Era quasi passata l'estate, quando in una giornata di metà settembre, Salvatore, già impegnato sul palcoscenico a provare il nuovo spettacolo autunnale, sente squillare il suo cellulare, e ode una voce  secca e decisa entrargli nell'orecchio:
“Lei è il sig. Salvatore  * * *, l'attore di prosa?”
“Si, sono io” risponde Salvatore.
“Sono il tenente dei carabinieri Antonio Spadaccione, chiamo dal comando di Cosenza. Dovrei parlare con lei il prima possibile: naturalmente non è proprio un favore che le chiedo, per cui si senta in obbligo di venire!”.
“Ma... ma” Salvatore si sente madido di sudore “ma... cos'è successo?” e nel momento stesso in cui rivolge la domanda al tenente, gli giunge nella mente quella strana donna incontrata due mesi prima alla stazione di San Luca Maggiore!”.
“Per telefono non posso risponderle! Se mi lascia un indirizzo di posta elettronica o un numero di fax le farò avere immediatamente la comunicazione ufficiale di convocazione: prima mi deve dire quando lei può venire.”.
Salvatore si sente girare la testa, tanto che si siede sul bordo del palcoscenico, e cerca di fare mente locale per ricordare i suoi impegni immediati; il tenente lo incalza, allora Salvatore si dichiara libero   per il venerdi a seguire, e comunica il suo indirizzo email. Poi chiede al tenente:
“Ma mi dica di cosa si tratta, per favore!”.
Gli fa il tenente: “ Guardi, si tratta di, chiamiamolo per ora: incidente, accaduto a metà luglio scorso presso la stazione ferroviaria di San Luca Maggiore. Allora le darò comunicazione di presentarsi venerdi 17 settembre” (Salvatore quasi automaticamente fa le corna) “presso il comando provinciale dei carabinieri di Cosenza, via Roma 142, alle ore... alle ore?... mi dica lei... coraggio!”.
Salvatore risponde quasi in automatico;
“Alle 3 del pomeriggio, va bene?”.
“D'accordo per le 3 del pomeriggio! Si ricordi di portare un documento di riconoscimento, va bene anche la patente di guida. A venerdi. Arrivederci!”.
“A rive... derci” fa basito Salvatore spegnendo il telefonino.
Decide di sospendere le prove fingendo un malessere per via di una brutta notizia ricevuta da cari parenti che abitano nel Nord dell'Italia: il regista acconsente di buon grado, vedendolo molto impallidito.
Salvatore esce dal teatro e va a sedersi alla tavola calda di un bar vicino il teatro, e, nonostante il caldo, ordina una camomilla. Sa di doversi calmare e di rivedere mentalmente tutta la scena del suo incontro con quella signora il cui marito era gravemente malato di cancro. Tutta la scena, come un film al montaggio in moviola: fotogramma per fotogramma. Rivive tutta la scena con un senso di maledizione acre, che non riesce a togliersi di dosso. Sa benissimo di non aver fatto nulla di male, se non in un certo senso scappare da quella povera donna, e da suo marito: eppure è inquieto per un motivo preciso: non ci furono testimoni del loro incontro! Ciò gli da una profonda insicurezza: qualcuno magari poteva essersi inventato qualsiasi cosa a suo danno, magari lo stesso   marito malato della signora. Gli viene naturalmente in mente della pistola che aveva la donna e di quel pacco di banconote che lei gli voleva offrire. Già, la pistola: poteva essere un elemento pericoloso per  la sua posizione: non riesce assolutamente a ricordare un particolare: e cioè se aveva preso in mano l'arma lasciando le sue impronte: per quanto si sforzi, la sua memoria su questo punto registra un terribile, ansiogeno, buco nero! Invece, a proposito del denaro, si ricorda di averlo preso in mano, però non gli pare un elemento pericoloso, avendolo lasciato lì per terra, sullo spiazzo della stazione. Fino alla sera successiva, giovedi sera per precisione, la sua testa è occupata continuamente da una folla di pensieri riguardanti quel per lui maledetto incontro notturno. Continuamente si chiede cosa può essere successo, e continuamente si dice: io non ho fatto nulla, e poi, magari, mi convocano solo per una sciocchezza; o per una semplice testimonianza.
La notte tra giovedi e venerdi Salvatore la passa in bianco: il mattino indugia sul letto, tant'è che la compagna,    Lucia, gli chiede se si senta poco bene. Allora Salvatore si alza, si fa la doccia automaticamente, fa colazione non assaporando il cibo; si veste, va a prendere la macchina e parte, nonostante manchino diverse ore all'appuntamento col tenente Spadaccione.
Arriva a Cosenza prima di mezzogiorno, posteggia sotto alberi dalle chiome verdi e ben larghe, per stare all'ombra: e lì, dentro la macchina, si assopisce senza quasi accorgersene: è un sonno profondo interrotto, fortunatamente, a pochi minuti dalle 15, dal bussare sul vetro di una mano di donna: una vigilessa guantata di bianco che gli fa notare di essere privo di ticket in una zona a pagamento. Salvatore, con la bocca impastata, riesce a dire appena “Scusi!” e a tirar fuori dalla tasca il foglio di convocazione dei carabinieri mostrandolo alla vigilessa: lei lo legge, dopodiché portando la mano guantata sulla visiera del suo grazioso berrettino, saluta Salvatore dicendogli di lasciar lì la macchina tranquillamente; la giovane donna si allontana, mostrando curve deliziose, un corpo agile ed armonioso, un seno prosperoso e sodo, che è appena scoperto, lungo la scollatura: Salvatore sente con strazio i contrasti della vita!
Salvatore è seduto davanti al tenente Spadaccione che ha vari documenti in mano, e altri posati sulla sua scrivania. Gli ha offerto, appena arrivato, un discreto caffè freddo, sorbito dall'attore con cautela e molto lentamente per non aggredire lo stomaco. Lo Spadaccione parla con calma, in tono quasi sommesso, senza particolari inflessioni. Mentre organizza i vari documenti  chiede a Salvatore della sua attività teatrale, mostrandosi abbastanza aggiornato sul suo lavoro, e anche convinto delle sue doti artistiche. All'improvviso dice a Salvatore:
“Dunque, la mattina del 15  luglio scorso, verso le 7, gli addetti alla ferrovia di San Luca Maggiore hanno fatto una macabra e orribile scoperta, lungo il binario dov'era transitato il primo treno dell'alba: il corpo di una donna fatto a pezzi dal convoglio!”.
Salvatore è tutto un brivido, si sente mancare, impallidisce, ed esclama:
“Dio mio!...”.
Il tenente riprende:
“Lei ha parlato a lungo con quella donna, perché abbiamo analizzato le riprese di una telecamera di sicurezza!? Ovviamente abbiamo solo le immagini, non il sonoro.”.
“Si, è vero, non lo nego affatto, signor tenente! Le posso ricostruire tutto l'incontro!”.
“Prego, parli pure!”.
Salvatore racconta come si è svolto l'incontro con quella strana figura di donna, che noi già conosciamo, fino a dichiarare che, nel mentre il treno stava ripartendo, lui montò in carrozza molto rapidamente, osservando la donna che, ancora lontana, correva forse per raggiungerlo.
Il tenente: “Però, vede, purtroppo le riprese della telecamera hanno un buco: da quando la donna le porge un pacchetto di banconote, fino a quando anche lei si sposta: dice per andare a prendere il treno! Noi dobbiamo sapere cosa è accaduto in quei pochissimi minuti, prima di poter rubricare come suicidio la morte della signora, che tra l'altro si chiamava Beatrice Fiorita. Dobbiamo anche spiegarci quella pistola puntata verso di lei, signor Salvatore! Una rivoltella... un pacco consistente di denaro... una morte! Non le pare che ci siano elementi per dubitare di come si sono svolti i fatti?”.
“ Capisco, certo, capisco!... Lei ha ragione, tenente, mancando un pezzo, quello finale, di quella scena, si può pensare di tutto!... Ma avete chiesto qualcosa al marito di quella povera signora?”.
“Il marito è morto dopo qualche giorno: c'è chi dice per il dolore, c'è chi afferma per la sua malattia ormai giunta al termine ultimo!”.
“Mio Dio! Mi dispiace davvero! Perché, vede, io mi ero incontrato con lui, prima di conoscere la moglie! Era un po' strano, una sorta di filosofo ingenuo che lottava per accettare la sua fine.”.
“Ah, è un vero peccato, per lei, intendo, che sia mancato: è un testimone in meno!” fa convinto il tenente, per poi aggiungere:”E la morte del marito, così rapida, toglierebbe credibilità al suo racconto: come poteva la moglie sperare che lui potesse vedersi messo in scena da lei, dopo almeno qualche buon mese!?”.
“Poteva essere semplicemente l'illusione di una povera moglie, non le pare?”.
“Non c'è dubbio! Ineccepibile! Però noi abbiamo trovato in casa dei due, un foglio, autografo, già esaminato dal perito calligrafo, e riconosciuto autentico, in cui il marito della signora scriveva che lei aveva portato via dal conto cointestato tutto il denaro: e ciò per vendicarsi di una serie di soprusi che la donna sosteneva di aver dovuto sopportare dal marito!”.
“Ed io che c'entro?”.
“Rivediamo la scena: la signora parla con lei; è ancora notte, per poco; la signora è disperata, e, vedendo in lei non solo un  attore molto conosciuto, ma anche una brava persona, le confida dei soldi: lei perde la testa, tenta di portarglieli via, la signora si difende con la pistola, lei, signor Salvatore, prende davvero molta paura, sente arrivare il treno, la signora insegue lei, cade, finisce sotto il treno, mentre lei è ormai al sicuro, in carrozza, con un bel gruzzolo in mano! Mi pare che possa tutto filare giusto, no?”.
“Scusi, ma il denaro non è stato trovato? L'ho raccontato prima! Io il pacchetto di denaro l'ho mollato prima di correre verso il treno!”.
“No, del denaro non c'è traccia!”
“Qualcuno l'avrà visto e portato via”.
“Non lo possiamo dire perché la telecamera ha ripreso a funzionare, appena eravate entrambi spariti dal campo dell'inquadratura, e già non c'era ombra di banconote! E lei prima mi ha raccontato che a prendere quel primo treno dell'alba c'era assolutamente solo lei!?”.
“Dio mio! Lei dunque potrebbe sospettare di me? Ma mica l'ho spinta io la signora sotto il treno!”.
“Infatti, i suoi reati ipotizzabili sono il furto del denaro, e l'esser stato concausa, seppur indiretta, della morte della signora! Io le devo dire, se preferisce confessare eventuali responsabilità, che lei rischia dai cinque ai dieci anni di galera; l'interdizione dai pubblici uffici; le spese processuali per lo Stato, non certo per quei due poveri che son deceduti; e, mi permetta di dirle, un grave danno d'immagine che per lei vorrebbe dire probabilmente la fine della sua carriera! Naturalmente è un mio parere, per carità, perché tutta la mia fase indiziaria poi andrebbe nelle mani dei magistrati1”.
Salvatore chiede un bicchiere d'acqua, si asciuga la fronte e la nuca col fazzoletto, si morde le labbra, e chiede di andare al bagno, ricevendo la notizia che una telecamera interna al vano del bagno è sempre in funzione!.
Dentro il bagno Salvatore fa uno sforzo immenso per non cadere in un panico totale e mortifero, e per cercare di riflettere in pochissimi minuti sul da farsi: mentre si cala i pantaloni per finta e si siede sulla tazza al fine di guadagnare più tempo possibile. Intuisce una sola cosa: deve sfruttare al massimo il suo essere attore: deve inventarsi che sia accaduto un qualcosa in modo assolutamente e superbamente convincente, magari addirittura commovente. E deve farsi forza sapendo di non aver fatto nulla di male, e che una qualsiasi indagine sul suo conto non avrebbe rinvenuto nulla a suo carico: sentiva, comunque, che il suo primo obiettivo è l'evitare ogni altro passaggio investigativo, per non rischiare il tam tam massmediatico, anche solo nella sua regione e zone limitrofe, che certamente lo potrebbe danneggiare in modo serio sul piano professionale. Lentamente fa finta di lavarsi, si sistema i pantaloni, mentre nella sua testa si accende una luce di probabile e sperabile  salvezza!...
Salvatore è di nuovo di fronte al tenente Spadaccione, che gli fa:
“Signor Salvatore, ha riflettuto? Vuol dirmi qualcosa? Abbiamo tutto il tempo a disposizione!”.
“Si, signor tenente, le devo dire parecchie cose, per cui preferisco rifarle il racconto davvero sincero di cosa accadde quella notte poco prima dell'alba nella stazione ferroviaria di San Luca Maggiore!”.
“Prego, mi dica pure: desidera che registri le sue parole? Rifletta sul fatto che poi vanno a verbale!”
“Si, assolutamente le registri!”
“D'accordo, può iniziare subito, se vuole!”.
“Dunque: la signora venne da me dopo avermi visto parlare a lungo col marito. Vedendo in me una persona conosciuta e un confidente, magari l'unico, del marito, mi espresse tutte le sue sofferenze e le sue angosce, e la prospettiva della vedovanza imminente: lei sa naturalmente che quella coppia non aveva figli!?”.
“Naturalmente”.
“Bene: ad un certo punto la signora iniziò con un giro di parole a farmi un'incredibile e pazzesca richiesta, che anche ora m'imbarazzo nel raccontarla: pensi che non l'ho detta neanche alla mia compagna!”.
“Mi dica, senza remore, può immaginare quante ne ho viste e sentite!”.
Salvatore si asciuga la faccia, il collo, le tempie, la nuca, e riprende:
“La signora mi chiede, scongiurandomi di farlo, e offrendomi, appunto, il denaro, di avere un rapporto intimo, lì, in quel momento, approfittando del buio e della stazione del tutto deserta; nel frattempo, e mi vengono i brividi nel ricordarmelo, giungeva da lontano il suono della fisarmonica del marito, che ormai non riusciva quasi più a dormire durante quelle notti estive!  La signora mi assicurò che era pronta a concepire, che erano giorni per lei fertili, e che era sicura di rimanere incinta. Io arretravo, cercavo di allontanarmi da lei, ma temevo di perdermi tra le vie della cittadina e poi  di non poter prendere il treno imminente. Quella donna doveva aver capito le mie incertezze: insistette, mi prese per le mani, per le braccia, s'inginocchiò scongiurandomi di far subito l'amore!”.
Salvatore rifiata per un momento chiedendo al tenente un caffè e un bicchiere d'acqua: l'ufficiale prepara la macchinetta del caffè e porge subito un bicchiere d'acqua minerale fresca all'attore:
“Prenda, prego, e si riposi un attimo!”.
Salvatore capisce al volo che l'ufficiale è propenso a credere a quella sua testimonianza, e riprende:
“La donna mi ribadì che era ancora fertile, ancora pronta a ricevere il seme del maschio, il seme che ormai suo marito aveva perso per via delle cure; e che io ero l'unico a poterle dare questa gioia, perché da anni ero stato l'unico ad ascoltare le parole sofferte seppur farneticanti del marito! Mi disse pure che ormai la menopausa era imminente e che non poteva aspettare di innamorarsi regolarmente di un altro uomo: troppo tempo sarebbe occorso! Ma io resistevo, mi negavo, scongiurandola di non chiedermi una cosa così... folle! Mi giurò che se non l'avessi accontentata si sarebbe buttata sotto il treno! Arrivò a... denudarsi, portandomi sotto una pensilina seminascosta,  a togliersi i pochi indumenti estivi che portava: era ancora una donna piacente! Risulterà anche a lei, signor tenente, che per qualche minuto usciamo fuori dal campo della telecamera, vero?”
“Si, glielo confermo!”.
“Mi mostrò il seno forte, grosso, aveva delle mammelle molto sensuali, dai capezzoli scuri e grandi! Poi iniziò a... si... a toccarsi sotto, dicendomi che era pronta, come una rosa che apre i suoi petali primaverili: abbassò le mutandine; mi mostrò il ventre e il pube, ancora scuro, dalla carne bianca e delicata! O dio, dio mio! Dovetti fare un grande sforzo per non commettere quella che poteva essere un'enorme sciocchezza!...”.
“Si calmi un momento, vedo che è molto emozionato!”.
“La ringrazio, sono quasi alla fine, anche se è difficile riportare ciò che in pochissimi minuti accadde quella notte fra me e quella strana donna: la signora allora mi porse di nuovo insistentemente il denaro mettendomelo tra le mani, mentre io ripetevo: No! No! No! Non si può fare! Ormai per me era come davvero impazzita! Mi puntò la pistola, minacciandomi! Io corsi via, e grazie al cielo, proprio in quel momento arrivava il mio treno! Lei la persi di vista, montai velocemente sul treno, mi accorsi di avere ancora tra le mani il pacco del denaro, che, dopo diversi minuti decisi di gettare dal finestrino del treno, perché non volevo avere la minima traccia, e il minimo ricordo di quella folle, maledetta notte!...”.
“Vuole un altro caffè?”.
“No, signor tenente, la ringrazio, ho proprio finito: ora lei può far controllare il mio conto bancario; può fare una perquisizione capillare a casa mia; può controllare se in famiglia abbiamo fatto acquisti per noi di valore inusuale!  Io ho la coscienza pulitissima e spero che lei abbia creduto alla mia versione dei fatti: va da sé che la prego anche di credere nella mia gran compassione nei confronti di quei due poveri disgraziati!”.
Il tenente lo guarda con un'espressione che rivela una sorta di tacita intesa, ma con le parole non si sbilancia:
“Ora svolgerò le mie riflessioni, la ringrazio per la sua disponibilità a farmi svolgere eventuali controlli; a proposito, ora glielo posso dire: sulla pistola, trovata tra le rotaie, ci sono solo le impronte digitali di quella povera signora: altre di persone diverse non ne abbiamo trovate!”.
Salvatore, che sente tutti i suoi muscoli sciogliersi, i suoi nervi distendersi, le sue vene dilatarsi, abbozza un sorriso: “Spero proprio che questo sia un ulteriore motivo per non avere sospetti sul mio operato, signor tenente!”.
“Lo spero anch'io, e direi che lei può stare abbastanza tranquillo!”.
Dopo un mese il tenente Spadaccione telefona a Salvatore:
“Signor Salvatore, le do una bella notizia: abbiamo ritenuto che non vi sia nulla di particolare a suo carico; abbiamo rinunciato, ovviamente, a cercare le banconote lungo la ferrovia! Come trovarle ormai? Si goda pure  gli applausi del suo imminente debutto!”.
Salvatore respira a fondo soddisfatto; anche lui si chiede che fine abbia fatto quel denaro: ha la convinzione che il marito della signora, che si aggirava attorno alla stazione con la sua fisarmonica, avendo visto tutta la scena, se lo sia ripreso lui! E infine pensa che un mese prima, al comando dei carabinieri, di fronte al tenente Antonio Spadaccione, aveva realizzato la sua più grande performance d'attore!