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Si spengono le luci in sala e si accendono le piccole luci di una taverna a Montmartre, rifugio di poeti scultori e pittori. Prime note… e la musica racconta l’ultimo inverno di Modigliani. Il livornese Amedeo Modigliani, morì il 24 gennaio del 1920 a Parigi all’età di 35 anni, una vita piena di eccessi, alcool e droga, lo portò ad una morte precoce, il suo  fisico era già debilitato dalla tisi. Genio e sregolatezza, si può ben dire in questo caso, non ebbe possibilità di conoscere il successo in vita, la sua prima mostra personale del 1918 rimase aperta solo pochi giorni, un poliziotto rimase scandalizzato dai quadri (tra i quali  “Nudo con collana di corallo” e “Nudo rosso”) e la fece chiudere per oscenità. Capostipite degli artisti maledetti, la ricerca artistica di Modigliani puntò  sulla perfetta unità di ritmi lineari e ricchezza di colori. Un'esplosione di colori esce dalle labbra di Modì e lo spettacolo ha inizio… la regia parte proprio da lì, dall’amore di Modigliani per i colori e le sfumature e procede come una partitura musicale, fatta di accordi, strumenti, chiavi diverse, note,  pause. I diversi quadri della partitura scenica mostrano momenti di vita dell’artista, gli amici, la compagna, le modelle, la madre, la zia, il rischio è proprio questo, in alcuni momenti scenici viene a mancare la coesione creativa, alcuni passaggi restano isolati. La sfida è comunque alta, raccogliere i dolori di un artista che è passato quasi come una meteora. La musica riprende i temi jazz di quegli anni attraverso uno spartito che sa rilevare tutti i momenti scenici, allegria, malinconia, tragedia, senza mai eccedere, la musica è l’altro protagonista in scena, grazie alla sensibilità del compositore Gipo Gurrado, anche regista dello spettacolo e alla bravura dei musicisti. Gli attori, ottimi cantanti, sono abili nel calibrare partitura sonora, espressiva e coreografica. Lo spettacolo lascia un segno. Un’immagine della Parigi di quegli anni chiamati “folli”, un’atmosfera cosmopolita, mondana e l’esplosione del jazz, nei teatri, nei caffè, un clima di rinascita che trasformò la città in un  laboratorio internazionale della creatività.  Parigi degli anni Venti fu anche il palcoscenico di alcune tra le più imprevedibili e straordinarie provocazioni artistiche del Novecento. Le convenzioni morali e culturali della società borghese sono il bersaglio di quelle geniali creazioni: “Noi abbiamo dei diritti diversi dagli altri perché abbiamo dei bisogni diversi che ci mettono al di sopra della loro morale” recita un verso di una canzone. Tratto proprio da un aforisma di Modì. Una delle scene finali è dedicata al “Violoncellista”, primo quadro in cui comincia ad esprimersi la personalità di Modì. Le spalle e la schiena nuda di una modella, trasformate in un violoncello, è un momento di alta qualità scenica. Ma questo spettacolo è anche il racconto di una passione d’amore. Due giorni dopo la morte dell’artista, la giovane compagna Jeanne Hèbuterne, al nono mese di gravidanza, si suicidò, gettandosi dal quinto piano dell'appartamento dei genitori. Il sogno d’amore si era tragicamente spezzato. Non era riuscita a salvare il suo sogno. Piccola divagazione: navigando in rete alla ricerca di notizie sulla vita di Modigliani, ho trovato un altro aforisma, non ho prove certe, la rete è piena di falsi d’autore… “Il tuo unico dovere è salvare i tuoi sogni.” Chissà se è proprio vero!

Teatro  Leonardo Da Vinci  Milano
MODĺ - L’ultimo inverno di Amedeo Modigliani
libretto, musiche, testo Gipo Gurrado
con Enrico Ballardini, Federica Bognetti, Giulia D'Imperio, Davide Gorla, Chiara Muscato, Ilaria Pastore, Daniele Turconi, Francesco Saverio Gliozzi (violoncello), Gipo Gurrado (chitarra), Mell Morcone (pianoforte), Mauro Sansone (batteria)
scene e costumi Vittoria Papaleo, Maria De Marco, Stefania Coretti
movimenti scenici Lia Courrier
audio Antonio Cupertino
luci Monica Gorla
produzione Tiktalik Teatro / Odemà
regia Gipo Gurrado