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César Brie firma la regia di uno spettacolo tenero e sognante, in cui i vecchi hanno ancora qualcosa da insegnare, il tema è molto contemporaneo se pensiamo ai tanti “giovani quarantenni” desiderosi di “rottamare” generazioni da cui si può, invece, ancora imparare.  Il corpo dell’attore riempie di vita lo spazio teatrale, la parola,  come base drammaturgica, viene quasi sostituita dagli sguardi, dai movimenti, “ciò che non è nel testo, lo troverete nei corpi”. Brie ci lascia immaginare i mobili, gli oggetti, le stanze, le strade e perfino i pianeti...per lasciarci ad occhi aperti sui dolori e sulle sofferenze. Il suo teatro procede per sottrazioni successive, dobbiamo liberarci di ciò che è inutile, per dare valore a ciò che è necessario: l’amore, gli affetti, la cura e l’attenzione quotidiana. La musica e l’illuminazione dello spazio scenico, contribuiscono in modo determinate alla produzione dei significati: sono i binari su cui viaggiare. Il testo è ispirato all’aviatore e poeta Antoine de Saint Exupery. Manuela De Meo, Vincenzo Occhionero, Pietro Traldi, nel duplice ruolo di autori e attori, ci regalano momenti di sogno, il confronto con l’opera è inevitabile, una sfida difficile, tuttavia lo spettacolo grazie alle visioni della regia e alle musiche di Chango Spasiuk trova un suo equilibrio, una sua armonia. Ci stimola a riflettere sul significato della morte e della vecchiaia, in un mondo in cui bisogna rimanere giovani a tutti i costi. Nel desiderio di conservarci giovani e belli, dimentichiamo di prenderci cura degli anziani rimuoviamo la morte e abbiamo paura della terza età. Non ci prendiamo cura dei nostri anziani. "I vecchi sono come i bambini: vogliono che ci si occupi di loro ma ai vecchi nessuno ci fa caso" Anton Čhechov (Zio Vanja) La citazione è inserita nella presentazione dello spettacolo. E’ una traccia per capire il messaggio poetico della regia ma anche per capire dove stiamo andando. La favola racconta di un vecchio principe che sogna ancora come un bambino. In un ospedale geriatrico, Vecchio, un paziente anziano, dice di venire da una stella. Antoine l'infermiere lo ascolta, a volte si spazientisce, perché Vecchio si alza di notte, vaneggia, fa i capricci, parla con persone che non ci sono, racconta continuamente di un fiore che ha abbandonato. Nella stanza si alternano personaggi del nostro mondo quotidiano, volutamente molto stereotipati, un cinico primario, un nipote ubriacone, una nipote, donna d'affari spregiudicata, schiava del cellulare e dei suoi affari e un visitatore misterioso che accende e spegne le luci di continuo. Vecchio si sente solo nell'ospedale, cerca gli uomini nei corridoi che diventano un deserto, confonde i lampioni con le stelle e sogna il suo fiore che lo aiutava a comprendere i tramonti. Antoine fra una visione e l’altra, fra uno scontro e l’altro, comincia a capire il vecchio entra nel suo mondo, entra in un'altra dimensione. Adesso è pronto per scrivere Il Piccolo Principe, Vecchio può tornare sulla sua stella.

Teatro Elfo Puccini, Milano, 8 Gennaio 2014.