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La prima cosa che salta subito agli occhi è che questa donna sia una forza della natura. Ma non solo. È una della attrici più colte che abbia mai visto. O almeno una delle poche che, oltre a dimostrare un’ottima preparazione scenica, sia anche una studiosa. Leggere il suo curriculum sulla cartella stampa è davvero un piacere: laureata, collaboratrice con dipartimenti universitari, scrittrice di saggi e articoli. Caroline Pagani è un’attenta e precisa conoscitrice delle opere shakespeariane. In scena presso il teatro Elicantropo di Napoli, dal 28 novembre al 1 dicembre, con HAMLETELIA, spettacolo in cui la Pagani firma drammaturgia e testo. La pluripremiata Hamletelia-Caroline era un nostro obiettivo da tempo: finalmente l’abbiamo incrociata. Parlare dello spettacolo ( e solo per quello ci servirebbero intere pagine) è impossibile se non  evidenziamo, stavolta, in primo luogo, l’attrice-regista-autrice. Poliglotta e cosmopolita, la formazione della Pagani ci porta in giro per l’Italia,  in Europa e in America: profonda preparazione corporea, dal mimo al travestimento, al ballo, al teatro danza, per non parlare della preparazione vocale, che sottolinea non solo differenti lingue, ma differenti accenti, tonalità, intonazioni, travestimenti vocali e studio tecnico canoro. Ottima recitazione, ottimi incastri, tempi scenici, escamotage scenografici, travestimenti e svestizioni. Ottimo testo drammaturgico. Insomma questo spettacolo rappresenta il “TEATRO” a 360 gradi. Questo perché la drammaturgia è solida, perché solida è la conoscenza della fonte da cui far nascere la rielaborazione. Questo permette all’autrice-attrice di smontare in mille pezzi le donne del teatro elisabettino e di rimontare, in un ribaltamento ironico,  tutto ciò che noi conosciamo della drammaturgia shakespeariana, o pensiamo di conoscere. La profonda cultura della Pagani  permette all’autrice di andare oltre senza raggiungere, però, il banale scopo della “caricatura” dell’originale. Qui siamo davanti ad un testo inedito, non solo nel carattere ma soprattutto nella scrittura. L’ambientazione gotica, la nebbia, la terra umida, il sepolcro scoperchiato da cui si alza la bianca e nuda Ofelia, elementi più vicini al romanticismo gotico letterario e pittorico, ingannano il pubblico. Non ci sarà nessun racconto lacrimevole, nessuna declamazione, nessuna deformazione clownesca della sfortunata protagonista dell’Amleto. Il titolo riporta una scelta geniale: la sovrapposizione di due identità parallele e antagoniste insieme, che diventano portavoce di una visione non ribaltata, bensì innovativa, della drammaturgia shakespeariana. Il corto circuito mentale che porta Ofelia a ironizzare, a darsi colpetti sulla testa, a confondersi, ad interpretare e ad essere posseduta da diversi personaggi, in realtà si fonda su una domanda: perché? La donna si rivolge all’autore, invocandolo in cielo, alzando gli occhi e chiedendogli perché abbia deciso di costruire così la sua storia e il suo personaggio. Shakespeare, nelle vesti del “ dio-autore”, di memoria pirandelliana, non risponde. E allora sarà Ofelia-Hamletelia a dare vita ai suoi personaggi.  La sensazione è quella di trovarci in un set cinematografico, sullo stile delle produzioni alla Tim Burton, ma in realtà man mano che lo spettacolo va avanti ci ritroviamo oltre la finzione, vivendo davvero il cuore del mondo di Hamletelia. L’odore della terra sulla scena, le frequenti incursioni dell’attrice tra il pubblico, i peluche- personaggi lanciati, non ci ricordano solo il meccanismo della meta teatralità. La protagonista entra continuamente in contatto con il pubblico affinché gli spettatori siano attirati, risucchiati nel suo mondo. La duplice visione della finzione è pregna di elementi legati alla psicanalisi: la finzione in cui vive un personaggio rappresenta una realtà concreta per esso. La morte diventa punto di passaggio tra la realtà dei personaggi decisa dall’autore, e la volontà di vivere una vita letteraria e scenica diversa. Qui non si parla più di realtà degli spettatori e irrealtà artistica: qui si va oltre la semplice distinzione, ormai inevitabilmente superata, tra scena e platea.    Hamletelia vive in una stanza dei giochi-cimitero, dove tutto non è più, dove i protagonisti della sua vita letteraria e scenica sono diventati pupazzi, corvetti, peluche, spade di plastica, abiti tirati fuori dal baule della nonna e indossati come farebbe una bambina, scivolati, deformati perché molto più grandi della propria taglia. E come giocano i bambini travestendosi, anche Hamletelia cerca di comprendere il “perché”. Come sarebbe stata un’Ofelia meno casta e più provocante? Come sarebbe stata una Gertrude spogliata dalla ridicola maschera da regina? Tutti i simboli delle più grandi opere shakespeariana vengono riportati in scena: Lady Macbeth che lava le mani sullo sfondo della luce rosso sangue, il becchino che discorre con Amleto e che poi è simbolo fondamentale del testo, le streghe, le premonizioni, la luna piena, Cleopatra, Giulietta. Un gioco sull’identità che poi è il fondamento del teatro stesso. Un vortice in cui gli elementi fondamentali di cui si compone il teatro sono rappresentati, evidenziati, utilizzati e portati ad un’evoluzione contemporanea che è degna dei molti premi ricevuti. E che sicuramente ancora riceverà.

HAMLETELIA
Teatro Elicantropo Napoli
28 novembre-1 dicembre 2013
Teatro Baretti Torino
presenta
HAmletelia
di Caroline Pagani
interpretato e diretto da Caroline Pagani
Vincitrice dell’InternationalesRegieFestival, Leipzig, 2008.
Premio “SinestesiaTeatro”, Roma, 2009,: miglior spettacolo, miglior regia.
Premio Martucci, Bari 2012, vincitrice, miglior attrice.
Premi Festival “La Corte della Formica”, Napoli, 2010 (presidente di giuria Carlo Cerciello): miglior attrice, miglior spettacolo, miglior regia, primo premio giuria popolare