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Nel luglio del 1976 si consumava a Seveso (popoloso centro dell’hinterland milanese) uno dei disastri ambientali più gravi del Novecento, oggetto di studi negli anni a venire e documentato altresì come esempio negativo in trattati, saggi e direttive dell’Unione Europea.
Nel trentesimo anniversario del tragico incidente, l’associazione Musicamorfosi (www.musicamorfosi.it) – nata a Seveso e animata da un gruppo di persone che in questi anni, anche in collaborazione con Legambiente, ha promosso eventi capaci di coniugare socialità e cultura a partire dalla cura delle relazioni di chi abita il territorio – commissionò ad Andrea Taddei un testo in qualche modo commemorativo e che prevedesse inserti musicali.
Accettata la sfida dall’artista autore, quella tragedia divenne un rondò – un paradossale Kabarett in Quatto Quadri – per raccontare quel drammatico 10 luglio 1976 nel totale rispetto dei fatti, ma da un altro punto di vista: ambientandoli cioè in Svizzera, patria del colosso farmaceutico Hoffman-La Roche proprietario dell’impianto.
È in quel salotto borghese di Berna, dunque, tra immaginari cuscini rigonfi di banconote e pareti ricoperte di teste di cervo, che le due First Lady dell’azienda – la moglie del presidente e quella del direttore – s’incontrano tutte le mattine per seguire con distaccato cinismo l’evolversi del dramma.
Seveso non è mai citata: una scelta consapevole, perché quella catastrofe potrebbe capitare domani in un altro posto.
La drammaturgia prevede che la consorte del presidente dell’azienda, Hedda Waldvugel, e quella del direttore della fabbrica, Hinge von Zwaihl, siano interpretate da attori maschi. Le “signore” infatti, che solcano il proscenio con parrucche cotonate e modi dolcemente femminili, diventano brutalmente maschili quando è il momento di lesinare i risarcimenti per il danno procurato.
A queste s’aggiunge la cameriera di casa Waldvugel, Maria: moglie di Gennaro, un operaio impiegato nella fabbrica, la quale racconta nel dettaglio le produzioni pericolose dell’azienda utilizzando un linguaggio tecnico molto preciso che suscita la reazione infastidita delle “padrone”. Una patriota svizzera dal costume tipicamente “Rot Weiss” (rosso e bianco), inoltre, completa il quartetto di personaggi e detta i tempi della farsa.
Farsa che progressivamente delinea uno scenario di danni immani inferti al territorio, di animali morti in gran numero, di parecchie persone colpite da cloracne e altri malanni, il quale vale alfine la beffarda miseria di un lingotto d’oro. La pièce difatti si chiude con un finale amaro e duro, ma che vuole contunderci proprio per suscitare radicali domande e pensieri meno superficiali, maggiormente responsabili, in ognuno di noi: sempre troppo facili alle lusinghe speciose del denaro e dello sviluppo senza progresso. .

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Andrea Taddei è nato a San Giuliano Terme (Pisa) nel 1957. Formatosi negli ambiti della pittura e delle performing arts, è tra i fondatori di Padiglione Italia: gruppo tra i maggiori della “nuova ondata” dei primi anni ’80, del quale si ricordano la partecipazione alla Biennale Teatro di Venezia 1984 con il gioco drammatico LE PIANTE e l’azione VERDI SPONDE, lavoro per cui Taddei – autore e regista – riceve il Premio Opera Prima 1983. Seguiranno altri prestigiosi riconoscimenti: il Premio Francesca Alinovi 1992 per il suo allestimento di MOTEL di Jean-Claude van Itallie e, un anno dopo, il Premio Ubu per la scrittura drammaturgica degli spettacoli GLORIA e LE TENTAZIONI DI TONI (produzioni, rispettivamente, di Teatridithalia e CSS di Udine). Sempre come drammaturgo, sono da menzionare i suoi lavori PIGMALIONE (1989) e TEATRO DA GIARDINO (1999), di cui cura anche la regia per il CRST di Pontedera. Tre suoi atti unici vanno poi in scena prodotti dal Teatro Litta nel 2003, ovvero TRE PICCOLI SHAXSPEARE, mentre nel 2005 è la volta di una sua trascinante riscrittura rock del DON GIOVANNI di Molière realizzata per Palchettostage. L’anno seguente scrive ROTWEISS KABARETT - Una farsa per Seveso (1976-2006) di cui dirigerà nel 2007 la messinscena per l’associazione Musicamorfosi. È comunque impossibile citare qui il vasto novero di creazioni registiche, scenografiche e costumistiche – nonché come light designer – di una personalità capace di attraversare con naturalezza le sfere del teatro di prosa e quelle dell’opera musicale, i territori dell’arte visivo-performativa e quelli della drammaturgia contemporanea (sue le messinscene, per esempio, di ZOZÒS di Giuseppe Manfridi nel 1994 e CHI RUBA UN PIEDE È FORTUNATO IN AMORE di Dario Fo nel 2001 per Teatridithalia), lavorando spesso con figure storiche del teatro italiano. Un artista dunque dai talenti molteplici e dall’attività feconda, svolta tanto con realtà piccole e indipendenti quanto con teatri istituzionali rilevanti e di livello internazionale, tra cui gli Stabili di Catania, d’Abruzzo, di Genova, delle Marche, il CTB di Brescia, il Théâtre de la Place di Liegi e il Teatro alla Scala di Milano.