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È andata in scena a Noto (e lo sarà fino all’8 dicembre prossimo), nella ex chiesa di Santa Caterina, l’ennesima ripresa del famoso format teatrale di Walter Manfré “La confessione”. Un format che abita le scene italiane ed europee ormai da 20 anni e del quale tuttavia non manca di sorprendere la potenza di un’idea teatrale che contiene e trova, di volta in volta, la via per rinnovarsi (le storie, il contesto sociale e territoriale dove lo spettacolo viene accolto e rinasce, le storie personali e artistiche degli attori). Dieci attori e dieci attrici, venti spettatori che ascoltano, divisi in due gruppi eguali, dieci confessioni ciascuno. I testi sono elaborati ad hoc da quasi tutto il meglio della drammaturgia italiana della seconda metà del novecento: D’Onghia, Camerini, Bassetti, Vincenzo Consolo, Manfridi, Nicolaj, Trizio, Azzurro, Simonetta, Leconte, Archibugi, Esposito, Moretti, Fransceschi, Di Martino, Crea, Longoni, Ghigo De Chiara, Rocco Familiari, Edoardo Erba, Santanelli, Bona, Montesano, Manfré, Cavosi, Giacquinto, Beatrice Monroy; a recitarli, in una bella prova corale, attori e attrici locali e di diversa (e diseguale) formazione che è giusto ricordare tutti per nome: Doriana La Fauci, Donatella Liotta, Elena Polic Greco,Nadia Spiucuglia, Salvatore Tringali, Corrado Alderuccio,  Corrada Andolina, Salvo Belfiore, Gianmarco Campisi, Francesca Caruso, Debora Civello, Giuseppe Cristofani, Margherita Di Malò, Angela Forte, Corrada Giunta,  Giusy Fortuna, Nazareno Iuvara. Eddy Lucchesi, Nelluccia Mancarella, Ciro Mangiameli, Fabio Marziano, Maurizio Modica, Eleonora Nicolaci, Elda Nobile, Giovanni Parentignoti, Lia Puzzo, Tinella Tiberio, Miriam Scala. Detto questo, ci si potrebbe soffermare criticamente sul senso e sul valore di ogni pezzo e di ogni singola interpretazione e, in vent’anni, la critica moltissimo si è esercitata in tal senso: la coprofaga, la bestemmiatrice, il trans vendicativo, il padre snaturato, la donna che non sa amare e poi ogni vizio segreto, ogni inconfessabile (eppure confessata) debolezza, ogni perversione, ogni paura, ferita, tradimento, idolatria, ambizione, crudeltà, dolore, frustrazione, aspirazione di purezza. E però, pur trovandoci dentro la dinamica obbligata e cogente della mimesi della confessione cattolica, occhi negli occhi con l’attore o l’attrice di turno, val la pena di cercare un altro punto d’osservazione su ciò che accade, una prospettiva quasi esterna e divergente, occorre cercare di captare, dentro al brusio complessivo che attraversa ritmicamente la penombra della scena, l’infinita e affascinante imperfezione della vicenda umana. Ecco il nodo, ecco forse il centro drammaturgico di questa operazione: non la contemplazione (censoria o banalmente assolutoria) del singolo peccato, ma la riflessione, lucida e pietosa, esistenziale e politica (in quanto strutturalmente opposta ad ogni falso moralismo, ad ogni normatività bugiarda), sul misterium iniquitatis che attraversa e innerva intera la storia degli uomini, sui peccati necessari, sulla violenza che li genera e li perpetua, sul senso stesso di cosa davvero è, o non è, peccato nel mondo contemporaneo. Questo spettacolo è stato prodotto dall’Associazione Amici della Fondazione Teatro di Noto col contributo del Comune.