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Il teatro Filodrammatici di Milano apre la sua stagione con questo spettacolo e questa domanda. Un teatro nel cuore della città che sa bene che ci fa in un luogo così ricco di storia. Di fianco Alla Scala, ai lati della Galleria.  Questo teatro scava nel cuore delle tradizione e offre tradimenti opportuni. Da dove vengo e dove sto andando?

Si parte da questa semplice domanda che ognuno di noi ha fatto a sé stesso almeno una volta nella vita. Senso di smarrimento, inadeguatezza, ossessione identitaria, sono tutte tematiche di questo viaggio fuori e dentro la scena che Marco Baliani ha condotto insieme ai neodiplomati dell’Accademia dei Filodrammatici di Milano. Baliani ama lavorare con i ragazzi sa cogliere i loro stimoli, le loro tensioni. Nel 1975 fonda la sua prima compagnia e realizza alcuni spettacoli per i giovani. A partire dagli anni Ottanta scrive e interpreta spettacoli che sono rimasti nella storia del teatro. Con Kohlhaas (1989) inventa il teatro di narrazione, di cui è tutt'oggi uno dei massimi esponenti insieme a Marco Paolini ed Ascanio Celestini.
La domanda all’origine dello spettacolo è tratta da un libro di Bruce Chatwin, è la domanda di chi si sente straniero in una terra dove ha scelto di andare per lavoro o semplicemente per viaggiare, per spirito di avventura. È una domanda sui ruoli, sul senso di precarietà dell’esistenza, sulla giovinezza, sulle fasi della vita, sulla scoperta dell’alterità, sulle relazioni affettive.
Marco Baliani ha rivolto questa domanda agli allievi attori e attrici dell’Accademia dei Filodrammatici. In un anno, di studio, tappe e appuntamenti, ognuno di loro ha cominciato ad accumulare risposte. Il risultato è una serie di suggestioni sceniche, canzoni, musiche, frammenti di testi tratti da romanzi, racconti o semplicemente diari, pensieri, riflessioni personali.
Baliani ha raccolto tutto questo materiale, ha attinto alla parola dei giovani e ha dato vita insieme a loro a questo viaggio spettacolo. Filippo Bedeschi, Federica Carra, Emanuela Caruso, Fonte Maria Fantasia, Matteo Ippolito, Sara Marconi, Paolo Mazzanti, Alberto Patriarca, Desirée Proietti Lupi, Marco Rizzo, Vincenzo Romano, Chiara Serangeli, Carla Valente, Simon Waldvogel Quattordici giovani attori e attrici e i loro frammenti di vita. I giovani allievi sanno catturare l’attenzione dello spettatore, hanno occhi smarriti e corpi che sanno vivere in scena, sanno esprimere desideri e sogni. E’ uno spettacolo che parla di relazioni di cura e di attenzioni. Ma non dobbiamo dimenticare che in realtà Chatwin si fa quella domanda in un letto d'ospedale, mentre sta morendo di Aids. “Che ci faccio qui?" E’ il suo testamento culturale, una raccolta di saggi, articoli e racconti di viaggi che definisce la sua narrazione e il suo mondo, un ibrido di stili, modi di vivere, gusti, culture. Ed ecco che i giovani in scena hanno facce cadaveriche, zombi metropolitani, si aggirano ognuno in cerca di qualcosa che resta inafferrabile. In questo spettacolo così eterogeneo senza una trama definita, si avverte il senso del viaggio la paura dell’ignoto, la ricerca di un futuro. Non è un’analisi sociologica, ma una raccolta di emozioni. Come nella commovente scena finale, dove si assiste al martirio di una gioventù in vendita, smarrita, ferita, chiusa in grandi borse per shopping di lusso.

Foto Umberto Terruso

Milano, Teatro Filodrammatici, Prima Nazionale, Ottobre 2013