Numero 2 di giugno-settembre 2001

La festa dei racconti

di Stefano Adamo

Per cinque domeniche, dall’11 marzo all’8 aprile, un gruppo di persone si è raccolto in cerchio, nella sala grande della Libreria Bibli di Roma, per raccontare ed ascoltare delle storie. Non erano quindici o venti, ma oltre un centinaio (per di più irriconducibili a qualunque tipologia) che intorno alle nove di sera si davano convegno sapendo di poter facilmente restare in piedi per due ore, per lo più senza aprir bocca e impiegando una sorprendente capacità d’attenzione, cosa che si dice generalmente in calo di questi tempi. L’idea di quella che s’è chiamata ‘Festa dei Racconti’ è stata di Duccio Camerini, che ne ha affidato la realizzazione ad Elena Paris, Paola Minaccioni, Federica Cifola, Alessandro Trigona Occhipinti e a chi scrive. Screditata ogni ipotesi di masochismo da parte dei partecipanti resta da spiegare che cosa abbia prodotto un interesse cosÌ diffuso, e - per cosÌ dire - ad ampio spettro, verso un’iniziativa che all’apparenza si iscrive in un’abitudine consolidata presso gli ambienti culturali. La risposta è nell’idea originaria di Camerini, che è poi il principio ispiratore anche delle sue opere teatrali più recenti: il recupero della tradizione orale del racconto. Quel che si ascoltava nelle domeniche di Bibli non era la lettura di un testo, ma la proposta di una sua versione orale rielaborata più o meno liberamente dal narratore di turno. I risultati sono stati dei più disparati: talvolta si stentava a credere che la storia ascoltata fosse proprio la stessa che s’era poniamo letta qualche tempo prima. In altri casi spuntavano fuori sfaccettature insospettate o si scopriva la sorprendente disponibilità di un testo alla vis comica di chi lo raccontava. Quel che perÒ accadeva quasi sempre è che i brani scelti, fossero di autori sconosciuti o al contrario ampiamente ‘canonizzati’ - e perciÒ stesso permeati nella sensibilità comune di un’aura d’intangibilità - sembravano all’ascolto rivestirsi di alcunchè di corporeo, di personale verrebbe da dire, che li rendeva immediatamente comunicativi e capaci di catalizzare un senso di appartenenza allargato all’intera comunità degli ascoltatori. E siamo al punto fondamentale che la ‘Festa dei Racconti’ ha rivelato ad organizzatori e partecipanti e che vale qui la pena di ricordare: la sensazione cioè di una nostalgia ampiamente condivisa per una ritualità che recuperi, magari aggiornandolo in senso laico, il ruolo che in epoca classica veniva affidato alla tragedia.