. Magari è
una clandestina. Non che a me interessi.
OLGA Posso darle una mano? I bagagli hanno l’aria di essere pesanti. Li mettiamo
là, va bene?
MARA Allora mi capisce.
OLGA Sì.
MARA Non mi dava risposta. Ho pensato che non mi capiva.
OLGA Parlo volentieri con gli estranei. Con chi si conosce non ci sono più
parole, se non quelle più dure.
MARA Pensavo che fosse straniera.
OLGA Ero solo stupita.
MARA Ah, sì. Brutta storia. Andavo in taxi a casa del mio fidanzato…
OLGA Stupita perché mi ha rivolto la parola. Si è accorta della mia presenza. E
non mi ha ancora camminato sui piedi. A volte la gente mi si siede in grembo,
vedendo il posto libero.
MARA Le dico la verità. Ho avuto qualche esitazione nel rivolgermi a lei. Forse
a causa dell’agitazione. Anzi, ero proprio fuori di me dalla rabbia. Scaricarmi
senza motivo! Lo denuncerò, quel mascalzone. Sembra un’assurdità, ma sa che non
ero del tutto sicura che lei fosse qui? Una sensazione strana, che adesso mi fa
sorridere. Poi l’ho sentita sospirare e mi sono permessa di disturbarla.
OLGA Nessun disturbo, gliel’assicuro. Devo far passare il tempo dell’attesa e i
pensieri ottengono l’effetto contrario, di renderla interminabile. D’altronde,
evitare di pensare mi è impossibile. Sono sempre vissuta più nei pensieri che
nelle parole. In una sfera di mutismo.
MARA Io non ne sono capace. Detesto il silenzio. Monotono come un mare senza
barche. E insensato come un cielo senza aerei. Io amo i rumori, le musiche, i
movimenti, gli aromi, le sensazioni tattili… Per esempio, sono contenta di fare
conversazione. Stare qui ad aspettare senza avere niente da fare… brrr… mi
vengono i brividi. Per fortuna è un’attesa breve. Non appena Roberto, il mio
fidanzato, ascolta il messaggio… Siamo in partenza, ma non mi preoccupo, c’è
tempo. L’aereo parte solo tra sei ore. Lei quali viaggi ha fatto?
OLGA Quando mi sono sposata la prima volta dovevamo andare a Venezia. A mio
marito, però, è venuto il mal di schiena. Forse è rimasto anche paralizzato. Non
ne sono sicura, ho le idee confuse. Sono successe così tante cose, da allora!
MARA Un marito paralizzato… non è facile da dimenticare.
OLGA Lo sa per esperienza o lo dice per rimproverarmi?
MARA Nessun rimprovero, per carità. Di solito, però, delle disgrazie non ci si
dimentica. L’anno scorso mi hanno tamponata. Avevo l’auto da appena una
settimana. Sa che ancora adesso ho gli incubi?
OLGA La mia non è stata una disgrazia, ma una liberazione. Non so poi che fine
abbia fatto mio marito. Ero così giovane! Una bambina. Lui era vecchio. Lo
chiamavo l’orco. Non lo odiavo. Mi faceva solo paura.
MARA Non gli è rimasta accanto quando lui…?
OLGA Certo, era mio dovere di moglie. Ma poi è morto, mi pare. O forse solo
moribondo. So che mi sono reitrovata per strada con due bambini. Due anni con
lui, due bambini.
MARA Se n’è andata via?
OLGA Una fuga, sì. O forse solo un incubo. Come quando nei film il protagonista
è catapultato in un altro universo. I suoi parenti mi hanno trovata e si sono
presi i bambini.
MARA Io amo viaggiare. Viaggiare apre la mente. La polvere del viaggio, ha
scritto non so chi, è un abrasivo che riporta alla luce l’anima universale
dell’individuo.
OLGA Belle parole.
MARA Tutti dovrebbero viaggiare.
OLGA Infatti sto aspettando l’autobus.
MARA Non bisogna esitare, così dico sempre ai miei amici. Un aereo e via.
OLGA Io mi accontento dell’autobus.
MARA Un buon viaggiatore può fare il giro del mondo anche se non è ricco.
Dev’essere, però, un buon viaggiatore.
OLGA Ecco il motivo per cui il biglietto dell’autobus mi è sembrato così caro.
Io non sono una buona viaggiatrice.
MARA Va lontano?
OLGA Sì, grazie.
MARA Noi eravamo indecisi tra il Sudamerica e il Sudest asiatico. In un momento
come questo, in cui non si parla che di recessione, criminalità, guerra… ho
detto ai miei amici che bisogna tuffarsi nel misticismo dell’Oriente. Lei come
trascorre questo periodo di transizione?
OLGA Sull’autobus.
MARA È una scelta originale.
OLGA Mi fa piacere che lo dica. Di solito non faccio scelte originali.
MARA Provo a richiamare Roberto. Magari ha riacceso il cellulare, ma non ha
sentito la segreteria. Macché, spento. Gli mando un sms. Provo a sentire anche
Clara. Nemmeno lei risponde. Forse Claudio. Niente. Possibile che tutti i
cellulari siano spenti proprio quando ho un’emergenza? Giulia! Lei ha il
telefono fisso. Suona e non risponde. Ma dove sono finiti tutti quanti?
OLGA Non si preoccupi, succede. Si pensa chissà che cosa… e invece gli altri
continuano a vivere. Anche senza di noi.
MARA È sposata?
OLGA Lo sono stata fino a pochi minuti fa.
MARA Non capisco.
OLGA Ho lasciato mio marito.
MARA Ma lei lascia sempre i mariti? Scusi, non sono fatti miei.
OLGA Ho aperto la porta e me ne sono andata. Senza disturbare nessuno, non
intendevo creare ansia. Ho pulito la casa, ho preparato il pranzo e sono uscita.
MARA Non andavate più d’accordo?
OLGA Tra noi non c’è mai stato né accordo né disaccordo. Semplici coincidenze di
opinione, del tutto innocue e non spiacevoli.
MARA Allora non lo ama più.
OLGA Non lo so. Ci sono stati rapporti sessuali sporadici, alcuni di intensità
discreta, e saluti quotidiani meccanici. Ricordo che un mattino ho anche
percepito dell’affetto, in me. Non ho saputo, però, come manifestarlo. Così è
stato riassorbito nel silenzio della casa.
MARA Non sembra un rapporto profondo.
OLGA Era comunque un rapporto stabile. Lui faceva carriera e guadagnava sempre
di più, la casa era nostra e l’erba del giardino veniva tosata ogni sabato
pomeriggio. I figli erano sani e ambiziosi, gli amici cordiali, il tempo quasi
sempre bello, né troppo caldo né troppo freddo, a volte umido. Accendevamo il
camino e si guardava la televisione.
MARA Scusi se glielo dico, ma… una vita priva di emozioni.
OLGA Non lo so. Ho sempre ritenuto inutile piangere o ridere, perché nessuno
avrebbe asciugato le mie lacrime e nessuno avrebbe riso con me. Tutto si
raccoglieva nel piccolo spazio del soliloquio e questa era l’emozione: avere
troppo dentro e niente fuori.
MARA Sarei scappata anch’io.
OLGA Sono solo uscita di casa.
MARA E tuo marito… possiamo darci del tu?… che cos’ha detto? Ti ha implorata di
restare? I figli ne hanno sofferto? È stata dura, per te?
OLGA Nessuno si è accorto di niente.
MARA Ormai, però, l’hanno scoperto. Ti stanno cercando.
OLGA Passeranno giorni, settimane, forse mesi, anni… prima che qualcuno si
accorga che io non sono più con loro. Forse non se ne accorgeranno mai.
MARA Non mi sembra possibile.
OLGA È sempre andata così.
MARA Hai abbandonato marito e figli e sostieni che nessuno nota la tua assenza?
OLGA Non l’hanno mai notata prima, perché dovrebbero farlo adesso?
MARA Dove hai intenzione di andare?
OLGA Sull’autobus.
MARA Questo lo so. Ma… dopo?
OLGA L’ultima fermata va bene.
MARA Incredibile. Bloccata qui, il cellulare muto, una strada di periferia… Non
ci passa mai nessuno, per questa strada?
Guarda che desolazione.
Un posto da balordi.
C’è da aver paura a starsene qui ad aspettare… ad aspettare che qualcuno balzi
fuori dai rovi e mi violenti?
Tutti i giorni si sentono brutte storie.
Proprio a me doveva capitare un tassista sadico? Non poteva scaricarmi vicino a
un posto abitato?
Gli avevo perfino pagato la corsa in anticipo, per farlo andare più veloce.
E pensare che ero così felice!
Poi, in un attimo… Non ci penso, se no mi viene un nodo in gola, mi manca il
respiro e mi viene da piangere. Che cosa faccio se mi prende una crisi isterica
proprio qui, in mezzo al nulla?
Qui non vengono nemmeno le ambulanze.
Ti lasciano morire violentata e poi dicono che è stata colpa tua.
Ho un thermos di caffè d’orzo. Ne vuoi?
OLGA Sì, grazie.
MARA Io bevo solo caffè d’orzo. Il decaffeinato fa venire il cancro e l’altro
non mi fa dormire. Oppure bevo tisane. A litri.
MARA Non sono abituata ai ritardi. Siamo una compagnia di amici e di solito
l’organizzazione dei viaggi è impeccabile. Il mio fidanzato… non è che siamo
proprio fidanzati, ma lui mi sembra bene intenzionato e a me va bene, con lui
c’è sintonia e penso di esserne innamorata… Che cosa stavo dicendo? Ho perso il
filo. Questo posto mi mette in agitazione.
OLGA Il tuo fidanzato.
MARA Ah, sì, Roberto. Insieme ne abbiamo passate di tutti i colori. L’anno
scorso mi ha portata a vedere la guerra. Sul momento mi è sembrata un’idea
stupida e pericolosa. La guerra vera! Ma lui mi ha convinta. Gli piacciono i
viaggi estremi ed è sempre in cerca di emozioni. E così ci siamo aggregati a una
colonna di soccorsi. Penso di essermi arricchita dentro, anche se quello che ho
visto…. I bambini, soprattutto. I bambini ti rimangono scolpiti nella memoria.
Ho scattato tantissime fotografie.
OLGA Ora mi ricordo di te.
MARA Non dirmi che tra i soccorritori c’eri anche tu! Ma no, ti avrei
riconosciuta.
OLGA Io stavo dall’altra parte, dalla parte dei profughi.
MARA Stento a crederci. Racconta.
OLGA Davvero vuoi che ti racconti?
MARA Ma certo.
OLGA Non lo so… è così difficile… e poi ormai sono cose…
MARA E dai. Una coincidenza straordinaria, e non vuoi parlarne? Mi hai
riconosciuta subito? Se ricordare ti angoscia… decidi tu.
OLGA Quando cominciano i bombardamenti, corro a casa dei parenti di mio marito.
Le bombe cadono ovunque. Boati assordanti, nuvole di polvere. Piovono detriti.
Vedo persone mutilate. Sangue sulle mani, sangue sui visi. C’è chi scava, chi
piange, chi maledice, chi fissa il vuoto. Anche la casa dei miei suoceri è
distrutta. Ci sono morti e feriti, ma non posso fermarmi. Devo salvare i miei
bambini. Li trovo rannicchiati tra le macerie, illesi. Li riprendo e mi
allontano di corsa. Nessuno fa caso a me.
MARA Sembra un romanzo. O un film.
OLGA So dove deve arrivare la colonna dei soccorsi. So che cosa fare. Monto su
un camion con i miei bambini e me ne vado, non importa dove. I bambini sono
terrorizzati, li porto in braccio. Quando arrivo, le razioni di cibo sono
finite. Tu stessa in persona, però, mi consegni due magliette nuove. I miei
bambini per un momento smettono di piangere. Mi trovi anche del latte caldo. Io
ti bacio le mani.
MARA Quindi ci siamo davvero incontrate. E tu lo sapevi. Mi hai riconosciuta
subito. Perché non me l’hai detto?
OLGA Non lo so. Non ne ero sicura. E poi non volevo essere indiscreta.
MARA Ma pensa! È proprio vero che il mondo è piccolo. Quindi sei una profuga,
come avevo pensato quando ti ho rivolto la parola.
OLGA Profuga? Non lo so. Non hanno mai voluto rilasciarmi un documento di
identità profuga.
MARA Non mi stai prendendo in giro, vero?
OLGA Non conosco le sottigliezze dell’ironia. Sono stata allevata fra quattro
mura e due ombre, una anaffettiva e l’altra invasiva.
MARA A quanto dici, non te n’è andata bene una.
OLGA Non mi lamento, c’è chi sta peggio, ma per fortuna non lo sa.
MARA Guarda, arriva il tuo autobus. Peccato che vada nella direzione opposta,
altrimenti sarei salita con te. Questo posto mi sta facendo venire l’ansia.
OLGA Fammi un favore, richiama l’attenzione del conducente, altrimenti non si
ferma.
MARA Perché non dovrebbe? Questa è una fermata obbligatoria.
OLGA Se non vede qualcuno che gli fa segno, prosegue.
MARA Beh, fagli segno tu, no?
OLGA Non è così semplice.
MARA Uhm… non sarà che il conducente è della stessa razza del tassista? Hai già
avuto a che fare con lui? Un altro bastardo? Va bene, faccio come mi chiedi.
MARA Si fermi! La signora deve salire! Glielo devo ripetere? La signora deve
salire! Ma che cosa fa, mi ride in faccia? Guardi che di scherzare io non ne ho
propria voglia. Faccia salire la signora. Ma come si permette? Lei non può dirmi
certe cose. Ma certo che c’è un’altra donna qui con me! Non la vede? Mi
minaccia? Ma sono io che la denuncio. Che cosa c’è, oggi, un’epidemia di
stupidità? Lei chiama la polizia? Ma si rende conto? Non fa il suo dovere, mi
insulta, mi minaccia… e pretende di avere ragione? La chiami, la chiami pure…
ma… che cosa fa? Si fermi!
Se ne va, il farabutto.
Mascalzone! Non finisce qui!
Se n’è andato. Cosa da non credere.
Hai visto? Incredibile.
OLGA Un poco me l’aspettavo.
MARA Non essere così arrendevole. Quello ha voluto farti uno sgarbo, non so per
quale motivo. Tu devi denunciarlo.
OLGA È inutile, non mi ascoltano.
MARA Ci hai provato? Sai che cosa dico sempre a Roberto, che a volte è
piuttosto… avventato? Che la vita non è altro che la risultanza delle nostre
azioni.
OLGA Allora io non agisco? Oppure agisco nel modo sbagliato? Che cosa dovrei
fare? Dimmelo, se lo sai.
MARA Ti sei lasciata influenzare dai primi fallimenti, non hai reagito con
decisione e di conseguenza...
OLGA … sono diventata invisibile.
MARA Metafora davvero efficace. Ma c’è sempre tempo per realizzare se stessi e
per vivere una vita degna di essere vissuta.
OLGA Una vita degna di essere vissuta?
MARA Una vita di soddisfazioni e di affetti.
OLGA Perché?
MARA In che senso, perché?
OLGA Le soddisfazioni e gli affetti.
MARA Per che cosa si vive, altrimenti?
OLGA Non lo so.
MARA Roberto, maledizione! Accendi quel maledetto cellulare! Possibile che non
ti chiedi come mai non mi vedi arrivare? Non ho mai fatto ritardo, io. Dove sei?
Che cosa fai?
Comincio a irritarmi. E anche a preoccuparmi.
È una situazione… non lo so… mi vengono in mente certi film… da non sentirmi
tranquilla. Lasciamo stare l’immaginazione perché se no…
Scusa, ma una cosa simile non mi era mai capitata. Non ti ho nemmeno chiesto
come ti chiami.
OLGA Olga.
MARA Io sono Mara.
OLGA Lo so. Ricordo che ti chiamava così, quel giorno alla frontiera. Non aveva
occhi che per te. Ti amava molto.
MARA Mi ama ancora.
OLGA È così difficile misurare l’amore!
MARA Sono certa che anche lui è in ansia. Mi ha cercata a casa, non mi ha
trovata. Che idea si è fatta? Che il taxi ha avuto un incidente. E allora ha
preso la macchina ed è in giro a cercarmi. Strano, però, che non tenga acceso il
cellulare. Riprovo con gli altri… Niente niente niente!
Devo stare calma. Non è la prima volta che affronto un imprevisto. Bisogna
controllare l’ansia. Se ci si deprime, poi, è peggio. Sempre meglio essere
ottimisti. Quello che sembra una catastrofe poi, invece… tutto si risolve, tutto
si sistema.
MARA Non dici più niente, Olga?
MARA Scusa se mi permetto, ma trovo un poco irritanti i tuoi silenzi. Mostri un
distacco così… superiore. Comodo, rendersi invisibile. Si evitano le
responsabilità. Sono già irritata per conto mio e il tuo atteggiamento mi
imbarazza e mi mette a disagio. Insomma, non provi mai niente nei riguardi di
ciò che ti circonda?
MARA Non devi startene zitta come se non mi avessi nemmeno sentita. Ho espresso
un’analisi abbastanza impietosa del tuo modo di fare e tu dovresti… perlomeno
esporre il tuo punto di vista!
OLGA Non so che cosa dire.
MARA Come puoi non sapere quello che ognuno di noi sa, perché riguarda noi
stessi?
OLGA Io non sento me stessa.
MARA Che sciocchezza. Prima ancora che gli altri ci facciano da specchio, noi
siamo autocoscienza.
OLGA Io non ho una coscienza. Gli altri hanno sempre chiaro dentro di sé che
cosa sia bene e che cosa sia male. In me non c’è mai chiarezza, nemmeno riguardo
al valore del dubbio. L’unica mia certezza è che tutto viene contraddetto e i
valori tanto conclamati mi risultano un’astrazione che non trova riscontro nella
realtà quotidiana. So che io vedo molto di più e molto più in profondità, ma non
so descrivere che cosa vedo.
MARA Mi sembra una dichiarazione cinica, ma soprattutto confusa.
OLGA Il cinismo richiede una maschera di pallore sprezzante, mentre la mia,
vedi, è una faccia comune, che chiunque confonde con mille altre. Tu stessa non
ti ricordavi di me.
MARA Eravate in migliaia, come puoi pretendere…?
OLGA Migliaia di esseri umani invisibili.
MARA Hai torto. Vi abbiamo portato i soccorsi.
OLGA Te ne sarò sempre grata.
MARA Ma tu in che cosa credi?
OLGA In niente.
MARA Non è possibile. In qualcosa devi credere.
OLGA Mi piacerebbe, ma non so in che cosa.
MARA In Dio… nella vita oltre la morte… nel progresso…
OLGA Una donna comune come me non ha grandi competenze e si affida con fiducia
alle direttive dei genitori, del marito, del prete, dei datori di lavoro…
MARA Li ascolti, ma solo per farti un’opinione tua.
OLGA E loro? Non dovrebbero anche loro ascoltare me?
MARA Io non avrei mai accettato questa pena crudele di rendermi invisibile, come
dici tu. La vita è un diritto e tutti hanno il diritto di viverla con dignità e
decoro.
OLGA Dopo i bombardamenti, ci proibirono di tornare nelle nostre case, perché
sarebbero diventate le abitazioni di famiglie con una religione diversa. Io
volevo andarmene, non me ne importava niente. Ma tutti gli altri… ai quali
avevano già rubato le vite di parenti e amici… li ammassarono nelle tendopoli,
le loro nuove città, precarie come le loro stesse vite. Dovremmo cambiare
religione una volta al mese, così da accontentare tutti gli dei che l’uomo
inventa. Chissà che non ci mandino meno disgrazie.
MARA Dici cose assurde.
OLGA Mi lasciai trascinare dalla colonna dei profughi. L’unico pensiero era come
procurare cibo per i bambini. Mi resi conto di quanto fosse pericolosa la mia
visibilità. Più gridavo: sono una madre! aiutatemi!… più cercavo di affermare i
miei diritti… più sprofondavo nel gorgo della prevaricazione e della violenza.
Mi concedevano i diritti, ma solo a patto che annegassi nei doveri, accettassi
le regole e diventassi anch’io belva tra le belve. Mi si chiedeva di mentire, di
rubare, di ingannare… Volevano che la mia visibilità fosse svuotata di ogni
individualità e che mi facessi membro del branco di predatori. Ci provai, con
disgusto verso me stessa, per amore dei miei bambini. I miei figli morirono. Il
più piccolo ucciso a calci da un civile. La maggiore fu rapita e mi costruii con
tenacia la convinzione che fosse morta subito, in modo da piangerla e non da
compiangerla.
MARA Stai dicendo cose terribili, ma non c’è emozione in te. Se fossero vere,
dovresti piangere e disperarti.
OLGA E dove trovo le lacrime? Tu conosci solo le emozioni che è possibile
conservare. Ce ne sono altre, che fanno di te una discarica di rifiuti da cui
cerchi di stare lontano, perché il lezzo è soffocante e tra i piedi corrono topi
e strisciano serpi. Vuoi ospitare nel tuo animo serpi e topi? No, e allora
annienti le emozioni e fai il vuoto dentro di te.
MARA Continua la storia.
OLGA Proprio di una storia si tratta, ma nessuno riesce mai a raccontarla. Tu
conosci lo scenario. Colonne di profughi. Li chiamiamo profughi per non
ricordare che sono esseri umani. Arrancano tra colonne di carri armati. I
militari non abbassano nemmeno lo sguardo su di loro. Tutto intorno solo
distruzione: incendi, fumi tossici, macerie, cadaveri. Anch’io continuo a
camminare. Altro non posso fare. Seguo il branco, tenendomi il più possibile al
margine, per non essere contaminata. Non mangio, non dormo, non parlo con
nessuno. Non penso nemmeno. Sono morta, ma nessuno ancora lo sa. Non lo confido
nemmeno a quelli che mirano a carpirmi l’anima con dichiarazioni d’amicizia.
Voglio che almeno la mia morte rimanga un segreto mio, l’unica veste di cui non
possono spogliarmi. E varco la frontiera. Se di là c’è il male, di qua c’è di
sicuro il bene. Vengo nutrita, lavata, rivestita… Imparo di nuovo a porgere la
mano, a sorridere, a scambiare parole.
MARA Ti sei rifatta una vita.
OLGA Non so quante vite ognuno di noi abbia a disposizione. Io ne ho avuta una
e, persa quella, non ne ho trovate altre.
MARA Ma ti sei sposata, hai avuto altri figli.
OLGA Un uomo mi fa diventare sua moglie e mi fa partorire due bambini.
MARA Hai avuto di nuovo una famiglia.
OLGA Una casa, un lavoro, le vacanze al mare, perfino un giardino con il cane,
il grill e una piccola piscina.
MARA Ti eri sistemata bene. Non eri invisibile come continui a lamentarti.
OLGA Gli amici vengono a cena. Parlano per ore. Quando se ne vanno, nella casa
non rimane una sola delle loro parole. Tutte svanite non appena pronunciate.
MARA Ti facevano compagnia.
OLGA Li guardo, ma senza vederli. Loro mi trapassano con sguardi rivolti al
proprio interno, e i contatti di pelle sono freddi.
MARA Ti fai troppi problemi.
OLGA Dici che dovrei abituarmi ai contatti freddi?
MARA Ma no, assolutamente. Spetta comunque a te… più partecipazione, capisci?
OLGA Più partecipazione.
MARA E i figli? I bambini ti avranno dato soddisfazioni.
OLGA Ricordo… ecco, ora parlo di ricordi… e non manca molto al momento in cui si
affievoliranno e poi scompariranno come se il tempo avesse soffiato con sempre
più vigore sulla loro fiamma tremolante… ricordo che erano sempre in movimento,
i miei bambini, un entrare e un uscire insensati, gridando una parola resa monca
dalla concitazione, un correre e un pretendere sempre di fretta.
MARA Io non ho figli, ma so che…
OLGA Si sanno tante cose, ma ognuno poi si rende conto che sa quello che si sa e
non sa quello che veramente vorrebbe sapere.
MARA Parli per enigmi.
OLGA È tutto molto semplice, invece. Ma troppo terribile.
MARA E con tuo marito?
OLGA È là, un individuo con il quale ho condiviso il letto e alcune
conversazioni di scarsa importanza, per quanto lui fosse accalorato, perché lui
vive… lui vive intensamente… vive con impeto il lavoro, i figli, i progetti… non
so come faccia, ma vive in un affanno euforico, con l’ansia positiva della
fede... e dove lui vede grandi cose io scorgo solo un deserto di forme di
sabbia.
MARA Era un buon marito.
OLGA Ha sempre affrontato la propria parte con la convinzione e la passione di
un attore di razza, che dalla sua ha la solidità della preparazione e la fiducia
nella verità del teatro.
MARA Stai facendo ancora dell’ironia?
OLGA Non so che cosa sia, te l’ho detto. Ho provato anch’io la sensazione di
vivere su un palcoscenico, ma non mi sono mai spinta fino alla ribalta. Anzi,
non sono mai nemmeno uscita da dietro le quinte. Gli applausi sono sempre stati
tutti per gli altri. Io per anni ho ripetuto le loro battute, senza averne mai
di mie.
MARA Te lo ripeto, tocca a noi stessi scrivere il copione.
OLGA È troppo difficile. Guardami. Sono una donna senza qualità. Come puoi
pretendere che sia in grado di scrivere da me la mia storia?
MARA Se non lo fai tu, lo fanno gli altri.
OLGA Mi danno comunque la possibilità di vivere.
MARA Ma non è la tua vita!
OLGA Quando non se ne ha una, va bene quella che ti inventano gli altri.
MARA Infatti, te ne sei andata di casa.
OLGA Ma lo vedi, sono ancora qui. L’autobus non arriva, e se arriva non si
ferma. E se si ferma non mi fa salire. Dove vuoi che vada una come me?
MARA Come se ci fossero solo gli autobus!
OLGA Mi ci vedi, all’aeroporto, in attesa dell’imbarco?
MARA E perché no? Se ne fai una questione di soldi…
OLGA No, no. Sono in grado di lavorare. I soldi posso trovarli.
MARA E allora?
OLGA Non lo so. È qualcosa di crudele. Una sofferenza che non dà frutti. Né agli
uni né agli altri.
MARA Continuo a non capire.
OLGA Abbiamo sempre l’ansia di capire ogni cosa, ma a che cosa serve capire ciò
che non cambia? Non sarebbe meglio cambiare ciò che dà sofferenza, rinunciando a
capire ciò che è di per se stesso incomprensibile?
MARA Non ti seguo.
OLGA Non fa nulla. Non cambia nulla. Facciamo fatica a cambiare noi stessi, come
possiamo illuderci di cambiare la realtà in cui viviamo?
MARA Ma che vita mi stai presentando? Rifiuto una concezione che... Io mi sento
viva. Piena di risorse. Attiva e propositiva.
OLGA Beata te.
MARA Puoi farlo anche tu.
OLGA Beata me, allora.
MARA Non prendermi in giro.
OLGA All’inizio sono vissuta bene, come ti ho raccontato. Avevo una casa, un
lavoro, la televisione, gli amici a cena, le vacanze al mare, perfino un
giardino con il cane, il grill e una piccola piscina… e dopo la tempesta la
quiete mi era sembrata magica, un incantesimo nel quale sarei durata eterna,
eternamente felice.
MARA Dovevi difendere tutto ciò.
OLGA Un giorno, prendo coscienza che più mi rendo visibile agli altri, meno gli
altri mi conoscono per come veramente sono. È una constatazione quieta, non
traumatica. Mi rendo conto di uno stato di latente invisibilità che offende la
mia persona, che a tutti invece assicura l’identità sociale. Non so se tu abbia
mai fatto questa esperienza, ma io percepisco l’astrattezza che scaturisce
proprio dalla vita di tutti i giorni. Mentre affondo nella quotidianità, mi
sento sempre più evanescente, uno spettro di donna che gli altri non possono più
abbracciare.
MARA Ritengo che a tutti possa capitare di sentirsi così, ma sono stati psichici
momentanei, dai quali per fortuna si può uscire. Forse tu hai solo bisogno di
una persona che ti aiuti a guarire dalla depressione.
OLGA Sono andata a colloquio da una di queste persone esperte, ma ne ho tratto
la convinzione che lo stato di invisibilità è condiviso anche dalle persone
esperte, che quindi non possono garantirmi alcun aiuto.
MARA Non hai avuto costanza.
OLGA Quello che più mi stupisce è che i formalismi occultano relazioni di pura
malvagità, come se ognuno volesse estrarre dall’altro il succo più amaro e
tossico per poi cibarsene. I veri rapporti tra le persone sono regolati
dall’invidia, dall’odio, dal narcisismo, dalla violenza, dal fanatismo…
MARA Il mondo non è affatto così.
OLGA Dopo queste considerazioni, ho preso una decisione. Ho scelto di
trasformarmi in un’entità numerica o linguistica, priva di un corpo sensibile
soggetto alla predazione. È così che sono diventata davvero invisibile.
MARA Pensavo che lo fossi già.
OLGA Lo ero, in un certo modo, ma non lo avevo scelto.
MARA Che differenza fa?
OLGA Ora sono serena.
MARA Ma non felice.
OLGA Mi trovo sulla nave da crociera dove tutti folleggiano, e decido di calare
una scialuppa e di avventurarmi, sola, sull’oceano. Nessuno, nella frenesia
delle passioni, si accorge del mio naufragio. Mi stacco in un attimo dalla scia
della nave ed entro in un mondo di silenzio. Ma scopro che è un silenzio
loquace. Quante cose mi confida! Quante cose mi insegna!
MARA Tutto questo è molto suggestivo, ma romanzesco.
OLGA Certo, sono fantasie. Tutto quello che dico è una grande fantasia. Le
bombe, i figli uccisi, la felicità perduta… Niente è vero e il tutto non è
falso, ma la realtà è questa: una donna che la nausea ha spinto a fuggire, di
così poco conto che nessuno la nota, priva di desideri, nemica della felicità,
senza ambizioni, diffidente, chiusa in se stessa, ostile al mondo, ma serena.
MARA Andiamo, Olga! Ti contraddici. Non credo che tu sia serena.
OLGA Anch’io ne dubitavo e mi sentivo disperata, ma poi mi è piombata addosso
questa coscienza di essere invisibile. Di colpo ho trovato il coraggio per fare
ciò che avrei dovuto fare da tempo: non seguire più la scia di nessuno, ma
cercare una rotta tutta mia.
MARA Allora anche tu hai sogni e desideri! Anche tu hai speranze!
OLGA Piccole e nascoste, ma vive.
MARA Allora hai emozioni!
OLGA Neonate, bisognose di attenzioni.
MARA Allora ti senti viva!
OLGA Sì, ma senza una vita.
MARA Ma guarda, con i problemi che ho, se dobbiamo metterci a fare filosofia.
Sei troppo complicata. Secondo me, non vale la pena di complicarsi la vita.
Chiaro che bisogna fare dei compromessi. Non si può mica avere tutto.
Che cosa dovrei dire, nella situazione in cui mi trovo? Il tempo passa e io sono
ancora qui. A pochi chilometri da casa mia e dalle abitazioni dei miei amici. Ed
è come se fossi dispersa in mezzo all’oceano.
OLGA Non è un autobus quello che si vede in lontananza?
MARA Non fa per te. Non devi andare nell’altra direzione?
OLGA Un autobus è un autobus.
MARA Questo va bene per me. Mi faccio lasciare dove possa prendere un taxi.
Forse l’incubo è finito.
OLGA Corri, corri a fermarlo.
MARA Autista, si fermi! Dobbiamo salire! Siamo in due e io devo stivare i
bagagli. Ma dove guarda? Ci siamo solo noi due, non vede? Vuole scendere per
caricare i bagagli, per favore? Questo qui o è sordo e anche cieco o mi sta
prendendo in giro. Ma che cosa fa? Richiude? Lei non può ripartire senza di noi!
No, non mi tolgo di mezzo! Voglio vedere come fa a chiudere la portiera con me
in mezzo. Tenga giù le mani! Voi, sull’autobus, aiutatemi! Non vedete che mi
aggredisce? Qualcuno intervenga! Bastardo! Potevo rompermi la schiena, bastardo!
Buttarmi giù così! Ma guarda, mi sono anche ferita, mi sanguina il ginocchio.
Chiamo subito la polizia, mascalzone! Ma dove va? Mi pianta qui così? Criminale!
In galera devi finire!
Basta, se n’è andato.
Non mi ha nemmeno guardata.
OLGA Non ti ha vista.
MARA Certo che mi ha vista! Ero lì, a un metro da lui, urlavo come una pazza,
picchiavo sulla portiera… mi ha vista, eccome! E mi ha sentita! Certo che mi ha
sentita!
OLGA Non fare così. Devi calmarti. Fammi vedere il ginocchio.
MARA Ho gridato anche ai passeggeri. C’erano almeno dodici persone. Non uno che
mi abbia prestato attenzione. Vigliacchi. Menefreghisti. Non vogliono mai essere
coinvolti.
OLGA Mettiti seduta. Non pensarci.
MARA Mi viene da piangere.
OLGA Di autobus ne arrivano altri, puoi ritentare.
MARA Lo faccio! Certo che lo faccio!
OLGA Tutti si fermano per il tempo necessario a crearti un’illusione, poi si
allontanano e se non sei svelta a spostarti ti travolgono.
MARA Ah, no! Il prossimo…
OLGA Sì? Il prossimo? Che cosa fai?
MARA Mi stendo davanti alle ruote. Voglio vedere se ha il coraggio di
proseguire!
OLGA Ce l’ha.
MARA È solo un autista, non un assassino.
OLGA È solo un assassino, non un autista.
MARA Tu mi confondi.
OLGA Vieni a sederti, ti ho detto. Sei troppo agitata.
MARA E tutto perché siamo donne. Se ci fosse stato Roberto… Ma che fine hanno
fatto i miei amici? Perché non arrivano? È successo qualcosa, ne sono sicura.
Oggi è il giorno delle disgrazie. Non posso più aspettare. Se perdo l’aereo,
chissà quando trovo il posto su un altro volo. Salta la vacanza. E tutto per un
irresponsabile…
Arrivano, vero? I miei amici stanno per arrivare, è così!
OLGA Non hai dei cerotti, in valigia?
MARA Lascia perdere il ginocchio. È solo un graffio. Vedi? Cammino senza
problemi. Dimmi che arrivano!
OLGA Posso dirtelo, ma che valore hanno le mie parole? Sono amici tuoi, non
miei.
MARA Loro mi vogliono bene. Farebbero qualsiasi cosa per me. Se solo riuscissi a
parlare con uno di loro… Ma questo maledetto cellulare non funziona più!
Arrivano. Devono arrivare!
MARA Lunghi respiri profondi. Controllo dell’ansia. Meno male che ho fatto yoga.
Tu non dici più niente? E che cosa dovresti dire? Sono amici miei, no? Come
dire: sei tu che sei in un guaio, io sono serena. Serena! Sì! Beata te che non
ti scomponi. L’autobus non ti carica e tu come niente fosse. Ma ti sei accorta
anche tu…? Ascolta. Non si sente più niente. Niente si muove. Questo posto è
morto.
MARA Che cosa ci facciamo, qui? Inchiodate a una fermata d’autobus, dove nessun
autobus si ferma per prendere a bordo chi è in attesa. Perché i miei amici non
arrivano? Che senso ha stare qui ad aspettare, se nessuno sa che sono qui?
MARA Olga! Lo senti questo rumore, lo senti? Un’automobile. Ma io conosco quella
macchina! È l’auto di Roberto! È venuto a prendermi! Ero certa che tutto sarebbe
finito bene. Che ore sono? Sì, sono ancora in tempo. Tra poco sono in viaggio.
Dio, che sollievo. Mi tremano le gambe. È come tornare in possesso della mia
vita. Olga, mi spiace per te, ma…
Vuoi un passaggio? Posso lasciarti… non so, dimmi tu…
Roberto!
Roberto!
Mi ha guardata. Un’occhiata breve, ma… a me è sembrato… sì, ha girato la testa.
Un attimo solo, ma mi ha guardata come si guarda l’aria davanti a sé.
Roberto!
Non rallenta.
Io lui l’ho visto bene. Impossibile sbagliarmi. Era Roberto quello alla guida.
E lui… un attimo e via… un’occhiata, ma non a me, all’aria che occupo… e
l’attimo dopo… lontano, già lontano.
Roberto!
Non mi sente più. Non mi ha mai sentita.
Mi ha guardata e non mi ha vista.
Ha senso, tutto questo?
Olga, dimmi: ha senso, tutto questo?
OLGA Non lo so.
MARA Tu non sai mai niente!
OLGA Scusa.
MARA Andava all’aeroporto. Là lo aspettano gli amici.
OLGA Non pensarci.
MARA Aveva l’espressione felice. È comprensibile. Roberto ama viaggiare. Perfino
più di me. Nemmeno mezz’ora ed è all’aeroporto. Baci, abbracci, qualche battuta
sciocca. Tutti al check-in. Consegnano i bagagli.
OLGA L’auto andava veloce. Forse ti sbagli, forse non era lui.
MARA E Mara? Nessuno chiede di Mara? Ecco, s’imbarcano. Mi sembra di vederli
mentre si allacciano le cinture. Senza mai smettere di scherzare. E io non sono
con loro.
OLGA Tieni, bevi un altro caffè.
MARA Nessuno domanda: dov’è, Mara? Se uno lo domandasse, l’altro risponderebbe:
Mara, quale Mara?
OLGA Non serve a niente tormentarsi.
MARA Io non voglio scomparire così! Ci sarà qualcosa che posso fare!
OLGA Non lo so.
MARA Roberto parte senza di me. E poi… quando torna? Che cosa succede? Io e lui
ci amiamo, questo nessuno… Eppure lui non mi ha vista. Sono diventata come te,
invisibile? No, no, no. Io ci sono, sono viva, sono qui!
OLGA Ma certo. Questo nessuno può negarlo o impedirlo.
MARA Io dovrei essere sull’aereo!
OLGA Io sull’autobus. Ma, come vedi, né l’autobus né l’aereo ci vogliono a
bordo.
MARA E ora che cosa facciamo?
OLGA Rinunciamo all’aereo e all’autobus. Ce ne andiamo a piedi. C’è solo il
problema dei bagagli.
MARA Lasciamoli qui. Buttiamoli dietro i cespugli. Domani, magari…
OLGA Io sono abituata ad andare a piedi, ma tu…
MARA Io ero abituata a tante cose, ma le abitudini non sono più una garanzia.
Sono pronta a tutto pur di allontanarmi da un posto dove gli autobus non si
fermano e sulle auto ci sono persone amate che ti trattano come un’estranea. Io
ti seguo, Olga, ovunque tu voglia andare.
OLGA Camminiamo fino all’ultima fermata. Da lì in poi non dobbiamo aspettare più
nessun autobus.
MARA Non so se esistono posti dove nessuno è invisibile, ma se ci sono
cerchiamoli.
OLGA Uno l’abbiamo già trovato. È solo un posto interiore, ma è già qualcosa. Tu
sei visibile per me, e anche tu mi vedi.
MARA Certo che ti vedo. Sei di carne e di ossa, hai un cuore che batte. Pensieri
che non sempre capisco. E ora che ti fisso negli occhi… una tristezza profonda,
così disperata, eppure mondata da ogni dolore. È questa la tua serenità?
OLGA Non lo so, o forse lo so, ma che importa? A farsi troppe domande,
s’ingarbugliano le risposte.
MARA E io? Sono arrabbiata, confusa, spaventata…
OLGA Camminare ti fa bene.
MARA Andiamo, andiamo. Andiamo via da tutto questo.