Visite: 4272

Probabilmente una delle migliori regie osservate a Napoli negli ultimi anni, questo TITANIC THE END, omaggio ad Antonio Neiwiller nel ventennale della sua scomparsa, all’interno di una serie di eventi, teatrali e cinematografici, che toccheranno anche Salerno, Caserta e Roma. A Napoli la Sala Assoli  è protagonista di un momento

storico-artistico fondamentale. Il percorso che  caratterizza la drammaturgia napoletana tra anni ’70 e anni ’80 si materializza ancora sulla scena partenopea. La sensazione stavolta, è quella di vivere davvero un momento importante del teatro contemporaneo. Partiamo dal presupposto che chi scrive, nei famigerati anni ‘80, precisamente il primo del decennio, è appena nata: quindi non si ha la consapevolezza visiva, culturale e storica di ciò che succedeva in quegli anni. I libri, i giornali e alcune immagini, in aggiunta ai video, ci aiutano nella conoscenza, ma  di certo non si può rielaborare un discorso specifico senza aver vissuto realmente all’interno di quell’atmosfera culturale. Ci limitiamo, dunque, a dare il nostro contributo nella descrizione critica di ciò a cui abbiamo assistito nella suggestiva, e a noi sempre cara, Sala Assoli di Napoli. Dall’8 al 17 novembre Salvatore Cantalupo porta in scena Carmine Ferrara, Massimo Finelli, Amelia Longobardi, Ambra Marcozzi, Claudia Sacco, Sonia Totaro, Chiara Vitiello. Cantalupo riporta con entusiasmo e rispetto il lavoro del 1984, sottolineandone l’origine: un laboratorio teatrale durato nove mesi, esperienza a cui lo stesso regista e attore ha partecipato. La visionarietà di questa messinscena di certo non ha nulla a che fare con i testi ruccelliani, nati nello stesso periodo e nello stesso ambiente. La nave esiste davvero, è laggiù in fondo alla sala, sul “palcoscenico-non palcoscenico” della nerissima Sala Assoli. Metafora di un collasso, di un declino, di un “affondamento” generazionale e culturale, il Titanic salpa con tutta la nostra contemporaneità a bordo. Impossibile descrivere questo spettacolo evitando di svelare elementi della regia, ma la complessità dell’allestimento ci spinge, a tratti, a farlo. L’idea di sfruttare le scale laterali, quelle di accesso ai sedili, da parte del pubblico, come se fossero scale di accesso ai ponti della nave, è geniale. Sotto coperta, nel vero senso della parola, sono assopiti i personaggi multiformi di questa umanità visionaria e da fumetto. Il comandante, interpretato dallo stesso Cantalupo, è un Braccio di Ferro - Mangiafuoco che comanda i suoi “marinai”. L’atmosfera nebbiosa, simile a quelle delle navi che trasportano merci e non passeggeri,  non ha nulla a che vedere con il lusso del Titanic. L’iceberg compare davvero, costruito attraverso una precisa coreografia, quando gli attori si risvegliano e sollevano la pesante coperta dell’oppressione, dell’ignoranza, della mancata espressione. L’incomunicabilità è evidente, poiché è resa attraverso un linguaggio inesistente, inventato, forse improvvisato ma nell’improvvisazione comunque perfetto, come perfetti sono gli incastri scenici, fisici e linguistici insieme. I tubi di plastica inseriti tra luogo scenico e platea sono una delle trovate più sorprendenti mai viste a teatro: un semplice tubo diventa mezzo di comunicazione “incomunicabile” tra i personaggi, il comandante e gli spettatori. Una meta teatralità onirica sostenuta dalla scelta delle luci giallognole e dal fumo, elementi che ricordano gli ambienti umidi dei pescherecci che illuminano le notti nebbiose, fino all’apertura della parete sul fondo, luogo fuori dal reale, dipinto attraverso gli ombrosi chiaroscuri delle candele e caratterizzato da un baule-mondo –fantasia, notevolmente simbolico. Allestimento suggestivo che invita il pubblico ad addentrarsi in questa atmosfera particolare. I personaggi che animano questo mondo sono figurine di rimembranza pirandelliana: il corteo della compagnia della Contessa ne I giganti della montagna con piccoli riferimenti alla Favola del figlio cambiato. Ognuno di loro ha una caratterizzazione ben precisa, una gestualità ripetitiva ben definita: personaggi del circo della vita e di una società banalizzata e per questo motivo inquietante.  Una prova attoriale, soprattutto fisica, sorprendente, che giunge, attraverso l’ossessione della ripetitività di movimenti e di linguaggio, ad uno sparagmòs finale. L’atmosfera si acquieta: il gioco di ombre su una vela-schermo ha connotazioni cinematografiche. Grande poesia, sperimentazione registica e surrealismo. Badate bene, non aspettatevi uno spettacolo di facile comprensione. Lasciarsi andare e nello stesso tempo  contestualizzare storicamente e culturalmente. Essere pronti a comprendere, fino in fondo. In quel fondo che tutti gli spettatori dovrebbero scavare, nelle loro visioni e osservazioni. E intanto l’odore di salsedine sembra ricoprirci, mentre Antonio osserva il mare dal ponte. ( foto di Cesare Abbate).

Sala Assoli Napoli 8-17 novembre 2013
TITANIC the end
Teatri Uniti in collaborazione con
Ex Asilo Filangieri/La Balena
Accademia Amiata Mutamenti
Laboratorio Memini
‘A Puteca
Ideazione e regia Antonio Neiwiller in una visione di Salvatore Cantalupo
Con Salvatore Cantalupo, Carmine Ferrara, Massimo Finelli, Amelia Longobardi, Ambra Marcozzi, Claudia Sacco, Sonia Totaro, Chiara Vitiello.
Luci cesare Accetta
Direzione tecnica Lello Becchimanzi
Ufficio Stampa Renato Rizzardi