VILLETTA TRANQUILLA, NEL VERDE
Humani nihil a me alienum puto
di
Vito Buffoni
PARTE PRIMA
Luce fioca. Deve essere il tramonto.
Sezione di un appartamento con ingresso a sinistra su un ampio soggiorno con
angolo cottura. A destra una porta dà accesso ad un vano che con le sue pareti
forma un dente di 4 o 5 metri in lunghezza e in larghezza. Nello spazio lasciato
libero, all’estrema destra, è accostata al muro una scrivania con al centro un
computer e davanti due poltrone girevoli.
Una parete che non raggiunge il soffitto nasconde l’angolo cottura, ad eccezione
della parte superiore di un pensile.
Il soggiorno è sobriamente arredato con una libreria carica di libri sullo
sfondo, un tavolo con due sedie e un divano a due posti orientato verso il
proscenio, con di lato un tavolino. Unica nota di pregio un grande tappeto turco
che ricopre buona parte del pavimento.
Un ragazzo sui 18 anni dai lunghi capelli biondi, con indosso una tuta, è seduto
sul divano e guarda verso il proscenio azionando un telecomando. Si sussegue
l’audio di 3 o 4 canali televisivi. Il ragazzo sbuffa e spegne. Guarda
l’orologio, poi posa il telecomando sul tavolino e si alza. Va ad accendere la
luce, poi raggiunge il proscenio, fermandosi. Guarda a lungo davanti a sé,
muovendo leggermente la testa come ad esplorare un paesaggio. Poi lo sguardo
diventa fisso, vuoto.
Si sente il rumore di una serratura. Il ragazzo si gira di scatto verso la porta
d’ingresso e va quasi di corsa a raggiungerla, mentre si spalanca ed entra un
quarantacinquenne magro, con gli occhiali, vestito con un completo anonimo ma di
buon taglio, che posa per terra una valigetta di metallo e due buste, una grossa
e l’altra piccola. Chiude la porta mettendosi in tasca un mazzo di chiavi ed
attende il ragazzo con le braccia aperte.
OSCAR
Un milione di auguri al mio Angelo.
Posa appena le labbra sulla bocca del ragazzo e lo stringe forte a sé. Poi gli
afferra il lobo di un orecchio e comincia a contare, tirandolo ad ogni numero:
OSCAR (continua)
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove…
RAGAZZO (con una smorfia, ma sorridendo)
Mi fai male, Oscar!...
OSCAR
Questo è nulla…(Tirando un po’ più forte, soprattutto all’ultimo numero) Dieci,
undici, dodici, tredici, quattordici, quindici, sedici, diciassette… e diciotto!
Stringe alla vita e solleva il ragazzo, che si tocca l’orecchio.
OSCAR (continua)
Peggio per te che stamattina hai finto di dormire, è tutto il giorno che non
vedo l’ora.
RAGAZZO
Giuro che non ti ho sentito.
OSCAR
D’accordo, mi sembrava… (Va a raccogliere la busta piccola, che porge al
ragazzo) Ecco qui.
Il ragazzo estrae dalla busta 5 dvd, che esamina.
RAGAZZO
Grazie, Oscar.
OSCAR
Ci ho azzeccato, vero?
Il ragazzo fa cenno di sì. Dà una sbirciata alla grossa busta.
Oscar va a prenderla.
OSCAR (continua)
Lo so che tu verresti in jeans e giaccone, ma non si può. E’ posto da
immobiliaristi e troie d’alto bordo.
Estrae dalla busta una camicia, una giacca, una cintura e dei calzoni, il tutto
di foggia sportiva, ma elegante.
RAGAZZO
E’ roba da fighetto.
OSCAR
Ma cosa dici… Comunque, è il prezzo da pagare per entrare in un posto dove si
mangia da dei. Stai tranquillo, ai prossimi compleanni ti porto da McDonald’s,
ma a questo… Dai, mettilo.
RAGAZZO
Adesso?
OSCAR
Per vedere come ti sta… Un attimo, ti prendo le scarpe.
Va quasi di corsa verso la porta sulla destra, entrando. Nel frattempo il
ragazzo si slaccia le scarpe da tennis e si toglie la tuta, che getta per terra,
restando in canottiera e mutande.
Oscar rientra e lo raggiunge con un paio di scarpe in mano. Osserva il corpo del
ragazzo.
OSCAR (continua)
Hai visto come ti fa bene la cyclette? Sei perfetto. (Breve pausa)
Non capisco perché non ti metti le pantofole. Non ti sudano i piedi?
RAGAZZO
Succederà a te, a me no.
OSCAR (posando le scarpe)
Su, vediamo un po’.
Il ragazzo si mette la camicia, infila la cintura nei pantaloni e li indossa.
OSCAR (continua)
Metti le scarpe, vediamo l’orlo.
Il ragazzo esegue.
OSCAR (continua)
Perfetto. Si meravigliano sempre nei negozi. E’ facile, 5 centimetri più di me.
Ormai ci vado ad occhio.
Il ragazzo si toglie la giacca e fa per sbottonare la camicia.
OSCAR
No, fra un po’ usciamo, facciamo un giro prima del ristorante. Vieni, sediamoci.
(Va a sedersi col ragazzo sul divano) Oggi cosa hai fatto?
RAGAZZO
Le solite cose.
OSCAR
Magari potessi farle io, le solite cose. Tutto il giorno a correre in casa di
deficienti che hanno imballato il computer, con quel traffico che ti asfissia…
Tu invece hai fatto un po’ di ginnastica, ti sei letto i giornali, sentito un
po’ di musica, visto un film… E poi cos’è che stai studiando… Kant?
RAGAZZO
Schopenhauer.
OSCAR
Bisogna che stia sveglio di notte per mettermi alla pari, se no ti tocca parlare
con un ignorante. Dove sei arrivato?
RAGAZZO
Dove è aperto il libro.
Oscar si alza, va verso la scrivania e prende un libro aperto, scorrendo
entrambe le pagine.
OSCAR
Mmh.Domenica vedo di arrivarci. Ma tu sarai andato più avanti…
Torna a sedersi. Pausa. Osserva con la coda dell’occhio il ragazzo, poi,
voltandosi verso di lui:
OSCAR
Non hai notato nulla, quando sono arrivato?
RAGAZZO
No…
OSCAR
La serratura. Non ho chiuso da fuori.
Il ragazzo ha un leggero tremito. Poi, come se non credesse alle proprie
orecchie:
RAGAZZO
Vuoi dire… Da adesso in poi…
OSCAR
Sì.
RAGAZZO
Quindi… Posso andar via?
OSCAR
Sì. Se vuoi farlo. Sei libero.
Il ragazzo, attonito, guarda davanti a sé.
OSCAR
Ricordi la settimana scorsa, al cinema? Hai chiesto di andare al bagno. Non ti
ho accompagnato. Avevo il cuore che mi spaccava il petto. Sei ritornato.
RAGAZZO (come parlando con se stesso)
Non c’era nessuno. Poi è entrato uno che è venuto a pisciare proprio vicino a
me. Cercava di guardarmi l’uccello.
OSCAR
C’era l’uscita, e fuori tutto il mondo. Ma c’è gente come quel tizio, o comunque
del tutto estranea. Fa paura, vero? (Il ragazzo sbatte gli occhi) Io per te sono
disposto a tutto. Adesso anche a perderti. Non sopravviverei, ma non importa,
prima vieni tu.
Il ragazzo ha un moto di fastidio, poi dice seccamente:
RAGAZZO
Come mi chiami?
OSCAR
Cosa vuoi dire?
RAGAZZO
Dimmi come mi chiami.
OSCAR
Angelo. O preferisci il nome da minorato che ti hanno messo i tuoi cari?
RAGAZZO
Dovrei essere io a chiamarti così, non ti sembra? Non mi hai salvato? E adesso,
non vuoi anche morire per me? Tu non sei normale, e lo sai. E farai diventare
anormale anche me, se non riesco a scappar via…
OSCAR (interrompendolo)
Per tornare da mamma?
Il ragazzo lo sfugge con lo sguardo.
OSCAR (continua)
Te lo ricordi, quando ti metteva il rossetto? No? (Alzandosi)
Ti rinfresco la memoria.
Va verso la libreria, prende dall’interno di un libro una foto e torna dal
ragazzo, porgendogliela. Il ragazzo si volta dall’altra
parte.
OSCAR (continua, mettendosi in tasca la foto)
Le distribuiva in quel bar. Mi ha detto:’Lo so che per te è troppo piccolo, ma
cresce’. Però per altri non eri troppo piccolo, vero?
Le spalle del ragazzo hanno un leggero tremito.
OSCAR (continua)
Ti ho spiato decine di volte, quando andavi a scuola, e intanto cercavo
disperatamente la casa giusta… Campavo con i risparmi, non lavoravo più.
Fortunatamente l’ho trovata abbastanza presto.Era sul giornale: ’Villetta
tranquilla nel verde, vero affare.’ Anche meno dei soldi che ho preso vendendo
l’appartamento in città.
Il ragazzo fissa sulla sua destra un punto sul tappeto.
RAGAZZO (prima di rivoltarsi)
C’era già?
OSCAR
No, l’ho fatto io, e anche gli altri lavori. Ho imparato tutto da un manuale,
non è difficile.(Con calore) Lo so che è stato mostruoso, Angelo, ma non c’era
altro modo. Mi vedevi come uno di quelli… Avresti gridato, prima o poi qualcuno
ti avrebbe sentito.
RAGAZZO
Gridavo tutto il tempo, quando non c’eri. Finché ho perso la voce.
OSCAR
Ce n’è voluto, prima che ti ritornasse. Almeno tre flaconi di sciroppo. (Breve
pausa) Credi che io non soffrissi, sapendo come
stavi? Lavoravo solo il tempo necessario per campare, poi stavo sempre con te…
RAGAZZO
Non so come non sono impazzito, la notte, quando mi svegliavo…
OSCAR
Non sono rimasto a dormire con te, da quando ho capito che avevi quegli incubi?
RAGAZZO
Quali incubi? L’incubo vero era la realtà.
OSCAR
Fatto sta che dopo un po’ hai sempre dormito come un sasso. Leggevo, leggevo,
finché crollavi. Quanti libri ti ho letto? (Breve pausa) Ti prendevo la mano,
quando stavi per chiudere gli occhi. Le prime volte hai reagito, poi ti sei
abituato, me la davi tu stesso. Restavo chissà quanto tempo a guardarti,
immobile, per paura di svegliarti ritirando la mano. Ricordi come mi chiamavi?
RAGAZZO
Come ti facevi chiamare.
OSCAR
Maestro. Ho letto una decina di libri di pedagogia, per non sbagliare nel
tirarti su. La dolcezza, in primo luogo la dolcezza. Ti ho mai imposto qualcosa?
E ogni tuo desiderio, un dolce, un giocattolo, non correvo a soddisfarlo?
RAGAZZO
Sai qual era il mio più grande desiderio, quand’ho capito che non c’era
speranza, solo laggiù? Morire. A 11, a 12 anni. Tu che dici di essere un grande
psicologo, non ci sei mai arrivato?
Oscar lo sfugge un attimo con lo sguardo, poi:
OSCAR
Poi non più però.
Questa volta è il ragazzo a distogliere lo sguardo.
OSCAR (continua)
Sii onesto, ti ho mai costretto? Al massimo ti accarezzavo, ma mai lì. Eri tu
che ti strusciavi, mentre fingevo di dormire. Per un po’ stavo fermo, con il
cuore impazzito. Finalmente mi volevi.
RAGAZZO (con un filo di voce)
Ecco perché me lo metteva,il rossetto… Aveva capito.
OSCAR (concitato)
Non dire bestialità! Quante volte te l’ho spiegato… L’hai trovato anche su
Internet, no? E’ naturale, tra gli spiriti più elevati, nel rapporto tra maestro
e discepolo. E’ tutta colpa di questa società schifosamente ipocrita, che esalta
Socrate come il più saggio e il più giusto degli uomini, e poi nasconde
accuratamente questo punto.
RAGAZZO
E tu saresti il mio Socrate?
OSCAR
D’accordo, ora ne sai più di me, con tutto il tempo che hai per leggere e
studiare, ma chi ti mette in condizione di farlo? E chi ti ha motivato,
soprattutto? E poi, anche se si invertono i ruoli, il rapporto non cambia.
L’importante è averlo.
RAGAZZO
Se sono diventato maestro ti informo che i Romani lo facevano solo con gli
schiavi, che erano cosa. Altrimenti era grave reato.
OSCAR
Perché, una civiltà che viene dopo è per forza migliore? Il nazismo, per
esempio?
RAGAZZO (sbuffando e alzandosi)
Lo so che se ti attraesse l’ incesto ti giustificheresti con gli antichi
Egiziani.
Va verso il proscenio e si ferma a guardare davanti a sé. Oscar lo raggiunge.
OSCAR
Hai più visto lo scoiattolo?
RAGAZZO
No.
OSCAR
Ora dovrebbe essere più facile, con tutte le foglie cadute. A meno che non
vadano in letargo. Ne sai qualcosa?
RAGAZZO
No.
OSCAR
Vogliamo guardare su Internet?
Il ragazzo continua a guardare davanti a sé.
OSCAR (continua)
Ti prometto che usciremo molto di più.
Pausa. Poi il ragazzo dice, sempre guardando davanti a sé:
RAGAZZO
Avevo appena fatto la quinta elementare. Fra poco dovrei andare all’università.
Stavo per chiederti se anche quest’anno mi porti a sciare. Ti rendi conto di
cosa mi hai fatto?
OSCAR (istericamente)
All’università? Ma hai idea di come saresti finito, col mestiere che ti aveva
trovato mammina? Se hai quest’ambizione lo devi a me!
Il ragazzo lo guarda e dice seccamente:
RAGAZZO
Non strillare con me. Sai che cosa succede, parli col muro per una settimana.
OSCAR (sgomento)
Perdonami, non volevo…
RAGAZZO
In ginocchio.
Oscar si mette in ginocchio, a capo chino.
RAGAZZO
Se fossi stato più umano avresti dovuto tenermi sempre lì, rivolgendoti a me
solo con grugniti. Ormai sarei diventato un animale, avrei pensato solo al cibo
e al sesso. Altro che ad ambizioni irrealizzabili.
OSCAR (sempre a capo chino)
Perché dici così? Puoi fare la licenza media e la maturità da privatista, le
passi ad occhi chiusi. E ti iscrivi a… Cosa ti piacerebbe, Storia e Filosofia?
RAGAZZO (come svuotato)
Alzati.
OSCAR (alzandosi)
Che ne dici?
RAGAZZO
Va bene. Domani andiamo dalla polizia e chiediamo quanti anni ti toccano.
Oscar lo sfugge con lo sguardo. Pausa.
RAGAZZO (continua)
Ci arrivi a capirlo, che non posso sbucare dopo sette anni dal nulla come se
niente fosse?
OSCAR (senza guardarlo)
Inventiamo qualche storia, gli zingari…
RAGAZZO
Ci metterebbero cinque minuti a capire che sto mentendo.
OSCAR (guardandolo)
Comunque non possono costringerti… E puoi sempre dire di avere un vuoto di
memoria.
RAGAZZO
D’accordo. Basta che poi non ci rivediamo mai più, altrimenti…
Oscar deglutisce, smarrito. Dopo una breve pausa:
OSCAR
Se tu racconti da chi ti ho portato via e come ti ho trattato… magari non
dicendo del primo periodo… forse mi danno il minimo. Puoi venire a trovarmi,
aspettando che esca…
RAGAZZO (interrompendolo)
Hai detto che mi lasci libero di andar via, e poi decidi che la mia vita è tua.
OSCAR
E’ il contrario, sei tu che decidi della mia vita. Sei libero, ma questo devi
saperlo.
RAGAZZO
Vuoi ricattarmi minacciando di ucciderti?
OSCAR
Non minaccio, dico la semplice verità. Mi conosci abbastanza per saperlo.
Seguito dallo sguardo del ragazzo va verso la porta sulla destra, entrando. Dopo
una decina di secondi ritorna con in mano due flaconi di pillole, che mostra al
ragazzo.
OSCAR (continua)
Ecco. Bastano per tre persone.
Il ragazzo fissa i flaconi.
OSCAR (continua)
Anche se dovesse finire così, sono stato felice.
Va di nuovo nella camera attigua, ritornando poco dopo e andando a sedersi sul
divano.
RAGAZZO (che l‘ha seguito con lo sguardo)
Chissà come faccio ad aver pena per te.
OSCAR
Perché mi vuoi bene.
RAGAZZO
Sai che certe notti ho la tentazione di soffocarti col cuscino? Sono abbastanza
forte per farlo.
OSCAR
Io so solo che tante volte devo stare immobile per non svegliarti, quando ti
stringi contro di me.
RAGAZZO
Non è vero.
OSCAR
La prossima volta ti sveglio.
RAGAZZO
Se è così, c’entra solo il sesso.
OSCAR
Mi stai dicendo che ti trascuro?
RAGAZZO
Io ho 18 anni, non 45.
OSCAR
Hai ragione. Ho visto che guardi molti siti porno…
RAGAZZO (interrompendolo, imbarazzato)
Cosa ne sai?
OSCAR
C’è ‘Cronologia’, no? Sei peggio dei miei clienti.
RAGAZZO
Quindi mi spii.
OSCAR
Te lo sto dicendo, ti sembra spiare questo? Annulla il comando, se ti dà
fastidio. (Breve pausa) Comunque, quando ti senti, prendi tu l’iniziativa,
vedrai che rispondo. Quando lo fai impazzisco di gioia, lo sai. (Breve pausa)
Vuoi adesso?
RAGAZZO (scrollando la testa)
No.
OSCAR
Ce l’hai con me, Angelo? (Il ragazzo fa un cenno scontroso, ambiguo) Non stare
così in piedi, vieni a sederti. Devo dirti una cosa.
Il ragazzo va a sedersi all’estremità del divano. Oscar si avvicina.
OSCAR (continua, allusivo)
Ti ricordi quell’articolo sull’amore paidico dei Greci antichi? Qual era l’età
dei ragazzi?
RAGAZZO
Boh.
OSCAR
Dai che lo sai. Dai tredici… su, è facile…
RAGAZZO
Se non mi ricordo non mi ricordo.
OSCAR
Ai diciott’anni. E tu quanti anni fai oggi? Capisci?
RAGAZZO
Cosa c’è da capire?
OSCAR
Che è finita la fase… come si dice… passiva. Non ci hai mai pensato, a cambiare?
In fin dei conti il piacere viene sempre da lì, sia per l’uno che per l’altro.
Lo vedi anche in quei siti, come si alternano. (Provando a scherzare) E dopo
tutto è anche giusto, non sei tu il maestro, adesso?
RAGAZZO (sgarbatamente, per sottrarsi all’imbarazzo)
Sai che mi hai rotto coi tuoi Greci antichi… E poi, se il ragazzo superava
l’età, se ne prendevano un altro più piccolo, (sottolineando le parole) per
elevarlo spiritualmente. Che amore paidico era, se no?
Pausa. Oscar sbatte gli occhi più volte, poi dice:
OSCAR
Va bene. Senza trucchi, hai diritto alla chiarezza. (Breve pausa)
Io sono attratto dai ragazzi di quell’età, è sempre stato così. Se ti propongo…
lo faccio per te. Sei un omosessuale, su questo non hai dubbi, vero? Non ti è
nemmeno passato per la testa di guardare qualche sito dell’altra sponda. (Altra
breve pausa) Per stare insieme il sesso è essenziale, lo so. Con me potrai
averlo quando e come vuoi. Io mi adeguerò, sono sicuro che troverò la mia parte
di piacere. E se anche non fosse così, saprei fingere meglio di una donna che
non riesce a raggiungere l’orgasmo, e non lo sapresti mai. Perché senza di te,
altro che sesso, il mondo non esiste.
RAGAZZO (con disgusto)
Altro che baci Perugina.
OSCAR
Mi puoi anche sputare in faccia, come hai fatto l’altro giorno.
Pausa. Poi il ragazzo dice:
RAGAZZO
Hai mai provato a capire perché sei così?
OSCAR
Si nasce, credo.
RAGAZZO
Hai sempre evitato di parlarmi di te, di prima.
OSCAR
Non è vero…
RAGAZZO
Non delle cose importanti.
OSCAR
Non ce ne sono. Ho fatto una vita banale.
RAGAZZO
Non hai nessun amico.
OSCAR
Anche se volessi non potrei, lo sai.
RAGAZZO
Non ne hai mai avuto in vita tua.
OSCAR
E’ vero.
RAGAZZO
L’unica persona con cui hai rapporti è tua madre. Le devi volere molto bene, se
la domenica la inviti e mi costringi ad andare di sotto.
OSCAR
Qualche volta, il meno che posso. Non posso dirle sempre di no. Ed è da un bel
po’ che non viene.
RAGAZZO
Lei sa… delle tue tendenze?
OSCAR
Quando mai… Mi chiede sempre quando mi sposo.
RAGAZZO
Scusa se te lo dico, ma dev’essere un po’ tonta, se…
OSCAR (interrompendo, infastidito)
Per lei sono sempre un ragazzo. E’ una donna d’altri tempi, magari un po’
ingenua… Ce ne fossero ancora.
RAGAZZO
Mi hai detto che è un po’ bigotta, no?
OSCAR
Ti ho detto così? Lei crede come una bambina, come vorrei credere io.
RAGAZZO
Tu preghi sempre? Non ti ho più visto in ginocchio.
OSCAR
Da quando mi hai sfottuto… Ogni domenica. Non posso andare in chiesa, però…
RAGAZZO
Vorrei sentire cosa ti dice Dio.
OSCAR
Gli chiedo sempre perché mi ha fatto così. Non risponde.(Breve pausa) Tu invece
non credi. Strano, non si può dire che non ti abbia insegnato…
RAGAZZO (seccamente, guardandolo fisso)
Non è strano.
OSCAR (sfuggendolo con lo sguardo)
Certo, con tutto quello che leggi, lo so che quasi tutta la filosofia è atea…
Il ragazzo continua a fissarlo.
Oscar si alza bruscamente, con un sorriso forzato.
OSCAR (continua)
Vedo che hai aspettato di diventare maggiorenne per farmi il terzo grado…
RAGAZZO
Manca tuo padre.
OSCAR
Mio padre? Te l’ho detto, è morto quand’ero piccolo. Non ricordo nulla.
RAGAZZO
Nelle foto di quand’eri bambino non c’è mai.
OSCAR
Per forza, le faceva lui.
RAGAZZO
Quelle del battesimo le ha fatte un fotografo. Non c’è nemmeno lì.
OSCAR
Sarà stato in missione. Faceva il militare.
RAGAZZO
E si fa un battesimo in assenza del padre?
OSCAR (sbrigativamente)
O si sarà ammalato all’improvviso, che ne so… (cambiando tono, mentre si alza
quasi di scatto) Beh, che ne dici, usciamo? Ho prenotato per le nove, possiamo
fare due passi in centro e magari passare in libreria, avrai letto qualche buona
recensione, no?
Il ragazzo, dopo qualche secondo, fa lentamente per alzarsi.
OSCAR(continua, facendo un cenno)
Aspetta, preparo un cocktail. Il brindisi ce lo facciamo qui, senza nessuno tra
le scatole.
Va verso l’angolo cottura e scompare dietro il divisorio. Si sente un tintinnio
di bicchieri, mentre il ragazzo si alza di scatto e va verso il proscenio
guardando inquieto davanti a sé per alcuni secondi.
VOCE DI OSCAR
Non c’è limone, accidenti, proprio oggi…
Il ragazzo continua a guardare davanti a sé. Rientra Oscar, che regge due
bicchieri con del liquido giallastro.
OSCAR (continua)
Cosa guardi, se è buio fitto… Metto un lampione, che ne dici? Così potremo
cenare fuori d’estate. E togliamo di mezzo le grate, sono tutte marce.
Porge un bicchiere al ragazzo, che finalmente si è voltato. Solleva in alto il
suo bicchiere.
OSCAR (continua)
A una nuova vita.
Il ragazzo solleva un poco il bicchiere, in ritardo. Fa per bere.
Oscar fa un cenno al ragazzo e abbassa il bicchiere.
OSCAR (continua)
Insieme. E più in alto. Dai, dì tu.
Il ragazzo esita, poi solleva il bicchiere, imitato da Oscar.
RAGAZZO
A dimenticare.
Oscar sbatte gli occhi. Entrambi bevono, poi abbassano il bicchiere.
OSCAR
Sì. Vedrai, passerò la vita a risarcirti…
Allunga una mano verso il viso del ragazzo, che scosta la testa.
OSCAR (continua)
Su, metti la giacca.
Posano entrambi il bicchiere sul tavolo. Mentre il ragazzo indossa la giacca
Oscar raccoglie i due pezzi della tuta, li piega con cura, come accarezzandoli,
e li posa sullo schienale del divano, osservato dal ragazzo. Oscar lo precede
verso la porta d’ingresso, che apre. Il ragazzo esce. Oscar spegne la luce ed
esce tirandosi dietro la porta.
Dopo una decina di secondi si apre la porta d’ingresso ed entra Oscar, seguito
dal ragazzo. Chiude la porta mettendosi in tasca le chiavi ed accende la luce.
Sono entrambi alticci. Oscar ha in mano un limone, che lancia in aria e
riprende.
OSCAR
Dai, Angelo, con quello che mi è costato… I brindisi si fanno come si deve.
RAGAZZO
Perché, te l’hanno fatto pagare?
Oscar posa il limone sul tavolo ed estrae dalla tasca una ricevuta. La scorre.
OSCAR
Limone… limone… No, non c’è. L’avranno caricato su altre voci, quei ladri.
RAGAZZO
Lo sapevi che ti spellavano vivo.
OSCAR
Era troppo importante. Vabbè, sono in rosso, e con ciò? Vuol dire che dovrò
darmi un po’ più da fare. L’unica cosa che mi dispiace è che dovrò lasciarti più
tempo da solo…
RAGAZZO
Tanto io avrò la mia vita, no?
OSCAR (allarmato)
Cosa vuoi dire?
RAGAZZO
Non pretenderai che continui a starmene sempre chiuso qui dentro. Se mi preparo
per gli esami dovrò pur andare in biblioteca…
OSCAR
Non hai Internet? E tutti i libri che ti servono te li trovo io.
Il ragazzo traballa. Si siede su una sedia.
RAGAZZO
Oscar, tu sei sbronzo. Abbiamo già deciso che io esco di qui e tu vai in galera.
Oscar lo guarda attonito. Poi sbotta:
OSCAR
Sbronzo sarai tu. Io non ho deciso proprio nulla.
RAGAZZO
Benissimo. Domani mattina me ne vado e ti mando una visita.
OSCAR
Ah sì? E come vai via, sfondi la porta blindata?
Breve pausa. Il ragazzo lo fissa, poi si alza di scatto e lo aggredisce. Cadono
entrambi per terra, lottando ansimanti per alcuni secondi. Poi il ragazzo storce
il braccio di Oscar.
OSCAR
Ahhh!…
Il ragazzo fruga in una tasca dei calzoni di Oscar.
RAGAZZO
Visto come si fa, anche se le chiudi in cassaforte?
Estrae dalla tasca un mazzo di chiavi. Lascia il braccio di Oscar, si alza in
piedi e si infila le chiavi in tasca. Oscar resta per
terra, col viso contro il tappeto. Il suo corpo è scosso da singhiozzi. Il
ragazzo lo guarda a lungo, poi dice:
RAGAZZO (continua)
Smettila e alzati, fai schifo. Te la sei cercata.
Oscar continua a singhiozzare.
RAGAZZO (continua)
Potrei andare via adesso. Invece sono qui.
Oscar solleva la testa e lo guarda, con gli occhi pieni di lacrime. Li asciuga
con la manica della giacca, si tira su e si lascia cadere sul divano. Resta a
testa bassa.
OSCAR (con un filo di voce)
Dimmi che vuoi fare di me.
Breve pausa.
RAGAZZO (senza guardarlo)
Non lo so. Dovrei ammazzarti.
Pausa.
OSCAR (prendendosi la testa tra le mani)
Ti dico di mio padre. E’ stato per mamma, che finora… Era un sergente un po’
grasso, sempre in divisa anche quand’era fuori servizio. A casa ci stava solo
per mangiare e per vedere le partite. E la notte, quando russava come un porco
scannato. Aveva il vizio di bere, diventava una bestia, capace di darmi un
calcio con quanta forza aveva in corpo. Mamma si metteva in mezzo, prendeva i
calci lei. (Si stringe la testa con le mani. Breve pausa) Una notte mi ha
svegliato un urlo:’ Devi ingoiare, capito!’ Veniva dalla cucina. Mi sono alzato,
c’era la porta aperta. Ho guardato. Mamma era in ginocchio, di profilo, con gli
occhi gonfi di lacrime. Lui l’aveva afferrata per i capelli e le sbatteva la
testa contro di sé, grugnendo con la faccia stravolta. Poi si è inarcato,
lanciando un urlo bestiale, mentre mamma rantolava, con lo sperma che le colava
dall’angolo della bocca. (Lascia cadere le braccia lungo i fianchi) E’ morto con
altri soldati uscendo di strada su una jeep. Quando l’ho saputo mi sono nascosto
per saltare di gioia. Mamma invece ha pianto. E’ l’unica volta che l’ho odiata.
(Solleva lo sguardo verso il ragazzo) Ora capisci perché non ho mai voluto
farlo?
Il ragazzo l’ha guardato con un misto di disgusto e di pena.
RAGAZZO
Così adesso siamo pari, vero? Io la madre, tu il padre.
Oscar fa cenno di sì.
RAGAZZO (continua)
Ma sono io che sconto quello che ha fatto il tuo cervello malato.
OSCAR
Chissà che cosa saresti diventato, senza di me.
RAGAZZO
E dagli. Va bene, un disturbato, magari una marchetta per campare. Ma avrei
potuto guardarmi intorno, vedere che non tutto è per forza marcio, che esistono
anche altre persone… Tu invece hai congelato la mia infanzia nel momento in cui
un vecchio bavoso mi tirava giù le mutande…
Si volta di scatto dando le spalle, che sussultano, alla sala.
OSCAR (alzandosi)
Angelo…
RAGAZZO
Si vede che sono ubriaco, a piangere davanti a te…
OSCAR (avvicinandosi)
Mi credi se ti dico che farei qualsiasi cosa per non vederti così?
Le spalle del ragazzo continuano a sussultare. Oscar sparisce quasi di corsa
dietro il divisorio dell’angolo cottura, ritornando con in mano un coltello da
cucina. Di lato rispetto al ragazzo, gli mostra il coltello.
OSCAR (continua)
Guarda.
Sposta le mani davanti al ragazzo. Il gomito del braccio destro si solleva e si
abbassa.
RAGAZZO (voltando la testa a guardarlo)
Tu sei pazzo…
OSCAR (sollevando il gomito)
Vuoi che lo tagli del tutto?
Il ragazzo gli afferra il braccio destro, girandosi e disarmandolo senza che
Oscar opponga resistenza. Il suo indice sinistro e il coltello sono
insanguinati.
OSCAR (guardando il sangue che cola sul tappeto)
Macchio tutto il tappeto…
RAGAZZO
Va a disinfettarti.
OSCAR
Prima il tappeto, se non si lava subito non va via.
Estrae da una tasca un fazzoletto, che porge al ragazzo.
OSCAR (continua)
Legalo, per piacere.
Il ragazzo lega il fazzoletto intorno all’indice di Oscar, che poi sparisce
dietro il divisorio ritornando con una bottiglia d’acqua e una spugnetta. Si
mette carponi a lavar via le gocce di sangue sul tappeto.
OSCAR
Dovrebbe bastare solo l’acqua fredda…
Il ragazzo, che è rimasto col coltello in mano, lo guarda a lungo. Oscar solleva
la testa.
OSCAR
Fallo se vuoi.
Riabbassa la testa, continuando a strofinare il tappeto.
Il ragazzo stringe l’impugnatura del coltello, poi lo getta via lontano da sé.
Oscar sente il rumore del coltello che cade al di là del tappeto. Sbatte solo
gli occhi. Il ragazzo va a lasciarsi cadere sul divano.
Oscar si alza. Mentre va via con la bottiglia e la spugnetta:
OSCAR (continua)
Lascia pure le chiavi all’ingresso. Prima non sapevo cosa stavo dicendo.
(Ritornando) Hai capito? Domani faccio il duplicato.
RAGAZZO
Non te ne faresti niente.
Oscar fa per dire qualcosa, poi va verso la porta sulla destra, entrando e
lasciandola aperta. Pausa.
VOCE DI OSCAR
Mi aspetterai?
Pausa.
Oscar ritorna con l’indice incerottato e va a sedersi all’estremità del divano.
OSCAR (senza guardare il ragazzo)
Dimmelo.
RAGAZZO (senza guardare Oscar)
Devo vedere se non c’è nulla da fare, se mi hai fatto diventare come te.
OSCAR (guardandolo, con foga)
Li hai visti, quelli del ristorante? O quelli per strada? Cosa hanno a che fare
con te? Ricchi, poveri, tutti dietro un muro. Fidati a superarlo, ti sbranano.
RAGAZZO ( si volta verso di lui, reagendo)
E’ proprio quello che mi hai trasmesso, la tua malattia.
OSCAR
Lo sai chi ti ha fatto ammalare. Io ti ho curato. Io sono l’unico che ti ha
voluto bene. (Istericamente) Dimmi chi altro, chi?
RAGAZZO
Stai urlando.
OSCAR
Scusami… Ma non rispondi.
RAGAZZO (alzandosi)
Io vado a letto.
OSCAR (alzandosi anche lui)
Vedi? Non rispondi. Non puoi negarlo.(Breve pausa) E anche tu me ne vuoi. Quando
sono arrivato mi sei corso incontro.
RAGAZZO
Quando uno sta chiuso tutto il giorno correrebbe anche da… un lebbroso.
OSCAR
Grazie del paragone. (Breve pausa) Se non sapessi che ti dà fastidio ripeterei
le cose che mi dici a letto.
RAGAZZO
Io? Sei tu che fai quei discorsi bavosi.
OSCAR
Lascia stare i discorsi. ‘ Sì amore… sì continua… più forte…’. Due notti fa.
RAGAZZO (disgustato)
Quello che direbbe un animale.
OSCAR
Esatto. Solo istinto. Quello che ti lega a me, al di là di tutto. Se funziona
così, dopo tutti questi anni, ci sarà bene un motivo.
RAGAZZO
Anche un cane, sempre alla catena, è felice se lo portano a pisciare. E se lo
sciolgono, dopo tanti anni, non scapperebbe più. Voglio vedere se mi hai ridotto
così.
OSCAR
Dimmi chi è disposto ad ammazzarsi, se gli scappa il cane. Lo vedi chi è il vero
padrone?
RAGAZZO
Lo ripeti troppe volte, per farlo sul serio.
OSCAR
Prima, secondo te, mi sarei tagliato il dito o no?
RAGAZZO (dopo una breve pausa)
Non lo faresti perché credi in Dio. C’è l’inferno.
OSCAR
Non ho la fede di mamma. Non posso credere che su punti come questo, o come
l’eutanasia, la pietà di Dio sia inferiore a quella di un uomo.
RAGAZZO
L’hai appena detto, non lo puoi fare per tua madre. Per lei all’inferno ci vai.
OSCAR
E’ per questo che ho scelto il sonnifero, lei lo sa che lo prendo…
RAGAZZO
Sì, a quelle dosi da cavallo… Non mi hai detto che basta per tre persone?
OSCAR
Non saranno così disumani da dirglielo, crederà ad un errore… (Breve pausa)
Perché non abbia sospetti sarebbe meglio che mi buttassi con la macchina giù da
un burrone, simulando un incidente. Ma l’idea che le mostrino il mio corpo
maciullato… Morirebbe di dolore, magari lentamente. Dovrà già soffrire, per
andarsene. Ha la leucemia.
RAGAZZO
Da quando? Mai detta una parola…
OSCAR
Dovrei stare da lei. Non solo passarci tutti i giorni. (Con tono di supplica)
Aspetta almeno che muoia, hanno detto un anno o meno…
RAGAZZO
Chiuso qui dentro da solo, se ti trasferisci da lei? Oppure l’abbandoni, per non
staccarti da me?
Pausa. Oscar rivolge intorno uno sguardo disperato. Poi, come aggrappandosi ad
un’ultima speranza:
OSCAR
Se mi aspetti ce la faccio, ad andare in prigione e lasciarla morire senza
assisterla. La sua fede l’aiuterà a superare il dolore per quello che…
soprattutto se tu dirai… Le potrò scrivere, spiegandole che mi sono costituito,
crederà alla mia redenzione… (Stringendo i pugni) Ma devo avere la certezza,
altrimenti…
RAGAZZO
Morirà con davanti agli occhi suo figlio dannato in eterno.
OSCAR (scuotendo la testa)
No, crederà ad un errore, sono sicuro.
Rivolge al ragazzo uno sguardo allucinato. Poi si getta in ginocchio, a capo
chino.
OSCAR
Rispondimi. Decidi della mia vita. Mi aspetterai?
Il ragazzo lo guarda con un’espressione in cui il disgusto contrasta con la
pena.
RAGAZZO
Spero di no. Con tutte le mie forze.
Le spalle di Oscar sussultano. Dopo qualche secondo si alza, col viso rigato di
lacrime.
OSCAR
Grazie. Mi basta, perché io ti conosco… (Allunga una mano verso il ragazzo, che
si ritrae) Domani aspettami. Passo da mamma per l’ultimo saluto, poi torno a
prepararmi, e andiamo.
Il ragazzo lo fissa per qualche secondo, poi dice:
RAGAZZO
Sei davvero convinto che per me… non c’è rimedio?
OSCAR
Sì.
RAGAZZO (dopo una breve pausa)
Domani vediamo.
OSCAR (provando a scherzare)
Come fai a non aspettarmi? Le chiavi le hai tu, come entro?
Il ragazzo sta per dire qualcosa, ma rinuncia.
OSCAR (continua, allontanandosi)
Adesso lo preparo. Come si deve, questa volta.
Va a prendere il limone sul tavolo e scompare dietro il divisorio dell’angolo
cottura. Il ragazzo va verso il proscenio e guarda inquieto davanti a sé.
Tintinnio di bicchieri.
VOCE DI OSCAR (continua)
Come lo vuoi? (Breve pausa) Se non rispondi faccio il solito. (Breve pausa) Me
lo sono inventato ma è davvero buono, no?
Rientra Oscar con i bicchieri di liquido giallastro, in cui galleggiano delle
scorze di limone. Si avvicina al ragazzo, che guarda sempre fuori, fermandosi.
OSCAR (continua)
Fallo mettere tu, il lampione. E fai togliere le grate. (Breve pausa) Mamma ha
una bella sommetta da parte. Domani le chiedo un prestito, me lo fa volentieri.
Poi ci saranno i soldi del suo appartamento. Potrai tirare avanti, non
preoccuparti.
Porge un bicchiere al ragazzo, che lo prende, sempre guardando davanti a sé.
OSCAR (continua)
Io non parlo. Devi essere tu. (Breve pausa) Su, Angelo, quello che vuoi.
Il ragazzo solleva appena il bicchiere. Sempre guardando davanti a sé, con tono
neutro:
RAGAZZO
A domani.
Oscar solleva il bicchiere fissando il ragazzo. Il suo sguardo, da apprensivo,
si fa allucinato.
OSCAR
Sì, a domani. Cambia tutto, ma non quello che siamo.
Beve d’un fiato, storcendo la bocca.
OSCAR (continua)
Dai, butta giù.
Anche il ragazzo beve d’un fiato. E’ scosso da una tosse convulsa.
Oscar gli percuote la schiena con una mano.
RAGAZZO (con voce strozzata)
Cosa ci hai messo…
OSCAR
Scusami, mi è venuto troppo forte…
L’accesso di tosse passa. Il ragazzo barcolla.
OSCAR (reggendolo)
Stai bene?
RAGAZZO
Mi gira la testa.
OSCAR (continua)
Un poco anche a me. Su, andiamo a letto.
Barcollando sostiene il ragazzo dirigendosi verso il tavolo, su cui posa il suo
bicchiere. Toglie l’altro dalla mano del ragazzo, posando anche quello. Si
dirige, sempre sostenendo il ragazzo, verso la porta a destra.
OSCAR (continua)
Ti spoglio io se non ce la fai. Abbiamo esagerato, peggio per noi. Dovevamo
provare… ti ricordi?
Spegne la luce ed entra col ragazzo nella stanza, chiudendo la porta.
VOCE DI OSCAR (attutita, insinuante)
Ma magari ci svegliamo e c’è passata… Sarebbe bello per iniziare domani, no?
SIPARIO
Durante l’intervallo il tappeto viene arrotolato sulla destra del tavolo e viene
aperta la botola finora occultata.
PARTE SECONDA
BUIO
PRIMA VOCE MASCHILE
Restano molto?
SECONDA VOCE MASCHILE
Non so, ma non credo…
PRIMA VOCE MASCHILE
Comunque io sono qui fuori.
SECONDA VOCE MASCHILE
Grazie.
Si sente lo scatto di una serratura e la porta d’ingresso si apre. La luce
proveniente dall’esterno lascia intravedere due sagome che entrano. Si accende
la luce. Il ragazzo, che ha premuto l’interruttore, ora ha i capelli corti e
indossa dei jeans e un giaccone. Gli è accanto un quarantenne un po’ calvo e
leggermente brizzolato con un impermeabile, che chiude la porta. Il ragazzo
fissa la botola aperta sulla sinistra del tavolo, a destra del quale il tappeto
forma un grosso rotolo.
PSICOLOGO
Fa un bel freddo, qui dentro… (Sfiorando la spalla del ragazzo)
Sediamoci sul divano, così non si vede. O preferisci iniziare da lì, subito?
RAGAZZO
Come vuole…
PSICOLOGO
Io non voglio nulla, sei tu che hai chiesto di venire. (Breve pausa) Non riesci
proprio a darmi del tu, Albano?
RAGAZZO
Non mi viene.
PSICOLOGO
I ragazzi di oggi non hanno problemi. (Sorridendo) Quando ti verrà facciamo
festa.
Va verso il proscenio, guardando davanti a sé.
PSICOLOGO (continua)
Proprio come mi hai detto, quei tronchi neri in agguato.
Si volta e vede che il ragazzo guarda verso il divisorio dell’angolo cottura.
Gli si avvicina.
PSICOLOGO (continua)
Vuoi guardare?
RAGAZZO
Cosa? Ce l’ho in testa com’era. (Breve pausa) Il biglietto era sul tavolo?
PSICOLOGO
No. Era per terra, sotto di lui.
RAGAZZO (agitato)
Sa questo e continua ad insistere che quello che ho scritto non c’entra…
PSICOLOGO (interrompendolo)
Non ho detto che non c’entra, ma che non potevi immaginare come funziona una
mente malata.
RAGAZZO
L’ho vista all’opera per sette anni, chi più di me… ‘Pensa a tua madre’,ho
scritto E ci ha pensato. E’andato a soffocarla.
PSICOLOGO
Non ci sarei arrivato neanch’io, con tutti i miei studi.
RAGAZZO
Non dice la verità.
PSICOLOGO (con franchezza)
No. (Breve pausa) Ma hai aggiunto: ‘Verrò a trovarti’. Gli davi una speranza,
non sapevi che non gli sarebbe bastato.
RAGAZZO
Lo sapevo. Voleva la certezza.
PSICOLOGO
Mi hai detto che aveva alti e bassi. Altrimenti non l’avresti scritto.
RAGAZZO
Ne abbiamo solo accennato, diceva sempre che non ero pronto… (Breve pausa)
Temevo che si…, tanto è vero che sono tornato. Ma
avevo portato via i sonniferi, speravo che il pensiero della madre gli
impedisse…, e così, per aiutarlo…
PSICOLOGO
Ho capito.
Va verso il divano, seguito dal ragazzo. Si siedono.
Oscar, senza occhiali e stringendo contro il petto i pantaloni della tuta del
ragazzo, sbuca dal divisorio e si avvicina lentamente, dicendo:
OSCAR
E’ stato un attimo, Angelo. Non ha sofferto. Me l’hai suggerito tu, quello che
in un momento di rabbia volevi fare con me. Parole che si dicono, non l’hai mai
pensato sul serio. Lei da lassù lo sa, che l’ho fatto per amore.
Si ferma dietro il divano. Il ragazzo ha guardato davanti a sé, mentre lo
psicologo ha mosso le labbra senza emettere alcun suono.
PSICOLOGO
A cosa pensi, Albano? Non stai a sentire.
RAGAZZO (riscuotendosi)
Mi scusi…
PSICOLOGO
Prova a dire quello che ti passa per la mente, come se non ci fossi.
Il ragazzo sbattendo gli occhi, manifesta disagio.
PSICOLOGO
Vuoi che provi ad ipnotizzarti?
RAGAZZO
Come…
PSICOLOGO
Non hai fiducia in me?
RAGAZZO
Sì…
PSICOLOGO
Allora fa quello che ti dico. Ti aiuterà, vedrai.
Estrae da una tasca una pallina di corallo delle dimensioni di un chicco d’uva
che pende da una cordicella e la fa oscillare davanti agli occhi del ragazzo.
PSICOLOGO (continua)
Tieni gli occhi fissi sulla pallina. Seguila sempre, così…
Dopo una decina di secondi lo sguardo del ragazzo, fisso sulla pallina, comincia
ad appesantirsi. Ancora pochi secondi e gli occhi si chiudono.
PSICOLOGO (continua)
Puoi aprire gli occhi.
Lentamente le palpebre si sollevano. Lo sguardo del ragazzo è assente.
PSICOLOGO
Adesso parla.
OSCAR
Quando sei uscito mi hai visto. Ero sull’altro lato della strada, non volevo che
pensassi che avrei fatto qualcosa… E’ stato un attimo, è passato un camion. Dopo
ti eri già mosso, andando via.
PSICOLOGO (dopo alcuni secondi)
Parla, Angelo.
RAGAZZO
Ma mi sono voltato. Due o tre volte. Guardavi sempre davanti a te. Non ti sei
mosso di un millimetro.
PSICOLOGO
Parli con lui, vero? (Breve pausa) Ripeti cosa dice.
D’ora in poi Oscar non parla, muovendo solo la bocca in sincronia con quanto il
ragazzo, imitandone la voce, dice al suo posto. Per comodità si attribuiscono ad
Oscar le sue parole pronunciate dal ragazzo.
OSCAR
Ero già morto. Mi sono trovato a casa di mamma, a farmi dare il mazzo di chiavi
di riserva. E a salutarla per l’ultima volta.
RAGAZZO
Lo sapevo che saresti entrato. Per questo ho portato via quei flaconi.
OSCAR
Ti ho maledetto. Perdonami. Poi ho visto il biglietto. Ho capito subito cosa mi
suggerivi…
RAGAZZO
No, Oscar, non mi ha nemmeno sfiorato…
OSCAR
Io ti conosco, lo sai. Non farei nulla senza il tuo consenso.
Il ragazzo ansima. Rotea gli occhi, mostrando la cornea.
PSICOLOGO
Calmati, Albano. Ricorda, sei Albano.
Il ragazzo smette di roteare gli occhi.
OSCAR
Ti fanno il lavaggio del cervello, Angelo. Lo sai come ti chiami.
PSICOLOGO
L’hai sempre rifiutato, quel nome. Resisti.
Il ragazzo stringe i pugni.
RAGAZZO
Oscar, non farlo. Non ti ho mai odiato, nonostante tutto. Ho persino pianto,
dopo che ti ho visto…
OSCAR
Mi hai visto?
RAGAZZO
Sì. Ho girato per ore, sono arrivato fin sotto casa. Non c’è più il cognome sul
portone. Ho fatto la strada verso scuola, dove mi hai preso. In un’altra c’era
un posto di polizia, stavo per entrare… Ero sicuro che non l’avresti fatto, ma
ho pensato:’Prima passo a vedere se è tutto a posto, se c’è la macchina…’ L’ho
vista, ma era parcheggiata tutta storta, tu che hai la mania dell’ordine… Mi
sono avvicinato alla casa e l’ho sentito, quell’odore di gas… Quando hanno
forzato la porta volevano
bloccarmi, ma sono corso dentro e ti ho visto, lì per terra davanti al forno
aperto, coi pantaloni della mia tuta sul petto, con sopra tutte e due le mani…
Le mani di Oscar si contraggono sui pantaloni della tuta.
OSCAR
Grazie, Angelo. E perdonami, per aver dubitato di te. Ormai l’ho fatto, ma sono
felice lo stesso. Hai visto? Eri libero, come dicevi tu, e giravi avanti e
indietro per le strade, tra quelle facce con lo sguardo buio. E sei tornato da
me, sei andato alla porta. Sai cosa avresti fatto, se… Avresti bussato.
Il ragazzo rotea di nuovo gli occhi.
OSCAR (continua)
Non ti libererai mai di me, Angelo, perché non puoi… non vuoi farlo. E quando
sarà il momento mi raggiungerai, qui in Paradiso. Perché Dio lo sa, che tutto è
stato per amore.
Il ragazzo lascia cadere la testa all’indietro, mostrando il bianco degli occhi.
PSICOLOGO (con tono perentorio)
Svegliati. Ricorda tutto.
Il ragazzo si riscuote. Tira su la testa e guarda lo psicologo, ansimante.
PSICOLOGO (dolcemente)
Non credergli, Albano. Raramente ho visto qualcuno cadere in trance più
rapidamente, più totalmente di te. Questo avviene soltanto quando il paziente
vuole guarire da un trauma, con tutte le sue forze.
Il ragazzo continua ad ansimare.
PSICOLOGO (continua)
Su, Albano. E’ andato via.
RAGAZZO (scuotendo la testa)
No, è ancora qui. Dietro di me.
PSICOLOGO (dopo una breve pausa)
Ordinagli di lasciarti. Se lo vuoi davvero, ubbidirà.
RAGAZZO (stringendo i pugni)
Va via!
Oscar si volta e si muove lentamente verso sinistra, sparendo dietro il
divisorio.
PSICOLOGO
E’ scomparso?
RAGAZZO
Sì.
PSICOLOGO
E’ tutto nella tua mente, Albano. Il percorso sarà lungo, ma alla fine sarai
libero. (Breve pausa) Iniziamo da quando ti ha preso, con me non ne hai mai
parlato. Lo ricordi bene?
RAGAZZO
Sì. Lo vedevo già da qualche giorno, fermo con un giornale davanti agli occhi
accanto al portellone posteriore aperto di un furgone, parcheggiato proprio
all’inizio di una traversa. Il giorno prima gli sono passato vicino, mi ha
sorriso e ha detto qualcosa sullo zainetto, tipo ‘Ma guarda un po’ come rovinano
la schiena dei bambini’. Si è guardato intorno, arrivava uno con un cane al
guinzaglio. Ha ripreso a leggere il giornale. E’ con la scusa dello zainetto che
mi si è avvicinato, il giorno dopo. ‘Aspetta, te lo sistemo meglio’, ha detto.
Mi ha afferrato da dietro e mi ha gettato dentro il furgone.
PSICOLOGO
E pensare che sono stati proprio i lavori che ha fatto qui a fornirgli un alibi.
E’ stato convocato pochi giorni dopo dalla polizia alla ricerca del furgone
bianco visto da un testimone che
ha assistito da lontano al rapimento, lo sapevi?
RAGAZZO
No.
PSICOLOGO
Ha potuto dimostrare che il furgone gli serviva per il trasporto dei materiali
con cui stava ristrutturando la casa.
RAGAZZO
Perché non sono venuti a controllare?
PSICOLOGO
Alla polizia non sono geni, ma in questo caso… Quello che ha fatto sembra
incredibile a posteriori, immagina a priori. Risulta che ha iniziato ad
acquistare i materiali più di un anno prima di rapirti.
RAGAZZO (voltandosi verso la botola)
Ha fatto tutto da solo, me l’ha detto.
PSICOLOGO
Te la senti di scendere?
Il ragazzo lo sfugge con gli occhi.
PSICOLOGO
No, ancora no. E forse è meglio così, l’emozione può far travisare. Prova a
descrivere dove ti teneva.
RAGAZZO
Lei l’ha già visto?
PSICOLOGO
No.
RAGAZZO
Ci sono gli scalini, poi una porta blindata. Piccola, lui doveva curvarsi per
entrare. Dentro era un buco con le pareti di granito, per lasciare un minimo di
spazio il letto era in alto, a mezzo metro dal soffitto. C’era una scaletta per
salire. Quando mi coricavo dovevo stare attento a non toccare l’oblò con la luce
sopra di me, scottava. C’erano un cesso, un lavandino e degli scaffali, per i
vestiti e per i libri. E una ventola che girava sempre, per l’aria. Nient’altro.
Ah, un tavolino e due sedie.
PSICOLOGO
Per quanto sei rimasto lì, esattamente?
RAGAZZO
Due anni e sedici giorni.
Lo psicologo deglutisce, poi dice:
PSICOLOGO
Lui veniva giù spesso, mi hai detto.
RAGAZZO
Appena tornava dal lavoro. E la mattina, per lasciarmi da mangiare. Da un certo
momento in poi è rimasto anche a dormire, su un materasso per terra. Per non
farmi avere gli incubi, ha detto.
Nei primi tempi è stato anche peggio.
PSICOLOGO
E poi?
RAGAZZO
Vedevo che non mi faceva del male…
PSICOLOGO
Come, del male?
VOCE DI OSCAR
Diglielo.
RAGAZZO (rapidamente)
Cioè non mi picchiava…
PSICOLOGO
Si coricava e basta?
RAGAZZO
No, stava in piedi, mi leggeva delle storie finché mi addormentavo.
PSICOLOGO
Ti piacevano?
RAGAZZO
Sì.
PSICOLOGO
Prima non avevi mai visto un libro, vero?
RAGAZZO
Quelli di scuola.
PSICOLOGO
Ti faceva anche studiare, mi hai detto.
RAGAZZO
Aveva comprato i libri della scuola, mi spiegava e mi guardava i compiti.
PSICOLOGO
Tu li facevi?
RAGAZZO
Sì. All’inizio una volta che non li ho fatti ha pianto. Proprio coi singhiozzi.
Mi ha fatto più paura che se mi avesse bastonato.
PSICOLOGO
Quand’eri chiuso lì dentro non gli chiedevi perché… ti teneva così?
RAGAZZO
Era lui che non faceva che ripetermi che era colpa mia, perché urlavo quando
pensavo che non c’era, lo sapeva…
PSICOLOGO (interrompendolo)
No, perché l’aveva fatto.
VOCE DI OSCAR
Digli di tua madre.
RAGAZZO (distogliendo lo sguardo)
No, avevo solo paura… Ero troppo piccolo.
PSICOLOGO
Ma più avanti?
RAGAZZO
Ha tirato fuori la storia dell’amore paidico, gliel’ho detto…
Mi aveva preso per prepararmi a quando avrei avuto l’età giusta.
PSICOLOGO (mascherando l’insoddisfazione)
Va bene. (Breve pausa) Dimmi di quando ti ha fatto uscire da lì.
RAGAZZO
Il giorno che ho compiuto tredici anni. Abbiamo guardato la televisione e mi ha
portato a dormire con lui.
PSICOLOGO
Ti ha fatto capire subito… che rapporto voleva con te?
RAGAZZO (rapidamente)
No, mi ha solo detto che il letto di sotto ormai era troppo piccolo… Avevo il
capogiro, i primi giorni, per tutto quello spazio. Non mi sembrava vero. Le
prime volte doveva trascinarmi per riportarmi giù, la mattina. Lui insisteva che
se non avessi ubbidito non mi avrebbe più fatto salire. Ho smesso di fare
resistenza. Quando tornava dal lavoro e scendeva a prendermi mi sembrava di
toccare il cielo con un dito.
PSICOLOGO
Quando ha smesso di mandarti di sotto?
RAGAZZO
Dopo un mese circa. Mi ha spiegato che le porte delle stanze che davano sulla
strada erano murate e che la villetta era isolata, ci passavano davanti solo
macchine. E dietro c’era il bosco. Sarebbe stato quasi impossibile sentirmi,
anche se avessi urlato con quanto fiato avevo in gola. Comunque sarebbe tornato
di tanto in tanto ad ascoltare. Se mi avesse sentito mi avrebbe rimandato giù
per sempre. Tornava davvero, all’improvviso. E mi portava dei regali, perché ero
stato buono.
PSICOLOGO (fissandolo)
Intanto dormivate insieme.
Il ragazzo lo sfugge con lo sguardo.
PSICOLOGO
Scusami, Albano. Un’altra volta, quando vuoi.
RAGAZZO
No, tanto vale… (Breve pausa) Non mi ha costretto, se è questo che vuole sapere.
PSICOLOGO
Non fisicamente. A quell’età il sesso è ancora indifferenziato, prende la strada
che l’esperienza gli presenta. Potrebbe succedere a chiunque.
VOCE DI OSCAR
C’è qualcosa che non ti torna, no? Lasciaglielo credere.
Il ragazzo abbassa lo sguardo.
PSICOLOGO
Pian piano hai smesso di sentirlo nemico… anche per quello, vero?
RAGAZZO (sempre con gli occhi bassi)
Sì. (Come ribellandosi, alzando lo sguardo) Ma c’era tutto il resto, le sue
attenzioni… Per esempio, alla televisione si guardava solo quello che sceglievo
io. E anche per mangiare, comprava solo quello che volevo. Quando giocavamo a
carte faceva sempre in modo di perdere. Finché non me ne sono accorto… Ma ormai
lo battevo.
Lo psicologo, che l’ha seguito con estrema attenzione, sta per dire qualcosa, ma
rinuncia.
RAGAZZO (continua)
In fin dei conti, se ho una certa cultura, lo devo a lui. (Indicando la libreria
dietro di sé) Ha visto quanti libri? Li ha comprati quasi tutti per me.
PSICOLOGO
Devo ammettere che mi ha sorpreso, vedere come ti esprimi. Molto meglio della
media dei ragazzi della tua età.
RAGAZZO
Perché non sono stato inebetito da tutte quelle mode sceme. Li vedevo in
televisione, tutto il tempo tra cellulare e playstation, e quei calzoni con
l’ombelico di fuori. Non credo proprio che riuscirei a starci, in quel branco di
pecore.
PSICOLOGO (guardandolo fisso)
E poi così non hai imparato a fumare, per non parlare della droga, come mi hai
detto l’altro giorno.
RAGAZZO
Certo. (Breve pausa) Lo so che forse esagero, non saranno tutti così…
PSICOLOGO
Tocca a te scoprire come sono, quando sarai uscito del tutto da qui. (Breve
pausa) Toglimi una curiosità. Avrà pur suonato qualcuno al citofono, che so, il
postino per una raccomandata, quello del gas…
RAGAZZO (interrompendolo)
L’aveva staccato. Per il gas lasciava sulla porta la lettura e tutte le bollette
le pagava la banca.
PSICOLOGO
Ho capito. Però è strano che in tanti anni, quando ormai non ti chiudeva più di
sotto, qualcuno non abbia bussato.
RAGAZZO
Lavorava privatamente, aveva messo un’inserzione sulle Pagine Gialle e i clienti
lo chiamavano sul cellulare. Non aveva rapporti con nessuno, tranne che con la
madre.
PSICOLOGO
Ecco, spiegami. Mi hai detto che spesso la portava qui, la domenica. Com’è
possibile che non si sia resa conto che c’era qualcosa di strano, in quel
budello che porta all’ingresso e nelle stanze sul davanti sparite?
RAGAZZO
Gliel’ho chiesto anch’io. Mi ha detto di averle spiegato che non riusciva a
dormire per il rumore dei camion sulla strada, lei lo sapeva che già soffriva
d’insonnia e doveva prendere i sonniferi.
PSICOLOGO
Una scusa buona solo per chi crede in te ciecamente. Povera donna. Ho saputo che
parlava con tutti di suo figlio, quant’era bravo… (Breve pausa, voltandosi verso
il computer sulla scrivania) Ovviamente la posta elettronica non è istallata.
RAGAZZO (teso)
No.
PSICOLOGO
Sai dove voglio arrivare. Non fa nulla se non te la senti, ne parliamo un’altra
volta.
RAGAZZO (d’impulso)
Va bene. Ci sono andato.
PSICOLOGO
C’è quella foto sul campo da sci. Non è questo che voglio sapere.
RAGAZZO (dopo una breve pausa)
Le prime volte mi ha portato in campagna, in posti dove era difficile incontrare
qualcuno. Prima mi faceva il lavaggio del cervello, giorni e giorni prima di
farmi uscire a ripetermi quanto mi voleva bene, fino a rischiare di perdermi pur
di esaudire un mio desiderio…
VOCE DI OSCAR
Non puoi dire qual era il vero argomento per farti stare zitto, raccontare tutto
di mamma.
PSICOLOGO
E non hai avuto mai la tentazione… E’ impossibile che non abbiate mai visto
nessuno.
RAGAZZO
Cambiava subito direzione, appena avvistava qualcuno.
PSICOLOGO
Ma potevi gridare, scappar via…
RAGAZZO
Legava una cordicella alle cinture dei calzoni. Gridare sì… Non ho mai avuto il
coraggio.
PSICOLOGO
Va bene, questo all’inizio. Ma poi andavate tranquillamente per strada. C’è quel
suo cliente che ha deposto di avervi incontrato
in centro, e lui ti ha presentato come suo nipote.Sembravi tranquillo, ha detto.
RAGAZZO
Non lo so nemmeno io… Sarà perché già uscire per andare dove avevo deciso mi
sembrava un miracolo. E poi con lui potevo scherzare, anche prenderlo in giro.
VOCE DI OSCAR
Anche farmi mettere in ginocchio, sputarmi in faccia.
RAGAZZO (continua)
Sembrerà assurdo, ma ero convinto di essere io il più forte. Gli altri invece,
dopo tanti anni da solo con lui, erano estranei che facevano paura.
PSICOLOGO
Me l’hai detto. Come quei tronchi neri qui fuori. (Breve pausa) Ormai hai
conosciuto tante persone. Hai visto che ti sono vicine, che fanno di tutto…
RAGAZZO (interrompendolo, teso)
Mi fanno l’esame.
PSICOLOGO
Ti riferisci…
RAGAZZO
Sì. E’ quello che vogliono sapere, possibilmente nei dettagli.
Come fa lei, sotto sotto.
PSICOLOGO
E’ per capire. Solo così puoi essere aiutato.
RAGAZZO
Lei magari… Viene fuori da tutti i giornali, nessuno escluso. Solo allusioni, ma
è chiaro che l’interesse è quello lì. Adesso capisco perché cercava di non
farmeli leggere.
Pausa.
PSICOLOGO
Lo dico io?
Il ragazzo lo sfugge con lo sguardo.
PSICOLOGO
‘Perché questo segreto su quello che facevano? Se è rimasto lì per tanto tempo,
quando poteva scappar via, magari è marcio anche lui’. (Breve pausa) Certa gente
è così, meriterebbe che toccasse ai loro figli. Ma altri vogliono solo guardare
dal buco della serratura. Con l’alibi di compatirti ancora di più.
RAGAZZO (nervosamente)
Grazie di cuore. Non possono farsi i fatti loro…
PSICOLOGO
Ci sono anche quelli che mandano dei soldi in forma anonima, Albano. Gente
comune, che dà quello che può. Le troverai nella vita, persone così.
Il ragazzo sbatte gli occhi.
PSICOLOGO
Hai pensato a cosa vuoi fare, con quello che stanno raccogliendo?
RAGAZZO
Sono per l’istruzione, no?
PSICOLOGO
Ma potresti anche fare un bel viaggio, ti piacerebbe?
RAGAZZO
Sì, in Grecia… (Breve pausa) Da solo?
PSICOLOGO
Magari con tuo padre.
RAGAZZO (dopo una breve pausa)
Non so se gli andrebbe, vedere siti archeologici, musei… Mi ha detto che fa il
benzinaio.
PSICOLOGO
E’ per conoscervi. Dopo che ti ha visto ha parlato con me. Ti vuole stare
vicino.
RAGAZZO
Adesso?
PSICOLOGO
Quando se n’è andato di casa era molto giovane, aveva perso la testa per un’
altra donna…
RAGAZZO (interrompendolo)
Nemmeno l’ho riconosciuto, quand’è venuto.
PSICOLOGO
Poi è finita male. Voleva farsi vivo, e proprio allora sei scomparso.
RAGAZZO
Ma guarda che coincidenza.
PSICOLOGO
D’accordo. Si vedrà dopo, quando sarai uscito dai riflettori, se s’interessa a
te davvero. (Breve pausa) Non ho fatto il nome più ovvio.
Il ragazzo lo sfugge con lo sguardo.
PSICOLOGO (continua)
Non hai mai chiesto di rivederla. (Breve pausa) So che hai letto quei
pettegolezzi sul giornale. Chissà se è vero. E comunque è tua madre.
VOCE DI OSCAR
Appunto. E chi ti ha salvato?
RAGAZZO (nervosamente)
Sarà che ancora non sto bene, tutti quei pianti isterici…
PSICOLOGO (sorridendo, ma con gli occhi seri)
Non è l’aggettivo più azzeccato, per il pianto di una madre che ritrova il
figlio dopo sette anni.
RAGAZZO
Volevo dire…
PSICOLOGO
Che la rifiuti. E’ per quello che hai letto?
RAGAZZO
Sì.
PSICOLOGO
O già quando eri piccolo…
Pausa.
PSICOLOGO
E’ stata abbandonata da tuo padre quando aveva vent’anni. Non è mai andata a
scuola, viveva in un ambiente degradato… Prova a pensare che l’abbia fatto per
te, Albano.
RAGAZZO (alzandosi di scatto, con rabbia)
Basta! E non mi chiami con quel nome!
Pausa. Il ragazzo va verso il proscenio. Lo psicologo gli si avvicina.
PSICOLOGO
Ho rovinato tutto. Mi dispiace. Non ne parleremo più, a meno che non sia tu a
volerlo fare.
VOCE DI OSCAR
Ora sai di papà. E di mammina te lo tieni dentro. Quelli del tuo sangue,
immagina gli altri.
PSICOLOGO (continua)
Capisci che voglio solo aiutarti?
Il ragazzo alza le spalle.
PSICOLOGO (continua)
Vuoi che rinvii l’intervista alla televisione?
RAGAZZO
Bisogna farla per forza?
PSICOLOGO (colto in contropiede)
No, ma tu stesso volevi spiegare tante cose, correggere l’immagine del mostro in
prima pagina su tutti i giornali…
RAGAZZO
Mi farebbe lei le domande?
PSICOLOGO
No, parlerai tu. Io farò solo un’introduzione.
RAGAZZO
Dirò che ho pianto quando l’ho visto. E che sono andato a portargli i fiori.
PSICOLOGO
Certo.
RAGAZZO (dopo una breve pausa)
Senta… Quanto pagheranno per l’intervista?
PSICOLOGO
E’ gratuita, ma ci saranno i diritti per le trasmissioni all’estero.
RAGAZZO
Perché vorrei comprare la casa. Costerà molto?
PSICOLOGO (cercando di non mostrarsi turbato)
Non la vorrà nessuno.
RAGAZZO
Allora, se i soldi bastano…
PSICOLOGO
Vorresti abitare qui?
RAGAZZO
Beh, farei fare dei lavori. Togliere queste grate, e qui fuori farei mettere un
lampione, chiamerei un giardiniere per sistemare un po’, strappare tutti quei
rovi. Sa che ci sono gli scoiattoli? (Voltandosi) Ma prima farei riempire di
terra là sotto e aprire le stanze sul davanti. Sarebbero le più belle. Sono a
sud, ci batte il sole. Qui non ci arriva quasi mai, è per questo che sono ancora
così pallido.
PSICOLOGO
E’ da molto che hai quest’idea?
RAGAZZO
No, mi è venuta adesso, ritornando…
PSICOLOGO
Dobbiamo parlarne.
RAGAZZO
Sono maggiorenne, posso fare quello che voglio. Anche cambiarmi il nome, no?
PSICOLOGO
Certo… Ma devi essere aiutato a riprenderti.
RAGAZZO
Non riesco a vivere dove sto adesso, tutto quel caos…
PSICOLOGO
E qui… Prima non hai voluto guardare di sotto.
RAGAZZO
Ci faccio gettare la terra, gliel’ho detto.
Lo psicologo guarda verso il divisorio dell’angolo cucina.
RAGAZZO (continua)
C’è lo spazio per fare una vera cucina, allargando la casa.
(Stringendosi nelle spalle) Andiamo, senza riscaldamento fa troppo freddo.
Va verso la porta d’ingresso, seguito dallo psicologo. Contemporaneamente Oscar,
sempre stringendo al petto i pantaloni
della tuta del ragazzo, sbuca da dietro il divisorio e va anche lui verso la
porta.
RAGAZZO (continua)
Mi faccio ricrescere i capelli. Chissà perché me li sono lasciati tagliare… Ho
sempre la testa gelata.
Lo psicologo tocca la spalla del ragazzo, che si ferma. Altrettanto fa Oscar.
PSICOLOGO
L’hai trovato?
RAGAZZO
Dice un nome?
PSICOLOGO
Sì
RAGAZZO
Ancora no.
PSICOLOGO
C’è tempo. Quando quelli che ti hanno dato faranno meno male. Per uno è già
così, vero?
Il ragazzo, dopo uno sguardo ambiguo, riprende a camminare. Oscar e lo psicologo
lo seguono.
PSICOLOGO
Basta che, se ti parla, sappia che è la sua voce. Se è così dagliela pure, tutta
la tua pietà.
Senza voltarsi il ragazzo apre la porta ed esce, seguito da Oscar e dallo
psicologo, che prima spegne la luce. Quella esterna lascia intravedere la porta
che si chiude. Buio.
VOCE MASCHILE
Deve tornare?
VOCE DELLO PSICOLOGO
No. Faccia la cortesia di riferire al giudice che può dare il via libera alla
vendita.
VOCE MASCHILE
Non mancherò.
SIPARIO
Il tempo necessario per:
far sparire il divisorio, mostrando due porte sulla parete di fondo;
ridistendere il tappeto sul pavimento;
permettere al ragazzo (che indosserà una parrucca) e allo psicologo di togliersi
il giaccone e l’impermeabile.
Rumore della serratura. Entrano lo psicologo e il ragazzo, coi capelli già
abbastanza lunghi, che accende la luce. Il primo indossa un completo da mezza
stagione, il secondo un paio di jeans e una maglietta a maniche lunghe. Oscar è
seduto all’estrema destra davanti al computer, che mostra l’immagine dello
screen saver, e li segue con lo sguardo per tutta la scena
Il ragazzo va verso al scrivania, mentre Oscar si alza e si sposta di lato,
restando immobile.
RAGAZZO
Ci metto un minuto.
PSICOLOGO (andando verso il proscenio)
Fa con comodo. Sono venuto per dare uno sguardo.
RAGAZZO (sedendosi davanti al computer)
L’ho lasciato acceso, boh…
Clicca facendo comparire una schermata, poi prende un cd da un cassetto e lo
inserisce.
PSICOLOGO (guardando davanti a sé)
Proprio bello. Adesso è un giardino, non un bosco.
RAGAZZO (agendo al computer)
Hai visto? Quando accendo la luce si illumina anche lì.
PSICOLOGO
Vedi sempre gli scoiattoli?
RAGAZZO
Adesso molto di più, perché gli metto da mangiare.
Si avvicina allo psicologo, porgendogli il cd che ha estratto dal computer.
RAGAZZO
Ecco qui. Non è che sia molto convinto…
PSICOLOGO (prendendo il cd, con calore)
Guarda che il film lo fanno lo stesso. Cambiano i nomi, l’ambientazione,
scrivono ‘liberamente ispirato…’. Magari si potrà anche fare causa, ma intanto
il danno è fatto, il pubblico si beve tutto, non sta tanto a distinguere…
RAGAZZO (interrompendolo)
Ma chi mi garantisce che si limiteranno a quello che permetto di dire?
PSICOLOGO
Ci sarà un contratto bello chiaro, non possono sgarrare. (Breve pausa) Magari
insisteranno perché permetta di affrontare qualche punto… più intimo, andando
oltre all’offerta iniziale… Sta a te decidere. Stasera vedo quello che hai
scritto, ne parliamo. O vuoi dirmi adesso?
RAGAZZO
No. Meglio che legga, è pieno di dettagli…
PSICOLOGO
Va bene. (Breve pausa) Piuttosto, bisogna fare un po’ in fretta. Sai come sono,
l’attualità è il loro valore aggiunto. Vogliono iniziare le riprese al più tardi
fra un mese, in modo da uscire per Natale.
RAGAZZO
Siamo già a maggio…
PSICOLOGO
Non preoccuparti, gli sceneggiatori hanno già tutto pronto, attendono solo le
tue istruzioni. (Breve pausa) Per l’intervista
è andato tutto bene, no? (Il ragazzo sbatte gli occhi) E questa volta si tratta
di almeno cento volte di più. Altro che comprare questa casa.
Pausa. Il ragazzo guarda davanti a sé, finché lo psicologo riprende a parlare.
PSICOLOGO (continua)
Fidati di me. Ormai siamo amici, no? Al primo posto viene il tuo completo
recupero, ma mi preoccupo anche del tuo futuro. (Breve pausa) Dimmi solo questo.
Cosa hai scritto di tua madre?
RAGAZZO
Niente.
PSICOLOGO (dopo una breve pausa)
Non c’è bisogno di dire tutto. Anche perché potrebbero esserci conseguenze
penali. Invece si può parlare… di quello che faceva. Non c’è problema, lo fa
ancora, purtroppo. (Breve pausa) Per il resto… Beh, stasera lo leggo. (Guarda
l’orologio) Accidenti, ho quella cena… Devo scappare, le stanze le vedo domani.
(Avviandosi verso l’ingresso) Tu vai da qualche parte? Se vuoi ti do un
passaggio.
RAGAZZO (accompagnandolo)
No, ormai è tardi.
PSICOLOGO (sulla porta)
Quando ti danno la patente?
RAGAZZO
Non ho fatto l’esame.
PSICOLOGO
Beh, sbrigati. Ciao, ti chiamo domani.
Apre la porta d’ingresso ed esce. Il ragazzo, seguito dallo sguardo di Oscar, va
verso il proscenio. Resta per diversi secondi a guardare davanti a sé, prima
muovendo leggermente la testa, poi immobile, con gli occhi assenti. Si riscuote
e va, seguito da di Oscar, verso una delle due porte a sinistra sullo sfondo.
Prima di entrare nella stanza, con Oscar dietro di lui, spegne la luce. Buio, ad
eccezione di una striscia luminosa sotto la porta.
Dopo una decina di secondi la striscia luminosa si spegne. Ancora una decina di
secondi. Squillo di un cellulare proveniente dalla camera da letto, sulla
destra. Si accende la striscia luminosa sotto la porta.
Qualche secondo dopo che lo squillo è cessato:
VOCE DI OSCAR (contraffatta dal ragazzo)
Dormivo. (Pausa) Nessun errore, non ho scritto nulla. (Pausa) Sì, ha capito
benissimo. E faccia la cortesia di non disturbarmi mai più. (Pausa) Non apro.
La striscia luminosa sotto la porta si spegne.
SIPARIO