Numero 0 del gennaio-aprile 2000

Dieci brevi monologhi

di Gianni Guardigli

Ueberflussige Frauen è stato il mio primo testo scritto pensando alla scena. Erano dieci piccoli esercizi di stile, un condensato di umanità disperata, a volte talmente disperata da sconfinare nel grottesco che, nonostante uno stile volutamente asciutto, si ispirava al melodramma.
Parole scritte in cartolina è stata la prima piece completa - cinque personaggi che vivono in una casa-clinica allestita da un unico apparente personaggio sano per accudire gli altri. Una famiglia formata da un uomo, una madre, due figlie che non si riconoscono o fanno finta di non riconoscersi tali e hanno trovato un loro apparente equilibrio grazie all’aiuto di un giovane medico di passaggio. Era il primo lavoro della trilogia tedesca, tre opere ispirate e dedicate alla Germania che conosco.
Sono seguiti Erinnerung e Sotto Berlino. Il primo è un lavoro speculare basato sull’equilibrio di due monologhi che guardano l’uno all’altro come due facce di una medaglia. Una vecchia kapò condannata a non pulirsi mai dallo strato di fuliggine che le rovescia addosso il ricordo e una vecchia ebrea condannata a non liberarsi mai del ricordo dei bei tempi col marito e i figli. La sua è una vecchiaia dominata da un desiderio di serenità, di frivola quotidianità, in cui però si insinuano implacabili le voci dei suoi morti, che tanto l’amavano e che lei tanto amava.
Sotto Berlino è una fotografia d’epoca. La vita di cinque berlinesi (uomini e donne comuni) costretti a nascondersi in una cantina per proteggersi dalle bombe gli ultimi giorni del secondo conflitto mondiale. Fuori la devastazio-ne e le macerie dominano la grande capitale del Terzo Reich e dentro le loro piccole vite tra-scorrono uguali - ahimé - alle nostre piccole vite o alle piccole vite degli abitanti di Sa-rajevo o di Bel-grado in momenti a noi si-nistramente ben noti.
Le luci di Alge-ri è il mio primo lavoro scritto in versi. Ver-si da abbinare alla musica rai o alla musica araba più tradi-zionale.
E’ il pianto di un paese dopo una delle terribili stragi del Ramadam.
Cinque voci e cinque tonalità a formare la straziante melodia del lutto di un popolo.
Attualmente sto scrivendo un testo ispirato dal mistero dell’estasi incarnato nel personaggio di una santa bolognese, artista e poetessa. Ho firmato la versione teatrale di un affascinante romanzo di un autore che considero un maestro, Thomas Bernhard.
La lista - noiosa? - si interrompe qui. Non voglio o forse non sono in grado di descrivere chiaramente le motivazioni o molle che mi hanno mosso e mi muovono. Preferisco attribuire gran parte della responsabilità alle dita implacabili del subconscio.