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Un ritrovato Mario Jorio, sul palcoscenico del Teatro della Tosse di Genova il 27 e 28 febbraio, con questa sua ultima interessante drammaturgia, ispirata chissà, tratta ovvero solo riscritta da Samuel Beckett, o forse semplicemente una indagine del rapporto di Jorio con Beckett, in una sorta di gioco di specchi biografico ed autobiografico con un unico protagonista, le tavole del palcoscenico come eco di una vita ovvero della vita.
In scena, unico personaggio, la bravissima Sarah Pesca, giovane ma già ricca di sapienza interpretativa, è una vecchia signora travolta dal tempo e dai ricordi, che quando sono ormai veramente tali amareggiano e quasi sdoppiano, trasportando la nostra vita e la nostra identità in un altrove fuggito che non torna ormai più.
Unica arma, forse non ancora spuntata e inceppata, è il continuo confronto monologante, con un andamento quasi Yoiciano, con il proprio essere e con il proprio esistere, alla ricerca di una consapevolezza di sé che la distanza del ricordo induce a perdere, un monologo che è anche continua elaborazione e rielaborazione alla ricerca di una via d'uscita.
Ed infine, paradossalmente, l'esserci in scena e nella vita di quel vecchio personaggio, amaro e rancoroso, esce come una farfalla dal suo bozzolo, riposizioando il proprio presente e riconquistando, con la giovinezza evidente, il proprio futuro.
Una drammaturgia interessante, quella di Mario Jorio, e fors'anche dolorosa credo, nel cui testo e nella stessa riscrittura scenica le interferenze esistenziali cercano motivazione e chiarezza nel farsi stesso dello spettacolo.
Forse un dramma che è più una domanda da elaborare che una risposta offerta al pubblico, un pubblico numeroso e che ha risposto con molti applausi.