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Il titolo ossimorico di questo spettacolo la dice lunga. Parliamo di Pinocchio e della famosa favola di Collodi, ma se avete in mente la lettura infantile del burattino bugiardo, dimenticatela. Pinocchio qui è solo un pezzo di legno: lo era anche nella storia collodiana, ma qui lo è davvero. Non avremo mai una trasformazione

in bambino ma piuttosto il nostro burattino rimarrà nello status di ramo di legno dalla testa d’asino. Gli amanti della favola storceranno il naso. La sensazione iniziale è che la volontà primaria di questo spettacolo sia proprio quella di sorprendere il pubblico, ribaltando tutto e facendogli storcere il naso. Lucignolo ha un’anima buona: lo avreste mai immaginato? Il San Ferdinando di Napoli ospita L’ANIMA BUONA DI LUCIGNOLO, dal 16 al 18 gennaio, dopo il debutto al Fringe Festival 2013, spettacolo di Claudio B.Lauri, diretto da Luca Saccoia. Intrepreti tre grandi artisti: Enzo Attanasio nella parte dell’Omino di Burro, lo stesso Luca Saccoia in quella de Il Direttore, Mario Zinno in quella di Lucignolo. L’operetta dark, così come viene definita, riporta un sottotitolo: NEL VENTRE DEL PESCECANE. Immagine allegorica di un contenitore oscuro che invece, sulla scena, è rappresentato dall’interno del tendone di un circo in decadenza. Il ventre del pescecane ingurgita tutti sputando fuori le scarpe dei poveri bambini-somarelli che, prigionieri del Direttore, vengono sfruttati fino alla morte. Un cumulo di scarpe bianche polverose al centro della scena: di certo il ricordo immediato, e forse azzardato, va ai campi di concentramento, così come il direttore del circo sembra essere un dittatore senza scrupoli. Ma forse il riferimento storico ci sfiora per un attimo, quando invece la sensazione più intensa è quella di trovarci davanti al circo umano. La società che ingurgita tutti nel ventre del pescecane, il pubblico additato a “branco di bestie”. Insomma, Lucignolo è il “peccatore –simbolo” della società di tutti i tempi, che si fa fregare dal direttore, da una donna, dall’amico Pinocchio e che decade tra le macerie del circo ammuffito dopo aver raggiunto la vetta di un successo inaspettato.  La scelta di ripercorrere la via del musical ci riporta, in realtà, agli inizi del secolo, o meglio nel passaggio tra fine Ottocento ed inizio Novecento. Proprio in quegli anni imperversava il successo del Café Chantant francese, delle star canterine, e del fenomeno del Circo Europeo che raccoglieva numerose attrazioni, così come facevano gli stessi programmi di Varietà. Stavolta il protagonista è Lucignolo, poiché si sceglie di continuare, immaginando, la storia dell’amico di sventure e di monellerie di Pinocchio, quest’ultimo lasciato all’esito conosciuto della sua storia e dunque dimenticato. In effetti ci siamo sempre chiesti che fine avrebbe fatto davvero Lucignolo. La costruzione scenica e registica è davvero sorprendente: polvere, vestiti sdruciti, decadenza, pareti scrostate, ottimo utilizzo delle scelte luministiche, ambientazioni a metà tra i film di Tim Burton e il disneyano “I pirati dei Caraibi”, ottime trovate per quanto riguarda l’utilizzo di oggetti, in realtà semplici oggetti in legno o in cartapesta ( basti pensare alla testa d’asino che si apre a metà e che può essere indossata, appoggiata, appesa ed utilizzata in molteplici modi). L’interpretazione dei tre attori è straordinaria, non solo dal punto di vista corporeo ma soprattutto dal punto di vista vocale, che dimostra chiaramente le doti dei tre. Le musiche di Luca Toller sono eseguite in scena da una vera orchestrina, dove però, i bravi musicisti, vestiti con abiti circensi, dovrebbero ricordare le orchestre che sottolineano attrazioni, applausi e colpi di scena con giri di rullante e musichette festose. La musica utilizzata non è di certo quella circense ma ha un taglio cinematografico e da intenditori. Perché, dunque, portare degli ottimi musicisti in scena, di cui il pubblico poi non si interessa durante lo spettacolo? E perché, poi,  collocarli all’interno di un circo-simbolo in cui si vive alla giornata e non si hanno neanche i soldi per mangiare? Il Direttore vive sul ricordo del successo che è “stato” e che “sarà”, per breve tempo, durante i momenti di fama di Pinocchio e poi di Lucignolo. I musicisti sembrano troppo “lindi” e poco “decadenti,” rispetto al contesto generale, insomma una piccola “stonatura” visiva ( o un arricchimento per alcuni!) di cui forse non tutti si accorgono, probabilmente. Di certo gli attori avrebbero cantato egregiamente anche sulle splendide musiche registrate. Occupandoci ancora della musica ci soffermiamo sui testi: a tratti, ostentano ripetizioni o rallentamenti che influiscono sull’attenzione nei confronti della trama. Alcuni degli spettatori, non tutti ovviamente, riportano la sensazione di “aver perso il filo”, in alcuni punti dello svolgimento dello spettacolo, e anche il testo ci delude in alcuni momenti. Lucignolo è un’anima buona perché si innamora: quindi è la società, il tempo, i cattivi che tendono a descriverlo e ad indentificarlo come “un cattivo ciuchino”. Ciò che si dimentica, però, è che l’ossimoro citato nel titolo e che presume una cattiveria di base nell’anima di Lucignolo, perde la sua efficacia eliminando Pinocchio, anzi facendolo apparire quasi come il cattivo della situazione o, comunque, come personaggio vicino ai cattivi. Probabilmente l’intento è questo: ribaltare l’origine e la finalità pedagogica che ha la favola, ma nonostante assistiamo ad un testo inedito, non possiamo esimerci dal riferimento alla fonte. Ciò che non si comprende è se si voglia mantenere l’ambientazione favolistica e teatrale insieme, o quella di spettacolo circense e cabarettistico, facendo scendere gli attori tra il pubblico. L’allegoria surreale della splendida scena e dell’interpretazione degli attori si spezza improvvisamente proprio quando i personaggi scendono in platea. Il pubblico, a volte coinvolto dagli attori, altre volte completamente invisibile, è quindi fondamentale in questa allegoria della vita- spettacolo dove i deboli cadono? Gli spettatori sono davvero i fruitori principali di questo spettacolo “simbolo”, dove l’arte, la società, l’anima buona di Lucignolo, il travestimento e le apparenze, si alternano e si contendono il ruolo da protagonisti?

L’ANIMA BUONA DI LUCIGNOLO
NEL VENTRO DEL PESCECANE
Teatro San Ferdinando Napoli
16-18 Gennaio 2014
regia di Luca Saccoia
testo di Claudio B. Lauri
nel ventre del pescecane)
con (in o.a.) Enzo Attanasio, Luca Saccoia, Mario Zinno
musicisti Carmine Brachi (batteria percussioni), Francesco Gallo (strumenti a fiato), Renzo Schina(contrabbasso), Luca Toller (piano)
musiche originali Luca Toller
costumi  Gina Oliva
disegno luci Luigi Biondi / Giuseppe Di Lorenzo
maschere Claudio Cuomo
elementi lignei Giorgio Caterino
produzione Doppia Effe production, E45 Napoli Fringe Festival, Nerosesamo
in collaborazione con Fondazione Campania dei Festival, Benevento città spettacolo
con il patrocinio della Fondazione Nazionale Carlo Collodi di Forlimpopoli città Artusiana