Pin It

Marco  era davvero stufo! Stufo di essere messo sempre in secondo piano dalla prosopopea e dall'ambizione di prevalere in ogni occasione da parte di Anselmo, quello che una volta si sarebbe detto primo attore nelle compagnie di tradizione. Col progredire delle prove della Locandiera Anselmo non perdeva occasione di sostenere che la sua interpretazione di Fabrizio sarebbe stata giudicata come una delle più risolte e ammirevoli degli ultimi trent'anni: sembrava che per lui lo spettacolo poggiasse solo su quel suo personaggio. Che razza di spocchia, pensava Marco, ogni volta che il collega apriva la ruota come un orgoglioso pavone e declamava le sue doti: la sua  forte presenza scenica; la sua voce stentorea, ben portata fino al fondo della platea; la sua gestualità da nobile veneziano del Settecento redivivo! Altro che Marco, sottolineava Anselmo, un modestino Cavaliere di Ripafratta; e altro che Filippo, l'altro attore,  nella parte del Conte d'Albafiorita, quasi invisibile! E anche Sergio, squalliduccio Marchese di Forlipopoli. Il regista, Mario, e la scenografa e costumista Adele, lo lasciavano parlare, ogni volta, senza mai intervenire, senza mai, pensava Marco, invitarlo a un minimo di  modestia, se non di umiltà. Marco stava per scoppiare!
Un giorno decise di parlare del suo stato d'animo con Mario sperando che questo, anche nel suo ruolo di regista, invitasse Anselmo a rispettare  anche la sua personalità e quella dei colleghi Filippo e Sergio. Ma Mario scrollò le spalle, e disse:
“Anselmo è un grande attore, e tu devi sopportare il suo modo di fare! Se non ce la fai è meglio che lasci! Io non posso rischiare che Anselmo mi si rivolti contro, una volta che lo dovessi criticare come tu mi suggerisci. Io ho messo anche dei soldi in questo allestimento e non voglio rischiare nulla! Capisci?”.
“E così io e Filippo e pure Sergio, che tra l'altro è il più anziano, dobbiamo umiliarci in continuazione?! Sopportare le sue battutine!? Le sue critiche pretestuose?!”.
“Io ti consiglio di rubargli qualche segreto del mestiere, visto che tu sei pure  più giovane di lui: cerca di approfittare del suo esempio, per migliorarti, magari per emularlo! Dai retta a me!”.
Fu così che col passare dei giorni, e delle prove, due sentimenti opprimevano l'anima di Marco: l'ira che doveva soffocare a stento ogni qual volta Anselmo avesse aperto bocca; e l'invidia, che il discorso fattogli dal regista aveva inopinatamente fatto esplodere dentro di lui. Eh si! Perché anche Marco si era ormai convinto che Anselmo era davvero un grande attore, di un livello certamente superiore al suo!
Ormai la compagnia era quasi al debutto e Marco già immaginava come Anselmo, di fronte alla prevedibile reazione entusiasmante degli spettatori, avrebbe ancor di più sottolineato la sua enorme bravura, la sua superiorità artistica rispetto a tutti i compagni.
E così, difatti, fu, fin dalla prima!
Anselmo organizzò l'andata in proscenio per ricevere gli applausi in modo tale che i coprotagonisti e tutti gli altri risaltassero il meno possibile. Fece tappezzare le pareti del foyer con le sue foto, soprattutto primi piani; pretendeva che le interviste fossero riservate più di tutti  a lui: insomma, pensava Marco, Anselmo ormai era preda di un incredibile culto della sua personalità. E Marco era sull'orlo di un crollo nervoso. Dopo la terza replica, la notte non chiuse occhio, girandosi sul letto continuamente, bagnato di un sudore freddo. Si alzò con un mal di testa fortissimo, tale da farlo sbandare: si sedette pensando  che doveva fare qualcosa. Preparò una borsa per il ghiaccio e se la mise in testa per trovare sollievo e riuscire così a riflettere. Accese la radio tenendo il volume basso per avere un po' di musica a fargli compagnia e a rilassarlo. Poi decise di prendere qualche goccia di analgesico giacché il mal di capo non accennava a passare. Si alzò dirigendosi al bagno e, aperto lo sportellino dove conservava i medicinali, prese la boccetta  e fece per andare al rubinetto per aggiungere in un bicchiere un poco d'acqua, quando s'accorse di aver preso il prodotto indicato per la stipsi, disturbo che ogni tanto si affacciava prepotente nel suo intestino. Gli si accese una lampadina dentro la testa dolorante!...
La sera successiva, all'intervallo, Marco sgusciò nella penombra dentro il palcoscenico vuoto  appena approntato dal direttore di scena, e, preso in mano un bicchiere, da cui secondo copione, appena comparso in scena, Anselmo-Fabrizio avrebbe preso per berne l'acqua tutta d'un sorso, versò dentro poche gocce di medicinale. Poi o in scena o dalla quinta osservò fino alla fine dello spettacolo, un altro spettacolo che si aspettava per lui trionfante! In effetti vedeva Fabrizio agire sulla scena con la fronte imperlata di sudore; poi al rientro in quinta, lo sentì chiedersi cosa avesse mangiato da avere quegli spasmi intestinali così fastidiosi. Alla fine dello spettacolo Marco vide Anselmo dirigersi di corsa al bagno più vicino al palcoscenico.
Sera per sera, replica per replica, Marco aumentò goccia a goccia la dose di medicinale, finché Anselmo iniziò a non essere più all'altezza della sua fama, tanto che qualche critica tardiva fu molto tiepida rispetto alla sua performance; mentre per un effetto liberatorio, per un senso di sicurezza in se stesso che cresceva di giorno in giorno, la  prestazione scenica di Marco veniva molto ben giudicata dalle stesse recensioni, al punto che fu quasi messa allo stesso livello di quella d'Anselmo-Fabrizio. Il quale, quando ormai mancavano pochissime repliche alla chiusura dello spettacolo (che sarebbe stato ripreso solo la stagione successiva), confessò a pochissimi di avere ogni sera dei fastidiosi e vergognosi disturbi intestinali, al punto di essersi fatto visitare da uno specialista che non seppe trovargli nulla di importante: addirittura disse che si era fatto sottoporre con urgenza a una fastidiosissima indagine radiologica, risultata negativa. Anche  Marco venne a sapere di queste confidenze, e toccò il cielo con un dito! Peccato solo che Filippo da qualche giorno lo salutasse appena, e che non si scomponesse  per nulla al racconto delle disavventure, meritate!, di Anselmo, sul quale lo stesso Filippo non aveva minimamente lesinato in precedenza graffianti giudizi. Marco non si spiegava il perché di quell'atteggiamento di Filippo, non capendo che a sua volta era lui ad aver provocato l'invidia del compagno nei suoi confronti, ma non gli diede peso, poiché  troppa era la soddisfazione che gli veniva dalle disavventure del superbo Anselmo!
Arrivarono così all'ultima replica e Marco desiderava terminare con un botto speciale, come fanno i fuochi artificiali nelle grandi occasioni, sul finire dello spettacolo: raddoppiò la dose di gocce!!! Ventisei gocce, per il gran finale!
Si dava il caso, tra l'altro, che in quell'ultima replica tra il pubblico ci sarebbero stati due produttori-distributori di allestimenti teatrali anche per piazze all'Estero; il regista, Mario, per l'occasione aveva invitato una sua amica Agente per la traduzione dei testi e per trattare i diritti d'autore dovuti per la traduzione e l'adattamento; e anche aveva fatto venire tramite l'ufficio stampa una troupe del Telegiornale di  Raiuno.
Marco pregustava lo spettacolo che LUI stava per allestire.
La replica iniziò giungendo al secondo fatidico atto: naturalmente Anselmo-Fabrizio ingurgitò l'acqua, e a Marco non restò che aspettare!... Senonché man mano Anselmo assunse delle incredibili pose, che solo lui, Marco, sapeva utili a contenere gli spasmi; eseguiva delle espressioni facciali che denotavano una carica al contempo aggressiva e pietosa rendendo il personaggio di Fabrizio, in quel momento della sua strategia di conquista di Mirandolina, eccezionalmente efficace scenicamente, tale da acchiappare più di un applauso a scena aperta; il contorcimento del suo tronco evidenziava una vitalità fisica che taluni avrebbero poi paragonato alla gestualità di alcuni grandi mimi europei! E il suo modo di parlare, a volte soffocato, a volte gridato, a volte smozzicato, provocava un immediato slancio di simpatia da parte del pubblico. Insomma per Anselmo fu un vero trionfo! Alla chiusura del sipario tutta la compagnia gli fu addosso per festeggiarlo, mentre lui si liberava dagli spasmi: fu a quel punto che Filippo, sbagliando bersaglio, gridò a Marco: “Ma che razza di puzze cacci fuori dalla tua pancia!?”.
Gli applausi non finivano mai, la ressa ai camerini fu molto fitta, e confusa, i distributori  di spettacoli per l'estero avevano i contratti già in mano, mentre si sentivano provenire dal bagno dietro il backstage dei mugolii, e degli affannosi “ahhhh, ahhhh!”, e Filippo diceva a tutti di non preoccuparsi, e che era Marco ad essere preda da diversi giorni di fastidiose coliche intestinali! In realtà, dopo una manciata di minuti,  si affacciò Anselmo, stravolto, pallido, emaciato: ringraziò tutti, e disse che era davvero felice di aver trovato, seppur tardivamente, una felice chiave interpretativa del suo  personaggio Fabrizio!