VOLA, COLOMBA !

di

LAURA SICIGNANO E ALESSANDRA VANNUCCI


UNA PRODUZIONE TEATRO CARGO

Regia di Laura Sicignano / Scene e Costumi di Francesca Marsella / Luci di Fabio Parodi
Con: Riccardo Croci, Marco Pasquinucci, Maurizio Sguotti, Sara Cianfriglia, Ilaria Pardini.


Un ritratto nostalgico e ironico dell’Italia degli Anni ’50: l’Italia del boom e della Seicento, di Lascia o Raddoppia e di Coppi e Bartali, della Lollo e della Loren, di Peppone e Don Camillo... un’Italia in cui si vedeva il mondo diviso in due e si voleva dimenticare la guerra per prendere il volo nel blu dipinto di blu.
Cinque personaggi emblematici incrociano i loro destini in una calda notte del settembre ‘58, la notte il cui grazie alla Legge Merlin vengono abolite le case chiuse e le signorine festeggiano goliardicamente il tramonto di un'epoca. 
Ogni personaggio della nostra storia sogna di volare come la colomba della canzone. E ogni sognatore ha un antagonista che cerca di tarpargli le ali.
Uno sguardo al nostro recente passato che incanta di nostalgia chi c’era e fornisce molti spunti storici ai più giovani sui mitici Anni Cinquanta. Con uno stile che vuole ricordare la commedia all’italiana, lo spettacolo si snoda in un intreccio a sorpresa, che prelude all’Italia che verrà….

Personaggi 

LA SIGNORA 
IL PADRE 
LA SERVA
L’OPERAIO AGOSTINO 
L’ARRIVISTA 
IL MARITO 
IL PRETE, DON ARMANDO
IL PADRONE

SCENA 1 - LA SIGNORA, IL MARITO alle urne 

MARITO – Sei pronta? Ricordati la matita, è importante.

SIGNORA – Sì, tesoro.

MARITO – Non bagnare la punta con la saliva. Non sporcarla col rossetto.

SIGNORA – Sì, tesoro. 

MARITO - E’ obbligatorio restituire la matita insieme alle schede. Cerchiamo di non fare figure. Ti ricordi il nome? 

SIGNORA – Sì, tesoro.

MARITO – Vedrai che è facile.

SIGNORA - Speriamo di non sbagliare. (entra nella cabina elettorale)

MARITO – Le persone intelligenti votano DC. Coi discorsi di Togliatti non ci condisci la pastasciutta. Noi abbiamo ottenuto gratis dall’America la farina per gli spaghetti e anche il condimento. Quando andremo davanti a Dio, ci chiederà: ehi, omino, dimmi un po’: a quante famiglie hai dato un tetto? A quanti uomini hai dato un lavoro? A quanti vecchi hai dato un letto per morirvi? E noi avremo la coscienza a posto. Meglio onorevoli della curia che dell’incuria (la signora esce dalla cabina) Brava. Oggi hai fatto il tuo dovere di cittadina. Emozionata? Non è che hai dimenticato i guanti? (la signora mostra i guanti) 

SIGNORA – No, tesoro. 

SCENA 2 - LA SERVA nella casa della signora

SERVA – (leggendo un fotoromanzo) Fammi entrare. E lei: Non posso, sono una donna sposata. Lui: Abbi pietà, non ho mai amato così. Lei: E sia. Ma giurami che sarà l’ultima volta. Gesummaria, si baciano! E se arriva il marito? Lui: Amore, ora posso anche morire. Lei: Morirò con te. Eccolo! Arriva. Nascondilo! Lei: Cielo! Mio marito. (chiude la rivista e la nasconde) Gesummaria, sono tornati i signori. Ah, no, mi ero sbagliata… Vediamo un po’ i nuovi acquisti della padrona. Cera di cupra (se la spalma sulle mani e le annusa) Che profumo buono. Rossetto… quello fiamma era finito. Ah! C’è quello nuovo. (se lo mette e sorride). Potrei fare il cinema. (si slaccia la camicia) Con le mie curve. 100-60-90. Come la Lollo. Mica tutte, eh. (si prova la collana della signora) Guarda qui! Un balconcino con le sue belle margherite. Uffa. È tornata lei, neanche un minutino di svago in questa casa… (si chiude la camicia e con un fazzoletto si pulisce il rossetto. Si è dimenticata di togliersi la collana della signora). 

SCENA 3 - L’OPERAIO ad un riunione sindacale 

“Presentarsi candidato per la Fiom-CGIL significa mettersi in lista di licenziamento”. Compagni, questo opuscolo mi è stato recapitato a casa. Chi lo ha redatto non ha avuto neanche il coraggio di metterci in fondo il suo nome e cognome. Allora: domani ci sono le elezioni di commissione interna qui in FIAT; noi dobbiamo dire basta alla interferenze padronali! Basta ai premi anti-sciopero! Basta con questi metodi fascisti di intimidazione, ricatto, rappresaglia! Noi operai siamo spiati, perquisiti all’ingresso della fabbrica, ci arrivano lettere minacciose a casa, gli agenti padronali ci spiano anche fuori dalla fabbrica. Noi operai o votiamo come desidera l’azienda o perdiamo il posto di lavoro. Non è così? E mentre noi siamo qui, costretti alle macchine come automi, i padroni speculano sul capitale e comprano nuove macchine americane che ci ruberanno il lavoro. E mentre noi siamo qui a contare gli spiccioli della paga, i padroni con le loro mogliettine nullafacenti si godono i profitti ottenuti col nostro sudore! L’ultimo ricatto dell’imperialismo capitalista ce lo fa l’ambasciatrice degli Stati Uniti, la signora Luce, che ora minaccia di escludere dalle commesse americane le fabbriche con una maggioranza CGIL. A quei mezzi uomini che si fanno chiamare padroni, una qualunque donnetta detta legge solo perché è americana. E invece a noi del sindacato che abbiamo il coraggio di rivendicare diritti sacrosanti resta un unico privilegio: che la polizia ci spara addosso con un gusto tutto speciale!

SCENA 4 – LA SERVA, LA SIGNORA nella sala da pranzo della signora

La signora cuce una camicia e la serva fa il trito per il sugo: taglia sul tavolo della cucina carote, sedano e cipolla. Da una radio proviene una musica. 

SERVA – Una rovina famiglie. Non si fanno queste cose a una moglie fedele, eh. Mi vien voglia di andarle a raccontare tutto.

SIGNORA – Spesso le donne cattive sono, in realtà, creature deboli. Si aggrappano a un uomo come ad una zattera e non lo lasciano più per non fare brutta figura. 

SERVA – O piuttosto per non dare gusto alle mogli. Altro che amore! Son tragedie, sofferenze per tutti. ‘Sta cipolla mi fa lacrimare tutta.

SIGNORA – Se lo ama veramente, dovrebbe sacrificarsi. Tirarsi indietro e accontentarsi di amarlo da lontano, come una buona sorella.

SERVA – Secondo me la moglie dovrebbe dirle due parolette. Niente di melodrammatico. Magari offrirle una somma, una buona uscita, che si faccia un bel viaggio, che so, che si trasferisca in un’altra città. A tentar la sorte altrove. 

SIGNORA – Ma lui la cercherebbe. La lontananza non spegne il fuoco dell’amore. Anzi…

SERVA – Uffa. Queste mogli che non sanno tenersi i mariti, sembran nate ieri. I modi ci sono. La Rachele del Duce per esempio… se l’è fatto portar via da quella strega... 

SIGNORA – Povera Claretta… che brutta fine. Posso? Un secondino. 

La signora cuce la camicia sul tavolo, spostando i resti delle verdure. 

SERVA – Ma lo sa signora, cosa ci metteva quella strega della Claretta nel caffè del Duce per farlo innamorare? (le parla all’orecchio) 

SIGNORA – Davvero?

SERVA – (riferendosi alla camicia) Mhh… adesso sa di cipolla! Uh, sì sì! Se l’avesse fatto anche la Rachele, lo avrebbe avuto da vivo il marito, mica da cadavere. Ma ci pensa quanti tormenti, quella povera moglie? Un po’ di tempo fa ho visto su Oggi la fotografia del sudario di lino che la Rachele ha ricamato in tutti questi anni, aspettando la salma. Glielo hanno restituito piegato in quattro, il marito, come una federa. E anche il cervello, sa, staccato però, eh.

SIGNORA – Claretta lo ha amato da vivo, Rachele da morto. (riferendosi alla camicia) Reggi qui…

SERVA – Il Duce s’è pentito, non lo sapeva? Prima di morire ha scritto alla Rachele: “Tu sai che sei stata l’unica donna che ho veramente amato. Te lo giuro in questo momento supremo.”

SIGNORA – Ecco, ma poi, chi è andata a morire con lui? Claretta. Ha fatto soffrire entrambe. 

SERVA – Gesummaria. Noi donne siamo nate per soffrire. 

SIGNORA – Ecco… sì. Ci metti i funghi anche? Stasera gli prepariamo una cenetta speciale per l’anniversario. Mi raccomando la pasta, ben cotta come piace a lui. Pensavo anche di fargli una sorpresina, una cosuccia…

SCENA 5 - IL PADRE nella sua camera, si rivolge al figlio che non vediamo

Da una radio in lontananza proviene la voce di Modugno che canta: RADIO – Volare! O-o-o-o-o

PADRE – E basta! Cambiare canale. Non vuol dire niente! Cosa vuol dire? Volare. Volare dove? Me ne frego. Ei, tu, di là, nato in regola. Agisci! Abbassare il volume. Quei gaglioffi pervertiti. Fagli spegnere quella turpitudine. Cosa ne dice il nostro Duce di questa robaccia? Arte degenerata. Tu subisci tutto. Marciare, non marcire! (a parte) Era meglio morire in piedi, che vivere una vita in ginocchio. Potessi tirarmi su da questa chiavica. Ci provo. Chi osa vince. (non riesce ad alzarsi) Fucilato dai partigiani. Viziosi, marci, bacati. Ma son qua. Boia chi molla. Quella vacca di una gran baldracca. Come Dalila. Mi ha infinocchiato. Dalila e zoccola. Me ne frego. (al figlio nell’altra stanza) Ehi tu, nato in regola. I dispacci. Tuo padre è in guerra. Ti ingiungo ti portarmi le notizie. Una radio! Miserabile! Neanche una radio seria in questa topaia. I tedeschi reggono sulla linea gotica? Non tutto è perduto. Vinceremo! La storia mi darà ragione. (a parte) Il Duce ha un’arma segreta. Devo sapere i dettagli. Se avanzo seguitemi, se arretro uccidetemi, se mi uccidono vendicatemi. Tu, nato in regola. Io devo nascondermi ma tu, agisci! Vendicami! Mi senti? (estrae un ritratto femminile incastonato nel coperchio di un orologio) L’hai guardata bene questa faccia di vacca porca? Fedifraga. (sputa tre volte e bacia il ritratto) Vacca, vacca, vacca.

SCENA 6 - LA SIGNORA dal fotografo 

SIGNORA – Le faccio perdere tempo. Sa, è sempre tanto impegnato mio marito. Ha la segretaria. La signorina Gisella. Eh, sì. Io non vengo mai bene nelle fotografie. Ecco, al mio matrimonio, no, ho una bellissima foto del mio matrimonio… sa, dieci anni fa. Precisi precisi. Oggi è il nostro anniversario. Ero un po’ più pienotta. Ci scoppiavo dentro al vestito bianco. Sembravo una colomba. Paffuta. Mi dispiace. Le faccio proprio perdere tempo. Abbiamo votato poi doveva raggiungermi subito dopo. Avrà avuto un impegno importante. Cosa dice, gli telefono al lavoro… Ecco… no, no, meglio non disturbarlo. Era un pensierino, sa? La foto. Per ricordo. Io? No… Ma sì, perché no. Ecco, già che siamo qui. Così va bene? (sorride) Fatta? 

SCENA 7 - OPERAIO E SERVA davanti alla porta di casa della signora

La serva porge all’operaio il giornale del marito della signora. 

SERVA – Buondì signor Agostino. 

OPERAIO – Buongiorno signorina!

SERVA - Come va il mondo oggi?

OPERAIO – Bene, benissimo. Guardi qua: in Ungheria hanno giustiziato Nagy, il capo dei sovversivi con i suoi amici contro-rivoluzionari. Ci son dei traditori dappertutto. 

SERVA – Gesummaria! Povera gente. Li avevo visti anche in televisione. Ma non erano comunisti anche loro? 

OPERAIO – No! Adesso le spiego bene. Prima erano comunisti ma poi si sono rivoltati contro la Russia e se ci riuscivano, tornava al potere la classe reazionaria. 

SERVA – L’ha detto quel suo Togliatti?

OPERAIO – Certo. E ha detto anche che non è questa l’ora della diaspora. Che noi comunisti bisogna stare uniti, insomma. Quelli che adesso si sono messi a criticare la Russia per questa faccenda dell’Ungheria farebbero bene a starsene zitti: non si deve indebolire il blocco! Adesso poi che noi italiani andiamo a votare!

SERVA – Fa presto a dire “noi”, signor Agostino. Io voto come mi pare: non faccio mica tutto quello che dice lei!

OPERAI – Signorina, senta un po’. Il mondo va così: da una parte ci sono i poveri, dall’altra i padroni. 

la serva gli prende una mano

SERVA – Uh lo sa che io so leggere la mano?

OPERAIO - Di qua i contadini, di là il latifondo. 

SERVA – Che bella linea dell’amore!

OPERAIO - Di qua gli operai, di là gli industriali. 

SERVA – Lunga, sa!

OPERAIO - Questa parte di qua sono i comunisti e di là i capitalisti. Signorina!!! (togliendo la mano da quella della serva) Lei da che parte sta? 

SERVA – Io sto sulla porta di casa e lei anche, ma mi sa tanto che le andrebbe di entrarci. Lo sa che io vado in chiesa...

OPERAIO – E che vota democristiano come l’Onorevole. Vuole proprio stare dalla parte dei padroni?

SERVA – Uffa. Io vorrei sapere perché ce l’ha così tanto con i padroni. Se ci sono sempre stati, serviranno pure a qualcosa. 

OPERAIO – Sì. Mentre noi ci mettiamo l’anima a far girare una turbina a regola d’arte, loro che fanno? Stanno lì a guardare.

SERVA – Senta un po’: il mio padrone è una persona molto distinta e fa un sacco di belle cose. Per esempio, guardi là, c’è scritto persino sui muri: VIVA IL TELEFONO. 

OPERAIO – E come mai? L’hanno scoperto adesso che è stato inventato il telefono? 

SERVA – Rida, rida. Ma lo sa anche lei che è il mio padrone che dà le case alla povera gente e ci mette dentro anche il telefono. Chi ce l’ha messo? I comunisti? No. Ce l’ha messo il mio padrone, l’onorevole. E infatti sulla casa appresso c’è scritto: Viva l’Onorevole.

OPERAIO – Già, viva l’onorevole che fa i miracoli come la Madonna. Ma durano poco questi qua. Il capitalismo ormai è agli sgoccioli, non può più produrre sviluppo. Lo diceva anche Stalin. C’è la crisi, ci sono i licenziamenti. E dopo i licenziamenti verranno gli scioperi dappertutto. Poi è fatta: ecco lì che scoppia la rivoluzione. Bandiera rossa trionferà…

SERVA – Signor Agostino! Senta un po’, perché un giorno non mi porta a fare una passeggiata in centro a guardare le vetrine? Si svaghi un pochino anche lei!

OPERAIO - Ah no, eh! A me andare per negozi mi fa venire solo il nervoso. Con il Carosello e le altre reclame hanno attaccato a dire: comprate! Comprate! Comprate oggi! Che intanto pagherete domani. Guardali: come marciano a ranghi serrati, denti stretti, occhio duro e testa bassa. Mica nei cortei contro i padroni, no! Ai negozi! Ci scancellano a rate.

SERVA - La gente è contenta così!

OPERAIO - No, che non lo sono contenti. Ma sono troppo indaffarati a comprare, per sentirsi infelici. Questo è il nuovo fascismo.

SERVA- Ma io non sono mica fascista: voglio solo essere una ragazza moderna. 

OPERAIO - Adesso la saluto signorina, si è fatto tardi (guarda l’orologio a cipolla che estrae dalla tasca) devo andare al lavoro.

SERVA - Ci vediamo domani. E non si faccia il sangue marcio con tutta questa politica. Si goda un po’ la vita, che la vita è bella.

SCENA 8 - L’ARRIVISTA nella sua drogheria. 

Se lei mi permette, caro signore, vorrei consigliarle un acquisto che farà la gioia della sua amica. No, beh amica potrebbe suonare offensivo. Della sua sposa. No. Troppo impegnativo. Ecco. Della sua dolce metà. Guardi che trasparenza. Tocchi, tocchi la consistenza. Nylon. Ny-lon. Nylon Omsa. L’ultimo geniale ritrovato della scienza applicato alla bellezza femminile. E alla nostra soddisfazione. Mercanzie dell’avvenire. Lasci che le illustri, caro signore, solo a titolo di reclame. Immagini: gambe, gambe di donna, gambe Omsa, le immagini di sotto in su, dal basso, come da un tombino. No. Da un tombino, è scortese. Sembra che gli do del topo. Diciamo da sotto una scala. Immagini la suola della scarpina con il tacco altissimo, si veda i talloni velati dal rinforzo che all’altezza del malleolo si esaurisce nella riga morbida della cucitura. Ecco, ecco, la cucitura che percorre il polpaccio affusolato per addentrarsi nell’incavo del ginocchio, per prolungarsi verso la zona proibita dove il suo sguardo esita, sbalordito che a caviglie tanto slanciate corrispondano cosce così giunoniche. E su, su, immagini la rotondità tornita dal rinforzo superiore della calza: un’ombra, una soglia che la cucitura varca tuttavia perdendosi nel merletto della vestina. Ei, ei, ei! Fermo lì. Fine della calza. Allora? Confezione regalo? 
Come sono bravo. Se mi vedessero… riesco a vendere qualsiasi cosa. Sono sicuro che posso farcela. Se mi capitasse l’occasione giusta… Devo farcela. Siamo nati tutti dalla stessa merda, chi rimane vuol dire che gli piace.

SCENA 9 - LA SIGNORA, IL MARITO, LA SERVA in sala da pranzo di fronte a alla tv. Trasmettono Lascia o Raddoppia. Si sentono le voci di Mike Buongiorno e di Degoli

Marito e signora cenano. Rumore di posate. La serva entra con una portata e accende la tv. Applausi.

MIKE - Dunque professore lei si presenta come al solito con la sua … (Risate) 

La serva si ferma a guardare la TV dopo aver servito in tavola. 

SERVA – Uh! Bello. (ai signori) Con la televisione c’è sempre da imparare. 

(INTANTO) MIKE - si presenta con la sua ormai tradizionale calma e io non so se sia il caso di chiederle ancora come vanno le cose laggiù a Carpi perché 

MARITO (alla moglie) – Cara, la pastasciutta è cruda.

(INTANTO) MIKE - credo che tutti già hanno letto sui giornali quello cosa sta succedendo al professor Degoli gli hanno addirittura fotografato anche il gatto ho letto la scorsa settimana. 

La serva ride. 

MARITO – Mi hai sentito, cara? 

SIGNORA– Ecco. Sì. (alla serva) Sai, gli spaghetti, forse sarebbe meglio cuocerli un po’ di più… 

SERVA – Eh sì?! Non è mica polenta. Al nord trattate la pasta come se fosse polenta. 

SIGNORA – Ma mio marito, sai, ha quel problema di stomaco... la pasta cruda non la digerisce.

SERVA - Uffa

La serva esce.

MARITO – Cara, non è il caso, no? Pensa un pochino prima di parlare.

(INTANTO) DEGOLI - Sì veramente ho letto anch’io sui giornali che cosa dovevo fare perché visto che sanno prima di me se devo raddoppiare o lasciare e mi sono informato che siccome il regolamento… mi permette… di ritirarmi…
MIKE - Allora Signor Degoli lei questa sera che cosa vuol fare. Lei in questo momento come sa ha in tasca quella somma che ha vinto la scorsa settimana e cioè 1 milione e 240 mila lire. Questa sera il signor Degoli dovrebbe tentare per la domanda da 2 milioni e 560. Naturalmente se lei sbaglia la risposta da 2 milioni e 560 mila lire ha diritto anche lei a una Fiat seicento. 

La serva rientra di corsa e si siede di nuovo a guardare la tv.

SERVA – 2 milioni e 560 mila lire!!! Anche la seicento però… (ai signori) no?

MIKE - Allora Signor Degoli di Carpi ci dia quest’annuncio. Lei lascia o raddoppia?
DEGOLI- Decido di ritirami… 
MIKE – ahhhh. (Rumori)

SERVA – No! No! Uffa. 

DEGOLI - … in cabina. (Applausi). 

SERVA – Ah! È quasi il campione (ai signori) manca solo una domanda. 

MIKE – un momento. Ma lei vuol sempre scherzare signor Degoli . Lei decide di “ritirarsi” ha detto come 
DEGOLI- nella cabina.

SERVA – Nella cabina!

MARITO – Cara, si può avere del parmigiano?

SIGNORA – Sì… ecco. (Alla serva) Scusa! 

MIKE – Per la domanda da 2 milioni e 560 mila lire in questo momento abbiamo il primo eroe di Lascia o raddoppia il professor Degoli di Carpi. Stiamo per leggere questa domanda importantissima per il professor Degoli. Mi sente signor Degoli?

SERVA – Silenzio! …domanda importantissima…

MARITO – Cara…

SIGNORA – Sì. (più forte alla serva) Scusa! Un po’ di parmigiano.

DEGOLI– Sì 
MIKE - Allora per favore silenzio in sala 

SERVA (ai signori) – Shhh…ha detto silenzio in sala!

MARITO – La pasta cruda ora è anche fredda. 

(INTANTO) MIKE - questa è la domanda da 2 milioni e 560 mila lire. Nella partitura dei suoi melodrammi Verdi usò mai il controfagotto? 

SERVA – Un contro che cosa? (ai signori) Cosa ha detto? 

SIGNORA – È uno strumento musicale. Il parmigiano. 

SERVA – Uffa. (esce)

SIGNORA (al marito) – Giornata difficile, tesoro? Volevo telefonarti ma poi… 

MARITO – Sì. Attenta, cara. Hai il sugo tra i denti.

SIGNORA – Oh, scusa.

Il marito guarda la tv dissimulata trepidazione per le sorti di Degoli

SIGNORA – Sai, caro, oggi ti ho pensato tanto… Oggi, ecco. Forse ti sei scordato del nostro anniv..

MARITO (sbotta)– Libera uscita giovedì e domenica, tredicesima a Natale, radio finché vuole, la televisione però no! 

La serva rientra con il parmigiano. 

SERVA – Ha riposto? Ha risposto?

I due abbassano il volume della voce.

SIGNORA – Abbi pazienza, tesoro…è fatta un po’ così. 

MARITO – Tu ti fai mancare di rispetto. 

SIGNORA - Ma mi fa tanta compagnia.

MARITO - Sei proprio una bambina. A tutto c’è un limite. 

Intanto: La serva reagisce al QUIZ in un crescendo di tensione e tifo.
MIKE - Se sì dire in quale opera? Ripeto la domanda signor Degoli: 

SERVA – Dai Degoli

MIKE - nella partitura dei suoi melodrammi Verdi ha mai usato il controfagotto? 

SERVA – Il controcoso, il controcoso

MIKE - Se la riposta è positiva mi dica in quale opera. Signor Degoli le diamo esattamente un minuto per rispondere e per vincere la cifra di 2 milioni e 560 mila lire.

SERVA - Professore concentrati che la sai!

MIKE - Pronti via. DEGOLI – non lo so. 

SERVA – No!

MIKE - E’ proprio sicuro Signor Degoli. O mi fa di nuovo lo scherzo come prima che diceva che si ritirava in cabina. DEGOLI - il controfagotto? no, non lo so.
MIKE - Sono passati 15 secondi. Guardi le voglio dare il minuto intiero in modo che lei possa considerare con attenzione. DEGOLI – posso buttare

SERVA – No, non ti buttare, Degoli, non ti buttare

MIKE - Beh, non c’è nulla di male tentare, tentare non nuoce. Lei mi dovrebbe dire il nome di quest’opera. Allora. Verdi ha mai usato il controfagotto e se sì mi sa dire qual è il nome di quest’opera? Forza signor Degoli per 2 milioni e 560 mila lire lei è ancora in tempo a darmi una risposta. Signor Degoli, forza, mancano cinque secondi 

Il tifo della serva è arrivato al massimo.

MARITO – Alzati e spegni la televisione. Immediatamente.

La signora si alza per andare a spegnere la televisione, ma non riesce a spegnerla per soggezione della serva.

SERVA –Tranquilla, signora che la sa.

DEGOLI - Falstaff

Il marito si alza, spegne bruscamente la televisione. 

MIKE – no …

SERVA – NO!

Il marito esce. La signora lo segue.

SCENA 10 - LA SIGNORA, LA SERVA in sala da pranzo

La serva sola riaccende la televisione. Sente la delusione del pubblico dopo la risposta sbagliata. 

SERVA – No!!! Fategli la domanda di riserva!! 

La signora rientra. La serva spegne la tv. 

SIGNORA – Dobbiamo parlare. Hai un minutino? 

SERVA – Devo sparecchiare, signora. (inizia a sparecchiare)

SIGNORA – Sì. Ecco… Mio marito desidererebbe... 

SERVA – Devo farla cuocere di più la pastasciutta. Ho capito. Bella molla come piace a voi.

SIGNORA – No. È che… ti licenziamo. Ecco.

SERVA - …

SIGNORA – Scusa. Ecco… (tra sé) non trovo la mia collana. 

SERVA – Come, come, come?. Non ho capito. Ripeta un pò. Cos’ha detto? La collana? Che collana? La sua collana? Non sono mica una ladra, io, sa. Ce l’ha con me, lei? Ce l’ha con me! Non si tratta così una ragazza orfana. Solo perché volevo vedere un po’ di televisione con voi! Non sono mica un cane da cacciarmi via così. Vuole che vado al bar da sola a vedere la tv? Tra l’altro c’è anche il cartello: obbligatorio consumare! E io cosa consumo con i soldi che mi dà lei? Eh, signora? Non vede come sono dimagrita? Mi vuole che divento gnecca e secca come lei! Lei è cattiva. Invidiosa. Ora vada via. Vada via, vada via! Voglio stare da sola che devo far la valigia!

La signora esce.

SCENA 11 - IL PRETE, LA SERVA in sala da pranzo

La serva sta facendo la valigia. Appare Don Armando alle sue spalle. 

SERVA – Per un po’ di televisione… Cattiva. Invidiosa. Come un cane mi tratta. Per due soldi che mi paga. Non si mangia neanche niente in questa casa. 

PRETE – Non sveliamo nessun segreto, lo sanno tutti. Quando cercate un lavoro, un impiego in una famiglia seria, c’è sempre chi viene a cercare notizie da noi sul vostro conto. Se siete iscritti sui nostri elenchi, se frequentate e partecipate alla nostra vita, diremo (e quante ne abbiamo dette!) una parola incoraggiante. Altrimenti “non lo conosciamo”. Pensateci. Rivolgersi a don Armando nelle ore di oratorio. 

SERVA – Don Armando, bel servizio che mi avete fatto. Questa sarebbe una famiglia seria? Voi m’avete mandato a far la penitenza, altro che.

PRETE – Sei andata a messa tutti i giorni, figliola?

SERVA – Eh sì! Troppo lavoro. Non mi lasciano mica!

PRETE – Il tempo per leggere quelle sciocchezze delle riviste però lo trovi sempre.

SERVA – Un po’ di svago, anch’io ne ho il diritto, sa, Don Armando? 

PRETE – Sei andata a ballare da sola. Vero? E hai anche bevuto gli alcolici. 

SERVA – Uffa. Un cinzanino, padre.

PRETE – Zitta! Impertinente. Questi vizi ti trascineranno nell’ozio più morboso, alla trascuranza dei tuoi doveri. Ora vedi che la Provvidenza ti castiga per i tuoi peccati. Oggi almeno hai votato come ti ho detto?

SERVA – Eh, sì. Ho votato per il partito del mio padrone, proprio come mi ha detto lei. DC. Democrazia Cristiana. E ha visto che bella riconoscenza? Ecco qua. (chiude la valigia) Adesso me lo trova lei un altro lavoro, che io a servizio non ci vado più. 
(lo manda via)

SCENA 12 - LA SERVA in sala da pranzo

La serva si leva il grembiule e si apre la camicia. Si accorge di avere ancora la collana e se la toglie, facendole il malocchio. 

SERVA – Tiè. Tiè tiè tiè. Bacco di scopa, gnecca e secca, tuo marito farà cilecca. Panza vuota fredda e vizza, a tuo marito non gli si rizza. Nella potta ci hai gli spilli e non ci vengano i figli. (butta la collana e esce)

SCENA 13 - LA SIGNORA, IL MARITO in sala da pranzo

Entra la signora. Trova la collana per terra. Cerca goffamente di sparecchiare, ma lo stato di confusione in cui si trova glielo impedisce. Entra il marito.

MARITO – Cara, non ti sei più ricordata di farmi attaccare i gemelli. 

SIGNORA – Adesso non si può più! L’hai mandata via! Da sola come faccio? Mi aiutava tanto. Sono stanca, ecco. Sfinita. Cattiva. Non ce la faccio più. Mi ha detto che sono cattiva. Io me ne vado. Non servo a niente. Voglio morire. Hai capito? Morire. Ecco. Vado via e non torno mai più. Mai più, mai più. Pausa. Ciao. (esce)

MARITO – Cara… i gemelli…

Esce.

SCENA 14 – L’OPERAIO, IL PADRONE nell’ufficio del padrone

PADRONE – L’ho fatta aspettare un po’? Prego, entri. Entri pure. Lei è il benvenuto. Lei è Rossi Agostino, anni 37, operaio metalmeccanico. Alla Fiat dal 1953. Bravo. Coniugato con Maggi Giuseppina, corretto? Cinque figlie: Libera, Rosa …No: Rossa, Irina, Uliana, Pravda, complimenti. Risulta all’atto del matrimonio che la moglie era in stato di avanzata gravidanza, beh non avete perso tempo. Cattolico?

OPERAIO - …

PADRONE – Ci risulta che la sera del 31 maggio del ’50 durante il passaggio della Madonna pellegrina, che avviene una volta ogni cent’anni, lei e sua moglie si rifiutarono di partecipare con gli altri inquilini all’illuminazione dello stabile. Consta inoltre che al suo nonno materno venne fatta sepoltura civile, con conseguente cremazione. Vedo qui che la sua paga è ancora ferma a 32.000 lire, come quando l’abbiamo assunto. Sindacato?

OPERAIO – Fiom… Cgil.

PADRONE – Il suo nome è nella lista dei candidati, vedo. Dunque devo farle i miei auguri per le elezioni aziendali di domani.

OPERAIO - …

PADRONE – O forse sarebbe meglio ricordarle che domani è l’anniversario della morte della sua cara mamma? Vada in chiesa ad accendere un cero alla Madonna. Le do una giornata di permesso.

OPERAIO – Io voto perché è un diritto. Sto nel sindacato perché è un dovere.

PADRONE – E lavora perché io le faccio un favore. Sa quanti operai disoccupati darebbero un occhio per prendersi il suo posto? Lei sputa nel piatto in cui mangia. Voi dei sindacati colla vostra presunzione boicottate la rinascita dell’Italia. Ma cosa credete di ottenere? Ricordi: basta una tessera per rovinarsi la vita. 

OPERAIO – …Posso andare? 

PADRONE - No. Cosa dirà alle sue figlie e a sua moglie oggi quando tornerà a casa senza lavoro? 

OPERAIO – …Posso andare? 

SCENA 15 - LA SIGNORA, L’ARRIVISTA nella drogheria dell’arrivista

ARRIVISTA – Oh, signora cara. Desidera qualcosa? 

SIGNORA – Io? Io no… ecco, sa, mio marito... 

ARRIVISTA – L’onorevole! Sempre a disposizione!

SIGNORA – No, no, scusi, sa… disturbare a quest’ora della notte.

ARRIVISTA – Si? Siamo ancora aperti.

SIGNORA – Sa, mio marito …

ARRIVISTA – Si?

SIGNORA - Ecco…(invasata) ha dimenticato di comprare le lamette. Sì, le lamette. (si tranquillizza) E domattina parte prestissimo. Prende l’aereo. 

ARRIVISTA – Lamette? Ma un uomo che frequenta le alte sfere, come l’onorevole suo marito, meriterebbe qualcosa di più pratico, cara signora. Ha mai pensato di regalargli un bel rasoio elettrico? Lo sa, cara signora, che perfino il nostro papa Pio XII si rade ogni mattina con il rasoio elettrico? Rasoio americano! Un regalo dell’arcivescovo di New York. Ah, il progresso! Ah, le invenzioni!

SIGNORA – No no no! Ecco, sa, io dovrei parlarne con lui prima... Magari un’altra volta. Sa… mi ha detto proprio…Ecco. Vuole le lamette!

ARRIVISTA – Benissimo. Se l’onorevole ha detto lamette. Lamette. Le migliori. Quelle che uso io. (le prende la mano e si fa fare una carezza) Mi faccio la barba al mattino quando è ancora buio e mi dica lei, cara signora, se c’è un graffio. Questo è acciaio temperato al carbonio. (snuda una lametta si strappa un capello, lo recide a metà e glielo fa vedere). Hanno la mania della perfezione questi americani! Altro che Gillette! E poi, la promozione: una, due, tre, quattro, cinque (cava 5 lamette dalla scatola e le riunisce come si fa con le carte). Cinque lame per cento barbe garantite. Questa è la rinascita delle lamette. 

SIGNORA – Si… ecco. Quant’è? 

ARRIVISTA – Trenta lire. Quanto una barba dal parrucchiere…. 

La SIGNORA non ha borsa né portafogli e piange silenziosamente. 

ARRIVISTA – (imbarazzatissimo) Viva l’America! (pausa) Cara signora… signora? Ho detto qualcosa di sbagliato?

SCENA 16 - IL PADRE nella sua camera 

PADRE - Viva l’Italia! Vittoria al fascio! Ci vuole più ordine in questa guerra. Credere obbedire combattere! Fuori quella banda di rinnegati che vogliono consegnare la nazione agli stranieri. Figli bastardi d’Italia. Partigiani carogne disfattisti. Figli di mignotta. Ehi tu, quel farabutto ha avuto la gran faccia tosta di venire al mondo senza essere chiamato, ma sua madre era bella, quella vacca, era bella, e farlo è stato un gran godimento. Hai capito, tu, nato in regola! Un gran godimento! (bacia e sputa sul ritratto) Quella vacca d’una gran baldracca. Chi l’avrebbe mai detto. Mi ha infinocchiato, la partigiana. Tutti nemici là fuori. Gran coglionazzo io, che quando mi ha scodellato il figlio spurio, ma sempre figlio mio era, ho aperto la boccaccia. Dalila e zoccola! (bacia e sputa) Maledetto il giorno in cui l’ho ingravidata. Così poi quel figlio di mignotta è venuto al mondo per conto suo. Figlio di N.N. , non come te, nato in regola, eppure non vali un grammo più di lui. Il fu padre, che sarei stato io il sottoscritto, confidatosi con la gran baldracca in amplesso puerperale le disse, coglionazzo, d’esser un fascio infiltrato per sputtanare i bastardi partigiani. Maledetto il giorno in cui mi sono inflaccidito di tenerezze e le ho dato il mio orologio in pegno d’amore. Ed ella, quella vacca infingarda, anziché covare la prole illegittima, mi ha fatto fucilare. Ma son qua. Boia chi molla. Ehi, tu, che sei un figlio nato in regola, sai qual è il tuo dovere? Vendicami, prima che il bastardo tuo fratello venga a prenderti gli occhi. Fratello contro fratello. Siamo in guerra!

SCENA 17 - LA SIGNORA, L’ARRIVISTA nella drogheria

SIGNORA (piangendo) – Dal fotografo ero da sola. La pasta non era molla. Non so lavare i piatti e la cameriera si è licenziata. 

ARRIVISTA – Vuole un bel paio di guanti di gomma? Guardi qui: i guanti Pirelli. (si infila i guanti e glieli mostra) Una seconda pelle. Perfettamente impermeabili. Per non sciuparsi le mani. Deve pensare un po’ a se stessa, no?

SIGNORA – Si, ecco. Sa… mio marito… 

ARRIVISTA – Un uomo tanto importante… Lei che è la moglie… chissà quante occasioni di mondanità. Le mani sono il biglietto da visita di una signora. (cerca di togliersi i guanti)

SIGNORA – Io non servo a niente. Ecco… voglio morire! (mostrando le lamette da barba)

L’ARRIVISTA spaventato le toglie di mano le lamette. Poi cerca inutilmente e goffamente di togliersi il guanto di plastica, si ingarbuglia in un crescendo di patetico imbarazzo.

SIGNORA – …Posso aiutarla? (lo aiuta a toglierli)

ARRIVISTA – Grazie, grazie. Se non c’era lei…

SIGNORA - Ecco… allora, a qualcosa servo. 

Ridono.

ARRIVISTA – Permette che l’accompagni a casa? L’onorevole si preoccupa. 

SIGNORA (cincischia) – A casa. Sì, ecco… Di già?

ARRIVISTA - Sono sicuro che suo marito le vuole un gran bene.

SCENA 18 - OPERAIO E SERVA davanti alla porta di casa della signora

SERVA (porgendo il giornale) – Buongiorno signor Agostino.Cosa succede di nuovo oggi nel mondo?

OPERAIO – Eh, guardi qui: succede che oggi la Merlin, che è una onorevole donna, pensi un po’, fa chiudere i bordelli. Lo sa che la Merlin era una partigiana…

SERVA – Gesummaria! Come faranno i giovanotti? E noi ragazze per bene non potremo più girare per strada: ce li troveremo tutti attaccati alle gonne! 

OPERAIO – Signorina, ma le sembra giusto che lo Stato sfrutti il lavoro delle prostitute. Ora le spiego lo sfruttamento…

SERVA – MA che sfruttamento! Andare con le donnine da che mondo è mondo mica è peccato. Anche lei, io non so proprio come fa con la moglie lassù a Rocca, che la vede solo a Natale. O forse ci ha un’amica qui a Genova?

OPERAIO – Ma cosa dice? Non ho il tempo io per queste cose. E neanche i soldi. Mangio una minestra al giorno, mica due. 

SERVA – Eh, l’avevo capito, sa, che viene qui da me tutti i santi giorni solo perché non c’ha nessuno. Anche se io sono ignorante e non ci capisco niente di politica. 

OPERAIO – Ma no, che lei è proprio una brava ragazza. 

SERVA – E lei è tanto una brava persona, signor Agostino, ma per me è un po’ matto. Con la sua mania di far comizi. Per me era meglio se se li faceva piacere un po’ di più, i padroni, no? Così il lavoro non lo perdeva. Ha cinque figlie, lei. 

OPERAIO – Io dalla fabbrica m’han cacciato via, è vero. Però non mi pento. 

SERVA – Eh, già. Per lavorare al porto un giorno sì e tre no. La prossima volta, se ha delle idee in testa, se le tenga per sé.

OPERAIO – Va bé, carico e scarico, tiro un po’ la cinghia. Ma nessuno mi dice per chi devo votare. Io, qui a Genova, padroni non ce n’ho.

SERVA – Aveva un buon lavoro, ci manteneva la famiglia su al paese. Stava alla FIAT per giunta! Che fa le macchine per tutti. Ora ci avrebbe anche la macchina, magari.

OPERAIO – Sì, la 1400 e anche il cappotto di cammello.

SERVA – E perché no? Magari mi ci portava a teatro con la 1400. 

OPERAIO – Perché no?! Perché costa un milione di lire, la 1400! Noi altri non sappiamo neanche come si scrive “un milione” di lire. E non lo sapremo mai, se lei dà il voto ai padroni!

SERVA – Uffa. Se non era la 1400, era la 600. O almeno la 500. Ci poteva fare anche le vacanze sulla 500.

OPERAIO – Signorina. Metta i piedi per terra. Lo sa quanto costa la benzina? Io non c’ho neanche un tetto qui a Genova e la notte dormo dove capita!

SERVA – Il mio padrone la potrebbe aiutare per la casa e anche per il lavoro, ma lei, niente, duro come un mulo. 

OPERAIO – Figuriamoci! Il suo onorevole che dà la casa a me. Magari anche il telefono: ero nel sindacato, io, se lo ricorda? 

SERVA – E come no? Me l’ha detto 100 volte. E la Vespa neanche, le piace? La forma è strana, è vero, bisognerà farci l’occhio. Però sembra proprio una vespa.

OPERAIO - Sembra un cacatoio con le ruote. 

SERVA – Ma lei non è mai contento!

OPERAIO – E lei è contenta, così, signorina, è contenta di questo mondo?

SERVA – Ora le racconto una cosa. Lei ce l’ha i genitori, signor Agostino?

OPERAIO – No, io non li ho più.

SERVA - E neanche io. Deve sapere che io non c’ho più il papà e la mamma da quando sono piccola, perché sono rimasti sotto la nostra casa quando buttavano le bombe. Allora mi hanno mandato all’orfanotrofio. Prima a Livorno e poi a Milano, che è una città moderna che mi piaceva tantissimo. Tant’è che una volta, dopo 5 anni che era finita la guerra, ci portarono in piazza del Duomo. Sentiamo un gran rumore. Alziamo al testa e nel cielo c’è un elicottero che vola. Quasi nessuno di noi bambini aveva mai visto un elicottero. La Rinascente ne aveva affittato uno e lo faceva volare in tondo sulle nostre teste che sembrava un grande piccione di ferro e faceva un vento che ci scappavano i cappelli e le mantelline sembravano ali. Poi l’elicottero si posò in mezzo alla piazza. E cosa c’era dentro? Un quintale di regali per gli orfanelli! Sono scesi dall’elicottero i re Magi, che c’avevano anche il cavallo. E sa chi erano? Erano tre commessi della Rinascente. E noi eravamo tutti contentissimi: ci sembrava un miracolo! Da quel giorno io ho capito una cosa: voglio andare a lavorare alla Rinascente o anche in un altro grande magazzino così.

OPERAIO – E lei pensa che la fortuna arriva dal cielo con un miracolo in elicottero? Bisogna lottare, agire, appropriarsi dei mezzi di produzione…

SERVA – Io ci credo ai miracoli. Come c’è Dio in cielo, ci saranno i padroni sulla terra. Però bisogna darsi anche un po’ da fare. Aiutati che Dio t’aiuta, si dice. 

OPERAIO – Ma che miracoli e miracoli, signorina. Qua se i proletari non si uniscono, ci fan diventare tutti delle macchinette. Se non ci proteggiamo noi, nessuno ci protegge. Altro che la divina Provvidenza. 

SERVA – Ma va là. Mi racconti lei di quando era piccolo: il suo papà e la sua mamma cosa facevano?

OPERAIO (guardando l’orologio a cipolla) – Adesso no, è tardi, devo andare a lavorare. Un giorno la porto a fare un giro per i negozi, se proprio ci tiene. In fondo se lo merita.

SERVA – Arrivederci, signor Agostino. E sorrida un po’ di più che sorridere fa bene al cuore!

SCENA 19 - LA SIGNORA, L’ARRIVISTA in spiaggia di notte

ARRIVISTA - “Cara, quando siamo a letto è inutile che mi chiami onorevole! Sì, capisco il rispetto, ma dove va a finire l’intimità? Facciamo così: chiamami semplicemente commendatore”. 

SIGNORA (ride un po’ sopra le righe) – Ah, se ci sentisse mio marito… Ma lo sa che è proibito girare in spiaggia così, di notte?

ARRIVISTA – Meglio un giorno da leone, che cento anni da pecora!

SIGNORA (ride sovreccitata) – Mi fa proprio ridere lei.

ARRIVISTA – Sono un po’ pazzo, stasera eh? Sarà la luna piena! Cara signora, nella vita ci sono dei momenti magici e non dobbiamo lasciarceli sfuggire…Conosce questa canzone: Magic moments… (cantano) Ma lei lo sa che io ho un sogno? Un sogno che non ho mai confidato a nessuno!

SIGNORA – Vuole fare il cantante. Ha proprio una bella voce, sa?

ARRIVISTA – No… in Italia siamo tutti un po’ cantanti, cara signora! Io ho una idea tutta mia, che qui da noi non ha ancora avuto nessuno. Un posto che non esiste. Lo chiamerò “servitevi da soli” 

SIGNORA (estasiata) – Un posto che non esiste! Mi piacerebbe andarci in un posto così… un posto che non esiste… 

ARRIVISTA - S’immagini un labirinto scintillante come il castello del principe azzurro. E lei è Cenerentola. Come mette il piedino oltre la soglia, si trasforma in una splendida principessa! La sua zucca diventa un carrello d’argento lustro come uno specchio e lei se ne va a passeggio tra favolose mercanzie che penzolano dal soffitto appese a fili invisibili o si innalzano in fantasmagoriche architetture. Come Alì Babà alla corte del Gran Khan. Cosa desidera? Un pettine elettrico? Un phon che si trasforma in asciugamano? Una stufa che umidifica, deodora e balsamizza? Una spazzola aspirante e vibrante che spolvera i suoi abiti e cura le sue cellule? Nel posto che non esiste si potrà trovare tutto. Tutto ciò che desidera! Mia piccola Cenerentola, è pronta per le danze? Sta per iniziare il piano quinquennale della felicità! 

SIGNORA (spaventata) – E quando suona la mezzanotte?

ARRIVISTA – Niente paura: alla fine della passeggiata Cenerentola arriva alla cassa automatica. Una fata che con la sua bacchetta magica farà sue tutte queste meraviglie.

SIGNORA – Bello, bello! Quando ci si va?

ARRIVISTA – Eh, purtroppo temo che rimarrà solo un sogno. 

SIGNORA – Come? Perché? È una bellissima idea.

ARRIVISTA - E saprei anche dove farlo questo posto che non c’è. Ma non ho la licenza… Certo, se frequentassi le alte sfere… ce la farei certamente. Se mi capitasse l’occasione giusta… 

SCENA 20 - LA SERVA, IL PRETE nella casa della serva

SERVA – Mi piace Grand Hotel. C’è il sergente Iori. Si dà da fare, lui, non si rassegna mica al destino avverso. Uffa. Non mi va di dormire. Con questa luna rossa! Mi mette agitazione. A forza di leggere mi stancherò. (sfoglia la rivista) Se non sapessi leggere, sai che noia. “I nuovi grembiuli americani per lavorare in cucina. Viene abbattuto il muro del suono”. Oh! Peccato. Tirano giù tutto oggigiorno. “Siete mai state in un istituto di bellezza? Un problema nuovo in casa: sistemare il televisore”. Vediamo (guarda intorno a sé) Lì. (appare Don Armando, proprio dove lei guarda). Oh no!

PRETE – Figliola, figliola. Te l’avevo detto io. Quello è un congegno diabolico. Ricordati quanto male ti ha recato. 

SERVA – Ma uffa, don Armando. Lei l’ha guardato in televisione il funerale del Santo Padre? Perché io no? Domani, per esempio: c’è Canzonissima. Ci va a cantare Nilla Pizzi 

PRETE - (canticchia) Vola, colomba bianca, vola… 

SERVA – E’ fuori moda! Nilla Pizzi la sentono solo i vecchi. A me piace il rock and roll (accende la radio, canta e balla) Rock around the clock, tonight. 

PRETE – Ballare il meno possibile, figliola. Se proprio devi, almeno accompagnata. Dal fratello o dalla mamma o da persona fidata che faccia un po’ da scudo. Il rock and roll, no! Quella è musica anarchica, alienante… è peccato! Figliola, quand’è che ti fidanzi con un bravo ragazzo?

SERVA – (legge la rivista) “Giustamente persuasa che da una vacanza estiva possa fiorire l’agognato fidanzamento della figlia, la madre previdente prima di decidere la villeggiatura sottopone la sua ragazza ad un lucido, spassionato esame. Ha le gambe stortine? Alta un metro e sessanta pesa ottanta chili? Montagna e gonne a campana. Ha le gambe affusolate e un busto da statua? Spiaggia e bikini.” Donna Letizia risponde. È sempre interessante questa rubrica. 

PRETE – Le vacanze sono un pericolo per le ragazze come te. Se andiamo avanti di questo passo, dovrò mettere le ruote sotto la chiesa per venirti a ripescare in giro. Dimmi la verità, figliola: hai già commesso atti impuri?

SERVA (legge) – “In un ristorante romano Aiché Naná, la ballerina turca, fa lo spogliarello”. Lo sa Don Armando, che oggi la gente vola sugli aerei, con le hostess… Sa cosa sono le hostess? Hostess. Sono ragazze scostumatissime. 

PRETE – Quante volte? Chi ti ha insegnato? Sei pentita? La lussuria è peccato. Devi dire no ai piaceri della carne! 

SERVA – Ma il ragù?

PRETE – Il ragù è concesso. Solo i coniugi hanno diritto agli atti idonei al matrimonio. 

SERVA – (legge) “La dama bianca è incinta”. Gesummaria, che pasticcio. Cosa ci troverà Coppi in quella donnaccia?

PRETE – Bisogna sbarrare la porta dell’adultera con mucchi di spazzatura e involti di sterco. E pregare, pregare, pregare. Fede, famiglia, proprietà, patria.

SERVA – Senta questa, padre: “A Napoli, Antonietta Maestranza, orfana di padre col fratello morto in guerra, ha una ferita nello stomaco che sputa aghi, spilli, crocefissi, una medaglietta con l’effigie della Madonna e con la scritta: prega per l’Italia”.

PRETE - I flippers sono sotto accusa! Anatema contro i bigliardini elettrici americani. 

SERVA – Su un libro hanno scritto che a Roma è sbarcato un marziano. Il marziano è stato ricevuto anche dal Papa. Certo che questo Papa si circondava di persone ignobili.

PRETE – Un marziano?! Sarà comunista! O sarà un messo divino? Nell’urna Dio ti vede, Stalin no.

SCENA 21 - LA SIGNORA, L’ARRIVISTA in spiaggia di notte

ARRIVISTA – In America sì! Uno ha talento, ha una buona idea, non conta di chi è figlio, chi conosce… Pensi a Perry Como… Non lo sa chi è? (canta) Magic Moments. Perry Como! Figlio di emigranti. 400 milioni di dischi con questa canzone. Un milione di dollari l’anno, cara signora. Qui da noi, s’immagina? 

SIGNORA – Perché? Mio marito dice sempre che l’Italia ha preso il volo.

ARRIVISTA – Certo, l’onorevole… Voi sì che volate nelle alte sfere. Chissà quanta bella gente frequentate. La crème de la crème ! Magari è stata anche a casa Fanfani?

SIGNORA – Io, a casa sua mai ! Ecco, l’ho incontrato, sa. A Piacenza. Faceva un freddo polare. Inauguravano una strada.

ARRIVISTA – A Piacenza? Vuol dire l’Autostrada del Sole, signora mia. Che meraviglia tutto quell’asfalto che ricopre l’Italia da cima a fondo! Un’idea grandiosa. Si sale in macchina al nord, si chiude la portiera e si è già al sud. E com’è?

SIGNORA – Tutta nera. Non si vede dove finisce. Il casello aveva i neon. Gialli e verdi.

ARRIVISTA – Fanfani, Fanfani! Com’è lui di persona?

SIGNORA – Ma, io sa… gentile. Mi pare. C’era tanta gente. 

ARRIVISTA – Chi c’era? Mattei? Andreotti? Come mi piaceva se c’ero anch’io.

SIGNORA – C’era la banda che suonava. (canticchia)

ARRIVISTA – E suo marito? Certo che l’onorevole può tutto. Potrebbe anche fare il posto che non c’è. Lui sì. Se volesse. Eh?

SIGNORA - Ecco, le sarebbe proprio piaciuta la banda, sa. Ascolti! (si sente una musica lontana) Viene della musica da quella casa! 

ARRIVISTA – Magari domani me lo presenta suo marito? Eh, cara signora? 

SIGNORA – Oh, guardi! La luna è diventata rossa!

ARRIVISTA – Eh, signora? Adesso che abbiamo fatto amicizia io e lei. 

SIGNORA – C’è qualcuno che corre. Sembra un gruppo di ragazze. Come ridono!

ARRIVISTA – S’è fatto tardi, signora. Suo marito sarà in pensiero, no? 

SIGNORA – Ehi, ehi! Ragazze! 

ARRIVISTA – Signora… Sarà meglio che la riaccompagno a casa.

SIGNORA – Non ci voglio tornare a casa. 

ARRIVISTA – Non sono ragazze per bene. Guardi cosa fanno…

SIGNORA – Che bello! Il bagno con la luna piena! Che male c’è? Venga con me!
(lei si toglie la gonna)

ARRIVISTA – Signora!… io resto a riva… la gonna!

SCENA 22 - LA SERVA dalla finestra di casa sua 
Prosegue la musica precedente.

SERVA (aprendo la finestra) – Ou! Ou! Gatte in calore! Ora basta, eh! Cos’è, quel fuoco? Oh, non siamo mica a Carnevale! La luna piena vi ha ubriacate? E’ l’una di notte e io voglio dormire! (…) Ma siete matte? Scendere a far cosa? E figuriamoci: questo un funerale?! Conciate così! Scostumatissime! Con le corone di fiori e le zinne all’aria! (…) Mignotte? Gesummaria! E cosa ci fate in spiaggia a quest’ora? (…) Come disoccupate? Uh, è vero, me l’ha detto il signor Agostino che lo Stato vi sfratta. O vi sfrutta? E adesso? Adesso come fate? (…) Ma in macchina è scomodo. (…) Ah. Solo 5.000 lire? Vorranno venirci tutti. Venderanno un sacco di automobili la Fiat. Ehi, fate il bagno? Le tue amiche, son tutte matte. C’avete le caldane? Mezze nude! Ma io quella la conosco. Noooo… Tante manfrine da gattamorta e poi, eccola là. Con le mignotte a fare il bagno senza sottana. Ma… c’è un uomo con lei. Gesummaria! Ha pure il ganzo, la padrona. Mi viene una voglia di andare a vedere da vicino… (chiude la finestra e scende in spiaggia) 

SCENA 23 - LA SERVA, L’ARRIVISTA in spiaggia di notte

SERVA – Signora! Ti diverti, eh? La sposa fedele! (vede la gonna della signora e la indossa) Te la faccio vedere io adesso. 

ARRIVISTA – Signorina! Cosa fa? Si fermi.

SERVA (alla signora) - Gatta morta!

ARRIVISTA (la raggiunge) – La gonna è della signora.

SERVA – Ma sta bene a me. Vero? (si mostra e scappa) Lo so che lei è il ganzo della mia padrona! Ho visto tutto dalla finestra.

ARRIVISTA – Signorina, lei ha delle belle qualità. Non sia impertinente però. La situazione è delicata, non vede? 

SERVA – Eh, sì. Altro che. Gesummaria! Chissà che faccia farà l’onorevole. Son proprio curiosa.

ARRIVISTA – Non fare la sciocchina. Restituisci la gonna.

SERVA – Vieni a prendertela.

ARRIVISTA (la raggiunge e cerca di toglierle la gonna) – Scherzi col fuoco. Sta attenta, bambina. 

SERVA – Uffa, dai, vieni a giocare con me. C’ho una voglia, stanotte. Che gusto c’hai con quella scopa vestita, gnecca e secca. Lasciala a bagno. Gatta morta!!! 

ARRIVISTA – Stai zitta. (cerca di toglierle la gonna) Togliti questa gonna. 

SERVA – Che cosa ci guadagno? 

ARRIVISTA – Tu non aprir bocca col tuo padrone. Vedrai che poi sei contenta. (la bacia, lei ci sta)

SCENA 24 - LA SIGNORA in acqua di notte

SIGNORA - Non c’è più nessuno. E’ buia l’acqua. Se almeno non ci fosse questa luna: si vede tutto. Io sono così bianca. Mio marito mi sgriderà. Dovrà pur passare qualcuno. Che imbarazzo. Se anche avessi il coraggio di chiamare, chissà quante volte dovrei ripeterlo finché capisce. Che faccia farebbero. Come riderebbero. Fa freddo. Potessi lasciare nell’acqua il mio corpo. A cosa mi serve? Vorrei volare via. Se non lo avessi più. Addio ai miei pomeriggi cerimoniosi e al destino di modesto decoro e di gioie rispettose. Quando mi accomodavo nel tinello a rammendare, avevo la sensazione piena della mia utilità. Sono stanca. Ora annego finalmente. Mi mangeranno i pesci. Mi raccoglieranno sulla riva, nuda e morta tra le occhiate dei bagnanti. Una colomba. Che vergogna. Neanche a morire sono capace. Se avessi comprato la lavapiatti anziché l’aspirapolvere. Quando pioveva, avrei potuto fare una torta.

SCENA 25 - PADRE, l’ARRIVISTA nella camera del padre 

PADRE (parla con il ritratto inserito nel coperchio del cipollone) – Vacca, vacca, vacca (bacia e sputa). Vedrai quando vinciamo la guerra. Ti prendo come bottino e ti saccheggio. Com’è vero che i due pezzi del cipollone ritorneranno uno, anche noi ci incastreremo di nuovo insieme. Vedrai. Te mi pensi cadavere sotto alle fucilate degli amici tuoi. Ma io son qua. Boia chi molla. Sei mia, sei, la mia vacca fedifraga. 

(entra l’arrivista con il caffelatte)

L’ARRIVISTA – Papà il caffelatte…

PADRE (lanciandogli addosso il ritratto) – Dov’eri? Non ci sei mai quando servi! Ficcatela bene in testa questa faccia di gran baldracca. Marciare e non marcire. Cosa mi è servito farti legittimo se non mi vendichi? (piaguncola) Devi trovarla prima che ci accoppi tuo fratello bastardo partigiano.

L’ARRIVISTA (raccoglie il ritratto e lo mette in tasca) – Stai tranquillo, papà, mangia il caffelatte. Non ti agitare, stasera chiudo il negozio e poi vado a cercarla la tua Dalila.

PADRE (piagnucolando e mangiando sbrodolandosi) – Vincere! E vinceremo, vedranno…

SCENA 26 - L’OPERAIO in spiaggia di notte

OPERAIO – Anche oggi è andata. Meno male che fa ancora caldino. Coperta e fiaschetta e chi lo sente più l’umido della notte? (beve) Mare, la luna e lo Sputnik lassù… Mi sembra di volare anche a me nello spazio infinito. Fino al cielo siamo arrivati. La marcia in più dell’uomo, dopo la ruota, il treno e l’automobile: il satellite alla conquista dello spazio! Ti abbiamo mandato in orbita, Sputnik! Tu sei la prova che la Russia è il primo paese al mondo dove gli uomini sono veramente liberi. …questo mette al tappeto gli americani, ah, ah, ah. Togliendo una certa vite alla bomba atomica e mettendone un’altra si può volare a cavallo della luna! Chi arriverà prima? I sovietici o gli americani? O magari ci andranno insieme. Eh, Sputnik? Cosa mi rispondi? No, no: si affannano a rincorrerci, ma ci arriveremo noi prima di loro sulla Luna. E anche lassù, ci porteremo la rivoluzione! Ne hanno da fare i preti, di messe e novene contro “l’apocalisse rossa che viene dal cielo”! Ma bisogna stare uniti, fare blocco. Gloria eterna all’uomo che più di tutti ha fatto per il progresso dell’umanità. (beve) Onore al grande Stalin! E onore a te, Sputnik! Che ogni 94 minuti, dico 94 minuti, voli tutto intorno al mondo e sorvegli le trame dei capitalisti! Diglielo tu. Mostraci la rotta. A quelli che criticano Stalin, i carri armati a Budapest… Ora Krusciov beve con Eisenhower! Dicono distensione… Non si capisce più niente, non c’è più orizzonte! E tu, Sputnik, cosa mi rispondi? Ci lasci qua a terra? Non ti fa né caldo né freddo? Io dove devo andare? Dove devo andare?

SCENA 27 - L’OPERAIO, LA SIGNORA in spiaggia di notte

La signora sta annegando.

SIGNORA – Aiuto. 

L’operaio di tuffa a salvarla.

OPERAIO – Coraggio. Ci sono io.

SIGNORA – Non ho i vestiti.

OPERAIO – Non guardo. Aspetti. Prenda la mia coperta. 

SIGNORA – Adesso si può voltare. Grazie.

OPERAIO – Lei è quasi assiderata. Beva un pochino. (le offre la fiaschetta). Va meglio? 

SIGNORA – Meglio, sì. Ecco… volevo morire.

OPERAIO – Ancora un sorso. 

SIGNORA – E’ un po’ forte...

OPERAIO – Le fa bene. Beva. Lei è bella e giovane. E ci scommetto anche ricca. Vero?

SIGNORA – Sì.

OPERAIO – Allora non si permetta mai più di dire che vuole morire. Cosa diavolo la fa soffrire?

SIGNORA – No so… non saprei spiegare… Ma lei dorme qui.

OPERAIO – Perciò le dico che lasciarsi morire è un gran lusso! 

SIGNORA – Meno male che c’era lei. 

OPERAIO - Ora mi faccia un bel sorriso, su! che sorridere fa bene al cuore. 

SIGNORA - Che ore saranno?

OPERAIO – Fra poco è l’alba. L’accompagno a casa? (estrae l’orologio a cipolla) Sono quasi le cinque.

SIGNORA – Di già? Oh, un orologio a cipolla. Che bello. Manca il coperchio.

OPERAIO - E’ l’unica cosa che mi resta di mio padre.

SIGNORA – La guerra?

OPERAIO – Una storia triste. Più triste della sua.

SIGNORA – Allora me la racconti. Così mi passano le fisime. 

OPERAIO – Mio padre, non l’ho mai conosciuto. Era una spia fascista. S’era infiltrato tra i partigiani. Io ero appena nato quando lo hanno fucilato. 

SIGNORA – Come hanno fatto a scoprirlo?

OPERAIO – Mia madre era partigiana. La notte in cui ha partorito, lui le ha detto chi era veramente. Un fascista. La mattina dopo, mia madre lo ha denunciato. Questo orologio glielo aveva regalato lui. C’era anche il coperchio con scritto sopra il nome di battaglia. Dalila. Il coperchio è rimasto sotto terra con lui. Ora è morta anche lei.

SIGNORA – La sua deve essere stata una vita difficile. Però lei è buono. Come posso ringraziarla?

OPERAIO – Non potevo mica lasciarla annegare.

SIGNORA – Mi dica cosa posso fare per lei, per favore, io sarei felice di poter essere utile a qualcuno. 

OPERAIO – La accompagno a casa, se vuole.

SIGNORA – Non occorre. Se ha bisogno di un lavoro, mio marito è un uomo molto importante. 

La signora esce

SCENA 28 - ARRIVISTA, OPERAIO in spiaggia all’alba

L’arrivista arriva in spiaggia guardando il ritratto di Dalila che il padre gli aveva lanciato. Poi lo getta rabbiosamente e colpisce per sbaglio l’operaio.

OPERAIO – Ehi! 

ARRIVISTA – Scusi: non l’avevo vista.

OPERAIO – Ah. (restituisce il ritratto senza guardarlo)

ARRIVISTA -(guardando l’operaio con attenzione) Ma lei…

OPERAIO – Cosa?

ARRIVISTA – No…mi pareva…

OPERAIO – Mah… (apre il giornale con evidente volontà di isolarsi)

ARRIVISTA (che vuole attaccar discorso) - Ero qua con una donna. L’ha vista?

OPERAIO – Con una di quelle?

ARRIVISTA – Dopo sì (ridacchia). Prima ero con una signora elegante.

OPERAIO – Io non ho visto nessuno.

ARRIVISTA (gli legge il giornale) – Che buffonata queste elezioni. Tanto, destra o sinistra son la stessa minestra. 

OPERAIO - Lei non se lo compra il giornale?

ARRIVISTA – Macché. È uno spreco di denari.

OPERAIO – Ah.

ARRIVISTA – E lei non ci va a lavorare?

OPERAIO – Sabato non si lavora.

ARRIVISTA – Per me, se non avessi da lavorare, il sabato sarebbe un tormento.

OPERAIO – Ah. (tira fuori l’orologio a cipolla e lo mostra all’arrivista) Sono già le otto e mezza. Buon lavoro allora. 

L’arrivista guarda l’orologio e si allontana frettolosamente

SCENA 29 - LA SIGNORA nella sala da pranzo 

E’ l’alba. La signora rientra a casa con ancora addosso la coperta dell’operaio. Si mette una vestaglia. Accende la radio. Prepara un caffè. Mangia un biscott.o Accende una sigaretta del pacchetto del marito. 

(INTANTO) RADIO – Elezioni politiche senza tante sorprese. LA DC consegue il miglior risultato della storia, dopo quello eccezionale del 48. Sale al 42,3 % contro i 22,7% del PCI. PSI fermo al 14,2 % e PSDI 4,6 %. Fanfani potrà ora formare il suo governo bipartito, un’alleanza inusitata tra DC e PSDI. Avrà un nome originale: centrosinistra. Una svolta nella politica italiana. Molte novità anche nelle nomine. Tutti personaggi nuovi: Andreotti al Tesoro, Moro all’istruzione, Segni al…

La signora cambia canale.

(INTANTO) RADIO – Montecarlo pullula di giornalisti, telecamere, curiosi. Subito dopo il parto del secondogenito Alberto, mentre Ranieri stende i pannolini, la principessa Grace appare felice e si confessa: “Ho profondamente detestato il giorno del mio matrimonio! Non ho avuto un istante di tregua: voi giornalisti mi avete letteralmente preso d’assalto!” Quel giorno però - chi può dimenticare le nozze del secolo? – la principessa era radiosa nel suo corpetto di pizzo, accanto al suo promesso, blasonato più di un medagliere. Non trapelava un’ombra di nervosismo nel suo volto sempre affabile e naturale. Trucchi d’attrice? Forse Grace non riusciva ancora a dimenticare l’attore Jean Pierre Aumont, il suo primo grande amore, che non avrebbe mai più rivisto? Ma queste sono voci che ormai difficilmente qualcuno potrà confermare…

musica

(INTANTO) SIGNORA (facendo la lista della spesa)- Manca: detersivo Persil, crema Kaloderma, sedano, fagiolini, frutta. Sigarette. 

MARITO – Cara… ieri ti sei scordata del nostro anniversario… fumi?!

SIGNORA (baciandolo) – Sì, tesoro. Che sbadata. Il tuo caffè. Senti un po’, tu devi proprio farmi un favore, anzi due…

SCENA 30 - LA SERVA alla cassa del supermercato

SERVA – Eh, signora, la lavatrice prima o poi ci vuole, cominci a metterla in conto. Da quando mio marito l’ha presa, la mia vita è cambiata. Certo c’è un po’ di impegno con le rate, però noi, sa, da quando abbiamo aperto il supermercato, lavoriamo in due. Le Candy sono macchine nostre, fatte in Italia, le migliori d’Europa. C’è la reclame su Carosello. All’inizio non si capisce niente con le istruzioni. Poi ci si fa l’abitudine. E’ sempre una macchina. Funziona col cervello di chi la manovra. Come la mia cassa automatica. Ha visto che comodità, signora, il nostro “Servitevi da soli”? Tutto igienico, tutto a portata di mano, tutto già bell’e pronto. Una gonna, per esempio. Se lei se la cuce in casa, ci resta su l’odore della cipolla. E poi la deve strettire qui, strettire su, tirar giù l’orlo un cicinin… Uffa! Pare un secolo che non si fa più. E invece lei viene qua, signora, riempie il carrello e alla fine ci sono io, alla mia cassa automatica. 

SCENA 31 - OPERAIO ad una riunione sindacale

OPERAIO – Compagni, i tempi sono cambiati. Oggi, rispondere alle sfide poste dai nuovi industriali italiani con una linea di contrapposizione dura è anacronismo. Sentiamo il bisogno di elaborare nuove strategie di lotta. La parola compromesso non deve più farci paura. Il padrone retrogrado di ieri, oggi è un imprenditore in grado di pensare al futuro di noi tutti. Ma non può farlo senza il nostro sostegno! Qui in fabbrica a Cornigliano, siamo tutti una grande famiglia. In due anni di attività, non un solo minuto di sciopero. Solo così abbiamo potuto ottenere questa grande rivoluzione. Compagni, noi non siamo macchine! Chi pensa, produce. Grazie agli investimenti americani e ai nostri ingegneri, stiamo partecipando ad un progetto di modernità cui non possiamo rinunciare. Per la prima volta nella storia, l’Italia controlla una produzione strategica. Qui a Cornigliano, noi abbiamo realizzato uno stabilimento siderurgico capace di completare la lavorazione a ciclo integrale dell’acciaio. Questo sì che è un miracolo. 

SCENA 32 - L’ARRIVISTA alla tv
Musica Magic Moments.

ARRIVISTA – E per voi amici che siete a casa il mago del “Servitevi da soli” ha escogitato una promozione esclusiva. Fate il vostro ordine. Al resto ci penso io! Basta una semplice telefonata al numero 69424. Ricordate! 6 –9 – 4- 2- 4! Nel giro di poche ore, avrete i vostri acquisti a domicilio. Senza neanche togliervi le pantofole, coraggio, amici telespettatori! Sollevate il ricevitore e chiamatemi, risponderò io in persona. Il vostro mago dei desideri. Macchine per produrre, scrivere, cucire e copiare, moda femminile, gommapiuma e moplen dai mille usi. Abbiamo tutto in grande quantità. Krek, croccanti, friabili, leggeri: basta pane, che ingrassa e appesantisce. La camicia di popeline che non si restringe, si compra bell’e fatta e va in lavatrice! Gelato Motta, igienico e gustoso, non più privilegio da ricchi ma un sogno alla portata di tutti. Sapone Maddalena: insieme alle macchie lava via anche i peccati: per abbinare l’igiene del corpo a quella dell’anima. L’hula hoop, un moderno divertimento americano per snellire i fianchi delle signore. …

FINE