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Premessa: “malastrada” è una parola siciliana che bisogna interpretare. Significa “strada cattiva, negativa” ma anche l’intento di andare a “malastrada”, cioè “dove finiremo”? Questa piccola introduzione “linguistica” ci è permessa, viste le origini della compagnia e dello spettacolo di cui stiamo per parlare. E viste anche le origini della sottoscritta. La compagnia siciliana Teatro Pubblico Incanto arriva a Napoli con lo spettacolo MALASTRADA, ospitato dal teatro Elicantropo dal 7 al 10 febbraio. In scena i tre interpreti: Cinzia Muscolino, Tino Calabrò e Tino Caspanello, quest’ultimo anche autore del testo ( in dialetto messinese) e regista. MALASTRADA vince il premio Legambiente nel 2008 per l’impegno civile. La Sicilia è quella orientale, quella dell’estrema punta a nord-est, Messina, luogo di passaggio che porta con sé la fisionomia e la lingua mista di un porto, di un punto di passaggio. Avete mai pensato che andare via dalla Sicilia sia davvero un pellegrinaggio, non solo fisico ma mentale? Scrivere di questo spettacolo da siciliana comporta dei problemi, dei “vizi” di interpretazione, che si spera di evitare. Cerchiamo di tenerci lontani, quindi, da sentimentalismi inutili. Quando si parte dalla Sicilia, che ci sia nati o ci sia venuti in vacanza, lo stretto e relativo traghetto simboleggiano da sempre il passaggio. Arrivare e partire dall’isola con l’aereo non ha lo stessa profonda valenza. Caspanello immagina nell’insolita scurissima notte, dove di solito il cielo siciliano è colmo di stelle in visione tridimensionale, una famiglia in viaggio.  Volutamente madre, padre e figlio hanno gestualità, comportamenti e mentalità della sicilianità più tradizionalista. Elemento, quest’ultimo, che fa sorridere il pubblico partenopeo e fa storcere, a tratti, il naso alla sottoscritta. Le cinghiate al figlio, la madre che minaccia il marito con il coltello, immagini da sceneggiata meridionalista che distolgono dall’impianto suggestivo di inizio spettacolo ma che in realtà sottendono a dei significati molto più profondi. Nel buio della notte tre figure intraprendono un viaggio simbolico: devono vedere. Ma non c’è nuddu ( nessuno) e nenti ( niente). L’attesa angosciante, dettata dai  fortissimi rallentamenti nella recitazione e nella gestualità, dalle frasi spezzettate fino all’esasperazione, composte da piccolissime parole e frasi, porta il pubblico ad attendere incessantemente insieme ai personaggi. L’immagine è quella di figure che emergono dal buio, tra teatro dell’assurdo, attesa beckettiana e i personaggi pirandelliani. Ma il senso di tutto questo è molteplice. Il ponte sullo stretto,  che mai apparirà in tutto lo spettacolo, ma che in realtà ne è oggetto fondamentale, si materializza negli occhi degli attori. Come delle lenti che riflettono nella nostra mente immagini inesistenti. Il tema è fortemente attuale anche se l’ambientazione appare atemporale. Due genitori che costruiscono il futuro di un figlio sulla base di un ponte che forse un giorno ci sarà: collegamento tra un’isola e un mondo sconosciuto, il continente ( ancora chiamato così dagli anziani), dove si va per non tornare. Il senso dello spettacolo non è solo il legame con la propria terra, che appiattirebbe banalmente tutto il contesto. Ma le radici originarie si mescolano ad un contesto politico e ambientalista di grande attualità. Attraversare il ponte diventa simbolo dell’oscurità, dell’inconoscibilità, di un futuro buio. E proprio quando il figlio si decide ad intraprendere il cammino, la famiglia si sgretola. Il ponte che non si vede ma “risuona” di gorgheggi metallicci è “ na malastrada”: strappa dalle origini, promette il futuro, ma è sconosciuto. Un plauso all’attrice Cinzia Muscolino, donna dalle fattezze estremamente siciliane, ma che incanta con la sua estrema drammaticità da donna “greca”.

MALASTRADA
Teatro Elicantropo Napoli
7-10 febbraio 2013
Teatro Pubblico Incanto
Malastrada
di Tino Caspanello
con
Cinzia Muscolino, Tino Calabrò, Tino Caspanello
elaborazione suono Giovanni Renzo
costumi Cinzia Muscolino
assistente alla regia, luci e audio Andrea Trimarchi
scena e regia Tino Caspanello