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Dopo le divisioni del secolo XX,  nel vecchio continente il grande progetto politico del secolo XXI è quello di costruire la Grande Casa Europea. In un discorso davanti al Consiglio d’Europa, il 5 ottobre 1998, Michail Gorbaciov auspicava “un ampio spazio di cooperazione in cui tutti si sentiranno a proprio agio, come se si trovassero nella propria casa”. L’immagine della casa è ripresa anche da Benedetto XVI in un discorso davanti al rappresentante della Commissione delle Comunità Europee presso la Santa Sede, del 19 ottobre 2009, in cui parlava di un territorio che è “più di un continente, una ‘casa spirituale’”, rivendicando le radici cristiane dell’Europa.
SWEET HOME EUROPA è un testo sul problema dell’integrazione. Sulla possibilità e la capacità di accettare l’estraneo, lo straniero, l’altro.
Un Uomo, una Donna e un Altro uomo sono i protagonisti di differenti storie particolari e allo stesso tempo di una stessa storia collettiva – quella di una famiglia, di un popolo, dell’umanità intera – che, nel continuo incontro e scontro tra civiltà, sembra ripetersi in eterno.
Sull’Altro uomo ricade il peso delle generazioni precedenti e di quelle successive, il peso di una tradizione secondo la quale chi non può vivere nella propria terra ne cerca un’altra in cui fondare una casa e una famiglia, per un nuovo posto in una nuova società.
L’Uomo che nella propria comunità occupa invece una posizione di potere – politico, economico, culturale – farà di tutto per mantenere il privilegio di cui gode ed esercitarlo a suo vantaggio, a discapito del debole.
La Donna, dal canto suo, cercherà sempre il suo ruolo in una società occidentale che, mentre critica quella orientale, tarda ancora a riconoscere la reale parità tra i sessi.
A quasi vent’anni dalla nascita della UE, la Grande Casa Europea è un “cantiere ancora aperto”, come lo definiva Gorbaciov. Ma in che direzione stanno andando i lavori? Stiamo costruendo uno spazio privilegiato per la garanzia dei diritti umani, o stiamo solo recintando una proprietà privata per vietarne l’accesso a chi non è desiderato? Questa Casa sarà una casa accogliente? A chi sarà davvero disposta ad aprire le sue porte?
Davide Carnevali

Presentato inizialmente al Festival Internazionale di Letteratura di Berlino e finalista al Premio Riccione per il Teatro 2011, SWEET HOME EUROPA è andato in scena per la prima volta assoluta l’11 maggio 2012 al Schauspielhaus Bochum, che lo ha prodotto con la regia di Jana Miletić. Il 15 gennaio dello stesso anno, la Deustchlandradio Kultur ne ha prodotto e trasmesso una versione in forma di radiodramma diretta da Giuseppe Di Maio. Mentre nel 2013 sono da ricordare la lettura scenica avvenuta in giugno al Théâtre du Vieux-Colombier di Parigi per la Comédie Française (regia di Fréderique Plain), e quella secondo Fabrizio Arcuri realizzata al Piccolo Teatro di Milano durante il festival di settembre Tramedautore: primo passo verso la produzione di uno spettacolo dell’Accademia degli Artefatti prevista per il 2014. Debutta, infine, in questi giorni in Argentina (precisamente il 6 novembre) all’ELKAFKA espacio teatral, un teatro molto conosciuto della scena off di Buenos Aires, la messinscena del regista Horacio Banega che ha tradotto il testo insieme all’autore.

 

Davide Carnevali (nella foto di Pino Montisci) è nato a Milano nel 1981. Vive e lavora tra Berlino e Barcellona, dov’è dottorando in Teoria del Teatro presso la Universitat Autònoma e l’Institut del Teatre, con un periodo di studi alla Freie Universität Berlin. La sua ricerca si concentra sull’analisi di strutture drammatiche che si oppongono ai principi aristotelici di coerenza, linearità cronologica e relazione causa-effetto, nell’ambito della drammaturgia europea contemporanea. Sviluppa, inoltre, l’attività di docente impartendo seminari di scrittura drammatica e teoria del teatro; nel 2012 è stato Guest Professor presso l’Instituto Universitario Nacional de las Artes di Buenos Aires. Dal 2013 è parte del Comitato di Drammaturgia del Teatre Nacional de Catalunya; inoltre è membro del consiglio di redazione della rivista catalana “Pausa” e scrive per diverse riviste italiane e latinoamericane, occupandosi di teatro tedesco, catalano, spagnolo e argentino. È traduttore dal catalano e dal castigliano all’italiano.
Come autore, si forma con Laura Curino in Italia e con Carles Batlle alla Sala Beckett di Barcellona; amplia poi i suoi studi in Spagna e Germania con Martin Crimp, Biljana Srbljanović, José Sanchis Sinisterra, Hans-Thies Lehmann, John von Düffel, Simon Stephens, Martin Heckmanns. Con la pièce VARIAZIONI SUL MODELLO DI KRAEPELIN si è aggiudicato nel 2009 il premio Theatertext als Hörspiel al Theatertreffen di Berlino ed il Premio Marisa Fabbri al Premio Riccione per il Teatro, mentre nel 2012 ha vinto il Premio de les Journées de Lyon des auteurs. Sempre nel 2009, il suo testo breve CALCIOBALILLA ha ottenuto il Premio Sassetti Cultura Teatro. COME FU CHE IN ITALIA SCOPPIÒ LA RIVOLUZIONE MA NESSUNO SE NE ACCORSE ha ricevuto invece il Premio Scintille del Festival Asti Teatro 2010 e il Premio Borrello alla nuova drammaturgia 2011.
Forte anche dei nuovi riscontri e successi ottenuti con la prima parte del dittico sull’Europa, ossia SWEET HOME EUROPA, nel 2013 è stato incluso tra i 35 autori più rappresentativi della storia dello Stückemarkt del Theatertreffen che – per l'occasione – ha incaricato e sovvenzionato la scrittura della seconda parte del dittico: ovvero, PRELUDE TO AN END OF A WORLD. Le sue opere sono state presentate in diverse rassegne internazionali e sono tradotte in catalano, estone, fiammingo, francese, inglese, spagnolo e tedesco.
Il 3 novembre 2013 è stato proclamato vincitore della 52a edizione del Premio Riccione per il Teatro per la sua drammaturgia RITRATTO DI DONNA ARABA CHE GUARDA IL MARE.

A cura di Damiano Pignedoli