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Il concetto di “esterno” può essere relativo? Ebbene sì. Lo spettacolo in scena presso la Sala Assoli di Napoli dal 22 al 27 ottobre è tratto dal romanzo francese “ À la porte” di Vincent Delecroix . Romanzo datato 2004, tradotto da Valeria Cipolloni,  il cui autore contemporaneo è un filosofo. Anche il protagonista di FUORI,  interpretato da Renato Carpentieri che ne è anche regista, è un professore di filosofia che ha lavorato a lungo in ambiente accademico. L’idea da cui scaturisce una dissertazione profonda sulla nostra contemporaneità è semplice: l’anziano professore rimane chiuso fuori casa per la sbadataggine di un suo allievo. Senza chiavi, senza possibilità di rientrare. Lo snodo di partenza è elementare: la velocità iniziale della vicenda prevede l’impossibilità di comunicare con gli ostili vicini di casa, unica speranza di ritorno alla normalità e microcosmo immagine- simbolo della società esterna. Se le porte adiacenti a quella incriminata si fossero aperte, la vicenda del professore non avrebbe avuto un’evoluzione. Il concetto di “incomunicabilità” è una costante dell’intero viaggio. Metafora di una vita che viene ripercorsa attraverso le strade e i luoghi di una città, in un’atmosfera irreale e atemporale; viaggio caratterizzato da flashback e allucinazioni, elementi talmente fusi insieme da confondere lo spettatore. Dove finisce la realtà e dove l’immaginazione? La scena è costituita da grigie geometrie nette, spezzate da sprazzi di colore violento e improvviso, che caratterizzano soprattutto la presenza femminile, Valeria Lucchetti, sia essa nel ruolo di cameriera dalla parrucca blu, o figlia defunta dalle calze rosso fuoco. L’uomo è vestito di bianco: il candore della coscienza, la purezza della consapevolezza di sé contro il marciume esterno. L’atmosfera, tra fumetto e film, interseca esperienze di vita personale con un’analisi della società contemporanea. La solitudine, l’emarginazione, l’incomunicabilità, l’ipocrisia, la falsità, l’abbandono, rendono il protagonista completamente nudo. Il suo sentirsi “spogliato” e “denudato” nella profonda personalità e nella grande cultura, a causa dei violenti attacchi esterni, è sintomo di una trasformazione nello sguardo della gente. E man mano, anche lui, si sentirà trasformato, deturpato, violentato, tanto da credere alla  sua nudità. A dire il vero il testo presenta dei luoghi comuni che non sorprendono il pubblico, poiché di questa povera società contemporanea e di questo uomo de-evoluto se ne parla abbastanza e da tempo, non solo sulle scene. La bravura di Carpentieri risolleva fortunatamente i momenti costituiti da lungaggini e ripetizioni, che potrebbero sganciare l’attenzione del pubblico. Originale la scelta di “sfumare” i personaggi di contorno, interpretati dalla già citata Lucchetti e da Stefano Patti: non sono immagini definite e ben caratterizzate, ma quasi ologrammi evanescenti che slittano su duplici corpi e molteplici storie. Come se a vederle fosse proprio un uomo anziano, ridotto alla solitudine ed emarginato, senza nessuna lucidità mentale. Ritorniamo al punto di partenza. Il concetto di “esterno” può essere relativo? Si comprende, alla fine dello spettacolo, che “Fuori” è un gioco di parole, è una condizione esistenziale, non solo una collocazione spaziale. Fuori di testa perché si ragiona autonomamente non condividendo l’omologazione, fuori dai limiti delle proprie abitudini, fuori dalle regole. L’identificazione del protagonista con un dipinto di Van Dick è elemento che perpetua ancora e allo spasmo la duplicità delle identità, tra realtà e immaginazione, tra arte e cultura. La porta finalmente si apre e compaiono degli infermieri: il sentore di un corto circuito mentale era già in atto da tempo. Il protagonista vuole rimanere “fuori”, evitando di varcare la soglia aperta. L’esterno è quindi il nostro Io, quello che rimane “fuori” dalla miscellanea corrotta del mondo. Il manicomio dei pazzi è il mondo intero, non la cella dove si può essere “fuori” di testa, ma anche lontani dalla corruzione mentale.

Sala Assoli Napoli 22-27 ottobre 2013
FUORI
Fondazione Salerno Contemporanea
Teatro Stabile di Innovazione
dal romanzo “À la porte” di Vincent Delecroix
traduzione Valeria Cipolloni
con
Renato Carpentieri, Il Professore
Valeria Luchetti, Cameriera/Commessa/Figlia/Infermiera
Stefano Patti, Allievo/Padre/Cameriere/Infermiere
costumi Annamaria Morelli
disegno luci Cesare Accetta
regia Renato Carpentieri
assitente di sartoria Adriana Scotti
sartoria C.T.N. 75
realizzazione scena Antonio Franco, Anna Verde, Sissi Farina
foto di scena Giuliano Longone
direzione tecnica Amedeo Carpentieri
assistente alla regia Antonio Conforti