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Stavolta è il Vice Questore a convocare Daniele in vista della nuova missione, in un orario un po' insolito, a sera inoltrata, mentre il palazzone della questura centrale è chiazzato da qualche rada finestra illuminata di luce lattiginosa. Gli parla quasi sottovoce, col suo solito accento campano,  le palpebre semichiuse dalla stanchezza:
“Si tratta nata vota di un compito delicato, intendo dire dal punto di vista... umano, e anche non molto piacevole: in poche parole, che tanto riceverà il solito dossier esplicativo, lei deve entrare in contatto con un paramedico del reparto oncologia del secondo policlinico: abbiamo quasi la certezza che isso faccia da tramite tra l'amministrazione del reparto e le case farmaceutiche,  per l'acquisto di farmaci assai costosi, naturalmente con percentuali considerevoli da spartire non sappiamo con chi: infermieri, primari, tecnici.”.
Il V. C. guarda di sottecchi Daniele:
“Lei è al corrente di quanto può costare un farmaco antitumorale?”
“Più o meno si, ho avuto uno zio malato di tumore.”.
“Guarito?”.
“Si, guarito!”.
“Bene: le posso dire che la guarigione di suo zio, benedetta!, è costata allo Sctato italiano tra una cura e l'auta, ricoveri, eventuali interventi chirurgici, etc., alcune decine di migliaia di euro! Guaglio', qua non si scherza! Se le case farmaceutiche devono pure coprire nel loro prezzario i costi delle mazzette, vuo' di' che simmo 'nu paese 'e mmerda! D'accordo!?”.
“Come non poterlo essere, il nostro è un Paese che vive pure sulla corruzione, e sulla pelle di chi soffre!”.
“Comunque noi sappiamo che questo paramedico, tal Salvatore Progetti, omen nomen, bei progetti salvamunno!,  deve incontrare tra un mese un intermediario, finto informatore del farmaco, a lui fisicamente sconosciuto, che ha un, come si dice in linguaggio internettiano, nickkeneime: strike 11; lei deve telefonargli entro 6-7 giorni, usando il nickkeneime, per incontrarlo; quindi farà, su sua richiesta, delle proposte di percentuali sull'acquisto della sostanza benciclina2alfa, di ultima generazione, per il cancro renale; tutto verrà naturalmente registrato.”.
“Immagino che occorra il mio intervento perché gli underscores “normali” non possono muoversi!?...”.
“Quel figlio di puttana, e i suoi soci, ha individuato alcuni agenti sotto copertura, ma non sappiamo quali: ecco perché occorre lei, va bbuono? Dobbiamo sctroncare questo disumano e illecito traffico. Ma lei deve operare in un ambiente di estrema sofferenza; deve saper dosare le parole, deve lavorare, come dite voi teatranti, sui sottointesi, sui sottotesti; deve alludere e negare, simulare e dissimulare; non deve prendere di petto, alla prima occasione, il Progetti!... Se la sente di svolgere questa mission, accussì, di primo acchitto? Non si deve sentire obbligato, capisce?”.
“Penso di si, comunque la terrò informato dell'evolversi della missione, e se del caso mi fermerò!”.
“D'accordo; ah, le volevo dire che il Questore è fuori Roma, ecco perché l'ho chiamata io! Ovviamente è al corrente della cosa. Le auguro buona notte!”.
“A lei: aspetto il dossier.”.

Daniele legge il fascicolo appena arrivato, e decide di recarsi per alcune volte presso il reparto in questione al solo scopo di avere un contatto ravvicinato con un microcosmo fatto di speranze, terrori, delusioni, fatica, stress fortissimo, sopportazione, dedizione, coraggio, pianto, riso, ottimismo e tutti i derivati possibili: energia, entusiasmo, impegno, attenzione all'altro, condivisione di una causa comune, fiducia nella ricerca medica e nelle statistiche incoraggianti, e tutto sia dal punto di vista dei pazienti che dei curanti.
Studia la struttura del reparto, con una certa libertà dai controlli, che tanto nessuno entrerebbe lì per pura curiosità... : l'ubicazione degli studi medici, la disposizione delle stanzette dove ai pazienti viene somministrata la chemio o la radio, o altro ancora; le varie figure dei medici, dal direttore del reparto, al più giovane degli specializzandi; e le facce degli infermieri, e naturalmente in particolare la persona oggetto dell'indagine. Un mondo di umanità dolente, dove nessuno parla della malattia, a partire dai parenti che aspettano i loro cari nelle sale apposite: ma tutti stanno lì per combattere un nemico tanto invisibile quanto potente. Un intero esercito mobilitato che non sa se gli arriderà la vittoria, o se sarà inesorabilmente sconfitto. E ognuno si dà da fare: Daniele osserva gli accompagnatori dei pazienti, i cui gesti d'aiuto sono soprattutto un messaggio d'amore: porgere un fazzoletto, o un giornale, o un frutto fresco al proprio caro: gesti che fanno parte della quotidianità normale: e lì ciascuno normalizza il proprio fare e il proprio dire. Basta sentire il primario, molto paziente, molto sicuro:”Bene, bene, bene, ci vediamo fra un mese, signora, lei deve stare TRAN-QUIL-LA”. Gli infermieri vanno e vengono con bocce delle flebo piene o vuote, come se fossero i calici per un brindisi alla vita! “Ma che cazzo di vita sarà!?” pensa fra sé Daniele; e poi pensa di essere un grande stronzo quando riflette al gran mistero finale della morte! Lui si che se lo può permettere! Ma sa anche che ciascuno di quei pazienti si chiedono piuttosto e innanzi tutto qual è il mistero della vita, e perchè ci ostiniamo  a salvarla, a difenderla, a rincorrerla, a starci attaccati come sanguisughe.
Daniele sa che nel condurre la sua inchiesta dovrà spegnere ogni emozione, smemorarsi di essere in un luogo di frontiera, in cui si è sempre in guerra, e senza confini predeterminati, per quanto normalizzato il più possibile. Gli affiora alla mente quanto sia giusto o meno, condurre la sua battaglia di underscore prestato alla polizia, in un campo su cui non dovrebbero stazionare persone malevoli, pronte a esplodere, come mine nascoste, la loro cattiveria.
Dedica la sua ultima visita all'attenzionato: ne segue i movimenti, ne studia il modo di parlare, di gesticolare, di rivolgersi alle persone. Si intuisce che i colleghi gli riservano una certa deferenza. È un tipo sui sessanta, mal portati, molti capelli brizzolati, occhi scuri, indossa camice e zoccoli intonsi; appare  molto deciso, e assieme molto affabile. Lo vede in fitto colloquio con un signore che è sicuramente parente di un paziente. Daniele pensa di parlare con quest'ultimo per avere qualche altra informazione utile.
L'indomani quel signore è di nuovo in reparto, nella sala d'attesa: Daniele lo avvicina, anche se percepisce una certa ritrosia in quella persona, spacciandosi per parente di una paziente che è al primo ciclo di terapia.
Daniele (porgendo la mano al signore, e accennando col capo a un inchino): Mi scusi, mi chiamo Daniele Rossi, e accompagno qui mia moglie per la prima volta!
Signore: Oh, mi dispiace... mi dica...
Daniele: Sa, sono un po' spaesato, oltreché piuttosto angosciato...
Signore: La capisco!
Daniele: Ecco, volevo farle qualche domanda per orientarmi, se me lo permette.
Signore: Per quello che posso! Sa, può capire il nostro stato d'animo!
Daniele: Per carità: pensi che che ho intravisto dalla porta di una saletta mia moglie con la flebo al braccio, e un vassoio sulle ginocchia, penso qualche cibo che compensi i disturbi inevitabili! Sembrava ancora più piccolina, così sprofondata e spersa su una grande poltrona! Sapesse che nodo in gola!
Signore:  Su, si calmi, si sieda qui; dobbiamo, come si dice, pensare e, soprattutto, agire in positivo: ciò aiuta i nostri parenti sfortunati, è proprio così: dobbiamo concentrarci sul presente, stare nel presente, non andare troppo in là nel tempo futuro con la mente.
Daniele:  La ringrazio, è di una rara gentilezza!
Daniele pensa che quella iniziale ritrosia del signore era ben comprensibile: a lui rimorde invece quella specie di presa per il culo, gli sembrava imperdonabile.
Signore:  Per carità! Ma mi dica...
Daniele: Ecco, volevo sapere chi conta qui, a parte i medici; con chi interloquire per quegli inevitabili piccoli favori di cui potrei aver bisogno. Qualcuno mi ha fatto il nome di Salvatore: ma è quello sui sessanta, passato qui davanti cinque minuti fa, con il camice immacolato?
Signore: Si, è lui, Salvatore Progetti: certo, conta abbastanza: è un paramedico, non saprei, un tecnico che credo sia responsabile di un po' tutte le apparecchiature del reparto, forse anche della gestione dei farmaci; ma sta anche vicino ai pazienti e agli accompagnatori.
Daniele:  Lei ne ha avuto bisogno?
Signore:  Solo per chiedergli un paio di informazioni logistiche.
Daniele:  E si è mostrato gentile?
Signore:  Molto...
Daniele:  Le è sembrato che fosse alla cerca di... di mance?
Signore:  No... Non mi è parso proprio.
Daniele:  Si è dimostrato attento alle sue esigenze?
Signore:  Eccome: direi che è una persona loquace, anche se lascia parlare poco, ma quel poco lo ascolta, eccome!
Daniele:  Ho capito!
Daniele pensa che non può non interessarsi alla situazione di quel signore, che per un attimo ha sbirciato verso il corridoio del reparto.
Daniele:  E lei chi accompagna in questo reparto così... delicato?!
Signore (che aggrotta le sopracciglie e tira un' amara smorfia):  Mio figlio, trentenne, con recidiva di un linfoma.
Daniele: Le sono vicino... ogni parola di più, come ben sappiamo, suonerebbe retorica!
Signore:  Non si preoccupi, siamo compagni di sventura. Comunque ci sono molte speranze, così mi hanno assicurato. Certo, un figlio...
Il signore guarda verso la finestra, verso il cielo che vorrebbe lo inghiottisse.
Daniele:  Non la voglio importunare più; credo che purtroppo ci vedremo ancora, la ringrazio di cuore, e sono vicino a lei e soprattutto al suo ragazzo.
Il signore sorride malinconico, e tende la mano a Daniele.
Occorre tornare ancora una volta nella sala d'attesa del reparto: Daniele sente di dover approfondire il livello d'importanza raggiunto da Salvatore Progetti agli occhi dei pazienti e dei loro parenti. Lo farà l'indomani. Ma la notte è piuttosto travagliata, il suo sonno è leggero, disturbato fors'anche da una lieve apnea notturna: era molto tempo che non gli capitava! Gli appare davanti la faccia smunta, incavata, del signore che ha il figlio malato di linfoma; gli compare la sagoma del Progetti che passa fuggevole, bianca come quella di un fantasma; come flashes improvvisi e candenti rivede alcuni volti anonimi incontrati di sfuggita nel reparto, tutti con lo sguardo assente, qualcuno forse perduto; gli affiora una specie di senso di colpa, forse d'inadeguatezza, o forse di intrusione in un luogo che l'immaginario collettivo ha eletto come unico emblema della sofferenza e del terrore...
Daniele si assicura prima che nella sala d'attesa non ci siano persone presenti il giorno prima, vuol evitare di mostrarsi come una presenza fissa, familiare. Vede una signora sui quaranta, jeans attillati, maglietta vivace che rivela una complessione fisica  atletica e robusta; gli pare serena, anche sicura nel muoversi in quell'ambiente. Le si avvicina e:
“Buon giorno, signora, posso chiederle un'informazione?”.
Lei, rispondendo al saluto, annuisce, anche se continua a rovistare in una vistosa bag da cui prende una perfetta e liscia mela, che addenta vorace.
“Mi hanno detto che il dottor Progetti è molto disponibile coi pazienti e coi loro congiunti. Lei conferma questo giudizio?”.
“'Beh, che vole che je dica!” ciancicando il frutto “Progetti è un mito pe' tanti de noantri! Bbono, disponibbile, è un zignore! Io c'ho avuto un tumore al zeno, quello destro, c'ho er zeno grosso fin da ragazzina, sa?, e, inzomma, m'hanno operadaaa, e m'hanno curadaaa qua! E inzomma Progetti m'è stato tanto viscino, sa?, ma proprio tanto! M'ha incoraggiatooo, eh...” si commuove “e... inzomma, stamo qua, pe' i controlli, ogni vorta 'na via crucisss, e Progetti è, com'è che se chiama, quello... er bon Samaritano...”, Daniele le va in aiuto:
“Il Cirenaico, Simone il Cirenaico, signora!”.
“Si, quello lì!  Che ajudaaa nostro signore Gessù Cristo!”.
“Capisco, signora! Comunque vedo che lei sta bene!”.
“Nun me lamento, sa? Ce sta de molto, ma molto peggio, me dia retta! Spero che lei non c'abbia grandi probblemi, vero?”.
“No, signora, grazie, il mio parente ha una prognosi molto favorevole, stiamo relativamente tranquilli!”.
“E meno male! So' contenta pe' voi! Comunque Salvatore c'ha un nome propio azzeccado, arriva sempre al momento giusto pe' noi!”.
“La ringrazio signora per le sue rassicurazioni. Arrivederla.”.
“A lei, se figuri, quando vole...”.
Daniele si allontana a prendere un caffè al bar centrale del policlinico, ma lo sorseggia controvoglia, prova una sottile nausea, come un blocco allo stomaco, al punto da lasciare il caffè sul banco. Vorrebbe andarsene, ma la spinta a tornare su al reparto è più forte della raffica di una ventata di tramontana. In sala d'aspetto la giovane signora “romanaccia” non c'è più, c'è solo un signore piuttosto anziano, calvo, magro magro, con dei pomelli sulle guance color pervinca striati di rossastro: sembra che le vene gli scoppino fuori dagli zigomi! Gli si avvicina:
“Mi scusi tanto, forse la importuno...”.
“Ma si figuri! Mi dica!”.
“Lei conosce il dottor Salvatore Progetti?”.
“E come no! Non so se è dottore, non so nemmeno che funzione svolga nel reparto, ma...” tossisce stizzosamente “è una gran brava persona! Si da da fare per tutti, è instancabile!”.
“Davvero?”.
“Glielo assicuro! Ormai le bugie non avrebbe senso dirle, al punto in cui sto!”.
“Mi scusi, perché... perché dice così?”.
“Eh! Immagini un po'!?”. Daniele intuisce, ma non può, non deve infilarsi come una talpa in un terreno così smosso e fragile. Esita, sorride, e il signore:
“Qui in reparto mi stanno incoraggiando, specie Salvatore, ma io non sono così stupido!... Ho un'età, capisco come vanno le cose! L'unica cosa che non voglio sapere è quanto tempo mi resta. Cerco di concentrarmi sul presente, cerco che ogni giorno sia infinito, eterno, e cerco di viverlo al meglio, sa!? Ecco perché non direi nemmeno una bugia!”.
“La capisco... profondamente... ammiro il suo coraggio!”.
“No, non è coraggio, la paura c'è, e tanta, cerco solo di uscire dalla scena concludendo una recita in modo perfetto, più per me che per gli applausi: mia moglie dice che la faccio soffrire, che la rendo vedova “molto” prima del tempo, perché io con le ultime energie rimaste cerco di fare un po' di bene, ascolto tutti, cerco di aiutare chi mi sta intorno, contemplo le meraviglie della natura, e sono consapevole che ho avuto la possibilità, forse il dono di un dio, di uno spirito trascendente, chissà!, (un po'  ci credo) di osservare uno scenario così misterioso ma così bello... Pensi solo al cielo stellato d'agosto! Pensi a chi non è nato, e che non potrà mai vederlo! Si, io morirò, ma l'ho visto! Certo, l'abbiamo un po' sciupato questo scenario, ed è per questo che raccomando ai miei nipotini di rispettare la natura, di considerarla un po' la nostra maestra saggia, coi suoi tempi, i suoi ritmi, le sue regole fondamentali! L'unica sofferenza, da questo punto di vista, è che mia moglie non mi capisce del tutto, caro signore! Ma son sicuro che capirà, magari... dopo!”.
Daniele è sbigottito, non sa che dire, una riga di sudore striscia gelida lungo tutta la sua schiena. Vorrebbe fargli ripetere, come in una prova teatrale, quelle parole! Ma non è possibile! Sa però che quel momento di straordinaria intensità umana non lo cancellerà mai dalla sua memoria! Accenna qualche parola:
“Io... io le devo dire che lei è una persona meravigliosa!”.
“Ma no, sapesse quante ne ho combinate nella mia vita! Quanti rimorsi! Quante manchevolezze! Quante occasioni perse di dar senso compiuto alle mie azioni, ai miei comportamenti! Solo la malattia mi ha come risvegliato! Ho letto che il tempo è come un tessuto sul quale noi dobbiamo cucire la nostra trama, piccola o grande che sia! L'importante è costruire la nostra trama, poi la morte le darà un suggello definitivo. Ma ora non stia a sentirmi troppo, le mie magari sono astratte elucubrazioni di un modesto professore di storia e filosofia nei licei romani.”.
Daniele lo guarda temendo che dai suoi occhi trapeli qualche lacrima.
“Professore, se vuole ci possiamo incontrare ancora! Se le fa piacere parlare con me, naturalmente!”.
“Naturalmente! Se lei viene anche domani ci scambieremo i nostri numeri di cellulare, perché vedo che mi aspettano in reparto e devo scappare! Eppoi voglio correre nel mio terrazzo a controllare le ultime fresie sbocciate, le devo pulire, bagnare, e poi concentrerò il mio sguardo sul loro piccolo miracolo di vivere! La saluto, e si fidi ciecamente di Salvatore, eh!?”.

Tornato a casa sua, adagiatosi sul divano del salotto con le luci soffuse, Daniele pensa di essersi spinto troppo in là, offrendosi di divenire amico di quel professore di liceo in pensione. Capisce di essersi dimenticato d'interpretare un ruolo segreto: aveva come gettato via la maschera! E sa pure che non può più tornare in quel reparto del policlinico, sia per non incontrare quella persona, e magari deluderla, sia perché  sente dentro una resistenza insuperabile a tornare in quel posto: solo perché è il reparto di terapia oncologica? No, non può essere! Daniele mette un cd di Fresu nel lettore e regola al minimo il volume: vuol lasciare andare i suoi pensieri, vuole cogliere i suoi stati d'animo più nascosti, vuole che le sue facoltà intuitive si dispieghino. Si lascia andare gradualmente a un dormiveglia agitato, confuso, uno shacker che gli mescola la mente, scomponendone i nessi razionali che appartengono alla logica della veglia: ma quello stato coscienziale non è nemmeno sonno, e ad un tratto, svegliandosi del tutto, gli viene sulle labbra un nome: Salvatore Progetti. L'origine  del disagio profondo che lo invade è lui! Daniele si chiede se è il caso di collaborare al giusto percorso che la polizia giudiziaria deve compiere; o, invece, di ritirarsi dalla missione, evitare di essere la causa più o meno diretta dell'allontanamento di Salvatore Progetti dai pazienti che a lui si affidano con tutto il cuore! Se il vice questore  si è detto certo che il sanitario è il perno di una terribile tresca, c'è un'unica spiegazione: il Progetti col suo modo di fare è un diabolico hypocritès, che col suo comportamento umanitario vuol dare un'immagine di sè ottimale, insospettabile. Oppure il suo comportamento è dettato da un desiderio di riscatto o di compensazione della sua azione da ex lege. Infine, può essere la polizia ad aver sbagliato del tutto le indagini, cosa che può benissimo accadere. In ogni modo Daniele sa, che entro i limiti dettati dal buon senso, deve fare una scelta, non contro la ragione, ma oltre la ragione.

Daniele è di fronte al vice questore, e conclude il suo report:
“... ecco, vede, forse la metto in difficoltà, ma preferirei di no, non me la sento di continuare... spero che questa decisione non costituisca un inciampo grave per il regolare procedere del mio incarico.”:
“Non glielo direi mai, la condizionerei, vabbuo'? Lei non si preoccupi, faccia come se nulla fosse accaduto, vabbuo'? D'altra parte, ce lo eravamo detto che in caso di suoi problemi personali...”.
Daniele torna a casa a piedi, e cerca nei balconi dei primi piani lungo i marciapiedi, qualche vaso di fresie dai colori ibridi, bagnati dal sole, da contemplare.