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Dalle note di poetica dell’autore: Figlio si appresta ad abbandonare la casa di Padre e Madre, i suoi genitori.
La vicenda si snoda lungo una spirale drammatica che si avvolge verso il fondo, dove emergono rapporti vampireschi, dipendenze affettive, vincoli e sbarre.
Al centro, la storia di un processo di liberazione ed emancipazione dell’uomo che – a un tratto – si riconosce come Essere mutilato, incastrato nella cesura tra Dio e il Mondo.

Spirali e ripetizioni, nell’incedere di una sotterranea esasperazione tramata di allusivi non detti, costituiscono così arcipelaghi di senso che impongono al lettore (potenziale spettatore) di individuarne punti e coordinate da potere connettere, agendo attivamente per tracciare una mappa rappresentativa del Mondo stesso e delle sue geografie vitali: giacché questo, un senso, non lo ha se non glielo si dà e s’imprime con forza.
Attraverso la ciclicità e il disseminare indizi, il compito del drammaturgo è quello di creare territori e tragitti dove chi intende seguirlo trova ristoro per un poco, prima di essere precipitato nel buio su slavine e terreni sdrucciolevoli, al fine di faticare alla conquista degli spersi significati.

Il Teatro deve correre il rischio di porsi altresì in una posizione di semioscurità. Stando sul limite della sparizione per qualche istante – oscillando nel buio – ha il dovere di restituire non una visione sensata e completa della realtà, ma piuttosto quella di una frammentarietà: con la consapevolezza che l’essere umano ha il compito etico di raccoglierne e unirne i pezzi per ricomporre un itinerario che conduce a un abbaglio, a un istante di luminosa comprensione per poi essere ripiombato nell’oscura notte.
Il Teatro deve dunque restituire la frantumazione del Mondo, però proprio per tentare di non cadere nella trappola della resa vana alla sua mancanza di senso, il quale non si può fare a meno di cercare. Alla stessa stregua, cioè, del messaggio dell’Imperatore che non giungerà mai e tuttavia si rimane alla finestra ad aspettarlo.

Perdersi in tale frammentazione quindi, tra baratri di mistero e incompletezza, dimodoché la creazione teatrale spinga poi ognuno a conoscere e comprendere, a colmare e risalire, ritracciando autonomamente percorsi e possibilità inespresse.
Nella pratica scenica pertanto, come regista dei miei testi, voglio indurre lo spettatore ad avvertire e a guardare se stesso come soggetto che percepisce, che acquisisce conoscenza ed è artefice della costruzione complessiva di una nuova realtà dinamica, viva e diversamente aperta.

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Antonio Ianniello (Salerno, 1979) si forma all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, diplomandosi nel 2003 per poi approfondire e ampliare la propria formazione presso Susan Batson alla Black Nexxus di New York. Nel suo percorso artistico alterna l’attività teatrale a quella televisiva e cinematografica, dove si distingue in alcuni film italiani (IL SIERO DELLA VANITÀ di Alex Infascelli, BALLETTO DI GUERRA di Mario Rellini, IL SOLE NERO di Krzysztof Zanussi) e note serie TV (DISTRETTO DI POLIZIA 3 e 6, IL MARESCIALLO ROCCA 4, IL CAPITANO 1 e 2, GLI ULTIMI DEL PARADISO). Autore di varie drammaturgie, tra queste si ricordano soprattutto: NON LA SMETTEVANO MAI DI CANTARE, pièce finalista al Premio Riccione per il Teatro 2009, da lui messa in scena e interpretata l’anno seguente al festival Quartieri dell’Arte; e SHOSTAKOVICH IL FOLLE SANTO, scritta insieme a Francesco Saponaro che ne ha curato la regia per la produzione di Teatri Uniti nel 2010. Il suo testo DEVI ESSERE FORTE, invece, è andato in scena come finalista al progetto Nuove Sensibilità sempre del 2010; anno in cui accede pure alle finali del Premio Kantor al CRT di Milano e a quelle del Premio Dante Cappelletti al Teatro India di Roma, rispettivamente coi suoi lavori inediti QUESTA TOSSE e ANCORA OGGI (rappresentato due stagioni dopo, per la sua regia e l’interpretazione, tra gli altri di Paolo Graziosi). Oltre a superare l’ammissione e a frequentare il quarto La MaMa International Playwright Retreat condotto da Lynn Nottage, vince diversi riconoscimenti: il Premio Piero Natoli 2005 come Miglior Attore Emergente e, nel 2007, il Premio Napoli Cultura Classic e quello di Migliore Attore Protagonista al San Giò Video Festival di Verona. Nel 2011 fonda la compagnia Teatri Sbagliati (www.teatrisbagliati.com), subito protagonista al Premio Scenario e selezionata per il festival di Santarcangelo; mentre si è appena conclusa l’esperienza di coproduzione internazionale della giovane compagine, che ha visto Ianniello attore e co-autore di THE BOOK OF LIVING & DYING: spettacolo che ha debuttato nel 2012 al Singapore Arts Festival, dove è stato da poco riproposto con successo.

A cura di Damiano Pignedoli