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Una collaborazione che crea meraviglia: Edoardo Erba e Serena Sinigaglia, mostrano senza pudore lo sfinimento, le delusioni, la confusione, le finzioni, della nostro mondo. Attraverso il sistema di segni della scrittura di scena e della regia, nasce uno spettacolo che procura piacere nel senso brechtiano del termine, conoscenza unita a godimento. Una rappresentazione che suscita piacere e meraviglia, per la bravura degli attori, immersi nel ruolo e attenti alle sfumature (Mattia Fabris, Stefano Orlandi, Maria Pilar Pérez Aspa, Beatrice Schiros, Chiara Stoppa, Sandra Zoccolan) per le intuizioni sceniche, le soluzioni adottate dalla regia dinamica e fantasiosa di Serena Sinigaglia, fino alla sorpresa finale, che non svelerò. In scena l’invenzione è regina, se è ludica, fatta cioè di sorprese, imprevisti, rottura di codici, lo spettatore è più sollecitato e si sente partecipe del gioco teatrale. I ritmi sono incalzanti e le relazioni fra i personaggi si scoprono mano a mano, questo crea sospensione e attesa e soprattutto tiene viva l’attenzione del pubblico. Edoardo Erba, come un abile burattinaio, mette in relazione tante anime ansiose, un uragano di sentimenti ed emozioni, anime desiderose di raccontare, di parlare, di occupare lo spazio e il tempo della rappresentazione; dal loro scontro-incontro, prende avvio il copione. Emerge fra tutte la figura di una badante albanese, a suo modo saggia, lucida, giudice implacabile dei mali italiani. Chi vive fra due terre, in fondo, conosce le sofferenze, è sempre sospeso e ha gli strumenti adatti per guardare la realtà con maggiore obiettività, senza inutile retorica, senza facili vittimismi. Un omaggio ai tanti stranieri che vivacizzano i nostri mondi a volte sterili. Il testo teatrale è carnale e vero. Ogni battuta è funzionale e mai inutile, indispensabile all’azione e al suo personaggio. C’è molto da imparare. La regia lacera lo spazio creando luoghi decentrati, frammentati, obliquità delle superfici. Lo spazio così mostrato, senza equilibrio, senza coordinate rassicuranti, stimola lo spettatore a raccogliere, a mettere insieme i vari elementi dispersi, lo spazio scenico, luogo delle contraddizioni, ora casa, ora palestra, ora non luogo diventa essenza della libertà per eccellenza, passato e presente insieme, interno, esterno, luoghi vicini e lontani geograficamente. Lo spettatore colmerà i vuoti con la sua immaginazione. Scena completamente aperta, una sala da ballo, uno spogliatoio, una casa, un bar e tanti personaggi in gioco: un imprenditore fallito incapace di accettare la verità, sua moglie sempre vissuta nel lusso e negli agi, una badante, una madre in crisi, il suo amante, una ragazza in cerca di lavoro, un istruttore di balli latino-americani...Tutti feriti dalla vita, tutti in cerca di qualcosa che non troveranno. Tutti spettatori dei mali degli altri, non più personaggi in cerca d’autore ma personaggi in cerca di un sogno di un futuro migliore, spettatori delle vite degli altri e noi con loro. Anche noi spettatori di questa Italia Anni Dieci, in attesa che qualcosa cambi.

Milano, Teatro Ringhiera, 19 gennaio 2014