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Il teatro Akropolis di Genova ripropone nella sua struttura nel primo ponente genovese la ormai consueta rassegna annuale “Testimonianze ricera azioni”, rassegna che vede in questo tormentato 2013 ridotto lo spazio degli spettacoli con sole tre compagne ospiti (dal 13 al 15 marzo) che affiancano il procedere delle produzioni di Akropolis (dal 16 al 20 marzo), mentre vede confermato se non ampliato lo spazio degli interessanti seminari e workshop quasi incastonati nell'ambito di una esperienza residenziale, dall'8 al 24 marzo, per artisti curata dalla Compagnia Nari-Frangioni/UBIdanza e da Cristiano Fabbri.
Una scelta quella descritta che, pur testardamente non rinunciando ad una apertura critica alla città e alle esperienze e ambizioni teatrali che vi vivono nel tentativo di articolare una sorta di network allargato del teatro di ricerca, non ha potuto che fare i conti con la situazione complessiva del teatro nazionale e locale, sempre più abbandonato all'interno delle già rinunciatarie politiche culturali degli ultimi tempi e che dunque conferma l'impegno di Akropolis e dei suoi drammaturghi David Beronio e Clemente Tafuri, accompagnata e sottolineata dall'uscita del volume quarto di “TEATRO AKROPOLIS Testimonianze ricerca azioni”.
Venerdì 15 marzo è stata la volta di questa drammaturgia di Roberta Nicolai, primo quadro di un trittico cui segue “nudità” e “L'uomo senza contenuto”,  diretta dalla stessa Nicolai e co-produzione tra Chantier TEMPS D'IMAGES 2010 e altri soggetti per il Romaeuropafestival di quell'anno.
Interpretato dai bravi Michele Baronio e Enea Tomei, è un riflessione fisica ed insieme testuale, con sintassi si intersecano con coerenza e consapevolezza, sull'identità che pare potersi recuperare solo attraverso lo sdoppiamento alienante e vertiginoso, quasi dimensione di uno spazio altrimenti sconosciuto e disperso.
Il doppio, quello dei due personaggi che duplicano, a sé stessi e ciascuno all'altro, le proprie parole e i propri movimenti, come dimensione recuperata che determina la costruzione di uno spazio e quindi di una identità nel tempo.
Il reciproco confrontarsi e interrogarsi, mentre ci si insegue, provoca la costruzione della scena e quindi consente di localizzare la propria esistenza recuperandola come ricordo (le immagine proiettate sui materassi che soli determinano lo spazio) e quindi costituendola come storia psicologica ed esistenziale.
Il doppio che si rispecchia come unica via per recuperare la propria unicità dunque, fonte estetica di una etica del giudizio che trasforma l'ignoranza in conoscenza di sé.
Una drammaturgia non facile, dunque, ma in grado di determinare forti suggestioni che riconducono a senso lo spaesamento del suo titolo fondativo, una difficile narrazione di nodi che poi, paradossalmente, si sciolgono nel silenzio che fa spazio alle parole.
I costumi e le scene, già descritte, sono di Andrea Grassi, il disegno sonoro di Gianluca Stazi, i video a cura di Adriano Mestichella, le luci della regista, mentre partecipano in video Katia Caselli e Manuela Miscioscia.
Lo spazio del teatro Akropolis ne ha sostenuto le potenzialità significative ed il pubblico numeroso ha condiviso con partecipazione l'esperienza drammaturgica.