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SEX MACHINE un popolo di santi, poeti, navigatori e puttanieri - uno spettacolo di e con Giuliana Musso collaborazione al soggetto di Carla Corso

Recensione di Giulia Stella

Mercoledì 5 febbraio al Teatro di Cascina è andato in scena Sexmachine di e con Giuliana Musso. La regia è curata da Massimo Somaglino, le musiche in scena, e sempre presenti nello spettacolo, sono di Giuanluigi Meggiorin. Sexmachine ci parla del sesso e del denaro; sesso visto oggi come un bene di consumo, come anima del commercio. Lo spettacolo analizza il fenomeno della prostituzione, ma non solo attraverso le prostitute, ma anche attraverso i clienti, tutti noi, tutti coloro che permettono il continuo circolo di quella merce e macchina che è oggi il sesso.
L'attrice, Giuliana Musso, incarna infatti, e spesso con comicità, l'anima e il corpo di sei personaggi: quattro clienti-uomini e due donne. Si comincia dal pensionato, Dino, frequentatore di bordelli che specifica l'importanza del sesso come uno dei tre punti per vivere bene (insieme al camminare e al mangiar sano). Per lui la moglie è santa e il piacere va cercato fuori casa: "la moglie non si tocca". Poi c’è l'agente di commercio, Vittorio, che sostiene la filosofia secondo cui nella vita niente sia gratis, nemmeno il sesso. Si passa poi alle due figure femminili: Silvana la prostituta, e Monica la madre di famiglia, che in nome dei suoi principi sembra rinunciare al sesso e dare completa fiducia all'improponibile onestà del marito. Due donne con vite e storie completamente diverse impersonate con grande credibilità dall'attrice. Infine le ultime due figure maschili; Igor il giovane fanatico dei privé e dei locali di lap dance; e per ultimo, Sandro, l'imprenditore ormai rovinato che dalla prostituta ci va soprattutto per piangere dei suoi guai.
Lo spettacolo è intenso e viaggia su piani differenti, a volte drammatici, a volte surreali, ma per la maggior parte del tempo ironici. Giuliana Musso in questo spettacolo denuncia e racconta con comicità il problema della mercificazione del sesso. Fondamentale l'uso dell'ironia per arrivare subito al pubblico, scuoterlo con una risata su quello che invece è un problema sociale. Nello spettacolo non c'è ne  l'idea ne la voglia di fare del moralismo su questo argomento a cui tutti ormai siamo abituati ed annoiati. In Sexmachine infatti si fa dell'ironia e comicità su quello che è uno dei più grandi paradossi della società italiana.

Recensione di Alessandra Benedetti

Scende la notte, si accendono le luci su Sexmachine, la grande macchina del sesso, una rappresentazione teatrale che prende vita dalla magnifica ed esilarante attrice nordestina Giuliana Musso, con le musiche di Gianluigi Meggiorin, per la regia di Massimo Somaglino.
Sexmachine è un spettacolo comico che ha riscosso negli anni grande successo: ha debuttato come prima assoluta nel 2005, e negli anni ha avuto moltissime repliche in tutta Italia.
Questa rappresentazione nasce da un profondo e certosino lavoro sul campo, una ricerca di fonti direttamente a contatto con la gente comune, per strada, di estrazioni sociali più disparate e diverse. Ed è qui la chiave del trionfo di Sexmachine. Attraverso sei personaggi visti in sequenza, si rappresenta uno spaccato della società italiana e si denuncia un'usanza comune e conosciuta, ma taciuta, e della quale vergognarsi: l'ingranaggio implacabile del sesso a pagamento.
Un teatro forte, diretto e tagliente, senza mezzi termini, ironico e allegro: attraverso il riso la denuncia, attraverso l'umorismo l'emergere della cruda realtà odierna, un senso di comune sentimento della fragilità umana da cui deriva un compatimento per le debolezze altrui, che sono anche le proprie, e che tocca tutti.
Entra in scena la Musso: dopo una breve denuncia riguardo ai rapporti sessuali e alle violenze sessuali sulle donne in Italia, ecco il primo personaggio, Dino il pensionato, sposato, che intrattiene una conversazione con  il chitarrista presente in scena.
A seguire, Vittorio, un matrimonio alle spalle e un lavoro non soddisfacente, trascorre la vita alla ricerca di breve e intense relazioni con le donne più diverse, perché a lui la cosa che più interessa è l'eccitazione al massimo grado: il suo registro linguistico è medio-basso, volgare e crudo; le donne per lui sono oggetto, bambole del sesso.
Un altro personaggio molto simile a Vittorio è Igor, assiduo frequentatore dei nightclub e dei privè, conosce il rapporto con l'altro sesso solo da un unico punto di vista, quello materiale.
La scenografia è scarna e spoglia, diretta come diretta è la sua ideatrice, la Musso.
Attraverso una scenografia essenziale si vuole essere schietti, realisti e franchi. I colori vanno dai grigi ai beige, dal rosso al nero (colore simbolo dello spettacolo è il rosso, emblema della prostituta: ad esempio, a inizio e fine spettacolo la Musso indossa una parrucca rosso accesso per richiamarsi a tutte le donne che ogni giorno in Italia vengono sfruttate).
Le luci sono puntante sulle azioni che l'attrice compie, la luce centrale la illumina dalla testa ai piedi senza mai perderla di vista.
Ruolo fondamentale in questo spettacolo è svolto dalla gestica e dalla mimica dell’interprete: ogni personaggio è individuato secondo precisi gesti, movenze e azioni. È grazie a un preciso gesticolare che si individua il personaggio: ad esempio, per quanto riguarda Igor, la Musso – per comunicare il personaggio rozzo e non educato - adotta le pose più esemplari della volgarità anche con richiami espliciti al sesso.
Durante il corso del monologo non mancano intramezzi in cui la Musso si rivolge direttamente al pubblico, rompendo la cosiddetta “quarta parete”: è a quel punto che si perde un qui e un là e la scena diventa unica, gli spettatori sono chiamati a partecipare in modo attivo: ad esempio, questo accade con Igor quando critica l'Euro e i malanni che questa moneta ha generato.
C'è una musica di sottofondo che è sempre presente sulla scena, dall'inizio alla fine del monologo: essa non disturba, anzi, si rivela necessaria proprio a dare una maggiore enfasi alle azioni dei personaggi, a creare una pausa tra l'entrata di un personaggio e un altro e a rendere piacevole lo spettacolo.
Il pubblico, composto anche da molti giovani, ha risposto benissimo, si è divertito e gli applausi sono stati replicati almeno quattro volte.
Uno spettacolo davvero divertente, i temi trattati sono stati resi facili alla comprensione e comunicati in modo ottimo.

Recensione di Matilde Francesconi

Irriverente, vivace, trasgressivo, commovente e vero. Questi sono solo alcuni degli aggettivi, ma se ne potrebbero trovare molti altri, per descrivere il lavoro magistrale di Giuliana Musso in “Sexmachine”, presentato alla città del Teatro di Cascina in data cinque febbraio.
L'attrice e autrice presenta uno spettacolo legato al sesso. Il sesso-pagato, desiderato, da sempre esistito, ma di cui nessuno vuol parlare: che tutti giudicano, ma al quale in pochi rinunciano. La Musso, presenta lo spettacolo insieme a Gianluigi Maggiorin, un chitarrista, amico dell'autrice, che con qualche battuta fa da spalla durante i monologhi, ma che si esprime al meglio attraverso la sua musica. Infatti tutto lo spettacolo è accompagnato dal ritmo della chitarra, che segue  la recitazione fondendovisi perfettamente; ed è un ritmo che aumenta d’intensità, seguendo l'andamento del testo, dove c'è l'ironia, mentre tocca toni più drammatici quando la recitazione lo richiede. Lo spettacolo si apre con una presentazione in stile rock: più volte viene usato il titolo Sexmachine, proprio per richiamare l'attenzione dello spettatore sull'argomento. Ma anche  quando si entra nel vivo dello spettacolo l'attrice continua a richiamare il pubblico con vivacità e ironia.
L' opera, si compone di vari  monologhi, passando attraverso sei personaggi, quattro maschili, e due femminili. La prontezza e la naturalezza del cambio dei generi è così spontanea che quasi non ce ne accorgiamo: il primo a presentar si è un “Pantalone”, come ha dichiarato la Musso, il classico padre di famiglia, sposato ma con le voglie sempre presenti, che si tolgono sempre alla stessa maniera. Ecco poi il malato di sesso, quello che spende tutto pur di comprare una donna per qualche ora di felicità;  si passa poi al racconto di una prostituta su quali sono le “regole della strada”, e ancora ad un divertentissimo “Arlecchino” ( e qui la commedia dell'arte, non passa inosservata). Nel finale si arriva al racconto più tragico, racconto di quando la disperazione di un uomo si placa solo con qualche minuto di effimera felicità.
Attraverso il lavoro del corpo, come sottolinea la stessa attrice, si arriva a una performance intensa e viva, ogni gesto e azione sono integrati con il testo, niente è lasciato al caso. Il risultato è decisamente affascinante, il pubblico lo recepisce bene: lo dimostrano i minuti di scroscianti applausi ricevuti a fine spettacolo.

Recensione di Ettore Mariotti

Sexmachine di Giuliana Musso è uno spettacolo sulla mercificazione dei corpi che si interroga sul perché le prestatrici di servizi sessuali hanno tanti nomi non sempre di buon gusto, mentre i clienti (maschi) si chiamano solamente “clienti”, o tutt'al più “donnaioli”, oppure “maiali” nel peggiore dei casi, o “cornuti” se sono vittime di adulterio, ma non è di questo che parla lo spettacolo; bensì di italiani puttanieri, ballerine depilate profumate e fotospogliate; sesso casalingo gratuito e sesso esotico a pagamento; le cui varianti sono descritte nel monologo iniziale.
L'idea di raccontare abitudini sessuali di una parte del popolo italiano (quello maschile, ma anche qui si tratta di una parte, sebbene maggioritaria) nasce circa 10 anni fa. Giuliana Musso lo ha portato in scena diverse volte da allora, aggiungendovi sempre qualcosa di inedito e attuale, come il tema della crisi economica che all'epoca della prima messinscena era solo appena percettibile per la classe media di questo paese. Ecco allora che il piccolo imprenditore, ultimo personaggio ad essere messo in scena, ci confessa la sua profonda rassegnazione in un sistema brutalmente dominatore dove chi viene fatto fuori è il debole, così da giustificare il sesso a pagamento come valvola di sfogo da questo mondo ingiusto; in questo modo la prostituta/pubblico assume il ruolo di prete confessore. Perché dalle prostitute non si vuole solo sesso, ma anche ascolto e comprensione.
Alla prostituta diciamo quello che non si ha il coraggio di dire alla moglie, ai parenti, agli amici.
Ciò che è intimo, confidenziale, in teatro diventa testo da mettere in scena per il pubblico.
Dietro a questo spettacolo c'è un lungo ed impegnato lavoro di ricerca che Giuliana Musso ha portato avanti con curiosità e senza pudore. Sì, perché si è resa conto che la sessualità è un argomento tabù in Italia, molto più della morte. Tuttavia ha sempre avuto un grande successo con calorosa riconoscenza del pubblico. Infatti molti spettatori la ringraziano per affrontare temi di cui vorrebbero sapere di più, ma di cui in questo paese si parla sempre molto poco, e male. Ben venga il teatro d'attrice a schiarirci le idee e se non riuscirà nell'ardua impresa di darci delle risposte, almeno torneremo a casa con le domande giuste.
Lo spettacolo è strutturato in un prologo e 6 monologhi in cui l'attrice veste i panni di personaggi presi dalla quotidianità ma allo stesso tempo versioni aggiornate di maschere e tipi della Commedia dell'Arte, fiore all'occhiello della tradizione teatrale italiana, in parte dimenticata e soppiantata dal teatro di regia novecentesco. Giuliana Musso si sente orgogliosa di portare avanti questo tipo di teatro, il teatro d'attore; ed ecco che il pensionato Dino ci ricorda Pantalone e il magazziniere Igor è un Arlecchino degli anni duemila (riferimento suggerito dall’attrice stessa). La Musso interpreta di volta in volta i suoi personaggi accompagnata alla chitarra da “Igi” Gianluigi Meggiorin, il quale si presta anche come spalla nei frequenti sketch comici tra un monologo e l'altro. Inoltre l'attrice si rivolge spesso al pubblico non tenendo conto della quarta parete (invenzione ottocentesca e quindi posteriore alla Commedia dell'Arte): a volte per chiedere conferma sui gusti e le mode sessuali dei maschi italiani eterosessuali; altre volte il pubblico sostituisce un personaggio, come nel monologo finale del piccolo imprenditore Sandro che, invece di usufruire delle prestazioni sessuali di una prostituta fuori campo, le racconta i problemi della sua vita, così che lei assume la funzione di pubblico; e il pubblico reale diventa personaggio.

Recensione di Elena Bini

Sexmachine, uno spettacolo di e con Giuliana Musso, affronta in maniera chiara e ironica i vari modi con cui  poter guardare il mondo del sesso e della prostituzione.
La Musso, sostenitrice e interprete del teatro d'autore, si spinge con questa rappresentazione verso un'indagine dettagliata ma mai moralistica nei confronti dei vari tipi umani che popolano questo  universo.
La macchina del sesso e del potere, che è la prostituzione, viene analizzata attraverso i realistici sguardi di svariati personaggi, tra i quali possiamo trovare, come l’attrice ci ha suggerito durante un’intervista, tipi che ci ricordano quelli della classica commedia dell'arte come Arlecchino o Pantalone (basti pensare a Dino).
Un'indagine psicologica e sociologica in realtà molto precisa e metodologica che porta sulla scena, attraverso il grande mezzo comunicativo dell'ironia, le visioni più diverse attraverso le quali possiamo guardare la prostituzione.
La scenografia, semplice ma funzionale, composta solamente da due sedie, una sempre occupata dal musicista e l’altra come spalla dell’attrice, e l'uso di un'illuminazione variabile ma prorompente rendono questo palco semi vuoto traboccante di contenuti.
L’accompagnamento alla chitarra e alla voce di un fantastico individuo, Igi Meggiorin, il quale non lascia mai la scena e intermezza i monologhi dell’attrice con dei simpatici sonetti cantati nei quali riprende i temi affrontati dal  testo, rende  l'interpretazione della Musso, in ogni suo personaggio, assolutamente veritiera e credibile.
L'attrice sostiene e confida in un'intervista quanto ritenga il mezzo dell'ironia fondamentale per affrontare determinati argomenti. Non a caso altri argomenti dei suoi spettacoli in repertorio sono altrettanto fondanti e di certo rilievo: la morte, la nascita; argomenti “ senza tempo” ( basti pensare che Sexmachine è stato scritto nel 2003 e portato per la prima volta sulla scena nel 2005, quindi ben 9 anni fa.)
Nei 90 minuti della rappresentazione ci vengono mostrati svariati tipi umani, che possiamo tranquillamente identificare con persone che conosciamo, essendo così vividi e freschi.
Rimane con i piedi per terra l’artista, ma riesce in maniera inconsueta, ma pungente ed efficace, a mostrarci quanti possano essere i diversi modi con cui approcciarsi e con cui guardare ed analizzare il sesso a pagamento, e i soggetti che ne sono coinvolti o che semplicemente espongono considerazioni a riguardo.
Uno spettacolo piacevole e sovversivo che ci mostra come quella che viene definita come la " Zavorra" del nostro paese (la prostituzione) possa essere ragione di vita e di gioie per alcuni, e di disprezzo per altre.
Non vi resta che immergervi nel magico mondo della realtà senza pregiudizi e etichette morali per vivere appieno la divertente e piacevole compagnia della Musso e dei suoi innumerevoli volti.

Recensione di Laura Sestini

Poliedrica e precisa sono gli aggettivi che possono riassumere la performance in cui si è esibita Giuliana Musso,  mercoledì 5 febbraio alla Città del Teatro di Cascina, nei suoi stereotipati soggetti di Sexmachine. Il divertente e dissacrante monologo vede racchiusi diversi personaggi maschili e femminili accomunati dal fil rouge del sesso a pagamento, declinato come urgenza del genere umano, sesso scatenato senza tabù o come “semplice” professione. “Gli italiani sono un popolo di santi, navigatori e puttanieri” è il messaggio che l’attrice-autrice vuole trasmettere al suo pubblico nello spettacolo. L’essenza della sua denuncia, infatti, informa che In Italia ci sono 80.000 prostitute, per lo più giovanissime e straniere, con le quali gli uomini consumano nove milioni di rapporti sessuali all’anno. Un’economia che gira a pieno ritmo anche in tempi di crisi. Tra i personaggi, Silvana-prostituta-oggetto-in-vendita-sul-mercato, si pubblicizza come un’esperta di marketing e risulta l’unica personalità equilibrata e in armonia con se stessa. Una visione positiva, un riscatto, un obbligatorio recupero del mestiere più vecchio del mondo che affolla la mente di  tutti questi personaggi, ne soddisfa le pulsioni, ne ascolta talvolta i disagi. Una prostituta che guadagna vendendo un’idea. Un’idea di libertà morale. Silvana-Giuliana Musso scambia battute con gli spettatori e cerca di coinvolgere il numeroso pubblico. Un tailleur grigio gessato, unico abito di scena, per una carrellata di personaggi: Dino l’anziano, Vittorio il rappresentante, Silvana la prostituta, Monica la moglie frustrata, Igor il ragazzo e Sandro il depresso. Stereotipi differenti che di volta in volta l’attrice veste con il gessato in movenze arroganti, sexy o eleganti a completarne la personalità. Ed ecco allora l’anziano nostalgico delle case di tolleranza dove ha soddisfatto i desideri più nascosti senza tradire la moglie perché il matrimonio è sacro. “L’Italia del dopoguerra - spiega Dino - è stata ricostruita con le tasse del 50% sulle marchette delle case di tolleranza”. E’ poi il turno di Monica, moglie nevrotica e confusa “ che suo marito quelle cose lì non le farebbe mai”. Giuliana Musso è veneta e il suo accento volutamente forzato, calza bene ad Igor il ragazzo, un bossiano “io ce l’ho duro” ossessionato dalle bellissime prostitute dell’est. Una scenografia essenziale, ridotta al telone nero di fondo ed una sedia in mezzo al palco. Uno spazio privo di oggetti, riempito di musica e parole di Giuliana Musso e Gianluigi Meggiorin, il chitarrista-spalla che la accompagna. Le battute duettano con gli accordi per sostenersi a vicenda, creando un’energia attrattiva che tiene lo spettatore sempre “sintonizzato” sullo spettacolo senza un attimo di noia. Il lessico, le scalette tonali della voce, i gesti del corpo sono appropriati alle diverse “nature umane” in un crescendo di risate e applausi. Unico orpello scenografico, nel finale,  la parrucca rossa fiammante di Silvana-prostituta che arricchisce la sensualità dei movimenti del corpo pronto per “accogliere“ il prossimo cliente lungo la tangenziale illuminata da una suggestiva luce laterale.

Recensione di Valentina Volterrani

Atmosfera frenetica, gli occhi della platea attratti da luci e musica inseguono la voce dell’attrice in un ritmo deciso e tempestoso. Un incipit dello spettacolo che richiama lo spettatore ad assistere al “gran consorzio  umano“ che si andrà definendo, c’è posto per tutti nel gran magazzino del sesso: Sex Machine. Un'atmosfera quasi circense di intrattenimento che si stroncherà poco dopo, cambiando tono e registro.
Sulla scena i due interpreti, l’attrice produttrice Giuliana Musso e il musicista Igi Maggiorini, danno vita a sei personaggi emblematici che riflettono in modo comico-grottesco una società in cui il corpo della donna non è altro che uno strumento per far girare l’economia e il maschio il cliente prediletto.
Nonostante la Musso passi dal racconto di una storia ad un'altra attraversando caratteristiche di personaggi diversi tra loro, non ci sono cambi di scena o fratture nella successione dello spettacolo. La musica fa da presentazione al nuovo personaggio che entra salutando e  presentandosi quasi sempre in proscenio per condividere la propria vicenda.
La scenografia non cambia mai: una sedia al centro che fa da appendi-giacca con una borsa nera aperta sotto, un microfono con piedistallo da un lato e dall’altro lo sgabello per il musicista che non lascerà mai la scena per l’intera durata dello spettacolo.
Non c'è considerazione per gli oggetti scenici, fungono da appoggio ai due interpreti, infatti l’attenzione non ricadrà su questi ma sarà rivolta alla maestria con la quale la Musso passerà dall’interpretazione di un vecchio nostalgico delle case chiuse; all’uomo d’affari con il “futuro tra le gambe” che si toglie tutte le voglie spendendo con le donne tutto il suo stipendio; a Silvana la prostituta con esperienza che elenca al  pubblico il prontuario di regole per potersi difendere e spennare i Clienti; a una madre di famiglia che finge l’orgasmo per sentirsi donna di successo ma che in realtà si sente schiava della morale cristiana; a Igor personaggio comico, matto per i privèe e la lap dance nei night Club; a l’ultimo personaggio, un triste uomo di famiglia che, perduto il lavoro, si consola con una prostituta.
Ogni personaggio è costruito anche tramite gestualità e mimica, l'attrice passa dalle movenze di un anziano, con mimica fantozziana quando pensa alla moglie sotto le coperte, alla madre di famiglia che in proscenio tradisce le sue parole e i suoi “Credo” con una gestualità insicura e preoccupata, all'uomo d'affari che a testa alta e mani in tasca ci racconta di una sessualità malata e dipendente. Ad ogni cambio di personaggio corrisponde un  cambio di gestualità, l'abito resta: un trailer nero quasi gessato che si spoglia della giacca quando da voce maschile diventa femminile, mentre il musicista indosserà sempre una giacca rossa da cabaret e la maglietta nera di playboy.
La musica di Maggiorini, da presentazione e accompagnamento nel prologo del contenuto dello spettacolo, diverrà personaggio attivo quando interverrà sollecitato dalla Musso: una collaborazione recitazione e musica complementare, sfondo psicologico e chiarimento suggestivo.
Un pubblico divertito e attivo viene richiamato a interagire dalla Musso durante l'evoluzione delle storie e nonostante il semi-silenzio della platea di fronte alle domande, l'attrice riuscirà ad improvvisare scatenando le risa di un pubblico che comprende e accetta la satira.
Alla fine il palco diventa strada, l'attrice estrarrà dalla borsa nera, rimasta sotto la sedia per l'intera rappresentazione, una parrucca rosa e le scarpe con il tacco, indossandole: Noi non siamo diverse da Nessuno.
La luce si restringe su di lei che passeggia aspettando il nuovo cliente, il musicista continua a suonare finché sul palco ci sarà buio completo, metafora di come nel grande consorzio umano ognuno rimane da solo con il proprio destino.
Una platea di applausi richiamerà i due interpreti per ben cinque volte prima del congedo dietro le quinte.

Recensione di Martina Di Gregorio

Giuliana Musso, attrice-autrice friulana, in questo spettacolo interpreta sei personaggi diversi, legati da un unico filo conduttore: il sesso. Quest’ultimo inteso sia dal punto di vista degli uomini, “anello debole della società”, sia dal punto di vista di una categoria di donne, le prostitute, che in questo caso sembrano trionfare sulle debolezze e angosce esistenziali di questi uomini che, seppur diversi per età e professioni, si somigliano per il maschilismo e la perversione che li caratterizza. Ebbene, se Sexmachine è macchina del sesso e della libertà, Giuliana Musso è macchina da palcoscenico: 1h 40m di monologo in cui alterna sarcasmo e dileggio con momenti di disperazione e sconforto, figli del male di vivere di questi personaggi che sono anche delle maschere, come  pantalone (Dino) e arlecchino (Igor):  particolari che ha svelato l’autrice, durante l’incontro con il pubblico precedente allo spettacolo. La scenografia è essenziale, un solo sgabello e due anime vive: l’attrice plurale (G. M.) e un simpatico chitarrista (Gianluigi Meggiorin) che non abbandona mai la scena ed accompagna con i suoi accordi acustici le parole dei sei personaggi, interagendo con loro (solo quando è chiamato all’appello) e rafforzandone l’ambiente emotivo. La musica è decorativa e di atmosfera in tutto lo spettacolo, accompagna in sordina tutti i momenti e induce particolari reazioni emotive nello spettatore . Il prologo dell’autrice-interprete è un po’ il succo di tutto lo spettacolo: descrive per sei volte (sei sono anche i personaggi) il sesso da un punto di vista negativo, il lato sporco, la “mercificazione del corpo femminile”. Sbatte in faccia una scomoda verità senza troppo moralismo, usando come strategia di comunicazione, la provocazione emotiva: “[…] sesso porco a pagamento, dentro tutti è così bello!! Nove milioni di rapporti sessuali a pagamento all’anno, settantamila donne sul mercato”. Dopo essersi liberata la coscienza con il lungo prologo catartico, in quanto liberazione dal sopruso della società, la Musso si attiva nel primo dei sei personaggi (Dino) e cerca subito di varcare la quarta parete, rivolgendosi al pubblico, probabilmente per renderlo presenza attiva e critica. Si spengono le luci colorate e resta una sola luce gialla ad accompagnare il nuovo personaggio: Dino, spalle curve in avanti e completo grigio gessato. È un pensionato che ha nostalgia delle case chiuse e che lascia un velo di rabbia e dissapore nelle ultime parole rivolte alla figlia: mi devi portare rispetto!! Hai capito? Che io a mio padre gli davo del voi, hai capito?! Stai zitta. Stai muta. Giù con la testa!! Puttana. Vittorio, agente di commercio, è il classico uomo dal chiodo fisso per il sesso a pagamento, insicuro, cliente perfetto. Viene lasciato dalla moglie dopo sei mesi di matrimonio perché sorpreso mentre “palpava il culo a una bionda”: Sabrina! Non fare scherzi. Cosa vuoi ancora da me?[…] Ce l’ho tra le gambe,io, il futuro, Sabrina!!
Silvana, prostituta con esperienza, potrebbe scrivere il “manuale delle mignotte di successo”, dà consigli pratici e si mostra sicura di sé “Chi sono i polli? Tutti. […] vede il suo mestiere come un’ impresa: “Il motto della ditta dev’essere: simpatia e velocità! Ciao ciao e scendi dalla macchina. Ciao ciao e Sali su un’altra.
Monica, una mamma, ossessiva e premurosa nei confronti del figlio Cristian. Una donna quadrata, dai valori solidi: famiglia, matrimonio, sacrificio. Vede la convivenza come un modo per non prendersi le proprie responsabilità e trova volgari, le donne che vanno in tv a parlare di sesso liberamente. Monica appare come un personaggio un po’ bigotto, quando chiama il figlio assume un tono di voce opprimente e insopportabile da ascoltare. È incredibile la capacità dell’attrice nel cambiare il tono e la mimica facciale in base al personaggio che interpreta. Dopo Monica, si siede di spalle sulla sedia, si infila la giacca di pelle e dopo aver scambiato qualche battuta con il chitarrista, diventa un ragazzo schizzato: Igor, la maschera di arlecchino. Ha una forte passione per le ballerine di lap dance e adora l’idea di stare nel privè con loro. Sandro, ultimo personaggio, è un imprenditore fallito, dopo il clima di festa che aveva creato l’esuberante Igor, con Sandro vi è un velo nostalgico, il personaggio si perde in lacrime quando parla della casa che ha dovuto vendere a causa del fallimento della sua azienda. Il personaggio di Sandro è quello di un uomo sconfitto, che va a mignotte per non pensare alla sua triste condizione economica e al dolore che potrebbe causare alla moglie “tanto bella e che tanto ama”, rivelandole la situazione.
Il pubblico ha reagito molto bene, ha applaudito e sembra essersi divertito. Ma qualcuno si potrebbe chiedere: è Sexmachine che ha funzionato, per temi e contenuti o Giuliana Musso per la capacità di fare da matador per 1h 40m di spettacolo? Quel che conta è che ha funzionato.

Recensione di Valentina Lupi

Giuliana Musso, esponente di punta della nuova drammaturgia femminile, ha l'abitudine di mettere in scena argomenti che la nostra società ritiene "scomodi". Questo lo si vede in Tanti saluti, dove il tema principale è la morte o in Nati in casa in cui descrive, senza peli sulla lingua, un parto dando la sensazione di essere lì ad assistere all'evento. Con "Sexmachine" , andato in scena il 5 febbraio alla "Città del teatro" a Cascina, la Musso affronta un tema tabù, cioè il sesso a pagamento e tutti gli aspetti che riguardano il mondo della prostituzione, dove "la donna viene chiamata in molti modi e i clienti semplicemente clienti".
La Musso, insieme agli abili accordi di chitarra di Igi Meggiorin, riesce a coinvolgere e emozionare, pur facendo ridere delle debolezze umane con grande intelligenza e grande simpatia che è propria del suo carattere di donna un po' ribelle. L'ironia del suo monologo è caratterizzata sia dalla mimica, dallo sguardo dell'attrice, sia dalla coreografia che cambia a seconda del personaggio. Un altro elemento che dà ironia alla scena è la complicità che ha con il musicista, avendo un ruolo attivo nella scena, non si limita a essere un semplice suonatore di chitarra. Sul palco abbiamo pochissimi oggetti: una sedia a destra, dove è seduto il musicista con la sua chitarra e nel centro un'altra sedia con sotto una piccola borsa nera. Lei con soli questi oggetti  riesce a dare vita a sei personaggi e questo lo fa senza mai cambiare abito, semplicemente limitandosi a mettere o togliere una giacca a seconda che reciti una parte maschile o femminile.
Come prima figura entra in scena Dino, pensionato che ha nostalgia dei bordelli ormai chiusi . Lui ha una grande interazione con il musicista perché vediamo un vero e proprio dialogo tra di loro, anche se Igi si limita a fare gesti con la testa. L'attrice ha un vestito da uomo nero con giacca e scarpe, ha una camminata in avanti molto lenta e impacciata e tiene le mani dietro la schiena, ricordando i tipici atteggiamenti delle persone anziane. Anche la voce è cambiata e si è fatta rauca. Basta agganciare un bottone al centro della giacca ed ecco entrare in scena il secondo personaggio, il ricco agente di commercio Vittorio. Lui si mette alla sinistra del palco e con aria strafottente, con le mani in tasca e le gambe divaricate racconta e si vanta del fatto che butta tutti i soldi in donne, passando dalle "negre" sulla strada alle escort di lusso da 1000 euro a notte.
L'attrice ad un certo punto si leva la giacca e la posa sulla sedia, si sistema i capelli e entra nel ruolo dei due personaggi femminili. Silvana, una professionista della strada, è una figura che si può definire "tragica", perché vive in prima persona quello che è la prostituzione e i vari i pericoli a cui va incontro facendo questo lavoro. Alla fine affronta il tema quasi paradossale della prostituta che si innamora e dice che se dovesse succedere, dovrà smettere di andare sulla strada, perché dove c'è amore non ci può essere prostituzione e viceversa. La seconda donna è Monica, casalinga a tempo pieno, una donna che possiamo definire "bigotta" con quella voce squillante che ha del ridicolo. Lei è contro l'abuso del corpo femminile ed è convinta che suo marito sia un beato in terra che non la tradirebbe mai con quelle sgualdrine.
L'attrice, subito dopo aver interpretato Monica, va a mettersi un cappotto nero, si scarruffa un po' i suoi capelli corti, ed è pronta a fare la parte di Igor, un ventenne magazziniere. I suoi movimenti ricordano molto la figura di Arlecchino, (questa somiglianza è stata sottolineata anche dall'attrice in alcuni suoi interventi), che ama andare nei Night perché pensa che le ragazze comuni abbiano troppo la "puzza sotto il naso". Preferisce sperperare tutti i suoi soldi in donne "disponibili", facendo prive' nei locali e divertendosi a mettere i soldi nelle mutandine delle ragazze che ballano la lap dance. Questo personaggio prova ad avere un contatto diretto con il pubblico, facendo domande e commentando le poche "risposte" che ha insieme a Igi.
Infine c'è Sandro, la figura più commovente di tutte, che fa riflettere sia sulla situazione sociale che stiamo vivendo oggi, sia su quello che è la prostituzione. Lui uomo-imprenditore del nord, che ormai ha perso la sua fabbrica perché fallita, ricerca nelle prostitute non tanto il sesso, quanto più un ascolto che in casa ormai non trova più. Per recitare questo ultimo personaggio la Musso rimane a sedere, la scena è al buio. Sul palco si vedono solo il musicista e Sandro, ma in realtà il personaggio non è messo così in evidenza perché ciò che invece risalta sono i suoi sentimenti, caratterizzati dal quel pianto finale che fa stringere il cuore.
Per conclude l'attrice apre la borsa nera che era sotto la sedia. Da lì tira fuori una parrucca rossa e un paio di scarpe con i tacchi: li indossa e in modo seducente va davanti al microfono posto alla sua destra e con parole un po' provocatorie, riferite ai clienti, finisce lo spettacolo.
"Sexmachine" scuote nel profondo lo spettatore, ed è questo l'obiettivo dichiarato dall'attrice che afferma che il pubblico ha bisogno di questo scuotimento interno.
"Sex machine": macchina del sesso ma soprattutto una formidabile macchina del teatro.