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Questo atto unico del francesce Chritian Simeon, in cartellone al teatro Duse dal 9 al 16 novembre, è il primo dei cinque appuntamenti che nei mesi di novembre e dicembre il Teatro Stabile di Genova     dedica alla drammaturga contemporanea, confermando l'attenzione che da tempo viene ad essa riservata, con una breve rassegna che ripropone in 'messa in scena' spettacoli selezionati tra quelli già rappresentati in forma di 'mises en espace' negli anni tra il 1996 ed il 2010. Ne è protagonista, per la regia di Marco Sciaccaluga, la scenografia di Guido Fiorato e le luci di Sandro Sussi, la giovane ma brava e attorialmente già matura  Barbara Moselli - Jeanne che occupa la scena ed articola la sua presenza padroneggiando una eccellente capacità mimica ed uno spettro ampio ed espressivo di modulazioni vocali. Attorno a lei, quasi ad esserne retroscena esistenziale e psicologico insieme, l'eccellente Orietta Notari, la madre oppressiva ed ossessivamente omnipresente, Fabrizio Careddu, il fidanziato convivente Greg inconsapevole 'motore' primo della vicenda, Gabriele Gallinari, Martin il fratello gay, e Davide Mancini, il fabbro ironicamente mancato 'deus ex machina' con vocazione filosofeggiante. Sarah Nicolucci, infine, è Carmela la donna delle pulizie che, unica, condivide il palcoscenico con Jeanne ed in un certo senso ne chiude la vicenda scenica. Dramma di storie individuali, giocate sul filo dell'ironia che a volte sconfina nel comico di una farsesca incomunicabilità, ne proietta il senso all'interno dell'epocale evento dell'attentato alle Due Torri dell'11 settembre 2001. Dramma anche di solitudini, ciascuna impegnata a gestire le proprie angoscie, ciascuna che chiede aiuto ricevendo in risposta una speculare richiesta di aiuto. Così Jeanne, che ha una importante audizione (suona la Thiorba, la sorta di liuto del titolo), si trova chiusa in casa perchè Greg è uscito portandosi dietro le sue chiavi. Con la disperazione che cresce e si dipana ad un ritmo sempre più sincopato, alleviato solo dall'ironia di un dialogo sul filo dell'assurdo ma sempre comicamente 'realistico', cerca il modo di uscire per non perdere l'occasione della vita e così coinvolge, attraverso il telefono che sembra anch'esso un personaggio tra gli altri, in un caledoscopio di situazioni sceniche e psicologiche madre, fidanzato, fratello e fabbro, i personaggi che, con felice scelta registica, incombono sul proscenio. Ma il tempo che domina la scena non è quello soggettivo di Jeanne, che pure ne esaurisce ogni attenzione, ma quello della tragedia che incombe e che tutti ingloba. Così, quando finalmente Jeanne esce di casa grazie a Carmela, l'attentato si compie imprigionando Greg e Martin nelle Due Torri metre Carmela ne cancella anche le ultime testimonianze. È un testo interessante questo di Simeon, squadernato quasi in una messa in scena appropriata che pone tutti i protagonisti alla nostra vista, un testo che sotto la trama dell'ironia nasconde un profondo pessimismo, pessimismo che vede le vite individuali perdersi e perdere senso in un contesto di tragedia incombente, quasi metafisica che sembra ricondurre a zero le passioni, le tensioni e le aspettative di ciascuno di noi. Così esaurita la tragedia ci ritroviamo in una sorta di limbo senza scopo e senza finalità che, nella solitudine di una spiaggia affollata, sembra sconfinare con la follia inconsapevole. Controtempo è dunque un esordio interessante ed intrigante per una rassegna che si apre con le migliori premesse. Lungo e sentito l'applauso del pubblico presente in buon numero.

Foto di Patrizia Lanna