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Gran successo al Teatro “Rossini” di Pesaro per “Il discorso del re”, commedia interpretata da Luca Barbareschi (che ha firmato anche la regia) e Filippo Dini, tratta dal film omonimo di David Seidler. La commedia è ambientata in una Londra surreale, a cavallo tra gli anni Venti e Trenta ed è centrata sulle vicende di Albert Frederick Arthur George Windsor (in famiglia Bertie), secondogenito del Re d’Inghilterra Giorgio V.
Albert  soffre di una pronunciata balbuzie, lascito di un’infanzia poco amata, trascorsa nelle mani di una bambinaia che lo detesta, mortificata dall’imposizione di apparecchi ortopedici e dalla correzione del mancinismo. La balbuzie lo rende poco adatto al suo ruolo istituzionale in un’epoca in cui la radio comincia a modificare i rapporti fra il potere ed il popolo comune. Forse perché la famiglia reale gli è sempre apparsa piuttosto una “ditta”, dopo una gioventù dissipata al traino del fratello maggiore, brillante e gaudente, si è formato una famiglia basata sull’amore e la solidarietà con una donna che non aspira alle luci della ribalta (Elisabetta Bowes-Lyon) ma che sarà perfettamente in grado di sostenerlo nei momenti difficili e di assumersi lei stessa responsabilità più grandi del previsto.
Com’ é noto, il timido e complessato duca di York non sarebbe mai dovuto salire al trono d’Inghilterra: il primogenito era infatti Edoardo che abdicò, dopo neppure un anno di regno, per amore di Wallis Simpson. A Bertie, quindi, toccò il peso della corona diventando sovrano con il nome di Giorgio VI. Il re si trovò a rappresentare  la voce del popolo britannico in un difficile momento storico, alla vigilia del secondo conflitto mondiale. Ma che voce poteva mai essere o quale guida per il popolo? Così venne portato dalla moglie dal logopedista australiano Lionel Logue, anticonformista nei modi, attore di scarso successo, ma capace di sondare le anime e di medicarle:  sottopose il futuro re ad una cura che -attingendo al laboratorio teatrale quanto alla prassi psicanalitica- gli permise di parlare in pubblico,  salire sul trono, e diventare anche un re molto apprezzato dal suo popolo.
Pur non abbandonando mai la Storia, la commedia si addentra in un dramma personale, sempre in perfetto equilibrio tra toni drammatici e leggerezze. Ricca di ironia e soffusa di malinconia, a tratti molto commovente, é anche capace di suscitare risate (quelle che nascono dal cervello e si trasmettono al cuore), così come lacrime che nascono dall’empatia, da una condivisione sentimentale di difficoltà umane.

Pluripremiato alla notte degli Oscar 2011, il film nacque proprio come testo teatrale, volto a sfruttare l’aspetto psicofisico della disarticolazione verbale per raccontare il rapporto tra il Paese colono e l’Impero per cui sacrifica i propri figli in guerra, mostrando altresì come aneddoti nascosti nelle pieghe della Storia possano elevarsi alla potenza dell’epica, se narrati con perizia e ritmo. Il merito è dello sceneggiatore David Seidler (“Tucker”. “Un uomo e il suo sogno” di Francis Ford Coppola), che nella propria vita ha sofferto proprio di questo problema.
“E’ una bellissima storia sul senso di responsabilità e dignità del ruolo, sulla solidarietà familiare e la forza di volontà che permette di superare ostacoli apparentemente insormontabili”- ha sottolineato alla stampa Luca Barbareschi che ha ottenuto in tutta la tournée grande successo di critica e pubblico. Accanto a Barbareschi (nel ruolo di Lionel Logue) e Filippo Dini (in quello del Duca di York ), figurano Astrid Meloni (Duchessa di York), Chiara Claudi (Myrtle, moglie di Lionel), Roberto Mantovani (Cosmo Lang, Arcivescovo di Canterbury), Mauro Santopietro (Davi, Principe di Galles), Ruggero Cara (Winston Churcill ), Giancarlo Previati (Re Giorgio V, padre di Bertie e David).