Numero 0 del gennaio-aprile 2000
Teatro problematico di Fausto Paravidino Mi chiamo Fausto Paravidino, sono un
attore e ho scritto quattro commedie abbastanza fortunate. Così sono qui, insieme ad
altri attori e scrittori di teatro, a chiedermi come fare e che cosa sia il teatro civile.
A fine settembre sono arrivato a questa mode-sta e personale conclusione: un teatro civile
è un teatro ben fatto. E sembra una cazzata, ma ha un suo senso. Il problema del teatro
che mi delude, e che è esperienza abbastanza comune, è che si tratta di teatro che non
ha fiducia in sé. Meglio: è teatro perpetrato da teatranti che hanno estrema fiducia in
sé stessi e nei loro mezzi, ma poca nel teatro. Ovvero: l'azione drammatica, per come la
concepisco come attore e come autore, è un fatto semplicissimo: è confronto tra punti di
vista, quindi dibattito tra azioni. Io ho un'urgenza: voglio scopare con tua moglie
perché l'amo; tu ne hai un'altra: anche se io sono il tuo migliore amico vuoi tagliarmi
il mignolo perché ho scopato con tua moglie; lei ne ha un'altra: farebbe qualunque cosa
per te, perché ti ama, ma, visto che è responsabile per quello che è successo tra noi,
trova ingiusto che tu mi stacchi il mignolo e vuole impedirtelo. Faticheremo tre atti a
trovare un accordo, ma chi ha ragione? Così per come è messa - senza elementi in più -
tutti e tre i punti di vista, in contrasto tra loro, sono discretamente accettabili. Si
crea un conflitto di coscienza per chi segue la storia, anche se non si tirano in ballo
argomenti di bruciante attualità o controversie interna-zionali. Questo teatro non lo ha
inventato Brecht, lo facevano i Greci, lo faceva Shakespeare, può essere dramma storico,
tra-gedia o farsa, ma comunque porta in scena un conflitto. Chi non crede in un teatro che
si accontenti (ma non mi sembra poco) di sostenere un conflitto in scena, antepone un
punto di vista sog-gettivo - registico - al dibattito drammatico e, secondo me, fa un
teatro incivile. Fa un teatro pro-babilmente animato dai migliori sentimenti e dal massimo
coinvolgimento personale (suo) e magari perfino intenzionato a smuovere le coscienze, ma
si incaglia inevitabilmente contro uno sco-glio: non è interessante. Il tuo punto di
vista, in teatro, non è interessante se non è posto in un onesto conflitto teatrale con
un altro. E allora è inutile che provi a metterci una musica straordinaria, a cambiare a
vista una scenografia da tre tonnellate e quaranta milioni, a fare cantare una battuta
invece che dirla e a vestire dodici attori da struzzi: teatralmente non è interessante.
La buona fede e il "politicaly correct" non sono sufficienti a creare un teatro
civile, perché la civiltà - in teatro - è scritta nelle sue regole, non da un'altra
parte. Il teatro viene insieme alla socie-tà e prima di ogni struttura poli-tica, è a
prescindere, è anarchico, mai programmatico. Infatti anche sotto le più grandi dittature
è stato scritto il miglior teatro civile, e non necessariamente sono rotola-te teste. Che
tratti o non tratti di politica, il teatro ben fatto è po-litico, perché è nella sua
natura di esserlo. |