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Da 13 edizioni questo ricchissimo festival tutto milanese è capace di raccontare la nuova drammaturgia condensando le proposte attorno a grandi temi-guida. Il Piccolo Teatro di Milano diventa il perno di un festival che racconta linguaggi differenti a un pubblico particolarmente eterogeneo, come solo i festival riescono ad attrarne. Se l’edizione  seguitissima dell’anno scorso ha saputo unire riscritture classiche e focus sul teatro africano, Tramedautore 2013 racconta l’Oriente concentrandosi su Bangladesh, India, Pakistan e Sri Lanka. Una terra composita, lingue diverse, la contaminazione culturale operata dai dominanti inglesi e dalla loro lingua, veicolo di esercizio del potere ma anche canale di contatto tra mondi vicini e nettamente separati.
Il festival unisce rappresentazioni teatrali, spaccati della nuova scrittura drammaturgica orientale e proposte video che raccontano proprio questa composita dimensione. La differenza a tante operazioni similari la fa lo spirito con cui tutto ciò è sviluppato: alla curiosità nozionistico-antropologica per il diverso si sostituisce la voglia di comprendere e conoscere.
Il cartellone teatrale propone spettacoli complessi, duri talvolta per le tematiche esiziali che affrontano, ma il sorriso è pur sempre un filo conduttore importante, in comune a molti spettacoli. A cominciare dal monologo tragicomico cingalese di Dhananjaya Karunaratne, “Last bus eke kathawa”, per la regia di Marco Rampoldi. Tratto da una drammatica storia vera, un rapimento porta con sé dolore e disperazione, ma si risolve in una formula espressiva che stempera la lacrima nell’ironia tagliente e amara.
Anche l’indiana Manjula Padmanabhan usa l’ironia per “Harvest” (Il raccolto), un viaggio nel terribile tema del traffico d’organi, compiuto con uno stile destabilizzante a cavallo tra il riso e il ghigno di humour nero.
Un gioco di specchi ben congegnato sembra costituire l’anima dello spettacolo-conferenza di Barbara Barbarani “L’India non è un paese per piangere”. Chi sono loro e chi siamo noi? Se lo chiede l’autrice, che racconta la sua complicata esistenza tra Oriente e Occidente infrangendo ogni stereotipo da cartolina.
Uno spaccato sul mondo degli immigrati di seconda generazione attraversa invece “Borderline” (Il confine) dell’anglo-pakistano Hanif Kureishi, tutto dedicato all’Inghilterra multietnica della Thatcher.
Tramedautore ha avviato una rassegna drammaturgica parallela dedicata interamente all’Italia di oggi, intitolata “La Giovine Italia al tempo della crisi”. Si tratta di una carrellata di produzioni indipendenti di giovani autori e registi che si susseguono in 10 spettacoli e 2 installazioni.
Ne nasce uno spaccato vivacissimo della sensibilità più contemporanea, una narrazione del fare teatro italiano attraverso le voci di giovani  bravi autori che sanno raccontare il mondo da un punto di vista nuovo. E’ lo sguardo di chi viene dopo le ideologie, di chi ha messo da parte i miti di un tempo e ne incarna di nuovi, di chi vive in una terra, l’Italia, ma sa conoscere e rappresentare ciò che accade dall’altra parte del mondo. Così Luca Radaelli racconta nuovi modi di intendere la povertà in “Clint”, mentre “Cashmere WA” di Leonardo Staglianò descrive generazioni diverse alle prese con un confronto-scontro nelle terre d’Alaska.
Gli adolescenti fuggono in un mondo parallelo, virtuale in “Figli per sempre” di Giulia Donelli, mentre Davide Carnevali racconta di un’epoca di multiculturalità, in cui ciascuna delle culture che entrano in contatto considera barbara l’altra (“Sweet Home Europa”).