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In fondo alla grotta. Questa la traduzione del titolo dello spettacolo in scena dal 10 al 12 maggio presso il Thèâtre De Poche di Napoli.  E in fondo ad una grotta siamo scesi davvero. Un piccolissimo luogo adibito a teatro, nelle viscere dell’antica Napoli. Suggestivo, di certo. E mentre in un altrettanto piccolissimo foyer sotto il livello della strada,

nelle fondamenta di palazzi secolari, con le volte nere di pietra lavica, il pubblico discute, attende, paga il biglietto, un angolino della saletta è illuminato. Due sedili in pietra ricavati dall’ossatura della grotta sono velati di bianco, separati dalla realtà, adibiti alla recitazione. Mentre il pubblico è ancora intento a scendere le scalette, giù  dal livello della strada, “abbascio a grotta”, due attori entrano in “scena”. Si collocano nell’angolo velato, pronunciando improvvisamente e ad intervalli delle frasi: pezzi di puzzle che si ricostruiranno durante lo svolgimento dello spettacolo. Ancora poche scale, oscurità: il pubblico scende ancora, attraversando, senza accorgersene, il palcoscenico. Finalmente ci si accomoda e si può osservare con attenzione l’ambiente. Vorrei soffermarmi proprio sull’allestimento scenico di questo spettacolo, scritto e diretto da Antonio Diana, in scena insieme ad Antonio Piccolo, Mariano Riccio e Mario Piana, quest’ultimo giovanissimo attore catanese all’interno del cast napoletano. Non si può immaginare questo spettacolo in un altro luogo. Ogni singolo elemento utilizzato ha una simbologia fondamentale: la grotta dell’inconscio è un luogo buio e oscuro da dove affiorano i ricordi, le immagini e le violenze subite. Potrebbe essere un luogo reale, una cantina, uno spazio dell’infanzia, un nascondiglio utilizzato da un rapitore o da un violentatore. Il tema dello spettacolo è la violenza, ai minori e sessuale. Spettacolo forte, violento, inquietante, stordisce il pubblico che si vede catapultato in un luogo angosciante e viene sottoposto ad immagini crude, spinte, al sangue della verginità, alla gestualità sessuale, il tutto mescolato a momenti di musica, canto e poesia. Questo stordisce davvero. Torniamo all’allestimento scenico: bende che coprono gli occhi, elastici che legano le membra, cappi, scale, salumi e formaggi appesi, giochi infantili e colorati che emergono dall’oscurità,  un altare con sopra farina e pane, delle botti. Il sacro- profano è elemento messo in evidenza continuamente: non solo l’altare, ma anche le botti che diventano inginocchiatoi, le candele cimiteriali, il ragazzino violentato e abusato che diventa martire, l’abusante che diventa Cristo in croce. L’atto sessuale omosessuale diventa l’immagine della croce: salvezza o perdizione? Gli attori sono coperti da cerone bianco, indossano dell’intimo bianco e delle bende ai piedi: dei cadaveri viventi tormentati interiormente.  Incessantemente ripetono l’età in cui sono morti, il momento, cioè, in cui sono stati violentati.  Il pubblico è silenzioso, a tratti infastidito, scosso. Lo spettacolo di Antonio Diana sconvolge. Inevitabilmente. E forse è questo l’intento dell’autore-regista-attore che presenta un faticoso studio sulla voce e sul corpo. Le musiche realizzate dal pianista Mariano Bellopede sono interpretate dal vivo dagli attori, con esiti interessanti nelle esecuzioni dei cori a più voci. Nonostante avremmo preferito una minore presenza di musica e un maggior intreccio tematico e narrativo, lo spettacolo appare come un urlo disperato. Un vetro esploso in mille pezzi taglienti e dolorosi che si accalcano gli uni sugli altri. Gli attori, giovanissimi ma esperienti, dimostrano coordinazione e consapevolezza degli spazi, nonostante essi siano angusti. La loro giovane età, soprattutto  quella di Mario Piana che manifesta fisicamente ed emotivamente un corpo da adolescente, spinge il pubblico ad una violenta e maggiore immedesimazione durante la visione della violenza sessuale, momento in cui l’autore sceglie di mostrare scenicamente lo spargimento di sangue. Nel ricordare che lo spettacolo ABBASCIO ʼA GROTTA  è in concorso al Roma Fringe Festival 2013, ci si chiede se realizzare l’allestimento in un ambiente diverso aiuti la messinscena.  Non condividiamo l’idea finale che alcuni dei giovani violentati abbiano poi intrapreso, da adulti, una tendenza omosessuale o una trasformazione in “travestiti”, nonostante la psicanalisi abbia molto da dire su questo argomento. Un ultimo plauso alla scelta di oggetti riciclati per riprodurre suoni: dei fili e delle vecchie bottiglie di vetro che, scossi dal fonico, spezzano violentemente e creano passaggi in alcuni momenti fondamentali dello spettacolo.

ABBASCIO ʼA GROTTA
Thèâtre De Poche Napoli
10-12 maggio 2013
Di Antonio Diana
Regia di Antonio Diana
Con Antonio Diana
Antonio Piccolo
Mariano Riccio
Mario Piana
Musiche originali di Mariano Bellopede